Thailandia, Cambogia e Vietnam: ventinove giorni in un viaggio dicembrino

Scritto da: walterego74
thailandia, cambogia e vietnam: ventinove giorni in un viaggio dicembrino
Partenza il: 14/12/2014
Ritorno il: 13/01/2015
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14 dicembre 2014 – Dov’è il mio limone?!

La giornata è partita col piede sbagliato.

Ieri Masha, per lavare la sua stiratrice a vapore, ha usato l’ultimo limone che avevamo e io non ho potuto preparare la mia spremutina quotidiana, quella che mi fa avviare il sistema e attiva tutte le funzioni vitali. Pazienza, cosa vuoi che succeda se parto senza? Le ultime parole famose…

Arriviamo alla stazione Tiburtina, facciamo i biglietti per il primo treno utile, quello delle 08.01, e andiamo a fare colazione. Butto un occhio sul tabellone dei treni in partenza e…ORROREEE! Il nostro treno è stato cancellato e anche quello dopo…il prossimo è alle nove (forse), rischiamo di far tardi. Ok, sangue freddo. Torniamo alla stazione Termini. Corriamo verso la biglietteria, facciamo altri biglietti (questa volta per il Leonardo Express, 28€! l’altro treno era costato 8€), saliamo sul treno delle 8.35, arriviamo in aeroporto, chiediamo il rimborso del biglietto non utilizzato (scopro che c’è lo sciopero, tanto per cambiare), colazione, poi lasciamo i bagagli al check-in, controlli di sicurezza, controllo passaporti e subito in aereo. Tutto sommato è andata bene, viste le premesse.

Comunque, mai più senza limoni!

Scalo a Dubai, tre ore per il prossimo volo. abbiamo un po’ di tempo per ammirare gli effetti dei petroldollari sull’aeroporto. Da mille e una notte!

15 dicembre – Bangkok

Atterrati! In perfetto orario, pancia piena e tanto sonno; qui sono le sette, a casa l’una di notte, abbiamo dormito pochissimo. Ci apprestiamo a fare un bel tour de force.

L’aeroporto Suvarnabhumi di Bangkok è immenso, i cartelli con le indicazioni delle distanze da percorrere a piedi (fino a 45 minuti per andare da un teminal all’altro) la dicono lunga.

Per fortuna ci sono dei velocissimi tappeti mobili che danno una bella spinta. Le pratiche aeroportuali sono rapide (10 minuti), cambiamo 100€ per le prime spese (leggi “caffè”), il cambio non è dei migliori ma lo sapevamo (3800 thb). Siamo già al secondo piano quindi cerchiamo il gate 3, dove ci aspettiamo di trovare il bus shuttle per l’aeroporto di Don Mueang. Lo troviamo, è gratis presentando il biglietto dell’aereo.

E vaiii!

Eccoci a Don Mueang, più piccolo dell’altro aeroporto ma altrettanto caotico. Abbiamo circa 3 ore prima del volo per Phuket, decidiamo di lasciare i bagagli e andare a visitare un tempio che abbiamo visto arrivando qui. Costo dell’operazione, 150 thb (€3,75). Si può fare.

Proprio accanto al tempio ci siamo imbattuti un un’allegra comitiva di signore che prendevano lezioni di cucina e decoupage. Appena presa confidenza hanno voluto mostrarci tutti i loro lavori, presentarci i vari insegnanti e fare una miriade di foto con noi. Fa’ niente se ci chiamavano Uolte e Malìa, è stato un fantastico momento di autentica aggregazione di culture.

Prima di partire ho visto tutte le otto puntate di uno speciale su Sky sullo street food thailandese. Il conduttore, un inglese trapiantato a Bangkok, ha mostrato e descritto, con dovizia di particolari, decine di piatti tipici della cucina thai, dagli onnipresenti noodles alle zuppe, ai fritti, alle carni speziatissime, ai pesci, agli insetti e non smetteva di ripetere che l’autentico cibo thailandese è quello che si mangia nei mercati di strada disseminati per la città. Come potevo io resistere alla tentazione quando mi sono imbattuto in un mercatino proprio vicino al tempio che avevamo appena visitato? Infatti non ho resistito. Abbiamo chiesto una zuppa di noodles di riso non speziata, tanto per fare le cose gradualmente. Ci hanno portato una zuppa dove, oltre ai noodles, c’erano polpettine di carne e di pesce, germogli di soia, palline di pasta fritta, tofu, qualche pezzetto croccante di pancetta e un uovo (di volatile non identificato). Niente male, devo dire, anche se io i noodles li preferisco all’uovo e saltati nel wok. Spesa complessiva: 120 thb (2,60€).

Il volo da Bangkok a Phuket è andato bene, anche se non ho dormito come avrei voluto. All’arrivo cerchiamo e troviamo il servizio taxi che, a detta degli “esperti” dei vari forum, è quello più economico: il Taxi Meter. In effetti è stato molto conveniente, 800thb (19,50€) per un viaggio di 60km, fino a Patong.

A Patong veniamo accolti da un impressionante scroscio di pioggia tropicale, di quelli improvvisi e traboccanti che ti sorprendono impreparato. Nonostante il disagio la cosa non mi dispiace, fa parte del pacchetto “viaggio ai tropici” e me l’aspettavo.

Raggiungiamo la nostra guest house. Si chiama Soleluna ed è gestita da un simpatico ragazzo svizzero, Mark, e dalla sua ragazza di Hong Kong. La camera va benissimo, è pulita ed arredata in maniera funzionale …e c’è una sorpresa per me, preparata da Masha con la collaborazione di Mark: frutta, champagne e coreografia per la nostra luna di miele!

Sono commosso…

La doccia ci restituisce parte delle energie perse durante queste 30 e passa ore di viaggio, così riusciamo a mettere il naso fuori. La zona è tranquilla, me l’aspettavo più caotica. Ci avviamo in direzione centro e subito ci imbattiamo in un bel mercato di strada (il Malin Plaza), da dove proviene un profumino che ci risveglia, in un attimo, tutti gli istinti mangerecci. Ci avventuriamo trai banchetti e ci troviamo immersi in quel colorato e multietnico frastuono che uno si aspetta di trovare in una cittadina asiatica, con banchi di carne, pesce, dolci, sushi, insetti e poi loro: i noodles. Mi avvicino al banco e scelgo quelli all’uovo con condimento di frutti di mare. Diviniii! Prezzo: 100 tbh, poco più di 2 euro. Masha opta per il pesce alla brace e due calamari per soli 180thb, 4 euro e poco più. 2 birre 75 tbh, cena archiviata con successo.

