Capitolo primo: adoravadi mo New York City

E’ il dieci settembre del ’97. Sono le 07:40 e ancora non vediamo Stefania ed Andrea. Sono in ritardo di dieci minuti… Siamo alla Stazione Tiburtina di Roma, nell’atrio, vedo dal display che il trenino per Fiumicino sta partendo. Il prossimo è tra venti minuti… Sono le 07:43… Lascio lo zaino in terra e per scaricarmi dello stress...
Scritto da: Sergio Notari
capitolo primo: adoravadi mo new york city
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
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E’ il dieci settembre del ’97. Sono le 07:40 e ancora non vediamo Stefania ed Andrea. Sono in ritardo di dieci minuti… Siamo alla Stazione Tiburtina di Roma, nell’atrio, vedo dal display che il trenino per Fiumicino sta partendo. Il prossimo è tra venti minuti… Sono le 07:43… Lascio lo zaino in terra e per scaricarmi dello stress vado all’edicola a comprare loro i biglietti del trenino (se già ce li avessero li tengo per il ritorno). Sono le 07:50… sbadiglio per il sonno. Eccoli arrivare di corsa. Neanche ci salutiamo che corriamo verso la banchina del treno per Fiumicino. Il treno sta arrivando… sono le 07:57, timbriamo i biglietti sotto la galleria. Inizia il viaggio verso NY.

Sul trenino ci raccontano che Stefania ha chiuso la porta di casa lasciando i biglietti aerei (di tutti) sul mobile d’ingresso… con un problema, le chiavi di casa dentro(!!!). Nel frattempo arrivava Andrea che spinto dalla voglia di vedere NY è stato obbligato a svegliare alle 7 e mezza il vicino di casa di Stefania per scavalcare da balcone a balcone (stiamo al quarto piano) e recuperare i biglietti, ma non le chiavi (Stefania:” No! le chiavi non le porto in vacanza, le dovessi perdere…” – sagge parole !?!). A sentire il racconto rabbrividisco per il rischio corso. Quanti bigliettoni verdi ti sei portato? A quanto li hai cambiati? Dove hai fatto il cambio? Hai la carta di credito? Visa o AE? Marika, ha prenotato l’albergo? Arriviamo a Fiumicino intorno alle nove. Il nostro volo è il BA561 (Roma Londra) delle 11:05. Ovviamente al Check-in c’è una lunga fila… Il Boarding Time è alle 10:25, gate C10. Come al solito il mio zaino crea sempre dei problemi: “Deve andare a depositarlo allo sportello dei bagagli particolari”. Superiamo il controllo dei Passaporti e del bagaglio a mano e ci dirigiamo verso il nostro aereo. (…) Arrivati a Londra, ci invitano a salire sul Bus per un giro “turistico tra le piste” che ci porta al Terminal dei voli Intercontinentali. Rimaniamo sorpresi da un bagaglio abbandonato sul ciglio della strada e veniamo presi da uno scatto isterico di risate. Ci sorpassa un automezzo con rimorchio che porta i bagagli. L’automezzo fa una frenata brusca che fa cadere dei bagagli sulla strada. Il Bus è costretto a fermarsi. L’autista scende e sposta i bagagli sul ciglio della strada. Assistiamo alla scena tutti impietriti. Si è passati dallo stato di risa a quello di terrore. Arriviamo a destinazione e veniamo invitati a salire su una scala mobile… Dobbiamo sottostare ai soliti controlli… più severi di quelli di Fiumicino. Aprono il bagaglio a tutti. Faccio un giro al duty free shop e poi dal giornalaio… Ho voglia di un caffe, ma mi accorgo che ho solo $ e che le £ le ho lasciate nel bagaglio. Pazienza. Controllo l’orario: sono le 13:15, ci siamo. Consegno il tagliando d’imbarco, salgo su un altro Bus, e mi ritrovo sotto la plancia dell’aereo. E’ una bella “bestia…” La scaletta, il posto 27K, la sistemazione del bagaglio a mano, un libro e il solito book degli appunti. L’attesa fatta di musica rilassante e del viavai dell’equipaggio. Quindi alle 14:00… il rollare sulla pista, l’impennata verso il cielo e infine il liscio assetto di volo e il segnale delle cinture di sicurezza che si spenge. Siamo nel volo BA177. Senza problemi, ma emozionati, arriviamo a NY. Consegno il modulo verde compilato sull’aereo, dichiaro che sono a NY per turismo e che non porto cibo con me. Ammiro emozionato il timbro sul passaporto. E’ la mia prima volta negli “States”.

