La mia Tunisia: da Djerba a Tozeur attraverso il deserto e i set di Guerre Stellari
Da Djerba a Tozeur attraverso il deserto e i set di Guerre Stellari
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La Tunisia è vicina
La Tunisia è vicina e costa poco. Questi sarebbero già buoni motivi per mettere in programma un viaggio nel paese: con soli 500 € in bassa stagione ci si fa una bella settimana di vacanze in uno dei tanti villaggi all-inclusive lungo la costa. Da fine giugno in poi il prezzo aumenta, ma rimane contenuto.
In alternativa, è molto facile organizzarsi una vacanza fai-da-te con i mezzi locali (autobus e treni), oppure noleggiare una macchina, oppure portarsi la moto, con i traghetti da Genova, Civitavecchia, Salerno o Palermo.
Molti vengono qui per farsi una settimana nel villaggio e passano il tempo sdraiati sui lettini a bordo piscina, oppure fra tornei di freccette, aquagym, karaoke e massaggi. Alla sera doverose partite a calcetto o a giorni alterni la pétanque, la versione francese delle bocce. Francamente questi non li capisco: d’accordo che il mare non è granché, ma di cose da vedere in questo paese ce ne sono davvero tante. Le escursioni nel deserto, le oasi, i souk delle città di provincia, gli ultimi contrafforti dell’Atlante, i palmeti, i treni che corrono nel deserto, i set cinematografici. Limitarsi a fare una settimana in villaggio senza dedicare almeno un paio di giorni alle escursioni è davvero un peccato.
Le due aree dove c’è la maggiore concentrazione di villaggi all-inclusive sono Hammamet (circa 150 complessi) e l’isola di Djerba (circa 120). Nel mio caso, la permanenza è stata all’ottimo Djerba Sun Club, un villaggio attiguo al Casinò che può ospitare fino a 1300 persone nei periodi di punta. A maggio eravamo circa la metà. Tre piscine di cui una coperta, accesso alla spiaggia sul mare a uso riservato, un numero imprecisato di bar (alcuni free compresi nell’offerta all-inclusive, altri a pagamento), persino un ristorante siciliano (in verità solo di nome), servizio impeccabile. Non molto variati i menu, ma nel complesso accettabili. Al bar, tè alla menta e una grappa di fichi di produzione locale disponibili a tutte le ore.
Djerba جربة
Djerba è un’isola situata nel golfo di Gabès nel sud-est della Tunisia. Non è grandissima (poco più di 500 kmq, circa il doppio dell’isola d’Elba), ma è la più grande isola dell’Africa mediterranea.
Sull’isola ci sono più di un centinaio di villaggi turistici o veri e propri resort, quasi tutti fruibili con offerte all-inclusive. Il Djerba Sun Club, dove sono stato io, si trova lungo la spiaggia di Sidi Mahres, che è la migliore dell’isola e anche una delle più belle della Tunisia in generale, a circa 10 km da Houmt Souk, il centro principale dell’isola.
L’isola di Djerba offre moltissime attrattive, che i tour operator locali propongono con una visita guidata di un giorno al prezzo di 50 dinari tunisini (circa 25 Euro), oppure la offrono gratis ai turisti che scelgono un’escursione di 2 giorni in altre località del paese.
La terra dei Lotofagi
Nel IX libro dell’Odissea si narra che Ulisse durante le sue peripezie attraverso il Mediterraneo fece tappa nella terra dei Lotofagi, un popolo mitico che si alimentava di fiori di loto, pianta dalle proprietà psicotrope che faceva perdere la memoria (“oblio”) e il contatto con la realtà. I messi inviati da Ulisse a familiarizzare con la popolazione, dopo avere assaggiato i fiori offerti dai nativi, non volevano più ripartire, avendo perso il senso di appartenenza alla madrepatria Itaca, alle mogli e alla famiglia. Di conseguenza, Ulisse dovette imbarcarli a forza e prendere subito i largo prima che gli effetti del loto diventassero troppo intensi e che altri marinai li volessero sperimentare.
L’identificazione del loto, peraltro simbolica, viene oggi attribuita a una pianta selvatica nota come giuggiolo, che in effetti consente di ottenere una bevanda alcolica dagli effetti narcotici.
La terra dei Lotofagi viene assegnata da molti storici proprio all’isola di Djerba. Gli abitanti dell’isola giocano spesso su questa collocazione mitologica e ne approfittano per definire la loro isola come “la terra dei sogni”.