Dopo cena facciamo una bella passeggiata per sondare il terreno e ci spingiamo fino alla strada più famosa della città, Bangla Road. Un carnaio. Un susseguirsi di night club, ping pong show, ristoranti e trans. L’inferno delle molestie sessuali.

Sento già la mancanza della mia Guest house.

16 dicembre – Patong Beach

Al risveglio dal “coma” mi sento frastornato, per effetto del lungo viaggio e del jet lag. È come se mi avessero appena scongelato da un sonno secolare e facessi fatica a capire dove sono. Il caffè non mi aiuta, penso che dormirò in spiaggia.

La spiaggia di Patong non è proprio come me l’aspettavo: è affollatissima e non molto esotica, sembra una qualsiasi località balneare italiana, con la differenza che la sabbia è bianchissima. L’acqua, che da lontano sembrava bellissima, non è proprio limpida ed ha un odore “sospetto”. Non impiego molto a capire perché. Patong è attraversata da un fiume che raccoglie tutti gli scarichi e le sporcizie prodotte dagli abitanti (e turisti) del luogo, faccio fatica a pensare che possano esserci dei depuratori (siamo pur sempre in Asia); l’odore del fiume è nauseabondo, ci sono passato ieri sera. Ebbene, questo fiume si getta in mare proprio in prossimità del lato sud della spiaggia, con l’inevitabile risultato di conferire lo stesso odore al mare di fronte a Patong, anche se meno percettibile. Per fortuna, allontanandosi dalla foce del fiume la situazione migliora e l’acqua riacquista l’originaria trasparenza. È lì che decidiamo di stendere i nostri teli da mare.

Passiamo tutto il giorno qui a smaltire la stanchezza, ridestandoci solo per cena. Sulla via dell’albergo ci deliziamo con un latte di cocco ed un’ananas dolcissima. Poi in albergo. Doccia e massaggio thailandese. Rinasciamo!

Per cena torniamo al Melin Plaza e ci accomodiamo al tavolo del No Bar, scegliamo due bei pesci e, aspettando che siano cucinati, sorseggiamo una birra Chang. Costo della cena, 340 thb (8 €).

Decidiamo di andare a cambiare i soldi prima di dormire e, arrivati al chiosco del cambio, l’impiegata ci restituisce 2 delle nostre banconote da 50€ perché hanno un bordo irregolare. Saranno false? Speriamo di no! Roba da collezionisti…

17 dicembre – Phi Phi Don

Una bella dormita era proprio quello che ci voleva!! Facciamo colazione e ci mettiamo ad aspettare che ci vengano a prendere per l’escursione. Oggi si va a Phi Phi Don e dintorni!!

Il pulmino arriva in ritardo ma arriva. All’interno ci sono già 5 persone, russi di Nova Sibirsky, evidentemente reduci da una serata a base di vodka e tanto aglio. I finestrini sono bloccati, quindi apnea fino a destinazione. Sarà dura!

L’escursione non ci è piaciuta granché. I posti sono bellissimi, per carità, ma c’è un tale via vai di motoscafi che scaricano e caricano frotte di turisti da rendere le visite quasi frenetiche. La gente che arriva qui comincia a scattare selfie prima ancora di chiedersi “dove sono? Come si chiama questo posto?”, col risultato che queste meravigliose spiagge circondate dalla jungla e da scogliere calcaree sono ridotte a coreografie, sfondi da utilizzare per “aggiornare” la bacheca di facebook. La gita in canoa ha rasentato il ridicolo: caricati sulla canoa di uno “zingaro di mare”, portati a zonzo attraverso un paio di stretti canali che si insinuano tra alti scogli calcarei, con lo zingaro che indica questa o quella roccia perché somigliano alla testa di un elefante o a Buddah, per poi riportarti al motoscafo dopo averti “estorto” una mancia per la “professionalità” dimostrata. Sono disgustato.

La giornata si è conclusa con l’arrivo a Phi Phi Don, che una volta era la perla di questi mari e che adesso è diventata una specie di Ibiza a buon mercato. Discoteche e club ovunque, il turismo di massa tende a fagocitare tutto. Peccato.

Speriamo che domani vada meglio…

18 dicembre 2014 – Maya Bay

Si, è andata meglio.

Dopo un’abbondante colazione ci siamo imbarcati alla volta di Maya Bay, la celeberrima spiaggia incontaminata del film The Beach (tant’è che qui la chiamano “Di Caprio Beach). Io quel film l’ho visto e ricordo bene che lo scopo dei ragazzi che avevano scelto di vivere qui era quello di mantenere questo posto segreto al resto del mondo, a costo della vita. Nessuno poteva portarci nessuno. Beh, hanno fallito. File di motoscafi si affollano all’ingresso della baia, scaricando a turno decine di selfaioli famelici che deturpano il paesaggio con le loro pose da idioti che non vedono l’ora, appena tornati nel mondo reale, di imbattersi in un wifi per postare i loro scatti su Fb (un cartonato di Leonardo li manderebbe in estasi). Ciò non toglie che il posto sia bellissimo.

Aggiornamento 13 maggio 2019 da un articolo di GreenMe: “La splendida spiaggia di Maya Bay, in Thailandia, rimarrà vietata ai turisti fino al 2021. Resa celebre dal film The Beach, con Leonardo DiCaprio, la splendida baia situata sull’isola di Phi Phi Leh, era stata gravemente danneggiata dal massiccio accesso di visitatori.

Inizialmente chiusa per 4 mesi, dal 1° giugno dello scorso anno era stata interdetta al pubblico a tempo indeterminato per permettere alle autorità tailandesi di valutarne lo stato e porre rimedio.

Si parla di danni ingenti che hanno colpito e quasi sterminato la popolazione di coralli. È sparito quasi l’80% dei coralli della baia, complici anche le creme solari e le pericolose sostanze in esse contenute.

Tra le altre cause della morìa dei coralli vi sono indubbiamente gli scarichi degli hotel in mare, gli ancoraggi per imbarcazioni e i rifiuti di plastica gettati in mare e abbandonati sulla stupenda spiaggia, che fece da sfondo al film The Beach, nel 2000. Eppure si tratta di una piccola striscia di sabbia, lunga solo 250 metri e larga 15.

Trovate l’articolo integrale a questo link: https://www.greenme.it/viaggiare/asia/maya-bay-chiusa-2021

A quella sulla “Di Caprio Beach“ è seguita una serie di fermate varie, tra snorkeling, nuotate di 10 minuti e spiaggette bellissime e poco affollate.

