La selva oscura di Dante esiste: a un’ora da Roma c’è il più impenetrabile e magico dei boschi italiani
Esistono dei luoghi che sembrano uscire direttamente da un libro delle fiabe o…dalle pagine dalla Divina Commedia: stiamo parlando della Faggeta del Monte Cimino che potrebbe essere proprio la selva oscura citata da Dante nella coppia di terzine più famose del mondo, il bosco dal quale parte per il suo straordinario viaggio nell’aldilà.
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Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2017 e situata nel cuore della Tuscia Viterbese, la faggeta è un habitat importante per una varietà di animali, tra cui cervi, caprioli, cinghiali e volpi, un luogo intriso di magia e suggestione in ogni stagione.
Perché la faggeta del Monte Cimino potrebbe essere la selva oscura di Dante?
Della Faggeta Vetusta si legge una minuziosa descrizione nell’opera sulla storia di Roma “Ab urbe condita” di Tito Livio: “A quei tempi la Selva Ciminia era più impervia e spaventosa di quanto siano apparsi, in tempi recenti, i boschi della Germania (…)nessuno fino ad allora aveva osato avventurarvisi, nemmeno i mercanti”.
A quei tempi, quindi, non era ben vista dai romani che la consideravano impervia, spaventosa, difficile da attraversare, una vera e propria “selva oscura”. Dante era un amante degli scrittori romani, tant’è che ne scelse uno come accompagnatore alla ricerca della sua amata Beatrice e, chissà che non abbia pensato proprio alla Faggeta Vetusta descrivendo il punto di partenza del suo viaggio, senza contare che i riferimenti alla Tuscia nella Divina Commedia sono molti.
La Faggeta Vetusta del Monte Cimino, un luogo suggestivo e senza tempo
Questo bosco incantevole si trova nel Monte Cimino, una montagna dell’Appennino laziale, la cui vetta è la più alta della catena dei Monti Cimini, con un’altezza di 1.053 metri sul livello del mare. Inserita nel territorio di Soriano nel Cimino, si estende per 60 ettari ed è considerata tra le faggete più maestose d’Italia.
Per tutto il periodo medievale, fino agli inizi del ventesimo secolo, la Faggeta di Soriano nel Cimino fu relegata a funzione pascolo per i suini e sfruttata la produzione di foraggio per gli animali. A fine ‘800, ci si rese conto della sua ricchezza e del valore paesaggistico. Oggi, infatti, non è più impervia come ai tempi di Dante, ma rappresenta un vero e proprio paradiso per gli amanti delle escursioni, gli appassionati di trekking e per i fotografi naturalistici, ma anche semplicemente per chi ama rifugiarsi in un luogo tranquillo, in cerca di quella pace che solo la natura è in grado di infondere.
Passeggiando tra i suoi sentieri e i faggi enormi, è possibile ammirare grandi formazioni rocciose, testimonianze dell’intensa attività vulcanica del territorio della Tuscia e che suscitano la curiosità di grandi e piccini. Un masso è davvero particolare: famoso con il nome di sasso “menicante” o sasso “naticarello” è un grande macigno. Il suo nome è legato alla sua particolare posizione, in equilibrio precario sul terreno; lo stesso Plinio il Vecchio lo considerava un “miracolo della natura”! Basti pensare che basta utilizzare un bastone come leva per sollevare e far oscillare senza alcuna fatica questo gigante di oltre 250 tonnellate.
La Faggeta Vetusta è unica e suggestiva in ogni stagione, ma senza dubbio l’autunno è quello che regala i colori più belli! In estate poi, è un fresco rifugio, mentre in inverno spesso si tinge di bianco!