Appena fuori dall’aeroporto occorre scegliere il modo di come raggiungere Manhattan. La circostanza è magica. E’ in questo momento che si decide il rapporto con la città. Si tirano fuori le esaurienti mappe e cartine, opportunamente acquistate e studiate prima della partenza, per decidere la via verso la metropoli. All’unanimità rifiutiamo i gialli taxi per la via più urbana della subway. Si prende lo Shuttle Bus direzione fermata della metropolitana Howard Beach JFK Airport. La navetta a fatica si fa largo nell’immensa confusione dello JFK. Non sono molti i turisti che prendono la navetta. Arrivati a destinazione seguiamo il flusso di persone. Notiamo che la maggior parte delle persone non ha i bagagli. Sono i lavoratori dell’aeroporto che tornano a casa. Dopo aver acquistato i biglietti alle macchinette e fatto scorta della cartina NY City Transit della MTA (un’altra!!!) ci dirigiamo alla banchina della linea A direzione 207 Street Inwood. Ad aspettare con noi ci sono le stesse facce della navetta. In genere spanish e neri. L’esperienza è emozionante. Ad ogni fermata entrano personaggi con tratti somatici sempre diversi. L’arcobaleno delle facce, degli atteggiamenti, dei tic dei viandanti affiora ai nostri occhi. Il rumore delle strutture del treno diventa a tratti insopportabile. Vengo preso a leggere le pubblicità affisse nel treno: FRESH ROASTED ICE CREAM (Starbucks Coffee) – FREE 4 ALL WITH YOUR FILM DEVELOPING (Pro-Print 1 Hr Photo: 360 Lexington, Bet’n 40th & 41st)… Ad ogni sosta controllo la cartina per vedere se le fermate sono quelle giuste. Con il capo faccio segno ai miei compagni di viaggio, che sono seduti, che tutto è sotto controllo. All’improvviso entrano dei ragazzi che iniziano a cantare musica rap. NY è visivamente tutt’intorno a noi. NY è immagine, è ora noi ne facciamo parte. Arriviamo alla fermata della metropolitana 50th, l’emozione è forte e la tensione è alla bocca dello stomaco. Ancora pochi gradini dalla vista di NY. Appena fuori siamo letteralmente folgorati dalle luci della città e soprattutto dai grattacieli. Davanti a noi a due isolati appare il Rockefeller Center. Lasciamo cadere i bagagli. Siamo nella seventh. Le luci del traffico ci ipnotizzano. Non riusciamo a staccare lo sguardo verso l’alto. A NY è già buio. Prendiamo in mano la cartina per dirigerci verso la 47th (West) dove al n.132 ci aspetta il THE PORTLAND SQUARE HOTEL. Le solite formalità dei documenti e dei moduli da riempire. Poi la chiave. La corsa verso la stanza. Le notti prenotate sono due, ma lo spazio nella stanza (per quattro) è alquanto risicata. In compenso abbiamo la cassaforte che diventa un diversivo per Andrea. La vista dalle due finestre è folgorante. Le mille luci illuminato un cielo nuvoloso.

Non vediamo l’ora di uscire. Times Square è la nostra meta. Facciamo subito amicizia con il sistema stradale. Orientarsi a piedi è semplicissimo. Le luci e i suoni ci folgorano. Ceniamo da Sbarro. La bandiera italiana del logo ci convince. Pizza al taglio per tutti con Coca Cola. Siamo euforici (nonostante l’aglio tritato sulla pizza di Stefania) ed emozionati a cenare nel centro di NY. Seduti iniziamo ad organizzare le prossime giornate. Da dove iniziamo?. Questo è il problema dei luoghi leggendari di una metropoli cui non si può far meno di sottrarsi perché fanno parte integrante della stessa che non vederli è come affermare che non ci si è stati. Ci portano il conto senza averlo chiesto. Ci accorgiamo che è tardi (per loro ma non per noi, grazie al fuso). Siamo già all’undici settembre… mentre scrivo il respiro diventa ansioso, quattro anni dopo pioveranno aerei sui grattacieli di Manhattan che faranno tremare le fondamenta della città. A New York si camminava di fretta e si guardava davanti a sé o in basso. Chi alzava lo sguardo era un turista, sorpreso dalle altezze dei grattacieli. Ora tutti i newyorkesi ci vivono guardando all’insù per controllare eventuali altre minacce. … L’undici settembre (1997) è una giornata uggiosa. Missione del giorno – fare colazione e cercare alloggio per dormire le sere successive. Decidiamo di rimanere in zona, il primo bar che incontriamo non ci ispira fiducia perché sono tutti portoricani, il secondo non va bene a Stefania perché non ci sono posti a sedere. Siamo nel Theater District, proseguendo nella ricerca troviamo un bar affollato di newyorkesi che prendono il cappuccino dentro un bicchierone di carta e lo portano via con sé. Ci mettiamo in fila… e ordino un doppio cappuccino con doppia dose di caffè espresso, con un muffin al cioccolato. Mi viene servito circa mezzolitro di latte con affogati dentro i due caffè e con schiuma lattea a terminare. Al banco self-service finisco di guarnire l’opera con una nevicata di cannella e cioccolato. Seduti e in vetrina, vista strada ci gustiamo la prima colazione americana. Il muffin era divino. Dopo la colazione andiamo diritti lungo la 47th verso W e arriviamo in un isolato popolato da persone vestite di nero, con cappelli neri e treccine: sono gli ebrei della Diamond Row, qui ogni vetrina espone gioielli. “Andiamo Stefania, qui gli zirconi non ce l’hanno, i diamanti non fanno per te!”. In zona non vediamo alberghi alla nostra portata. Ci perdiamo intorno al Rockefeller Center. Risaliamo la 5th. Ci fermiamo alla Cattedrale di St Patrick, per ripararci dalla fastidiosa pioggerellina . Decidiamo di ripararci al MoMA. Alcune bandiere all’esterno rendono facile la strada per raggiungerlo. MoMA h.11:27 $ 9.50 fino alle 14:00 Andiamo a trovare la Notte stellata di Van Gogh, le Ninfee di Monet, les demoiselles d’Avignon di Picasso. Poi Andy Warhol, Rothko e Rauschenberg. In particolare sono folgorato da un dipinto di Francis Bacon (Cane) e da un quadro dall’autore a me sconosciuto: Andrew Wyeth (Il mondo di Cristina). Dopo le solite foto al giardino delle sculture, ci ritroviamo al TheMomaDesignStore – negozio da non mancare per molte idee da acquistare.