Nel complesso l’escursione è andata bene anche se, dovendo consigliarla a qualcuno, gli direi di risparmiarsi i soldi del pernottamento a Phi Phi o, comunque, di venire direttamente a vedere i due tre posti più famosi.

La serata si è conclusa con una ricca cena a base di pesce e crostacei (650 thb) e poi a nanna, a recuperare le forze per l’indomani.

19 dicembre – (Il venditore più fortunato del mondo)

Oggi abbiamo noleggiato uno scooter per fare il giro delle spiagge. Mi diverte pensare al fatto di aver guidato solo 2 volte un motorino in vita mia ed entrambe le volte in Paesi con la guida a sinistra (la prima volta fu a Malta), per la serie “complichiamoci la vita”. In ogni caso, la prima tappa è stata la spiaggia di Karon, molto simile quella di Patong ma con l’acqua più cristallina. Niente di che, comunque (considerati gli standard della zona, ovviamente).

La seconda e stata Kata Beach che ci è piaciuta di più, perché pulita e molto suggestiva, con un isolotto bellissimo che si staglia sullo sfondo. Se dovessi tornare da queste parti verrei direttamente qui, senza perdere tempo in fermate intermedie.

Mentre ero in piedi ad asciugarmi al sole mi si è avvicinato un ambulante che vendeva occhiali. Io, d’istinto, gli ho detto che non mi serviva niente ma lui mi ha guardato bene e mi ha fatto segno che avevo i miei occhiali avevano qualcosa. Li ho tolti e, sorpresa, una lente si è staccata ed è caduta. Gli occhiali erano rotti! Spezzati sotto una lente, per l’esattezza. E li avevo comprati solo 2 giorni prima!! Lui, allora, ha preso un paio dei suoi, che somigliavano molto a quelli che avevo io, e li ha allargati di 180 gradi, per farmi vedere com’erano elastici. Come dirgli di no? Li ho presi (250 thb) e complimenti per il tempismo, amico!

Siamo rimasti a kata beach un paio d’ore, dopodiché siamo partiti in direzione Big Buddha, la maestosa statua che svetta sulla collina di Phuket.

Ci siamo presi la benedizione di un monaco buddhista, siamo tornati in albergo per un doppio massaggio (thai e oil massage), poi al solito mercato a cena (granchio, calamari e gamberoni alla brace + 2 birre a testa e un’ananas spettacolare) e poi a nanna che all’indomani c’era l’escursione alle isole Similan.

20 dicembre – le Similan

Sveglia alle 5.30, colazione frugale e alle 6.30 il minibus è venuto a prenderci, direzione Thap Lamu, quasi 2 ore di strada, dove c’è l’iimbaco per il parco nazionale delle isole Similan. Arrivati al porto siamo stati accolti da organizzatissime guide che in un quarto d’ora ci hanno smarcati, fornito l’attrezzatura e offerto la colazione.

Dopo un’altra ora di viaggio, questa volta su di una speed boat, arriviamo alla prima delle isole Similan, la nr 9. Ho subito avuto conferma del fatto che le spiagge più famose, cioè quella di “James Bond” e di “Di Caprio”, non sono affatto le più belle. Quella dove attracca la nostra barca per farci fare snorkeling è fantastica, con delle rocce rotondeggianti mai viste prima d’ora ed un’acqua di un turchese intenso…da rimanere a bocca aperta. Lo stupore è continuato una volta tuffati, quando, con una visibilità di 30 metri buoni, ci siamo trovati circondati da una miriade di pesci multicolori. Fantastico, il paradiso dello snorkeling.

Lo spettacolo si è ripetuto alle altre fermate, in particolare in un caso abbiamo anche nuotato in compagnia di una grossa tartaruga marina.

Per fortuna sulle Similan non è possibile pernottare (su alcune isole è proibito persino sbarcare), quindi l’impatto dell’uomo sull’ecosistema è pressoché nullo. Solo sull’isola nr.4 c’è un accampamento di tende permanente per chi fa escursioni organizzate di più giorni, che io consiglio vivamente, anche perché per chi arriva da Phuket c’è un bel po’ di strada da fare.

Decisamente ho preferito questa escursione all’altra, che ho trovato troppo costruita e turistica. A questo punto spero nessuno giri mai un film ambientato sulle Similan, visti i precedenti. Assolutamente.

21 dicembre – relax

Giornata di relax.

Sveglia comoda alle nove, colazione in hotel (toast, uova strapazzate e caffé, 120 thb) e poi in spiaggia.

Costretti alla ritirata da un temporale, ci siamo fermati al solito Malin Plaza per mangiare degli ottimi noodles e siamo rimasti poi in camera il resto della serata.

22 dicembre – Krabi

Sveglia alle 05.50 e partenza alle 06.40 per Krabi.

L’escursione ha toccato: tempio bianco, grotta delle scimmie, grotta delle tigri con tempio annesso, una spa all’interno di un hotel di lusso e un allevamento di elefanti (con relativa passeggiata nella jungla). Niente di sconvolgente ma, data la giornata piovosa, non avremmo potuto fare di meglio.

Domani si torna a Bangkok e da lì a Siem Reap.

23 dicembre – Bangkok

Sveglia con calma, facciamo le valigie, poi colazione in albergo (210 thb) e caffè di fronte, da Coffee Mania, un “europeissimo” (ed italianissimo) locale dove si può gustare un vero espresso con un ottimo cornetto. Poi a poltrire in camera, non ci va di andare in spiaggia, vuoi perché il mare di Patong non ci ispira affatto vuoi perché non è una giornata caldissima.

Verso l’una pranziamo in albergo (riso fritto e pollo al ginger, 330 thb) e poi aspettiamo che ci vengano a prendere. Verso le 15.30, mentre mangiamo un gelato, sentiamo un tizio sulla settantina che urla verso il nostro albergo “Bangkok! Bangkok! BANGKOOOOOOK! “. È il nostro uomo. Riusciamo a capire che vuole che saliamo a bordo mentre lui ci sistema i bagagli. Partiamo e capiamo subito che sarà un lungo viaggio perché il tizio ha i riflessi “lenti”, guida a scatti, accelera e decelera continuamente, anche in salita (ad un tratto si ferma anche per fare la pipì a bordo strada). Siamo tutti un po’ divertiti a bordo, anche perché, per fortuna, ci porterà solo fino a Phuket.

24 dicembre – Siem Reap

Il viaggio di 12 ore in pullman è andato bene, dormito poco ma arrivati in orario. Dal terminal di Bangkok prendiamo il bus 511 per Khaosan road, dove facciamo colazione (da Mc Donald, sob…) e lasciamo i nostri bagagli in una guest house per 40 bath.

