A Sud delle Nuvole e della neve

L'aereo atterra in una gelida mattinata invernale, offuscata dalla nebbia e dalla neve del tutto insolite a queste latitudini: dopo poco più di due anni sono di nuovo a Shanghai. Ho organizzato tutto molto in fretta, ma sono contento di essere tornato e di avere l'opportunità di visitare un'altra regione della Cina: lo Yunnan. Il maltempo ha...
Scritto da: giubren
a sud delle nuvole e della neve
Partenza il: 28/01/2008
Ritorno il: 20/02/2008
Viaggiatori: da solo
Spesa: 2000 €
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L’aereo atterra in una gelida mattinata invernale, offuscata dalla nebbia e dalla neve del tutto insolite a queste latitudini: dopo poco più di due anni sono di nuovo a Shanghai. Ho organizzato tutto molto in fretta, ma sono contento di essere tornato e di avere l’opportunità di visitare un’altra regione della Cina: lo Yunnan. Il maltempo ha colpito duramente quest’inverno, soprattutto nelle province meridionali, dove milioni di persone sono rimaste bloccate nelle stazioni e negli aeroporti. E’, infatti, prossimo il Capodanno cinese – la maggiore festività del “Regno di Mezzo” – ed in questo periodo dell’anno la popolazione si sposta in massa per raggiungere i propri familiari, interrompendo per circa una settimana le frenetiche attività lavorative.

I tetti delle vecchie case della ex concessione francese sono tutti imbiancati, dall’alto del 21° piano dell’appartamento dove alloggio traspare un’atmosfera fredda e irreale. Per non cedere alla stanchezza ed abituarsi al nuovo fuso orario, torno a visitare lo Yu Yuan – il giardino del mandarino. Le pietre, i tetti spioventi ed i peschi-bonsai innevati fanno quasi pensare ad un’ambientazione zen giapponese.

Attorno al bazar continua la frenetica attività edilizia: sono del tutto scomparsi i vecchi quartieri popolari di case basse. A Pudong il Jin Mao (splendente grattacielo a forma di pagoda stilizzata che per un po’ è stato anche il più alto del pianeta) è quasi soffocato da un nuovo ingombrante vicino che lo sovrasta e che è stato innalzato in meno di due anni. Anche sul Bund è in costruzione una nuova linea di metropolitana, sembra che ci siano progetti di riservarlo ai pedoni completamente. La città è impressionante mentre si attraversa in taxi la sua sopraelevata, con la sua selva di palazzoni e grattacieli che si estendono a perdita d’occhio e che ospita più di 14 milioni d’abitanti. Si sostiene che il terreno affondi di più di un centimetro l’anno, tale è il peso del cemento che continua ad accumularsi senza sosta.

Shanghai mantiene il suo fascino nei vicoli dei vecchi quartieri, soprattutto a Dong Tai Lu, la stradina degli antiquari/robivecchi e coinvolge con la sua aria dinamica ed ottimista che tanto manca nel nostro Paese. Sono molti gli occidentali che qui trovano sbocchi professionali insperati: la tumultuosa crescita economica è visibile ovunque, dalla maggiore cura delle strade alla gente meglio vestita. Rispetto a due anni si parla di più l’inglese ed i giovani appena possono vogliono comunicare: ammirano le nostre fattezze e sono piacevolmente stupiti dalla disponibilità che ho sempre cercato di dimostrare. Nonostante il ferreo controllo del regime, l’espressione artistica – soprattutto pittorica – è notevolmente valorizzata nei pressi del Suzhou Creek dove sono stati ristrutturati vecchi capannoni industriali di inizio ‘900 che ora fungono da centri espositivi. Ma soprattutto la Cina è diventata il terreno di conquista dell’architettura d’avanguardia.

L’incontro tra l’occidente e l’oriente è sempre stato il tratto distintivo di Shanghai.