Houmt Souk حومة السوق
Houmt Souk (cioè “luogo di mercato”) è il delizioso e accattivante capoluogo dell’isola di Djerba. La città è una via di mezzo tra un villaggio di pescatori, un labirinto mediorientale, una cittadina sicula. E’ abbastanza grande (70.000 abitanti), ma per noi turisti la visita si restringe all’interessantissimo centro storico, nelle cui viuzze e anfratti è facilissimo perdersi e altrettanto facile ritrovarsi visto che il centro è piccolo e i punti di riferimento sono tantissimi. Il centro è a tutti gli effetti un suq arabo, quindi a ogni angolo sono esposte merci in vendita: tappeti, gioielli, ceramiche, stoffe, cappelli e ceste di paglia, narghilè, boccette per profumi, borse di pelle, assieme alle Lacoste e ai Rolex rigorosamente falsi e alle imitazioni di abiti e articoli di moda di tutte le marche più famose. Non mancano i negozi di spezie, aromi e tè di varie qualità. I negozianti non sono neanche particolarmente insistenti, rispetto per esempio a quelli dei bazar egiziani e marocchini. Ovviamente ogni acquisto è soggetto a contrattazione: fa parte del gioco, anzi se accettate subito il prezzo proposto ci rimangono male perché pensano che non state apprezzando la loro merce.
Quello che non è visibile a prima vista lo si può trovare nei numerosi vicoli che si aprono a sorpresa, al punto che non si capisce più se ci si trova nel vicolo principale o in uno degli innumerevoli vicoli secondari. In fondo ai vicoli, o appena svoltato un angolo, ci si imbatte in piazzette con i tavolini all’aperto dove la gente si gode l’ombra sorseggiando un caffè, e dove è quasi impossibile non fermarsi per una sosta ristoratrice.
Passeggiando per le viuzze di Houmt Souk è facile imbattersi in una curiosa caratteristica tunisina Tunisia: la porta a tre battenti. Uno è riservato agli uomini, uno alle donne, e uno ai bambini. I tre battenti sono uguali, ma chi è all’interno della casa riesce a distinguere dal rumore della battuta chi c’è dall’altra parte (la cosa per i tunisini è importante, perché un uomo non andrà mai ad aprire a una donna, e viceversa).
Girando per il Marché Central, che in pratica è il centro stesso della città, è quasi impossibile non incrociare il mercato del pesce. Qui ogni mattina, al rientro delle barche, un banditore seduto su una specie di trono propone in maniera alquanto teatrale il pescato del giorno al miglior offerente. I pesci migliori (orate, dentici, gamberi e calamari) come è immaginabile vengono venduti quasi subito agli emissari dei ristoranti, poi rimangono quelli più piccoli e meno pregiati che le donne del posto si contendono per le proprie famiglie.
Guellala, il museo e gli artigiani della ceramica
Guellala, sulla costa meridionale dell’isola di Djerba, è la città degli artigiani della ceramica. I laboratori dei ceramisti si susseguono lungo la via principale che attraversa il villaggio e si vedono subito perché la mercanzia è esposta bene in vista. Nel giro guidato è compresa la visita all’atelier di un ceramista, che si esibisce in volteggi sul tornio e veloci dimostrazioni pratiche sulla lavorazione dell’argilla, mostrando la propria abilità a fare una ciotola o una brocca. Le ceramiche nude vengono fatte qui in due tipi-base (bianche se si usa acqua di mare, brune se si usa acqua dolce) e poi inviate ai decoratori che stanno nei laboratori di città. Vale la pena di portarsi a casa qualcosa come souvenir, per esempio delle tajin di terracotta o delle anfore, previa doverosa contrattazione in cui non dovete avere ritegno a proporre anche solo il 20-30% dell’offerta iniziale.
In fondo alla via dei laboratori di ceramica si trova il Musée de Guellala, un edificio bianco in cima a una collinetta di 80 metri che è il punto più alto di Djerba. Sparse tra giardini pieni dei colori e dei profumi delle bougainvilles in fiore si aprono una trentina di sale che mostrano scene della tradizione berbera, ancora molto radicata a Djerba, e degli usi e costumi locali. Molto spazio è dedicato alla raffigurazione dei preparativi per il matrimonio, la profumazione e la depilazione della sposa (molto realistica, come si può vedere in una foto allegata al diario), la clausura prematrimoniale dello sposo, le danze, la pesca, il rito della circoncisione, la pulitura dei cereali. In una sala c’è la rappresentazione in vivo della torchiatura delle olive, con un vecchio cammello che trascina una pesante macina di pietra e un cammelliere talmente simile al cammello che si fa fatica a distinguerli.
La sinagoga El Ghriba
Nel villaggio di Er-Riadh, 7 km a sud di Houmt Souk, c’è l’antica sinagoga El Ghriba (= la straniera misteriosa). Il nome trae origine da una leggenda: all’epoca dei primi insediamenti, nel villaggio abitava una ragazza che nonostante la bellezza e la virtù aveva scelto di vivere in solitudine; per questo era considerata da tutti una persona bizzarra, una “straniera” persino tra la sua stessa gente. Una sera, un fulmine colpì la sua capanna e la incendiò. La giovane perì nell’incendio ma il fuoco risparmiò il suo corpo, che rimase intatto. La Sinagoga sorgerebbe esattamente nel punto in cui la ragazza dormiva.
