Icelandia 2014: la terra del ghiaccio e del fuoco
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… la fredda cronaca!
Optiamo per un volo Easy Jet con un solo bagaglio in due, anche per risparmiare, ma soprattutto perché ci basta, con partenza il 1 maggio e scalo notturno all’aeroporto di Londra Luton, la notte in aeroporto non ci spaventa ma questo aeroporto fa “paura”, non fatelo, volete passare ore e ore in un centro commerciale al sabato pomeriggio travestito da aeroporto? allora fatelo…!
L’estenuante viaggio ci porta all’Aeroporto di Keflavik, in perfetto orario alle 9.40 del giorno 2.
Il primo approccio con l’Islanda è grandioso, in aeroporto c’è il parquet! Appena possibile usciamo all’aria aperta, l’aria è gelida il vento micidiale e un persistente odore di zolfo ci stordisce.
La percezione di essere su di un’isola è forte.
Prendiamo possesso all’autonoleggio Sixt di una verde fiammante Chevrolet Spark, questa macchinina, sarà una fedele e affidabile compagna di viaggio, ma ce lo aspettavamo, tanto da rifiutare un up-grade ad un suv ben più confortevole per poche corone in più salvo poi sottoscrivere un’ assicurazione per eventuali quanto improbabili danni dovuti a non so quale intraducibile evento atmosferico islandese per la stessa cifra, questione di scelte…
Una cinquantina di km sulla strada 41 e siamo nella capitale. Reykjavik ci sembra subito una città gigantesca, a scapito dei sui 50000 abitanti circa, sembra di arrivare a Genova.
Sappiamo che il nostro albergo è vicinissimo alla cattedrale Hallgrìmskirkja che col suo campanile ci guida da lontano, così riusciamo facilmente a raggiungerlo: è una guest house (Aurora) in pieno centro con annessi appartamentini poco lontano, uno di questi ci accoglie con una pulizia e ordine che questa vacanza non ci farà mai mancare.
Proprio la cattedrale è il primo appuntamento con Reykjavik, in particolare l’ascesa al campanile e la vista che se ne gode dalla cima.
La città è proprio carina: negozi, bar e tanta gente che si prepara al venerdì sera. Giriamo il centro in lungo e in largo in cerca di tutto quello che ci può interessare. La scritta Happy hour fuori da un bellissimo locale del porto (Forettabarinn sulla Myrargata) attira le stanche membra di due poveri viaggiatori ed ecco due birrette islandesi pronte a coccolarli. Pianifichiamo il giorno successivo prima di spostarci in un ristorante li vicino (icelandic fish and chips, Geirsgata) a gustarci una cenetta a base di pesce. La notte è giovane, ma noi questa sera no, e dopo un giretto ritorniamo a casa.
3 maggio 2014: “Golden Circle”
Golden Circle, così si chiama un gruppo di attrazioni naturali, poco distanti dalla capitale, una tappa, imperdibile, che sarà la prima del nostro tour anti-orario della terra del ghiaccio e del fuoco lungo la Hrigvellur.
Raggiunta la tangenziale, imbocchiamo la 36 per raggiungere, in mezzo a branchi di cavalli selvatici di cui faremo la conoscenza, Pingvellir: parco nazionale patrimonio dell’Unesco sede del primo parlamento democratico al mondo che racchiude al suo interno una gigantesca frattura che separa la zolla nord-americana sa quella euro-asiatica. Dopo una passeggiata suggestiva, ci spostiamo a Geyser, parcheggiata la macchina vicino al centro accoglienza che assomiglia più ad un centro commerciale, raggiungiamo l’area instabile dall’altro lato della strada, dove si trovano tutti i geyser, in particolare lo Stokkur che ogni pochi minuti regala un getto d’acqua potente e altissimo di grande effetto.
Gullfoss è la cascata più famosa di Islanda, gigantesca, incredibile, e con un vento gelido, che sferza e ghiaccia i pochi lembi di pelle liberi da cuffie e giacche, da non riuscire a camminare, le foto si sprecano, ogni angolo è bellissimo.
Ora la strada 35 ci porta a Selfoss, e come tutti i tragitti brevi o lunghi che percorreremo ci regala dei paesaggi sempre diversi e sempre unici. Una piccola spesa al supermercato e imbocchiamo la Ring road verso Skogar, una città di 20 abitanti… che incontriamo poco dopo il vulcano Eyjafjallajökull: colui che ha paralizzato l’europa nel 2010, dove dormiremo in un carinissimo bed & breakfast (la Skogar Guest House) dove la simpatica signora Sikka ci offre anche la cena.
