Mosca… ma quanto sei bella?
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Uno dei miei più grandi sogni è sempre stato quello di mettere piede sulla Piazza Rossa di Mosca. Un sogno che, nell’ agosto 2011, si è finalmente realizzato. Per diversi anni fa mi ero informato su di un probabile viaggio in terra di Russia, ma avevo sempre rinunciato per le varie difficoltà che s’ incontravano nell’ organizzazione. Sono abituato a preparare lo zaino, comprare il biglietto e partire. Via, a scoprire ed innamorarmi di questo mondo. Ma per la Russia non è cosi, non basta avere in mano un biglietto aereo e partire. Burocrazia, un termine a me poco simpatico, è la parola che incontravo ogni qualvolta tentavo di viaggiare verso quella terra. Ero confuso, non capivo la scaletta dei vari passaggi, se dovevo fare prima il visto o cosa, il biglietto, o aver prenotato l’albergo. E puntualmente rinunciavo, troppe spese, troppa burocrazia, troppo rumore per nulla. Le cose invece erano molto più semplici. Nell’anno 2011 mi sono finalmente deciso: questa estate, in un modo o nell’ altro, Valdo dovrà posare la sua scarpa 43 sulla Red Square. In un modo o nell’ altro, io sarò la, con i miei occhi ad osservare la superba Sab Basilio. Ma come sempre succede, anche questa volta l’ organizzazzione del viaggio è stata tutt’altro che semplice, anzi, posso dire che la mia è stata un agonia lunga 5-6 giorni. Una piccola tragedia fin a poche ore dalla partenza; si, questo è il termine esatto … che disavventura!
Premessa: per visitare la Russia è necessario ottenere il visto dell’ ambasciata russa ed una polizza assicurativa. E fin qui, è andato tutto bene, non ho avuto particolari problemi (salvo poi dimenticare, nella fretta, la polizza a casa! ). Ho conosciuto tramite internet un ragazzo italiano residente a San Pietroburgo che si occupava di questo tipo di pratiche e, pattuita la somma, ho inviato il mio passaporto con tutta la documentazione necessaria al fine di ottenere visto e polizza. Una settimana di attesa, ed il corriere mi consegna il passaporto con il visto russo e la pratica di un assicurazione convenzionata con la Russia (bisogna stipularne una apposita, non una qualsiasi). E la pratica per questo paese può dirsi conclusa. In passato avevo rinunciato a scoprire la terra degli zar poichè mi era stato detto che bisognava soggiornare in hotel convenzionati dove veniva poi compilata la pratica di registrazione, necessaria per restare sul territorio russo. Siccome ero solo in questa avventura, preferivo alloggiare in un ostello, decisamente più economico, più vicino al centro città e soprattutto dove potevo scambiare qualche parola con persone provenienti dai quattro angoli di mondo. Anche se in viaggio sono piuttosto taciturno e preferisco restare solo, qualche parola ogni tanto mi piace farla. Ma da come mi era stato detto, gli ostelli non potevano compilare tale pratica, annullando già in partenza la mia voglia di Russia. Invece non era cosi. Questo ragazzo, molto disponibile, mi spiega passo per passo la procedura per visitare il paese, molto più semplice di come immaginavo. Visto dell’ ambasciata, polizza e null’altro. Nessuna prenotazione obbligatoria in hotel convenzionati, niente di tutto questo. Felicità! Ma siccome poi dalle terre di Russia sarei volato in quelle Uzbeke ( via Riga ), necessito anche del visto dal consolato uzbeko. Siccome una ragazza che abita nel mio quartiere è stata pochi mesi prima in quella terra, la contatto nella speranza che possa darmi un aiuto al riguardo. Compiliamo insieme la richiesta di visto sul sito del consolato uzbeko in Italia, effettuo il versamento sul conto corrente da loro fornito e poi tramite corriere invio il passaporto al consolato a Roma. E rimango in attesa. Nel frattempo prenoto i voli aerei, mi organizzo con ostelli e mappe. Tutto è quasi pronto, tutto organizzato. Mancano circa 13 giorni alla partenza, sono molto tranquillo, in meno di 4-5 giorni dovrei riavere il passaporto con il visto. Ma i giorni passano e del mio documento nessuna notizia. Dieci, nove, sei, cinque giorni e devo (dovrei) partire. Ma il passaporto ancora non è arrivato. Panico. Provo a contattare telefonicamente il consolato, ma nessuno risponde alla chiamata. Invio varie mail con stesso esito: zero risposte. Come sempre la fortuna mi assiste: il consolato uzbeko inizia il trasferimento alla nuova sede in via Pompeo Magno al primo di agosto. Telefonate, decine di telefonate. Mi metto in contatto con varie agenzie di viaggio della capitale, con uffici convenzionati con il consolato e addirittura contatto telefonicamente ( ma quanto mi è costato? Lasciamo perdere… ) il consolato italiano a Tashkent, capitale dell’Uzbekistan. Ma i numeri di telefono che mi sono forniti non sono operativi o, più semplicemente, nessuno risponde alle mie chiamate. Possibile? Tremo, ho davvero paura che qualcosa sia successo ed io non ne sia al corrente.
Meno quattro alla partenza
Il giorno seguente mi giunge un email dove sono informato del fatto che il mio passaporto è pronto e che semplicemente devo mandare un corriere a ritirarlo. Si scusano per i tempi, ma purtroppo visto il trasloco in atto, telefoni e fax non sono funzionanti. Il tempo stringe e la mia preoccupazione aumenta di ora in ora. Contatto il corriere XXX ( non voglio fare cattiva pubblicità, mi trattengo) per telefono e mi viene assicurato che il giorno seguente il passaporto sarà nelle mie mani. Qual sollievo, problema risolto! Due ore dopo questa telefonata sono ricontattato dall’operatrice della compagnia. La signora m’ informa che purtroppo il plico arriverà nella mattina di giovedi e non mercoledi come da precedenti accordi: nessun problema, oggi è martedi ed io partirò venerdi. Non importa, giorno prima giorno dopo, basta che il passaporto arrivi in tempo per la partenza! E cosi, decisamente più tranquillo, aspetto. Trascorre il martedi (giorno della telefonata ), passa il mercoledi. E poi, giovedi, giorno di arrivo del plico contenente il mio passaporto. Conto le ore, minuti, i secondi, ma la mattina passa senza che il mio passaporto giunga a me. Mangio pranzo, anche se non ho molta fame. Sono piuttosto inquieto, preoccupato. Aspetto ancora qualche ora nel primo pomeriggio, ma niente, nulla. Mi vedo perso, quasi m’ arrendo all’idea di non partire. Cosa è successo? E’ possibile tutto ciò? L’operatrice mi aveva assicurato che giovedi sarebbe arrivato il plico, perchè questo disguido, questo ritardo? Contatto il corriere, ma, ahimè, amara sorpresa: nessun pacco o busta a mio nome è in viaggio sui loro mezzi. Mi sento mancare. Non è possibile, la sfortuna mi perseguita. Riordino le idee, attendo un’ ora e richiamo: l’operatrice sostiene ora che il corriere è si passato al consolato, ma che il mio passaporto non vi era. Ma come, stiamo scherzando? Il consolato stesso mi aveva scritto affermando che il documento era pronto e che il corriere doveva solo passare a ritirarlo, e ora mi dicono che al consolato non vi è nulla a mio nome? Ma siamo forse matti? Il consolato è irraggiungibile telefonicamente, il corriere sostiene che non vi era nulla da ritirare…sono fregato. Posso dire addio al viaggio, alla Russia, all’Uzbekistan. Vedo andare in fumo centinaia di euro spesi in voli aerei e visti. Sono affranto, ma non demordo, non è da me. Vaglio tutte le soluzioni possibili, sono disposto a qualsiasi cosa pur di partire. Penso a raggiungere in qualche modo la capitale e prendere di mano mia il passaporto e poi arrivare a Milano il giorno seguente pronto a partire. Ma, ahimè, i voli aerei per Roma sono troppo dispendiosi ( il più economico è di circa 300 euro sola andata ) mentre in treno non farei in tempo a giungere a Milano Linate per la partenza. Qual tristezza…torno a casa dall’ agenzia viaggi con il morale sotto i piedi. Trecento metri di tristezza. Mi chiudo in camera, sconsolato, mentre il mio zaino riposa sulla sedia, in parte ancora da riempire. Un paio di ore con la testa immersa in mille pensieri e nonostante i due precedenti tentativi andati a vuoto, senza sapere il perchè, qualcosa mi spinge verso le ore 18 a ricontattare il corriere. L’operatore, basito dal mio racconto, sostiene invece che il passaporto è in viaggio verso il Piemonte e che nel pomeriggio di domani sarà nelle mie mani. Come? Cade il mondo, non ci credo, non mi pare possibile. La prima operatrice sosteneva che nessun pacco a me intestato era in viaggio con la loro compagnia, la seconda ragazza che il corriere era passato al consolato uzbeko senza però trovare nulla a mio nome, ed ora invece sostengono che si trova nelle mani del corriere pronto ad essermi riconsegnato? Metto da parte le lamentele, le imprecazioni, tanto è chiaro: li odio. Quello che ora mi interessa è otterene il prima possibile il pacco con all’interno il mio passaporto. Se mi verrà consegnato nel pomeriggio, sarà comunque tardi: il mio volo decolla alle 16.30 da Milano Linate ed il teletrasporto ancora non è stato inventato. Vaglio con l’ operatore la scelta migliore, che risulta essere quella di fermare il pacco al centro smistamento di Madonna dell’ Olmo dove giungerà nella prima mattinata. Tutto dovrà andare liscio come l’ olio, altrimenti non riuscirò ad imbarcarmi per tempo. E visto come sono andate le cose in questi giorni, fin quando non poserò il mio sedere sul sedile dell’ aereo, non voglio essere tranquillo. Felice ma stravolto da questa giornata incredibile, preparo frettolosamente i bagagli e tutte le cose a me indispensabili per il viaggio. La notte vola senza che io chiuda occhio, l’ansia mi divora.
si parte!
La mattina seguente, di buon ora, raggiungo Madonna dell’Olmo dove però il corriere ancora non è arrivato in sede. Inizio a preoccuparmi, ad essere nervoso. La paura vola però via quando verso le ore nove giunge il furgoncino colorato della ditta, ed in pochi istanti il passaporto con visto uzbeko è nelle mie mani. Raggiungo Torino Porta Nuova in auto e con il freccia Rossa di Trenitalia ( per la modica cifra di 30 euro ) arrivo a Milano centrale intorno alle ore 13. E da qui, con il taxi, a Milano Linate ( altre 15 euro per poco meno di dieci chilometri…). Arrivo in aeroporto giusto in tempo, il gate è aperto già da un ora e se avessi ritardato il mio arrivo di qualche minuto sarei rimasto a terra, vedendo sfumare il mio piccolo sogno proprio all’ ultimo. Se ripenso ancora oggi a quei giorni, quelle ore di ansia, di angoscia sbocciate poi in gioia, mi vien da sorridere. Ma in quei frangenti… quanta tristezza fino a quella telefonata dell’ ultima ora! Una volta all’aeroporto oltrepasso facilmente i controlli di rito, ma poco dopo il personale mi rispedisce indietro, al mittente: a quanto pare il foglio in mio possesso della compagnia aerea non basta. Come? Ma è mai possibile, altri guai? Il tempo stringe, i minuti passano. Volo al banco del check in, consegno il foglio prestampato alla gentilissima ragazza che mi ristampa la nuova carta d’ imbarco. E nuovamente di corsa, saltando praticamente tutta la fila di persone come in un film fantozziano, posso finalmente raggiungere il gate. Il peggio, spero, sia passato. Basta intoppi, basta ansia, basta tutto… voglio solo partire, poter ammirare e amare la Russia! Nonostante il pomeriggio sia appena iniziato, la giornata è stata per me già molto lunga, lunghissima a tratti. Riposo per un attimo la mia mente sulle grandi seggiole nei pressi del gate e dopo neanche tre quarti d’ ora siamo in coda per l’ imbarco. Si, posso affermare che mi è davvero andata bene… Prendo comodamente posto sul velivolo dell’ Air Baltic pronto come non mia ad affrontare questo viaggio che mi porterà a visitare terre fantastiche, città splendide e ricche di storia. Non vedo l’ ora! L’ aereo decolla in perfetto orario e dopo poco più di un paio di ore atterriamo in Lettonia, a Riga. L’ aeroporto della capitale lettone è accogliente e ben strutturato, non resta che mettermi comodo e attendere che il gate per San Pietroburgo apra i battenti. Il tempo non è dei migliori, piove ed il cielo è offuscato da dense nubi. Pare novembre, inverno. La fame inizia a farsi sentire e visto ormai l’ ora tarda mi concedo un trancio di pizza in un self service. Rimango fino alle undici al tavolo a leggere, ad informarmi sulla terra che tra poche ore m’accoglierà. Verso le 23.30 m’ avvio al gate D3 ma vengo rimbalzato, senza capirne il motivo. E’ molto semplice: la sala d’ attesa per i voli non-Schengen resta chiusa fino all’ apertura del primo gate, ovvero quello per San Pietroburgo. Ancora molto ore mi tocca attendere. Cerco di riposare allungandomi sulle seggiole nella sala d’ attesa ma quando m’addormento vengo svegliato dalla security dell’ aeroporto. L’ uomo controlla il mio passaporto ed il mio biglietto aereo. Riprendo il sonno ma alle prime luci dell’ alba suona la sveglia e dopo neanche mezz’ora siedo comodamente sul velivolo che da li a poco sarebbe decollato per la Russia. La giornata a Riga è ora stupenda, un sole caldo illumina il cielo azzurro. Un’ ora di volo e atterriamo a San Pietroburgo, dove ad accogliermi vi è la pioggia.
…MOSCA: UN SOGNO CHE SI REALIZZA…
Il viaggio in treno, nelle lande sterminate di Russia, procede benissimo. Mi addormento quasi subito, non appena appoggio il mio capo sul cuscino, e per la prima notte da quando sono in Russia le zanzare non mi divorano. Apro i miei occhietti alle prime luci dell’ alba, intorno alle ore sei. Riposo ancora nel lettino, godendomi lo spettacolo di quel mondo fantastico al di fuori del mio finestrino. Verso le otto m’ alzo e dopo aver preparato i bagagli, mi siedo comodamente sulla seggiola in attesa di giungere nella capitale. Arriviamo a Mosca in perfetto orario, altro che ferrovie italiane! La stazione ferroviaria è grandissima, molto affollata ed io non ho la più pallida idea di dove e cosa fare. Vado alla ricerca di un punto informazioni, senza fortuna. A questo punto non mi rimane altro da fare che prendere la metro e raggiungere direttamente il mio ostello, al Tourist Information penserò più tardi. La metropolitana di Mosca si estende per quasi tutta la capitale russa, è il secondo sistema di metropolitana più frequentato al mondo per numero medio di passeggeri al giorno (dopo quello di Tokyo). Una marea di persone che vanno e vengono, alcuni corrono disperatamente per non perdere il treno in arrivo, altri, come me, non sanno da che parte girarsi. La mia speranza, mentre sono sulle scale mobili, è che la metropolitana della capitale sia articolata come quella a San Pietroburgo, dove in ogni stazione vi sono pannelli informativi in inglese in modo tale da rendere il sistema facilmente accessibile anche chi, come il sottoscritto, di russo non capisce una cippa. Invece, amara sorpresa, a Mosca non sono presenti pannelli informativi e tutti i nomi delle stazioni sono in sola lingua cirillica. Sono fregato accidenti! Inizio a pensare a come gestire la situazione, a come fare onde evitare di perdermi e soprattutto evitare di stare ore a controllare la cartina in mio possesso. L’ unico modo per scongiurare sciagure è inazitutto sapere dove mi trovo, in quale stazione della metropolitana, quindi capire quale linea devo prendere ( sono 12 ). A questo punto, giunto alla banchina, per capire se aspettare l’ arrivo del treno alla mia destra o alla mia sinistra, controllare le prime tre lettere ( o meglio, tre segni… ) della stazione successiva sui pannelli informativi, e verificare se coincidono alla direzione da prendere sulla mappa in mio possesso, che riporta i nomi delle stazioni sia in russo che in inglese. E’ un metodo che risulterà poi essere veloce ma soprattutto funzionale. A differenza della metropolitana pietrogadese, che funziona a ‘gettoni’, quella moscovita necessita di comunissimi biglietti, della grandezza di una carta di credito. Ve ne sono per più corse, per più giorni, oppure singoli. Prendo cosi la metro, con un poco di apprensione, per la prima volta a Mosca e dopo alcune stazioni eccomi pronto ad inoltrarmi nella vita quotidiana della capitale. Mentre con le scale mobili m’ appresto a salire in superfice, la mia paura, chiamamola cosi, aumenta. Mi troverò nel posto giusto, avrò sbagliato fermata o peggio ancora, linea? Quando esco alla luce del sole di questa bellissima giornata, mi trovo in un’ immensa piazza, circondata da sontuosi edifici. Consultò la cartina in mio possesso, e se non vado errato, dovrei essere in Lubjanskaja Ploshchad, ovvero piazza Lubianka. Per essere sicuro al 100 per cento della mia supposizione, domando ad un signore nei pressi, che conferma i miei giusti calcoli. Il sorriso che appare sul mio volto allontana lentamente l’ ansia di questi ultimi minuti. Sono a Mosca santo cielo, evviva! La giornata è favolosa, un bel cielo azzurro m’ accoglie nella capitale moscovita. La pioggia di San Pietroburgo è solo un lontano ricordo fortunatamente. La città sembra dormire ancora, poche auto corrono lungo le strade e pochissime persone s’ intravedono passeggiare lungo i viali. A questo punto non mi resta che raggiungere l’ ostello, ubicato a poche centinaia di metri dalla piazza. L’ unico problema è capire quale strada prendere, cosa non facile visto l’ immensità della piazza e le molte strade che si diramano da Lubjanskaja Ploshchad. Mi soffermo qualche minuto ad osservare attentamente la mappa e mi decido a percorrere Lubjanskij Prospekt per poi svoltare in ulitsa Marosejka. Sono arrivato, questa è la strada dove sorge il mio ostello! Passeggio lungo la stradina, al momento poco frequentata, felice. L’ ostello sorge in una costruzione all’ interno di un piccolo cortile, cui si ha accesso da un portone rivolto verso ul. Marosejka. L’ androne del palazzo si presenta in condizioni poco dignitose, ma quando faccio ingresso nell’ ostello la situazione è tutt’ altra, fortunatamente. Mi accoglie una giovane ragazza di origini asiatiche e svolta la pratica per l’ assegnazione della camera, m’ informa che non potrò far mia la stanza prima delle ore due. Non è un problema, anche perchè fra poco ho intenzione di ripartire alla scoperta della città. Compilo quindi la pratica di registrazione in città che però si rivela un furto vero e proprio: 500 rubli il costo, quando a San Pietroburgo era addirittura inclusa nel prezzo! Pazienza, pago senza protestare e mi distendo comodamente sul divano posto accanto alla reception. Un breve riposo e poi, dopo aver lasciato i bagagli in custodia, sono pronto a ripartire. Nel frattempo mi organizzo al meglio, le cose da portare con me e le varie guide a cui non rinunciare. Dopo circa mezz’ oretta, la giovane ragazza mi dice che posso già prender posto in camera nonostante siano appena le ore nove. Bene, ottimo! La stanza è pulitissima, molto ampia. Alcuni letti sono occupati ma al momento in stanza non vi è nessuno. L’ ostello è molto ben organizzato, ben curato e soprattutto molto pulito. Ora sono davvero sereno, tranquillo. Sistemato i bagagli sono pronto ad uscire andando alla scoperta di una delle città più belle del mondo!