Inizia il viaggio nel grande sud. Lo Yunnan sembra essere stato risparmiato dalla grande ondata di gelo, infatti la provincia è definita “dell’eterna primavera” per il suo clima mite durante tutto il corso dell’anno. Qui quasi la metà della popolazione non appartiene all’etnia Han ma a minoranze etniche con proprie lingue e cultura. Ai confini con la Birmania e il Laos si estende lo Xishuangbanna: è abitato prevalentemente dalla minoranza Dai – affine ai thailandesi – ed assomiglia molto di più ai vicini paesi del sud est asiatico se non fosse per il suo maggiore sviluppo economico. Jinghong, il centro principale, ha piacevoli viali rallegrati dalla vegetazione tropicale a da negozi che vendono il tè “puer”, che sembra appartenere ad una qualità molto pregiata e che gli imperatori esigevano a titolo di tributo. Sorgono in città alcuni templi buddisti di stile siamese – uno particolarmente imponente è di recentissima costruzione ed i lavori del complesso in cui è sorto sono ancora in via di completamento. Oltre all’interessante parco Manting con il suo allevamento di pavoni (uccelli ritenuti sacri per i Dai) sono affascinanti i dintorni facilmente raggiungibili con escursioni organizzate. Il Mei Mei Caffè è stato un luogo di ritrovo utilissimo a tal fine oltre che per i pasti. A 30 km a nord si trova la riserva naturale di Sancha He, dove è possibile avvistare, con un po’ di fortuna, branchi di elefanti selvaggi; in questo luogo si trova una foresta tropicale lussureggiante, forse l’ultima rimasta intatta in tutta la Cina. Verso il confine birmano si trova la città di Menghan, attraversata dal fiume Mekong. Caratteristico il vivace mercato da dove poi si raggiungono i villaggi delle minoranze con le case di legno a due piani.

Kunming è il capoluogo dello Yunnan. La città è ormai soffocata da alti e grigi palazzoni e poco rimane del vecchio centro storico. Sopravvivono ancora, nel mercato dei fiori e degli uccelli, dei decrepiti caseggiati tradizionali, ma alcuni già sono circondati dalle ruspe. Il tempio Yuantong, con il suo padiglione ottagonale sull’acqua, è forse l’unico angolo di vecchia Cina rimasto. A breve distanza dalla città si estende la Foresta di Pietra, un luogo spettacolare che si compone di pinnacoli di roccia calcarea scolpiti dall’erosione. Sembra di trovarsi in un gran giardino tradizionale – impressiona che la Natura sia riuscita a creare un posto del genere. Piccoli percorsi permettono di esplorare con tutta tranquillità la “foresta” – allontanandosi dai chiassosi gruppi organizzati accompagnati da ragazze in costume tradizionale Yi, la minoranza del luogo, conducendo verso punti di osservazione panoramici.

