Un universo intorno al più grande lago d’Italia: 8 giorni (non) ti bastano per scoprire il bacino delle 3 regioni e tutto ciò che ha da offrire

Dopo aver visitato il Lago Maggiore qualche anno fa e poi a seguire il Lago di Como, ci è sembrato doveroso approfondire la conoscenza del Lago di Garda, sfiorato a volte al ritorno dalle vacanze sulle Dolomiti ma dove mai abbiamo soggiornato. Magnifica esperienza anche perché, percorrendone tutto il perimetro, ci si trova in tre diverse regioni (Lombardia, Veneto e Trentino) nel giro di pochi chilometri, si sentono dialetti diversi, si conoscono usi e sapori diversi.
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Diario di viaggio sul Lago di Garda
Giorno 1 – Desenzano del Garda
Questa nuova avventura primaverile vede un equipaggio ridotto solo a Fabio e me, un po’ per l’indisponibilità dei soliti amici, un po’ perché abbiamo bisogno di prenderci uno stacco dalla quotidianità dopo un inverno faticoso. E così siamo in viaggio con la nostra auto per raggiungere la prima tappa a Desenzano del Garda. In realtà non partiamo da Roma ma da Sinalunga, in Toscana, dove abbiamo una casa di famiglia: ciò ci permette di accorciare di un paio di ore il tragitto e la cosa, visto il solito traffico intorno a Firenze e Bologna non risulta indifferente. Viaggio tutto sommato tranquillo e alle 14:30 siamo alla meta: piccola difficoltà per trovare il nostro alloggio che rimane un po’ fuori della cittadina, in un’area industriale apparentemente un po’ caotica ma in compenso un wow di meraviglia quando parcheggiamo davanti all’agriturismo Corte Aurea, in località San Cipriano, 2, una cascina tipica, magistralmente ristrutturata mantenendo l’originale architettura circondata da un magnifico giardino, dalla piscina a sfioro e tutt’intorno viti e ulivi.
Ineccepibile l’accoglienza della proprietaria che ci dà un sacco di consigli, non ultimi dove prenotare per cena e, cosa fondamentale in queste zone, dove parcheggiare. Abbiamo la camera n. 7, grande, elegante, un bellissimo bagno di design e una terrazza che si affaccia sulla piscina. Ci sentiamo estremamente rilassati, ci riposiamo un po’ e poi subito alla scoperta di Desenzano (qui siamo in provincia di Brescia).
In pochi minuti siamo in città e riusciamo a trovare posto al Parcheggio Maratona, proprio centrale e sul lungo lago: i parcheggi risultano un po’ cari, infatti per quattro ore pagheremo € 12,00, ma avremo modo di constatare che non sarà il più costoso.
Ogni modo siamo in una cittadina deliziosa, il tempo è bello e non vogliamo avere pensieri: prima di tutto ci prendiamo un bel gelato da “Vivaldi” su suggerimento della titolare dell’agriturismo, ottimo indirizzo in Piazza Giacomo Matteotti e poi iniziamo la conoscenza del posto dalla piazza principale, Piazza Malvezzi, cuore del centro storico su cui affacciano alcuni monumenti di rilievo, tra cui anche la statua della patrona della città, Sant’Angela Merici. Notiamo subito l’imponente mole del duomo, intitolato a Santa Maria Maddalena, opera di Giulio Todeschini, costruito tra la fine del 1500 e i primi anni del 1600 che ospita, nella Cappella del Sacramento, un’opera del Tiepolo, “L’ultima Cena”.
Tornando verso Piazza Matteotti e percorrendo una strada in salita, arriviamo al Castello, pare risalente all’anno 1000 e sorto probabilmente su un castrum romano a scopo di difesa, rafforzato nel XV secolo quando racchiudeva al suo interno centoventi case e una chiesa. Oggi restano le mura, le torri ed il mastio d’ingresso, mentre gli spazi interni che nell’800 hanno ospitato una caserma, sono adibiti a mostre ed eventi. Noi non lo visitiamo, in quanto ciò che più ci interessava era il fantastico panorama che si gode da quassù, sui tetti della cittadina e spaziando su tutto il lago.
Scendiamo nuovamente su Piazza Malvezzi e a pochi passi troviamo l’ingresso alla Villa Romana, costruita alla fine del I secolo a.C. ma ultimata parecchio più tardi e considerata oggi una delle ville tardo antiche più significative di tutta l’Italia settentrionale: le rovine sono immerse in un bel giardino, dispone di un piccolo Antiquarium ma il pezzo forte sono i mosaici policromi dei pavimenti che rappresentano scene di caccia e animali selvatici, corse di bighe, satiri e amorini, mosaici risalenti al suo ultimo periodo, quando, tra l’altro, la villa , che aveva una estensione notevole, si affacciava sul lago. Pare che il proprietario fosse un tale Flavius Magnus Decentius che potrebbe aver dato poi il nome alla città.
Si visita con un biglietto di ingresso di € 5,00 a persona.
Camminiamo ora senza una meta precisa, godendoci il lungo lago e arriviamo davanti al Porto Vecchio, una delle zone più suggestive di Desenzano, risalente al periodo medievale, realizzato durante il dominio di Venezia come è testimoniato dagli edifici che vi si affacciano: era utilizzato per il trasporto delle derrate alimentari tanto che la cittadina fu conosciuta come “magazzino della Lombardia”. Oggi ospita le imbarcazioni che accompagnano i turisti nelle escursioni lungo le sponde del lago.
Ammiriamo il Faro, realizzato alla fine del 1800 quando fu il punto di riferimento per le navi in transito e poi, ripresa la nostra auto, ritorniamo verso casa e, su consiglio della gentile proprietaria del nostro B&B, andiamo a cena presso l’Agriturismo Il Rovere, a poca distanza (siamo però nel comune di Lonato del Garda) che si raggiunge con una strada strettissima, sperando di non incontrare nessun veicolo nel senso opposto: ottimo indirizzo, dove mangiamo benissimo spendendo € 60,00 in due.
Terminiamo la giornata ammirando la sapiente illuminazione notturna di Corte Aurea, di grande suggestione.
Giorno 2 – Sirmione
Facciamo una buona colazione piuttosto presto perché vogliamo andare a Sirmione, distante da Desenzano poco più di dieci chilometri e la proprietaria ci ha consigliato di muoverci il prima possibile essendo oggi un giorno festivo e la cittadina un luogo turistico molto gettonato.