La sinagoga è molto frequentata dato che sull’isola di Djerba vivono circa mille dei tremila ebrei residenti in Tunisia. A Djerba musulmani e ebrei vivono da secoli in armonia: i primi insediamenti ebraici vengono fatti risalire addirittura al 586 a.C., in seguito alla prima distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor. Si narra che la Sinagoga venne costruita utilizzando alcune pietre del tempio, salvate dalla furia babilonese. La costruzione avrebbe avuto inizio 20 anni dopo, nel 566 a.C. La maggiore affluenza di fedeli si ha in maggio, durante la festività ebraica del Lag Ba’Omer, cioè proprio durante il periodo in cui c’ero io: infatti alle rotonde e agli incroci c’erano pattuglie di polizia che facevano controlli a tappeto.
Nella sinagoga è custodita una antichissima copia della Torah, scritta udite udite su pelli di gazzella.
La sinagoga è senza ombra di dubbio l’edificio più bello che c’è sull’isola di Djerba. Le visite sono aperte a tutti. E’ richiesto solo di coprirsi la testa in omaggio alla tradizione ebraica: per chi ne è sprovvisto, all’ingresso il custode può prestare un foulard alle signore e una kippah agli uomini. Lo stupendo interno, a cui si accede dopo il pagamento di un obolo simbolico, è una combinazione di antichi mobili in legno scuro e piastrelle decorate di ceramica azzurra e bianca. Il pavimento è di stuoia e bisogna togliersi le scarpe. Su una parete brillano gli ex-voto d’argento di fedeli che hanno viste esaudite le loro preghiere: si dice infatti che un pellegrinaggio alla sinagoga consenta di realizzare i propri desideri di prosperità e sia propiziatorio per matrimoni e maternità.
Dentro la sinagoga ci sono dei rabbini intenti alla preghiera, che non degnano i visitatori di uno sguardo ma si lasciano fotografare senza problemi.
Nell’aprile del 2002 la sinagoga di Djerba fu oggetto di un terribile attentato: un camion-bomba che trasportava gas propano fu fatto esplodere contro il muro di cinta dell’edificio e provocò la morte di 8 turisti tedeschi, oltre che dell’autista del camion. A seguito di questo incidente i regolamenti internazionali sui camion trasportanti merci pericolose (come le autocisterne di gas compresso) sono stati cambiati. E’ stato introdotto il concetto di “materie ad alto rischio”, comprendente proprio tutti i trasporti di materie potenzialmente utilizzabili a scopo terroristico. Per questi trasporti sono state rese obbligatorie delle regole speciali, tra cui l’adozione di un piano di sicurezza preventiva.
Tataouine تطاوين e gli ksour
Il nome “Tataouine” nell’universo fantascientifico di Guerre Stellari evoca immediatamente il nome del pianeta natale di Luke Skywalker (inglesizzato in “Tatooine”). In effetti nelle località attorno a questa città del sud-est tunisino sono state girate molte scene di vari episodi della saga intergalattica.
Nella realtà, si tratta di una cittadina di circa 60.000 abitanti sita nel sud-est della Tunisia.
Ci accordiamo con una autista locale per un’escursione di un giorno a Tataouine e dintorni, al prezzo di 110 dinari + 10 di mancia (60 Euro in totale).
Lasciamo Djerba attraverso il ponte romano, che è uno dei due collegamenti dell’isola con la terraferma. Si attraversano distese sconfinate di uliveti con i contadini intenti a fare manutenzione ai campi. L’autista ci dice che l’olio tunisino è di ottima qualità. All’altezza di Ben Guerdane incrociamo la statale che va a Tripoli, in Libia. Incontriamo molte camionette che rientrano dalla Libia stracariche di taniche di benzina. La benzina libica rende molto, perché ha un numero di ottani alto. La vendono per strada in pompe improvvisate oppure in tanica, al costo di 60-70 centesimi di dinaro al litro, cioè il 40% in meno di quella dei distributori ufficiali. In effetti le poche stazioni di servizio che si incontrano lungo la strada sono deserte, perché qui tutti comprano la benzina contrabbandata dalla Libia. I distributori ufficiali, dove la benzina si paga 1-1.10 dinari al litro, riforniscono solo le poche macchine prese a noleggio dai turisti che non si fidano dei carburanti venduti per strada, oppure i veicoli diesel.
