Camminata tra i villaggi ed i monasteri tibetani

Ero già stato in quei luoghi nel 1999. Esserci ritornato dopo sei anni mi ha subito fatto capire come la nostra “civiltà” occidentale stia arrivando anche in quei posti remoti. Tutti i villaggi che erano raggiungibili solamente a piedi, anche i più sperduti, sono ora serviti da una strada sterrata; sui tetti delle case, accanto allo sterco...
Scritto da: Bruno
camminata tra i villaggi ed i monasteri tibetani
Partenza il: 29/07/2005
Ritorno il: 19/08/2005
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
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Ero già stato in quei luoghi nel 1999. Esserci ritornato dopo sei anni mi ha subito fatto capire come la nostra “civiltà” occidentale stia arrivando anche in quei posti remoti. Tutti i villaggi che erano raggiungibili solamente a piedi, anche i più sperduti, sono ora serviti da una strada sterrata; sui tetti delle case, accanto allo sterco di animali messo a seccare per farne combustibile per l’inverno, svettano parabole satellitari e pannelli solari; in molte località è anche arrivata l’energia elettrica. Tuttavia nulla ha modificato la bellezza e la maestosità dei paesaggi della valle dello Spiti. Camminare su questi sentieri a più di 4000 metri di quota infonde nell’animo un senso di spiritualità anche a chi non ha predisposizioni mistiche. Nei villaggi e lungo le mulattiere la religione è una presenza costante, il richiamo al divino è ovunque. Lo ricordano le bandiere con le preghiere affidate al vento innalzate su tutti i colli e le alture, gli stendardi dei monasteri, i chorten, i sassi votivi incisi che si trovano nei pressi dei villaggi, gli innumerevoli monaci che si incontrano durante il tragitto e la sacralità stessa delle montagne. Il cammino nella luce tersa dei 4000 metri diventa anche un pellegrinaggio nel santuario della fede più antica del mondo: quella buddista.

La Valle dello Spiti, dal tibetano Spiti: “Paese di Mezzo” per la sua posizione in mezzo alle montagne, situata nello stato indiano dell’Himachal Pradesh, confinante col Tibet, chiusa al turismo dal 1953 a causa della guerra e delle tensioni indo-cinesi dell’epoca, è stata riaperta al turismo solo nel 1993. La zona, mille anni or sono, si trovava ad essere una via collaterale delle più famose vie carovaniere che univano la Cina all’India, quali la famosa “Via della Seta”. Per questa ragione lo Spiti, legato a quel tempo sia al Tibet che al vicino Ladakh, godeva della presenza di scambi commerciali e culturali di notevole entità. Adesso una disagevole strada, recentemente costruita, collega la città di Manali alla Valle dello Spiti attraverso i passi di Rothang (3978 m) e Kunzum (4551 m) in circa 10 ore di duro viaggio in fuoristrada.

Il destino vuole che le peripezie e l’avventura comincino subito dopo la partenza. Siamo un gruppo numeroso di 24 persone, non è stato possibile trovare tutti posto sullo stesso volo. Così mentre 20 raggiungono Delhi via Roma ed Amman, gli altri 4 passano da Francoforte e Bombay. Sono a Roma in attesa del volo per Amman quando ricevo una telefonata da Franca, una delle 4 persone che transitano da Francoforte. Mi informa che il loro volo per Bombay è stato cancellato a causa di un eccezionale monsone che ha reso inagibile l’aeroporto di Bombay. Subito contatto Filippo, il mio corrispondente di “Avventure”, che mi promette di interessarsi immediatamente e di risentirci non appena arrivati ad Amman. Conclusione: i 4 partiranno il giorno dopo da Francoforte ed arriveranno a Delhi con 24 ore di ritardo. Non ci rimane che restare anche noi fermi per un giorno a Delhi ad attenderli. Questo ci permette di fare una visita alla capitale dell’India, bisogna pur guardare il lato positivo della vicenda! Accompagnati da un caldo afoso, giriamo per le strade di questa città dal traffico caotico, tra l’inquinamento ambientale causato dagli scarichi degli autobus e dei molti veicoli industriali, oltre al frastuono provocato dalle migliaia di clacson che suonano in continuazione; ma quello che più colpisce il visitatore sono la sporcizia e la povertà che regnano ovunque in questa città, specialmente nella parte vecchia. In tutte le strade periferiche si possono vedere baraccopoli, costituite in maggioranza da tende, dove vivono i meno abbienti.