Nel frattempo ha terminato di piovere. Dopo la gioia della cultura, il dovere. Decidiamo di cercare alloggio verso S. Ci ritroviamo in giro per il Chelsea con i suoi magazzini e case ottocentesche, localizzo Macy’s per ritornarci – “Non è tempo di shopping” risponde Stefania – ahinoi, ci ritroviamo a cercar da dormire nel mezzo di Little Korea. Rimandiamo a domani la missione. Siamo sempre nel Chelsea, ammiriamo da fuori il mitico Madison Square Garden, andiamo verso il Jacob K Javits Convention Center. Affranti e stanchi ci perdiamo nell’immensa struttura in vetro e ferro. Dalla guida apprendo che ogni Thursday l’ingresso è free al Whitney Museum. Faccio mente locale per capire che giorno è oggi… Eureka… today is free al Whitney!!! Dopo il sospirato riposo ci dirigiamo verso la metro Penn Station sulla 34St a prendere la linea E fino a Lexington Ave per cambiare e prendere le linee 4,5,6, direzione N fino alla fermata di 77St. A pochi isolati il museo. Siamo nel quartire dell’Upper East Side. Stefania è scettica ad entrare in quanto due musei al giorno non si possono visitare: “Mi stanco la testa”. L’ingresso free gli fa passare il dolore.

Whitney Museum h. 18:00 fino alle 21:00 free Thu: A mio parere è il museo più bello. L’ambiente è un poco lugubre, tuttavia al suo interno si visitano le opere d’arte americane del XX secolo: Hopper, Pollock, Rauschenberg. Ci sono anche due mostre temporanee: una mostra che fa contento Leandro: “Frank Lloyd Wright: “Designs for an American Landscape” e un’altra che accontenta tutti: Keith Haring – retrospective (fino al sept 21).

Dalla retrospettiva capisco che con qualche kilo in meno assimiglio a Keith Haring.

Acquisto nel bookshop un button con scritto Keith Haring at the MOMA $ 0,70 Terminiamo la 1^ giornata newyorkese con una cena ad un ristorante etnico.

Mi ricordo che prima di addormentarci al buio con la sola luce che proveniva dalle finestre facevamo il verso al film di Woody Allen: “Capitolo primo, Adorava(mo) New York. La idolatrava(mo) smisuratamente”. “No; diciamo così: (Noi) la mitizzava(mo) smisuratamente, (per noi) pulsava con i grandiosi motivi di Gorge Gershwin”… da da dda da dda… “Ah! ricominciamo…”.

Good night! (…) Nine Eleven, come lo chiamano i newyorkesi, rappresenta per me il primo giorno a NY. La data è come un anniversario, del resto tutti i cittadini europei sono cresciuti con in mente la data del primo giorno in cui un italiano ha toccato terra in America. Per me è la stessa cosa. E l’undici settembre 1997 ho scoperto l’America!!! … La mattina del 12 settembre ci svegliamo con un domandone: dove andiamo a dormire? Ci facciamo coraggio a telefonare agli alberghi indicati nelle guide. Dopo vari tentativi, troviamo un posto sulla 27th East. Dalla cartina riconosciamo l’incrocio di strade del Flatiron. Pensiamo che la zona non sia male. Abbiamo ragione. Di giorno è carina e trafficata. L’albergo è proprio dietro il NY Life Insurance Company. E’ il Madison Hotel al 21 East 27th St.. Organizziamo la giornata verso Sud. L’albergo con la disponibilità di posti è di strada… decidiamo di passare a prenotare. Vicino c’è anche un ostello… “che facciamo?” Chiede Andrea, “lasciamo l’albergo per un ambiente più giovanile?”. Nooo. L’idea di socializzare con il resto del mondo mentre fai la fila al bagno non ci entusiasma; per non pensare ai miei problemi di concentrazione per evacuare. Vince l’albergo anche se poi si tratta di dormire come in un ostello, o quasi, quattro in una stanza, con sempre tre asciugamani in bagno.