Facciamo un giro lì intorno e visitiamo il Democracy Monunent, il Wat Ratchanat Daram, il Giant Swing, il What Pho, Wat Phra Kaeo. Poi in aereoporto.

Poi torniamo in aeroporto, felici di aver avuto un assaggio di questa magnifica metropoli. …

Arriviamo a Siem Reap verso le 18.00, in tempo per sistemarci e andare a cercare un posto in cui passare la vigilia di Natale. Troviamo un bellissimo hotel a 5 stelle (a Natale le stelle sono un obbligo) e ci accomodiamo in terrazza da dove seguiamo lo spettacolo organizzato per gli ospiti sorseggiando vino e Long Island. Il nostro cenone consiste in due ottimi hamburger, preparati a dovere dallo chef a 5 stelle del ristorante a 5 stelle. Inedito. Buon Natale!!

* 25 dicembre * – Angkor Wat

Sveglia alle 8.00 con calma natalizia, colazione e poi in centro via tuc tuc, unico mezzo di trasporto sempre puntuale e sempre disponibile (molto conveniente se si pensa che qualsiasi corsa, o quasi, costa 3 dollari). Andiamo al centro dell’artigianato di Angkor dove ammiriamo i bellissimi prodotti fatti mano, molti dei quali non alla portata delle nostre tasche. Compriamo un Buddha per noi e altre cosette che ci hanno chiesto degli amici di Masha che sono stati qui lo scorso anno, dopodiché andiamo a mangiare. Scegliamo un pub irlandese, non abbiamo voglia di cucina speziata (ho scoperto successivamente che la cucina khmer, tra l’altro, non mi piace). Prenotiamo il bus per Pnom Penh di martedì ed il tuc tuc per la visita ad Angkor Wat di domani.

La giornata prosegue all’insegna dell’ozio fino a cena, quando, in un ristorante a conduzione famigliare, ho l’occasione di assaggiare una zuppa khmer ed un riso fritto al pollo e verdure. Niente di che, preferisco il cibo thai.

Poi a nanna, domani sveglia alle 04.30 per andare a vedere l’alba ad Angkor Wat.

Trattandosi del monumento religioso più grande del mondo, nonché del più famoso della Cambogia, non ha bisogno di presentazioni, quindi mi limiterò a dare qualche consiglio pratico.

Il miglior modo per visitare l’area (che è molto vasta), è quello di noleggiare un tuk tuk (ce ne sono davanti a tutti gli alberghi, non aspettano altro) per l’intera giornata, che va dalle 4.30 della mattina (se deciderete di guardare sorgere il sole alle spalle del tempio) alle 16.00, nel caso dell’escursione di un giorno. Noi abbiamo pagato 17$ con il Tuk Tuk di Mr. Monday, un gentilissimo ed istruito ex monaco buddhista che, tra l’altro, parla un ottimo inglese (cosa non frequentissima da queste parti, lo si può contattare al +855 (0) 977253890). Una valida alternativa può essere la bicicletta (1$-3$ al giorno), ma nella stagione secca fa molto caldo e potrebbe risultare parecchio stancante. Se si ha più di un giorno a disposizione è consigliabile optare per l’escursione lunga (3 giorni), che permette di visitare, in tutta calma, anche i templi minori (che sono quelli meno affollati). Il biglietto d’ingresso giornaliero al complesso di Angkor Wat costa 20$ ed è preferibile farlo il giorno prima dell’escursione per due ragioni: innanzitutto, si ha la possibilità di entrare già dalle 18.00 del giorno precedente a quello in cui il biglietto è valido (in modo da poter ammirare il tramonto), in secondo luogo per evitare l’incredibile ressa che si crea alle 5 di mattina alle casse (peraltro molto efficienti).

Scarpe comode e fresche (le scale dei templi sono belle ripide), vestiti leggeri, cappellino, tanta acqua e macchina fotografica carica!

Buona esplorazione!

26 dicembre – Angkor Wat

Il tuc tuc di Mister Monday è puntualissimo, alle 5.00 è davanti al nostro albergo. Partiamo eccitatissimi per Angkor Wat dove arriviamo in meno di mezz’ora, facciamo i biglietti (20$ a testa), e ci accomodiamo ad aspettare che il sole sorga.

Lo spettacolo è magnifico, i colori che si avvicendano nel cielo alle spalle di Angkor Wat ci mandano in estasi. È valsa assolutamente la pena di alzarsi così presto.

Il giro prosegue, sotto a un sole cocente, per Angor Thom e gli altri templi, che ci riportano indietro a un tempo in cui questa città era conosciuta come il Paradiso in terra e contava 500.000 abitanti quando Londra ne aveva poche decine di migliaia.

Nel tardo pomeriggio torniamo in albergo, distrutti ma felici e arricchiti nella mente e nello spirito.

Usciamo alle 19.30 per cena, Mr. Monday ci aspetta davanti all’hotel. Ci lascia in Pub Street, ci salutiamo e ci auguriamo di rivederci, un giorno. Ceniamo di nuovo al pub irlandese, passeggiata e poi in albergo. Domani si va a Pnom Penh.

27 dicembre – I monaci

Partiamo in orario per la capitale. Ci aspetta un viaggio in minibus di circa 6 ore, ne approfitterò per leggere (“In Asia”, T. Terzani, mai scelta fu più azeccata). La strada è buona a tratti, ci sono frequenti interruzioni e deviazioni (mai segnalate), il che, unito alla guida sportiva del nostro autista, contribuisce a tenerci belli svegli.

Io siedo accanto a due monaci buddisti, Masha non ha potuto perché alle donne non è permesso. Ad un certo punto quello più vicino a me prende qualcosa da un sacchetto e me la offre da mangiare. A prima vista sembra frutta secca ma, guardando meglio, capisco che si tratta di una specie di grossa cavalletta. Declino l’invito dicendo che ho appena mangiato un gelato.

Da come lui e il suo “collega” svuotano il sacchetto, devono essere buonissime!

28 dicembre – Phnom Penh

Phnom Penh non mi è piaciuta granché. Forse mi ha influenzato quello che ho letto a riguardo, circa l’atmosfera opprimente che regna in città, ma non pensavo che l’avrei avvertita anch’io (anche Masha ha avuto la stessa sensazione). È come se gli spiriti dei milioni di cambogiani massacrati dai Khmer Rossi, per perseguire il folle disegno di Pol Pot, vagassero senza pace per le vie della città, trasmettendo ai passanti tutta la loro angoscia. Forse anche a causa di questo fardello, ancora più pesante per un popolo dall’indole dolce e pacifica, i cambogiani sembrano lenti ed intontiti, molti di loro passano le giornate a sonnecchiare lungo le strade o sui loro tuk tuk,.