Poco dopo le 09:00 siamo già al Parcheggio Castello occupando uno dei pochi posti liberi rimasti (anche qui spenderemo € 12,00) e subito ci troviamo di fronte al suggestivo Castello Scaligero, simbolo della città, uno dei pochi castelli lacustri costruiti interamente sull’acqua, risalente al 1200 in sostituzione di una precedente fortezza di epoca romana. Fu Mastino della Scala a volerlo proprio qui, a rendere inattaccabile la difesa di Sirmione e svolgere una funzione di controllo portuale. Il progetto originario fu ampliato poi nel Quattrocento quando Sirmione passò sotto la Repubblica di Venezia, con l’aggiunta di cortili e una darsena alla base del castello che doveva ospitare le piccole imbarcazioni in visita e si collega poi al lago attraverso un lungo fossato esterno protetto da mura. Un ponte introduce al borgo cittadino e immediatamente siamo di fronte all’ingresso della torre più alta del castello, ben quarantasette metri, dove un ponte levatoio introduce al cortile interno da cui è possibile effettuare il giro di ronda sulla sommità delle mura del castello.
Noi decidiamo di non entrare ma gironzolare per la cittadina che a ragione è oggetto di tanto turismo: ci troviamo così in Piazza Carducci, la piazza più grande del centro storico, dove si trova l’imbarcadero dei traghetti e fu intitolata al poeta perché pare che questi, venuto qui con la sua amante, ne rimanesse talmente affascinato da dedicarle una poesia.
Proseguiamo per vicoli e piazzette e incontriamo la Chiesa di Santa Maria della Neve, conosciuta come Santa Maria Maggiore essendo la chiesa più grande di Sirmione, molto antica, con una posizione particolare: l’ingresso è molto suggestivo, anche se un po’ incastrato tra i vari edifici che le si trovano intorno e la facciata a capanna è scandita da un porticato dotato di cinque arcate provenienti dal vecchio cimitero che anticamente si trovava qui, tanto che entrandovi si possono ancora vedere sul pavimento cinque lapidi che testimoniano le sepolture. Oltrepassando il portico entriamo nella chiesa, a navata unica, ma dotata di cinque altari, quattro dei quali posti lungo i lati. Al suo interno è possibile vedere diverse opere piuttosto antiche: la statua in legno della Madonna in trono e gli affreschi sono di epoca quattrocentesca, mentre il crocifisso è del secolo successivo. Uscendo dal lato destro e continuando lungo la fiancata della chiesa, attraverso una stradina stretta, raggiungiamo la cosiddetta Spiaggia del Prete, una spiaggetta dove durante i mesi estivi si può anche fare il bagno ed oggi già piuttosto affollata, mentre sono ben visibili le mura cittadine che cingevano il borgo.
Passiamo la Piazza Flaminia e uscendo dal centro storico raggiungiamo un’altra delle attrazioni per cui è famosa Sirmione: le cosiddette Grotte di Catullo, i resti di una antica villa dotata di un grande giardino circondato da un colonnato oggi utilizzato come uliveto. La villa era costruita su tre livelli, degradanti verso il lago, adattandosi così all’ambiente naturale ma oggi di questo grandioso impianto restano le imponenti fondazioni e pochi altri elementi, come le cosiddette Botteghe, il Grande Criptoportico, il Campo delle Noci, l’Aula dei Giganti.
Nel passato si pensava che la villa fosse appartenuta al poeta veronese Catullo, che a Sirmione possedeva una casa ma in realtà, però, non può essere appartenuta a Catullo perché è stata costruita dopo la sua morte.
Con una bella passeggiata, rasentando uliveti e pinete, saliamo su una collinetta da cui si gode di un magnifico panorama sul lago e raggiungiamo la Chiesa di San Pietro in Mavino, edificata nell’VIII secolo in epoca longobarda, considerata la più antica del territorio sirmionese e al cui interno, semplice e tipicamente romanico, si ammirano ancora oggi gradevoli affreschi, mentre la chiesa è stata più volte rimaneggiata nei secoli successivi. Il fatto che la chiesetta sorga isolata, lontana dall’abitato e in mezzo al verde tra l’azzurro del cielo e del lago, conferisce un certo fascino a tutto l’insieme.
Ritorniamo nel centro storico del borgo, passeggiamo ancora molto volentieri lungo il bacino su cui si affaccia il castello e poi ci avviamo verso il parcheggio accorgendoci che nel frattempo la cittadina si è riempita fino all’inverosimile da non riuscire a camminare: notiamo che le guardie municipali stanno vietando l’accesso alle auto che continuano ad arrivare: qualche giorno dopo, vedendo le immagini dell’assalto pazzesco che Sirmione aveva subito nel fine settimana, ci siamo sentiti fortunati che, arrivando in prima mattinata sul posto, siamo comunque riusciti a goderci la visita senza tanti problemi.
È ora di pranzo e, dopo pochi chilometri, ci fermiamo in una frazione di Desenzano, Rivoltella, dove ci avevano segnalato una bruschetteria di grido, Nose, in Via Parrocchiale 44/46 mangiando veramente di gusto una bruschetta e una insalatona molto particolari, spendendo € 40,00 in due.
Rivoltella è un borgo minuscolo che non offre particolari attrattive e così, ripresa l’auto, decidiamo di andare a visitare due siti storici poco distanti, San Martino della Battaglia e Solferino. Sì, perché questa zona è stata il teatro delle battaglie del Risorgimento e in parecchi paesi se ne conservano le testimonianze. In particolare, a San Martino, il 24 giugno 1859, si scontrarono l‘esercito piemontese guidato dal re Vittorio Emanuele II e l’esercito austriaco guidato dal generale Von Benedek durante la seconda guerra d’indipendenza. Intorno al 1880 fu iniziata la costruzione di una Torre, inaugurata il 15 ottobre 1893, dedicata alla memoria del re Vittorio Emanuele II, il Padre della Patria, con lo scopo di onorare i caduti della memorabile battaglia.
La Torre si erge solitaria in mezzo alla campagna con una altezza di settantaquattro metri: si visita, volendo, con un biglietto cumulativo di € 10 che comprende anche il sito di Solferino, poco distante. Notiamo che c’è un buon afflusso di visitatori e la cosa ci fa piacere, pensando agli avvenimenti che qui accaddero e all’importanza di essere ricordati. Si entra, e dopo la prima sala di ingresso in cui è collocata la grande statua del re Vittorio Emanuele II, sulle note del Nabucco di Verdi, si sale per una rampa elicoidale di circa quattrocento metri piuttosto agevole lungo la quale sono affrescati gli episodi inerente alla guerra di indipendenza, in cui si possono riconoscere vicende e personaggi fondamentali del Risorgimento. Veramente coinvolgente, fino all’arrivo in cima alla terrazza della torre da cui si gode di un bellissimo panorama a 360°. Prima di riprendere l’auto, che si parcheggia agevolmente in un grande spazio dedicato, si può visitare la Cappella dell’Ossario in cui sono custoditi i resti di migliaia di combattenti.