Più tranquilli prendiamo la metro verso Downtown. Scendiamo a Park Place. Molti sono gli impiegati. Qualcuno dorme in piedi o legge il giornale finanziario, altri finiscono la colazione che portano dietro. Fa impressione vedere che sono tutti vestiti uguali. Ci perdiamo nel trovare l’uscita della metropolitana. Il flusso di gente ci porta sotto il WTC. Ma non ci rendiamo conto (ahinoi). Chiediamo informazioni per Wall Street, e così lasciamo la zona. Passiamo davanti alla Trinity Church – ci sediamo nel suo cimitero a leggere. Notiamo che qui è un luogo dove i newyorkesi cercano relax. Siamo a due passi da Wall Street. Di fronte alla Chiesa vengono distribuiti dei free-sandwich. Potevamo mancare l’appuntamento?!?. La zona è piena di uffici. Decidiamo di prendere il battello arancione per Staten Island. Dal battello Manhattan è sensazionale. Passiamo vicino alla Statua della Libertà. Che emozione.

Il viaggio in battello è free. A prenderlo sono gli abitanti di S.I. Che vengono a lavorare o a fare spese al mercato. All’arrivo rimaniamo sul battello. Riconosciamo il ponte di Verrazzano dove parte la mitica maratona. Siamo di nuovo in viaggio verso Manhattan. Mi appoggio sul parapetto ad ammirare l’avvicinamento a Manhattan. L’emozione è forte in quanto ci rendiamo subito conto di quello che provavano gli emigranti che arrivavano a NY. Il viaggio dura una mezz’oretta. Trascorriamo la giornata nella Lower Manhattan. Notiamo una fila e decidiamo di andare a vedere. E’ la fila per l’ingresso al NYSE (la mitica borsa di NY). Decido di fermarmi… non posso mancare l’appuntamento con la mecca dell’economia!!! Andrea si ricorda che la sorella gli aveva detto che ci era stata anche lei. Siamo in due. Scettica Stefania rimane in fila… Il nostro accento italiano attira l’attenzione di un distinto personaggio. Ci racconta che lui è di origine italiana, suo padre arrivò in America parecchi anni fa, lui è nato a NY. Ci chiede se il cognome Spataro è famoso in Italia. Sparisce tra la folla. Pensiamo che forse sia uno della security. Facciamo in fila il giro dell’isolato per entrare in un luogo con metal-detector, ci controllano gli zainetti, ci dividono in gruppi… ci ritroviamo, dopo aver superato vari corridoi e locali con foto e video, dietro una grande vetrata sopra la grande sala della Borsa. Ci dicono che le contrattazioni stanno concludendo e su un display appaiono le quotazioni delle azioni. In mezzo alla sala riconosciamo Spataro!!! Cerchiamo di farci notare, …Forse ci ha visto!!! Iniziamo a ridere come scemi: Spataro ci ha salutati.

Usciti dalla borsa ci dirigiamo verso la Federal Hall National Monument con la sala rotonda dalle colonne di marmo. Ci riposiamo sulle scalinate. Andrea ci legge alcune notizie sul luogo. Riprese le forze, ci troviamo ad avere a che fare con un enorme toro. E’ la statua del toro simbolo di Wall Street. Vediamo che alcuni giapponesi fanno la foto toccando le palle del toro. Forse portano fortuna. Poco ci importa della scaramanzia. Con la scusa di una foto le tocchiamo anche noi… Poco dopo siamo a spasso per South Street Seaport. Siamo meravigliati alla vista del Ponte di Brooklyn. Ammiriamo in silenzio il Ponte seduti su una panchina del PIER 17. Decidiamo di andare a piedi sul ponte di Brooklyn. Non immaginavo che potesse essere attraversato a piedi. Si cammina su tavole di legno per mezzo chilometro con il fiume sotto. E’ un viavai di biciclette con ciclisti aerodinamici, roller e jogger in debito di ossigeno. Camminiamo fino alla metà del Ponte, senza girarci. Immaginiamo che lo skyline di Manhattan dalla metà del Ponte è mozzafiato. E’ vero. Girandosi a 360 gradi si assiste ad uno scenario incredibile: il gioco di luci ed ombre dei grattacieli, la ragnatela dei cavi che ci avvolge, il vento che vibra, il senso di essere sospeso sopra il fiume e con le due torri gemelle che ipnotizzano lo sguardo. Penso alle foto, ai quadri, alle immagini trasmesse dai media, ai film che lo hanno immortalato in questo secolo. Il rumore del traffico è impressionante. Attraversiamo tutto il Ponte, mi giro un’ultima volta a scrutare questa cartolina vivente. Siamo a Brooklyn. Quattro passi e torniamo con il taxi. Siamo all’albergo. Decido di andare a vedere l’American Museum of Natural History che è aperto fino alle 21:00 ; l’ultima ora l’ingresso è free.

