Palermo con gli occhi di una fuori sede (milanese)
La mia amica Anna me lo ripeteva da tempo: “Palermo non è quella che pensi. Sì, ha una storia travagliata – che continua tutt’oggi – e interi quartieri sono in stato di decadenza da diversi anni. Ma qui crescono generazioni di nuovi abitanti che credono nel progresso sociale e agiscono per prendere in mano il destino di questa città. Devi venire a trovarmi.”
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Anna vive a Palermo da alcuni mesi. Dopo aver vinto una borsa di studio per un dottorato, ha lasciato Milano per trasferirsi – a scatola chiusa – in Sicilia, dove non aveva mai messo piede. Questa è una (breve) cronaca di tre giorni passati nell’antica Panormus, in compagnia di una fuorisede trapiantata in Trinacria.
Il primo giorno: passeggiate senza meta
Le principali città italiane sono tutte ben collegate con l’aeroporto di Palermo. Personalmente mi sono affidato a Wizzair, il prezzo basso è la mia priorità – nonostante orari piuttosto scomodi. Partire da Milano Malpensa alle sei di mattina significa atterrare a Punta Raisi all’alba, a pochi metri dal mare che si risveglia.
Un comodo e rapido treno mi porta a Palermo Centrale senza cambi. Qui Anna – ormai cittadina onoraria a tutti gli effetti – stempera con parole e racconti il forte impatto con questa nuova realtà.
La relazione sentimentale tra il traffico di Palermo (tuktuk, motorini e altri veicoli di varia dimensione) e i suoi pedoni assume dimensioni platoniche: entrambi i protagonisti di questa storia d’amore procedono secondo gesti e regole che, per chi viene da fuori, sono difficili da interpretare. Il guidatore palermitano è esperto e sempre allerta: il pedone può fargli affidamento, lasciandosi guidare dagli spostamenti sciolti e solo apparentemente caotici del traffico locale. Suoni e movimenti della viabilità palermitana sono armonie che fluiscono senza interruzione.
Anna condivide con una coinquilina francese un grazioso appartamento a pochi metri dai Quattro Canti, indiscusso centro geografico. Quattro facciate speculari, decorate in stile barocco siciliano, corrispondono ai quattro angoli smussati dell’incrocio tra Corso Vittorio Emanuele e Via Maqueda. Discendenti del modello cardo e decumano, il primo asse collega – da ovest a est – il mare alle storiche sedi del potere panormita (Palazzo dei Normanni – Cattedrale); perpendicolarmente, Via Maqueda taglia la città da nord a sud.
Vivere – come Anna – in pieno centro storico è un lusso per pochi, secondo i parametri delle metropoli europee. Ancora una volta, come visto per il traffico, Palermo costringe invece a un cambio di paradigma. Gran parte delle famiglie benestanti del capoluogo siculo abita in quartieri periferici residenziali, in appartamenti moderni protetti da ampi giardini: pochi palermitani ancorati alla tradizione hanno deciso di restare negli antichi palazzi nobiliari. Così il centro storico è in larga misura rimasto nelle mani di studenti fuorisede e giovani lavoratori – spesso stranieri – con affitti a prezzi (quasi sempre) bassissimi.
Fin dai primi istanti, Palermo apre il cuore (e lo stomaco) del viaggiatore. Un apparato decorativo stupefacente ricopre i suoi antichi edifici e luoghi di culto; parallelamente, profumi di carni, pesci e fritti riempiono i vicoli della città. Si gira tutto tranquillamente a piedi, con scarpe comode – ovviamente.
Per il primo pranzo, il Caffè del Kassaro ci accoglie con i suoi tavolini all’aperto lungo Corso Vittorio, a pochi metri dalla Cattedrale. Ci si potrebbe fare distrarre dalla curiosa e animata varietà di anime che popola la via ma qui, al Kassaro, il cibo è protagonista. Se amate la parmigiana di melanzane, ma non sapete rinunciare ai carboidrati, la Pizza Parmigiana è una bella sorpresa – o almeno così è stato per me. Pesto alla trapanese, caponate, cannoli, cassate…la cucina siciliana vi conquisterà in un istante.
