La madre di tutte le Marche, un antichissimo borgo di pietra che domina come una regina la regione più verde d’Italia

Stefano Maria Meconi, 31 Ago 2024
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C’era una volta il politeismo, la religione degli dei dove ogni abitante dell’Olimpo greco, e del Pantheon romano, aveva una sua “specialità”. La maternità, ma anche i boschi (le selve, a dirla tutte) erano competenza di Trea-Jana, il cui culto si diffuse in particolare sia tra i Greci e sia tra i Siculi. Proprio da lei deriva il nome di uno dei borghi più belli delle Marche: siamo sulla Via Flaminia, siamo a Treia, romantica terrazza dagli edifici in pietra che si erge, regale, su un paesaggio verdissimo nel cuore del Maceratese. Non un luogo dalla bellezza anonima e secondaria, perché secondo una ricerca da poco pubblicata, è uno dei 12 borghi italiani più amati dagli americani. Not bad!

Un borgo che affonda le radici nella storia

centro storico di treia

Fu il popolo dei Piceni, antesignani di quei marchigiani che occupano la zona, che avrebbe fondato Treia intorno al IV secolo a.C. scegliendo come toponimo per indicare questo locus amoenus una variante del nome della dea Trea-Jana. Come in molti casi analoghi, furono i Romani a dare all’abitato un assetto organizzato e una rilevanza strategica che, con il crollo dell’Impero, venne meno. Ancora, è nel corso del basso Medioevo che, pur dominata da forze esterne (i duchi di Camerino, gli Sforza, lo Stato Pontificio) Treia acquisisce una certa rilevanza, si cinge di mura e si sviluppa su un profilo geografico che la rende sia più difficile da attaccare e sia ideale per il controllo di tutta l’area circostante. Addirittura, è nel 1790 che un paesino oggi di 9mila abitanti acquisisce il titolo di città per volontà di Papa Pio VI. Ed è proprio passeggiando per il perimetro del paesino, ovvero penetrandone segreti e viali, che si capisce come la storia qui non sia solo passata come un venticello di fine estate, ma abbia deciso di consolidarsi e regalare interessanti elementi al visitatore di oggigiorno.

Cosa vedere a Treia

accademia georgica

Tipicamente organizzata secondo gli stilemi architettonici di fine Settecento, che gradualmente si staccano dal barocco per abbracciare il neoclassicismo, la chiesa della Santissima Annunziata è l’edificio religioso di riferimento per Treia. Una precedente chiesa gotica del Trecento venne rimpiazzata da questo imponente complesso, organizzato su tre navate ma dall’originale croce greca (ovvero con i bracci tutti di eguali dimensioni). Bellissima è la collezione di opere artistiche conservate nel duomo, che include una Madonna assunta del ‘500 opere di Liberi da Faenza, ispirata dai dettami artistici di Raffaello, oltre all’Apparizione della Madonna di Giacomo da Recanati.

Numerosi i siti religiosi di Treia, tra cui vale la pena citare la chiesa di San Filippo anch’essa di costruzione settecentesca, arricchita da un Crocifisso del Duecento e numerosi dipinti e statue variamente attribuiti, che le conferiscono una allure quasi museale. A questa, si aggiungono la chiesa di San Francesco, il cui annesso convento è sede del Museo Civico Archeologico di Treia, quella di Santa Maria del Suffragio e quella di San Michele.

Molto interessante è la storia dell’Accademia Georgica, fondata qui nel 1430 da Bartolomeo Vignati come luogo di incontro, di ricerca e studio intorno ai temi classici. Il complesso è ospitato nella cosiddetta Palazzina Valadier, che il celebre architetto romano (autore tra gli altri degli orologi in San Pietro, del Duomo di Urbino e della Chiesa del Suffragio de L’Aquila) costruì nell’Ottocento; si compone di una importante biblioteca, di numerosi archivi storici e di un patrimonio storico, archeologico, artistico e fotografico tra cui spiccano le opere del “futurista” Giacomo Balla.

La tradizione del “pallone con bracciale”

pallone con bracciale

Risalente forse all’inizio del Cinquecento, il pallone col bracciale fu, almeno fino alla prima metà del Novecento, uno degli sport più amati in Italia, alla stregua di quello che è oggi il calcio. Si trattava di una sorta di tennis ante litteram, giocato con un pallone in pelle e dei bracciali in legno posizionati intorno ai polsi e dotati di numerose “spine”, con una corda o una rete a segnalare le due metà campo. La sua fama era fortissima soprattutto in Toscana e nelle Marche, a Mondolfo. A Treia, ancora oggi, c’è la tradizione della disfida che ogni anno riporta in piazza uno sport amatissimo fino a meno di un secolo fa, ma di cui pochissimi conoscono storia e regole.



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