Ci spostiamo di pochi chilometri per visitare anche Solferino dove, sempre il 24 giugno 1859, combatterono i Francesi, guidati da Napoleone III, e l’esercito austriaco guidato dall’imperatore Francesco Giuseppe. Anche qui troviamo un Museo che contiene cimeli, divise ed armi della battaglia: all’esterno, di fronte al Museo, una statua ricorda Henry Dunant, fondatore della Croce Rossa. Nei pressi anche qui troviamo l’Ossario che custodisce le spoglie di oltre settemila caduti.
Riprendiamo l’auto e ci spostiamo nella parte alta del paese, dove possiamo visitare la Rocca, soprannominata “La spia d’Italia” per la visione ampia della campagna circostante durante le fasi della battaglia. Anche qui si sale tramite una rampa.
Molto soddisfatti di quanto abbiamo visto e imparato oggi, torniamo a Desenzano e andiamo a cena in un altro agriturismo consigliato dalla gentile proprietaria: Cascina Graziosa in Via Lugasca, a due passi dal nostro alloggio. Buona cena anche stasera al prezzo di € 48,50 in due.
Giorno 3 – Peschiera del Garda, Castellaro Lagusella
Oggi ci spostiamo verso la sponda veronese del lago perché vogliamo visitare dapprima Peschiera del Garda (siamo appunto in provincia di Verona, anche se a pochi chilometri da Desenzano). La cittadina, dal luglio 2017, è diventata patrimonio UNESCO per la sua particolarità: infatti quando si parla di Rocca scaligera a Peschiera non bisogna pensare ad un castello inserito nella cittadina, ma è la stessa Peschiera ad essere la Rocca, cioè il complesso militare fortificato che al suo interno ha sviluppato il borgo e circondata come è interamente dall’acqua, offre angoli davvero suggestivi ed emozionanti. La fortezza come ci è arrivata a noi è quindi un edificio militare pentagonale di epoca napoleonica ma costruita parecchio tempo prima, da Mastino della Scala e rafforzata sotto la dominazione veneziana: lungo le sue mura si aprono le porte che consentono l’accesso al centro storico, Porta Verona e Porta Brescia, mentre dall’alto dei bastioni Torgnon e Feltrin si ha un bellissimo colpo d’occhio sul Mincio, di un colore verde intenso.
Dalla metà del Cinquecento la parte settentrionale di Peschiera e quella meridionale, separate dal Canale di Mezzo, furono unite da una corte di mura con voltoni sull’acqua, il Ponte dei Voltoni.
Fu a lungo assediata dagli Austriaci durante la Prima Guerra di Indipendenza ma resistette e gli Austriaci furono costretti ad abbandonarla.
Passeggiando all’interno del borgo si riconoscono gli importanti edifici che hanno fatto parte della sua storia militare anche se oggi sono stati riconvertiti: L’Ospedale Militare d’Armata, l’ex Caserma di Cavalleria, oggi sede del Municipio, la Palazzina di comando della Piazzaforte, il Padiglione degli Ufficiali. Ma il punto centrale della cittadina è la Piazza Ferdinando di Savoia, comunemente conosciuta come Piazza d’Armi, proprio a testimonianza del suo passato militare; lungo un lato della grande piazza vediamo l’imponente carcere militare e l’Ospedale, ora in ristrutturazione e di fronte la Chiesa Parrocchiale di San Martino.
Poi saliamo sui bastioni ma nel complesso la cittadina mi è sembrata piuttosto caotica, o meglio eccessivamente turistica con negozietti pieni di souvenir un po’ ordinari.
Decidiamo di non pranzare a Peschiera ma, ripresa l’auto all’enorme parcheggio di fronte all’imbarcadero dei traghetti (abbiamo trovato difficoltà a parcheggiare), ci spostiamo a Bardolino dove, addirittura, ad un certo punto, non trovando un posto libero, abbiamo pensato di andarcene. Poi sistemiamo l’auto nel grande parcheggio da cui parte la passeggiata lungolago che conduce nel piccolo centro del borgo. In realtà non lo trovo di grande interesse e dopo un pranzo veloce con una insalatona in uno dei tanti ristoranti turistici lungo la via principale, ripercorriamo il lungo lago decisi ad andare a Lazise, talmente vicina che alcuni la raggiungono a piedi: non c’è posto in nessun parcheggio e, stanchi di girare a vuoto, cambiamo totalmente programma. In direzione Desenzano, a una quindicina di chilometri da Lazise troviamo il Santuario della Madonna del Frassino: una leggenda narra che qui, nel maggio 1510, un contadino, Bartolomeo Broglia, venne salvato dal morso di una serpe grazie all’intervento della Madonna, apparsa appunto, tra i rami di un frassino. Il santuario venne eretto nel XVI secolo e poi restaurato nel Novecento. Sotto il portico che precede la semplice facciata a capanna sono raffigurate scene legate alla storia del Santuario, mentre i chiostri adiacenti ospitano un numero sorprendente di ex voto, a testimonianza della lunga tradizione di fede tributata a questo luogo.
Il Santuario è gradevole nel suo insieme, purtroppo inserito in un contesto di capannoni industriali e di una brutta viabilità che non lo rendono artisticamente attraente.
Nel complesso, devo dire che questa zona del lago non mi ha entusiasmato, Bardolino stessa mi ha lasciato piuttosto indifferente. Sulla strada verso l’agriturismo, però, facciamo una deviazione che ci riscatta della giornata un po’ deludente: siamo a Castellaro Lagusella, un borgo minuscolo dove è in corso la Festa dei Fiori, un tripudio di colori in mezzo alle immancabili bancarelle con i prodotti tipici. Tra l’altro, qui siamo finiti in provincia di Mantova e ne approfittiamo per comperare la famosa e buonissima sbrisolona. La costruzione del borgo fortificato si fa risalire al 1000/1100, nei secoli successivi appartiene alternativamente ora ai Visconti ora ai Gonzaga: si entra nel piccolo borgo attraverso una porta sovrastata da una torre quadrata, detta “dell’orologio” e poco dopo si arriva alla chiesa barocca dedicata a San Nicola, poi, attraverso vicoli minuscoli, ci troviamo già nella piazzetta terminale su cui si affaccia la Villa Arrighi, ottocentesca e da cui si può scendere al laghetto a forma di cuore su cui il borgo si affaccia. Veramente gradevole.
Torniamo a Desenzano e andiamo a cena nuovamente da Il Rovere di cui confermiamo la bontà.
Giorno 4 – Salò, Gardone Riviera
Stamattina dobbiamo lasciare Desenzano e il nostro bellissimo alloggio perché abbiamo deciso di spostarci sulla sponda occidentale del lago, quella bresciana, per visitare più comodamente alcuni siti di interesse.