Chiediamo all’autista se può fare una deviazione verso il confine libico, ma riceviamo un rifiuto deciso. Per le auto private andare in quella direzione è estremamente rischioso. Dopo la morte di Gheddafi, la situazione politica in Libia è fuori controllo. La polizia tunisina sta ammassando guarnigioni nelle zone di confine per controllare l’esodo dei profughi e impedire sconfinamenti clandestini. Solo i contrabbandieri di benzina si azzardano a entrare in territorio libico, con camionette talmente sgangherate e scricchiolanti che se anche fossero sequestrate non sarebbe una gran perdita.
Proseguiamo quindi verso Tataouine, lungo una statale praticamente deserta. Nella città oggi è giorno di mercato: sarà perché ci siamo addentrati nel deserto, sarà perché qui l’offerta è più ruspante, ma i profumi e i colori del mercato di questa cittadina risultano più intensi di quelli di Houmt Souk. Per pochi dinari compriamo manciate di datteri di tre tipi diversi, tè alla menta e alla rosa, zafferano e la mitica “harissa”, un micidiale concentrato di peperoncino e zenzero color fuoco capace di infiammare qualunque pietanza. Ma la specialità del luogo sono i famosi “cornes de gazelle”, deliziosi dolci a forma di cornetto ripieni di noci tritate e miele che vale davvero la pena di provare.
Lasciamo Tataouine in direzione sud e il paesaggio cambia: arriviamo nella zona degli ksour, che sono le strutture più tipiche dell’architettura berbera. Si tratta di postazioni fortificate poste di solito in cima a una collina, che venivano usate come fortino in tempo di guerra o come granaio in tempo di pace. Ogni ksar (che è il singolare di ksour) è formato da una serie di camere lunghe e strette con coperture a volta dette ghorfa, in sostanza delle specie di grotte in cui si venivano a creare condizioni di umidità e temperatura adatte alla conservazione del grano. Gli ksour si trovano sui picchi più elevati di antichi villaggi, e offrono panorami spettacolari sulle vallate, sul deserto e sulle oasi sottostanti. Visitiamo Ksar Ouled Soltan, considerato dai locali il più bello, e Ksar Ezzahra, un po’ più lontano da Tataouine. Pensavamo di trovare frotte di turisti e invece non c’è nessuno, nemmeno gli appassionati di Star Wars che qui riconoscerebbero subito il villaggio e i paesaggi dell’episodio “La minaccia fantasma”.
I paesaggi in questa regione del sud pre-desertico tunisino sono spettacolari. E’ una successione di gole, dirupi, oasi, palmeti, contrafforti di roccia e tufo. Tornando verso Tataouine puntiamo a ovest in direzione dei villaggi collinari di Chenini e Douiret. Le case dei villaggi, scavate nella roccia, si ammassano l’una sull’altra ma sono quasi tutte disabitate perché la gente è andata a vivere più in basso, nelle “nouvelles villes” dove è più facile trovare acqua e elettricità. Passeggiando tra i ruderi e i vicoli in salita, a piedi o a dorso d’asino, si aprono caffè e ristorantini berberi. Ci fermiamo a mangiare a Chenini, al ristorante “trogloditico” Kenza Chenini. Pranzo a base di couscous di montone, con tantissimo couscous, qualche pomodoro, un peperone e tracce di carne di montone molto ben nascoste nella massa del semolino. Ma tant’è, e comunque per 20 dinari non è che si può pretendere troppo.
Sia a Chenini che a Douiret arroccate sul pendio ci sono delle piccole bellissime moschee imbiancate a calce che sono aperte al pubblico, e soprattutto hanno il pregio di offrire un po’ di fresco e di ombra.
Lo Jedi è stato qui
Pochi film hanno un pubblico tanto fedele quanto quello di Guerre Stellari. In Tunisia i fans dello Jedi, di Luke Skywalker e di Darth Vader trovano una specie di museo. Qui si trovano moltissimi degli ambienti esterni dove sono state girate scene di vari episodi della saga interstellare, in particolare del primo e secondo episodio che costituiscono l’antefatto della storia: La minaccia fantasma (1998) e L’attacco del cloni (2002), e del quarto episodio Una nuova speranza (1999). Di seguito una breve descrizione dei principali luoghi dove sono state girate scene famose:
Ksar Haddada e Ksar Ouled Soltane
Ksar Haddada, vicino a Ghoumrassen, e Ksar Ouled Soltane sono stati usati per le riprese dei quartieri di schiavi di Mos Espa in La minaccia fantasma: lo Jedi è stato qui.
