Sicilia e le Eolie

La vacanza dei vulcani, delle stelle e delle isole, dal bellissimo mare alla natura incontaminata, con qualche tappa in terraferma alla scoperta della meravigliosa e incantata terra di Sicilia.
Scritto da: Lara B
sicilia e le eolie
Partenza il: 16/07/2020
Ritorno il: 27/07/2020
Viaggiatori: 2
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turistipercaso

Premessa ai tempi del Covid

E’ l’estate del Covid, delle incertezze, dei timori e delle occasioni mancate. Regna ovunque una gran confusione, ogni aspetto della nostra vita è intriso di preoccupazione e precarietà. Grazie al cielo, durante il lockdown, a noi il lavoro non è mancato e abbiamo la fortuna di poter pensare alle vacanze anche in questo anno così strano.

Ma come? Si potrà uscire? Andare dove? Prendere un aereo? E se anche si potesse, sarebbe opportuno? Le notizie cambiano di giorno in giorno e, come tutti, aspettiamo l’ultimo minuto per improvvisare il da farsi.

E’ in questa onda di indecisione che ci contatta Michele, lo skipper con cui abbiamo fatto già un precedente viaggio ai Caraibi (https://turistipercaso.it/grenadine/79825/st-lucia-e-grenadine-caraibi.html, www.mikisail.com): sta cercando otto persone per una settimana in catamarano alle Isole Eolie dal 18 al 25 luglio, prendere o lasciare. Un piccolo cambio di ferie al lavoro e…..prendiamo!

Forlì-Napoli

Avendo il traghetto da Napoli solo alle 20.15 di questa sera, partiamo quindi da casa con molta calma nella mattinata di giovedì e arriviamo in circa 6 ore senza difficoltà, compreso il tratto cittadino fino al porto.

E’ molto presto ma intanto facciamo una perlustrazione della zona per capire dove esattamente dovremo imbarcarci. C’è un po’ di confusione ma alla stazione marittima ci danno le giuste informazioni e quindi è ora di godere di quest’opportunità….ci muoviamo con calma verso piazza del Plebiscito, che dista appena pochi minuti. Il traffico non è un grosso problema, bisogna essere un po’ svelti ma ci si muove bene. Troviamo facilmente parcheggio vicino a Castel Nuovo, visitiamo la bellissima galleria Umberto I e la maestosa piazza del Plebiscito, che purtroppo è completamente allestita per un concerto.

Girelliamo un po’ per il centro, andiamo fino al mare per ammirare il bellissimo golfo, il Vesuvio che abbraccia la penisola sorrentina di fronte a noi e la città. Quest’oretta rubata è stata una piacevole sorpresa, abbiamo trovato una città senza troppa confusione, abbastanza pulita e piena di persone gentili, oltre che di bellissimi panorami, e con forze dell’ordine in ogni angolo, che danno molta tranquillità.

Verso le 17.30 torniamo al porto e andiamo direttamente all’imbarco della Tirrenia dove ci attende la nave “Vincenzo Florio”, il mitico protagonista della saga di “I leoni di Sicilia” che ho proprio letto quest’inverno! Questa cosa mi emoziona, è come se improvvisamente prendesse realtà tutto quello che ho letto e mi ha tanto appassionato sulla carta. E’ esistito veramente, lo sapevo, ma ora so anche che è la Tirrenia il retaggio della compagnia navale da lui fondata due secoli fa. Mi dispiace non essere di strada per visitare i luoghi decantati nel libro, che saranno sicuramente meravigliosi e oggetto di un prossimo viaggio!

Ci godiamo la partenza dall’esterno alle 20.15, nell’ora del tramonto vediamo Napoli allontanarsi, il golfo aprirsi, il Vesuvio annuvolarsi, i gabbiani ci accompagnando mentre da una parte si accendono le luci della penisola sorrentina e di Capri e dall’altra quelle di Ischia e del golfo di Gaeta……e guardando queste meravigliose terre, ci sentiamo in pace con il mondo e con noi stessi. Viaggiare è la cosa più bella del mondo. Anche con le limitazioni del Covid.

Palermo-Cefalù-Capo d’Orlando

Alle 6 l’altoparlante ci sveglia, fuori dal finestrino una bella luce e le coste siciliane in avvicinamento ci danno il buongiorno.

Sul ponte esterno l’aria è già calda e ci godiamo l’attracco a Palermo. Raggiungiamo la stazione centrale dei treni, dove abbiamo appuntamento con Patrizia, una delle nostre compagne di viaggio, che arriverà dall’aeroporto, ma abbiamo un po’ di tempo prima dell’orario convenuto.

Chiedendo informazioni, in un paio di minuti arriviamo al mercato di Ballarò, che già da un pochino ha iniziato la sua attività. Attorno a noi è una gazzarra di odori, colori, sapori: lumachine ammassate, cumuli di frutta e verdura, carne appesa, aromi di pesce colante che crea rivoli lungo la strada, vestiti, biancheria, negozietti vecchi e ammucchiati, tettoie arrugginite, e tante tante sigarette…

Palermo dorme ancora, a parte i mercanti, in giro non c’è molta gente. Carne e pesce non li acquisterei mai, visto le condizioni di conservazione, ma frutta e verdura si, sono colorate e invitanti. Acquistiamo anche mandorle, pistacchi e anacardi per gli aperitivi in barca dei prossimi giorni e curiosiamo attorno ad una banchetta dove si sta ammassando molta gente: stanno allestendo una sorta di “friggitoria” dove sarà cotta della carne, anzi, oserei dire che sarà “fritta”, da servire poi ai clienti direttamente sul loro pane. Troviamo tanti negozi che offrono anche panini con la milza, ma a quest’ora non ce la sentiamo.

Il mercato non è grandissimo e quando arriviamo in fondo non è ancora ora di andare a prendere Patrizia, così ci incamminiamo un altro po’ e arriviamo fino a Vucciria, dove però forse oggi non è la giornata giusta e non troviamo quasi niente. Però giriamo volentieri fra i vicolini del centro, che al di fuori della trafficata via Roma, sono ancora sornioni e silenziosi, ma molto signorili.

Verso le 10.15 siamo di nuovo in stazione centrale, dopo poco vediamo comparire Patrizia e finalmente siamo riuniti e pronti a partire!

Usciamo da Palermo e attraversiamo un brullo paesaggio per giungere a Cefalù, impieghiamo un’oretta scarsa e senza incontrare traffico. All’arrivo, la parte antica di Cefalù compare all’improvviso, solo dopo aver attraversato un po’ quella moderna. Un costone roccioso la sormonta e sembra schiacciarla, mentre in fondo alla lunga spiaggia le casette addossate le une alle altre sono dominate dall’imponente Duomo, secondo solo a quello di Monreale. Questo spettacolo, ritratto esattamente così nella copertina della nostra Lonely, si para davanti ai nostri occhi dopo aver parcheggiato l’auto in un enorme parcheggio vicino alla spiaggia che costerebbe 8 euro per 12 ore, ma in cui ci fanno lo sconto a 5 quando diciamo che fermeremo poco solo per visitare la città.