Alle 9.30 del giorno dopo, puntualissimo, atterra l’aereo con i nostri 4 compagni di viaggio. Peccato che non ci siano i loro bagagli! La mattina trascorre all’aeroporto, da un ufficio ad un altro, per le pratiche relative alla denuncia dello smarrimento. Non possiamo rinviare ulteriormente la partenza quindi, avuta la conferma che i bagagli ci saranno recapitati appena possibile, alle 14 si parte con un autobus per Manali. Per coprire i 630 Km che ci separano dalla cittadina himalayana impieghiamo ben 17 ore, prima nel caotico traffico di Delhi, poi nella pianura ed infine su strade di montagna, strette e spesso sterrate. Dopo una notte passata sonnecchiando scomodamente su di un sedile di autobus, alle 7 del mattino arriviamo all’hotel Arohi, a Vashishat sopra Manali, dove troviamo Mr. Thakur, il nostro corrispondente locale, che ci attende. Dopo la colazione e presi gli accordi necessari per il trekking la stanchezza ha il sopravvento: finalmente un po’ di meritato riposo in un vero letto, ci voleva proprio un giorno di relax a Manali prima dell’inizio del trek. Alle 12.30 un battere di tamburi rompe il silenzio. È giorno di festa e nella via davanti all’albergo passa una processione. I suonatori di tamburo sono seguiti da una moltitudine di persone che con molta fatica trascinano una grossa fune alla quale è legato un tronco a sezione quadrata. Questo tronco, lungo più di 10 metri, viene poi eretto verticalmente vicino ad altri già innalzati negli anni addietro. Si tratta di una manifestazione religiosa che sembra tenersi ogni 10 anni. Trascorriamo il pomeriggio visitando la ridente cittadina, circondata da boschi di conifere e posta a 2000 metri nella Kullu Valley.

La mattina dopo i bagagli che dovevano arrivare alle 6 non ci sono. Sembra ritardino a causa di una frana che ha interrotto la strada. Thakur ci consiglia di partire ugualmente, li farà recapitare a Kiato, luogo di inizio del nostro trekking, non appena arriveranno. Alle 9.30, con 5 fuoristrada, si parte e subito la strada si inerpica verso il Rothang Pass. Peccato che il passo sia avvolto dalla nebbia che ci impedisce di ammirare il panorama. Poco dopo il Rothang la strada diviene sterrata e una deviazione sulla destra ci porta al Kunzum Pass che si raggiunge con ripidi tornanti. A differenza del Rothang Pass, ora splende un bel sole che illumina i ghiacciai delle montagne che circondano il passo. Qui ha inizio la Spiti Valley ed i molti chorten e bandiere della preghiera posti sul passo annunciano l’ingresso nel regno della fede buddista e dei villaggi tibetani.

Alle 18.30 raggiungiamo il villaggio di Kiato nelle cui vicinanze montiamo il campo. Alle 22.30, quando molti di noi si erano già ritirati nelle tende per la notte, si ode uno squillare di clackson: sono arrivati i bagagli mancanti. Finalmente siamo tutti riuniti e con i bagagli al completo, domani possiamo iniziare a camminare. Il 3 agosto, all’inizio del trek, facciamo la conoscenza dei componenti il gruppo che ci accompagnerà con i 32 cavalli: cavallanti, cuochi e aiutanti, di nazionalità indiana e nepalese, oltre alla nostra guida Puren, in tutto 12 persone che avremo modo di apprezzare nei giorni successivi per la loro affidabilità e cortesia.