Fatta quindi la colazione e aver acquistato del vino di produzione dell’agriturismo, intorno alle 10:00 siamo già a Salò e, dopo aver preso accordi con i nostri nuovi ospiti per lasciare in custodia i bagagli, essendo arrivati presto rispetto all’orario del check-in, suoniamo il cancello del Podere Nigriano, in Via Renzano 8, sulla collina che si affaccia sul lago. Ci accolgono Tiziana e Maurizio, due splendide persone che abitano in una villa di famiglia circondata da uliveti (la produzione di olio è la loro occupazione principale) ma che hanno ristrutturato alcuni edifici secondo i migliori criteri di sostenibilità ambientale, integrandoli perfettamente con l’ambiente circostante: le camere, dotate di un proprio spazio esterno con sdraio, si affacciano pertanto proprio su Salò distesa lungo la sponda del lago e il panorama costituisce il valore aggiunto di questa sistemazione.
Lasciamo i nostri bagagli e andiamo subito a visitare la cittadina: utilizziamo il grande parcheggio coperto adiacente al MUSE e siamo subito nel centro storico.
Purtroppo, quando si parla di Salò, si rimane inevitabilmente condizionati dalle vicende storiche che l’hanno coinvolta, ma una volta conosciuta, ci si rende conto che è una delle cittadine più belle del Garda. Noi iniziamo la visita da Piazza della Vittoria, la piazza principale, che si affaccia direttamente sul lago con il Palazzo della Magnifica Patria e il Palazzo del Podestà, mentre al centro fa bella mostra un monumento in bronzo ai caduti della Prima Guerra Mondiale che raffigura due soldati nell’atto di sorreggere un terzo compagno ferito, opera di Angelo Zanelli, lo scultore che ha partecipato alla realizzazione del fregio dell’Altare della Patria.
Il Palazzo della Magnifica Patria e il Palazzo del Podestà sono in pratica un unico edificio collegato e diviso da un piccolo loggiato coperto: il primo oggi ospita il municipio, ma venne costruito nel Cinquecento per ospitare la confederazione di trentasei comuni che si affacciavano lungo la sponda bresciana del lago ma il nome gli deriva però dal 1426, quando Salò passò sotto il dominio della Serenissima e acquisì il titolo di Magnifica e figlia primogenita della Serenissima, come testimoniato dalle diverse rappresentazioni del leone di San Marco lungo la facciata e sotto il loggiato.
Proseguendo, arriviamo davanti al Duomo, dedicato a Santa Maria Annunziata, nel nucleo più antico della cittadina. La Chiesa contiene, tra le altre opere, un grande Crocifisso in legno, risalente al Quattrocento, che il Mantegna definì il più bello che avesse mai visto.
Ritorniamo sul Lungolago fiancheggiando il lato del Duomo, da dove si può vedere la grande cupola, e troviamo il Monumento dell’Aviatore, creato e installato qui nel 2008, dedicato ai caduti dell’aeronautica rappresentata da due ali. Sulla base è affissa
la targa che riporta una dedica di Gabriele d’Annunzio “ai martiri dell’ala infranta e invitta che dell’eterno silenzio fanno la lor gloria eterna”. Ripercorriamo Via Mattia Butturini e ci troviamo nella Piazzetta San Carlo con la statua di San Carlo Borromeo su cui si apre la Chiesa di San Giovanni Battista Decollato, praticamente incastonata tra altre costruzioni e le mura, tanto che a malapena ce se ne accorge. Questo perché l’edificio originario risale al 770 ma l’assetto di Salò si modificò successivamente, mentre la chiesa veniva progressivamente ristrutturata: era ricca di affreschi rappresentanti martiri, fatti scomparire dopo la visita in città di San Carlo Borromeo, che decretò il passaggio della Chiesa di San Giovanni Battista Decollato ai Cavalieri di Malta, i quali operarono una grossa ristrutturazione. Molto particolare è la sua facciata. Proseguiamo ancora un po’ e arriviamo alla parte terminale della cittadina, Piazza Vittorio Emanuele II, caratterizzata dalla Porta dell’Orologio o Torre dell’Orologio che risale al 1200 ma solo nel 1600 è comparso l’orologio dalle dimensioni considerevoli e che si mantiene ancora in ottimo stato.
E’ ormai ora di pranzo ma noi abbiamo comprato della ottima focaccia in un forno del centro storico e decidiamo di gustarcela nel nostro agriturismo, dove la camera è ormai disponibile: ci sistemiamo sulle sdraio nel nostro giardinetto, di fronte al suggestivo panorama del lago.
Dopo la pausa, siamo rigenerati e pronti per la visita, già programmata, al Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera, a soli sei chilometri da Salò. Il Vittoriale è la “casa” di Gabriele D’Annunzio, o meglio una tenuta in cui si trovano edifici, piazze, un teatro all’aperto, giardini, laghetti, un mausoleo con la sua sepoltura, voluto dal poeta in modo che ricordasse non solo le sue imprese ma anche quelle dei soldati italiani durante la Prima Guerra Mondiale: in una parte del parco è collocata addirittura la prua della nave militare Puglia, ricordo dell’impresa di Fiume, protesa verso il lago, mentre in un altro edificio è conservato uno dei MAS, cioè il motoscafo silurante che partecipò alla “Beffa di Buccari” a cui aveva preso parte il poeta. Nell’auditorium è conservato l’aereo SVA con cui D’Annunzio partecipò al volo su Vienna. Il pezzo forte della visita è però la Prioria, la villa dove effettivamente abitava, appartenuta al medico e critico d’arte tedesco Henry Thode a cui era stata confiscata per motivi politici e dove D’Annunzio trovò, tra l’altro, una ricca collezione di libri: il poeta se ne innamorò, ristrutturandola secondo le proprie esigenze, affidando i lavori all’architetto Giancarlo Maroni e che è divenuta uno scrigno pieno zeppo di collezioni di ogni genere fino a contenere circa 10.000 oggetti e 33.000 libri, oltre a frasi enigmatiche e motti su architravi e camini. La chiamò Prioria, ovvero la casa del Priore, in linea con la sua particolare simbologia che si ritrova dappertutto nel Vittoriale.
La visita alla Prioria va prenotata anticipatamente e l’ingresso è consentito tassativamente nell’orario indicato sulla prenotazione: è una visita guidata attraverso un mondo fantastico che potrà piacere o meno dal punto di vista artistico, ma non potrà non far riflettere sulla complessa personalità del suo proprietario e forse potrà aiutare a comprenderne il pensiero, tramite la complessa simbologia di ogni oggetto, così come è capitato a me, che non sono mai stata propriamente una ammiratrice del poeta ma che alla fine ho apprezzato e riconsiderato.