E’ molto caldo e passeggiamo lentamente lungo il lungomare fino al centro storico. Proseguiamo verso il Duomo, ma nella pausa pranzo è chiuso, per cui proviamo ad agganciare un tizio che passa con un specie di macchina elettrica da golf ad 8 posti per fare un giro turistico. Anche lui ora è in pausa, ma ci da comunque indicazioni sulle tipologie di tour (da 25, 35 o 45 minuti) e i costi (4, 6 o 8 euro) invitandoci però a richiamarlo sulle 15. Non ci resta che fare un giro tranquillo in centro e così facciamo, per le stradine lastricate, fermandoci in vari punti di interesse, come la scala che accede ad una terrazza con una bellissima vista e gli archi da cui si raggiunge una breve passeggiata fino al mare e sotto cui sostiamo un po’, all’ombra, per guardare la baia, la spiaggia sotto al paese, la bellissima acqua trasparente e la gente che si tuffa. Proseguiamo e andiamo anche al lavatoio dove non resistiamo dal mettere a bagno i piedi nella gelida acqua che poi sfocia in mare e in men che non si dica mancano pochi minuti alle 15 così chiamo il ragazzo del giro turistico che ci da appuntamento tra dieci minuti in piazza Duomo.

Risaliamo e arriva quasi subito, ci carica e ci accompagna in un bellissimo giro, quello da 45 min, spiegandoci, con cura e passione, la storia e le particolarità di Cefalù, senza tralasciare suoi aneddoti privati, sulla sua vita e sulla storia del suo mezzo di trasporto. “Cefalù4you” è il nome del tour che, oltre ai giri turistici come stiamo facendo noi, si occupa anche del trasporto dei turisti in arrivo e in partenza da/per gli hotel.

Giriamo da un capo all’altro di Cefalù spingendoci fin dove, ovviamente, a piedi non saremo mai arrivati e alla fine passa, anzi vola, quasi un’ora. Alle 16 salutiamo la nostra guida ed entriamo al Duomo dove si paga in base al tipo di percorso che si vuol fare. Scegliamo il più lungo, il rosso, e all’ingresso ci consegnano una mappa per poterci orientare meglio. All’interno gli addetti ci indirizzano da un capo all’altro senza dare spiegazioni. Ci accontentiamo di quello che vediamo e di quel (poco) che è scritto sulla Lonely, che comunque è molto bello. Per il giro sulle torri si sale da una parte, si attraversa un passaggio in alto e si scende dall’altra passando da un terrazzino, poi ci si avvicina all’altare dove c’è un bellissimo mosaico che rappresenta il Cristo Pantocratore e infine si esce attraversando il Chiostro dove è stato allestito un piccolo museo.

Riattraversiamo il centro e, dopo qualche acquisto, torniamo all’auto infuocata per ripartire per Capo d’Orlando, impiegando poco più di un’ora. Troviamo il residence Villa Anita, dove Michele e Laura (che sarà anche la nostra hostess per la prossima settimana) hanno prenotato per noi un piccolo appartamento di cui prendiamo subito possesso e aspettiamo l’ora di cena nel bellissimo terrazzo accanto alla piscina da cui si gode una vista meravigliosa sul porto e sul mare.

Abbiamo appuntamento con loro alle 20.30 alla marina. Dopo i saluti di rito, andiamo a cena in una trattoria tipica “Le Siciliane”, ci strafoghiamo di ottime specialità di antipasti e di pesce mentre inizia a piovere e siamo costretti a ripararci all’interno, ma l’aria fresca è un toccasana. Passiamo una bella serata a ridere e scherzare, programmando i prossimi giorni di viaggio, e spendiamo appena 20 euro a testa.

Capo d’Orlando-Isola di Vulcano

Per oggi non abbiamo nessun programma, a parte imbarcarci, quindi, per il momento, ci sistemiamo in piscina in attesa di istruzioni da Michele e Laura. Verso le 12.30 ci facciamo portare due arancini da asporto per pranzo, e verso le 13 scendiamo verso il porto, troviamo il parcheggio pieno e dobbiamo aspettare un po’ per prendere il posto di qualcuno che va via. Troviamo Michele e Laura alla sede dell’agenzia Barcolando, ci aiutano a caricare i bagagli in un carrello e portiamo tutto al catamarano che si trova in porto, in una zona un po’ distante dalla marina.

Il catamarano che ci ospiterà per i prossimi sette giorni è nuovo nuovo e molto bello: spazioso, con una bella zona dinette con una panca imbottita a forma di L e tre sedie, un frigo grande come quello di casa con congelatore a cassetti e una cucina attrezzata di tutto e relativamente spaziosa da cui si scende nelle cabine, ognuna con il suo bagno privato, letto matrimoniale rialzato e un sacco di contenitori, cassetti, mensole in cui riusciamo ad incastrare tutto il contenuto delle nostre valigie senza problemi.

A noi e a Patrizia sono assegnate le due cabine a destra, Patty dovrà condividere il bagno con Michele e Laura, che non avendo una cabina per loro dovranno dormire uno nella dinette e l’altro in punta, ovvero una sorta di loculo sistemato nella punta dello scafo del catamarano lungo appena 1 metro e 60. Laura ci sta di misura. Ci sistemiamo quindi per primi e, come possiamo, diamo una mano a sistemare anche la cucina e la cambusa. Solo dopo salgono i nostri compagni di viaggio, che nel frattempo sono arrivati e hanno pranzato in marina. Prepariamo le ultime cose, finiamo di sistemare la cambusa e verso le 16 partiamo in direzione di Vulcano, dove arriviamo dopo circa 3 ore di navigazione che noi passiamo comodamente sdraiati nelle chaise-longue vicino al timone, in posizione sopraelevata da cui godiamo di una piacevolissima brezza, oltre che delle chiacchiere con Michele e Laura.

All’arrivo, rallentiamo la velocità e costeggiamo l’isola in cerca di una bella vista per il tramonto. Saltiamo un paio di baie da cui Michele non rimane soddisfatto e, per gettare l’ancora, scegliamo la Baia di Ponente , che troviamo abbastanza piena, ma riusciamo ad assicurarci un posto in prima fila. Mentre prendiamo un aperitivo sulla cima del catamarano, vediamo il primo tramonto rosso fuoco con il sole che scende esattamente dietro a Filicudi, ma non per questo è meno bello.

Filicudi

Ci svegliamo presto e dobbiamo partire. Peccato, avrei volentieri fatto un giro a Vulcano e magari una passeggiata per salire verso il cratere, ma i nostri compagni di viaggio preferiscono trovare un bel punto dove fare il bagno così mi accontento di guardare le fumarole dalla barca.