inizia il tour
Proprio accanto all’ ostello, lungo la strada, c’è un McDonald’s, e siccome ancora non ho fatto colazione, mi concedo un buon caffè, che risulta poi essere un biberone di acqua sporca: imbevibile, bleah! Riprendo il passo, attravero piazza Lubjanka per poi incamminarmi in ulitsa Ulinka. La città è ora più viva, ma non avverto la sensazione del caos, del traffico, fors’ anche per l’ immensità della piazza, una delle più grandi di Mosca. Mentre passeggio lungo la stradina osservo le persone passarmi al fianco, uomini d’ affari con la loro 24 ore, tutti andare di fretta e poi scomparire dietro le porte dei bellissimi palazzi. E’ il quartiere finanziario della città, il cuore nevralgico della politica non solo moscovita, ma della Russia intera. Il quartiere, Kitaj Gorod, è stato per secoli abitato da mercanti, una zona dove per secoli commercio e religione andavano di pari passo. Un tempo in queste strade strette si trovavano più di 40 chiese e monasteri, ma ad oggi ne sono sopravvissuti soltanto una decina. Mentre passeggio in ul. Ulinka, un tempo cuore commerciale di Kitaj Gorod, vengo colpito dalla bellezza degli edifici che s’ affacciano sulla via, come la Camera russa dell’ industria, color pesca con un portico neoclassico che in origine era la Borsa di Mosca. Lentamente mi avvicino alla Piazza Rossa, a quel sogno che pian piano sta per diventare realtà. Sono emozionato, anche se può sembrar stupido, ma l’ idea di metter piede su quella piazza, o meglio, la piazza, la più bella del mondo, mi fa trasalire, mi fa sentir vivo come non mai. Man mano che m’ avvicino, volgo lo sguardo dalla parte opposta a quella dove sorge la Cattedrale di San Basilio, fin quando, a bordo del marciapiede, arresto il passo, e come in un teatro quando s’ alza il sipario, volgo i miei occhi alla piazza, alla Cattedrale di San Basilio. Ecco, la perfezione. Davanti a me, davanti ai miei occhi, questa immagine sublime. Stento a crederci, mi pare impossibile aver davanti alla mia vista la Piazza Rossa. Ho quasi timore a scendere dal marciapiede e calpestare la nuda pietra, aggirarmi nell’ immensità della piazza, della maestosità del Cremlino. No, non sto sognando, sono davvero a Mosca, sono davvero sulla Piazza Rossa di Mosca! Il mio sogno, dopo anni, è finalmente diventato realtà. Non ricordo quanto tempo son rimasto ammaliato, immobile, da tale visione, impietrito di fronte alla Piazza Rossa. Non ne ho idea, davvero. Il morale è alle stelle, la giornata favolosa, non resta che iniziare a scoprire ogni angolo nascosto della capitale! M’ avvio verso la Moscova, per dare inizio al tour numero uno che mi porterà alla scoperta della Mosca insolita, silenziosa, di Zamoskvoreche ,( che significa ‘oltre al fiume di Mosca’ ) che un tempo era l’ avamposto contro i Mongoli. Passeggio felicemente lungo il marciapiede, passando a fianco della superba, magnifica -e non trovo altri aggettivi per descriverne la bellezza – cattedrale di San Basilio. Onestamente pensavo la Piazza Rossa fosse una zona pianeggiante, invece, oltre la cattedrale, la piazza inizia a scendere ripidamente verso il fiume. Dal ponte sulla Moscova la vista che si ha sul Cremlino è una ‘cartoline’ che sempre porterò con me nei miei pensieri, nei miei sogni. Forse, anzi sicuramente, il panorama più bello che io abbia mai visto a questo mondo. Qualcosa di eccezzionale? Forse di più, una visione che spiegare a parole è impossibile. Solo chi ha avuto la possibilità di ammirare con i propri occhi può capire e comprendere le mie parole. Non ho ancora trascorso un paio di ore in questa città, eppure ne sono perdutamente innamorato. Riprendo il passo e a sud del Cremlino, separata da questi dal ponte Bol’soj Moskvoreckij, si stende una lunga isola a forma di ferro di cavallo, creata artificialmente nel 1783-86, quando fu scavato il canale di derivazione della Moscova con lo scopo di alleggerire la portata delle piene ma anche per bonificare la riva destra del fiume, interamente coperta di paludi. Bolshaja Ordinka, prosecuzione della strada che dalla Piazza Rossa porta al quartiere, asse centrale di Zamoskvoreche, portava un tempo all’ Orda, o Orda d’ oro, lo stato tataro costituitosi nel sud della Russia, perchè da qui, da sud appunto, entravano gli sgraditissimi ospiti tatari. Successivamente, sotto Ivan il Terribile, qui c’ era la sede degli Streltzi, la Guardia Reale. Si trasferirono qui lentamente anche gli artigiani di corte, che si stabilirono nella zona secondo i propri commerci, e ciascuno di loro finanziava una chiesa. Queste chiese storiche e il fatto che la zona rimase immune dalla ricostruzione degli anni ’30, danno al quartiere un’ atmosfera d’ epoca. Abbandonata alle mie spalle la zona del Cremlino, vengo avvolto da una tranquillità che mi rilassa piacevolmente. Sono quasi sorpreso, sembra un enclave di pace e silenzio a pochi passi dal centro città, due mondi separati e assai diversi. Rimango affascinato da questo quartiere, da queste strette viette, da queste piccole casette dove si respira ancora un glorioso passato, altrove messo a tacere dal becero comunisco staliniano. Poco oltre il fiume sorge la prima chiesetta della zona, la Chiesa della Resurrezione di Kadashi. Da Bolshaja Ordinka imbocco la prima stradina alla mia destra, 2-ya Kadeshevskij pereulok; pochi passi di cammino e sono in fronte ad essa. Scorgere l’ entrata però non è cosi semplice, la chiesa è circondata su tre lati da edifici che nulla hanno a che vedere con essa. L’accesso avviene da una piccola stradina sul lato ovest, che porta al piccolo e verde giardino, anche se dall’ aspetto piuttosto trasandato. Questa chiesa, bellissima, è a cinque cupole di un bellissimo color verde vivo ed è uno tra i più begli esempi di barocco moscovita. Segna infatti il passaggio dalle forme medevali tradizionali a un timpano, a un inizio di barocco. A fianco della chiesetta sorgono anche un refettorio ed il campanile a vari livelli. Venne finanziata da una ricca corporazione di tessitori, intorno al 1687. Appaiono improvvisamente dal retro della chiesa due giovani ragazze e quando s’ apprestano a passarmi accanto, una delle due, scorgendo nel mio viso la difficoltà a trovar l’ entrata, si offre di accompagnarmi fino alla porta d’ ingresso. Sono sorpreso da tanta gentilezza, essendo italiano non sono abituato a tali comportamenti. L’ interno è molto particolare, non cosi maestoso come altre chiese della capitale, ma senz’ altro il più vero e reale. Assaporo il passato, immerso nel silenzio dei secoli. Immune da restauri esagerati, la chiesa è esattamente com’ era prima della guerra, portando con sè i segni del tempo. Rimango diversi istanti a godere del fresco della chiesetta. Tornato al caldo della giornata e sulla strada principale, a pochi metri dalla chiesa di Kadashi sorge la chiesa di Tutte le Consolazioni. La chiesa e la villa gialla in stile neoclassico in fronte appartenevano ai Dolgov, ricca famiglia di mercanti. Poco distante sorge la galleria Tretyakov, il più importante museo russo. Ci arrivo per caso, e solo quando noto molte persone lungo il bel viale alberato comprendo di avere di fronte a me il museo che ospita la più grande collezione di belle arti russe al mondo. La storia della galleria d’arte ha inizio nel 1856 quando il mercante moscovita Pavel Mikhailovich Tretyakov (1832-1898) iniziò ad acquistare opere d’arte da artisti russi dell’epoca, nell’intento di creare una collezione che un giorno sarebbe potuta diventare un museo nazionale. Nel 1892 Tretyakov donò la sua ormai celebre collezione alla Nazione. Mi soffermo qualche istante per godere di attimi d’ ombra e poi riprendo la passeggiata in queste deliziose viette silenziose, piccole piazzette alberate, e dove, in una di queste, sorge la particolare e bella fontana ‘ inspiration ‘. Ritornato lungo Bolshaja Ordinka, una dopo l’ altra, sorgono numerose altre piccole chiese, come la chiesa di San Nicola di Pyzhi ( dal nome del colonnello del reggimento Pyzhi che la fece costruire ), il convento della Sante Marta e Maria ( uno degli esempi più belli dello stile liberty di Mosca ) e la chiesa di Santa Caterina da Alessandria. M’ imbatto in poche persone lungo la strada e di turisti, fortunatamente, neanche l’ ombra. E’ una passeggiata molto piacevole che si protrae per oltre due chilometri, dal fiume Moscova fino alla Serpukhovskaya ploshchad, grande piazza crocevia di mille strade. Due mondi completamente diversi: uno, quello del quartiere, di pace e silenzio, di piccole casette immerse nel verde, di mille chiesette, e l’ altro, la piazza Serpukhovskaya, dove il traffico e la confusione sono la norma. Ritorno frettolosamente alla vita del quartiere.
M’ incammino lungo Pyatnitskaya ulitsa, parallela a Bolshaja Ordinka ( appena percorsa ). Un paio di chilometri di passo è sarò nuovamente nei pressi del Cremlino. La stradina è meno interessante rispetto alla Bolshaja, ma non per questo meno piacevole. Pace e tranquillità m’ avvolgono, mentre felice passeggio tra una casetta e l’ altra. Il tempo scorre velocemente, e la fame inizia a farsi sentire. Lungo la strada sorgono diversi ristoranti, ma nessuno che mi vada a genio. Giunto nei pressi della Chiesa di San Clemente, una piccola stradina pedonale molto animata ( Klimentovskij perelok ) collega Boshaja con Pyatnitskaya ulitsa. Improvvismante la quiete del quartiere è interrotta dalle mille persone che passeggiano lungo il vicolo. E’ una piccola via dello shopping, dove numerosi locali, tra cui il McDonalds, aprono i battenti. Sono sicuro che qui troverò un posto dove io possa mettere a tacere la mia fame. Scartato il McDonald, noto un piccolo ristorante che pare fare al caso mio. Attratto dalla pubblicità del locale, faccio il mio ingresso al piano primo dove vengo accolto da una ragazza che in pochi istanti m’ accompagna al tavolo. Il ristorante è molto affollato, scruto attentamente le pietanze che vengono servite alle persone nei tavoli a fianco. L’ intenzione è quella di sfruttare la promozione apparsa sulla pubblicità all’ esterno del locale, dove con pochi rubli si poteva mangiare piatti all’ apparenza deliziosi. Ma quando si tratta di spiegarlo alla ragazza che nel frattempo è giunta a prendere l’ ordinazione…l’ impresa è ahimè impossibile. La giovane non capisce cosa io stia cercando di spiegarle e non può far altro che chiamare a turno, altri 4 camerieri. Nessuno conosce una parola di inglese, parlano solo ed esclusivamente russo. Abbandono l’ idea di approfittare della promozione e domando un menù. Il locale è molto carino, funge sia da self service sia da ristorante. Ordino una birra gelata ( ottima ) e due portate locali, tra cui un piatto di agnolotti ( anche se molto più grandi ) in una salsa di color rosso sangue. Mangio benissimo e spendo, in fin dei conti, non molto. Una mezz’ oretta di riposo e sono pronto a ripartire, dedicando maggior attenzione alla chiesa di San Clemente papa. Nel 1756 l’ attuale refettorio e il campanile furono costruiti su una chiesa che risaliva al 1720 e successivamente demolita. Un parrocchiano, Kuzma Matveev, commissionò questa nuova chiesa, uno stupendo esempio di barocco moscovita. Pare che il progetto sia da attribuirsi al Trezzini e venne completata nel 1774 prendendo il nome da papa Clemente III. La chiesa fino a qualche anno addietro versava in condizioni critiche, mentre ora, dopo un attento restauro, risplende in tutta la sua bellezza con le quattro cupole poste ai lati ed una grande, dorata, centrale. Al momento le porte d’ ingresso sono serrate e non mi resta che scattare mille fotografie prima di riprendere il passo. La strada, man mano che ci avviciniamo alla Moscova, è sempre più animata, più viva. Deliziose casette fiancheggiate da banche e uffici, passato e presente che si mischiano. Dopo una ventina di minuti di cammino, oltrepassato il fiume, sono nuovamente in fronte alla cattedrale di San Basilio. Cerco di non farmi rapire da tanta bellezza e senza volgere lo sguardo alla Piazza Rossa, svolto nella storica ulitsa Varvarka nel quartiere Kitaj-gorod, che dopo il Cremlino risulta essere la parte più antica della città. Il suo nome in russo moderno significa ‘ città cinese’, ma deriva in realtà dalla parola tatara ‘kita’, cioè ‘terreno recintato’, era infatti la cittadella dove si concentrava l’ attività commerciale della capitale, del resto vietata nelle altre strade di Mosca. Nel corso dell’ Ottocento prese avvio un vasto progetto di sostituzione delle botteghe artigianali, divenendo lentamente la zona dei centri commerciali, delle banche, delle sedi di compagnie di assicurazione e di società per azioni. Con il trasferimento della capitale a Mosca il quartiere ha assunto anche funzioni amministrative, ospitando un folto numero di ministeri, anche se l’ impianto urbanistico è rimasto lo stesso a quello secentesco. La prima parte della strada è un cantiere all’ aria aperta. Sorgeva, fino a qualche anno addietro, il colossale hotel Rossija, costruito nel 69. Era una vera follia architettonica: perimetro di 900m, 3172 camere, fino a 6000 clienti. Fortunatamente venne demolito, e non oso pensare a quanto tempo ci è voluto per portare via tutti gli arredi e per abbatterlo. Ma soprattutto, chissà cosa verrà costruito in questo grandissimo spazio a ridosso della Moscova. Ulitsa Varvarka è forse la via più particolare e quella che più m’ ha affascinato a Mosca. E’ un pezzo di storia, un pezzo di passato, che ha saputo sopravvivere al rinnovo comunista. Mi trovo cosi a passeggiare dapprima davanti alla chiesa di Santa Barbara, e subito dopo, il Vecchio fondaco degli Inglesi, costruito a cavallo del XV secolo per il mercante Bobriscev. Alla morte di questi l’ edifico passò ai possedimenti imperiali e venne destinato a sede di rappresentanza commerciale per la comunità inglese. Ma nel 1649 lo zar revocò la concessione come protesta contro l’ esecuzione del re d’ Inghilterra. La casa è sopravvissuta al tempo, alle guerre, e a partire dagli anni novanta è iniziata la sua opera di restauro. Nel 1994 viene aperta al pubblico in comcomitanza con la visita di Elisabetta II. Rimando la visita ad altro giorno, non sono molto attratto anche perchè l’ unica stanza conservatasi della costruzione originale è la cantina. Subito oltre il fondaco è la chiesa di S.Massimo del 1699, che ospita oggi un negozietto piccolino dove si vendono prodotti di artigianato non cari, di più! Ancora oltre, la casa dei boiardi Romanov, del XVII secolo, ricostruita poi nel 1858 per volere di Alessandro II. Era la residenza della famiglia Roman prima di accedere al trono imperiale. Anche in questo caso rimando la visita ad un giorno successivo. Cosa che poi, però, non ho avuto tempo di fare. Pazienza. Proseguo oltre, dopo una breve passeggiata nel cortiletto della residenza e delle due chiesette che sorgono accanto. Il monastero del Segno e la Chiesa di San Giorgio, a mio avviso bellissima, chiudono questa bellissima strada, dove passato e presente convivono armoniosamente.
