Berlino segnalibro del ‘900

Scritto da: minuano
berlino segnalibro del '900
Partenza il: 21/04/2011
Ritorno il: 26/05/2011
Viaggiatori: 4
Spesa: 1000 €
Berlino non è bella Berlino non è brutta. Berlino non è una metropoli ma una piccola regione, Berlino non è una piccola regione ma una grande città, Berlino non è una grande città ma tante città. Berlino è una capitale unificata ma si va ancora ad est e si va ancora ad ovest e tutto, anche oggi, è al doppio. Berlino è una contraddizione urbana, Berlino è fatta di simboli che contrastano tra di loro; si gira un angolo, si attraversa un marciapiede, si apre uno spazio e tutto cambia. Per conoscerla non serve una guida turistica ma un manuale di storia del 900 perché Berlino è il novecento.

Parlare di Berlino… da dove iniziare? Iniziamo da quello del vecchio Homer che nel “cielo sopra Berlino” torna a POTSDAMER PLATZ per rivedere il suo centro cittadino prima della guerra, i luoghi della sua giovinezza; la Potsdamer Platz culla del cinema, dei giornali, dei grandi magazzini, del cabaret, delle gallerie d’arte, dei teatri. La Potsdamer Platz dove sfrecciavano le due autovetture che circolavano a Berlino e gli Omnibus trainati dai cavalli. La Potsdamer Platz dove MARINETTI iniziò a parlare di futurismo. Homer vi trova solo un desolato prato incolto, tratturi di fango e una poltrona sfondata gettata li da chissà chi. Quello era diventata diventata Potsdamer Platz ( ed anche Alexander Platz ed anche la Porta di Brandeburgo) dopo la II guerra mondiale: una periferia desolata tagliata dal muro. Enormi spazi vuoti

A Berlino c’è il museo sull’ebraismo. La costruzione dell’architetto Daniel Libeskind, un blocco di cemento senza porte, è l’essenza del museo. Il corridoio sotterraneo dell’olocausto porta alla torre dell’olocausto, vuota, sinistra, incolore, illuminata da una lama di luce… Dentro la quale ci sente sovrastati… L’altra asse del museo ebraico porta al giardino dell’esilio. Una serie di steli di cemento innestati su un pavimento inclinato. Dopo che si è girato tra le colonne, a causa della conformazione del pavimento, si esce dal giardino stravolti. E’ stato un fatto voluto dall’architetto per far provare la sensazione di disorientamento di fronte alle tragedie ebraiche. Stessa filosofia (blocchi di cemento) nel monumento all’olocausto dell’architetto Peter Eisenman. Al centro i blocchi raggiungono i quattro metri e la (mia) sensazione è stata quella di un’immersione / emersione percorrendolo da un lato all’altro. Tra i fasti e la desolazione della piazza prima e dopo la seconda guerra mondiale il nazismo. A due passi da Potsdamer Platz la gestapo insediò il suo quartier generale. Recenti scavi hanno portato alla luce i bunker dove le SS decisero gli orrori di cui si macchiarono di fronte all’umanità. Sopra ci passa ancora un pezzo di muro. Da un lato del muro il Ministero dell’Aviazione nazista, dall’altro il museo sui crimini del nazismo. E’ la topografia del terrore.

Poi la caduta del muro e la folla oceanica che da Potsdamer platz passa ad ovest. E ancora i Pink Floyd che celebrano quella caduta con una memorabile esecuzione di the Wall. Oggi Potsdamer Platz nel giro degli ultimi 15 anni, da deserto di fango attraversato dal muro che era , è diventata il centro dell’architettura che lungi dall’esprimersi selvaggia si è rifatta ai fasti culturali del passato. Il quartiere di Renzo Piano, il Sony center (che non è un’astronave come appare a prima vista, ma un vulcano in omaggio al Giappone e che si poggia con un incredibile sistema di molle e vetro su un rudere settecentesco), il viale con le costruzioni dei più grandi architetti del pianeta che si lasciano armonicamente guardare.

Quanti segnalibri del 900 possiamo allora inserire nella storia di Potsdamer Platz? Potsdamer Platz come tutte le cose di Berlino è al doppio. Non nel senso est/ovest ma nel senso che va vista di giorno (per l’architettura e i colori e il design degli edifici …) e poi va vista, illuminata di notte. Due diverse suggestioni.

A proposito di architettura, tutto ciò che è stato progettato a Berlino: la cupola del municipio, le ambasciate, il parlamento, il governo, i magazzini Lafayette ecc. Sono vere e proprie meraviglie che rispettano il passato e con esso si integrano e interagiscono.

“Ich bin ein Berliner” – io sono un Berlinese; lo disse J.F. Kennedy nel 1963, in piena guerra fredda, nella piazza del Municipio di Berlino ovest, all’indomani della costruzione del muro che isolò fisicamente ” l’intrusa” Berlino Ovest dal resto della DDR sancendo la vicinanza del popolo Americano a quella parte di città.