Arriviamo in poco tempo nella vicina Lipari, nella zona che si affaccia verso Vulcano ci sono i famosi faraglioni che spesso si vedono in foto e qui gettiamo l’ancora per fermarci a fare il bagno nelle meravigliose acque vellutate.

Dopo un’iniziale indecisione, Michele propone di andare a Filicudi. Servono tre ore di navigazione che passiamo di nuovo sopra al tetto del catamarano. Non sappiamo se questa deviazione ci costerà di rinunciare a qualche altra isola delle più quotate, dipenderà dal vento, dal tempo e da quello che faremo nei prossimi giorni, ma siamo sicuri che non ce ne pentiremo in ogni caso.

All’arrivo ci fermiamo in un lato riparato dell’isola perchè c’è vento e rimaniamo, oltre che per il pranzo, che comunque facciamo molto tardi, anche per buona parte del pomeriggio, ma non facciamo dei gran bagni perché c’è molta corrente.

Ripartiamo per raggiungere Pecorini Mare, ma prima di fermarci per la notte proseguiamo verso la Grotta del Bue. Essendo sull’altro lato dell’isola ritroviamo il forte vento e non ci azzardiamo a scendere anche perché ci sono delle boe che sembra limitino l’ingresso anche a nuoto e di fatto non c’è nessuno. Arriviamo quindi fino ai faraglioni, dove giriamo su noi stessi, spieghiamo le vele e torniamo senza motore.

Tornati a Pecorini Mare ci leghiamo alla boa abbastanza tardi. Facciamo la doccia, anzi, la doccia del marinaio per risparmiare acqua. Scendiamo a terra con il tender e andiamo nel grazioso paesello, dove facciamo un giro e un aperitivo nella piazzetta centrale. Qui sono stati sistemati dei tappeti dove ci si può accomodare per consumare quello che si acquista tutt’intorno, che siano i cocktail del barettino dove siamo stati noi, i vini del locale a fianco, il sushi del ristorante poco più in là o i fritti della signora che li frigge sul momento vicino al molo. Non vediamo il tramonto perché rimane dietro all’isola, ma ci godiamo una bella serata in un’atmosfera serena e d’altri tempi.

Alicudi

Sveglia con calma e colazione tranquilla a bordo mentre Michele e Paso scendono a terra per alcune commissioni, tipo comprare il pesce per pranzo. Purtroppo non riesco ad approfittare dell’occasione, mi sarebbe piaciuto vedere anche le dinamiche mattutine, lontane dall’assalto dei turisti, di questo isolotto incantato, fermo nel tempo.

Ma i programmi prevedono di ripartire. Torniamo alla Grotta del Bue, stavolta senza vento, siamo più vicini ma come era sembrato ieri sera, l’accesso è interdetto a tutti, quindi proseguiamo e facciamo una tappa ai faraglioni di La Canna. Ci sono diversi altri catamarani ancorati, del resto il mare è splendido e invoglia proprio ad un tuffo fresco.

Non ci soffermiamo molto, si riparte in direzione Alicudi, circa un’oretta di viaggio.

Raggiungiamo il porto dove attracchiamo alla boa, anche se è presto, ma almeno così pranziamo.

Subito dopo pranzo i nostri compagni di viaggio scendono a nuoto per andare a prendere il caffè al barettino dell’isola, noi diamo una mano a Michele e Laura a sistemare e ci rilassiamo un po’, fino alle 17.30, quando ci facciamo portare da Michele a riva con il tender. Incontriamo e conosciamo Bartolino, detto l’australiano, perché da giovane è partito in nave per andare in Australia dove ha vissuto alcuni anni, un mese di navigazione. Pensiamo alla semplicità di quest’uomo, e al coraggio che ha avuto nel fare un passo così grande, trovarsi in un paese sconosciuto dove si parlava un altra lingua…Bartolino non si è demoralizzato, ha imparato l’inglese e si è dato da fare, e dopo aver guadagnato qualche soldino è tornato nella sua Alicudi (in aereo!) dove ha vissuto il resto della sua vita con la famiglia facendo il pescatore. Dopo averci venduto i capperi ci accompagna su per la gradinata e ci fa vedere la sua bellissima casa gialla che spicca in tutto il paese. Ha una meravigliosa terrazza, curata, con grandi piante grasse, vialetti ordinati, scalette decorate e una parte dedicata ad affitta camere, di cui si occupano la moglie e la figlia. Ci fa visitare anche il suo meraviglioso laboratorio, dove intreccia le nasse e lavora i capperi, mentre il figlio lavora il vimini e infatti tutte le pareti e il soffitto sono piene di creazioni. Ringraziamo per la cortesia e l’ospitalità e proseguiamo ancora verso l’alto. Ogni tanto incontriamo un mulo, che qui vengono ancora utilizzati per trasportare cose, tra cui le valigie dei turisti.

Se a Filicudi ci sembrava di stare in un atmosfera di altri tempi, non avevamo ancora visto Alicudi. E’ meraviglioso questo vivere nell’essenzialità, ogni tanto bisognerebbe passare qualche giorno in un posto del genere, per riflettere sulla nostra vita, su quello che abbiamo e su quanto siamo fortunati. Oppure per renderci conto che tutto ciò che abbiamo, non conta proprio nulla. Ad ognuno i suoi pensieri.

Arriviamo alla chiesa, che troviamo chiusa, ma in splendida posizione panoramica e sali sali alla fine si arriva anche in cima al paese da dove partono vari percorsi di trekking. Scegliamo il più semplice, sia per ragioni di tempo, ma anche perché siamo già molto provati dalla salita e seguiamo il costone della montagna fino a superare la biblioteca e arrivare al belvedere, da cui godiamo della meravigliosa vista. Proseguiamo ancora un po’ e scendiamo per un’altra scalinata, talmente ripida e stancante da rimpiangere quasi la salita, che ci fa tornare all’altro capo del paese.

Michele ci viene a prendere, facciamo una doccia veloce (del marinaio) e ripartiamo di nuovo in tender, stavolta tutti insieme, per tornare in paese. Ripercorriamo la stessa scalinata con gli altri facendo alcune tappe per guardare il paesaggio, poi finiamo di nuovo a casa di Bartolino, che di nuovo ci accoglie a braccia aperte. Anche gli altri sono ammaliati dal posto e quando arriviamo nel laboratorio, Bartolino tira fuori la fisarmonica e ci suona alcune canzoni siciliane che accompagniamo con le mani.