Interessante anche un piccolo Museo dedicato a “D’Annunzio Segreto”, ovvero una esposizione di oggetti personali, tra cui scarpe, biancheria, oggetti da toilette, fotografie ritrovate aprendo quei cassetti personali che non facevano parte delle collezioni: un viaggio tra pantofole, vestaglie, rasoi che vogliono mostrare la sua vita quotidiana, seppure certamente particolare pure quella.
Una visita impegnativa che dura diverse ore ma che consiglio vivamente, tra l’altro è impossibile descriverne le varie parti, va solo vissuta direttamente.
Riprendiamo l’auto e torniamo a Salò per cenare, su consiglio di Tiziana e Maurizio, al Cantinone, in Piazza Sant’Antonio 19, ottimo indirizzo dove spendiamo € 55,00 in due.
Giorno 5 – Toscolano Maderno
Nell’agriturismo non è prevista la colazione ma noi siamo attrezzati e quanto prima ci rimettiamo in cammino, altre avventure ci attendono. Tra l’altro, oggi, è una magnifica giornata di sole, proprio adatta all’escursione che stiamo per fare. In pochi minuti (sono circa dieci chilometri), percorrendo la Gardesana Occidentale su cui si affacciano splendide ville, testimoni di un’epoca passata, arriviamo a Toscolano Maderno e seguendo le indicazioni, ci inoltriamo nella Valle delle Cartiere, incassata tra le montagne e percorsa dal fiume Toscolano. Una meraviglia! Si parcheggia l’auto in un’area dedicata e percorrendo un breve tratto a piedi si arriva davanti ad un complesso di edifici industriali che ospitano il Museo della Carta: oggi tutta la valle è considerata essa stessa un Eco Museo che permette di scoprire la tradizione della produzione della carta a Toscolano. Qui la fabbricazione della carta risale al Tardo Medioevo, tanto che è datato al 1381 il primo documento che attesta la presenza di uno stabilimento in questo luogo, grazie alla presenza di una cascata che ancora oggi scroscia rigogliosa.
Noi visitiamo il museo situato all’interno dell’antica cartiera di Maina Inferiore, rimasta attiva fino al 1962: il museo è suddiviso in due sezioni, la prima dedicata alla storia della produzione della carta in tutte le sue fasi, mentre la seconda riguarda le evoluzioni delle tecniche cartiere e la loro industrializzazione. Il percorso che si segue all’interno del museo è accompagnato da numerosi pannelli esplicativi oltre che da supporti audiovisivi e macchinari d’epoca. In esposizione si trovano anche reperti provenienti dagli scavi archeologici condotti nella Valle e alcune filigrane prodotte tra XVI e XVIII secolo, oltre ad una collezione di libri stampati dai Paganini, famosi stampatori che lavoravano a Toscolano e a Venezia nella prima metà del Cinquecento. Una visita di grande interesse, un vero e proprio viaggio alla scoperta di una invenzione preziosissima.
E’ quasi ora di pranzo quando riusciamo dalla valle all’imbocco della quale ammiriamo il Ponte di Toscolano o Ponte Vecchio, costruito nel 1500 a cura della Magnifica Patria, in pietra e con una arcata di oltre venti metri di ampiezza.
Dal 1928 i due borghi, Toscolano e Maderno si sono fusi in un unico comune con lo stesso nome e si estendono senza soluzione di continuità lungo le sponde del lago, tanto che non si capisce bene dove siamo esattamente: comunque parcheggiamo a poca distanza da una piazzetta, Piazza San Marco dove sono concentrati alcuni locali con dehors all’aperto: ci accomodiamo in uno di questi, l’Hotion Bar, senza infamia e senza lode.
Sempre sulla stessa piazza, affacciano due chiese, dedicate a Sant’Andrea Apostolo: la prima cosiddetta “monumentale”, risalente al 1100 e conserva intatto il fascino delle pievi della sua epoca, piena di opere d’arte da sembrare un museo; la seconda, settecentesca, chiamata “parrocchiale”, costruita quando le esigenze della crescente popolazione sono aumentate.
La Chiesa monumentale conserva nella bella cripta il sarcofago con le spoglie di Sant’Ercolano, a cui gli abitanti sono molto legati.
Torniamo in agriturismo per una pausa e poi, nel pomeriggio, andiamo nuovamente a Gardone Riviera per visitare, questa volta, l’Orto Botanico Andrè Heller, un giardino non molto grande ma che raccoglie oltre tremila specie tra piante e fiori ricreando ambienti diversi (da quello alpino a quello giapponese) ma soprattutto ricco di opere d’arte lungo il suo percorso tra laghetti di ninfee e giochi d’acqua, opere di artisti che hanno voluto lasciare un segno del loro passaggio e della cultura dei loro paesi, ricche di simbologie a volte di non immediata comprensione. Il giardino è aperto fino alle 19:00 e permette quindi una sosta rigenerante specialmente durante i mesi caldi.
Concludiamo il pomeriggio passeggiando sul Lungolago D’Annunzio, considerato uno dei più belli del Garda, ammirando le bellissime ville tra il verde: una di queste, Villa Fiordaliso, oggi riconvertita in hotel, ospitò Claretta Petacci quando il Duce risiedeva a Salò, mentre il Grand Hotel Gardone e il Grand Hotel Fasano, che si affacciano sul lungolago, furono utilizzati come ospedali militari. Accanto a molti cancelli si trovano le targhe che ricordano come qui avessero preso dimora i gerarchi del regime.
Ritorniamo a Salò per cenare nuovamente al Cantinone e terminiamo il nostro soggiorno qui con una bella passeggiata serale, visto che domani ci spostiamo più a nord.
Giorno 6 – Gargnano, Limone sul Garda, Riva del Garda
Salutiamo Tiziana e Maurizio che ci consigliano di fermarci a Gargnano, distante poco più di quindici chilometri per visitare la limonaia La Malora che si affaccia su Via Libertà.
Le coltivazioni dei limoni hanno avuto molta importanza nell’economia del Garda grazie al clima mite della zona: introdotte dai frati francescani nel 1300, si svilupparono nei secoli, fino a diventare una vera e propria industria nel 1700 quando tutta la zona, da Gargnano a Limone era disseminata di moltissimi agrumeti, fino a quando, verso la fine del 1800, la malattia della gommosi e la scoperta della sintesi chimica dell’acido citrico, portarono al progressivo abbandono dell’attività. Oggi resistono alcuni agrumeti che si possono visitare: uno di questi è appunto la Malora, non il più grande ma molto interessante e mantenuto in perfetto stato di conservazione che prende il nome dal rio Malora che un tempo alimentava le ruote dei mulini della zona. L’area di coltivazione è costituita da tre terrazze, chiamate cole ed è interessante vedere sia come i limoni vengano sostenuti da una incastellatura lignea che può raggiungere gli otto metri, ma anche come vengano riparati dal freddo in inverno, divenendo una serra tramite un sistema di assi di legno e travi di castagno ed ancora come vengano irrigati, tramite canaletti di pietra calcarea.