Berlino Ovest divenne il simbolo del capitalismo all’interno della Repubblica Socialista con gli oltre 3 km di scintillanti vetrine della KUFURSTENDAMM, tutt’oggi paradiso dello shopping. La visita a Berlino non può mancare di una “escursione” su questo immenso asse stradale dove dagli economici magazzini Zara alle gioiellerie Bulgari c’è di tutto di più. Sosta obbligata alla Stupenda piazza dei Gendarmi a due passi dai Magazzini Lafayette (archiettura anche qui futurista) e ai magazzini KDV (al sesto piano un reparto alimentari con prodotti da tutto il mondo)

Dovunque bruciano libri si finisce per bruciare anche gli uomini Questa frase del letterato tedesco Heinrich Heine (1797-1856) è incisa in una targa al centro delle Bebelplatz a Berlino ovest. Frase profetica perchè proprio in questa piazza nel 1933 Hitler fece bruciare i libri contrari allo spirito del nazismo. Poi in linea con la profezia di Heine passò al rogo degli uomini. Sotto una lastra di vetro sempre al centro della piazza in una botola è possibile vedere quella che fu la biblioteca dalla quale Hitler prelevò i libri da ardere. È rimasta vuota e l’effetto è quello di una serie di loculi bianchi. Il Reichstag ovvero l’alfa e l’omega del Nazismo. Un misterioso incendio nel febbraio 1933 di quello che era il parlamento dette ad hitler il pretesto per sospendere i diritti civili. Durante l’assedio di Berlino del 1945 dopo un sanguinoso combattimento fu riconquistato dall’armata rossa che lo elesse a simbolo della liberazione celebre la foto del soldato russo che fissa la bandiera rossa su una delle torri del palazzo. Dal 1999 dopo il restauro e l’installazione della cupola di vetro e specchi dell’architetto inglese Norman Foster (il sito più visitato di berlino) è la sede del parlamento. Davanti un immenso prato che i berlinesi si godono nei giorni di festa in primavera. A due passi la maestosa porta di Brandeburgo intorno alla quale recentemente è stato ricostruito fedelmente tutto ciò che c’era prima dei bombardamenti.

KARL MARX ALLEE

Oggetti invece della vita comune nella DDR possono essere visionati nell’interessante e divertente MUSEO della DDR a due passi dal pedonale, grazioso, quartiere di San Nicola. Il commovente quanto divertente film “Goodbye Lenin” descrive il disagio che si trovarono a vivere gli abitanti dell’est dopo la caduta del muro, nei confronti dei miti e dei costi di un capitalismo a loro sconosciuto. Tutt’oggi gli anziani dell’est rimpiangono il muro, non per motivi strettamente ideologici ma per quel minimo di servizi che lo stato socialista assicurava a tutti.

Quel che resta del muro….

Resta un pezzo con torre di guardia (riconvertita a discoteca) a bernauerstrasse dove quelli dell’est e dell’ovest si salutavano dalle finestre. I muri erano due e in mezzo su quella che era la “terra di nessuno” una galleria fotografica delle vittime del muro. Resta un pezzo vicino a potsdamer platz proprio sopra i bunker nazisti in quella che è la topografia dell’orrore. E poi c’è la east side gallery con i murales che in occasione del ventennale sono stati rifatti dagli artisti che li realizzarono nel 1989 (ce ne sono di veramente belli) accorendo da tutte le parti del mondo assieme a rostopovic che suonò il suo violoncello e ai pink floyd che suonarono a potsdammer platz. Del muro a parte questi e altri frammenti sparsi qua e la per la città resta una fila di mattonelle rosse sul selciato laddove tagliava in due la cittá e qualche milione di pezzi venduti come souvenir insieme alle divise, alle bandiere ai simboli del socialismo tedesco.

berlin hauptbanhof

La stazione centrale, avveniristica struttura in vetro e acciaio (nel vetro incorporato l’impianto fotovoltaico) è il sito architettonico che di berlino più mi ha impressionato. Una meraviglia, vista di sera con le luci accese. Berlino parla per simboli e questa stazione è il simbolo della riunificazione. Prima della caduta, il muro costituiva barriera tra est ed ovest ma anche tra nord e sud non solo per la circolazione delle persone ma anche per quella dei trasporti. Con questo progetto non ci sono più barriere tra i quattro punti cardinali. Si entra a piano terra (un grande centro commerciale) e a vista, un livello più su, sulla testa gli otto binari che collegano l’est all’ovest. Un livello più giù gli otto binari che collegano il nord al sud. E che passano sotto il fiume di berlino con una serie di tunnel ( per la cui realizzazione l’acqua fu congelata.)

Sono rimasto letteralmente incantato.



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