Torniamo sui nostri passi, in corrispondenza dell’ufficio postale, aperto solo un giorno a settimana, c’è la casa di Silvio e Gabriella, che nella loro terrazza ospitano turisti cucinando il prodotto giornaliero della pesca. Mangiamo ottimamente e in abbondanza spendendo appena 25 euro e a fine serata il viso imbronciato di Silvio, evidentemente in tensione per la buona riuscita della cottura alla griglia del pesce, si rilassa e ci delizia con alcuni giochi di prestigio con le carte, ma anche altri in cui ci coinvolge, come le corde attaccate ai polsi da cui nessuno riesce a districarsi, gli stecchini rotti che si muovono con goccia d’acqua e un finale di schiaffi sulle cosce con le ciabatte con una tecnica talmente veloce da non riuscire a difendersi.

Si fa ora di tornare, salutiamo e ci avviamo, dato che non c’è luce pubblica facciamo la discesa alla luce dei cellulari e sempre allo stesso modo risaliamo sul tender che ci riporta al catamarano.

Lipari

Alla sveglia di stamattina una brutta sorpresa: è finita l’acqua, in due giorni abbiamo finito il serbatoio. Sicuramente questo catamarano di ultima generazione ha una pecca: che gli sciacquoni dei wc prelevano acqua dal serbatoio dell’acqua dolce e non dall’acqua di mare, ma in diversi viaggi fatti in barca è la prima volta che mi succede e in soli due giorni….

In giornata arriveremo a Lipari e potremmo fare rifornimento, fino ad allora dobbiamo fare senza, e speriamo di aver imparato la lezione!

Parte dei nostri compagni di viaggio è andata a pesca questa mattina presto, rientrano verso le 8 divisi in due equipaggi: qualcuno viene scaricato al catamarano, gli altri, sul nostro tender, proseguono direttamente per il paese a prendere i cannoli siciliani per colazione.

Prima di partire si avvicina una barchetta con a bordo un ragazzo, parente in qualche modo con Bartolino, e ci allunga una tanica d’acqua, che useremo solo per sciacquare i piatti dopo averli lavati in acqua di mare.

Poco più di un paio d’ore di navigazione e arriviamo a Lipari nella zona delle cave di pietra pomice. Non scendiamo, rimaniamo ad ammirare il bianco della scarpata dalla barca, dove si affacciano gli edifici ormai in disuso. In questo punto il fondale è chiarissimo e l’acqua assume dei meravigliosi toni azzurro chiaro che ancora non avevamo visto.

Dopo pranzo, ci rilassiamo in un dolce far niente finchè si riparte per il porto, dove ci sistemiamo alla marina. Dopo tanti giorni finalmente è ora di un doccia vera, e ne approfittiamo subito.

Il porto turistico non é vicino al paese, per cui quando è ora di uscire per fare un giro prendiamo un taxi con Michele e Laura. Gli altri preferiscono fare una passeggiata di 20 minuti a piedi, che però si rivela un esperienza non proprio positiva in quanto il tratto in questione è privo di marciapiedi e le auto sfrecciano a forte velocità.

Passeggiamo avanti e indietro per il corso principale, tipica passeggiata di una piccola località turistica, graziosamente adornata di locali con i tavolini fuori, negozietti colorati, stradine lastricate e via vai di vacanzieri abbronzati di ritorno dalla spiaggia o dalle escursioni. C’è anche una zona storica che si raggiunge facilmente dal centro, ma dato l’orario la troviamo chiusa.

Torniamo tutti insieme ammassandoci in un taxi dalla capienza inferiore al nostro numero e ce la ridiamo durante il breve tragitto.

Stromboli

Sveglia in porto, il proposito sarebbe di partire presto, quindi siccome i nostri compagni di viaggio hanno voglia di mangiare un bel cannolo per colazione, noi abbiamo voglia di fare un giro anche di giorno e Laura deve comprare un po’ di frutta e verdura per la cambusa, chiamiamo subito il taxi e tutti insieme torniamo in centro a Lipari.

Ci diamo un’ora di tempo e ci dividiamo: noi ci avviamo verso la Cittadella, anche se con il poco tempo che abbiamo non potremmo visitare gli interni. Quando però arriviamo lì, ci rendiamo conto che il bello è fuori! All’interno ci sono i musei, ma fuori c’è una strada pedonale che passa in mezzo agli edifici storici e alle mura, costeggia il vecchio insediamento di capanne e arriva fino all’anfiteatro, che è situato all’interno di un parco dove sono anche conservate delle urne funerarie. Il tutto è tenuto veramente molto bene e si affaccia su un panorama stupendo, a strapiombo sul mare.

Concludiamo il nostro giro con un po’ di shopping in centro e quando torniamo all’appuntamento con il taxi, gli altri hanno anche già fatto la spesa, di carne e acqua.

A causa di qualche altro intoppo una volta tornati in porto, per fortuna risolto, partiamo in netto ritardo sulla tabella di marcia.

Navighiamo verso Panarea, ma ci fermiamo vicino allo scoglio di Basiluzzo, dove gettiamo l’ancora e facciamo un bagno. Qui oltre alla bellezza del mare c’è una cosa in più: dal fondale escono esalazioni di gas, principalmente zolfo, che producono delle simpatiche bolle che salgono in superficie in ordinate colonne.

Con il tender si può raggiungere il punto in cui questo fenomeno si può vedere da vicino, ma non credo ne valga la pena, il fenomeno infatti si vede bene da sott’acqua. Dopo pranzo però, facendo un bagno vicino al catamarano posso constatare che un po’ il fenomeno si vede lo stesso, sono proprio carine queste colonne di bolle che salgono dal basso. Se domani tira meno vento, quando saremo di rientro, ci fermeremo più vicini.

Nel pomeriggio, dopo la solita pennichella, ripartiamo per Stromboli, dove arriviamo verso le 19. Attracchiamo alla boa e facciamo la doccia (sempre del marinaio), oltre al bellissimo tramonto, ci fanno compagnia le fumate del vulcano. Da qui non si vedono le eruzioni vere e proprie, ma ogni tanto puff! Uno sbruffo di fumo ci ricorda che il centro di questa montagna è viva e potrebbe anche diventare pericolosa. E’ notizia di non più di due giorni fa, infatti, di un’eruzione più intensa che ha scosso l’isola e si è sentita anche a Panarea, ma a cui non sembra che sia seguita la “sciara” di lava.

Quindi, senza cenare, tanto abbiamo pranzato molto tardi, ripartiamo con il catamarano per aggirare l’isola e spingerci il più vicini possibile al punto dove si vedono le eruzioni del vulcano.

Siamo emozionati e ci sistemiamo tutti sul tetto in silenziosa attesa. E dopo qualche minuto…eccolo! Un grande sbuffo rosso ci appare in lontananza ma ben visibile, sulla sommità della montagna. E sono ben visibili anche le rocce incandescenti che cadono e rotolano sul terreno. E il fumo, che vedevamo dall’altra parte e si attarda prima di disperdersi nell’aria!