Riprendere energie dopo un pranzo così abbondante non è semplice, ma il pomeriggio prevede l’esplorazione di alcuni luoghi che sono entrati nella storia recente del nostro Paese, come ad esempio quelle vie e piazze del quartiere Kalsa che hanno visto crescere eroi della lotta alla criminalità come Falcone e Borsellino. All’ombra di S. Maria dello Spasimo – struttura del Cinquecento mai completata e rimasta a cielo aperto – Giovanni e Paolo si conobbero giovanissimi, sognando una Sicilia diversa.
A volte, accerchiati dalle imponenti facciate del centro storico, dimentichi che Palermo è anche – e soprattutto – città di mare. All’improvviso, sbucando da uno dei vicoli intorno a Piazza Marina, senti un gabbiano schiamazzare, vedi un banco di pesce freschissimo in mezzo alla strada e in un attimo ti ritrovi in piedi sopra a uno scoglio, all’altezza del Foro Italico. La brezza del Mediterraneo attraversa senza fretta i prati e alberi di questa spianata lungomare, dove si conclude al tramonto questa prima giornata palermitana.
Il secondo giorno: il Monte Pellegrino, Mondello e Ballarò
Venerato come fosse anch’esso un santo cittadino, il Monte Pellegrino domina Palermo. Un blocco di pareti di roccia, incastonato tra il mare e la Conca d’Oro. La ripida camminata che conduce al Santuario di Santa Rosalia, patrona della città, vale il viaggio. Esistono comunque comode alternative: gli autobus 704 e 812 e, ovviamente, taxi e auto private.
Arrivati in cima il panorama è strepitoso, ma altrettanto affascinanti sono gli ex voto accumulati nel tempio in devozione della “santuzza”, le cui reliquie si dice abbiano protetto Palermo dalla peste nel 1624. Tutt’intorno, la vegetazione del leggendario promontorio è rigogliosa – difficile tenerla a bada – e ci accompagna durante una lunga passeggiata in discesa che, dai 429 metri della sommità, porta me ed Anna sulla spiaggia di Mondello.
Acque caraibiche e sabbia pulita a pochi metri dai quartieri della quinta città d’Italia: Mondello è una sorpresa fin dai primi istanti, e non potrebbe essere altrimenti considerata la sua fama. I Florio con altre famiglie nobili e borghesi scelsero questi luoghi per le loro residenze di villeggiatura: alle spalle della seducente spiaggia, sorgono ville e palazzine in pieno stile Art Nouveau.
Rientrati a Palermo, è arrivato il momento di dedicare del tempo al quartiere di Ballarò, che ospita il più vivace mercato del centro storico. In queste straducole, popolate da bancarelle di ogni natura e dimensione, le attività di antiche famiglie locali si affiancano a quelle di nuovi immigrati. Si può comprare di tutto, contrattando sul prezzo, anche se vestiti e gastronomia la fanno da padroni.
Non si può giudicare Palermo con i parametri di una città europea perché, di fatto, non lo è mai stata. È stata in mano ai Fenici e ai Borboni, ai Cartaginesi e ancora agli Arabi per lunghi secoli. A Ballarò la presenza di culture lontane si vede forse più che in altri luoghi. Qui la cura degli interni conta più della cura degli spazi esterni: all’interno di palazzine pericolanti e scrostate si possono nascondere cortili e appartamenti di grande fascino.
A Milano sono abituato a pensare che ognuno possa fare ciò che vuole di casa sua, finché strade e palazzi siano presentabili e curati dall’esterno. A Palermo invece, ogni giorno è buono per ricevere visite – e da esse non ci si può sottrarre. Si tratti di uno scantinato della Vucciria o di un grande loft al Teatro Massimo, la casa del palermitano deve essere splendente, ordinata, ricca di oggetti attraenti per occhi e mani.
Per cena, Anna mi riserva una sorpresa inaspettata. A pochi passi da Ballarò, il Circolo Arci Porco Rosso e l’Impresa Sociale MoltiVolti sono luoghi di aggregazione e sostegno sociale apprezzatissimi dalla comunità.