La visita si conclude in una piccola area “ristoro” dove si possono acquistare i prodotti dell’azienda, come le marmellate di limoni e di cedri e noi ovviamente ne approfittiamo.
Entriamo nel piccolo borgo di Gargnano, minuscolo ma accogliente in cui troviamo la Chiesa di San Francesco con annesso l’antico convento, risalente alla metà del Duecento e secondo la tradizione fondato dallo stesso Francesco: la chiesa è chiusa ma possiamo entrare nel chiostro, molto particolari gli archi di gusto orientaleggiante
poggianti su colonne adornate da capitelli raffiguranti motivi naturalistici, fra i quali si riconoscono varie forme di agrumi. Interessante è anche il portale rinascimentale che unisce il chiostro alla sacrestia della chiesa, riccamente ornato con scene dell’infanzia di Gesù.
Riprendiamo l’auto sistemata in un piccolo parcheggio coperto su Via Libertà e ci dirigiamo poco lontano, a Limone sul Garda: in realtà, in base all’itinerario, saremmo dovuti andare prima a Tremosine dove ci sono le splendide terrazze belvedere da cui dominare tutto il lago, ma la famosa Strada della Forra, la strada scavata nella roccia, conosciuta in tutto il mondo per la sua suggestione, è ancora chiusa per motivi di sicurezza dopo una frana che ha procurato seri problemi un paio d’anni fa. Arrivare a Tremosine con una strada alternativa, e poi raggiungere da lì Limone, avrebbe allungato in maniera notevole la nostra tabella di marcia, così proseguiamo direttamente e lasciamo l’auto in un grande parcheggio multipiano, già piuttosto affollato anche perché oggi nella cittadina è giorno di mercato e tutto il Lungolago Guglielmo Marconi è pieno di bancarelle. Ci incamminiamo verso il centro storico, considerando sin dall’inizio che Limone è veramente un bel posto, all’altezza della sua fama. Gironzoliamo senza una meta precisa in questa splendida giornata primaverile, e troviamo la Chiesa Parrocchiale di San Benedetto Abate, di antica fondazione seppur di fattezze settecentesche con la facciata rivolta verso il lago che domina dall’alto, poi stradine, piazzette veramente deliziose. Saliamo fino a raggiungere la minuscola Chiesetta di San Rocco, eretta un po’ defilata rispetto all’abitato nella prima metà del Cinquecento come segno di ringraziamento per lo scampato pericolo durante una grave epidemia di peste. Piccola, ma ricca di preziosi affreschi. Dalla piazzetta antistante l’ingresso, si gode di un panorama strepitoso sul lago e si vede anche la Limonaia del Castel, altro agrumeto ancora in attività che però non visitiamo avendo appena visto La Malora.
Pranziamo con un gustoso trancio di pizza e un gelato, ovviamente al limone, seduti fronte lago. Sì, sicuramente Limone mi è piaciuta parecchio.
Proseguiamo il nostro itinerario e in pochissimi chilometri siamo già a Riva del Garda, ultima sistemazione del nostro viaggio: siamo in provincia di Trento e la bellezza del Trentino ci riporta indietro nel tempo, quando ogni anno passavamo le vacanze in montagna e mi sento commossa da queste sensazioni.
Troviamo facilmente il nostro nuovo alloggio, l’Agriturismo Maso Tobel in Via Roncaglie, leggermente in collina a dominare anche qui il lago. La struttura è veramente bella, da consigliare sicuramente, immersa in uliveti ed agrumeti, una camera e bagno molto grandi e una terrazza attrezzata con sdraio fronte lago. E anche qui una accoglienza ineccepibile che rappresenta sicuramente un valore aggiunto.
Ci sistemiamo e subito siamo curiosi di conoscere Riva del Garda: ne rimarrò entusiasta e la pongo sicuramente in cima alla classifica dei paesi visitati. Parcheggiamo in un multipiano e attraverso la Porta San Michele (una delle porte medievali di accesso alla cittadella fortificata) siamo subito in centro. Percorriamo Via Mazzini e presto scorgiamo la Rocca di Riva, una fortificazione medievale oggi sede del Museo Civico, risalente sembra al 1124 ma che ha subito nei secoli varie trasformazioni fino ad assumere l’aspetto attuale. Circondata dalle acque del lago, è ubicata su un’isola artificiale e il tutto risulta molto suggestivo. Ma la parte più bella di Riva è sicuramente la Piazza III Novembre e i suoi dintorni, la piazza che rappresenta il cuore della città vecchia su cui prospettano antichi edifici e si erge la Torre Apponale: alta trentaquattro metri, fu costruita nel 1700 subendo numerosi rimaneggiamenti successivamente. Sulla sua cima è posto un piccolo angelo di bronzo chiamato Anzolin, simbolo della cittadina. Sulla piazza prospetta il Palazzo Municipale, da secoli sede del comune di Riva, costruito alla fine del 1400 sotto la dominazione veneziana e che in origine era più basso ma fu sopraelevato durante i restauri di metà Ottocento per unirlo al Palazzo Pretorio e alla Porta Bruciata. Il Palazzo Pretorio risale al 1300 sotto il governo scaligero, nato con il nome di Palazzo della Ragione e sotto la sua loggia si amministrava la giustizia. Bellissima è la adiacente Piazza San Rocco, costruita al posto della ex chiesa omonima dopo la Prima Guerra Mondiale: la chiesa era il risultato di un voto fatto dalla comunità per la peste del 1512, ma riportò dei danni gravissimi a causa di una bomba tanto che oggi è visibile solo il sopravvissuto abside. Dalla Piazza III Novembre si entra in Piazza San Rocco attraverso il volto che è conosciuto come “Porta Bruciata” che rimanda ad un incendio non ben identificato.
La bellezza di questo angolo di Riva è data soprattutto dall’affaccio sul lago da una parte e il Monte Rocchetta dall’altra, montagna su cui si trova il Bastione dei Veneziani, in pietra grigia, costruito all’inizio del 1500 dopo la dominazione veneziana per garantire una futura sicurezza alla località ma che fu poi distrutto dalle truppe francesi nel 1703 che lo resero inutilizzabile. Vi si può salire utilizzando un ascensore.
Poi passeggiamo senza meta per le vie che si dipartono dalla Piazza III Novembre nel cosiddetto Quartiere Marocco, caratterizzato da antiche botteghe artigianali e che prende il nome dai cumuli di frana (maroc, in dialetto) staccatisi dalle pendici del monte sovrastante, e che si trovano inglobati nelle mura di molte case in via Marocco.