Voltandomi indietro ad osservare i diversi stili architettonici delle diverse chiese, dei campanili che svettano alti nel cielo, delle residenze storiche, non oso immaginare quanto potesse essere bella e fantastica Mosca un tempo. Fortunatamente il comunismo di Stalin non ha cancellato l’ ultima testimonianza della città del passato, della capitale che fù. Vado ora alla ricerca della della chiesa della Trinità a Nikitniki. Sbaglio strada un paio di volte, ma alla fine riesco finalmente a scovarla, incastrata e quasi soffocata da edifici di stili ed epoche differenti, ex uffici del Partito Comunista. Venne fondata nel 1635 e all’ epoca dominava il panorama, mentre oggi desta quasi compassione vederla circondata sui 4 lati da grandi palazzoni grigi e tetri. I colori sgargianti, le sue cinque cupole verdi, la profusione di decorazoni e tegole dipinte, lasciano i miei occhi stupiti di tanta bellezza ed increduli da come possa essere sopravvissuta al tempo. La chiesa, detta anche di Nostra Signora di Georgia per via di un icona qui venerata, è considerata uno dei migliori esempi dello stile ‘rabescato’ russo. Al momento però la chiesa ha posato i suoi panni religiosi per trasformarsi in un museo, dove però l’ accesso è a mio avviso esoso. Poco distante sorge, anch’ essa incastrata in edifici post-bellici, il Monastero dell’ Epifania, fondato nel 1296 dal figlio di Aleksander Nevsky, il secondo più vecchio di Mosca. La visita alla chiesa è però impedita, l’ edificio versa in condizioni critiche, a mio avviso è pericolante. Mi domando come, una città ricca come Mosca, non riesca a trovare fondi per un suo restauro al fine di portarla al suo antico splendore. Vinto dalla stanchezza faccio ritorno in camera per un meritato riposo. Riaffiorano vecchi dolori alle gambe che solo un leggero riposo posson curare. Intorno alle ore sette sono pronto a ripartire, questa volta andando alla scoperta del quartiere che ruota attorno a ulitsa Marosejka ( dove sorge il mio ostello ) dove gravitano due nuclei distinti di comunità non russe, quella armena e quella ebraica. Dal mio ostello cammino in direzione Lubijanka per poi svoltare in Spasogliniscevkij pereulok, una stradina che scende ripidamente verso il fiume. Avvolta dalla tranquillità, la strada non offre molto al visitatore se non la sinagoga, costruita nel 1891, un edificio color giallo la cui entrata è sormontata da un frontone sorretto da 4 colonne corinzie. Proseguo la passeggiata in queste stradine silenziose, ulitsa Zabelina e Starosadkij perulok, che risale verso la collina. La zona pare una piccola Monmartre, stradine tranquille che salgono e scendono lungo le pendici della collina, viette acciottolate, piccoli giardini dove pace e tranquillità sono padroni di casa. Tornato al traffico di via Marosejka, mi trovo ora in fronte ad una bellissima costruzione rococò di color azzurro vivo e che oggi ospita l’ ambasciata bielorussa. In fronte, la chiesa di Cosma e Damiano, del 1791. Due poliziotti fermi a parlottare lungo la strada, m’ osservano mentre io, guida alla mano, scruto il paesaggio attorno a me. Quando vedo il loro sguardo puntato sulla mia persona, me la svigno velocemente, onde evitare rogne. Proseguo l’ Armjanskij pereulok, centro intellettuale e spirituale della colonia armena: in questo delizioso vicoletto sorge infatti l’ ambasciata armena in un edificio del XVIII secolo, fatto costruire dai ricchi mercanti Lazarev. Passeggio avvolto dal silenzio, in queste stradine di Mosca a ridosso dal centro. Giungo fino alla torre Mensikov, eretta nel 1704 dalle forme barocche. Costruita dal principe Mensikov, amico di Pietro il Grande. Egli voleva che la chiesa da lui finanziata fosse più alta della torre campanaria di Ivan il Grande del Cremlino e cosi si escogitò l idea di costruire il tempio a forma di torre, che piacque molto anche allo stesso Zar. Posso dir concluso anche il tour numero due che mi ero precedentemente organizzato. Ora mi trovo nel grande boulevard di Chistoprudnyy, un bel viale alberato non lontano dalla Piazza Rossa. Visto che sono appena le ore otto ed il sole risplende ancora nel cielo, decido di spingermi fino al parco Gorky. Dalla stazione metropolitana che sorge al fondo del boulevard, raggiungo la stazione Oktjabrskaja. Già da qualche ora il tempo non era dei migliori, lentamente le nubi si erano appropriate del cielo della capitale, ma il pericolo pioggia era fino a quel momento scongiurato. Ma quando esco dalla metro, in piazza Kaluzhskaja, una leggera pioggerella ha iniziato a scendere sulla città. Oltretutto il buio della sera sta facendo sua Mosca. La piazza davanti a me, vastissima, è molto trafficata. Tutti questi indizi mi portano a rimandare la visita al parco in altro giorno, e andare invece alla ricerca di un posto ove cenare. M’ avvio lungo Leninskiy prospekt, ‘piccola stradina’ a dieci corsie, attratto dalle mille insegne luminose. Pochi passi e scorgo una piccola tavola calda che pare far proprio al caso mio. Al suo interno poche persone che non appena faccio ingresso si voltano ad osservarmi, quasi fossi un marziano. Mangio qualcosa di non ben specificato e di cui ignoro nome e ingredienti, ma in fin dei conti, commestibile. Sazio, esco dal self service ma la pioggia ancora non ha smesso di scendere. Il buio è ormai padrone della città. Decido di non andare oltre con il programma di visita e di tornare in ostello a godere di un poco di caldo. Mi concedo ancora un piccolo dolce in uno degli innumerevoli chioschetti accanto alla metro. Giungo in camera mezz’ oretta dopo, stanchissimo. Scrivo come sempre il mio diario di viaggio e quando sono quasi le ore undici vado a nanna, felice.
venerdì 19 agosto
Il giorno seguente mi sveglio intorno alle ore nove dopo una nottata trascorsa in maniera tranquilla. Le odiose zanzare di San Pietroburgo sono, finalmente, un lontano ricordo. Mi preparo velocemente, un buon thè caldo, e via per le strade della città. Raggiungo la Piazza Rossa, dove, come sempre attratto dalla bellezza e maestosità della piazza e di San Basilio, mi perdo in mille fotografie. La giornata è bella, il cielo di un azzurro pastello ed un bel sole caldo risplende alto nel cielo. Inizio la mia passeggiata costeggiando le mura del Cremlino, lungo la parete che s’ affaccia sulla Moscova. Oltrepasso, una dopo l’ altra, le torri che si ergono dalle mura del Cremlino, in ordine: torre dello zar, torre Tocsin, la torre di Costantino ed Elena, torre Beklemishevskaja, la torre di Pietro, le due torri senza nome, la torre segreta ( ha un passaggio sotterraneo che porta al fiume e serviva per prendere acqua durante gli assedi ) ed infine la torre dell’ Acqua. Una piacevole passeggiata, fin a giungere all’ ultima torre, dove provo ad attraversare la strada per continuare la passeggiata sul marciapiede opposto. Attendo si e no un quarto d’ ora prima che il semaforo arresti il traffico e permetta alla mia anima sola di attraversare in tutta sicurezza la strada! Cammino allegro e spensierato, la giornata, questa bellissima giornata, mi rende felice. Passo davanti all’ imponente Cattedrale di Cristo Redentone e attratto dall’ imperioso monumento a Pietro il Grande, che s’ erge poco distante, continuo a camminare. Il monumento raffigura Pietro I, zar di Russia dal 1682 al 1725. Il monumento è al 6º posto tra le statue più alte del mondo. La sua storia è molto curiosa. Realizzata su progetto dell’architetto Zurab Tsereteli, concepita per raffigurare Cristoforo Colombo, fu donata agli Stati Uniti d’America nel 1992 in occasione del 500º anniversario della scoperta dell’America. Rifiutata a causa della sua bruttezza è stata “riciclata” come statua raffigurante Pietro il Grande ed è stato, infine, deciso di collocarla a Mosca. La testa del navigatore genovese fu sostituita con quella dello zar, ma le tre caravelle rimasero, portando molti a chiedersi quale sia il nesso tra di esse e Pietro il Grande. La scultura non è poi neanche tanto brutta come lasciavano intendere gli americani…a me in fondo piace! Voglio scattare una foto che mi ritragga con lo Zar, ma siccome nessun anima pia transita lungo il marcipiede, non mi resta far altro che usare il mio piccolo cavalleto. Qualche minuto a cercare un punto d’ appoggio e poi la macchina fotografica rimane in equilibrio precario sul marciapiede; non appena parte il conteggio per l’ autoscatto, senza che io possa evitare il tracollo, cade rovinosamente a terra. Ahimè. ‘Lodando’ tutti i santi in Paradiso accorro ai piedi della mia povera Sony nella speranza che la caduta non ne abbia compromesso il funzionamento. Ed infatti, a parte qualche piccola riga ( porca miseria, quanto mi scoccia! ) funziona ancora perfettamente. Stupido io che l’ ho posizionata male ed in un posto dove lo corsa delle auto con relativo spostamento d’ aria, rendevano inevitabile la caduta. Fan***o a zio Pietro e continuando a ‘lodare’ i Santi patrono di tutte le città d’ Italia, torno indietro lungo la strada fino a risalire la collinetta sulla quale si erge la Cattedrale del Cristo Redentore. Faccio ingresso nel bel giardino verde dove riposo le mie gambe qualche secondo, approfittandone per scattare alcune foto, questa volta ponendo maggiore attenzione ad appoggiare il cavalletto. La ricostruzione della Cattedrale ( 1994-97 ), demolita per ordine di Stalin nel 1931, è il più ambizioso progetto costruttivo intrapreso dal sindaco di Mosca, Luzhkov. Per diverso tempo questo terreno fu occupato da una piscina all’ aperto, poi riempita. Il progetto fu però molto discusso, per motivo di gusto e costi. Risulta al momento la chiesa più grande di Russia, può ospitare migliaia di fedeli. In effetti le sue dimensioni sono imponenti, la sua cupola dorata svetta nel cielo e la si può scorgere da qualsiasi punto della città, anche a distanza di chilomentri. L’ entrata della Cattedrale è posta lungo ulitsa Volkhonka, dalla parte opposta alla Moscova. Al momento del mio ingresso si sta celebrando una messa ma..ma possibile, non è domenica! Vi sono moltissime persone, addirittura sono presenti 7 postazioni video di emittenti nazionali. Molto probabilmente vi è qualche esponente del governo accanto ai sacerdoti ( forse vi è anche il Patriarca? Non ho la più pallida idea di come vesta e come sia…quindi è possibile ) che officiano la messa, anche perchè prima di entrare vengo sottoposto a controlli da parte della polizia locale. Rimango una decina di minuti a curiosare, l’ interno della Cattedrale è molto bello e ricco di decorazioni, anche se di epoca recente.
Ritorno alla luce del sole e m’ incammino in direzione del Cremlino. Accanto alla Cattedrale sorge un bel giardino verde dove si erge la statua dell’ imperatore Alessandro e subito dopo, dall’ altra parte della strada, il museo Puskin che ospita la più grande collezione di arte europea della città. Rimando la visita ad altro giorno al fine di godermi appieno di questo bel sole. Viste le condizioni meteo di questi giorni voglio restare all’ aria aperta il più possibile e se mai dovesse piovere, potrò sempre intrufolarmi in uno di questi musei e non perdere ore a non far nulla. Qualche minuto di passo ancora e sono di fronte alla Torre Borovitskaja del Cremlino e dalla parte opposta in fronte al bellissimo palazzo Paskov ove campeggia in motivi floreali la scitta ‘Mockba’. Costruito attorno al 1785 ospita oggi una collezione incredibile di stampe, incubabnoli, libri rari, una ricchissima collezione antica, tutte opere che hanno fatto si che la biblioteca fosse inclusa all’ Unesco nell’ elenco dei Tesori dell’ Umanità.. Accanto al bellissimo palazzo Paskov, il complesso tetro di edifici di epoca staliniana ospita l’ enorme biblioteca di Stato. Al fondo di esso si apre una piccola piazzetta dove campeggia il moderno monumento a Dostoevskij. Mi riposo ai suoi piedi per diversi istanti, sono stanco e parecchio sudato, la distanza tra i vari monumenti sono abissali, qui a Mosca tutto è grande! Giusto per far capire…la strada su cui si affacciano tali edifici è a sole sette corsie…sette! Durante questa breve pausa mi pappo un delizioso dolce alla frutta e nel mentre osservo il traffico costante lungo Mokhovaja ulitsa. Devo riprendere il cammino, ormai sono quasi giunto nei pressi dei giardini che si affacciano sulle mura del Cremlino. Poco istanti di passeggiata e oltrepasso il Maneggio, un grande e basso palazzo, costruito nel 1817 dal generale francese Carbonier. Serviva per gli esercizi equestri degli ufficiali di corte. E’ in stile dorico, lungo 170 metri e largo 45. Faccio ingresso pensando di trovarmi immerso in qualche mostra contemporanea mentre invece è in corso di svolgimento una fiera sul mondo dei bambini, con giochi, esperienze, fotografie. E mille bambini che corrono ulrano corrono urlano….perbacco che storia! Molte mamme con i loro poppanti, al seguito di milioni di passeggini…un casino pazzesco, al confronto l’ anulare di Roma è un centro relax…l’ interno è però del tutto particolare, infatti la sala è il prodotto di alta carpenteria, in quanto non è sostenuta da pilastri. Venne usata dal Cremlino, nel passato, come autorimessa ma dopo essere stato restaurato nel 1957 viene oggi usato come sede di esposizioni temporanee. Come detto, il Maneggio s’ affaccia sulla piazza omonima, al momento molto affollata. Mi siedo su di una delle panchine a bordo prato, osservando i passanti, i loro sorrisi, i loro malumori e… lentamente m’ abbiocco. Rimango un’ ora a godere dei raggi di questo sole caldo, che s’ infrangono sul mio viso. Qual pace porca miseria! Resterei ore, giorni, secoli! Una volta sveglio, impiego qualche minuto a riprendermi completamente e poi, vinto dalla fame, mi concedo un panino in un chioschetto li accanto. Devo dire che il salcicciotto era grande come la mia mano, e soprattutto ottimo! Passeggio senza meta nel parco, in questo bellissimo giardino verde di Alessandro che si sviluppano per tutta la lunghezza delle mura del Cremlino. La caratteristica principale del parco è la torre Kutafia, avanzata rispetto al Cremlino di Mosca. Raggiungo la rovina di una grotta che è stata costruita appositamente, su progetto del Bova, al di sotto della Torre centrale dell’Arsenale nel 1841. Salgo la grande scalinata che porta ad una piccola terrazza da cui si gode di una bellissima vista sui giardini sottostanti. Diparto lungo un viale in granito costeggiato da lapidi in porfido contenenti terra provenienti dalle Città Eroine di Leningrado, Kiev, Volgograd, Odessa, Sebastopoli, Minsk, Kerc, Novorossijsk, Tula e Brest. Il cippo di Volgograd è stato posizionato a nome Stalingrado, denominazione della città all’epoca della Seconda guerra mondiale. Poco oltre e si arriva alla fiamma perpetua dove le spoglie dei soldati senza nome caduti durante la Battaglia di Mosca del 1941, seppellite un tempo in una fossa comune al km 41 della strada per Leningrado, nel dicembre del 1966 al 25esimo anniversario della battaglia furono trasferite ai piedi delle Mura del Cremlino. Il monumento attuale fu inaugurato l’8 maggio dell’anno successivo. La torcia della fiamma perpetua fu trasportata dall’ allora Leningrado, dove era stata accesa con il fuoco della fiamma perpetua del locale Campo di Marte. La pietra tombale vera e propria, installata nel 1975, è decorata da bronzei rami d’alloro e da un elmetto militare posti sopra una bandiera. Dinanzi alla pietra tombale vi è una stella a cinque punte, posta in una rientranza quadrata, dal cui centro si diparte la fiamma perpetua. La fiamma illumina l’iscrizione in bronzo “Il vostro nome è sconosciuto, le vostre gesta sono immortali”. A sinistra della tomba si trova un muro di granito, con intarsiata la scritta “1941 – A Coloro Che Sono Caduti Per La Madrepatria – 1945”. Nel 1997 la Guardia d’Onore, (che aveva vigilato sul Mausoleo di Lenin) fu ripristinata alla Tomba del Milite Ignoto. Rimango sorpreso, nei giorni seguenti, nel vedere molti giovani sposi deporre fiori accanto alla fiamma perpetua.