… Il 13 settembre è stato giorno di trasloco. Prepariamo i bagagli. Taxi!!! …Mi sento newyorkese. Il viaggio in taxi è una figata. Il traffico, anziché stressarti, ti stimola, si ha una visione della città diversa. Tutti corrono… anche noi, verso l’albergo. La stanza non è malaccio. Andrea: “Attenzione con l’aria condizionata!!!”, Stefania” Mancano gli asciugamano”, Leandro: “Alla televisione c’è Vicky Lorenz… con James Brown che suona per strada”. Sistemiamo le nostre cose e usciamo. Sentiamo un complesso suonare, non capiamo da dove arrivi la musica. Vediamo delle persone incuriosite che si dirigono verso il Flatiron. Riconosciamo dalla voce Mr. James Brown. Incredibile. Non ci sembra vero. La rete televisiva si trova proprio ad un isolato dall’albergo. Andiamo sotto agli studi televisivi. Non siamo in tanti. E’ fantastico. James Brown che fa un concerto improvvisato per strada. Siamo di fronte al Madison Square Park. Mi immortalo con la telecamera e J.B.. Domani suona al Central Park.

Decidiamo di conoscere il quartiere e di girare nel Gramercy. Decidiamo di andare a toccare il Flatiron Building. Ha la forma di altissimo e sottile ferro da stiro!!!. E’ un angolo di strada unico, dove le prospettive regolari delle strade si fanno d’improvviso disordinate… colpa del vento? Forse, qui soffia forte!?!. Per caso capitiamo ad Union Square che ospita un mercato ortofrutticolo particolare. C’è di tutto. E tutto ha dimensioni americane. Patate dalle dimensioni mai viste. Melanzane abnormi. Dai visi consumati pensiamo che sono agricoltori che vendono al pubblico. Ci imbattiamo per caso con un ambulante che offre Ice Cream, ovviamente free, (Starbucks Coffe – la qualità merita pubblicità). Proseguendo sulla Broadway arriviamo a East Village. La zona è occupata da piccoli negozi, locali di musica, teatri e ristoranti. A spasso sono soprattutto studenti. Ci spostiamo a piedi verso W per andare a conoscere il (Greenwich) Village. Il quartiere riserva nei vicoli nascosti deliziose case e cortili. Andiamo alla ricerca della casa più stretta della città al n.75 di Bedford Street. Facciamo una sosta a Sheridan Square per ammirare i famosi cartelloni pubblicitari all’angolo di Christofer Street e la 7th Ave South. Proseguiamo verso Sud fino a Soho.

Soho è riconoscibilissima per l’architettura di ghisa del quartiere. E’ la zona degli artisti, con molte gallerie, caffè e negozi. Notiamo che tutti i locali sono pieni per il brunch o il pranzo (vista l’ora).

Fa caldo lungo Greene Street. Notiamo un murales alquanto atipico: su un palazzo è stata dipinta un’illusoria facciata di ghisa con gatto grigio affacciato alla finestra. Andiamo verso E fino a Little Italy. A Mulberry Street assistiamo alla sfilata di una parata folkloristica con gente che balla e canta in una selva di bancarelle che vendono ogni sorta di pietanze poco italiane, molto americane. E’ la festa di San Gennaro. In una piazzetta troviamo il Santo pronto per la processione. Molti italici fanno la fila per attaccargli un dollaro addosso. Non sono superstizioso ma vado a toccarlo anch’io. Decidiamo di allontanarci dal frastuono della musica (Pupo vince su tutti) e ci ritroviamo dopo un isolato nella ChinaTown. Ci sono gallerie, negozi di antiquariato e soprattutto di curiosità. Tutta la giornata è trascorsa nella zona senza grattacieli di Manhattan. Decidiamo di andare sopra le torri gemelle. Prendiamo la metro destinazione Twins Tower. WTC sono le 18:26 l’ingresso è di $ 10,00. Che dire? …La vista panoramica dall’ultimo piano è (anzi, era) stupefacente. Sembra una cartolina, in quanto non sono percepibili persone che si muovono. Si riconoscono solo il giallo dei taxi. Per ammirare lo scenario occorrono per ogni lato almeno dieci minuti. Attaccati al vetro sembra di volare. Si vede la strada d’accesso all’ingresso. Decidiamo di salire sul tetto dell’ultimo piano. Forse è un eliporto. Il vento rinfresca i nostri corpi. La vista è meno suggestiva: non si vedono le strade sotto al grattacielo, ma il rumore, il vento e il freddo aiutano i sensi a memorizzare le sensazioni. Decidiamo di fare una foto ricordo. Poiché è ormai buio, il flash rovinerebbe il magnifico scenario. Pertanto con la macchina fotografica e il mini-treppiede mi organizzo per una foto con doppia esposizione: prima la foto con la posa B, poi, sulla stessa pellicola, la foto ricordo di noi 4 sulle Torri Gemelle. La foto è perfetta, anche se l’effetto è quello di sembrare dei fantasmi sopra NY. (…Oggi, purtroppo è proprio così!). Quella vista rimane nei miei ricordi… Rimaniamo fino alla chiusura per vedere NY by night. Decidiamo di andare a mangiare al PiER 17. Ma i locali stanno chiudendo. All’ora: Taxi!!! fino all’albergo.