Abbiamo camminato tutto il giorno, visitato i siti più importanti e provato il cibo locale e nessuna di queste cose ci ha dato il piacere tipico che si prova quando si esplora una nuova città. Forse siamo noi ad essere un po’ stanchi, visto il ritmo del nostro viaggio? Non so… Fa caldissimo, la città e sporchissima ad eccezione dell’area intorno al Palazzo Reale (qualcuno dirà “certo che è sporca, sei in Cambogia mica in Svizzera!”) ed è cara, inspiegabilmente cara. Alla fine decidiamo di passare il giorno successivo a riposarci in albergo, fare il bucato e sistemarci un po’.

In ogni caso, c’è da dire che ci sono cantieri ovunque, segno che la città sta cambiando e fra qualche anno, si spera, tornerà ad essere quella Perla d’Asia che hanno conosciuto i primi occidentali arrivati qui. Ci torneremo, Phnom Penh merita sicuramente di essere vissuta al suo meglio, di essere compresa. È giusto, a questo punto, chiudere con una frase di Terzani proprio sulla capitale cambogiana, che ho avuto la fortuna di leggere in questi giorni: “Bastano pochi giorni a Phnom Penh per adattarsi a un ritmo diverso di vita, per entrare nella logica di un altro mondo in cui realtà e fantasia, ragione e superstizione si confondono continuamente. Phnom Penh è una città stregata, dove ormai uomini e spiriti coabitano. I soldati che partono per la zona d’operazione con un’immagine di Buddha fra i denti o con la testa fasciata da uno straccio colorato per difendersi dalle pallottole non meravigliano nessuno. E quando corre voce che il presidente della repubblica, il maresciallo Lon Nol, ha intenzione di far rimuovere la collina che si erge, improvvisa, nel centro della città perché, secondo il suo astrologo, fu costruita con un inganno secoli e secoli fa dai cinesi sulla testa del Naga, il serpente a sette teste, spirito della Cambogia, per soggiogare sempre il popolo khmer, nessuno si scandalizza” (T.Terzani, “In Asia”, pag. 21).

29 dicembre – relax

Giornata di riposo.

Usciamo tardi dall’albergo per andare a fare i biglietti per gli autobus che ci porteranno, dopo capodanno, da Sihanoukville a Phnom Penh e da lì ad Ho Chi Minh City (HCMC); poi trascorriamo un’oretta in un caffè sul lungofiume, dove bevo un paio di birre. Dopodiché andiamo in albergo, dove passiamo un paio d’ore in terrazza (altro paio di birre). Riposino in camera e poi a cena (i peggiori involtini primavera che abbia mai mangiato!!). Altra birra.

30 dicembre – Da Phnom Penh a Sianoukville

Alle 8.00 siamo già al Roussya Market, da dove prenderemo l’autobus per Sihanoukville. C’è una baraonda inimmaginabile di gente che si accalca ai lati della strada aspettando gli autobus che, a gruppi di 3 o 4, accostano e ripartono pieni zeppi. Il nostro parte con un po’ di ritardo e, dopo un’ora e mezza, siamo ancora a Phnom Penh in coda. Sarà un lungo viaggio.

30 dicembre pomeriggio – Sihanoukville

Arrivati.

Prendiamo possesso della nostra camera e andiamo in spiaggia, la Victory Beach. Non la trovo particolarmente suggestiva, ma è vicinissima. Noto subito la mancanza di cura che caratterizza le infrastrutture cambogiane destinate ai turisti, lontane anni luce da quelle della vicina Thailandia. Lo trovo strano visto che qui vivono praticamente di turismo. Dopo aver bevuto una birra e sfondato un fatiscente lettino, rischiando di farmi male, torniamo in albergo dove incontriamo subito Elena e Vladimir. Dopo una lunga chiacchierata andiamo a cenare nell’adiacente “ristorante”. Si tratta di una baracca con una veranda sul davanti, un posto in cui normalmente non mi fermerei mai, ma dicono si mangi bene. In effetti è così, e si paga anche poco. Unica pecca la lentezza esasperante del servizio, ma da queste parti è normale.

Dopo cena ci salutiamo e ci diamo appuntamento per l’indomani, per l’escursione.

31 dicembre – Koh Rong e Koh Mano

Dopo un’abbondante colazione ci imbarchiamo su di un battello a tre ponti, attrezzatissimo per i boat parties, destinazione Koh Rong e Koh Mano.

La prima tappa è per lo snorkeling ma è stata deludente, la visibilità in acqua è di un paio di metri e non vale la pena perderci tempo. La seconda tappa, a Saracen Bay, è stata molto più appagante, per la bellezza del posto e la mancanza di ressa. Consigliata!

Al rientro ci cambiamo, facciamo la spesa e andiamo a casa di Oleg, il nostro ospite per la cena di capodanno.

Si tratta di un uomo sulla sessantina che ha lavorato per trent’anni all’acquario di Mosca, dopodiché si è trasferito in Cambogia per fare ricerche. È un luminare in fatto di fauna e flora acquatica e conosce questo paese come le sue tasche. Come se non bastasse è anche un ottimo cuoco ed ha preparato un sacco di roba, spaziando dalla cucina russa a quella cambogiana.

Dopo cena andiamo in spiaggia e nuotiamo al “chiaror della luna”. È di buon auspicio cominciare l’anno nuovo facendo qualcosa di inedito. BUON ANNO!!

1° gennaio 2015 – relax

Giornata tranquilla, com’è giusto che sia a Capodanno. Colazione al solito bar, nuotata, visita allo “zoo privato” della figlia di Oleg e pranzo a casa di quest’ultimo. Poi a fare i bagagli, domani si prosegue per il Vietnam!

2 gennaio – Sihanoukville, Phnom Penh, HCMC

Alle 6.10 siamo già in strada, direzione uffici della Mekong Express. Come sovente capita da queste parti, l’autista non ha capito cosa vogliamo e ci porta da un’altra parte. Fortuna che siamo in anticipo e abbiamo tempo di rimediare.

L’arrivo a Phnom Penh è in perfetto orario. Il viaggio è stato decisamente comodo, il minibus molto confortevole ed il servizio offerto dalla Mekong Express è di gran lunga il migliore che abbiamo provato. Anche il servizio “a terra” è molto professionale, con una sala d’attesa munita di tavolini e bar e delle hostess molto attente che, in mezz’ora, ci hanno chiesto 4 volte quale fosse la nostra destinazione per paura che perdessimo uno dei bus in partenza. C’è anche il free wifi. Il confronto con l’ufficio della Capitol, molto trasandato, è a dir poco irriverente.