Che bello! Cerchiamo di calcolare il tempo tra un’eruzione e l’altra, ma non sono regolari, più o meno ce n’è una più grossa ogni 15-20 minuti, ma negli intervalli a volte ce ne sono altre più piccole, altre volte no.

Ma la natura non ci lascia in attesa senza farci godere di un altro spettacolo: mentre aspettiamo la prossima eruzione, possiamo ammirare la cometa di Neowise e la via lattea, che, a differenza delle zone in cui viviamo, con questo cielo pulito sono entrambe ben visibili ad occhio nudo. E non è finita….le stelle cadenti!! quante….tante! Che privilegio! Ecco, sono sicura che quando ripenserò a questa vacanza questo sarà il momento che ricorderò sempre per primo.

Verso le 23 torniamo alla base e, con qualche difficoltà, al buio, ci leghiamo nuovamente alla nostra boa per passare la notte.

Panarea

Questa mattina scendiamo assieme ad alcuni nostri compagni di viaggio e con un taxi elettrico andiamo in centro che è un po’ lontano e la strada tutta in salita. Il taxi sfreccia nelle strette stradine contornate di muri intonacati di bianco e infissi blu e ci porta nella graziosa piazzetta del paese, da cui si gode di una vista meravigliosa sul mare.

Su consiglio di Michele entriamo al bar Ingrid e mangiamo degli squisiti cornetti con crema al pistacchio sul terrazzo del locale affacciato davanti a questa meravigliosa vista. E‘ veramente bello, consigliatissimo!

Anche la farmacia del paese, nostra successiva meta, è molto graziosa, incastrata in un angolino della piazza dietro ad una porta finestra azzurra sempre aperta e con un insegna delicata. Continuiamo con un po’ di shopping per acquistare dei souvenir nei negozietti della piazza, che molto pigramente, iniziano ad aprire con tanta calma.

Mentre torniamo al porto, sempre con il taxi elettrico, facciamo un’altra tappa per comprare i cannoli per la colazione dei nostri compagni di viaggio, dopo di che ci attardiamo un po’ sulla spiaggia nera prima di farci dare un passaggio da uno degli ormeggiatori per tornare in catamarano, ad aspettare gli altri che nel frattempo sono scesi dopo di noi.

Ci raggiungono dopo un po’, e dopo poco arrivano anche tre ospiti : Elisa e Luca, due famosi travelblogger di “Mi prendo e mi porto via” e il loro piccolo Sebastiano, amici di Laura, che oggi trascorreranno una giornata con noi. Sebastiano si mostra subito entusiasta di quello che sta vivendo, appena siamo un po’ al largo, guidato da Michele, prende il comando del catamarano e si diverte un mondo ad eseguire gli ordini del “capitano”, mentre con i suoi genitori trascorriamo ore in piacevole compagnia.

Torniamo verso Basiluzzo, dove siamo stati già ieri, ma stavolta ancoriamo molto vicino alla zona delle bolle e possiamo tranquillamente raggiungerle a nuoto tutti, anche noi un po’ meno esperti. E non ce lo facciamo dire due volte! Ci buttiamo tutti con le maschere e andiamo a vedere da vicino questo particolare fenomeno che oltre ad essere molto bello da vedere, è anche un delicato idromassaggio naturale.

Pranziamo a buffet assieme ai nostri ospiti e trascorriamo il pomeriggio pre-partenza sul tetto del catamarano con loro. Nel frattempo tra noi e le bolle iniziano a passare un sacco di barchette di gite giornaliere da Panarea, per fortuna che siamo andati a nuoto stamattina, perché adesso c’era da stare molto attenti.

Verso le 17 partiamo per Panarea. Attracchiamo alla boa a fianco di una grande barca color verde militare che Michele sa di essere di un famoso politico, che in effetti dopo poco vediamo comparire.

Dopo la doccia, scendiamo a terra per primi. Compreso nel prezzo della boa, qui c’è il servizio taxi dei gommoni che portano avanti e indietro dalla terra ferma per tutta la notte, così possiamo essere autonomi. Facciamo un giro a piedi per il paesino, simile a Stromboli, ma decisamente più piccolo e più vip. A parte la piazza che affaccia proprio sul porto e dove si svolge la vita comune di un paese turistico, il resto è un dedalo di vicoletti percorribili in buona parte solo a piedi, che raggiungono le abitazioni private, una più bella dell’altra. In questi giardini c’è una perfezione, un gusto nella scelta dei colori e una cura dei dettagli che nelle altre isole non abbiamo trovato. Del resto ,si sa, Panarea è famosa per essere la più signorile delle isole e per questo tanto amata dai vip.

Vediamo sfrecciare Elisa, Luca e Sebastiano su un taxi elettrico e ci viene voglia di fare la stessa cosa per vedere un po’ i dintorni, così andiamo a contrattarne uno nella piazza. Cioè, nel senso che lui dice che costa 40 euro e noi accettiamo, non c’è margine di contrattazione qui! Saliamo, Paso accanto all’autista e io dietro girata di schiena, e così giriamo in lungo e in largo per il paese facendo varie tappe in cui possiamo scendere a fare foto. Ci spingiamo fino alla spiaggia di Zummitri, che a quest’ora è ormai deserta, ascoltando gli aneddoti del nostro autista-guida, che oltre a darci cenni storici del paese, ci intrattiene con pettegolezzi sui vip che hanno soggiornato qui o che hanno casa e anche sugli abusi edilizi del paese.

Il giro dura 40 minuti, quando scendiamo andiamo in cerca dei nostri compagni, abbastanza sicuri di trovarli seduti da qualche parte a fare l’aperitivo. E infatti eccoli lì, in un bel bar proprio davanti al porto con davanti gli immancabili bicchieri.

La serata prosegue divisi, per noi alla pizzeria Il Geco, consigliata dal nostro autista di oggi, che ha una bella terrazza che affaccia proprio sul porto e sullo Stromboli. E così mentre ci godiamo la luce del tramonto che cambia i colori del paesaggio, iniziano a vedersi anche le eruzioni, piccoline, ma ben visibili di notte, rivivendo un po’ l’emozione di ieri sera.

Salina

Dopo essere andati a letto ad un orario decente, stamattina finalmente mi sveglio prima. Fuori l’aria frizzante e accesa del mattino presto è proprio quello che mi mancava in questa vacanza.

Rimango a guardare la baia di Panarea nell’attesa che si alzino gli altri, è l’ultimo giorno, nel pomeriggio rientreremo a Capo d’Orlando, ma abbiamo ancora mezza giornata a disposizione e la passeremo a Salina, dove è stato girato il film “Il postino” che ho visto proprio prima di partire.

