Algeria – Terra Tuareg

Il Deserto del Sahara per la sua immensita’ e purezza fa sicuramente parte del bagaglio che ogni viaggiatore porta con se’ in fondo alla valigia. Ci sono determinati momenti ed immagini che vorremmo sempre dentro di noi perche’ rappresentano i nostri ideali di liberta’ ed evasione. Per tutti questi motivi noi di DIMENSIONE AVVENTURA...
Scritto da: Maurizio Turco
algeria - terra tuareg
Partenza il: 26/12/2000
Ritorno il: 16/01/2001
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
Il Deserto del Sahara per la sua immensita’ e purezza fa sicuramente parte del bagaglio che ogni viaggiatore porta con se’ in fondo alla valigia. Ci sono determinati momenti ed immagini che vorremmo sempre dentro di noi perche’ rappresentano i nostri ideali di liberta’ ed evasione. Per tutti questi motivi noi di DIMENSIONE AVVENTURA siamo finalmente tornati in Algeria, terra dei fieri Tuareg e paese con i confini persi nel nulla del Sahara. L’ultima volta che abbiamo visitato l’Algeria fu il lontano 1991 in sella a vecchie Yamaha XT 600 con pochi ricambi ed una grande sete di avventura. Poi il lungo periodo buio dell’integralismo islamico con i suoi delitti e guerre intestine che hanno spinto l’economia turistica del paese nel baratro del fallimento. Dal 1998 pero’ il nuovo Presidente algerino riesce a sedare la rivolta interna, con metodi piu’ o meno leciti, ed ecco che allora il turismo sahariano si riaffaccia in questo paese per poter godere di quella natura incontaminata e straordinaria che il Deserto del Sahara cela gelosamente e che mostra solamente al vero viaggiatore e non al turista “mordi e fuggi” ! Il 27 dicembre 2000 siamo presenti con i nostri 5 equipaggi in 4×4 alla dogana algerina, subito dopo l’ultimo avamposto tunisino, per espletare le normali pratiche doganali che in passato non abbiamo mai superato con meno di 6 ore di attesa. Questa volta siamo fortunati e con un paio d’ore siamo gia’ sulla strada asfaltata diretti alla volta della prima oasi algerina: El Oued. In questo piccolo villaggio riusciamo ad effettuare il primo cambio…In nero e a gustarci il primo cous cous a dir poco delizioso. La popolazione e’ stanza del lungo periodo di isolamento inflittogli dalla guerra civile ed ora e’ curiosa di parlare con lo “straniero” per sapere come e’ la vita fuori dai patri confini. Per questo motivo siamo sempre ben accetti in qualsiasi situazione e luogo o invitati continuamente dalla prima persona che si contatta. Il popolo algerino nel mondo arabo e’ famoso per la sua gentilezza ed ospitalita’ e ne abbiamo una continua riprova in ogni luogo toccato durante il nostro itinerario. Dopo 300 km arriviamo ad Hassi Messaoud, centro che trae ninfa vitale dagli innumerevoli pozzi petroliferi e di gas che proliferano nel deserto circostante. Tutta la zona e’ un’ immenso cantiere dove hanno la base tutte le piu’ grandi compagnie petrolifere del mondo, ed il villaggio non e’ altro che un enorme dormitorio per gli operai europei che lavorano nelle suddette basi e che trascorrono turni di lavoro di sei mesi ininterrotti prima di tornare a casa per qualche settimana di ferie. Qui ci rechiamo presso la stazione di Polizia per richiedere il permesso di circolazione per il sud del paese fornendo tutti i dati del gruppo e dei mezzi. Svolta quest’ultima formalita’ si riprende velocemente verso il nostro grande appuntamento : l’incrocio dei “ 4 Chemins” . Da qui inizia la nostra grande avventura e subito ritroviamo i chiari segni che la grande crisi turistica degli anni 90 ha lasciato dietro di se’. Infatti questa era una vecchia pista molto usata sia dai locali che da turisti per dirigersi verso sud ed evitare il noioso asfalto della transahariana, ma allo stato attuale si stenta ad intercettarla proprio per il suo “disuso” in questi ultimi anni. Per procedere su questa immensa piana a perdita d’occhio bisogna, allora, subito ricorrere all’uso del GPS e delle ottime cartine topografiche russe. Ogni tanto si incrocia un vecchio bidone arrugginito come testimonianza del copioso traffico del passato, assieme anche a qualche carcassa di auto. Si attraversa un’ampissima vallata senza confini e