Il viaggio procede speditamente. Momento clou, l’attraversamento del Mekong su di una chiatta, autobus al seguito.

Arriviamo a Ho Chi Minh City verso le dieci, dopo aver perso circa quaranta minuti alla frontiera.

Il primo impatto è positivo, è più pulita delle città cambogiane e sembra più moderna. Domani vedremo meglio.

3 gennaio – Ho Chi Min City

HCMC, come la chiamano qua, ci piace decisamente. È l’Asia che avanza, moderna, con il suo bagaglio di sapori e odori tradizionali. La gente è solare, accogliente, aperta. E c’è tanto da fare e vedere!

Passiamo la giornata a camminare, guida alla mano, attraverso il 1° distretto, rapiti da tutto quello che ci circonda: Facciamo visita alla “locale” Notre Dame, la cattedrale costruita dai colonizzatori francesi tra il 1863 e il 1880.

Lì in zona Masha approfitta dei prezzi convenienti per comprare due paia di occhiali da vista nuovi, poi ci dirigiamo in zona Museo della Guerra. Siamo in ritardo ed in anticipo (nel senso che, quando arriviamo, il museo sta per chiudere e dobbiamo aspettare che siano le 14.00 per entrare), quindi decidiamo che è ora di pranzo.

Troviamo un ristorantino nei dintorni, affollatissimo di giovani, e mangiamo autentico cibo vietnamita (per farci capire dal cameriere ci vogliono un miracolo e l’intervento di due clienti), ottimo ed economico (2 piatti di noodles ai frutti di mare, della zuppa di pesce ed una birra per l’equivalente di soli 3€).

Poi continuiamo l’esplorazione della città.

La visita al Museo della Guerra cambia parecchio il punto di vista di noi occidentali sulla guerra del Vietnam. Le atrocità commesse dagli Americani, ampiamente e dettagliatamente documentate, sono indicibili e mai vi si potrà porre rimedio; gli effetti delle armi chimiche sulla popolazione sono ancora lì a rinnovare, dopo tanti anni, il dolore di questa povera gente. “La guerra è follia”, come scrisse qualche soldato americano sul muro dell’aeroporto lasciando Saigon.

Il Palazzo della Riunificazione non è granché, giusto una raccolta di pezzi d’arredamento anni ‘70 in sale che sono servite ad accogliere questo o quell’evento. Per fortuna il biglietto costa solo 1€;

Il lungofiume merita una passeggiata, anche perché permette di godere di un po’ di fresca brezza. Camminando ci spingiamo fino al luogo in cui è ancorata la Elisa Floating Restaurant, una bellissima nave a tre vele adibita a ristorante di lusso che vale la pena vedere; da quello che ho letto a riguardo, è meglio non entrare ($$$$). Decidiamo di procedere in direzione dell’albergo e imbocchiamo Ham Nghi street. Questo ci permette di passare accanto alla Bitexco Financial Tower, il grattacielo più alto della città progettato dallo Studio Carlos Zapata di New York, che è lo stesso che ha progettato la Burj al Arab di Dubai. La somiglianza è evidente. Decidiamo di fare a meno della visita alla terrazza panoramica del grattacielo, troppo cara per gli standard vietnamiti (12€).

Dopo tanto camminare un po’di riposo in albergo è quello che ci vuole. Poi a cena nell’ottimo ristorante Five Oysters, dove dividiamo il tavolo con una coppia di viaggiatori a tempo pieno: lui neozelandese, lei hawaiana, mettendo a dura prova tutte le nostre capacità di listening ci spiegano che hanno dato in affitto l’appartamento delle Hawaii e sono in giro da mesi in Asia, in lungo e in largo. Fortunati esseri viventi! Ci mostrano anche alcune foto scattate dalla terrazza del grattacielo dove alloggiano, ospiti di un amico che vive lì (così la so girare anch’io, l’Asia) e noto con piacere che la cosa più bella che c’è da vedere nella skyline di Saigon è la Bitexto Financal Tower. Se avessimo deciso di salirci per vedere il panorama della città, spendendo ben 24€, ce la saremmo persa. 😉

Soddisfatti della cena e della stimolante compagna, salutiamo i nostri nuovi amici ed andiamo a dormire, domani si va a Mui Ne. Ma non vediamo l’ora di tornare.

4 gennaio – Mui Nè

Lo sleeping bus (si chiama proprio così) è comodissimo, i sedili sono delle vere e proprie cuccette. Faccio un po’ di conversazione con il mio vicino, un francese: è di Nizza, dove fa la guida turistica d’estate (con annesse crociere sul mediterraneo), mentre nei mesi invernali viaggia per conto suo in Asia. Ecco un altro che ha capito tutto della vita.

4 gennaio – pomeriggio

Arriviamo a Mui Ne verso le 14.00.

Pranziamo subito e ci facciamo portare da un taxi al The Beach Resort (circa 2€ la corsa).

Il resort è bellissimo, è valsa la pena di spendere un po’ di più.

Si tratta di una serie di bungalow trifamiliari sparsi in un curatissimo giardino, con piscina e spa. Il ristorante affaccia sulla spiaggia, anche questa curata e attrezzata. La spiaggia è invasa da una miriade di vele da kitesurf multicolori!! E in mare non è diverso: vele che si incrociano e danzano alte sull’acqua, kitesurfer che sfrecciano e compiono evoluzioni che, fino ad oggi, avevo visto solo sui video di youtube.. Saranno un centinaio. Il motivo è che nel resort c’è una scuola di kite ed i russi (di gran lunga la maggioranza degli ospiti qui) fanno a gara per iscriversi. Per loro il Vietnam è “il mare di casa”, economico, relativamente vicino e politicamente “affine”. Il risultato è che in anni di “dominio” dei turisti russi Mui Ne si è trasformata in una specie di oblast’ sovietico: tutti i vietnamiti parlano o capiscono il russo (ma non l’inglese), tutti i cartelli sono scritti anche in russo (in alcuni casi solo in russo, incredibile), tutto è confezionato per i russi.

5 gennaio – ll Durian

Giornata di relax. Il mare è molto mosso anche se non c’è vento, col risultato che oggi non c’è nemmeno un kite. Ne approfittiamo per sguazzare in acqua per parecchio tempo. Per pranzo decidiamo di mangiare solo frutta e usciamo a comprarla. Prendiamo un’ananas, due mango e un durian. Un DURIAN.