Partiamo dopo colazione e mentre Panarea si allontana, il mare ci fa il regalo più bello di tutto il viaggio: i delfini! Prima ne vedo due in lontananza, li vede anche Michele e lo dice agli altri mentre loro spariscono tra le acque. Ma dopo qualche secondo…eccone uno che viene verso di noi! Ci saluta da un lato del catamarano, poi si sposta sul davanti e ci accompagna per un po’. L’entusiasmo è alle stelle, così vicino non li avevamo mai visti nemmeno noi. Lui sembra consapevole che i nostri gridolini di gioia siano tutti per lui e salta come per invitarci a giocare, si gira su un fianco per guardarci bene e sembra proprio che rida mentre ci precede. Ci emozioniamo tanto, ma proprio tanto, finché non decide di salutarci e con un ultimo salto, in un battibaleno sparisce passando sotto al catamarano, in mezzo agli scafi.

Ripresi da questa scarica di adrenalina, continuiamo la navigazione per un’ora e mezza. Giunti a Salina, inizialmente ci fermiamo al largo, davanti ad un arco naturale di roccia, per fare un tuffo nell’acqua blu, ma che dico blu….bluissima! Ma, ahimè, è pieno di meduse per cui torno subito a bordo.

Quando ripartiamo, appena girato l’angolo dell’arco, vediamo subito la (ex) spiaggia di Pollara e la sua meravigliosa scogliera color ocra, teatro di diverse immagini del film. Purtroppo di sabbia non ne esiste nemmeno più un granello e ci sono le boe per evitare che barche a motore si avvicinino.

Gettiamo l’ancora ma prima di buttarci in acqua Michele ci propone di fare un giro con il tender per avvicinarci alle rocce. Scendiamo e pian piano ci porta a vedere da vicino l’arco, ed è una zona bellissima, piena di rocce e scogli che regalano toni di colore meravigliosi all’acqua, dal verde all’azzurro, sempre trasparentissimo.

Pian piano arriviamo quindi nel punto di sbarco dove iniziano le scalinate che portano al paese, anche queste viste nel film. La discesa è un po’ scivolosa ma ce la facciamo. Percorriamo i circa 150 gradini per arrivare in cima, anziché passare dalla strada asfaltata prendiamo un sentiero che costeggia la roccia e in pochi minuti arriviamo nel borgo, schiacciato dal sole a picco del mezzogiorno.

Pollara sembra che dorma, è fatta di case basse, con giardini soleggiati, curati e fioriti. E’ piccola e si gira in fretta, in pratica ci sono due strade che si intrecciano a forma di otto. Incontro un negozio e una rivendita di prodotti agricoli, prima di trovare l’Osteria del Postino, che con il film è chiaro non c’entri nulla, ma sembra un gran bel posto, per cui mi infilo dentro, dove c’è un bel terrazzo fiorito davanti ad una grande tettoia in legno sotto cui sono collocati i tavoli del locale. Mi viene incontro un ragazzo che mi lascia fare un giro all’interno dove ci sono le camere per dormire, le cui amache dei giardinetti privati affacciano su altri begli scorci.

Che posto delizioso! Approfitto della gentilezza del ragazzo per chiedere informazioni sulla casa del famoso film e lui me la indica senza problemi: non è in centro ma praticamente sopra all’arrivo della scalinata da cui siamo saliti, solo che da lì non si vede, mentre dal paese si. L’esterno visibile non è più rosso perché è scrostato. La raggiungo passando dalla piazza, che non è centrale, ma fuori dal paese e si riconosce dalla statua di Massimo Troisi.

Arrivo sotto la casa e passo da un sentiero laterale che si dirama dalla strada salendo un gradino, perché è il primo che trovo arrivando dal paese, scoprirò poi che c’è un accesso principale chiuso da un cancello con il cartello “proprietà privata”, ma essendo entrata dall’altra parte lo vedo solo all’uscita.

Dal sentiero si arriva lateralmente alla casetta, dove c’è un po’ di confusione e di macerie e inizialmente penso sia tutto abbandonato, invece girando l’angolo si arriva sotto al riconoscibilissimo portico che è ancora rosso. Ed è proprio lei! Qui invece è tutto pulito e ordinato ma non c’è nessuno. Unica traccia del passaggio umano è un bagnoschiuma utilizzato di recente appoggiato ai piedi di una doccia all’aperto e i bidoni della raccolta differenziata da un lato. Sulla porta principale sono attaccate alcune lettere e un articolo di giornale. Le panchine in muratura, il lavello, tutto è ancora perfettamente li, solo l’ingresso principale non è come si vedeva nel film, in sostanza non c’è il cancello di legno in mezzo alla recinzione in muratura, evidentemente quella era una ricostruzione, qui c’è solo un sentiero che gira in mezzo agli alberi. Mi raggiunge anche Paso, che era andato a fare delle riprese con il drone, e ci sediamo un po’ nel silenzio, ignari di essere a casa di qualcuno e passibili di denuncia!

Il tempo passa ed è quasi ora di tornare al catamarano per pranzo, ed è in questo momento che, uscendo dal lato opposto rispetto a quello da cui siamo entrati, ovvero percorrendo il sentiero che curva in mezzo agli alberi, troviamo il cancello chiuso e il cartello “proprietà privata”. Ops! Speriamo non ci siano le telecamere!

Usciamo quindi dalla parte da dove siamo entrati, attraversiamo la strada principale e siamo subito alla scalinata che ci riporta al mare dove i nostri compagni ci vengono a prendere con il tender. Torniamo a remi e ci facciamo una risata quando veniamo accolti a bordo dalla colonna sonora del film.

E’ l’ultimo pranzo assieme e siamo più silenziosi del solito. Dato che la nostra passeggiata in paese ha fatto tardare un po’ la partenza, rigoverniamo in fretta tutti assieme, ma partiamo solo verso le 15 in un mare piatto e sotto un sole caldo, salutiamo le Eolie e ci dirigiamo verso Capo Orlando.

Giunti al porto facciamo benzina, senza trovare fila, poi ci spostiamo in marina e attracchiamo. E’ ora di raccogliere le nostre cose sparse in giro e fare le valigie.

Taormina

Anche stamattina sveglia presto, ma qualcuno ci ha preceduto ed è già partito.

Mentre prepariamo le ultime cose, partono anche gli altri e rimaniamo noi che ci attardiamo un po’ a scambiarci video e foto con Michele e Laura, sbarcando solo verso le 9, assieme a Patrizia che verrà con noi a Taormina per prendere l’aereo per il rientro da Catania.

Purtroppo l’auto ci accoglie con la batteria scarica. Con l’aiuto di Michele, che ci trova un booster nell’officina della marina, riusciamo a metterla in moto ma a fatica. Dobbiamo arrivare a Taormina e lo faremo senza fare alcuna tappa in modo che si ricarichi, ma probabilmente dovremo sostituirla per affrontare tranquilli il viaggio di ritorno.