4 maggio 2014: “La costa del sud tra oceano e ghiaccio”
Dopo una soddisfacente colazione all’americana (anche pancake sciroppo d’acero) in compagnia di una simpatica famigliola francese, il nostro macchinino ci accompagna alla vicinissima cascata Skogafoss, un salto d’acqua incredibile che vista l’ora possiamo ammirare quasi in solitudine.
Pochi km di Hringvellur e deviamo sulla destra.
La strada 218 arriva su un’alta scogliera patria del puffin, la pulcinella di mare, uccello simbolo dell’Islanda che inseguiremo per tutto il viaggio senza trovare. Qui i paesaggi sono incredibili, e assieme alla spiaggia nera che incontra un mare tanto scuro da sembrare dello stesso colore contornata da colonne di lava fossile, che raggiungiamo poco dopo con la strada 215, sempre dalla 1, forma una zona dove fermarsi alcune mezzore sembra irrinunciabile. Poco dopo siamo a Vik.
Quella che doveva essere la nostra prima tappa, è un paesino un po’ deludente, dove la fa da padrona una suggestiva chiesetta posta a metà di una collina, alla cui cima c’è un tipo cimiterino da cui si gode una vista grandiosa. Qui abbiamo il primo approccio con la benzina, che costa un poco meno che in Italia, e che in quasi tutti i distributori puoi farti, rigorosamente da solo, pagando solo con la carta di credito.
Direzione Skaftafell, da qui si parte per il trekking sul ghiacciaio Vatnajökull, noi però ci fermiamo solo per il pranzo, e raggiungiamo Jökulsàrlòn, il lago ghiacciato. Qui il fiume formato dal grande ghiacciaio sfocia nell’oceano portando con se una miriade di piccoli iceberg creando un’atmosfera unica e inedita ai nostri occhi.
La tappa odierna si conclude a Hofn una cittadina silenziosa e solitaria, come tutte qui, dove però non manca un ristorante KaffiHornid presso cui ci concediamo una cenetta ittica dove incontriamo i francesi del giorno prima, e alloggiamo alla Haffnarnes, una fattoria silenziosa vicino al paese.
5 maggio 2014: “Tra bricchi innevati e renne verso Myvatn”
Partiamo presto, ma la prima vera tappa sempre sulla 1, dopo un inquietante tunnel che sembra scavato a mano nella roccia, stretto, lungo e buio con tanto di gigantesco portone tondo tipo ingresso degli inferi, l’attraversamento di un passo montano d’altri tempi su strada sterrata, con cumuli di neve di 4-5 metri per lato in cui era scavata, come al giro d’Italia del ’49 di cui conservava le pendenze, ma anche la compagnia di tantissime renne tipiche della zona e alcune foche sulla riva, la facciamo ad Egilstadir, una cittadina insignificante, che per la sua posizione è un interessante crocevia, ed in particolare un ottimo punto di partenza per raggiungere il luogo deputato al nostro pranzo, Seydisfjördur.
Imbocchiamo la 93 e scaliamo un altro monte; questa volta è asfaltato, e l’assenza di nebbia e strizza, ci fa godere di un ambiente unico, così com’è immerso nella neve, che sterminata ci fa sentire oltre la barriera di Game of Thrones.
Da Seydisfjördur parte il traghetto per l’Europa, il paese ha un’atmosfera particolare, probabilmente negli anni passati ha avuto una vita differente, tuttavia non vale la meravigliosa strada che percorriamo per arrivarci. Questa parte dell’Islanda, i fiordi orientali pur bellissima, è, a nostro parere, quella meno interessante confrontata col resto di un’isola in cui ogni centimetro fa strabuzzare gli occhi. Arrivati ad Egilstadir riprendiamo la 1 in direzione del lago Myvatn. Attraversiamo degli altopiani meravigliosi, tutti neri di lava e bianchi di neve. Non possiamo non fermarci ad ammirare questa meraviglia polare. Il sole brucia sulla pelle, il termometro segna -1°, e lo sferzare di un forte vento polare, rende la sensazione unica. Ad incrementare la stranezza, ci pensa, dopo pochissimi km, un repentino cambio del paesaggio, il nero e il bianco lasciano il posto all’ocra e il giallo del paesaggio lunare di Hverir. Scendiamo dalla macchina e un odore di zolfo al limite del sopportabile ci investe, il fumo che inonda tutto l’ambiente si sposa con le cento pozze di acqua sulfurea ribollente. È bellissimo.