Avevo sentito parlare di questo “frutto paradisiaco” ed ero proprio curioso di assaggiarlo. L’odore, come tutti sanno, è nauseabondo. Un misto di odori indistinguibili, qualcosa che va dalla carcassa in putrefazione all’aglio con infinite sfumature. La consistenza è anche peggio: giallognolo, cremoso, si disfa tra le mani. Il sapore, al contrario, è molto delicato, fresco, ma non quella delizia che uno si aspetterebbe dal “re dei frutti”, come lo chiamano qua. Qualcuno sostiene che, mangiandolo, si possano sentire note di miele, gelsomino, caramello, caffè, vaniglia, cioccolata; e dei retrogusti di mostarda, aglio e cipolla, sherry, mandorla, noce, resina, uova, formaggio erborinato, tubero dolce, ananas, papaya, zucca, ecc. Il problema è che quelli che perdurano sono solo i retrogusti e secondo me il sapore non vale lo sforzo che bisogna fare per infilarsi questa pappa puzzolente in bocca. Punto.

Io comunque mando giù quattro o cinque bocconi, per assaporarlo bene e per dovere di cronaca, Masha mezzo boccone. A distanza di qualche ora sento ancora la sua ingombrante presenza sullo stomaco, così decido di bere una birra per aiutarlo a procedere nel suo cammino. Non l’avessi mai fatto!

Dopo la cena nell’ottimo ristorante Sandals, dove siamo rimasti davvero affascinati dalla squisitezza e raffinatezza del cibo (tant’è che, uscendo, abbiamo prenotato per il mercoledì successivo), andiamo a nanna ed io mi sento pesante come dopo un banchetto nuziale delle mie parti, anche se ho mangiato dell’insalata di loto e del pesce, roba leggera. Vado avanti così tutta la notte, poi arriva la nausea.

6 gennaio

La mattina idem. Verso le undici misuro la febbre: 37.9. Opss…

Masha da fondo a tutto il suo arsenale di pillole contro le intossicazioni da cibo, senza effetto. Alla fine decido che è il caso di ricorrere alle manovre manuali e così faccio; a malincuore, rivedo la cena di Sandals. Dopo qualche minuto sto molto meglio ma ho ancora la febbre.

Masha si documenta e scopriamo che la colpa è del durian che, se mischiato all’alcol, può dare una forte intossicazione. Secondo un detto asiatico, mangiare un durian bevendo alcolici è mortale. È solo folklore? I ricercatori dell’università di Tsukuba, in Giappone, hanno scoperto, con uno studio in vitro, che l’estratto di questo frutto inibisce l’enzima aldeide deidrogenasi. Siccome nel nostro fegato questo enzima serve a metabolizzare l’alcol, secondo gli scienziati si spiegherebbero così alcuni dei disturbi e dei sintomi riportati dai pazienti in seguito all’ingestione del durian con gli alcolici.

Comunque la febbre scende e la notte riesco a riprendermi.

7 gennaio – dintorni di Mui Nè

Noleggiano uno scooter per 10$ e stiamo tutto il giorno fuori. Visitiamo il villaggio di Mui Ne (quello vero, non l’accozzaglia di ristoranti e negozi di souvenir ammassati lungo la strada dei resort), il popolatissimo mercato del pesce, dove con pochi dong si può fare incetta di pesce freschissimo, poi le dune rosse, le dune bianche e infine il Fairy Stream. Tutto molto bello, soprattutto quest’ultimo.

Poi a casa, doccia, cena di addio da Sandals, nanna. Domani si torna a HCMC.

8 gennaio – HCMC

Lo sleeping bus è tale solo potenzialmente, dipende dall’autista. Se il tuo è un deficiente che strombazza all’impazzata a qualsiasi cosa si trovi sulla linea immaginaria che unisce il muso del suo autobus all’orizzonte sorpassando, famelico, con la stessa aggressività, uno scooter o un autoarticolato anche se la strada non lo permetterebbe, e magari ti trovi pure vicino a un bambino indemoniato che urla, piange e si dimena come un ossesso, allora lo sleeping bus è un semplice bus e lo sleeping te lo puoi scordare. E se la notte prima hai anche dormito male, forse per un colpo di coda del durian, allora il tuo arrivo a destinazione, dopo 5 ore di viaggio, non può che condurti direttamente, inesorabilmente, verso l’unica cosa che possa rimetterti in pace col mondo: un letto. Prima di questo agognato epilogo, però, troviamo la forza di portare gli occhiali di Masha dall’ottico (quelli vecchi, li ha rotti) e di fermarci a mangiare tornando in albergo. Poi il nulla.

9 gennaio –

Giornata di shopping nel grandissimo Binh Thai Market + esplorazione del 3° distretto. Consiglio: se vi capiterà mai di venire da queste parti (ve lo auguro), che sia per una settimana o per un mese, non portate più di due/tre paia di bermuda ( o shorts in genere), qualche maglietta, un paio di scarpe + 1 paio di infradito (o sandali), una maglietta a maniche lunghe per affrontare l’aria condizionata di mezzi pubblici, un keeway casomai dovesse piovere (e da queste parti quando piove, Piove!), un cappellino, uno spray per le zanzare (con il 50% di principio attivo, possibilmente), mutande e calze q.b.. Punto. Lasciate tanto spazio per gli acquisti perché qui ne farete tanti, poi capirete perché!!! Noi abbiamo dovuto comprare un trolley grande per lo shopping.

Speriamo basti.

10 gennaio – Cu Chi tunnel

Escursione ai Cu Chi tunnel, l’immensa rete di gallerie scavate dai Viet Cong per combattere i francesi prima e gli americani poi.

I tunnel vennero usati negli anni quaranta, dai guerriglieri Viet Minh, durante la lotta contro le forze francesi e durante gli anni sessanta e settanta dai Viet Cong, che combattevano contro le forze del Vietnam del Sud e degli Stati Uniti, durante la Guerra del Vietnam.

Questi tunnel hanno avuto un ruolo strategico fondamentale nel mantenere la guerra di sfinimento contro gli Stati Uniti, che proprio a Cu Chi avevano una delle basi più grandi, ed hanno svolto un ruolo fondamentale nella preparazione all’offensiva del Tet che sancì l’inizio del disimpegno americano in Vietnam.