Ong Jemal
Ong Jemal si trova in zona desertica 30 km a nord di Tozeur. E’ il luogo in cui Qui Gon Jinn e Darth Maul si battono in duello in La minaccia fantasma, ed è l’ambientazione per la corsa degli sgusci, i veicoli da corsa monoposto che andavano a 900 km/ora. Non è raggiungibile con mezzi pubblici, bisogna andarci con un proprio veicolo o accordarsi con tassisti locali. Il set è ancora lì, ufficialmente off limits, ma in realtà ci si arriva comodamente con la stessa strada che fu costruita dalla troupe cinematografica. Lo stesso luogo è stato usato per alcune scene romantiche de Il paziente inglese. Il nome Ong Jemal significa “testa di dromedario” e si deve a una formazione rocciosa che ricorda la testa e la gobba di un dromedario.
Shubiel
La Gola di Shubiel si trova presso il marabut di Sibi Bou Helal, vicino a Kriz (anche questo non raggiungibile con mezzi pubblici). E’ stata la scena di due episodi di Guerre Stellari in cui avviene una imboscata, quella a C1-P8 da parte dei Javas che lo rapiscono, e quella a Luke Skywalker e ai suoi amici robot da parte dei Sabbipodi. La troupe l’ha battezzata “Star Wars Canyon”. E’ stata usata come location anche in altri due film: I predatori dell’arca perduta e Il paziente inglese.
Nefta
Lo chott e le dune a circa 10 chilometri a ovest di Nefta: una pista che attraversa la strada principale conduce a sud dello Chott, fino a un sito usato per gli esterni della casa di Luke Skywalker, anche se adesso resta ben poco del set. Verso nord la stessa strada porta alle dune dove C1-P8 e D3-B0 atterrano in un guscio di salvataggio all’inizio di Guerre Stellari.
Ajim
Ajim è la località sull’isola di Jerba dove si prende il ferry per la terraferma. In città su Avenue Abou El Kacem Chabbi, anche se a malapena riconoscibile, c’è l’entrata al bar del Porto Spaziale di Mos Espa dove Luke e Obiwan Kenobi incontrano Han Solo nel film originale Guerre Stellari. La casa di Obiwan nel film è una vecchia moschea che si trova a 3 chilometri lungo la strada della costa occidentale verso Borj Jillij, sul lato del mare; l’entrata a Mos Espa è costituita da un’altra vecchia moschea e da un marabut sormontato da una cupola, 11 km più a nord, sempre sul lato della strada verso il mare.
Matmata
L’Hotel Sidi Driss di Matmata (si vede nelle foto) è stato il set per gli interni della casa di Luke Skywalker all’inizio di guerre Stellari. Ci si può sedere e mangiare nel punto esatto in cui Luke cena con sua zia e suo zio. La corte principale è stata usata anche nel secondo antefatto, e la maggior parte del set si trova ancora lì.
Matmata مطماطة e le case trogloditiche
Matmata è un villaggio che si incontra prendendo una deviazione da Gabès, il porto più vicino a Djerba. Questi luoghi sono famosi per la presenza di alcune “case trogloditiche” infossate scavate nella roccia. A volte sono difficili da individuare, perché sono nascoste dietro edifici moderni nell’abitato del villaggio.
Le case sono aperte ai visitatori. Sono ricavate in grosse fosse profonde 7-8 metri il cui fondo fa da cortile. Nella roccia si trovano la cucina, le stanze da letto, locali per il lavoro (p. es. per la molitura del grano). La padrona della casa che visitiamo prepara in quattro e quattr’otto una squisita focaccia di farina d’orzo, olio e miele per la quale chiediamo immediatamente il bis.
Alcune case sono state adattate a albergo. Il più famoso è l’hotel Sidi Driss, che ostenta in maniera sfacciata e pacchiana alcuni locali dove sono state girate scene della vita di Luc Skywalker.
Nelle case trogloditiche non mancano il locale per la televisione, i pannelli solari per la fornitura di energia e nemmeno la parabola satellitare. Al momento non ci si fa caso, dopo però si rimane perplessi.
Douz دوز , la porta del deserto
L’escursione più bella e interessante della settimana tunisina è stata senz’altro quella verso Tozeur e vicinanze. Il percorso si svolge in 2 giorni e si snoda attraverso tutto il deserto tunisino da Est a Ovest, toccando le città di El Hamma, Douz e Kebili per raggiungere Tozeur e la zona delle oasi di montagna, che sono dall’altra parte del paese praticamente al confine con l’Algeria. Organizzazione non impeccabile di Calypso Voyages di Djerba, costo 200 dinari, comprensivo di collegamento in ferry da Ajim a El Jarf, pernottamento a Tozeur e tratti in pulmino per vedere i punti più interessanti. Le visite sono state un po’ troppo veloci e già programmate in accordo con le strutture locali consociate all’agenzia, in maniera sin troppo evidente. La guida tunisina, molto somigliante al comico Sasà di Striscia la Notizia, parla troppo di se stesso e troppo poco dei luoghi che visitiamo, in più ogni tanto si lascia andare a commenti fastidiosi sui comportamenti dei componenti del gruppo di visita, cosa questa che ci dicono essere purtroppo comune a quasi tutti gli accompagnatori in forza ai tour operator locali.