Scolliniamo, ed ecco ancora un altro tipo di vista, l’ennesima: un lago in lontananza, fumo di sorgenti termali qua e la e tutta lava nera e verdastro intorno. Arriviamo a Reykjahlìd, nell’omonimo hotel ci attende una bella stanza vista lago, e una ragazza, solitamente gentile, ma insolitamente carina, che ci indica la strada per i bagni termali di Myvatn e ci fornisce degli asciugamani per andarci. I Myvatn Natural Bath sono molto belli, i secondi per importanza e dimensione dopo la Blue Lagoon, vicino alla capitale, dove noi per opportunità più che per scelta non andremo. Acqua sulfurea azzurra a 35°- 40° in mezzo ai vulcani con vista sugli altopiani innevati…imperdibile. La sera ceniamo in un ristorante vicino all’hotel, l’unico.
6 maggio 2014: “Il grande nord”
Una stupenda colazione ci dà il buongiorno, la nostra inconfondibile auto ci fa fare amicizia con due ragazzi inglesi con cui ci siamo incrociati il giorno prima in mezzo al nulla e che, grazie a lei ci riconoscono. Le tappe plausibili sono poche ed è facile incontrare la stessa gente più volte. A pochi passi dall’albergo visitiamo le pozze di Grotagna e le falde di Storagja, perdibili. Imperdibile è invece, poco lontano l’ascesa a piedi al vulcano Hverfell. Un’esperienza unica, bellissimo da sotto da sopra da dentro da fuori, costa una sudatina, ma che sarà mai.
Poco lontano arriviamo al campo di lava di Dimmuborgir. Ci sono diverse possibilità di percorsi per muoversi all’interno del parco, ognuno corredato da lunghezza e tempo di percorrenza, uno dei due più brevi è sicuramente sufficiente per apprezzare un luogo, in ogni caso suggestivo. Accenniamo una passeggiata in un boschetto sul lago, ma desistiamo quasi subito per fermarci a sud del Mivatn tra Skutustadir e Arnarvatn dove si gode un panorama straordinario con piccole collinette che sembrano vulcani e la parte del lago ghiacciato. qui benzina e Souvenir. Riprendiamo la 1 verso ovest e dopo qualche decina di km ci fermiamo alle spettacolari cascate Godafoss, eccezionali. Passiamo per Akureyri, la capitale del nord senza fermarci, e imbocchiamo la 82 verso nord entrando nell’affascinante penisola di Tröllaskagi.
La nostra meta è Siglufjördur il posto più a nord che raggiungeremo; arrivati al paesino tramite un lunghissimo tunnel che da una decina di anni lo collega al lato est della penisola, ce ne innamoriamo subito, è desolato e unico, un tempo era la capitale della pesca all’aringa e migliaia di addetti vi lavoravano tutto l’anno, ora si sta riprendendo dalla lunga crisi che l’ha colpito, è magnifico così com’è silenzioso adagiato in un’insenatura tra alte montagne innevate, qui il panorama è ancora diverso e, come il tempo, cambia sempre. Ci mettiamo un po’ a trovare l’albergo (Sigluness) ma in compenso appena lo troviamo è chiuso, chiamiamo il proprietario che gentilissimo arriva subito e ci offre pure una birretta, oltre a illustrarci in una grande cartina d’epoca la strada da fare il giorno successivo, ci accompagna alla stanza e i congeda. Il posto è carino sembra uscito da un film di Kaurismaki, tutto è volutamente vintage. La struttura è al completo c’è un gruppo di americani, che vengono a sciare da queste parti. Un piccolo relax ci separa da un giretto nel paese deserto che ci ricorderemo. Ceniamo in un pub e, in piena luce, verso le 23 ci ritiriamo in quanto domani ci aspetta una tappa molto tosta.
7 maggio 2014: “Occidente islandese”
Ci svegliamo molto presto, in macchina ci aspetta la colazione… oggi abbiamo tanta strada da fare e tante cose da vedere, a cominciare dalla Corniche con vista sul polo nord che percorriamo alle 7 del mattino desolata e vertiginosa a strapiombo sul mar Glaciale Artico, non prima di aver infilato un tunnel, il più inquietante possibile che ci apre la strada sulla costa. Una piccola sosta a vedere e fotografare gli isolotti del fiordo Skagafjördur è immancabile, non foss’altro per il nome. Una breve pausa alla chiesetta di Hofsòs, sempre sulla 76, quindi dalla 75 imbocchiamo la stradina interna 744 per attraversare la penisola di Skagi fino a raggiungere Blonduòs con la 74 per pausa benzina e colazione.
Ci immettiamo di nuovo sulla Hringvegur ma presto imbocchiamo la 716 per il giro della penisola di Vatnsnes, bellissima, con un paesaggio più “nostrano” che dovrebbe essere il paradiso delle foche, peccato che noi non ne incontriamo, e che il sito principale dove se ne dovrebbero trovare, Hindisvik, sia chiuso da tempo, la costa è bellissima in particolare la zona denominata Hvitserku, col suo gigantesco faraglione, protagonista della leggenda che lo vuole troll pietrificato per essersi avvicinato troppo ad un monastero. Il Panorama e tanto bello quanto diverso da tutti gli altri già visti.