Non starò a dilungarmi descrivendo in dettaglio tutte le tappe del trekking, dirò soltanto che i disagi e le fatiche affrontate nei nove giorni di cammino sono state ampiamente ripagate dalla bellezza dei panorami, dalla maestosità delle cime innevate che circondano i passi e le ampie vallate che abbiamo percorso, dalle emozioni provate entrando nelle semplici abitazioni dei villaggi e dall’ospitalità con cui siamo stati accolti, nonché dal senso di pace e serenità che regna nei monasteri.

Solamente nei primi giorni alcuni componenti del gruppo hanno accusato un leggero malessere dovuto alla quota, niente di grave, alla fine del cammino eravamo tutti in ottime condizioni fisiche.

I primi quattro giorni di trekking trascorrono senza imprevisti, tranquille camminate a 4000 metri sotto un caldo sole, visite ai villaggi ed ai monasteri incontrati sul nostro cammino in un clima di gogliardica amicizia. Tutti i giorni, quando si piazza il campo, siamo circondati dai bambini del posto che accorrono curiosi, attirati dal trambusto causato dal nostro arrivo e felici di ricevere qualche dono, soprattutto materiale scolastico portato dall’Italia.

Il mattino del quinto giorno, al nostro risveglio, ci aspetta una sorpresa: mancano ben 18 cavalli sui 32 che avevamo. Non ci sono neanche i cavallanti che secondo la nostra guida sono partiti alla loro ricerca. Siamo stati un giorno fermi aspettando il loro ritorno che non è avvenuto. La guida afferma che non c’è motivo di preoccuparsi in quanto il giorno dopo saremmo partiti con o senza i cavalli. Probabilmente, secondo la guida, sono scappati perché spaventati da qualche animale, forse un fantomatico “leopardo delle nevi”. Il giorno dopo i nostri bagagli vengono caricati su un trattore con rimorchio e possiamo proseguire per la quinta tappa. Nel pomeriggio, quando siamo ormai arrivati al campo successivo, vediamo in lontananza i cavalli ed i cavallanti in arrivo. La guida ci conferma che finalmente sono stati ritrovati. Nessuno di noi ha creduto alla strana storia del leopardo, anche perché se un animale li avesse spaventati nella notte si sarebbe sentito un gran fracasso, invece nessuno si è accorto di niente. L’ipotesi più verosimile è che avessero avuto bisogno dei cavalli per due giorni per qualche trasporto. Abbiamo recuperato il giorno perso unendo le ultime due tappe in una sola.

Vi è un altro episodio che merita di essere citato: la quinta tappa è stata breve, prima di mezzogiorno avevamo già piazzato il campo nel villaggio di Thangyud a 4470 metri. Visto che il pomeriggio era a disposizione dieci componenti del gruppo, tra cui la mascotte Andrea di soli 15 anni, vogliono provare l’emozione di superare i 5000 metri. Si incamminano e raggiungono una facile cima nei pressi del campo. Sulla vetta l’altimetro segna 5250 metri, complimenti al gruppetto! La nostra guida non conosce il nome della cima e non sa nemmeno se ne avesse uno: è stata così denominata “Andrea’s Peak”.