riferimenti…Praticamente si viaggia nel nulla piu’ assoluto per un giorno intero fino ad arrivare ad un passaggio obbligato : le gole di Amguid. Quest’ultimo e’ un piccolissimo villaggio di zeribe con una postazione militare, stretto fra una catena di enormi dune alte piu’ di 200 mt ed una falesia rocciosa altrettanto elevata con un intrigante canyon dentro il quale inizia una vecchia pista che si dirige verso est. Ci accolgono vocianti bambini e gentilissimi militari presso i quali svolgiamo le solite operazioni di registrazione del gruppo e durante le quali iniziamo a regalare i primi giocattoli e vestiti che erano stati portati appositamente per queste occasioni. La gioia dei piccolissimi e’ palpabile e si crea una simpatica kermesse nel villaggio! Ci congediamo dalla gentilissima popolazione cercando di recuperare il tempo perduto nella sosta, dato che ci spettano altri 400 km per arrivare all’unico passaggio che ci permettera’ di scavalcare i primi contrafforti della catena montuosa dell’Assekrem. Si susseguono ore di navigazione pura senza ombra di tracce precedenti, cercando dei punti sul suolo per far passare i nostri fuoristrada dato che la sabbia ha lasciato il posto a degli impegnativi passaggi fra enormi massi ed altrettante spianate di fech fech…Ossia sabbia impalpabile e pericolosissima. Si incontrano numerose gazzelle e dromedari unici abitanti della desolitassima zona. Si scopre anche un vero e proprio cimitero di alberi secolari completamente secchi, bruciati dal sole e disposti su collinette di sabbia alte circa 3-4 metri a testimonianza di un grande lavoro di erosione da parte degli agenti atmosferici. Dopo un travagliato procedere di valle in valle si arriva all’imbocco del lungo oued sabbioso che ci permettera’ di scalare l’enorme montagna di oltre 2000 mt che ci si staglia davanti. La salita si manifesta subito impegnativa dato che si sale su uno strato molto morbido di sabbia seguendo un tipico andamento di montagna con tanto di tornanti ! Molte sono le rocce che affiorano assieme ad alberi che sbarrano spesso la traiettoria migliore e con non poche difficolta’ si riesce a raggiungere un tratto di pista piu’ sassoso dove si puo’ prendere un sospiro di sollievo. Ma la fretta di uscire dallo oued ci porta ad imboccare una pista secondaria che ci conduce nel bel mezzo di un micro-villaggio abitato solamente da donne e bambini. Dopo i primi secondi di imbarazzo e stupore reciproco, ci avviciniamo alla piu’ anziana del gruppo che ci accoglie con un sorriso, davanti alla sua capanna. Regaliamo indumenti ai piu’ piccoli mentre l’anziana ci spiega l’andamento della pista principale tracciando delle ipotetiche traiettorie sulla sabbia e parlando la vecchia lingua dei Tuareg: il Tamanghesh. Le informazioni ricevute ci permettono un grande taglio sul percorso e raggiungere la vetta dell’Assekrem a 2400 mt con un giorno di anticipo. Questa vetta e’ famosa per la bellezza del paesaggio circostante costituito dalle cosiddette “canne d’organo” ossia pinnacoli di roccia che al tramonto si vestono di un arancio fuoco rendendole uniche nel loro genere. Proprio su questa vetta si trova l’eremo di padre Focault eremita di inizio secolo che era riuscito a guadagnarsi la stima ed il rispetto dei Tuareg che abitavano la zona. Da qui si scende per una pista spettacolare in direzione Tamanrasset, antichissima oasi e centro carovaniero che sulla spinta del grande turismo di fine anni ottanta aveva perso un po’ del suo antico fascino in nome delle comodita’ del “progresso”. Qui finalmente possiamo godere di un po’ di confort…Tradotto in doccia calda ed un pasto presso un tipico ristorantino locale. Il souk di questa oasi mantiene ancora la sua antica fisionomia. Certo l’argento degli monili e’ stato rimpiazzato da leghe “meno nobili” ma comprare un gioiello o una croce del sud nel mercatino fa’ sempre piacere ed acquistera’ un valore inestimabile una volta ritornati in Italia. Il giorno dopo “salpiamo” alla volta della mitica oasi di Djanet seguendo inizialmente la pista principale che attraversa un’immensa vallata di sassi neri e canyon devastati dalle rare piogge che si riversano sul terreno con cadenza annuale.