Cena c/o delicatessen $ 6,46 ; la festa di San Gennaro ci ha lasciato un amaro in bocca, per l’ostentazione di festa che tale ricorrenza deve avere. Abbiamo visto carri con signore ingioiellate mangiare pastasciutta a iosa… pensiero ricorrente: cosa pensano i newyorkesi dell’Italy style?. Per fortuna che nella 5th c’è Armani e Versace che risolleva lo stile (anche se la signora ingioiellata di cui sopra assomigliava molto alla Donatella V.) “Capitolo primo, Adorava(mo) molto New York”. “Macché, troppo stantio… daccapo”.

Good Night.

… Il 14 settembre è dedicato al riposo: è domenica.

Andiamo a zonzo verso N. Sentiamo cantare da una Chiesa. Entriamo. E’ un coro gospel!!!. Partecipiamo anche noi alla messa. Battiamo le mani al ritmo della musica. Sono tutti neri e vestiti di viola i coristi. Fantastico. Usciamo dalla chiesa euforici e pieni di nuovo spirito “Blues”.

Decidiamo di andare al Central Park. Sappiamo che dietro l’albergo c’è un mercatino delle pulci rinomato. Acquisto delle vecchie cartoline e etichette di confezioni di soup in barattolo. La città è deserta. E’ piacevole risalire la 5th. Si apprezzano le architetture. Facciamo colazione nella Trump Tower. Colazione da MED GRILL at TRUMP – 1 Pepsy e 1 Brownte $ 3,55. Ci divertiamo sulla scala mobile a salire e scendere. Qui è tutto d’oro.

Entriamo a Central Park. Tutti i newyorkesi sono al parco. Ci sono i roller, i ballerini, i vecchi sulle panchine a cercare il fresco, cantanti improvvisati che fanno musica, e sul “vellutello” verde una marea di persone a prendere il sole ascoltando la musica con il walkman.

Sopra CP gira un aeromobile. Nello splendido cielo azzurro disegna con del fumo un enorme cuore bianco con sotto due lettere: L e D; è un omaggio alla recente scomparsa di Lady Diana. Riconosciamo l’albergo dove fu ucciso Lennon, il Dakota. Adiacente al parco un mosaico con la scritta Imagine ricorda il cantante. Stefania si innamora di un cantante forse texano che canta musica country.

Nel tardo pomeriggio ci dirigiamo verso W al Lincoln Center. Ci sono delle bancarelle che vendono di tutto. Ci riposiamo a prendere del fresco vicino alla fontana.

Il sole sta tramontando, prendiamo la metro per andare a mangiare cinese a China Town. Mr.Tang al 50 di Mott Street. Non è facile decifrare e tradurre i particolari piatti indicati nel menù. Decidiamo di scegliere in base alle portare che i camerieri portano ai tavoli. La signora alla cassa ci vede disperati a girare per i tavoli. Ci aiuta con delle foto e mimando i cibi. Capisce che siamo italiani e ci chiede di mandargli una cartolina da Pisa. Gli facciamo capire che siamo di Roma, ma non gli interessa: fa collezione di cartoline italiane e gli manca Pisa. (ndr: la cartolina con Pisa gliela abbiamo fatta recapitare lo stesso!!!) … E’ lunedì 15 settembre. Decidiamo di andare a vedere la Statua della Libertà. Cerchiamo nel frattempo un’agenzia di viaggi. Stefania vuole andare a vedere Niagara Fall. Dopo aver prenotato il tour, prendiamo la metro direzione S. Dopo aver fatto i biglietti ci indirizziamo al molo.

La giornata è splendida. Il cielo azzurro. La Statua della Libertà ci aspetta. Il battello passa proprio sotto la statua. E’ di un verde accecante che con lo sfondo azzurro del cielo lascia dei bei contrasti nelle fotografie. Decido di sedermi all’ombra di una panchina e di ammirare lo skyline di Manhattan, mentre i miei compagni di viaggio decidono di salire a vedere la Statua della Libertà. Andrea perde di vista gli altri e viene a cercarmi, del resto l’isola a minuscola. Sta partendo il penultimo battello verso Manhattan, l’ultimo che fa sosta a Ellis Island. Andiamo a vedere se gli altri sono al battello. Non ci sono. Decidiamo di prenderlo, in quanto in ogni caso sono obbligati a prendere il successivo battello diretto a Manhattan. Ci ritroveremo lì.