Scopro, proprio ora mentre scrivo, che si tratta di un rito con cui gli sposi ringraziano i soldati caduti anche per garantir loro la futura possibilità di sposarsi ( ma che bella cosa! Un semplice gesto a ricordare chi, nel passato, ha lottato con sangue e sudore. Da noi sarebbe possibile una cosa del genere? Un ventenne del mio Paese non ha neanche idea di cosa son le fosse Ardeatine…). Oltrepasso la cancellata in ghisa dei Giardini di Alessandro, eretta per commemorare le vittorie dell’esercito russo su Napoleone, trovandomi ora nella grande piazza dove serge la porta della Ruserrezione. M’ incammino lungo ulitsa Okhotnyy Ryad, davanti alla camera bassa del Parlamento Russo, la Duma, e subito dopo la casa dei Sindacati, uno tra i migliori esempi di architettura neoclassica russa, con pronao di sei enormi colonne corinzie. L’ edificio venne costruito attorno al 1784 come abitazione per principi russi, fino a diventare agli inizi del secolo un circolo della nobiltà russa. Oggi funziona ancora come camera ardente per uomini illustri, da Lenin in poi. Molte persone attendono in coda l’ ingresso…in effetti deve essere davvero interessante la visita! Poco oltre, in Tetralnanaja ploshchad…il Bolshoy. Cavolo, il Bolshoy. Uno dei teatri più importanti al mondo, se non il più importante! E si trova ora davanti ai miei occhi, davanti a me! Siedo su una delle numerose panchine della piccola piazza che s’ apre ai piedi del teatro, godendo di attimi di relax sotto questo sole caldo e assai piacevole. La giornata è splendida, il morale altissimo, sono felice…cosa posso chiedere di più dalla vita? Sulla piazza si aprono gli ingressi di tre gloriose istituzioni dell’ arte drammatica del Paese: il Piccolo Teatro, riservato alla prosa e costruito nel 1824, al centro della piazza come detto il Bolshoy o Grande Teatro, e alla sua sinistra dil Teatro dei Bambini, costruito nel 1821 destinato alle opere in prosa e in musica destinate all’ infanzia. Tornando al Bolshoy, venne costruito nel 1821-24 da Mihailov e Bove. Fu distrutto da un incendio nel 1853 e ricostruito nelle forme attuali da Cavos nel 1856. Ha solenne facciata con pronao classico e frontone sormontato dalle bronzea quadriga di Apollo. La sala dispone di 2150 posti distribuiti su sei ordini di balconate. Pagherei oro per visitarne gli interni, per ammirare il tempio del balletto classico mondiale. Invece, come anche per il Mariinsky di San Pietroburgo, in agosto vanno tutti in ferie e non sono previsti ne spettacoli ne tantomeno visite guidate. Che tristezza c**o! Pazienza. Rimango diverso tempo ad osservarne la facciata, ad immaginarmi quelle serate di gala dove la Mosca bene si riunisce in questa sala, quando gli interpreti migliori volano sulle ali della musica… Rimango comodamente seduto una mezz’ oretta, in modo da riuscire a scattare un istantanea che mi ritragga in ‘sua compagnia’. Il tempo vola, e io devo correre! Riprendo il passo lungo Teatralnyy prospekt, dove sorge l’ imponente albergo Metropolis, e poco oltre alla mia destra, una stradina il cui accesso è sormontato da un bellissmo arco medioevale. Qui si trovano le migliori boutique alla moda nonchè le concessonarie di Ferrari, Lamborghini, Bentley. Non a caso è conosciuta come una delle vie dello shopping più costoso del mondo e trova spazio, addirittura, il Pacha! Dopo tanta ricchezza mi disintossico dal denaro tornando in piazza Lubjanka. Siccome il tempo a mia disposizione è ancora molto, intraprendo il tour ‘ blu ‘, che mi porterà fino al museo della Rivoluzione.
Dalla grande piazza, imboccando viette laterali, giungo fino ( ci arrivo a caso, attratto dalla vista di un campanile ) al convento della Natività della Vergine. L’ ingresso è gratuito in questo bel giardino dove diverse chiesette trovano spazio. Il convento non è ancora stato ristrutturato lasciando gustare quella sensazione di reale che molte altre costruzioni in Mosca hanno perso. Vago curiosamente da una parte all’ altra, è un luogo assai piacevole e silenzioso. In una piccola costruzione, che funge da biglietteria, scorgo una donna dormire stramazzata sul tavolo: poverina! Non disturbo il sonno della signora e proseguo alla visita. Riprendo la passeggiata seguendo ora l’ itinerario che mi porta ad arrivare ai bagni Sandunovskiye, i più famosi di Mosca ( e forse del mondo ). Le strutture, grandiose anche se un po’ diroccate, risalgono al XIX secolo e costituiscono un mix tra una sauna e un club sociale, nel quale i sessi sono rigorosamente separati. In queste sale sono stati girati diversi film famosi, tra cui alcuni con Van Damme. Un bagnetto non sarebbe male, ma i costi ( presuppongo ) ed il tempo non mi danno scampo: devo correre! A pochi passi dai bagni diparte una via pedonale, Stolesnikov pereulok, dove s’ affacciano bei palazzi ottocenteschi raffinamente restaurati e negozi alla moda, da Chanel a Gucci. Al fondo della strada si apre la Tverskaja ploshchad, dominata dal palazzo neoclassico costruito nel 1782 oggi sede del municipio della città. Negli anni ’37-38, allorchè questo tratto della via venne allargato di 41 metri, il palazzo fu spostato all’ indietro, complessa operazione che però non causò alcun danno all’ edificio. Quando si dice che certe persone sono folli…bhè, il comunismo ne ha prodotte molti! Dalla parte opposta della piazza è la statua equestre del principe Jurij Dolgorukij, fondatore di Mosca nel 1147. La piazza si affaccia sull’ animata via Tverskaja, l’arteria principale della citta’, conosciuta nei tempi dei Sovjet come via Gorkij, in onore del sommo scrittore russo Massimo Gorkij. Fu sempre di grande importanza sopratutto nel XV-XVII perche’ collegava Mosca con i principati russi, con la citta’ di Tver’ e con l’antica Novgorod. M’ incammino lungo la strada che a mio avviso non presenta grandi cose da vedere, se non negozi e ancora negozi, e prosegue verso Pushkynskaja ploshchad, dove si erge il monumento al grande poeata russo, fino a giungere al Museo della Rivoluzione. All’ esterno vi sono due mezzi articolati della Seconda Guerra Mondiale, che m’ attirano alla visita. Il prezzo d’ ingresso è particolamente esoso, sono 400 Rubli ( 250 ingresso + 150 per fotografare ). Il museo sarebbe particolarmente interessante, ma se tutti i reperti esposti riportano recensioni e spiegazioni esclusivamente in lingua russa, allora è una mezza delusione. Anche perchè di fotografie ne avrò fatte si e no 4, e pagare quasi un euro a fotografia lo trovo alquanto eccessivo! Pazienza, mi servirà da lezione! Dopo una mezz’ oretta trascorsa nelle sale del museo torno alla luce del sole di questa bella giornata. Passeggio lungo Tverskaja pereulok per un chilometro e mezzo, fino ad arrivare davanti alla porta della Resurrezione. Ora posso finalmente riposare, sedermi e godere in tutta pace la vista, questa splendida vista, sul museo di Storia Naturale e dietro ad esso, della Piazza Rossa. Migliaia di persone, di turisti, di moscoviti, a passeggiare nel cuore pulsante della capitale. Seduto, osservo le persone passare, sorridere, scattare milioni di fotografie. Turisti in coda per visitare il mausoleo di Lenin, e altri per far ingresso nel McDonalds. Ad un certo punto due belle ragazze siedono non distante da me. Le vedo guardare sospettosamente intorno, come se bruciassero dalla paura di essere notate. Da chi? Saranno due spie, le famose ‘spie russe’? Due donne kamikaze che aspettano di farsi saltare per aria, proprio accanto a me? Ma poi…poi ecco spuntare dalle loro borsette un paio di scarpe con tacchi a spillo! Altro che bombe o kalasnikov, queste si son portate le scarpe a spillo da sostituire alle più comode sneakers, cosi son pronte ad andare in centro… Sorrido, in fondo mi fanno tenerezza!
Il tempo, quando si sta bene, quando si è felici, vola via senza darci la possibilità di assaporare appieno la gioia di vivere. E cosi anche ora santo dio! Con andare lento passeggio in Piazza Rossa, raggiungo la Lubjanka e da qui, mentre torno in camera, scorgo un piccolo self service. Siccome al momento son sprovvisto di denaro contante, domando se per caso è possibile pagare con bancomat o carta, ma mi sento rispondere… ‘ no sorry’. -Ma dove vivete santo Dio?- Pazienza, andrò in altro locale! Ma passeggiando lungo Marovskaja m’ accorgo che di locali non ve ne sono molti e quei pochi sono tutti molto costosi. Giunto cosi nei pressi dell’ ambasciata bielorussa, prelevo contante in una banca e torno al locale, per evitare di camminare ore a vuoto. Meglio evitare di sprecar energie, in questo momento vitali per la mia salute. Pappo una zuppa buonissima, un piatto di riso e affettati, il tutto accompagnato da un ottima birra ( che buona la birra russa…porca miseria quanto è buona! ). Sazio, torno in camera a riposare per brevi istanti. Le mie gambe sono al limite della sopportazione, ho le bolle ai piedi a forza di camminare! Come una donna rimango mezz’ ora sotto la doccia, alla faccia della siccità Africana! Quando il buio è calato sulla capitale, posso finalmente ripartire alla scoperta della Mosca notturna. Raggiungo la Piazza Rossa, illuminata a giorno: qual spettacolo! E’ una magia, la cattedrale di San Basilio con i suoi colori vivaci, le sue cupole, e dall’ altra la porta della Resurrezione e poi tanta, tanta gente. E poi la Torre del Senato, con ai suoi piedi il mausoleo di Lenin. Ho avuto la fortuna di visitare molte città a questo mondo, molte capitali fantastiche, ma Mosca ha qualcosa in più di tutte loro, quel tocco che la rende realmente magica. Passeggio con il naso rivolto alle alte mura del Cremlino: chissà quali stupendi edifici conserva al suo interno! Qualche giorno ancora d’ attesa e poi sarò in visita al suo interno, ma per ora non mi resta che fantasticare! Raggiungo il ponte sulla Moscova, e quando m’ appresto a scattare delle fotografie al Cremlino sopraggiunge una donna con il pargolo tra le braccia che m’ offre il suo aiuto, senza che io domandi nulla. Gentilezza, ecco cos’ è, una parola spesso dimentica ai più, soprattutto nel mio Paese. Il panorama che si apre davanti ai miei occhi è a dir poco eccezzionale. Le mura del Cremlino, la cattedrale di San Basilio, la cattedrale del Cristo Redentore, e poi lontano, nel panorama notturno di Mosca, svettare nel cielo i grattacieli staliniani. Un’ immagine della città che mai dimenticherò, un panorama da ‘ cartolina ‘, la migliore di tutte. Vorrei poter stare ore, giorni, mesi a godere di tale spettacolo gratuito, i miei occhi mai si stancherebbero di ammirare questa ‘ cartolina ‘. Proseguo la passeggiata lungo Sofiyskaya naberezhnaya, la strada che s’ affaccia sul fiume ( sulla riva opposta della Piazza Rossa ), decisamente tranquilla e silenziosa. Il miglior panorama che si può avere sul Cremlino è senz’ altro dal ponte sulla Moscova e, in secondo luogo, lungo questa stradina lungofiume. Passeggio tutto felice, attraverso nuovamente la Moscova e risalgo le mura lungo Bol’shoy Kamennyy most. Mi soffermo ad osservare per diversi istanti, incuriosito, la grande stella in vetro rosso ( del peso di 1000-1500 kg ) al di sopra della Torre dell’ acqua, sistemata nel 1935. Queste stelle che sormontano le Torri del Cremlino, sono andate a sostituire le aquile imperiali a due teste. Faccio ora ingresso nei giardini di Alessandro, illuminati da una fioca luce, quindi in piazza Rossa quando ormai è quasi totalmente deserta e dopo milioni di fotografie di fotografie posso tornare in camera. Sono stanchissimo, ma felice. Mi concedo ancora un thè nella sala comune, scrivo il mio inseparabile diario e quando sono quasi le ore 1.20, posso finalmente andare a dormire. Un altro giorno è andato, volato via.
20 agosto
Il giorno seguente, vale a dire sabato 20 agosto, mi sveglio prestissimo. Intorno alle cinque e mezza ( dopo 4 ore di sonno ) apro gli occhietti e dalla grande finestra intravedo un cielo azzurrissimo: bene! Cozzo nel letto ancora per qualche ora e quando sono circa le otto e mezza scendo a far colazione. Ma, ahimè, dalla finestra vedo ora cadere il mondo, il diluvio universale si è abbattuto sulla capitale. Porca miseria! Pazienza, attendo al calduccio della cucina nella speranza che la pioggia smetta velocemente di scendere. Mentre sorseggio un buon thè scambio qualche parola con un ragazzo argentino che assomiglia moltissimo ( anzi, è la fotocopia…e non scherzo ) di un mio carissimo amico saluzzese. Intorno alle ore dieci il tempo sembra riprendersi, la pioggia smette di cadere sulla città ed io, in tutta fretta, raggiungo la Piazza Rossa, dove però riprende a piovere. Riparo sotto i tendoni del GUM, e fortunatamente dopo una decina di minuti sta c**o di pioggia decide di concedere una pausa. Oggi è per me una giornata memorabile, andrò a far visita a…a Lenin! L’ ingresso al Mausoleo avviene però non dalla piazza Rossa come immaginavo, ma bensi’ dalla piazza del Maneggio, a fianco del museo storico di Stato. Il tempo sembra tenere nonostante questo cielo cupo, ognitanto scende qualche goccia ma senza impensiermi troppo. Una discreta coda è in attesa, come me, dell’ ingresso. L’ accesso al Mausoleo è infatti sezionato a gruppi di non più 30-40 persone per volta. Lentamente giungono altre persone, la coda diventa chilometrica e si snoda irregolarmente lungo tutto il perimetro della piazza. Mezz’ oretta di attesa, con la fortuna di essere in prima fila anche quando avviene il cambio della guardia alla poco distante fiamma perpetua, e poi, finalmente, posso raggiungere il gruppetto di persone che viene controllato, e smistato, verso l’ entrata del viale alberato che da accesso al Mausoleo. Ma quando viene il mio turno… sono rispedito al mittente. Il giovane ragazzo dell’ Armata Rossa che mi controlla sostiene l’ impossibilità di accedere alla camera funeraria di Lenin con macchine fotografiche, cellulari e quant’ altro, e che devo lasciare in custodia tutti i miei averi al piccolo ufficio li accanto. Avevo intuito la cosa anche se non vi era esposto nessun cartello al riguardo. Avevo infatti notato molte persone, poco prima di essere controllate dalle guardie, andare ad una piccola finestrella posta al vicino museo storico di Stato, senza però intuirne il perchè. Ora capisco tutto. Per una modica cifra ( pagare…sempre pagare…quanti soldi si fanno solo in questo piccolo sportello? Non oso immaginare…) lascio in custodia il mio borsellino e raggiungo nuovamente la postazione di controllo, questa volta superato senza problemi. M’ avvio lungo il viale dietro le tribunette in granito, dove una larga aiuola ornata di betulle e pini contiene le tombe e le urne di rivoluzionari comunisti, di dirigenti e di altissime personalità del periodo sovietico. Sono sepolti tra gli altri lo scrittore americano comunista John Reed, lo scrittore Gor’kij, la moglie e l’ amante di Lenin, ed il cosmonauta Juri Gagarin. Essendo tutti i nomi riportati in solo cirillico ci capisco ben poco, ma al fondo del viale, dopo aver già oltrepassato l’ ingresso del Mausoleo, intraverdo l’ urna di Gagarin. Domando conferma alla mia tesi a due russi di mezza età che gentilmente mi spiegano ( in russo, ovviamente ) che oltre a Gagarin vi è sepolto, nell’ urna accanto, un’ altro cosmonauta, di cui ignoro però il nome ( penso sia cosi, non comprendo di certo il russo! ). Affiancate sono invece le tombe dei segretari generali del Partito Comunista, da Stalin a Cernenko, con l’ eccezzione di Nikita Kruscev, sepolto invece a Novodevicij. E’ sopolto qui anche Zukov, l’ uomo ( o meglio, l’ eroe ) di Stalingrado. Per i busti domando informazione ad una guardia nei pressi che gentilmente, oltre a Stalin, m’ indica anche il nome di due o tre altri uomini di partito. Quanta storia, quanti uomini importanti sono ivi sepolti. Questa è storia, del nostro passato ma non solo, anche del nostro presente. Sono emozionato, e questa sensazione si trattiene a stento quando finalmente m’ appresto a far ingresso nel Mausoleo. Scendo lentamente le scale in porfido, nel tentativo di far durare il più a lungo possibile questi momenti. Raggiungo, dopo due rampe di scale, l’ ipogeo refrigerato riverstito da labradorite nera e grigia e ornato da una fascia rosso vivo. Il luogo è alquanto cupo, oscuro. Ecco, Lenin è davanti ai miei occhi. L’ artefice della Rivoluzione Russa, il capo del partito bolscevico, il presidente dell’ URSS. Ai lati pendono le bandiere dell’ Internazionale comunista e lo stendardo della ‘Comune’ di Parigi del 1871. Al centro di questa sala, l’ urna in vetro illuminata.