Non riusciamo invece a visitare la Chiesa dell’Inviolata e ci dicono che è un vero peccato.
Si è fatta l’ora di cena e su suggerimento dei gestori dell’agriturismo, andiamo all’Agriturismo Eden Marone, in Via Marone 23, non molto distante dal nostro alloggio e mangiamo egregiamente spendendo € 58,00 in due.
Giorno 7 – Lago di Ledro, Pieve di Ledro, Canale di Tenno
Una fantastica colazione ci viene servita sotto il portico, a base di prodotti dell’agriturismo: ci sentiamo coccolati per il servizio impeccabile unito ad una giornata di sole già caldo e ai profumi della montagna al mattino.
Ci dirigiamo al Lago di Ledro, distante solo una quindicina di chilometri: lo scopo è visitare, tra l’altro, il Museo delle Palafitte, aperto nel 1972 e che raccoglie ed espone i reperti emersi durante le numerose campagne di scavo che, a partire dal 1929, hanno interessato questa sponda, quando il livello del lago fu abbassato per i lavori della centrale idroelettrica in costruzione a Riva del Garda. Sulla sponda meridionale del lago affiorò una distesa di oltre diecimila pali, testimonianza di una delle più grandi stazioni preistoriche scoperte fino ad allora in Italia, nonché una delle più importanti, ancora oggi, in Europa.
I resti appartengono ad un villaggio palafitticolo dell’Età del Bronzo ed è stato dichiarato Patrimonio UNESCO. Si compone di un Museo al coperto e ad una ricostruzione di palafitte con le loro suppellettili all’interno, veramente interessante. Oltretutto, siamo capitati durante una ricostruzione teatralizzata della vita quotidiana degli abitanti delle palafitte ad uso di alcune scolaresche. I bambini si sono divertiti molto, noi anche.
Il lago è inserito in una cornice di grande suggestione, se ne può percorrere tutto il perimetro (sono circa dieci chilometri) ma noi ne facciamo solo un pezzo perché poi la strada si discosta dal lago e prosegue come strada asfaltata e quindi trafficata. La passeggiata inizia nei pressi del Museo, a Molina di Ledro dopo la bellissima Spiaggia di Besta, scavalcato un ponticello di legno: siamo a pelo d’acqua o poco più in alto e i panorami sono magnifici.
Ritorniamo presso il Museo, e, ripresa l’auto, percorriamo tutta la sponda sinistra fino ad arrivare a Pieve di Ledro che è da considerarsi il capoluogo del Comune di Ledro e sede del municipio. Si sale parecchio prima di ridiscendere sulla spiaggia di Pieve e il panorama di tutto il lago dall’alto è strepitoso.
Il borgo si compone di un pugno di case, si snoda in realtà lungo due strade ma è delizioso, con la Chiesa dell’Annunciazione, l’Oratorio di San Giuseppe e il Museo della Farmacia Foletto, la prima aperta in questa vallata, dove sono custodite le attrezzature ed i macchinari utilizzati dal laboratorio farmaceutico già dal 1800.
Pieve di Ledro fu teatro di un episodio della Terza Guerra di Indipendenza Italiana e preludio della più famosa Battaglia di Bezzecca. È proprio in questo paese che il 18 luglio 1866 gli austriaci furono costretti a ritirarsi e a trovare rifugio sui monti circostanti la Valle di Ledro. Vennero respinti dal 2° reggimento Volontari Italiani, facente capo al Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi.
Ci accomodiamo in un’area picnic per gustarci gli ottimi tranci di focaccia che avevamo comprato in un piccolo spaccio a Molina. Poi lasciamo questo posto incantato e torniamo in agriturismo per riposarci un po’.
Ripartiamo poi diretti a Malcesine, a sud di Riva, per visitare il famoso Castello Scaligero, ma rimaniamo imbottigliati nel traffico impazzito a causa di sensi di marcia deviati, di strade chiuse e quant’altro perché Riva sarà teatro di una gara ciclistica di rilevanza che ha visto arrivare centinaia di partecipanti: riusciamo alla fine ad uscire da Riva ma è tardi per raggiungere la nostra meta; niente paura, mettiamo in pratica il piano B e ci rechiamo a Canale di Tenno, a soli sette chilometri, che comunque era nostra intenzione visitare.
Il borgo medievale ci riporta indietro nel tempo e sembra proprio un paese del presepe. Piccolo, ma di un fascino incredibile, che dà il meglio di sé proprio durante il periodo natalizio ed è stato scelto anche da numerosi artisti per i loro atelier. Usciamo dalla porta del borgo e, in mezzo alla campagna, ci incamminiamo alla volta del Lago di Tenno, un piccolo specchio d’acqua turchese racchiuso tra le montagne ma poi, quando realizziamo che si sta facendo tardi e dovremmo risalire, desistiamo e, ripresa l’auto ci fermiamo a Tenno per una breve visita (il borgo è piccolissimo e lo si attraversa in pochi minuti) e poi torniamo a cena da Eden Marone, anche perché non è il caso di scendere a Riva, invasa dai bikers.
Giorno 8 – Trento, Rovereto
Colazione portentosa anche stamattina, poi alla ricerca di nuove conoscenze: andiamo in direzione di Trento e mai la scelta fu più felice perché nella corsia opposta alla nostra ci sono trenta chilometri di coda all’assalto delle località sul lago. Era prevedibile essendo una giornata festiva e, dopo aver ammirato sulla collina il Castello di Arco, attraverso bellissimi panorami, percorrendo la SS 240, in breve siamo alle porte di Trento, in Via Lidorno 3 per andare a visitare il Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni.
Il Museo fu fondato nel 1927 dall’ingegnere aereonautico e pioniere dell’aviazione Gianni Caproni ed è il più antico museo italiano dedicato al tema dell’aviazione nonché il più antico museo aziendale ed ha assunto la sua sede attuale negli anni ottanta quando parve consono collocarlo accanto all’aeroporto di Trento.
Il museo non è molto grande ma risulta di estremo interesse perché i protagonisti dell’esposizione sono i velivoli e gli aviatori che hanno fatto la storia dell’aviazione italiana dal 1909 ai primi anni cinquanta del Novecento: la raccolta annovera aerei rarissimi o unici al mondo, in larga parte del periodo pioneristico o legati a imprese della storia aeronautica. Venti aeromobili sono allestiti nello spazio espositivo del museo, mentre altri trentasette vengono esposti al pubblico a rotazione. Sono presenti
l’Ansaldo A.1 di Natale Palli e lo SVA5 di Gino Allegri che il 9 agosto 1918 partecipò al “volo su Vienna”, clamorosa impresa ispirata e guidata da D’Annunzio.
Di un altro indiscusso protagonista della Grande Guerra, Francesco Baracca, il Museo espone fotografie originali e cimeli legati alla sua tragica fine nel 1918.