Breve è il viaggio per Ellis Island. Suggestivo è il Museo dell’Immigrazione. Le foto del museo sono particolarmente suggestive.

Grande è lo sfogo di Stefania e Leandro che abbiamo lasciato da soli, …E che ci aspettavano a Manhattan. (ndr: dopo anni ancora non ci siamo chiariti sul caso).

Ci dirigiamo verso Battery Park City. Il lungofiume è assai suggestivo con un’ottima vista della Statua della Libertà e di E.I. Visitiamo il World Financial Center, quattro torri che circondano il Winter Garden con il suo enorme ingresso. All’interno facciamo sosta alla libreria Rizzoli. Torniamo sui nostri passi. Taxi!!! All’albergo. Decidiamo di salire sull’Empire di notte per vedere le WTs illuminate. Prima di salire cena c/o TACO BELL $ 4,64 sono le 21:14.

“Capitolo primo, Adorava(mo) sempre di più New York”. “Era(vamo) troppo romantici riguardo a Manhattan come lo era(vamo) riguardo a tutto il resto”. “No, così non va. Dai impegniamoci dippiù”.

Good night … Il 16 settembre è dedicato alla visita di Harem. Iniziamo a visitare la Columbia University. Visitiamo la St Paul’s Chapel, dove c’è un tipo che accorda il pianoforte. Ci fermiamo nei pressi della Low Library per leggere la guida. Rimaniamo sorpresi dall’atteggiamento di uno studente che sembra “toccato”. Andiamo verso la The Riverside Church, per proseguire a piedi verso Harem. Man mano che andiamo verso E l’architettura delle casa e le facce cambiamo. Notiamo dei ragazzi di colore che giocano a basket in un cortile. Sentiamo un forte frastuono di sirene. E’ l’auto dei vigili del fuoco che ci sfreccia accanto suonando la sirena. Tutti rimangono immobili. Siamo di fronte all’Apollo Theatre. E’ il centro di Harlem. Gli unici bianchi siamo noi. Andrea vuole acquistare delle scarpe da ginnastica per fare footing a Central Park. Stefania: ”… e proprio ad Harlem deve trovare le scarpe”. I negozi sono per taglie extra-large, anche ai ragazzi neri di Harlem piacciono gli abiti larghi, è moda!. Fatte le spese ritorniamo a piedi verso S. Malcolm X Blv, la via è caratterizzata dalle abitazioni con mattoncini rossi e con l’ingresso rialzato da una scala. Sembra di stare dentro ad un film. Ci dirigiamo verso la Cattedrale di St John the Divine. E’ enorme!!!.

Prendiamo la metro per girare nell’Upper West Side. Ci fermiamo da Zabar’s, la mecca del cibo. Sono le 17:18. Scendiamo a piedi lungo la Broadway fino a Columbus Circle. Decidiamo di cenare nei pressi di Times Square.

… Il 17 settembre è il giorno dei musei. Guggenheim Museum 10:45 $ 6.00 con Robert Rauschenberg – retrospective. La lunga rampa a spirale ci porta ai vibranti colori di Parigi dalla finestra di Chagal e ad un Nudo di Modiglioni. Proseguiamo per il The Metropolitan Museum of Art. E’ affascinante passeggiare tra i resti del Tempio di Dendur. I Cipressi di Van Gogh, la Fanciulla con una brocca di Vermeer e gli splendidi Cezanne attirato la mia attenzione. Ci rilassiamo sulla terrazza del museo ad ammirare il Central Park. Stanco di vedere cose… due musei di seguito! Ha ragione Stefania. Mi rifugio dentro da Bloomingdale’s – acquisto dei boxer $ 28,15 (inclusa NY taxes 8,25%) sono le 18:03. Ceniamo con Pizza da Sbarro.

… E’ il 18 settembre e pochi giorni mancano alla partenza. Dobbiamo ancora vedere la zona del Lower Midtown. Ci ritroviamo a camminare tra i grattacieli che abbiamo ammirato dall’Empire. Riconosciamo con la testa all’insù il MetLife Building. Entriamo alla Stazione Centrale per ammirare l’immenso atrio principale con il famoso orologio a 4 quadranti che sovrasta la pagoda dell’ufficio informazioni al centro. Ci fermiamo a guardare il viavai dei pendolari. Andiamo a visitare il Chrysler Building. Sono gli ornamenti che rendono strano questo edificio. Tutto riporta ai dettaglio dell’automobile. Proseguiamo verso il palazzo delle Nazioni Unite. Per raggiungerlo attraversiamo diversi isolati con lavori in corso. Siamo avvolti dal rumore dei martelli pneumatici, dal battere delle trivelle, dal tonfo delle auto sulle larghe piastre di ferro messe a coprire provvisoriamente i lavori, dalle nuvole di vapore delle macchine che fanno il catrame, dalle parole strillate dagli operai al lavoro, dal clacson delle auto. Un concerto di suoni e rumori che raccontano la metropoli. La visita al palazzo dell’Onu è breve, entriamo nell’atrio e ci troviamo dentro ad un movimento di diplomatici di tutto il mondo, con il loro abbigliamento d’origine. Facciamo una sosta nell’adiacente piazza. Ci isoliamo, ognuno con i propri pensieri. Decidiamo di andare a fare shopping. Andrea deve acquistare un giochino “su commissione” da FAO Schwarz. Proseguiamo da Macy’s – acquisto camicia Levis a $ 32,46 Ci dividiamo per il libero shopping. Appuntamento alle cinque (p.M.) all’albergo.