Lentamente ed in silenzio ( alcune persone vengono riprese dalle guardie mentre scendono le scale: ridere e scherzare è stupido, siamo pur sempre di fronte ad una salma ) camminiamo attorno all’ urna su tre lati, in fila indiana. La salma è perfettamente conservata mediante un processo di mummificazione, malgrado i travagli dell’ ultima guerra, quando venne trasportata e conservata a Samara. E’ curioso il fatto che anche Stalin, alla sua morte ( nel 1953 ) venne imbalsamato e la sua salma collocata a fianco di quella di Lenin, salvo poi essere rimossa e inumata sotto le mura del Cremlino. Bhè, per quello che Stalin ha rappresentato per la storia, penso sia stata la scelta migliore! Altra curiosità è data dal fatto che la volontà di Lenin era quella di essere sepolto accanto ai suoi compagni, ma Stalin e Dzeržinskij vollero fare del suo corpo un simbolo da esporre e da venerare. L’anatomista ucraino Vladimir Vorobiov e il dottor Boris Zbarsky, a capo di un gruppo di medici, utilizzarono una tecnica che non è stata ancora completamente svelata e da più di ottant’anni la salma viene fatta oggetto di trattamenti periodici e attenzioni costanti affinché conservi sempre un aspetto “da vivente”: oltre ad essere ispezionata settimanalmente per rivelare eventuali tracce di muffa o fenomeni degenerativi, ogni anno e mezzo viene immersa per trenta giorni in un bagno di glicerolo e acetato di potassio. Cose dell’ altro mondo! La visita dura poco, brevi istanti per portare un saluto ad uomo cosi grande, che fece potente un paese intero ( nonostante le mille contraddizioni ). Quella persona che era sul treno che arrivò clandestinamente a San Pietroburgo, quel treno che qualche giorno addietro ammiravo nella ex capitale, e custodito come una reliquia in una teca di vetro. Comunismo o non comunismo, la storia è storia, e Lenin fa parte della storia. Quella stessa storia che ha cambiato il mondo ed il modo di pensare di generazioni. Tutto il mio rispetto per quest’ uomo! Pochi secondi e sono nuovamente all’ aria aperta. Quante emozioni è in grado di regalarmi questa città! Velocemente attraverso la Piazza Rossa dirigendomi verso la Cattedrale di San Basilio. Molte persone nelle immediate vicinanze, ma quasi nessuno in coda per l’ ingresso. Possibile, sarà aperto? Ma certo! Gioco dello studente con la patente ( il solito italianaccio ) e faccio ingresso all’ interno della cattedrale. Oggi, sabato 20 agosto, è un giorno speciale per me: prima il Mausoleo di Lenin ed ora questa straordinaria Cattedrale che secondo la leggenda, quando lo zar ha visto la cattedrale completata, ha ordinato di render cechi gli architetti per impedir loro di costruire altrove una cattedrale dalla bellezza simile. Venne eretta sulla Piazza Rossa di Mosca tra il 1555 ed il 1561. Costruita per volontà di Ivan IV di Russia per commemorare la presa di Kazan’ ed Astrachan’. L’edificio originale, noto come la chiesa della Trinità e successivamente come cattedrale della Trinità, constava di otto chiese laterali distribuite intorno alla nona, centrale, chiesa dell’Intercessione; la decima chiesa venne eretta nel 1588 sopra la tomba del venerato stolto Basilio il Benedetto. Durante il XVI ed il XVII secolo la cattedrale, percepita come il simbolo in terra della Città celeste, era popolarmente conosciuta come Gerusalemme. L’ apparente anarchia che caratterizza le forme della cattedrale nasconde in realtà un progetto razionale basato su nove cappelle principali: la più alta, al centro, con il tetto a padiglione, le quattro grandi a torre ottagonali, sormontate da altrettante cupole ( le più imponenti e le quattro cupole più piccole. In realtà solo la cappella nord orientale, aggiunta in seguito, è dedicata a San Basilio. Venne costruita sopra la tomba di Basilio stolto in Cristo, un santo venerato dalla chiesa russo ortodossa. Quando faccio ingresso nel cuore della Cattedrale sono accolto da splendide pareti affrescate, da angoli suggestivi, da vetrate riccamente decorate. L’ interno di San Basilio pare un labirinto, dove perdersi è davvero molto facile. E se all’ esterno San Basilio appare come un immagine fantastica, l’ interno lo è ancora di più. Spiegar a parole quello che i miei occhi ammirano è impresa difficile. Vago da una stanza all’ altra, come inebriato da tanta gioia. Godo di brevi istanti di musica, intonata da un piccolo coro nella cappella centrale. Giochi di ombre, di luci, che dalle piccole finestre s’ infrangono sulla pietra secolare delle pareti. Una magia. Vado tra le stanze per una buona mezz’ ora, ma ognivolta mi pare d’ essere in un posto nuovo, ognivolta mi par d’ essere in una stanza che ancora non ho visitato, ammirato. Mammamia…tornerò. Si, a Mosca tornerò, un giorno o l’ altro. A malincuore, torno alla luce del sole di questa giornata che ora, fortunatamente, si è riappropriata della scena. Da ulitsa Varvarka raggiungo ploshchad Slavyanskaya, dove sorge la cattedrale di Ognissanti sul Kulishka del 1687, e da qui risalgo le pendici della collina lungo Staraya ploschad, che più che una piazza è un lungo viale con al centro un bel giardino alberato, dove all’ estremità nord si erge il monumento agli eroi di Shipka. Pochi minuti ancora di passo e sono al mio ostello, ma prima di farvi ingresso però, dato che ancora non ho pranzato, mi concedo un buon pasto nel localino dove già ero stato la sera precedente.
Messa a tacere la fame, torno in camera dove mi cambio velocemente. Abbandono i vestiti ‘pesanti’, alleggerendomi di peso, e via in tenuta estiva diretto a Kolomoskoe. Dalla stazione metro di Kitaj Gorod raggiungo la stazione Kolomenskaya, a circa dieci chilometri dal centro cittadino. Il tempo, che prima era andato riprendendosi, si fa ora cupo; la pioggia è caduta, presuppongo, poco istanti fa. Non ho la più pallida idea di dove andare, di quale direzione prendere. Sono sperso nel bel mezzo di un grande incrocio trafficatissimo, e la mappa in mio possesso non m’è d’ aiuto, come dovrebbe. Domando informazioni ad una signora li nei pressi, ma a suo parere non è questo il posto che vado cercando. Bene! Come può non esser qui se il nome della stazione metro è lo stesso del luogo che vado cercando? Pongo la stessa domanda ad un signore poco più avanti che, fortunatamente, m’ indica di proseguire lungo la strada – ‘ tutto diritto, è arriverai a Kolomonskoe-‘. Per essere sicuro al cento per cento ( per ora siamo 1 a 1 , pareri favorevoli-contrari ), domando ancora informazioni ad una ragazza che mi passa accanto. ‘Certo, è qui Kolomonskoe’ e mi dice di seguire la strada che svolta alla mia destra. Direi bene, tre persone interrogate che mi dicono ciascuna una cosa differente! ( effettivamente l’ entrata a Kolomonskoe può avvenire da più parti, quindi sia la giovane che il signore avevano ragione ). Darò ascolto alla giovane ragazza, sperando mi abbia fornito la giusta informazione! M’ avvio lungo ulitsa Novinki, lunga strada alberata, e dopo neanche 500metri di cammino m’ accorgo, quasi per caso, che il grande parco s’ apre al mio fianco. Svolto cosi in Bol’shaiya ulitsa, una lunghissima strada pedonale immersa nel verde del parco. Qual silenzio! Cammina e cammina, ma non intravedo nulla, di Kolomenskoe neanche l’ ombra. Passeggio fino ad arrivare ad una piccola piazzola dove vi sono molti chioschetti e diverse persone che stanno pranzando allegramente. Cerco di non farmi attirare dal profumo di carne ed imperterrito continuo a camminare fino a giungere, finalmente, alla seicentesca porta del Santo Salvatore, ovvero l’ ingresso principale a Kolomenskoe. Si tratta di un antico villaggio situato sulla strada per Kolomna, divenuto negli anni ’60 un sobborgo della capitale. Kolomenskoe fu fondato nel secolo 14 e nel secolo 16 fu trasformato nella residenza estiva della famiglia Reale. Successivamente lo Zar Alessio I fece demolire tutti gli edifici in legno di Kolomenskoe, e li fece rimpiazzare da un enorme palazzo in legno strutturale, noto per i propri fantasiosi tetti. Gli stranieri parlano di questo labirinto di corridoi, di 250 stanze, costruite senza l’uso di seghe, chiodi o ganci, come dell’ottava meraviglia del mondo. La futura imperatrice Elisabetta nacque in questo palazzo nel 1709. Dopo il trasferimento della corte a San Pietroburgo, il palazzo cadde in rovina, tanto che Caterina II si rifiutò di nominarlo sua residenza a Mosca. Per suo ordine il palazzo venne demolito nel 1768. Per fortuna un modello in legno del palazzo è sopravvissuto, ed il governo moscovita ( ma si dai, spendiamo soldi…) sta considerando il progetto della sua ricostruzione nelle dimensioni originali. Varcate le porte d’ ingresso, mi trovo a passeggiare nella natura sconfinata, fin a giungere alla chiesa di Nostra Signora del Kazan imbiancata a calce, bellissima. Venne ultimata nel 1650 per lo zar Alessio, ed è un primo esempio di barocco moscovita. Quando entro al suo interno, sono avvolto da un incredibile senso di pace. Il silenzio della chiesa viene squarciato dalla roca voce del prete ortodosso che, proprio in quel momento, svolge una cerimonia battesimale. Assisto a questa dolce scena per qualche istante: i genitori, felici, tengono stretto tra le loro braccia il piccolo bimbo. Nella prima stanza, posta accanto all’ ingresso, vi è invece una bara. Chiusa, fortunatamente. Ma sarà vuota o cosa? Nessuno è presente, nessuna foto o qualsiasi altra cosa possa far pensare ad una persona deceduta. Certo che il luogo è parecchio strano: in una sala un battesimo e in quella accanto una bara…in fondo a questo mondo c’è chi va e chi viene!
Accendo un piccolo cero sotto una delle innumerevoli icone presenti, senza cosi interrompere una tradizione che si prolunga da anni. Proseguendo lungo il viale alberato giungo all’ entrata principale, che una volta era l’ accesso formale del palazzo dello zar Alexis. In questa costruzione bianca, al piano primo, si trova l’ omonimo museo, cui però disdegno la visita. Il cielo è sempre più scuro e cupo, sembra voler piovere da un momento all’ altro. Meglio non perdere altro tempo alla visita del complesso, correrei il rischio di prendermi un acquazzone. Affacciata al fiume sorge la Chiesa dell’ Ascensione. Venne costruita tra il 1530 e il 1532 in stile squisistamente russo per volere del Gran Principe Vasili III, forse per celebrare la nascita del figlio, il futuro Ivan il Terribile. L’ edificio, il primo realizzato in mattonicon le forme delle antiche chiese lignee, rappresentò un importante progresso nella storia dell’ architetura russa e spianò la strada alla costruzione di San Basilio. Da qui si ha una bella vista sulla Moscova e sulla città, offuscata solamente da questo cielo grigiastro che nulla di bene promette. Un tempo sorgeva la chiesa di San Giorgio di cui oggi rimane solamente la torre campanaria. Posto quasi ai piedi del campanile vi si trova il refettorio e non distante da esso la Torre del Falcone, costruita nel 1627 e che aveva la funzione di serbatoio di acqua. Tutto quello che resta invece del palazzo di Alessandro I è il padiglione, alla sinistra della chiesa dell’ Ascensione, del 1825. Vago nel prato verde ad osservare tutti questi edifici, provando ad immaginare quanto potesse essere maestoso l’ antico palazzo. Acquisto il biglietto per la Chiesa dell’ Ascensione alla biglietteria, posta in un piccolo container a fianco dell’ ingresso principale. La donna non cade nel tranello della patente-tessera Universitaria, anzi, mi guarda con sospetto come se fossi il figlio di Totò Riina. Yes, italian. Accidenti! L’ interno della Chiesa non è nulla di che, piuttosto scarno, se non per una splendida vista che si ha sulla Moscova. Scatto ancora qualche milione di fotografie e poi posso salutare Kolomenskoe. Prima però dedico ancora una veloce visita al rifugio di Pietro il Grande, una capanna di tronchi costruita intorno al 1702, quando visitò Arcangelo. Sorge in mezzo ai grandi alberi, al di fuori dell’ ingresso principale, in un ambiente davvero meraviglioso. Riposo per molti istanti su di una panchina in fronte ad essa, fin quando inizia a piovere. Che fortuna cavolo! Sono partito dal centro di Mosca con il bel tempo, il che mi ha portato a lasciare in camera kway e maglia, e ora mi trovo al freddo e sotto la pioggia! Riprendo velocemente il passo, fino ad arrivare in fronte alla chiesa di Kazan. Nel frattempo s’ abbatte su Kolomenskoe un vero e proprio diluvio, ma grazie a Dio le grandi piante della riserva donano riparo al mio essere, evitando cosi di bagnarmi dalla testa ai piedi. Rimango un quarto d’ ora al riparo delle grandi foglie e non appena la pioggia smette di cadere, riprendo il passo. Arrivato in Bol’shaya ulitsa, la stradina pedonale che attraversa tutto il parco, dilungo la mia passeggiata nella direzione opposta a quella da dove ero giunto. Ma al fondo di essa, la stradina s’ interseca con una strada molto trafficata e quando domando dove si possa trovare la metro, mi sento rispondere ‘Kolomenskaya’. Ottimo, direzione opposta! Al solo pensare di dover camminare ancora per oltre un chilometro, mi sento venir male. Sono stanchissimo e le gambe sono doloranti. Provo ancora un’ improbabile scorciatoia in mezzo al boschetto, senza fortuna: tutto recintato. Ritorno lungo la via pedonale per poi svoltare alla mia sinistra poco dopo, dirigendomi verso il museo della ceramica ( mi pare… ). Lungo la stretta stradina che porta alla metropolitana, diverse povere donne ( soprattutto anziane ) vendono i loro piccoli averi: dai giocattoli dei figli ai fermacapelli, pettini, vestitini…che tristezza. Piccole ed insignificanti cose per tutti noi, ma quale valore hanno per la persona che li ha posseduti? Arrivo nelle vicinanze della stazione metro proprio quando inizia nuovamente a piovere…che fortuna! Tornato a Mosca centro, raggiungo la mia camera dove mi doccio e poi riposo beato e contento sul mio comodo lettino. Quando sono circa le otto e mezza raggiungo il solito ristorante dove mangio, come al solito, ottimamente. Esco dal locale un’ oretta dopo e la pioggia cade sulla capitale: non mi resta che tornare in camera, passeggiare sotto la pioggia non ne ho davvero voglia. Tornato in camera m’ accorgo di aver fatto ‘qualche’ errore di calcolo nell’ organizzare il mio viaggio…porca miseria! Intorno alle undici e mezza, vinto dalla stanchezza, vado a far nanna.
