Al mare con Dalì
Se passate da Arles consiglio di esserci il sabato mattina perché c’è un mercato provenzale unico per colori, odori e varietà di prodotti. Come hotel ci siamo fermati la sera precedente a due passi dall’anfiteatro all’Hotel du Amphiteatre, appunto: carino, modico e comodo. Alla sera cena nella piazza del Forum, dove ci sono più tavolini che mattonelle: non ho ricordi particolari della cena, salvo che vicino a noi c’era il caffe di Van Gogh, nel senso del suo famoso quadro “caffè di notte”, che è un raro esempio di luogo pitturato di giallo in rispetto al quadro che lo ritraeva giallo e non viceversa. Sabato mattina mercato provenzale, poi pieni di sacchetti di lavanda e saponi misti a curry e spezie, abbiamo tagliato in scorciatoia per la Camargue e pranzato ad Agues Mortes. Una piacevole sorpresa, molto caratteristica, chiusa nel quadrato delle mura e colorata di negozietti. ( per chi ama le citazioni l’inizio del GIARDINO DELL’EDEN di Hemingway è ambientato proprio qui). Acquisti di tovaglie provenzali e in un negozio incredibile di biscotti. L’aspetto culturale della gita per ora fatica ad emergere. Ma stiamo per arrivare al pays catare, e allieto i compagni di viaggio con letture Catare e leggende sulla dama Cascais. Senonchè la tappa di Carcassonne delude un po’. Certamente affascinante il colpo d’occhio arrivando, poi nella la città merlata sembra di essere in un outlet più che ricordare i Catari . Troppi negozi e trattorie e gadgets. Dovendo fare un paragone mi viene in mente Mont Saint- Michel in Bretagna ( a proposito andateci in Bretagna, fantastica) che però mi era parsa più autentica, a prescindere da Viollet le Duc intendo. Abbiamo dormito in una chambre d’hotes che sconsiglio, per la camera ed il bagno che definire piccoli è un complimento e dunque lascerei perdere la Villa Cedres ad Alzonne.
In due ore di autoroute si passa in Spagna ed eccoci al Museo Dalì di Figueres, che al contrario di Dalì fa di tutto per nascondersi quindi occhio arrivando, non aspettatevi indicazioni e cartelli perché vi trovate alla fine della città e dovete tornare indietro. E pensare che con le uova sul tetto non passa inosservato, solo che lo vedi quando si trova davanti essendo bassino e nascosto dai palazzoni intorno. Non è l’ideale arrivarci di domenica pomeriggio: troppa gente e spazi ristretti. Comunque un museo, anzi come diceva Dalì un non-museo, assai originale. Lasciate in guardaroba la valigia della vostra razionalità: è da guardare e riguardare perché spesso le immagini sia nella tecnica che nei significati sono duplici, e Dalì comincia ad ipnotizzarti. Consiglio di arrivarci con qualche lettura precedente (tra i molti siti web http://digilander.Libero.It/dave61/dali/ ) ed una infarinatura sul surrealismo: non c’è visita guidata al Museo né didascalie per cui ciascuno deve capire da solo. Nello spazio vendita all’ingresso tra i vari libri consiglio una guida piccola e quadrata (in italiano) del Triangle Postals, intitolato Dalì, il triangolo dell’Empordà, molto esauriente e serve anche per la casa al mare di Dalì che abbiamo visitato il giorno dopo.
Insomma, val la pena il Museo di Figueres e qualcosa ti lascia. Io ad esempio mi sono portato via il concetto della Venere di Milo a cassetti, ma non è qui la sede per entrare nel merito. Il museo costa 10 euro e non è necessaria la prenotazione. Lo è invece per la casa di Dalì al mare a Cadaques, anzi per essere precisi nella baia subito dopo che si chiama Portlligat e quindi abbiamo prenotato l’ingresso alle 10,30 del lunedì (via mail http://www.Salvador-dali.Org/museus/portlligat/index.Html ) e due sere all’hotel Calina (http://www.Cbrava.Com/calina/index.Htm) che consiglio vivamente: sul mare a 200 metri dalla casa di Dalì, camere pulite e confortevoli, colazione all’aperto ai bordi della piscina con vista incantevole sulla baia, 80 euro a notte la doppia con prima colazione.
L’albergo è isolato e tranquillo, ma permette con amena passeggiata a piedi di 10 minuti di scendere al paesino di Cadaques ( definito la Saint Tropez della Costa Brava). E qui si passeggia sul lungomare e si potrebbe essere a Positano, o Ischia o in Costa Azzurra ed invece si è in una Costa Brava non ancora deturpata da grattacieli come da Roses in giù. Girate per le case bianche del paese, salite alla chiesa che ha un bellissimo retablo barocco, sarebbe l’altare, che magari si vede meglio se inserite la monetina e lo illuminate, e quando viene fame tra i tanti ristorantini sul lungomare consiglio vivamente La Gritta, prezzi giusti, servizio efficiente e gradevole. Dunque, lunedì mattina alle ore 10 ci presentiamo con la prenotazione obbligatoria (e chi non ce l’ha viene rimandato al pomeriggio del giorno dopo) alla casa museo di Dalì: ci arriviamo a piedi in cinque minuti dal nostro hotel e già di fuori è uno spettacolo. Si trova praticamente sulla spiaggetta, inizialmente era baracca di pescatori , cresciuta poi “a scalini” verso la collina. La guida accompagna gruppetti di poche persone che entrano ogni 50 minuti e non ci sono parole per descrivere gli ambienti e gli scorci sulla baia. Non è una casa al mare, è “la casa al mare”, è l’archetipo di casa al mare che uno ha sempre sognato, perlomeno io, un’opera d’arte sia per la posizione sia per l’originalità degli ambienti. Si capisce perché Dalì e Gala abbiano considerato questa la loro vera casa, pur girando per il mondo.
Poiché la visita non dura molto, gli amanti delle passeggiate possono programmare al pomeriggio una gita al faro, ce ne sono addirittura due uno a nord ed uno a sud. Noi siamo partiti dall’hotel Calina e siamo andati al faro di Capo Creus: due ore (anche due ore e mezza se non siete allenati) di sentiero a tratti impegnativo. Assomiglia alle Cinque terre ma non nel tratto della Via dell’amore, per capirci. Scarpette buone e k-way perché quando si arriva al faro il vento è assicurato. Come è assicurata una vista a 360 gradi che merita la gita. C’è anche sotto il faro, un posto ristoro dall’aria non troppo pulita per i più audaci. Risulta chiaro che questa giornata a Portlligat è stata la più bella di tutte, aiutati da un tempo splendido, con degna conclusione alla sera, sempre al ristorante La Gritta con Sangria e camarones. L’ultimo giorno ci aspetta la tirata di 8 ore di macchina di rientro. Un ultimo consiglio: sia all’andata che al ritorno abbiamo deciso di tagliare completamene la Liguria e la Costa Azzurra (era il ponte del primo maggio ed immaginate il traffico) e siamo passati via Monginevro, Gap, Aix en Provence. Abbiamo allungato di qualcosa ma viaggiando allegramente con pochissimo traffico e senza code.