Persone di ogni età arrivano in Sicilia da Africa e Medio Oriente dopo lunghi viaggi di solitudine e paura. Palermo per loro dovrebbe essere solo la Porta d’Europa ma molti, nonostante un’economia locale spesso in crisi, trovano qui una dimensione a loro congeniale – e decidono di restare. Chi lavora al Porco Rosso e al MoltiVolti conosce bene queste nuove realtà e ne appoggia inserimento e integrazione.
Si crea una dimensione di grande tolleranza, che cozza con l’idea ingiustamente diffusa di una società siciliana chiusa alle nuove tendenze. Non avrei mai pensato di mangiare falafel e hummus tunisini e ballare danze mauritiane tra i ciottoli di Piazza Casa Professa, davanti agli scalini del Gesù – forse la chiesa barocca più sfarzosa e decorata dell’intera isola.
Il terzo giorno: di arabi, normanni e altre dominazioni
Questi luoghi hanno costruito la loro identità con influenze secolari provenienti da tante dominazioni diverse: il presente di Palermo non è altro che una continuazione del suo glorioso passato. Usciamo di prima mattina per dedicare la giornata ai grandi monumenti della Palermo Arabo-Normanna, patrimonio UNESCO dal 2015.
Gli stupefacenti mosaici della Cappella Palatina inserita nel Palazzo dei Normanni e le tortuose forme della Cattedrale sono sulla bocca di tutti i turisti e occupano gran parte della giornata di visita. Preferisco però dedicare qualche riga alle iconiche cupole rosse della Chiesa di S. Cataldo. A mio parere, nessun altro monumento palermitano incarna meglio la commistione di influenze e stili legata a secoli di complicate vicissitudini storiche. La sua costruzione fu affidata dalla nobiltà normanna a maestranze orientali. Le forme sinuose, le dimensioni ridotte, l’apparato decorativo scarno e sobrio: tutto rimanda a tendenze bizantine e islamiche provenienti da lontano.
Come detto prima, Palermo apre il cuore al turista. Di fronte alla Chiesa di San Cataldo scopro che, all’entrata, si accettano solo contanti. Avviso il bigliettaio che passerò da una banca per un prelievo ed ecco spuntare alle mie spalle due allegre turiste venete che – estasiate dalle luci e dai colori del profondo Mediterraneo – si offrono immediatamente di pagarmi l’ingresso. Altre piccole e piacevoli soddisfazioni di una tre giorni siciliana.
Per cena, tappa obbligata al Vecchio Club Rosanero, tra le trattorie più popolari della città, nel quartiere del Capo. Migliaia di recensioni sui diversi motori di ricerca lo segnalano come “il” luogo per mangiare a poco – e in grandi quantità – piatti della cucina locale. L’esperienza diretta conferma: si può scegliere liberamente tra decine di tipi di pasta condite con i tipici ingredienti. Le melanzane e i pomodori la fanno da padrona, insieme a pesce spada, sarde e vari tagli di carne. Tutto il locale è arredato con cimeli, fotografie e gagliardetti del Palermo Football Club, una specie di religione per molti frequentatori.
Cala la notte e le statue di Piazza Pretoria prendono vita, come fossero giocattoli animati in un film di Toy Story. Scattando fotografie a lunga esposizione hai l’impressione che alcuni corpi di marmo cambino posizione durante quei lunghi secondi. Si apre una sfida a “un due tre stella” tra i miei occhi e le loro sinuose silhouette. Di notte, perde il suo valore quella “vergogna” con cui teneramente i palermitani chiamano questa fontana – riferendosi alle sue spregiudicate nudità.
La partenza
Saluto l’antica Panormus in sella a uno degli scooter sharing che da alcuni anni hanno invaso queste strade, lasciandomi trasportare dal folcloristico traffico della città, seguendone il flusso come fosse un canale veneziano. Sotto al braccio, custodisco gelosamente un pacchetto di freschissima frutta martorana: quando mi ricapiterà di comprare dolcetti indimenticabili allo sportello di un convento seicentesco?