Domenica 21
Il giorno seguente è finalmente domenica! Giorno di riposo, ma non per me! Apro i miei occhietti di buon ora ma come spesso accade rinvio il momento d’ alzarmi dal lettino caldo. Guardo dalla mia finestra e…e un diluvio si sta nuovamente abbattendo su Mosca. Porcaccia di quella miseria! Che fare? Mentre sorseggio il solito buon thè del mattino cerco di organizzare questa giornata, nel qual caso la pioggia perduri per molto tempo. Date le condizioni atmosferiche, anticipo la scoperta della metropolitana di Mosca ad oggi. Raggiungo sotto la pioggia la stazione Kitaj Gorod e da qui inizio un tour nella Mosca sotterranea che mi porta alla scoperta di un tesoro nascosto, bellissimo. La metropolitana di Mosca è un vero e proprio museo sotto terra ed è considerata, giustamente, la più bella del mondo. La ricchezza di stili architettonici, la grande varietà dei sistemi di illuminazione, la profusione di materiali e le tecniche usate fanno di ogni fermata un’ opera d’ arte a sè stante. I lavori di costruzione ebbero inizio nei primi mesi del 1933, ed il primo tratto venne inaugurato il 15 maggio del 1935, collegando Sokil’niki e la Komsomol’skaya. I numeri della metropolitana di Mosca sono impressionanti: le linee sono 12, 182 le stazioni per un totale di 298.2 km ed è il secondo sistema di metropolitana più frequentato al mondo per numero medio di passeggeri al giorno (dopo quello di Tokyo). Sulle linee radiali gli annunci delle stazioni sono fatti da una voce maschile sui treni diretti verso il centro cittadino, da una voce femminile sui treni che invece si allontanano verso le periferie. Sulla linea circolare gli annunci con voce maschile sono fatti sui treni che percorrono la linea in senso orario e con voce femminile per i treni che viaggiano in senso antiorario. E’ un mondo particolare quello della metropolitana di Mosca, un mondo sempre vivo, caotico, confusionario. Cartina alla mano visito le principali stazioni, quelle più belle e sontuose ( circa una quindicina ). Opere d’ arte aperte ogni giorno a tutti, gratuitamente. Ecco cosa è la metro della capitale. All’ estremità della scala mobile è sempre presente un piccolo gabbiotto dove, spesso una donna, controllano l’ afflusso delle persone ( penso sia questo il loro lavoro…almeno credo… ). Il costo di ogni corsa è di circa 50 centesimi e a differenza di San Pietroburgo dove per aver accesso bisognava inserire un gettone, a Mosca invece si usano delle semplici tessere grandi come una carta di credito. Per vedere l’ album fotografico relativo alla METRO di MOSCA, clicca QUI Vado avanti e indietro per le stazioni metro con la cartina in mano, sbagliando solamente una volta direzione. Considerato il fatto che ogni scritta, dai pannelli informativi al nome della stazione, sono in cirillico, posso considerarmi soddisfatto. La metropolitana di Mosca è un mondo fantastico, un mondo nascosto e intigrante, sebbene nel marzo 2010 sia stato preso di mira da attentati ( nelle stazioni Lubjanka e Park Pobedy ) che hanno causato la morte di 38 persone. ‘ Navigo ‘ per tre ore nel sottosuolo della capitale, senza sapere cosa stia succendendo in superfice, se la pioggia continua a cadere o se il sole ha riconquistato la città. Dopo ore trascorse sottoterra posso finalmente tornare alla luce del sole; sole si fa per dire, ovviamente. Ha smesso di piovere, ma il cielo è sempre grigiastro e cupo. Dalla stazione Kropotikinskaya ( in fronte alla Cattedrale di Cristo Redentore ) m’ avvio lungo ulitsa Prechistenka, una lunga e tranquilla strada dove sorgono bellissimi palazzi ottocenteschi. Per eccellenza viene considerata la via tolstojana. Infatti nel quartiere visse lo scrittore e molti degli eroi di Guerra e Pace. Un chilometro più avanti la strada si interseca con ‘ l’ anello ‘ della città, Zubovskiy bul’var, una tranquilla stradina a sole otto corsie per senso di marcia ( da non credere…) , il primo anello concentrico di viali che circondano Mosca. Essendo domenica la zona non è particolarmente affollata, ma non oso immaginare durante la settimana la mole di traffico e caos che regna su questa strada. E di inquinamento. Già solo per attraversare la ‘ stradina ‘ ho impiegato un quarto d’ ora, tra un semaforo e l’ altro! Passeggio in Zubovskiy bul’var e poi svolto in Ulitsa Timura Frunze, sbagliando però strada. Quando domando informazioni ad un signore su dove sia l’ abitazione di Tolstoy m’ indica infatti la strada parallela a quella in cui mi trovo. Cammino lungo questa stradina piuttosto anonima e malandaticcia fino a giungere alla bellissima chiesa di San Nicola dei Tessitori.
Avvolta da un delizioso giardino, è una delle più belle chiese di Mosca, tipica del barocco Naryškin. Eretta nel 1682 dalla corporazione dei tessitori, la chiesa di San Nicola mi colpisce per l’esuberanza dei suoi bulbi dorati sottolineati da kokošniki, e la sua decorazione policroma verde e rossa, arricchita da piastrelle di maiolica e lo splendido campanile piramidale. All’interno vengono conservate alcune belle icone dei secoli XVII e XVIII ma, al momento, sembra non sia possibile la visita. Pazienza… Grandi colate di cemento prive di balconi sono le abitazioni povere di molti russi e affiancano belle residenze barocche fine ottocento in un mix di stile e architetture differenti, dove l’ operaio convive con la nuova borghesia. La mia fame inizia a farsi sentire, sono quasi le ore due e ancora non ho pranzato. Scorgo un piccolo supermercato ma al momento sprovvisto di pane. E come lo faccio un panino senza pane? Biscotti, merendine, dolciotti…parole a loro sconosciute. Avrei anche voglia di una pasta, ma a quel punto dovrei comprarmi anche un fornello e pentole e montare una tenda da campo…pazienza, proseguo fino ad arrivare alla bella residenza in legno di Tolstoj, circondata da un grande giardino. Fu proprio il giardino che indusse Tolstoj a comprare questa proprieta’: egli, infatti, voleva una casa che gli permettesse di restare a contatto con la natura perche’ pensava che un uomo lontano da essa non potesse essere felice. Visse in queste stanze dal 1882 al 1901. Non rinuncio alla visita dell’ abitazione di uno dei più grandi scrittori a livello mondiale e dopo aver fatto mio il ticket d’ ingesso alla biglietteria ( una piccola e angusta costruzione posta a fianco della casa ), posso finalmente varcare le porte d’ ingresso della casa. Una signora, subito oltre la porta, fa capire a noi turisti che per visitare le varie sale della residenza dobbiamo usare dei piccoli copriscarpe in plastica. Al piano terra sono la sala da pranzo, le camere dei bambini, la stanza per i compiti e alcune stanze di servizio, mentre il secondo piano della casa era destinato ad accogliere gli ospiti e ad alloggiare la servitu’, una decina di persone che si occupavano dell’andamento della casa. In questo piano c’e’ la stanza piu’ grande della casa dove si organizzavano le serate musicali e letterarie e dove si svolgevano le feste familiari. Era in questa stanza che Tolstoj, seduto a un grande tavolo ovale, leggeva ai suoi ospiti le sue opere. Quando faccio ingresso nella sala, bellissima, una signora addetta al museo corre velocemente ad accendere il giradischi che lascia spigionare una dolce musica dell’ epoca. A seguire c’e’ il salotto della moglie dello scrittore e quello della figlia Tatjana. Quest’ultimo ambiente era destinato ad accogliere gli ospiti che si fermavano a dormire in casa Tolstoj. Nel secondo piano si trova lo studio dello scrittore. Questa stanza ha il soffitto basso e le pareti color verde acqua. Il pavimento e’ coperto dalla moquette e il mobilio e’ semplice e di colore scuro. Qui Tolstoj lavorava dalle 9 alle 10 del mattino e poi 3 o 4 ore nel pomeriggio. Ed è proprio in questo locale Tolstoj scrisse alcune delle sue opere più belle, dalla ‘Resurrezione’ alla ‘Sonata a Kreuzer’.Sulla scrivania troneggiano due candelabri di ottone e ci sono ancora le penne e il calamaio usati dallo scrittore. Accanto allo studio c’e’ la stanza da lavoro dello scrittore: era qui che si dedicava al suo passatempo preferito, cioe’ la fabbricazione delle scarpe. Ancora oggi ci sono gli attrezzi da calzolaio e le scarpe da lui realizzate. La casa di Tolstoj fu poi aperta al pubblico nel 1921. Anche se le pareti sono state rifatte i mobili e tutti gli arredi risalgono all’epoca in cui viveva la famiglia dello scrittore. Tutti gli oggetti di famiglia esposti, piu’ di 6 mila pezzi dagli abiti alla biancheria dalle stoviglie ai quadri, sono tutti originali. Ma la cosa incredibile in questo mio viaggio tra le varie sale della residenza è che la casa sembra ancora abitata dai suoi padroni: nella stanza da pranzo la tavola e’ apparecchiata; nelle stanze dei figli i libri e i quaderni sono sulle scrivanie come se aspettassero di essere sfogliati dai loro proprietari; i vestiti sono appesi negli armadi e la pelliccia da viaggio di Tolstoj si trova ancora appesa all’entrata; la sua bicicletta continua ad essere appoggiata al muro come se da un momento all’altro lo scrittore dovesse arrivare per compiere la sua giornaliera passeggiata su due ruote. Che emozione, che emozione!
Termino la visita entusiasta, saluto la signora all’ ingresso e raggiungo il parco che circonda la casa. E’ difficile credere che la residenza non sia stata distrutta a favore delle ‘colate di cemento’ che circondano sui tre lati l’ edificio. Il bellissimo giardino dona alla casa un aspetto quasi principesco, ed è proprio all’ ombra di queste grandi piante che lo scrittore amava passare il tempo sorseggiando il thè. Visto il tempo in cui viveva, si può certo dire che se la passava molto bene, anche se poi gli ultimi anni della sua vita non furono cosi positivi ( per via dell’ eredità… ). Ritorno lungo Zubovskaya ulitsa e dopo aver attraversato l’ omonimo boulevard, poco oltre svolto in Malyy Levshinskiy pereulok che prosegue in Denezhnyy pereulok. La strada è decisamente tranquilla, la città pare dormire ancora nonostante sia pomeriggio. Poche anime passeggiano lungo questa stradina dove sono molte le residenze lussuose, per di più adibite ad ambasciate e consolati, tra cui quello della mia amata patria. In questa residenza, nel passato, venne ucciso dai socialrivoluzionari il conte Mirbah e nel periodo 1919-1922 ebbe sede il Comitato esecutivo dell’ Internazionale comunista. Prima di immettermi in ulitsa Arbat, lungo la stradina s’ erge al cielo uno dei sette grattacieli stalianiani, oggi ministero degli esteri. Ma quanto è imponente! La via pedonale Arbat era, nel XVIII secolo, considerata dai nobili russi come la zona residenziale più prestigiosa di Mosca. La strada venne quasi completamente distrutta dal grande incendio durante l’occupazione napoleonica di Mosca nel 1812 e dovette essere ricostruita. Nel XIX secolo e agli inizi del 20° secolo divenne nota come il luogo in cui vivevano la piccola nobiltà, artisti e accademici. Oggi è una via pedonale molto animata, sono numerosi gli artisti di strada, gente che suona, balla…è una stradina allegra, sono molti anche gli edifici di interesse storico, qui vi abitarono nel secolo scorso artisti, musicistri, poeti, scrittori e intellettuali. E’ piena di negozi di antiquariato, boutique, bancarelle di souvenir, caffè all’ aperto e numerosi ristoranti. E’ qui che visse per un periodo della sua vita il poeta Puskin, e lungo questa strada che vissero numerosi personaggi famosi, di ieri e di oggi. Moltissme persone affollano la via, per lo più giovanissimi che trascorrono la loro giornata andando avanti e indietro, tra un panino al McDonald’s ed una birra all’ Hard Rock Cafè. Passeggio tranquillamente, mi lascio coinvolgere dall’ atmosfera, osservo i vignettisti correre con la matita sui fogli bianchi…ma poi, sia benvoluto il cielo, scorgo una scritta a me nota, quello della catena di ristoranti-self service dove ceno solitamente la sera. Siccome la mia fame è molta, moltissima, non posso far a meno di una sosta forzata. Venti minuti di tranquillità e poi, sazio e riposato, sono pronto a ripartire. Lungo il tratto finale di ulitsa Arbat spira un vento gelido che mi fa avvertire i brividi. La via pedonale termina la sua corsa in ploshchad Arbatskiye Vorota, piazza dalle forme irregolari, un ammasso caoico di chioschi, auto e sottopassaggi. Il tempo è sempre più cupo, il cielo grigiastro ed il rischio pioggia molto alto, ma almeno questa volta spero nella grazia divina. In questa grande piazza, vuota di interesse, l’ unica attrattiva degna di nota è una piccola chiesetta che sorge al fianco della stazione metropolitana, un bell’ edificio in marmo rosso a forma di stella sovietica ( stazione Arbatskaja ).
Guardandomi intorno scorgo solo auto, auto e ancora auro. Un traffico perenne. Ma poi, aguzzando la vista, il mio sguardo cade su di una chiesetta, di Simeone lo Stilita, rimasta incastonata alle spalle di un palazzone grigio e triste. Datata 1676, era la parrocchia di Gogol. E’ incredibile come passato ( glorioso ) e presente ( triste ) possano convivere l’ uno accanto all’ altro. La chiesetta, piccola e minuta, pare oppressa dal grande edificio che sorge alle sue spalle. Oltretutto mi accorgo pure di aver sbagliato strada. La casa di Gogol non si trova lungo ulitsa Novyy Arbat, dove sono ora, ma bensi in Nikitskiy bul’var, la perpendicolare. Torno cosi sui miei passi e dopo una decina di minuti di cammino arrivo alla soglia di casa Gogol. L’ abitazione si affaccia su di un bel giardino verde, al riparo dal traffico della strada, ed al centro di esso si erge la statua a lui dedicata. M’ accorgo di essere giunto a destinazione quando incontro un giapu uscire dalla porta d’ ingresso con macchina fotografica e guida alla mano. Bene, sono arrivato, penso tra me e me. Qui, nella palazzina del suo amico, il conte Aleksandr Tolstoj, lo scrittore passò i suoi ultimi tre anni. Qui lui scriveva il secondo volume delle «Anime Morte» e proprio in questo edificio in un accesso di disperazione bruciò il secondo volume. In questa casa Gogol’ andò all’ altro mondo. Faccio ingresso nella villetta ed una signora di mezza età m’ accoglie accompagnandomi nella visita. Certo, fondare il museo commemorativo di Gogol’ non è stato così facile. Degli averi personali dello scrittore si conservò molto poco perciò ogni oggetto è di grande valore. Ma anche oggi c’è da mostrare: l’unico ritratto a olio del pittore sconosciuto. Lo spazio museale delicatamente riproduce gli arredamenti interni dell’epoca di Gogol’. Secondo le piante e i disegni d’archivio è stata ricostruita la planimetria architettonica. All’infilata del pianterreno vicino alle stanze di Gogol’ i fondatori del museo hanno attrezzato la cosiddetta «Sala delle incarnazioni». Qui è progettata l’installazione su cui si può seguire tutta la vita di Gogol’. Nel centro della sala sulla colonna c’è il cappotto che è una certa associazione delle parole di Fiodor Dostojevskij «Noi tutti siamo usciti dal “Cappotto” di Gogol’». Il centro del museo è il salotto dove Gogol’ poco prima della morte leggeva agli artisti del Teatro «Malyj» la sua commedia «L’Ispettore Generale». Il secondo piano occupa la sala di lettura accessibile allestita nello stile della biblioteca della villa padronale. La mia visita alla villa museo è terminata. Posso dire che è strutturata abbastanza bene, vi sono pannelli informativi in inglese e altre lingue, in modo tale che il turista possa concepire dove si trova e la vita che si svolgeva in queste sale. Il tour che mi ero preposto è terminato, ora posso raggiungere la stazione metro ( quella a forma di stella sovietica ) e raggiungere il lontanissimo centro espositivo di tutte le Russie, VDNKh. Una ventina di minuti di metro e sono alla stazione omonima. Ad accogliermi un tiepido sole mentre il cupo cielo di qualche ora prima è solo un lontano ricordo, fortunatamente. Davanti a me, quasi a toccare il cielo, il monumento ai conquistatori dello spazio eretto nel 1964 per celebrare le conquiste del popolo sovietico nell’esplorazione spaziale. Mi piace, è molto carino e semplice, è alto più di 100 metri e rappresenta un razzo che si lascia dietro la scia di fiamme, il tutto ricoperto in titanio. Alla base è presente il museo dello spazio, che venne aperto solo anni dopo, nel 1981. Una poesia in lingua russa sulla parte anteriore della base in pietra del monumento dice, circa: “La ricompensa per i nostri sforzi è stato che, dopo aver trionfato l’oppressione e l’oscurità, abbiamo forgiato ali di fuoco per la nostra terra e il nostro secolo”. Scatto come sempre moltissime fotografie. Attraverso la strada che mi porta al grande piazzale del Centro e varco finalmente l’ arco trionfale alla cui sommità si trovano le statue di un conducente di trattore e una contadina nel collettivo che reggono un fascio di grano. Premessa: non appena ero uscito dalla stazione metropolitana, la mia vista era caduta immediatamente sulla ruota panoramica posta all’ interno del parco stesso. E non appena oltrepasso l’ ingresso del VDNKh, raggiungo da subito quest’ attrazione che amo in modo particolare. Dopo Manchester, Londra, Vienna…ora tocca a Mosca! Ma giunto nei pressi inizio a chiedermi se la giostra è di epoca stalinista anch’ essa…è piuttosto malmessa! Ma che importa, tentiamo la fortuna! Solo non riesco a capire se devo andare prima ad uno sportello e poi all’ altro, o a cosa diavolo devo fare. Quando mi decido a quale biglietteria andare, la zoticona alla casa mi domanda qualcosa nella sua lingua, ma siccome per il sottoscritto il russo è arabo e l’ arabo è cinese, il mio volto mostra perplessità.