A circa metà strada si incontra Douz, che è un punto base di partenza per i viaggiatori individuali che vogliono dirigersi verso sud, a Ksar Ghilane, e verso ovest a Tozeur come noi. La pista che da Douz porta a Ksar Ghilane comporta una percorrenza più lunga (150 km), ma in compenso è molto meglio segnalata e meno rischiosa di quelle che raggiungono la stessa località provenendo da Tataouine o da Matmata. Al di fuori di questa importanza logistica, di per sé Douz non presenta molte attrattive.
Ksar Ghilane قصر غيلان , l’ultima oasi accessibile
Da Douz, percorrendo una pista in parte asfaltata di circa 150 km che attraversa il deserto in direzione sud, si raggiunge Ksar Ghilane, il punto più a sud oggi raggiungibile individualmente o con gruppi organizzati. La pista è mal segnalata e ogni tanto scompare, anche se è delimitata da rialzi laterali di terra e rami di palma che dovrebbero servire a renderla visibile anche quando c’è vento. Teoricamente sarebbe necessario un 4×4, ma qualunque tassista di Douz dice che non ci sono problemi e che si può andare a Ksar Ghilane anche con una macchina normale. O con le moto, come hanno fatto un gruppo di ragazzi slovacchi incontrati in città. Li ritroveremo più avanti nella gola di Midès, dopo Tozeur: le notizie e le foto di Ksar Ghilane provengono da loro.
L’oasi di Ksar Ghilane è il deserto nel vero senso della parola, quello con le dune color ocra modellate dal vento che ne cambia continuamente forma e posizione. Qui siamo in pieno Sahara, ma le infrastrutture costruite per accogliere i turisti che provengono da Douz, Matmata e Tataouine a poco a poco stanno rendendo il luogo irriconoscibile.
L’alloggio nell’oasi è gestito dall’organizzazione dello Yadis Camp, che consente di pernottare in grandi tende fisse dotate di ogni comfort, in pratica un albergo tendato. Si può persino fare il bagno in una stupenda piscina-laghetto contornata da palme altissime.
Quello che non quadra sono i recinti che teoricamente dovrebbero ospitare cammelli ma in realtà funzionano da parcheggio per i quad: ormai questi invadenti fuoristrada hanno soppiantato i dromedari che al tramonto accompagnavano i turisti a prendere il tè nel deserto. Così come non quadrano i pullman carichi di giapponesi e i rumorosissimi generatori ai bordi delle dune.
Malgrado ciò gli amici slovacchi hanno voluto lo stesso fare una passeggiata a dorso di dromedario tra le dune, rimanendone entusiasti. Mi hanno descritto le tonalità sempre più accese del tramonto e le ombre che il sole proietta sugli avvallamenti e sulle increspature di sabbia mentre si va a nascondere dietro le dune. Ci si aspetta di vedere arrivare l’aereo del conte ungherese Laszlo Almasy che è il protagonista del capolavoro di Anthony Minghella Il paziente inglese. Il volo sulle dune con cui inizia il film è stato girato proprio qui, in questo angolo di deserto.
Ksar Ghilane è raggiungibile anche da Matmata (pista di 120 km) e da Tataouine (pista di 100 km). Questa è l’ultima oasi raggiungibile dai turisti. Tutta la zona più a sud è off limits e ci sono solo postazioni militari.
Chott El Jerid
Proseguendo l’attraversamento del deserto tunisino da Douz verso Tozeur si raggiunge la zona degli Chott, i laghi salati. Il più grande è lo Chott El Jerid, che si estende su un’area di circa 5000 kmq. Gli chott sono considerati dei laghi ma di acqua ne vedono abbastanza poca, dato che qui cade qualche goccia di pioggia solo nel periodo invernale. In realtà si tratta di depressioni a qualche decina di metri sotto il livello del mare.
La statale P 16 attraversa tutto il lago salato, congiungendo Kebili a Tozeur su una sopraelevata a 2 metri d’altezza. Per chi ama viaggiare è un itinerario da non perdere. Il lago è una distesa piatta che ondeggia e luccica sotto il sole fino a perdersi nell’orizzonte.
Provate a chiudere e riaprire gli occhi per un momento: è facile immaginare nell’infinita distesa di sale oasi, carovane e palmeti che in realtà non ci sono. Si tratta dei classici miraggi, effetti ottici dovuti al riverbero del sole sulla bianca coltre cristallina dello chott, che si verificano quando i raggi del sole incontrano uno strato d’aria più caldo rispetto agli strati sovrastanti di aria più fredda e a maggiore densità. I raggi di luce subiscono una riflessione che dà forma alle immagini come se al suolo ci fosse realmente qualcosa.