Interessante risultano anche, al piano superiore, numerosi pannelli interattivi che ripercorrono la storia dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale avvenuti nella zona, nonché i pericoli derivati dal materiale bellico inesploso lasciato sul campo e che ha procurato tanti morti anche dopo la fine del conflitto.
Usciamo dal museo che è quasi ora di pranzo ma, spaventati dal traffico ancora intenso verso il lago, decidiamo su due piedi un itinerario alternativo e andiamo a Rovereto, distante solo una ventina di chilometri per visitare un’altra eccellenza italiana, il Museo Storico Italiano della Guerra.
Sistemiamo facilmente l’auto in un piccolo parcheggio coperto e ci troviamo subito in centro, in Piazza Cesare Battisti dove, dal 1976, spicca la Fontana del Nettuno e prospettano begli edifici: la piazza anticamente era chiamata Piazza delle Oche per la presenza di sculture in pietra raffiguranti cigni, scambiati per oche, che si trovavano sul pozzo prima che vi fosse spostata la fontana del Nettuno. Si respira un’aria antica, forse per alcune botteghe d’epoca che vi si affacciano o per gli affreschi che decorano qualche palazzo. Mangiamo da Bontadi, un locale moderno aperto qualche anno fa dirimpetto alla più antica Bottega Bontadi che esiste dal 1790, nata come torrefazione e poi scrigno di cose buone.
Riprendiamo la nostra conoscenza di Rovereto che è una città veramente piacevole e sbuchiamo sulla piazza principale, Piazza Rosmini, al termine del bel viale alberato, Corso Rosmini dove edifici più moderni si integrano magistralmente con quelli storici. La piazza ospita al centro una grande fontana con diversi giochi d’acqua che fu realizzata dalla cosiddetta “Società di Abbellimento”, una corporazione che si occupò a fine Ottocento di rendere più accogliente il centro storico. A chiudere la piazza, molto bello risulta il Palazzo del Ben – Conti d’Arco, caratterizzato da archi e porticati che ha subito nei secoli molti passaggi di proprietà e numerose ristrutturazioni, fino a divenire oggi la sede dell’Unicredit anche se, al suo interno, ospita l’Accademia Degli Agiati. L’aspetto attuale non è quello originale ma risale ai primi del Novecento quando venne adottato uno stile rinascimentale con influenze veneziane. Bellissima la corte, di lato del palazzo, dove si affacciano cinque arcate. Ritorniamo verso il centro storico e imbocchiamo Via Rialto che si snoda tra i vicoli e passiamo davanti all’antica Cappelleria Giovanni Bacca, la cui vetrina antica è uno spettacolo. Poi, salendo ancora arriviamo al Castello, conosciuto anche come Castel Veneto, costruito nel 1300 dalla famiglia Castelbarco, inglobando una piccola rocca già esistente nel luogo. Nei secoli ebbe mille vicissitudini, fino ad ospitare anche una prigione e a subire gravi danni per i bombardamenti durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo la guerra fu ristrutturato e dal 1921 ospita a ragione il Museo della Guerra, di importanza nazionale. In effetti, devo ammettere che è uno dei musei più interessanti che abbia mai visto.
Il percorso di visita racconta l’esperienza di uomini e donne in guerra tra Ottocento e Seconda guerra mondiale: uniformi, armi, fotografie, documenti e oggetti della vita quotidiana descrivono le vicende di combattenti e civili e sono raccolte in cinque sezioni, tutte piuttosto corpose tanto che per completare la visita occorrono almeno due ore. Si scende anche nei sotterranei del castello con i suoi cunicoli e nei torrioni Marino e Malipiero sono esposti anche strumenti del fabbro armaiolo, armi da caccia, armature , armi bianche e da fuoco.
Da una finestra del torrione bellissimo è il panorama che si gode sull’intera città attraversata dal fiume Adige mentre in lontananza si vede il Colle Castel Dante su cui è situato il Sacrario Militare, un monumentale edificio, inaugurato il 4 novembre 1938 che ospita le spoglie di oltre ventimila soldati italiani, austriaci, cecoslovacchi, ungheresi, molti ignoti che furono traslati qui dai vari cimiteri sparsi sulle montagne circostanti, teatro di combattimenti. Vi si trovano le tombe di Damiano Chiesa e di Fabio Filzi.
Non lo visitiamo perché si sta facendo tardi e preferiamo andare a vedere la Campana della Pace, chiamata anche “Maria Dolens” o Campana dei Caduti. Si trova sul Colle di Miravalle e suona ogni sera al tramonto cento rintocchi per onorare i Caduti di tutte le guerre e per invocare la pace. Fu ideata da un sacerdote di Rovereto, don Antonio Rossaro e fusa il 30 ottobre 1924 con il bronzo dei cannoni offerto dalle nazioni partecipanti al primo conflitto mondiale. È stata poi fusa di nuovo più di una volta in quanto, col tempo e l’usura, il suono si era modificato e non veniva giudicato più consono alla funzione che deve svolgere. Un luogo di grande impatto emotivo e deve essere veramente toccante il momento, di sera, quando suona nel silenzio totale spandendo le sue note nella vallata sottostante.
Ripartiamo da Rovereto veramente soddisfatti, ripromettendoci di tornare per visitarla meglio anche perché troppe sono le cose che non ho potuto vedere in questi giorni, di alcune delle quali ignoravo addirittura l’esistenza.
Dopo un passaggio rapido in agriturismo, andiamo a cena al Ristorante Foci, in località Le Foci 10 (si chiama così perché vicino alle cascate del Varone, altra cosa da vedere in futuro), e concludiamo con un’ottima cena il nostro soggiorno trentino. Avremmo voluto fare un giro ancora a Riva, ma l’affollamento dei bikers ci scoraggia e ci ritiriamo in agriturismo a preparare le valigie.
Giorno 9 – Rientro
La nostra vacanza è finita, ce ne andiamo con la promessa di ritornare e, acquistati anche qui i prodotti dell’agriturismo, tra cui una squisita crema di castagne, ci dirigiamo verso l’autostrada; in realtà avremmo voluto fermarci al Parco Giardino Sigurtà a Valeggio sul Mincio, dove eravamo già stati anni senza poter visitare il parco ma evidentemente è destino che non possiamo accedervi: un quantità di auto in coda e lungo tutte le strade intorno all’accesso, una cosa indescrivibile! Pazienza, vorrà dire che ritorneremo: intanto ci dirigiamo direttamente a Sinalunga dove rimarremo ancora un paio di giorni in vacanza.
Il Lago di Garda è bellissimo, le strutture dove abbiamo soggiornato e mangiato tutte da consigliare e abbiamo visitato un sacco di cose interessanti e particolari. Meglio di così!!