Dopo il giorno di sosta forzata e la conquista dell’Andrea’s Peak il cammino continua tranquillo sino al termine. Durante tutto il percorso il tempo si è mantenuto buono con temperature calde di giorno e fresche con il calare del sole. I cuochi si sono prodigati per farci conoscere i loro piatti tipici, variando il menù tutti i giorni. In sostanza la scheda del trekking si può riassumere con la tabella che segue: Data Luogo di partenza Luogo di arrivo Ore cammino Dislivello Note 3 agosto Kiato Ladarcha 5,30 400 mt 4 agosto Ladarcha Kibber 4,30 250 mt 5 agosto Kibber Rangrik 6,15 100 mt 6 agosto Rangrik Langcha 5 750 mt 7 agosto Langcha Langcha 0 0 Giorno di sosta 8 agosto Langcha Thangyud 2,30 300 mt 9 agosto Thangyud Jumbal 5,30 500 mt 10 agosto Jumbal Lhalung 3,30 250 mt 11 agosto Lhalung Sichling 7,45 200 mt NB – I tempi sono comprensivi delle soste Il trekking è terminato ma non il nostro viaggio. A Sichling troviamo i fuoristrada che ci attendono per riportarci a Manali, non direttamente ma con un itinerario di due giorni per poter visitare i luoghi più interessanti.

La prima tappa è il monastero di Tabo, distante una ventina di chilometri da Sichling risalente al 996. Questo monastero, circondato da un muro, è formato da ben 8 templi che visitiamo con la guida di un monaco. Alcuni hanno al loro interno affreschi molto antichi mentre altri, forse perchè restaurati, hanno un aspetto più moderno, non in sintonia con il luogo.

Proseguiamo raggiungendo Kaza, capitale dello Spiti, a 3800 metri di altezza, situata sulla riva sinistra del fiume. Molto interessante si rivela la visita alla cittadina che, a differenza della maggioranza dei villaggi che abbiamo visto durante il trekking, è raggiunta da una strada asfaltata, pullula di persone ed ha un aspetto molto vivace. Passeggiando per le sue vie vengo attratto dalla vista di un ciabattino che lavora seduto sul marciapiede all’esterno del suo negozio. Qui non è ancora arrivato il consumismo, non si getta niente; una sedia in plastica ha una gamba rotta ma non per questo la si rottama, semplicemente si sostituisce la gamba con un pezzo di legno. Un’altra sedia non ha più né schienale né sedile: con due assi si sostituisce il sedile, dello schienale se ne può fare a meno. Il sole di mezzogiorno incombe sul povero lavoratore? Niente paura, un vecchio ombrello legato ad un bastone con un pezzo di spago risolve il problema creando un po’ d’ombra. L’arte di arrangiarsi che noi europei abbiamo dimenticato è ancora ben presente da queste parti.

Una sosta con visita al monastero femminile di Pagmo e poi direttamente a Tacsa dove piazziamo l’ultimo campo, domani si ritorna a Manali.

Si risale al Kunzum Pass dove sostiamo qualche minuto per ammirare le cime innevate che si vedono in lontananza. Quasi al termine della discesa del passo facciamo una deviazione su una strada sterrata, con precipizi da mozzafiato e stretti tornanti; arriviamo al lago Chandratal in circa 45 minuti. La zona è di una bellezza indescrivibile, il lago è circondato da prati ricoperti di stelle alpine (o forse dovrei dire stelle himalayane?) e nelle sue acque si specchiano le montagne da cui è attorniato.

Ultima notte all’hotel Arohi quindi, alle 5 del mattino, si ritorna a Delhi in bus. Altre 17 ore di viaggio interminabile prima di arrivare, alle 10 di sera, all’hotel Marina di Delhi. Ci rimangono 2 giorni prima del rientro in Italia quindi il mattino dopo, alle 6, partiamo per Agra dove abbiamo in programma la visita al Taj Mahal, forse il monumento più famoso di tutta l’India.

Il 18 di agosto il gruppo si divide: mentre in 20 ritorniamo in Italia transitando da Amman dove sostiamo un giorno, gli altri 4 fanno scalo a Francoforte.

Approfittiamo del giorno di sosta ad Amman per fare un salto sulle sponde del Mar Morto, ai confini con Israele. Con il bagno fatto nelle sue salatissime acque finisce il nostro viaggio. Domani si torna tutti a casa.

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