Ad operazione conclusa quindi, salutiamo anche Michele e partiamo alla volta di Taormina, scegliendo un percorso che passa dall’interno, sia perché così il viaggio sarà più lungo e la batteria avrà più tempo di ricaricarsi, sia perché abbiamo piacere di vedere anche un po’ di entroterra.

Il paesaggio è brullo e desolato, la vegetazione rende le strade sempre più strette fino a far passare di misura la macchina, non incontriamo anima viva, non prende neanche il cellulare. Passiamo attraverso Santa Domenica Vittoria e Randazzo, ci fermiamo a fare colazione a turni, in modo da lasciare l’auto in moto.

Dopo oltre due ore di curve arriviamo a Giardini Naxos, che attraversiamo senza fermarci, ovviamente, ma che, a dirla tutta, non ci attira neanche così tanto. C’è molta confusione, anche perché è sabato. Saliamo verso Taormina e andiamo diretti in via Da Vinci dove troviamo sia il nostro b&b Morfeo, che quello di Patrizia, il Villa Giannina. Il proprietario, gentilissimo, dopo averci aiutato a scaricare le valigie, ci chiama l’elettrauto che lunedì mattina verrà a montarci una batteria nuova.

Per pranzo andiamo dal panettiere accanto a prendere dei tranci di ottima focaccia che mangiamo nel giardino di Villa Giannina, calorosamente accolti dalla proprietario nonostante non siamo tutti alloggiati lì.

Fa veramente molto caldo e decidiamo di rivederci solo alle 16. Quando usciamo, andiamo a recuperare alcune cose alla macchina e per pura curiosità proviamo a riaccenderla e miracolo! Si accende! Avevamo già riformulato i prossimi due giorni, valutando l’ipotesi di andare con una gita organizzata sull’Etna o magari di farlo più velocemente lunedì mentre risaliamo per Palermo, ma forse non sarà necessario.

Intanto andiamo a visitare Taormina. Scendiamo a piedi in centro, ci vogliono pochi minuti e sono tutte scale in discesa. Arriviamo subito a Porta Catania, attraversiamo lentamente il bel centro guardando i negozi. E’ ancora molto caldo, ma non ci lasciamo abbattere, facciamo tutto con estrema calma. Visitiamo il meraviglioso e celeberrimo Teatro Antico, affacciato sul bellissimo panorama, e siccome è ancora in uso per molti importanti festival, proprio ora stanno allestendo l’immensa orchestra che stasera terrà uno spettacolo. Le foto si sprecano a ritagliare le infinite geometrie che creano gli scorci che si aprono ai nostri occhi.

Andiamo poi a visitare i giardini della Villa Comunale, anch’essi affacciati su panorami mozzafiato in cui troviamo un po’ di riparo dal sole cocente. Torniamo indietro e facciamo alcuni acquisti, ci soffermiamo un po’ di più nelle piazze che affacciano sul mare e ci godiamo un po’ meglio la vista, dato che pian piano il pomeriggio sta lasciando il posto alla sera.

Per cena andiamo da “Don Ciccio”, consigliato dal nostro b&b, dove abbiamo anche un po’ sconto. Mangiamo bene e prezzi onesti e chiacchieriamo un po’ con Patty della vacanza appena trascorsa.

Facciamo l’ultimo giro per il centro di Taormina quando ormai è buio e le strade sono decisamente piene, nonostante tutte le misure anti-covid, che comunque i negozianti fanno rispettare scrupolosamente. Il centro città, di sera, è ancora più bello che di giorno.

Gole dell’Alcantara e Etna

Oggi Patrizia torna a casa, noi invece, visto che l’auto si accende, partiamo, con qualche timore, verso la prima tappa della giornata: le Gole dell’Alcantara, che si trovano a circa 25 km da Taormina.

Dopo aver parcheggiato, per accedere al sito si può percorrere una scalinata in discesa oppure, poco lontano, si può prendere un ascensore pagando un supplemento. Paghiamo l’ingresso per un ora e decidiamo per le scale e 224 gradini dopo (in discensa) troviamo una bellissima gola scavata dalle acque gelide del fiume Alcantara. E dire gelide è un eufemismo, circa 8 gradi di temperatura. Non so come facciano le altre persone a starsene con i piedi a mollo in tranquillità, a me sembra di avere la pelle trafitta da tanti aghi dopo pochi secondi.

Ci muoviamo tra una spiaggetta e l’altra a zig-zag. Se non si vuole fare qualche attività tipo il boby-rafting, un’ora è più che sufficiente per visitare il posto, ma volendo ci si può fermare anche tutta la giornata, lungo il fiume c’è tanto posto per fare un pic-nic, stendersi al sole o a leggere e c’è anche un comodo barettino.

Proseguiamo quindi verso l’Etna, dove arriviamo al Rifugio Sapienza in poco più di un’ora. Già per strada il paesaggio cambia rapidamente, dal verde dei campi e dei boschi inizia a farsi largo l’aridità del materiale lavico nero che nel tempo si è accumulato e anche la temperatura si abbassa, tant’è che ben prima del rifugio tiriamo fuori le felpe. Si alza il vento e passiamo in mezzo alle nuvole, poi finalmente arriviamo a destinazione.

In realtà, oltre al rifugio, c’è un piccolo agglomerato di ristoranti, negozi e attrazioni varie. Parcheggiamo comodamente e andiamo a mangiare in un locale dove la carne viene cotta in esterno, perché ci sembra la cosa più giusta da fare su un vulcano. Dopo pranzo facciamo una prima passeggiata sul cratere Silvestri Inferiore, vicino al ristorante, cercando di farci strada tra le raffiche di forte vento. Scendiamo anche al centro, dove troviamo un po’ di riparo, prima di decidere se affrontare la massacrante salita sul cratere a fianco o proseguire con la funivia, che porta a 2500 mt.

Optiamo per la seconda opzione e ci avviamo alla stazione dove per “soli” 30 euro (a testa) possiamo accedere alla cabinovia e raggiungere la cima, nel prezzo non è compreso altro. Aggiungendo altri 36 euro (sempre a testa) possiamo proseguire con dei bus 4×4 che portano fino al cratere principale e poi tornano al rifugio. Ci pensiamo un po’, ma desistiamo perché comunque questa gita ci porterebbe via tutto il resto del pomeriggio e invece prima di rientrare abbiamo altri programmi. E poi in totale così ci andrebbe via la bellezza di 132 euro, insomma….alla fine dei giochi, una bella somma.

Una volta in cima usciamo dal rifugio e ci inonda un vento freddo e per fortuna che ho portato con me anche il giubbotto. In caso di emergenza, all’uscita della cabinovia, c’è un noleggio di giacche e scarponi, ma non oso immaginare i prezzi. Il panorama che si presenta ai nostri occhi è desolato e silenzioso, ma anche estremamente affascinante: colline aride e nere si perdono a vista d’occhio e il sibilo del vento dona all’immagine un aria desertica, sembra di essere alla fine del mondo, o, meglio ancora, su un altro pianeta.