Ognuno qui è libero di sognare e immaginare quello che vuole, costruendosi il proprio miraggio personale da portarsi indietro come ricordo.
Lungo la strada, proprio in mezzo al lago salato, ci sono banchetti di ragazzi che vendono cristalli di vari colori, tra cui le bellissime rose del deserto. Sono formazioni minerali (aggregati di cristalli di solfato di calcio) di colore che sfuma dall’arancione al giallo-ocra, che i ragazzi lavorano, colorano e scolpiscono in mille forme. Oltre a queste, offrono anche cristalli di ametista, piriti e feldspati: vale la pena di comprare qualcosa da portare a casa come ricordo.
Sulla strada i cartelli ci ricordano che siamo vicini all’Algeria.
Tozeur توزر
Al termine del bellissimo percorso attraverso il deserto e i laghi salati, verso sera raggiungiamo la mitica Tozeur, piccola cittadina di frontiera (35.000 abitanti) a solo 30 km dal confine algerino. Facciamo appena in tempo a fare un giro per Ouled El-Hadef, il quartiere antico, e la medina. Si nota subito la caratteristica costruzione degli edifici di Tozeur, fatti di mattoncini di arenaria giallo-ocra. Il centro città è piccolo e si gira facilmente a piedi. Nella piazza principale c’è un sacco di gente che sorseggia caffè ai tavolini dei bar oppure discute animatamente di chissà che cosa. A un centinaio di metri, in fondo a Avenue Bourghiba, c’è un crocchio che ci incuriosisce: l’assembramento nasconde un maxischermo dove stanno giocando una partita virtuale tra il Real Madrid e il Manchester, a colpi di joystick manovrati dai due capisquadra. Questo dimostra il grande interesse dei tunisini per il calcio.
Oltre alla medina, l’attrazione più interessante di Tozeur è la palmeraie, il palmeto. E’ il più esteso del sud tunisino, circa 10 kmq, anche se il numero di palme presenti è meno di quelle di Douz (dato che ovviamente i residenti di Tozeur contestano). Lo visitiamo in calesse, con soste per vedere l’eccezionale sfruttamento della poca acqua disponibile. Le coltivazioni sono su tre livelli: si raccolgono datteri dalla sommità delle palme, che chiaramente è il livello più alto. Nel terreno, al livello intermedio si coltivano fichi, melograni e albicocchi, oltre a fiori di ibisco e campanule. A terra ci sono appezzamenti per la coltivazione degli ortaggi. Tra i datteri, ci dicono che qui si coltiva la pregiata qualità deglet noor (dita di luce), il re di tutte le varietà di dattero. Non ci si può esimere dall’acquisto di un cestino di datteri da assaggiare, mentre un arzillo vecchietto esegue dimostrazioni di arrampicata a mani nude sulle palme da dattero, mostrando un’agilità insospettata e sorprendente.
Vale davvero la pena di fare un giro in calesse attraverso la palmeraie, ma anche farlo a piedi non è una cattiva idea. All’uscita dal palmeto attraversiamo la periferia di Tozeur, notando le strane abitudini dei macellai locali che espongono alla porta del negozio le teste e le zampe sanguinolente degli animali appena macellati, bovini e dromedari. Il dromedario è una componente comune della dieta locale.
A Tozeur il pernottamento è stato all’ottimo hotel Framissima La Palmeraie, nella zone touristique. Reception e atrio monumentali, menu eccellente e una grande e invitante piscina tra le palme. Il prezzo era compreso nel costo dell’escursione, ma i cartelli esposti nell’atrio indicavano che la doppia costa solo 40 Euro.
I treni di Tozeur
“Nei villaggi di frontiera guardano passare i treni per Tozeur…” canta l’indimenticabile canzone presentata da Franco Battiato e Alice all’Eurofestival del 1984. Questa terra è molto amata dal cantautore siciliano, che ha casa qui.
Non possiamo quindi esimerci da una visita alla stazione ferroviaria. In effetti Tozeur è collegata alla capitale Tunisi da due treni al giorno, uno diurno e uno notturno, della Societé Nationale du Chemin de Fer Tunisien, che servono le due città in 6-7 ore.
Per chi è qui in visita, però, è molto più interessante il breve percorso in treno che parte dalla stazione di Metlaoui, una trentina di km a nord di Tozeur. Il treno si chiama Lézard Rouge (lucertola rossa) e unisce Metlaoui e Redeyef passando lungo le gole dello uadi Selja, attraverso canyon e gallerie scavate nelle montagne, offrendo un paesaggio suggestivo. In alcuni punti il treno si ferma e si scende tutti giù a fotografare le gole da vicino.
