Cambogia: i templi di Angkor, ma non solo
Abbiamo prenotato da Bangkok, grazie ad Internet e al telefono, un hotel nella periferia di Siem Reap, sulla via per l’aereoporto. Una telefonata e li abbiamo trovati ad attenderci in aereoporto, dopo che avevamo versato i 20 $ per il visto di entrata (preparasi poi i 25 dollari per uscire dal paese) Si tratta della Maison d’Angkor (www.Lamaisondangkor.Com), No. 71, National Road No. 6, Village Kaksekam Khum Srage ( +855 63 965 045). Per circa 46 euro al giorno (abbiamo pagato anche nella nostra moneta) abbiamo avuto un bungalow grazioso e funzionale, pulito ed accogliente. Il manager, Jean Pierre, dopo aver vissuto per anni a Phnom Penh, ci ha aiutato anche con qualche consiglio… Abbiamo preso anche una guida in italiano, contattata, via email, tramite l’associazione nazionale ed ufficiale delle guide turistiche ( Khmer Angkor Tour Guide Association, khmerang@camintel.Com). L’italiano della guida (la sua lingua principale era l’inglese), Sarath, era appena accettabile, ma abbiamo apprezzato l’enorme sforzo autodidatta e la grande volontà di migliorare ed apprendere una nuova lingua. Lingua che non va per la maggiore in Cambogia (a differenza dello spagnolo). Sono ancora pochissimi gli italiani che vanno ad Angkor (preferiscono ritrovarsi tutti insieme a Puketh), in un paese dove non abbiamo nèl’ambasciata nè consolati nè, tantomeno, istituti culturali e dove l’insegnamento dell’italiano è possibile grazie a qualche viaggiatrice che ha deciso di fermarsi lì. Certo, è triste scoprire che l’Italia è conosciuta solo perchè ha vinto i mondiali di calcio. Per il resto siamo un indistito punto dell’Europa.
Sarath ci ha accompagnato per tre giorni (il pass per tre giorni, con una foto – che è possibile fare gratuitamente all’entrata dell’area di Angkor – costa 40 dollari. 20 $ per un giorno e 60$ per una settimana), facendoci fare il giro dei templi e risolvendoci anche qualche problema organizzativo (come tutte le guide di tutto il mondo ci ha proposto negozi di souvenir, vere trappole per turisti, e ristoranti con danze locali. Ma ce le ha proposte con garbo e senza mai forzare troppo. Se penso ai tuk tuk di Bangkok…).
Non vi parlo di Angkor e dei suoi templi. Su tutte le guide e su tutti gli itinerari trovere notizie e informazioni. Comunque, sulla base dell’esperienza, lasciate perdere le localizzaioni per albe e tramonti. Girate come viene, nel girovagare vi troverete il vostro tramonto che vi piacerà lo stesso anche se non è ad Angkor Wat. Siamo stati fortunati, il tempo, pur in agosto, è stato clemente, non ha piovuto e ci siamo goduti quale giornata di sole. I templi sono tutti bellissimi. Se avete tempo e voglia, assieme alle guide turistiche che ci si porta appresso, leggetevi il Ramayana o almeno una sua riduzione ( la trovate online su /web.Tiscali.It/isvarait/Books_Libri/Ramayana/Ramayana_introduzione.Html) per familiarizzare con la storia che vi avvolgerà nei Wat e nei bassorilievi che vi si presenteranno). Lo stesso dicasi per il Mahabharata. Poi, potrete guardare da neofiti l’architettura khmer, scoprire quanto i cambogiani non possano vedere i thailandesi (la città di Siem Reap, nel suo nome, vuol dire proprio vittoria sul Siam) e i vietnamiti (i cham con cui hanno combattuto secoli fa).
In Cambogia la vita non è proprio cheap. Il dollaro è la moneta ufficiale. Il riel è usato per i “resti”, visto che gli “spicci” non esistono. “One dollar” è la frase che sentirete maggiormente attorno a voi. Tanti bambini, in ogni tempio, vi rincorreranno per cercare di vendervi qualcosa, miniature di carta, sciarpe, fotocopie di libri, ogni cosa possibile. Potranno sembrarvi opprimenti, sopratutto perchè sono tanti e vi attornieranno. Ma, se superate questa difficoltà, avrete a che fare con l’umanità di questi bambini, che parlano con frasi e numeri di tutte le lingue, che vi chiedono di prendere impegni per comprare qualcosa quando avrete finito la visita e cge comunque non vi disturberanno mai mentre vi guardate i vostri templi. Più che distribuire dollari, se non vi sentirete come i soldati americani in Paisà, portate penne e quaderni, e vedrete qualche viso felice.
Si capisce che la vita è dura, che ancora se la cavano gli agricoltori che vivono della loro terra (ma in giro tira una brutta aria, si costruisce molto e si requisice molta terra) mentre i “cittadini” se la passano peggio, visto che tutto è caro, in dollari e che il confine tra la vita normale e la povertà è labile. Chi guadagna bene prende 200$ al mese e non si può permettere un gran chè. La corruzione – ci hanno detto – è alta, ma noi non l’abbiamo mai incontrata, nè in aereoporto nè in città. Ma questo non vuol dire… Il telefono costa una follia. A siem Reap le cabine sono poche, di compagnie diverse e conviene comprare una scheda telefonica da 5 o 10 $ all’Ufficio postale. Ma le conversazioni durano poco… Per questo il cellulare costa una follia come anche la connessione ad Interet.
Ho letto qualche itinerario preoccupato della pulizia. Sarà che venivo dalla Thailandia ma la Cambogia mi è sembrata la Svizzera. Certo l’acqua è sempre meglio prenderla in bottiglia, anche per lavarsi i denti, ma la situazione generale non è terribile.
Molto bello il giro in barca sul Tonle Sap. Dove gli abitanti di Siem Reap guardano i poveri pescatori del lago e parlano male degli immigrati vietnamiti. Per raggiungere Phnom Penh abbiamo preferito, dopo molti consigli, il bus. Circa sei ore, attraversando la Camboglia, con una sorta di MTV locale sempre accesa ed una hostess locale, ma insieme ai cambogiani che se lo possono permettere, 9$. Siamo stati troppo poco nella capitale. Il Palazzo Reale, la Pagoda d’argento e la fregatura del Mercato Russo, dove c’èla globalizzazione dellaa paccottigia dei mercati orientali (troverete sempre le stesse cose).
Un consiglio, lasciate perdere il mercato e perdete un pò di tempo nel negozio di fronte, quello dell’associazione non governativa Rajana (ce ne sono a Siem Reap e a Phnom Penh) con prodotti di artigianato di giovani, io direi artisti, cambogiani. Poi, alla buon’ora, siamo tornati a Bangkok con la Asia Airways. Costa la metà della Bangkok e non è niente male.