Oggi è l’ultimo giorno che stiamo tutti insieme. Andrea ci lascia un giorno prima per cercare di andare a vedere a Londra il derby di calcio. Decidiamo di ritornare a Brooklyn. Questa volta in taxi. Siamo tutti seduti su una panchina di Columbia Heights ad ammirare per l’ultima sera il tramonto e il calar della sera su Manhattan. Aspettiamo il tramonto. Intanto arriva un guy con una girl. Dallo zainetto tira fuori una bottiglia di vino bianco con due bicchieri. Stefania si commuove. Rimaniamo sulla panchina fina a notte fonda. Cena c/o deli di Brooklyn: $ 5,97 sono le 22:06. I risparmi sono quasi terminati. E ci aspetta ancora un giorno a Londra.

“Capitolo primo, Adorava(mo) la Grande Mela”.”Ma noo!!. Sembra la pubblicità di uno sciampo. Riproviamo”. “Capitolo primo, Adorava(mo) dormire a New York”.

Good Night.

… Il 19 settembre è il giorno dei saluti e delle libertà. Stefania è alle Cascate del Niagara e Andrea si sta preparando i bagagli. Il suo volo verso Londra è anticipato di un giorno in quanto vuole arrivare a Londra sabato mattina per trovare i biglietti per il derby londinese. Insieme andiamo alla The Frick Collection $5.00 fino alle 11:00, poi ci salutiamo. Giriamo per le stanze di casa Frick. Ammiro nel chiostro il Sogno di Rodin e in una sala il Militare e giovinetta sorridente di Vermeer.

Il resto della giornata è dedicata allo shopping. MoMA acquisti libri 16:58 $ 61.76 – Sono le 17:19 e mi trovo alla NIKETOWER ad acquistare magliette e cappelli: forse folgorato dal mega “spottone” pubblicitario partito ad un certo momento. Infatti, all’ingresso ci eravamo accorti che c’era un orologio che aveva pochi minuti regolati in countdown. Allo scoccare dei dieci secondi finali, un mega telo bianco inizia a scendere dall’ultimo piamo, le luci si abbassano e una musica fortissima inizia a scandire immagini di sportivi all’azione. E’ un bellissimo spot con tantissime immagini che si susseguono. Alla fine del lavaggio del cervello, ci sentiamo tutti più americani con la voglia di spendere. – DISNEY STORE acquisto souvenirs, sono le 18:02- La sera prepariamo i bagagli. Arriva Stefania folgorata dalla visione delle Niagara Fall.

… 20 settembre. Giorno di addii. Vado a zonzo per la città, senza meta. Ormai la sento mia. Ritorno da Bloomingdale’s – per altri acquisti $ 37,89 sono le 10:36. Poi la metro verso il JKF. Pizza Hut British Airport Terminal – ultimi spiccioli di dollari per una soda $ 1,94 sono le 16:27.

Il volo di ritorno è caratterizzato da risa spontanee nate dal vedere una hostess della Bristish terrorizzata della partenza. Stefania:”… e per fortuna che dovrebbe darci coraggio!!!”. Poiché ci troviamo in prima fila, la scena si svolge proprio davanti ai nostri occhi. Il volo di ritorno è tranquillo, per fortuna senza i problemi di vomito di qualche turista dell’andata.

(…) Veniamo a sapere un mese dopo che il giorno 19 settembre presso il JFK Airport un aereo della British in fase di atterraggio ha rischiato una collisione con un aereo in fase di decollo, e che solo per la bravura dei due piloti si è sventato il tragico incidente che avrebbe reso impraticabile l’aeroporto per diversi mesi. Forse San Gennaro o le palle del toro di Wall Street ci hanno aiutato. Chissa’. (…) Dopo ormai sei anni, i ricordi di questo viaggio e le figure memorizzate di una NY sempre in movimento non svaniscono, forse perché le immagini shock di quel mattino dell’undici settembre (sono le 8:45 ore locali) di ormai due anni fa sono entrate nella mia mente come una scossa elettrica, che ha reso indelebili le sensazioni e le esperienze vissute in quei dieci giorni a Manhattan. In due ore è cambiato il profilo di NY. Non nella mia mente, ogni immagine trasmessa dai media è come un flashback. Forse un viaggio a Ground Zero riuscirà a resettare i ricordi delle Twin Towers. Forse. Forse perché “Capitolo primo, adoravamo New York City”.



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