La zoticona, con una smorfia di disapprovazione ‘getta’ un biglietto sul bancone che provvedo subito a pagare donandole anche un gratuito e gentile ‘maste fola’. Aspetto in coda il mio turno, tutto felice, come un bambino di tre anni davanti ad un gelato. E poi, osservando meglio la giostra, capisco…si, capisco cosa probabilmente mi domandava la zoticona! Voleva sapere se volevo la cabina o se volevo penzolare all’ aria aperta seduto su una ‘ poltrona ‘. Porcaccia la miseria, menomale non ho compreso le sue parole! Stare a oltre 60metri di altezza seduto su di un pezzo di ferro grosso come il mio sedere, gambe penzoloni…avrei rischiato un infarto! Quando s’ avvicina il mio turno, sempre più emozionato, l’ addetto della giostra notando essere io straniero inizia a tempestarmi di domande…di dove sono, cosa faccio, come mi chiamo…e poi…e poi mi chiede un euro! ‘Dai, dare me uno euro, bella moneta euro, a me piacere’. Ma pensa te, bunumas…La cabina è tutta per me e da lassù la vista su Mosca è davvero bella. Mi godo questi istanti di grande felicità, il mondo dall’ alto è per me qualcosa di incredibililmente piacevole, fantastico, unico. Anche se la giostra non è di ultima generazione e gli scricchiolii m’ inquietano, torno a terra sano e salvo. Che Dio sia benvoluto! Tornato con i piedi ben saldi al suolo, posso iniziare la visita al centro VDNKh. A più di vent’anni dalla caduta del comunismo, lo splendore squisitamente sovietico del Centro espositivo di tutte le Russie, visitato ogni giorno da una media di quarantamila visitatori, sta finalmente per scontrarsi con le realtà della Russia moderna. Nessun altro luogo riassume l’ ascesa e il crollo del grande sogno sovietico come il VVTs ( è chiamato anche con questo nome, mentre VDNKh significa Esposizione delle Conquiste dell’ Economia Popolare dell’ URSS ). Venne fondato negli anni ’30 e poi ampliato verso gli anni ’50 e ’60 per trasmettere un immagine di successo del sistema economico sovietico. M’ avvio lentamente lungo il grande viale alberato fino a giungere al padiglione d’ ingresso, bellissimo, dove davanti ad esso campeggia il monumento a Lenin. Sono moltissime le persone che passeggiano nel parco, moltissimi giovani e tante famiglie. Fortuna vuole che di turisti non vi sia neanche l’ ombra, sono immerso nella vita della Russia vera, quella reale, semplice, onesta. La giornata sembra riprendersi rispetto al primo mattino, il sole è comparso nel cielo anche se le nubi paiono non volersene andare. Oltrepassato il primo padiglione mi trovo in fronte ad una bellissima fontana dorata con statue bronzee, soprannominata ‘l’ amicizia tra i popoli’ e poco oltre una seconda, detta il ‘ fiore di pietra ‘, ornata di pietre colorate degli Urali. Lungo l’ ampio viale pedonale si affacciano solenni padiglioni ( in tutto sono 81 ) che celebravano in ogni suo aspetto il sistema socialista in tutti i suoi settori ( istruzione, sanità, agricoltura, scienza e tecnologia ). Questi padiglioni attingono da un’ immensa varietà di stili architettonici, simbolo del contributo dei diversi gruppi etnici e artistici alla causa comune. Dalla caduta del comunismo a oggi, i settanta padiglioni del Vv, hanno ricevuto pochi fondi, se si escludono quelli destinati a interventi di restauro di poco conto e a partire dagli anni novanta, all’interno del complesso si sono stabiliti numerosi negozianti, dediti alla vendita degli articoli più disparati, dalle piante ai cappelli di pelliccia. E’ triste e malinconico osservare come questi edifici che un tempo ospitavano la gloriosa storia della Russia oggi sono ridotti ad un semplice tetto per gli affari più disparati. Quando faccio ingresso in uno di essi mi trovo addirittura una…una pista di kart ! Sono allibito…la gloria ed un passato importantissimo spazzato via dal consumismo più sfrenato. Mentre passeggio avvolto nei miei pensieri, sono colto da un’ irrefrenabile malinconia per quel passato che fu, da quella potenza mondiale oggi smembrata, di cui oggi rimane nient’ altro che qualche bancarella di cinesi.
Durante il periodo sovietico, il VDNKh, accoglieva ogni anno piu di 300 esibizioni dell’economia nazionale ed estera ed era anche luogo di conferenze, seminari e incontri tra scienziati e professionisti dell’industria, mentre oggi si è ridotto ad un triste mercatino… Al fondo del viale si erge il padiglione che ha come tema lo Spazio, dove trovano posto un boeing color rosa-azzurro ( tristi come colori…era meglio il colore originale, il bianco, più realistico ) e la navicella spaziale Vostok 8k72. Incuriosito da cosa si possa celare dietro le porte, faccio ingresso nel padiglione ma ne esco quasi subito, a causa di cimici grandi come il mio pollice e diversi simpatici topolini. Da quello che ho potuto capire è in corso un piccolo mercato di frutta e verdura e la vendita di prodotti inerenti l’ agricoltura; mi domando solo chi siano gli acquirenti, viste le condizioni igieniche…Ancora due passi oltre il padiglione, e sono nell’ ultimo giardino dove è stata allestita una simpatica mostra dove alcuni animali sono stati riprodotti artigianalmente. Una cosa carina, se non fosse a pagamento. Proprio in quegli istanti inizia a scendere qualche goccia di pioggia e la paura di un nubifragio mi porta a ripararmi al di sotto del padiglione. Ma sono solo due gocce, fortunatamente. Riprendo la passeggiata, tornando ora verso l’ ingresso del parco. Vi sono molti chioschi disseminati ovunque, chi vende hamburger e patatine e chi carne alla brace. Sono tranquillo e sereno e considero questa giornata il mio primo vero giorno di Russia, quella vera, reale, non imbonita di occidentalismo che ha snaturato la vera essenza russa, sradicando tradizioni e culture locali. Questo non è un mondo finto di ricchezza e macchinoni. Per tutti questi motivi sono entusiasta della visita al centro VDNKh, perchè è vero, non maschera la realtà delle cose, non si nasconde dietro all’ apparenza di un vestito firmato o di un auto a grossa cilindrata. Si assapora come in nessun altro luogo la decadenza dell’ Urss e la sua contemporanea rinascita, realtà di sopravvivenza. Rispunta il sole in questo cielo grigio allontanando in me la paura della pioggia. Giunto nei pressi della fontana dell’ amicizia mi siedo su una delle numerose panchine godendo di questi attimi di sole e pace. Osservo le persone passeggiare felici, giovani ragazzi mano nella mano sorridere contenti, mamme con i loro pargoli giocare in questa giornata d’ agosto. M’ assale ancor più la malinconia a guardare quei sorrisi, quelle giovani coppie abbracciate passeggiare felici…mentre io, solo, lontano migliaia di chilometri dalle persone a cui tengo… Sono affascinato da questa Russia, questa parte di paese vero e reale. Rimango una mezz’ ora seduto tranquillo e beato ad osservare il mondo che mi circonda, per una volta spettatore alla vita che scorre velocemente. Una volta calato il sole la temperatura scende notevolmente ed io inizio ad avvertire il freddo. Spira un venticello gelido che sopporto una decina di minuti, ma poi sono costretto a riprendere il cammino. Prima di abbandonare il centro, faccio ancora ingresso nel grande padiglione in fronte alla statua di Lenin. Sono allibito: un labirinto di piccoli negozietti cinesi che vendono ogni cosa, dalla telecamera al cellulare, dalla matrioska alla birra. Davvero triste e malinconico. La mia visita può dirsi conclusa, e mentre m’ avvio verso l’ uscita pongo particolare attenzione a non venir investito dai giovani sui rollerblade. All’ uscita, oltre l’ arco trionfale, il mio sguardo viene ammaliato da una scultura in ferro alta una sessantina di metri che buca il panorama ergendosi al cielo. Dista circa 500 metri dal centro VDNKh e non posso di certo perdermi questo strano e insolito monumento. M’ avvio lungo la strada e passeggiando osservo la monorotaia rialzata andare avanti ed indietro. Metro, bus, tram, monorotaia rialzata…e poi noi saremmo un Paese evoluto? Mah! Cammina e cammina ma mi sembra di non arrivare mai lungo questa strada molto trafficata. L’ enorme statua si erge in una piazza crocevia di mille vie, e venne realizzata per la Fiera Mondiale di Parigi nel 1937 ( si tratta della prima scultura in acciaio inossidabile cromato della storia ). Al di sopra di un basamento, un lavoratore tiene in alto un martello e la donna kolkhosian una falce, mentre insieme guardano all’ orizzonte. Hanno poco da guardare, penso tra me e me, dato che la visuale è ostruita da una colata di cemento di pari altezza, di una bruttezza smisurata. Dopo le solite centinaia di foto posso finalmente tornare alla stazione metro, distante un chilometro circa.
Le mie gambe distrutte chiedono pietà, ma purtroppo la curiosità e il mio interesse verso ogni cosa mi spingono sempre ‘oltre’. E cosi m’ accorgo di non aver dato giusto sguardo al viale del monumento agli eroi dello spazio. Osservo il monumento a Konstantin Tsiolkovsky, il precursore degli astronauti, che si trova di fronte all’obelisco, i numerosi busti ivi esposti ( saranno di astronauti? Presuppongo…), il monumento a S.P.Korolyov, un piccolo monumento che riproduce il sistema solare e al fondo del viale due grandi globi con raffigurati i 12 segni zodiacali. Ora la visita è davvero conclusa e la fortuna vuole, almeno per una volta, che la metro sia proprio accanto all’ uscita del viale. Con la metro raggiungo Kitaj Gorod, ma sbaglio incredibilmente uscita, tratto in inganno dalla stanchezza. Sono lungo ulitsa Varvarka e anzichè riprendere la metro verso Lubjanka, opto ( !!! ) per una bella passeggiata, quasi non fossi contento dei chilometri macinati in giornata. Risalgo, trascinandomi, la lunga salita di Staraya ploshchad per poi arrivare, dopo una ventina di minuti di passo, in camera. Dopo una bella doccia posso riposare qualche istante nel mio lettino e riprendere un poco le forze. Una mezz’ oretta di relax e poi m’ alzo per cenare: questa sera niente ristorantino, questa sera lo chef ( si fa per dire ) sarò io! Mi sono rifornito, prima di arrivare in camera, in un supermercato lungo la via: pasta, formaggio e una bella birra. Preparo una grandiosa pasta ( direi buona…) ed in tutta tranquillità mangio e bevo al mio piccolo tavolino. Scambio qualche parola con una coppia di spagnoli e poi, dopo aver redatto il mio inseparabile diario quotidiano, posso finalmente andar a nanna, intorno a mezzanotte. La mattina seguente mi sveglio prestissimo, verso le sei i miei occhietti sono già aperti. Alle otto e mezza sono pronto per partire, un bel sole caldo risplende alto nel cielo azzurro! Ottimo! Raggiungo la Piazza Rossa, al momento deserta, approfittandone per fare qualche milione di foto. E poi, velocemente, raggiungo l’ entrata al Cremlino. L’ ingresso è posto in fronte al Maneggio, nella piazza omonima. La biglietteria si trova al fianco l’ entrata, in una costruzione angusta e fatiscente, una specie di contrainer mal tenuto. Poche, al momento, le persone in coda alla biglietteria. Sono in anticipo di un quarto d’ ora rispetto l’ orario di apertura, meglio presto che tardi, onde evitare code chilometriche. Il prezzo d’ ingresso al Cremlino è salatissimo, all’ incirca quaranta euro, e questa volta il gioco dello studente con il tesserino sanitario non funziona accidenti! L’ ingresso al Cremlino non avviene dalla Torre della Trinità come riportato sulle guide in mio possesso, ma bensì dalla Torre Borovitskaja. Sono emozionato, cavolo…Russia, Mosca, Cremlino…che sensazioni! Oltrepasso la maestosa Torre, immerso nel verde del giardino alla mia destra e l’ Armeria di Stato alla mia sinistra. Si gode di una bella vista sulla città e sulla Moscova, dal parapetto del giardino. Non perdo tempo e raggiungo da subito l’ entrata dell’ Armeria, e dopo aver lasciato in custorida i miei averi posso finalmente andare alla scoperta delle sale del museo. La collezione dell’ Armeria di Stato rappresenta la ricchezza accumulata dai principi e dagli zar russi durante i secoli e risulta uno dei più antichi musei di Russia, istituito nel 1801 nelle sale del palazzo di Thon, in stile russo-bizantino. Le collezioni furono iniziate nel XVI secolo per volere dello zar Ivan IV il Terribile e riorganizzate, dopo la costruzione del palazzao, dallo zar Nicola I, il cui intento era quello di riunire in un museo della corte imperiale non solo le armature, ma anche tutti gli oggetti di arte applicata, religiosa e profana, prodotti dai prodigiosi armaioli-orafi del Cremlino nel corso dei secoli, nonchè i doni offerti agli zar da parte dei sovrani stranieri. Oltre la soglia, alla mia sinistra si apre la sala dei Paramenti sacerdotali e laici, con tessuti provenienti dall’ Europa e dall’ Asia. In questa sala vi si trova anche la mitria d’ oro donata dallo zar Rihail Romanov, ricoperta di perle, smeraldi, topazi e zirconi, con la rappresentazione della Trinità in smalto bianco. La sala successiva, dei gioielli della Corona e dei Troni, è forse quella che desta maggiore ammirazione in me. Vi sono raccolti sei troni degli zar, tra cui il trono in avorio di Ivan il Terribile, usato più volte nella cerimonia dell’ incoronazione, e il trono in diamanti dello zar A.Mihailovic, donato dallo scià di Persia nel 1659, ricoperto da 870 diamanti, 185 rubini, migliaia di perle e turchesi. Di fronte a questa magnifica esposizione sono invece conservati, in una bacheca, i gioielli della Corona. Alcuni degli oggetti più famosi esposti al Palazzo dell’Armeria sono contenuti proprio qui, nella seconda sala del primo piano: si trovano le insegne regali esibite alla corte degli zar, numerose delle quali utilizzate anche durante le cerimonie di incoronazione. Uno di questi oggetti è detto la Corona di Monomaco, risalente al XIV secolo – fatta di oro, pietre preziose e pelliccia di zibellino – utilizzara da tutti gli zar russi fino a Pietro il Grande. Vi è la corona di Kazan volua da Ivan IV il Terribile, la corono di Ivan V e quella di Pietro I. A fianco segue una piccola sala, dove gli oggetti in esposizione sono principalmente costituiti da equipaggiamenti per cavalli e cavalieri prodotti nelle officine di corte. Pure i cavalli facevan ricchi… Bellissima, a mio avviso, è la sala delle Carrozze, un’ interessante collezione di carrozze di gala ( sono dodici in tutto ). La prima è quella donata da Giacomo I d’ Inghilterra a Boris Godunov, eseguita nel 1600. E’ di tipo rudimentale, senza posto per il conducente e sistemi sterzanti: per farle cambiare di direzione i servi erano costretti ad alzarla di peso! Poveracci gli schiavi! Al centro della sala è posta la grande slitta usata da Elisabetta Peetrovna nel 1741 per venire a Mosca ed essere incoronata ( la figlia di Pietro I raggiunse la città sulla Moscova da San Pietroburgo in tre giorni, trascinata all’ appuntamento con la storia da 23 cavalli che venivano cambiati a goni stazione di posta; nella sua corsa attraverso la Russia innevata, la futura imperatrice impiegà più di 800 cavalli. Entrò però nel palazzo del Cremlino sulla carrozza a ruote del 1741, ed esposta anche in questa sala ). Riamango una ventina di minuti ad osservare questi mezzi di locomozione usati all’ epoca, sontuosi ed eleganti. Se la passavano bene per i tempi in cui vivevano! Nella sala a fianco, alla destra dell’ entrata, vi è una sala dove si trovano gli abiti riccamente decorati della corte reale. Tra questi, il più importante è senz’ altro l’ abito di broccato ricamato ad aquile a due teste in filo d’ oro, confezionato nel 1762 per l’ incoronazione di Caterina la Grande. Che classe! Altro che abiti di D&G et simili, robaccia dei giorni nostri, l’ eleganza di quel tempo è ancora oggi inarrivabile! Salgo ora al piano primo dove nelle varie sale sono esposte opere russe in argento dei secoli XII-XV, barma ( collari ), evangellari, il famoso orologio ‘Tempio della Gloria’. E poi ancora lavori di Fabergè, argenterie inglesi, tedesche e olandesi, vasi dei migliori orafi di Londra, Amsterdam, Amburgo…In una saletta è conservato l’ elmo di Jaroslav II, padre di Aleksander Nevskiy, mentre nella sala più grande si trova il famoso uovo di Fabergè, fabbricato nel 1904 nelle botteghe di San Pietroburgo a forma di modello stilizzato del Cremlino.