Gli americani non avevano molte possibilità di vincere quella guerra, fossero stati anche in Vietnam per cent’anni. Era impossibile stanare e combattere in questo ambiente i Vietcong, poiché loro erano parte integrante di esso, vivevano e combattevano in simbiosi con la foresta e sfruttavano ingegnosamente tutti i vantaggi che essa offriva loro. Nascondigli, trappole mortali e la possibilità di spostarsi per oltre 250 chilometri nel sottosuolo li rendevano letali. Per gli americani dev’essere stato un inferno.

Molto, molto istruttivo.

Torniamo a HCMC, dopo aver fatto tappa in un ristorante per il pranzo ed aver provato il famoso pancake vietnamita (niente di che, sarà famoso solo in Vietnam). Si rende necessario rincarare la dose andiamo da ABC Bakery, la famosa (questa sì) catena di panetterie asiatica dove è possibile trovare degli ottimi rustici, della buona pizza e degli squisiti dolci, oltre che il pane. Poi dovremmo avere il tempo di tornare in albergo e fare una doccia, chiamare un taxi e proseguire in direzione aeroporto per tornare a Bangkok con un volo Air Asia. Già, Air Asia. Speriamo non piova…:-((NdR. Proprio un paio di settimane fa ne è caduto uno in Indonesia durante un temporale, il volo Air Asia 8501).

10 gennaio sera

Non ha piovuto.

Aereo quasi in orario, 5 minuti per controllo passaporti e mezz’ora di fila al desk di Taxi Meter, il servizio di taxi più famoso (ed economico) di Bangkok. È sempre consigliabile servirsi da loro perché i taxisti “free lance” sono ladri patentati! Uno al quale ci siamo rivolti prima di arrivare al desk ci ha chiesto 900 thb per portarci in albergo, scendendo poi a 700 per farci un favore. Ovviamente non abbiamo accettato e ne abbiamo spesi solo 270, comprese commissione Taxi Meter e autostrada. È valsa la pena di fare la coda.

Come ultima sistemazione abbiamo deciso di trattarci bene, tanto per coccolarci un po’, ed abbiamo optato per un quattro stelle, il Kingston Suite Hotel. Abbiamo una splendida suite al 5° piano, immensa e comodissima, per meno di 50€ a notte. Non farò paragoni con i prezzi nostrani.

11 gennaio – Bangkok

Bangkok è bellissima.

C’è tutta l’Asia, caotica e maleodorante, ma anche coloratissima e prorompente, case fatiscenti e splendidi templi, mercati di strada con ogni genere di prodotti e, ahimè, immensi shopping centers. Siamo rimasti davvero impressionati dal Wat Pho, il magnifico complesso di templi che custodisce il Buddah Disteso, la statua più grande della Thailandia (47 metri), testimonianza della grande devozione dei fedeli che l’hanno interamente coperta d’oro (letteralmente). Ci siamo persi trai vicoli della China Town, abbiamo assaggiato del delizioso street food come solo a Bangkok è possibile fare, abbiamo respirato la vera Asia. Da spenderci settimane!!

12 gennaio – Bangkok (Palazzo Reale)

L’ultimo giorno di vacanza inizia con un’abbondante colazione. Poi siamo in strada alle dieci, direzione palazzo reale. Quando lo raggiungiamo restiamo a bocca aperta. È magnifico!

Il palazzo ed i templi che lo circondano valgono da soli il viaggio, la maestosità e l’opulenza con le quali sono stati concepiti e costruiti hanno dell’incredibile. Ovunque si guardi ci sono magnifici mosaici, grandissimi stupa e statue, ovunque ci sono elementi decorativi e statue di Buddha in oro, per non parlare del Buddha di Smeraldo custodito proprio qui. Sembra il regno di un re delle fiabe.

Camminiamo e fotografiamo per due ore e mezza, poi ci risvegliamo dall’incanto nel quale siamo caduti e decidiamo di proseguire il giro. Andiamo a visitare il Wat Arun, altro superbo esempio della ricchezza del “regno di Thailandia”.

Poi decidiamo di mangiare un boccone allo street market nei pressi dell’attracco di Chao Phraya. prima di andare in Khao Sarn road per lo shopping.

Dopo lo shopping torniamo in battello verso l’albergo, godendo della vista di uno spettacolare tramonto. Arrivati in Sukhumvit street, decidiamo di camminare e di cercare un ristorantino tipico dove mangiare gli ultimi noodles della vacanza. Lo troviamo nei pressi della fermata Phrom Phong dello sky train. Si chiama Im Cham ed è proprio come lo volevamo: piccolo, nascosto, frequentato da gente del posto. Mangiamo degli squisiti noodles, dei gamberoni al curry, del pesce fritto e del calamaro con l’aglio alla piastra. Tutto squisito!!

Finiamo la nostra birra Chang, brindando a questo fantastico mese, e prendiamo lo Sky train verso l’albergo.

Prima di rientrare c’è tempo per una passeggiata tra i banchi del night market, dove si vende tutto quello che uno possa immaginare e anche di più, dai souvenir ai giocattoli erotici, dalle scarpe agli oggetti d’antiquariato, dai gioielli agli oggetti di uso quotidiano. La giornata, intensissima, finisce così, lasciandoci davanti agli occhi decine di scene ed immagini che mai più dimenticheremo. Come il resto di questo meraviglioso viaggio.

13 gennaio – Bangkok-Roma

Quando siamo partiti, esattamente un mese fa, il momento di scrivere di questo ultimo giorno di viaggio mi sembrava lontano anni luce. Di mezzo c’era un mondo di cose da fare e da vedere, di chilometri da percorrere e di gente da incrociare. Ora che guardo indietro, seduto al posto 45j di questo Airbus 380 che farà scalo a Dubai, mi rendo conto che il tempo è volato e che io sono cresciuto. Ho scoperto l’Asia (Masha la conosceva già) ed è nato un amore. Abbiamo visto tutto quello che abbiamo potuto di Thailandia, Cambogia e Vietnam, ci siamo immersi in una cultura completamente diversa dalla nostra, abbiamo imparato tanto e lo porteremo per sempre dentro di noi, insieme alla voglia di tornare.

Torneremo sicuramente in Vietnam. Saigon ci ha stregati quasi quanto Bangkok, e vogliamo visitare la capitale Hanoi. Vogliamo vedere la jungla al nord della Thailandia e spendere più tempo nelle isole meno conosciute delle Andamane; vogliamo visitare il Laos e la Birmania, per conoscere ogni angolo dell’Indocina. E vogliamo rivedere Phnom Penh, per scoprire tutta la magia che vi ha trovato Terzani, nostra fondamentale guida dal primo all’ultimo giorno.

Nel frattempo, sogneremo sui libri…

Buon viaggio!

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