Lasciamo la penisola di Vatnsness, rieccoci sulla 1, poco dopo svoltiamo sinistra sulla 68, strada che con più tempo a disposizione ci avrebbe portati agli agognati fiordi nord occidentali, solo per imboccare la 59, una strada sterrata ma assolutamente in ordine, come quasi tutte che ci porta a Budardalur, dove facciamo il pieno di materiale turistico.
Un’altra strada ghiaiosa, la 54 ci dà il benvenuto nella penisola di Snæfellsnes. Eccoci arrivato dopo poco a Stykkishölmur, da qui partono i traghetti per i territori del nord-ovest. La zona del porto con lo stranissimo promontorio che la domina è bellissimo, poco islandese, ma super suggestivo. Ancora una trentina di chilometri e questa interminabile tappa sarà finita. Raggiungiamo Grundarfiördur, troviamo facilmente la casetta rossa sede della recepito della Guesthouse prenotata e pagata da casa, raggiungiamo la struttura dove dormiremo che è poco distante, vicino al porto. Non che sia un granché da fuori, dentro è tutto perfetto come ovunque, ma ha una vista spettacolare sul Kirkjufell un monte dalla strana forma conica che cambia da ogni angolatura, protagonista assoluto di tutti i siti turistici islandesi, ma che qui sembra conoscano pochino tutti… Cena al pub del posto, dove incontriamo la coppia di catalani già incontrati due sere prima a Myvatn, e sul Hverfell.
8 maggio 2014: “Reykjavik, arriviamo!”
Sveglia presto (non quanto i catalani che stanno già partendo), e subito andiamo alle pendici del Kirkjufell, purtroppo la giornata non è bella come ieri anzi, peggiorerà sempre più. Giriamo lungo il perimetro della Snæfellsnes sempre lungo la 54 sotto la pioggia. Poco do hellisandur ci infiliamo in una stradina poco sterrata in direzione Onderverdarness, in cerca della spiaggia Skardsvik, la leggenda narra che sia il luogo di sepoltura di un potente re vichingo che la scelse per la sua bellezza, e in effetti è molto bella, unica nel suo genere, le solite rocce nere di lava contrastano in un modo che non ti aspetti con l’insolita spiaggia dorata. Abbiamo la malaugurata idea di proseguire lungo la stradina che diventa sempre più brutta fino all’impraticabile, facendoci temere il peggio per il nostro mezzo, solo per raggiungere un posto assolutamente perdibile per lo standard del luogo. Sfioriamo Dritvik e ci fermiamo un po’ a Djupalonssandur, le cui scogliere meritano la nostra attenzione. Arriviamo ad Arnastapi, ora la pioggia è ingestibile. Da qui partono le escursioni per la bocca del vulcano Snæfellsjökull, ormai inattivo e trasformatosi in ghiacciaio, ingresso per raggiungere il centro della terra nel romanzo di Jules Verne. Da qualche parte c’è un monumento con indicate le distanze da molti luoghi famosi sulla terra passando appunto per il centro della terra, ma noi non riusciamo a trovarlo. Incontriamo invece la coppia inglese di un paio di giorni prima.
Proseguiamo sulla costa e aggiungiamo, al secondo tentativo la chiesetta nera di Budir, bellissima e dopo aver contemplato il luogo in modo congruo, partiamo in direzione Reykjavik, dove passeremo l’ultima notte che raggiungiamo in poche ore dopo una pausa nella cittadina di Borgarness, nulla di che, e soprattutto dopo aver attraversato il Tunnel sottomarino che si imbocca all’altezza di Akranes e per sette km ti fa viaggiare sotto il mare…ma quando ci ricapita…
Eccoci nella capitale col metodo del primo giorno raggiungiamo l’albergo, e ci sistemiamo nell’appartamento vicino a quello dell’altra volta, l’host, entusiasta per la mia recensione giustapposta su booking.com mi fa uno sconto di tutto rispetto.
Ultimo giro della città e cena in un bellissimo locale sulla Austurstæti ( Laundromat caffè) very cool.
L’ultimo giorno è finito.
Ripartiamo la mattina successiva dopo aver posato la macchina e disfatto un bagaglio troppo pesante davanti al check-in, tristi, con poca voglia di tornare e con la consapevolezza che un posto così bello non ci capiterà presto, ma che fortunatamente ci rimarrà per sempre nel cuore. Http://eltorodeoro.blogspot.it/2014/06/icelandia-2014-la-terra-del-ghiaccio-e.html