Dopo circa cento km ci stacchiamo da questa pista all’altezza del forte Serenout, una volta della legione straniera francese ma riusato da pochissimi anni dai militari algerini come posto di controllo. Qui si consegnano le solite liste con i dati del gruppo e poi via verso il passaggio nell’Erg Admer. Infatti dal fortino si stacca una vecchia pista che si inoltra su immensi pianori dove come unico confine a vista c’e la sabbia ed il cielo ! Si naviga per molte ore esclusivamente con l’ausilio del GPS. Si attraversano numerose tracce di veicoli che si dirigono in direzione sud, fuori dai confini algerini per traffici sicuramente poco leciti, infatti e’ ancora molto diffuso il contrabbando di manovalanza nera, sigarette ed altre numerose merci.

Si attraversa un immenso catino sabbioso con una curiosa formazione rocciosa nel bel mezzo e che si avvista da diverse decine di km prima. Avvicinandosi a questa roccia si scopre che e’ formata da 4 enormi massi con le basi che mostrano i chiari segni di erosione del mare, unico dominatore indisturbato all’alba dei nostri tempi. Vi rinveniamo, infatti, con enorme stupore dei coralli fossili e delle bellissime conchiglie…Il deserto non finisce mai di stupire ! Dopo questa nostra piccola “scoperta” fossile riprendiamo l’ itinerario e puntiamo i musi dei nostri 4×4 sempre in direzione est e precisamente verso le enormi dune dell’Erg Admer, lungo circa 250 km e che si intravede all’orizzonte.

Dopo circa 600 km di pista sabbiosa, vallate nere coperte di lava e piane a perdita d’occhio dobbiamo trovare il punto di attacco dove iniziare la scalata della grande duna Tahort alta piu’ di 200 mt.

Questo punto ci era stato precedentemente segnalato da un locale nel relitto di una vecchia Land Rover che puntualmente ritroviamo e da qui si inizia a prendere una veloce rincorsa per poter superare il pendio dell’enorme duna. Il motore dei nostri veicoli viene letteralmente risucchiato dalla sabbia e non poche sono i cambi di traiettoria per poter “recuperare” un po’ di motore e di slancio per continuare la scanalata affannosa ! Fortunatamente si ha a disposizione una vasta piana dove ognuno puo’ scegliere la traiettoria migliore senza intralciare gli altri equipaggi. La salita e’ avvincente e provoca una buona scarica di adrenalina. Una volta in cima si procede fra enormi vallate sabbiose e durante un disinsabbiamento di un 4×4 rinveniamo, sepolta sotto le sabbie, una tanica usata per il trasporto di carburante datata 1947 ! Indubbiamente il deserto custodisce gelosamente i suoi tesori. Si arriva all’oasi di Djanet nel tardo pomeriggio giusto in tempo per assistere ad un tramonto che veste la montagna intorno di un rosso fuoco da …Poster! Entrando nell’oasi constatiamo con piacere che nulla e’ cambiato nella sua vita e nella sua originalita’ complice, forse, l’enorme crisi turistica degli anni ’90. Si cammina per il souk incontrando solamente abitanti del luogo e passiamo un paio di giorni seguendo i loro ritmi di vita. I discendenti degli antichi e fieri Tuareg si muovono oggi su vecchie Toyota o Land Rover ma non hanno perso il loro fascino di “Signori del Deserto”. E’ sorprendente come si possa ancora girare tranquillamente per le viuzze dell’oasi e nei vari negozi di artigianato senza essere importunati o assaltati da curiosi o venditori. Visitiamo anche qualche famosissimo sito di graffiti rupestri della zona sui quali si puo’ ammirare la rappresentazione di una fauna del luogo molto lontana da quella dei nostri giorni come coccodrilli, giraffe e bufali.