Il Lézard Rouge è un treno storico in funzione dal 1925 e riammodernato nel 1975, dopo un periodo di abbandono. E’ composto da 6 vagoni, tra cui una carrozza-bar e una carrozza-soggiorno con poltrone da salotto in pelle imbottita, che rimane vuota a disposizione dei turisti per le foto-ricordo.
Il treno parte dalla stazione di Metlaoui alle 10 al martedì e alle 10.30 al venerdì e alla domenica. Il viaggio andata/ritorno dura poco meno di 2 ore e il biglietto costa 20 dinari.
Sulla stessa linea circolano anche 18-20 treni al giorno che trasportano al porto di Sfax i fosfati estratti dalle miniere della zona.
Le oasi di montagna
Il secondo giorno dell’escursione a Tozeur prevede la visita delle oasi di montagna. La strada corre vicinissima all’Algeria, anzi in alcuni punti passiamo proprio sotto le postazioni militari algerine a guardia del confine. Notiamo anche i consueti distributori di benzina di contrabbando, che qui però proviene dall’Algeria. La qualità della benzina algerina è inferiore rispetto a quella libica: infatti la vendono a 0.50 dinari al litro, cioè circa la metà del prezzo ufficiale alla pompa.
Le oasi sono incastonate tra gli ultimi contrafforti montagnosi del piccolo Atlante, che assumono riflessi dorati sotto il sole. Nell’ordine si incontrano Tamerza, Chebika e Midès. Ognuna di queste tre località ha estesi palmeti: una pennellata di verde che contrasta con lo sfondo giallo-ocra del deserto e delle montagne.
Nell’oasi di Chebika, a cui si accede salendo per un gola di montagna, si può fare il bagno in un laghetto di acqua verde smeraldo, in compagnia di nugoli di rane che gracchiano allegramente, forse infastidite dall’invadenza dei visitatori nel loro territorio. Comunque sia, fa caldo e il bagno ci sta a pennello. Per noi maschietti non ci sono problemi di costume, potendo fare il bagno in mutande, le ragazze invece sono obbligate a stare lì a soffrire al caldo, per cui quelle che leggono questo diario tengano presente che è meglio venire da queste parti indossando o portandosi un costume. In cima ai pinnacoli della montagna si vedono delle raffigurazioni in pietra dei mufloni, gli animali dalle corna ricurve che vivevano su queste colline desertiche.
A Midès è molto reclamizzato un canyon che in realtà non dice molto, ma che come altri scorci tunisini è stato utilizzato come set per alcune scene del Paziente Inglese. Più interessante la cascatella che sgorga da una sorgente tra le rocce. Nel parcheggio davanti alla cascata rincontriamo i motociclisti slovacchi e così abbiamo l’occasione di scambiarci impressioni e ricordi di viaggio, inclusi gli indirizzi mail per l’invio dei racconti e delle fotografie della visita a Ksar Ghilane.
In tutte e tre le oasi ci sono i ruderi abbandonati dei vecchi villaggi, che nel 1969 furono distrutti da una inondazione che devastò la zona. La pioggia torrenziale durò per ben 22 giorni, un evento di portata assolutamente imprevedibile in questa regione desertica normalmente secca e arida. Le povere abitazioni di pietra e terra di trasformarono ben presto in fango e tutto fu spazzato via. I sopravvissuti lasciarono questi luoghi, per rifugiarsi in nuovi insediamenti più a valle.
Ritorno a Djerba
Sulla strada del ritorno a Djerba sono previste altre soste interessanti. La prima è nella zona delle dune pietrificate, vicino a Douz. Si tratta di coni e pinnacoli di sabbia compressa dal vento fino a formare delle strutture dure come pietra, tra cui crescono piccoli fiorellini lillà.
Più avanti si sale sulle colline del Jebel Demmer, dalla cui sommità in molti punti si riesce a vedere il mare. Ci fermiamo per il pranzo nella zona di Matmata. Le tappe successive lungo il rientro sono a Toujane, un villaggio berbero fatto di tipiche case squadrate a un solo piano, arroccato sulla montagna, a El Hamma che sarebbe il villaggio degli hammam (bagni turchi) e a Medenine per la visita di uno ksar , ma almeno per me più famosa perché ci è nata la splendida Afef Jnifen.
Intanto, all’arrivo a Djerba c’è festa perché la squadra di calcio dell’isola, battendo lo Sfax, è stata promossa nella serie A tunisina. Invece quelli della vicina città isolana di Midoun continueranno a languire in serie C. Il campanilismo impera anche qui.
Ringraziamenti
Grazie al compagno di viaggio Norberto, alle amiche romane Bianca e Cristina conosciute durante il viaggio, ai motociclisti slovacchi e a tutti quelli che hanno letto il diario.
Luigi
luigi.balzarini@tin.it