Un breve volo conduce a Lijiang ed al territorio abitato dalla minoranza naxi, affine ai tibetani. La città ha preservato la sua architettura tradizionale e pare sia la meglio conservata di tutta la Cina. Dalla collina del Leone si ha un panorama di tetti spioventi che forse non è più possibile ritrovare nemmeno a Pechino. Si tratta di un luogo affollato di turisti locali, perciò è meglio esplorala anche nelle prime ore del mattino quando gli esercizi commerciali sono chiusi. E’ definita il “gran calamaio” in quanto gli innumerevoli corsi d’acqua limpida che l’attraversano assomigliano all’inchiostro che – da un calamaio rovesciato appunto – scorre da tutte le parti. Ho alloggiato in pieno centro, vietato alle macchine, in prossimità della piazza principale in un hotel caratteristico di un cinese han il quale mi ha rilevato che sono quasi tutti han anche quelli che conducono i negozi e i ristoranti “perché i naxi non sanno gestire il business”. La città va esplorata a piedi, piena com’è di angoli caratteristici e di punti panoramici; da non perdere il grande mercato del lunedì dove è quasi difficile camminare per l’affollamento ed il continuo via vai di merci e di locali con le gerle (grandi ceste) sulle spalle che riempiono delle spese fatte. Per i più sensibili, è forse da evitare il reparto macelleria… Oltre al palazzo della famiglia Mu, recentemente ricostruito, non si può mancare di visitare il parco del lago del drago nero, con il suo caratteristico padiglione allineato alla imponente montagna innevata del drago di giada che si eleva alle sue spalle. Quest’ultima è raggiungibile dalla città con una breve escursione ed è possibile salire sulla vetta di ben 4600 metri con una cabinovia (costruita da una ditta italiana). L’aria è molto rarefatta ed appena si scende i capogiri del “mal di montagna” si fanno sentire. Sulla cima si gode uno splendido panorama sulla vallata circostante e su un ghiacciaio. Tra i villaggi abitati dai naxi nei dintorni il più noto è forse quello di Baisha. Il tempio Liuli conserva preziosi affreschi – anche se sfregiati dalle guardie rosse durante la Rivoluzione Culturale. Anche qui sono numerosi i negozi turistici, ma inoltrandosi nei cortili interni delle case si trova un’atmosfera più vissuta. L’abitante più noto del villaggio è l’ormai ottantacinquenne dott. Ho – un botanico che conosce i segreti delle erbe medicinali che raccoglie personalmente sulla montagna del drago di giada. Lo scrittore Chatwin parlò di lui in un suo libro dopo averlo incontrato ed il dott. Ho adesso è conosciuto in tutto il mondo. Parla correntemente l’inglese dopo che Joseph Rock – inviato americano del National Geografic degli anni ’20 – glielo insegnò da giovane. Anch’io mi sono affidato ai rimedi promessi dalle sue erbe dopo che, durante un massaggio tradizionale ai piedi, mi hanno diagnosticato dei problemi al livello dello stomaco ed intestino. A sud di Lijiang, sulle rive del lago Erhai, sorge l’antica città di Dali, abitata dalla minoranza Bai. A 3 km dal suo centro sorge il San Ta Sì – tempio delle tre pagode – alle cui spalle è stato recentemente costruito un immenso complesso di templi (un po’ troppo “nuovi” per i miei gusti). La città ha conservato la sua architettura tradizionale ed ha un’impronta fricchettona con i suoi numerosi negozi di abbigliamento per cultori del genere.

Torno in una Shanghai nel pieno del Capodanno Cinese. Durante tutto il giorno la città è frastornata dallo scoppio continuo dei mortaretti, ma la notte – soprattutto durante quella in onore del dio denaro – per ore si fa gara nello sparare i fuochi d’artificio. Il cielo notturno è continuamente solcato dalle scie luminose che si riflettono sulle vetrate dei grattacieli con uno spettacolo pirotecnico che difficilmente si riuscirebbe a vedere in altre parti del mondo. Passata la settimana di festività, si assiste al lento ritorno alle normali e frenetiche attività lavorative. E’ il momento dello shopping sfrenato cui mi dedico senza sosta: tappeti, tessuti per le tende, oggetti per la casa con un risparmio assolutamente impensabile se si paragonano le somme spese con i prezzi nostrani. Varrebbe la pena di giungere sin qui solo per gli acquisti… Avevo pensato di dedicare altro tempo all’esplorazione di altre zone del paese ed in particolare di Guilin, ma ho dovuto desistere dopo aver saputo che le temperature raggiungevano i –15° (senza considerare i frequenti black out e l’assenza di acqua calda a causa dello scoppio delle tubature). Così ho raggiunto in treno in un ora e mezza Hangzhou. Questa città impressionò persino Marco Polo che la visitò quando era la capitale dei Song Meridionali; oggi è piacevole passeggiare sulle sponde del suo lago occidentale lungo il quale si trovano numerosi luoghi d’interesse tra cui il Feilafeng (Picco trasportato in volo) dove è possibile ammirare un percorso di grotte e sculture rupestri risalenti alla dinastia Yuan.

Infine, nel mio ultimo giorno, sono andato a Tongli. Questo piccolo villaggio sull’acqua è forse meno turistico e conosciuto di altri che sorgono nella campagna attorno Shanghai. Ospita giardini e case tradizionali costruiti da ricchi mercanti e vecchi funzionari in pensione durante la dinastia Qing, ma soprattutto l’interessante museo della sessualità cinese che espone antichi oggetti erotici e dipinti tradizionali sull’argomento. L’aereo decolla in piena notte riportandomi in Italia carico di bagagli, ricordi ma anche di speranze: non nevicava a Shanghai da almeno vent’anni ed i cinesi ritengono che la coincidenza con il capodanno sia di buon auspicio… Speriamo che il nuovo “anno del topo” mi porti davvero bene…



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