Ma il tempo e’ tiranno e noi dobbiamo iniziare la risalita verso nord. Ecco allora imboccare una vecchia pista che si snoda in una fantastica vallata dai mille colori ai piedi di una lunghissima falesia. Dopo aver percorso 80 km arriviamo al minuscolo villaggio di Imrhou immerso in un sabbiosissimo oued e con una sorgente di acqua calda molto bella. Tramite la segnalazione di alcuni locali proseguiamo su una pista che collegava molti anni prima il villaggio all’oasi di Illizi ma ben presto constatiamo che ormai della vecchia pista ne rimane ben poco. Scopriamo infatti, tramite una incisione su di una roccia che la pista era stata costruita dal cantiere Chantel nel 1937 ed ormai gli agenti atmosferici la hanno praticamente divorata. Per coprire 10 km impieghiamo un giorno intero durante il quale tutto il gruppo e’ impegnato a guidare i propri 4×4 in passaggi trialistici, riempire enormi voragini e ricostruire passaggi franati.

Gli ultimi 40 km si decide di percorrerli direttamente nel sabbioso oued fra insidiosissime pozze d’acqua ed una vegetazione molto fitta. Arriviamo ad Illizi dopo 3 giorni di fatiche e ci fermiamo solamente il tempo necessario per riparare le balestre di due fuoristrada che hanno mal digerito la pista precedente. Il giorno dopo siamo di nuovo in viaggio seguendo un itinerario che dalla carta si preannuncia avvincente e straordinario. La conferma dell’ottima scelta ci viene data appena usciti dall’oasi, perche’ si inizia a viaggiare subito fra enormi canyons che si insinuano fra falesie dai mille colori ed enormi cordoni di dune . Il paesaggio sembra irreale, appartenente ad un altro mondo e ne approfittiamo per fare il campo su meravigliose dune rossastre. Assistiamo anche allo straordinario fenomeno della fioritura del deserto…Enormi dune coperte di fiori viola e gialli ! Uno spettacolo nello spettacolo. Incrociamo gruppi di gazzelle che scappano veloci come il vento ed una delle ultime carovane di cammelli, in prossimità di un pozzo situato vicino a delle tombe preislamiche. Ne approfittiamo per parlare con il capo carovana …Ma la discussione non va’ oltre i gesti dato che parla solamente un antico idioma della zona. Riusciamo con molta fatica a sapere che era arrivato al pozzo per far bere le sue bestie, dopo tre giorni di cammino e che era diretto verso una ipotetica localita’ che sulle nostre nostre carte non si riusciva a localizzare.

Ci congediamo da lui dopo il solito rituale del the’ e dopo un altro giorno di marcia ci ricolleghiamo alla pista che avevamo usato 20 giorni prima, in senso contrario, per scendere verso sud. Praticamente ci ritroviamo di nuovo all’incrocio dei “4 Chemini” a chiacchierare con il corpo di guardia formato da militari algerini e da qui iniziamo il lungo trasferimento su asfalto di 1200 km alla volta di Tunisi.

Praticamente la vacanza finisce qui e la stanchezza accumulata in 20 giorni di deserto si inizia a far sentire, ma i nostri cuori sono pieni di emozioni e sensazioni forti che difficilmente dimenticheremo. I tanti imprevisti superati, le sorprese, le delusioni assieme a mille altri ricordi ci daranno la forza per superare le difficolta’ della nostra vita di tutti i giorni ed arrivare presto alla data della prossima partenza, per ricominciare una ennesima avventura alla scoperta di nuovi orizzonti, nuove popolazioni…In poche parole…Alla scoperta di noi stessi !! INSH’ ALLAH !!

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