Un po’ straniti, ci incamminiamo in salita lungo una strada segnalata, che poco dopo lasciamo per spostarci in un sentiero sabbioso che sale verso un altro cratere spento, i piedi affondano un po’ ma si riesce a procedere abbastanza facilmente anche se in salita. Paso sale fino alla cima, io mi fermo circa a metà da dove si gode di una bella vista sul cratere principale, che, anche se un po’ lontano, offre lo stesso un meraviglioso spettacolo di fumo che esce dalle sue viscere. Rimango a godermi la vista seduta su un sasso in attesa del ritorno di Paso, dopo di che scendiamo e in discesa i piedi affondano di più e talvolta si scivola un po’. Abbiamo calcolato i tempi per prendere agevolmente la funivia per il rientro prima della chiusura, che è alle 16.00, facendo invece il giro con il 4×4 non ci sarebbero problemi di orario perché si viene riportati direttamente giù dai mezzi.

Torniamo alla macchina e scendiamo alle pendici dell’Etna attraverso una strada diversa da quella dell’andata, perché vogliamo passare lungo la riviera dei Ciclopi che da Catania si stende verso Taormina. Arriviamo ad Aci Castello, che saltiamo nella speranza di trovare in Aci Trezza un borghetto più tranquillo dove fare un bagno e bere qualcosa per un po’ di riposo. Speranza vana, dato che il “borgo dei pescatori” così descritto dalla Lonely, e nel mio immaginario rimasto pertanto tale dai tempi dei Malavoglia, è oggi una cittadina turistica a tutti gli effetti, piena di hotel di lusso, ristoranti, locali e movida. A parte la piazzetta, curata e caratteristica, ma che vediamo solo di sfuggita, il resto è molto lontano da come pensavo. E la “spiaggia”, fatta solo di scogli neri e piena comunque di gente, non invita molto a stendersi per un po’ di relax e un bagno fresco.

Proseguiamo quindi con calma lungo la costa verso Taormina e in zona Cottone costeggiamo invece una spiaggia non troppo affollata e così ci fermiamo per un tuffo nelle acque trasparenti dello Ionio.

Arriviamo a Taormina sulle 19.30, ci cambiamo, facciamo una doccia e scendiamo in centro per cenare e fare una passeggiata in corso Umberto I. E’ la prima sera di questa vacanza che passiamo da soli.

Taormina-Palermo

Oggi ci svegliamo presto, alle 7, perché alle 8/8.30 abbiamo appuntamento con l’elettrauto per la sostituzione della batteria dell’auto. Siamo più mattinieri della media, ci succede sempre quando siamo in vacanza e anche stavolta dobbiamo aspettare un po’ il nostro appuntamento che si presenta con un po’ di ritardo. Comunque, tutti gentilissimi, in pochi minuti risolviamo la situazione e senza neanche spendere tanto di più di quello che avremmo speso a casa.

Con la batteria nuova partiamo per Castelmola, uno dei borghi più belli d’Italia, che si trova proprio sopra Taormina, ma sempre per la teoria dell’essere troppo mattinieri in vacanza, anche qui troviamo tutto chiuso, in particolare il bar Turrisi, dove ci avevano consigliato di fare colazione perché è uno dei cinquanta bar più strani d’Italia. Castelmola è pieno di attività di nome Turrisi, è un piccolo borghetto e i residenti sono tutti parenti, quindi buona parte di loro di cognome fa Turrisi. Dopo un po’ di giri troviamo anche il bar, ma come dicevo prima, è ancora chiuso, come la maggior parte dei locali e negozi, che però evidentemente prendono vita alla sera, visto che tutti hanno tavolini all’aperto. In effetti la vista sul golfo è notevole. Troviamo un unico bar aperto, in cui ci godiamo la bellissima vista sul mare di Taormina davanti a brioche e cappuccino.

Finito di girare un po’ avanti e indietro per le stradine strette, torniamo all’auto e scendiamo fino all’Isola Bella. Parcheggiamo nel parcheggio della funivia, molto comodo anche per muoversi verso la riviera, e a piedi scendiamo dalla scalinata principale che porta alla spiaggia di ciotoli bianchi proprio sotto Taormina e da qui, attraverso gli stabilimenti, arriviamo nella lingua di sassi che collega la terraferma all’isola, attraversabile a piedi nudi o con le scarpette, in quanto l’acqua arriva appena al polpaccio.

L’isola è visitabile solo in parte e l’ingresso è a pagamento (4 euro). I sentieri si snodano all’interno del parco creando angolini tutti diversi tra loro, le creazioni ricordano un po’ (molto lontanamente) parc Guell di Barcellona, molto più piccolo e meno colorato, ma con belle terrazze e vialetti curati da cui si gode della vista sul bel mare e sul capo laterale.

Trascorriamo il resto del tempo davanti all’ingresso, ammassati sulle stretta spiaggia con decine di altre persone a cui non interessa nulla del distanziamento. Incastriamo i nostri asciugamani in un po’ d’ombra, io faccio un bel bagno ristoratore in quest’acqua appena appena fresca e limpidissima. Si sta proprio bene. Verso le 13 leviamo le tende e andiamo a mangiare una bruschetta e un arancino nel bar di uno stabilimento, dopo di che è ora di mettersi in marcia per tornare verso Palermo.

Partiamo da Taormina poco dopo le 14 e attraversiamo la Sicilia per raggiungere Palermo verso le 17.

L’imbarco del traghetto è decisamente più semplice che a Napoli, tant’è che alle 17.15 siamo già con la macchina piazzata pronti a salire, quindi andiamo a fare due passi a Palermo, che in questa zona è un inferno di traffico, mentre nel viale in cui ci addentriamo, un inferno di cantieri. Rispetto alla vivacità di Ballarò e alla finezza di Vucciria questa zona è proprio brutta! Ma meglio non spostarsi, abbiamo troppo poco tempo.

Alle 18.30 risaliamo in macchina per entrare in nave, sempre la Vincenzio Florio, la stessa dell’andata. E all’ora di partenza siamo sul ponte dove guardiamo la Sicilia allontanarsi e le luci di Palermo accendersi.

Salutiamo silenziosamente questa terra meravigliosa, di cui abbiamo visto una piccola parte e molto ancora rimane, sperando in tempi migliori per viaggiare in futuro.

Ora la nostra vacanza proseguirà con qualche giorno in Toscana a trovare un’amica, e saranno altri colori, altri sapori, altri panorami, che si mescoleranno a quelli vissuti in questi dieci giorni, ma soprattutto sarà amicizia, vicinanza e ritrovo in un momento di gioia come la nascita di un bimbo, che per una volta offuscherà le emozioni di scoprire luoghi nuovi.

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