La ricchezza custodita in queste sale è impressionante. In un tempo dove il popolo non aveva da mangiare, c’ era una persona che sedeva su di un trono tempestato di diamanti. La giustiza dei cieli dove stava in quei frangenti? ( ma vi è mai stata? ) Abbandono l’ Armeria di Stato, ridiscendo al piano terra e raggiungo l’ entrata al Fondo statale dei diamanti. Lascio nuovamente i miei averi al guardaroba e dopo aver acquistato un altro biglietto ( ma quanto costa visitare il Cremlino?? ) attendo che venga aperta la piccola ma spessissima ( forse un metro ) porta che da accesso alle due stanze. La parte esposta in queste sale è solamente una piccola parte del Fondo. Solo il valore di ciò che è esposto nelle bacheche è incalcolabile…sti cazzi… All’ interno della sala mi è vietato non solo fotrografare, ma anche prendere appunti o scrivere. Le stanze sono poco illuminate, a dar maggiore risalto alle pietre esposte nelle bacheche. Diamanti, lapislazzuli, topazi, smeraldi…chi più ne ha più ne metta. Impressionante. Diamanti grezzi, come la stella di Jacuzia ( 232 carati ), pepite d’ oro e di platino allo stato puro, tra cui la pù grande al mondo, il Gran Triangolo ( 36 kg ). La seconda sala è interessantissima, sono esposti i gioielli di Elisabetta I, la corona di Caterina II, ricoperta di 4936 diamanti. E poi il famoso diamante Orlov ( 189 carati ), trovato in India nel 1600, rubato cento anni più tardi e recuperato dallo scià di Persia Nadir. Rubato una seconda volta, venne poi acquistato dal conte Orlov da un mercante armento al prezzo di 400mila rubli per farne dono a Caterina II, che lo fece porre in cima allo scettro imperiale. E poi numerosi altri gioielli, oro, diamanti, smeraldi. Più volte i miei occhi non credono a questo spettacolo. A parole è impossibile descrivere quanta bellezza, quanta maestosità, quanta eleganza conservano queste due piccole stanze. Ritorno all’ aria aperta di questa bella giornata, dopo essermi inebriato da tanta ricchezza. M’ avvio lungo la strada che costeggia il Grande Palazzo del Cremlino. Poche centinaia di metri e arrivo nella piazza della Cattedrale. Che dire? Non saprei, visto la storia passata in questo angolo del Cremlino. Bella? Fantastica? Di più? Davvero, non saprei. La piazza è gremita di turisti, eppure regna un silenzio irreale. Il sole caldo è offuscato di tanto in tanto da grandi nubi. Faccio il mio ingresso nella Cattedrale dell’ Arcangelo Michele costruita fra il 1505 ed il 1508 sotto la supervisione dell’architetto italiano Alevisio Lamberti da Montagnano. Gli Zar ed i Gran Principi di Mosca (tra cui Ivan I di Russia, Dimitri di Russia, Ivan il Grande, Ivan il Terribile) sono stati sepolti all’interno della cattedrale fino al XVII secolo: sono presenti 46 pietre tombali ornate in pietra bianca (1636-1637) e casse in bronzo dorato (1903). Lo Zarevic Dmitrij Ivanovic di Russia, figlio di Ivan il Terribile, vi venne tumulato nel Seicento. Qui si trova anche la tomba dell’imperatore Pietro II di Russia, l’unico monarca discendente da Pietro il Grande presente all’interno del Cremlino (e l’unico dei suoi discendenti con Ivan VI di Russia a non essere sepolto nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo ). Risulta essere l’ ultima cattedrale costruita nel Cremlino. L’ interno è maestoso, come m’ immaginavo, con pareti, pilastri e le cupole ricoperti da splendidi affreschi, dipinti attorno al 1650. Sono particolarmente colpito dai ritratti a grandezza naturale di sovrani russi, oltre alle immagini dell’ Arcangelo Gabriele. Purtroppo non è consentito fotografare, altrimenti mi sarei perso ore ad immortalare la bellezza dell’ interno cattedrale. Terminata la visita faccio immediatamente ingresso nella Cattedrale dell’ Assunzione, anche se al momento troppo affollata. Fin dal XIV secolo è stata la più importante chiesa di Mosca. Qui venivano incoronati i principi e venivano sepolti i metropoliti e i patriarchi della chiesa ortodossa. Nel 1470 Ivan il Grande decise di costruire una cattedrale più importante, che simboleggiasse il crescente potere della nazione durante il suo regno. Quando la prima costruzione crollò, forse a causa di un terremoto, Ivan chiamò a Mosca l’ architetto italiano Aristotele Fioravanti, che progettò questo capolavoro. Se l’ interno della Cattedrale dell’ Arcangelo è a dir poco fantastica, quello dell’ Assunzione lo è ancor di più.
Vago estasiato osservando le tombe dei metropoliti allineate lungo la navata e la cripta mentre, a poca distanza appoggiato al pilastro a sinistra dell’ entrata, vi è il trono della zarina, dorato, recante lo stemma con un aquila bicipite. A fianco ( appoggiato al pilastro alla destra dell’ entrata ) si trova invece il trono del patriarca, scolpito in pietra nel 1653 ed usato dal capo della chiesa russo ortodossa. In posizione più defilata, il trono Monomakh, di Ivan il Terribile, inciso con scene che ritraggono le imprese del principe Vladimir Monomaskh. L’ iconostasi risale al 1652, ed è un qualcosa di impressionante per la sua bellezza e particolarità cosi come i due pilastri, dipinti con oltre 100 figure di martiri e guerrieri canonizzati, che, ad ogni incoronazione, venivano rifatti gli affreschi. Nel 1812 le truppe napoleoniche utilizzarono la cattedrale come stalla e la depredarono di circa 295 kg d’ oro e di oltre cinque tonnellate d’ argento. Bottino che poi venne in gran parte recuperato. La chiesa venne quindi poi chusa nel 1918, ma da come si dice, quando i nazisti giunsero alle porte di Mosca nel 1941, Stalin desse ordine di celebrarvi segretamente una funzione per salvare al città dalla capitolazione. Se non fosse stato per l’ incredibile mole di turisti chiaccheroni e casinisti avrei dedicato ore ad ammirare la cattedrale, ma il rumore molesto mi sospinge al di fuori, all’ aria aperta. Sebbene le mura della Cattedrale siano coperte da un ponteggio, è visibile il portale sud, splendido. Ad arco, è decorato con affreschi del XVII secolo, ed era l’ entrata usata per le processioni reali. Sosto qualche istante sedendo sui gradini della cattedrale dell’ Annunciazione ad osservare l’ ambiente che mi circonda. Le cinque cupole dorate della cattedrale dell’ Assunzione risplendono alte nel cielo azzuro. Ma quando il sole viene oscurato dalle nubi grigiasre, spira un vento freddo, che m’ infastidisce. Fortunatamente sono nuvole di passaggio e pochi istanti dopo ritorna il bel tempo. Faccio ora ingresso nella Cattedrale dell’ Annunciazione che, a differenza delle altre cattedrali del Cremlino, progettate da italiani, questa è totalmente russa. Venne ordinata da Ivan III nel 1484 come cappella reale. Sulla facciata sud, quella dove ero seduto poco prima, c’ è il portico Groznenkij, aggiunto da Ivan il Terribile quando violò la legge ecclesiastica sposandosi per la quarta volta. Interdetto quindi dalle cerimonie religiose, poteva solo guardare da una griglia nel portico! L’ interno non è da meno rispetto alle due cattedrali, in quanto a sfarzo e magnificenza, essendo questa la chiesa di famiglia degli zar. Uscendo dalla cattedrale noto il sole essere nuovamente coperto dalle grandi nubi grige. Avverto la sensazione del freddo, spira un venticello fresco che mi fa rabbrividire. Girovagando nella grande piazza delle cattedrali scorgo una porticina a cui si accede alla piccola cappella di St. Varus. La cappella è ospitata nella parte a ovest della cattedrale dell’ Arcangelo Gabriele e qui è stata traslata dal territorio del convento dell’ Ascensione la reliquia di Santa Eufrosina, in una cerimonia condotta dallo stesso patriarca Alessio II di Mosca. La reliquia si trova in un sarcofago in pietra bianca custodito in una teca di vetro e sui muri sono apposte alcune icone, tra cui quella della stessa Santa Eufrosina. Ritorno sulla piazza, sempre più affollata, la più antica e la più bella di Mosca che fu il teatro di innumerevoli avvenimenti della storia russa, dall’ incoronazione degli zar al ricevimento degli ambasciatori stranieri. Mentre passeggio, la mia vista viene attratta dalle undici cupolette dorate del palazzo d’ Oro della zarina, usato nel passato come sala di ricevimento delle zarine. Che belle! Al suo fianco sorge, seminascosta dalla cattedrale dell’ Assunzione, la chiesa della deposizione della Veste ( o Tunica ), una raffinata chiesa ad una sola cupola, costruita intorno al 1486. Era originariamente la cappella privata del patriarca e come tale fu realizzata secondo lo stile tipico dell’ architettura sacra russa. Oggi ospita invece una piccola mostra di sculture in legno del XV secolo. E’ incredibile, questa piazza riserva qualche sorpresa ad ogni angolo. E’ un concentrato di arte, storia, religione che ha pochi eguali a questo mondo. A fianco della cattedrale dell’ Assunzione sorge il Palazzo del Patriarca, dove vissero per molti anni i metropoliti della chiesa russo ortodossa. Nel XVI secolo fu creato il patriarcato e il patriarca prese il posto del metropolita come figura predominante nella gerarchia della chiesa russa. E che successe? Praticamente i vescovi di Krutitskoe divennero metropoliti mentre il Cremlino divenne la residenza del patriarca. Quando Nikon divenne patriarca nel 1652 ritenne che la residenza e la piccola chiesa della Deposizione della tunica non fossero abbastanza grandiose per lui. Cosi fece allargare e rinnovare la residenza e creò il Palazzo del Patriarca, completo di chiesa dei Dodici Apostoli.
Oggi, il palazzo è diventato museo di vita e arte applicata del XVII secolo, e contiene più di 1000 reperti della collezione dell’ Armeria di Stato. Accedo al museo dopo una breve rampa di scale, arrivando nella sala dove è spiegata brevemente la storia del Palazzo. Nell’ Anticamera di gala c’è una serie di tuniche da patriarca del XVII secolo tra cui anche alcuni paramenti di Nikon ( non se la passava male eh… ), alcuni bastoni intagliati ed una cappa di damasco riccamente decorata. Poi vi sono due sale restaurate, molto molto belle, che riproducono un appartamento di un boiardo del XVII secolo. In una sono esposti libri scritti a mano, tra cui il sillabario dello zarevic Alessio. Mentre, senz’ altro la più importante delle due, è la Camera della Croce, un’ area di 280 metri quadrati, all’ epoca la più grande stanza di Russia senza colonne di supporto. Al centro della sala è posto un grande forno sormontato da un baldacchino, usato per la preparazione della mirra, l’ olio santo usato dalla Chiesa ortodossa per le consacrazioni. A fianco di esso vi è un colossale recipiente in argento per contenere la stessa. Rimango ad osservare alcuni minuti prima di capire a cosa serva questo grande oggetto: sarà una vasca o un frono a microonde del passato? Che diavolo è? Ma poi, come spesso succede, la guida mi viene in aiuto! Terminata la visita, appoggio il mio sedere per diversi istanti sulla grande seggiola accanto all’ entrata. Sono esausto, le gambe son doloranti e sembra non vogliano darmi tregua, ahimè! Seduto, tranquillo, sono assorto da milla pensieri. Se penso a quanta storia è passata in questa piazza, in questi edifici, in queste sale, mi viene la pelle d’ oca. Può sembrar stupido, certo, ma immaginare le persone che hanno solcato questo posto, che hanno trovato riparo in queste stanze, mi emoziona. Il tempo scorre velocemente, e seppure è mio desiderio restare ancora qualche istante a godere di questo piacevole riposo, devo tornare al venticello gelido della giornata. Più volte il mio sguardo era rimasto colpito alla vista del Grande campanile di Ivan, che domina la piazza stessa. In realtà si tratta di due nuclei in pietra bianca. Il primo è la torre, che raggiunge un’ altezza di 18 metri, costruita nel 1329, e poi ricostruita nel 1505 dall’ italiano Marco Bono. Prende il nome dalla chiesa di San Ivan Climacus, che si trovava qui nel XIV secolo. Il campanile viene poi detto ‘Grande’ per la sua altezza, infatti nel 1600 quando lo zar Boris Godunov vi aggiunse un terzo piano e cosi divenne il più alto edificio di Mosca ( 81 metri ). Il secondo nucleo, più basso, è la cella campania dell’ Assunzione a quattro piani e con una cupola dorata, fu eretta qui accanto da Petrok Malyi. Ospita 21 campane, e la più grande, la campana dell’ Assunzione di 64 tonnellate, faceva tre rintocchi quando moriva uno zar. La mia visita al Cremlino e alla piazza delle Cattedrali può dirsi conclusa, dopo aver trascorso ore ad ammirare questo luogo di cosi grande importanza storica. M’ avvio lentamente verso l’ uscita, e lungo la strada faccio ‘conoscenza’ con l’ enorme Campana dello zar ( è posta dietro il campanile di Ivan ). E’ la più grande del mondo, e pesa oltre 200 tonnellate. L’ originale fu ordinata dallo zar Alessio, ma cadendo dal campanile a causa di un incendio, si spaccò, nel 1701. I frammenti vennero usati per un’ altra campana, ordinata dalla zarina Anna. Era ancora nel suo stampo quando il Cremlino prese nuovamente fuoco nel 1737. Gettarono dell’ acqua fredda sulla campana rovente e se ne staccò un grosso pezzo, che ora è posto al suo fianco. A guardarla da vicino è davvero immensa! Voglio immortalarmi in sua compagnia, ma vi è sempre qualche turista tra le scatole. Domando ad una signora se può scattarmi un istantanea, e lei, molto gentile, mi fa capire di non aver fretta e che scatterà la fotografia non appena lo spazio fosse libero da altri turisti. Qual gentilezza! Lungo la via d’ uscita ammiro ancora il Cannone dello zar, il più grande obice mai realizzato che, secondo alcuni studi, venne realmente utilizzato. Mentre passeggio verso l’ uscita mi volto più volte ad osservare il mondo che siede alle mie spalle. Mi spiace moltissimo abbandonare il Cremlino, quaesta piazza che racchiude in poche decine di metri il meglio della Russia del passato. Mentre passeggio lungo la strada ho ancora il tempo per dare un occhiata veloce al palazzo del Cremlino di Stato, voluto da Kruscev nel 1959 per ospitare le conferenze del partito comunista. Oggi invece ospita concerti e balletti, altro che conferenze!
Ormai sono oltre la Torre della Trinità, e lentamente, con un velo di malinconia che m’ avvolge, raggiungo la mia camera dove un ottima pasta mi risolleva il morale ( mi sento davvero un piccolo chef…. )! Che appetito santo Dio! Una volta messa a tacere la fame mi concedo una pennichella: sono davvero distrutto! Verso le tre sono pronto a ripartire: molto, moltissimo ho ancora da vedere. Via metro raggiungo il convento di Novodevicij, la cui stazione metro è poco distante dal complesso. L’ entrata avviene dalla Chiesa della Trasfigurazione, con frontoni a forma di conchiglia smerlata, con in cima cinque cupole dorate e le croci che sovrastano la Chiesa, e risale al 1688. L’ entrata è libera ed è posta lungo il parcheggio sul lato nord. Una volta all’ interno del convento vengo avvolto da un silenzio ed una pace incredibile. Viene considerato, e a ragione, il più bello degli edifici religiosi semicircolari e fortificati a sud di Mosca. Venne fondato da San Basilio III nel 1524 in memoria della conquista di Smolensk da parte dei lituani. Solo la cattedrale della Vergine risale a quel tempo, mentre molte altre costruzioni vennero aggiunte nel XVII secolo dalla sorellastra di Pietro il Grande, la reggente Sofia. Dopo la deposione di quest’ ultima e la riconquista del trono da parte di Pietro nel 1689, egli la fece confinare qui a vita. Nel 1812 le truppe di Napoleone cercarono di far esplodere il convento ma secondo una leggenda popolare le suore lo salvarono soffiando sulle micce. L’ interno del convento è un bellismo parco al riparo dal traffico molesto e dalla confusione della città. Passeggio tranquillo e beato sotto l’ ombra delle grandi piante mentre molte persone siedono sulle poche panchine, leggendo, o semplicemente osservando il mondo che li circonda persi in chissà quali pensieri. Posto a fianco dell’ entrata vi è il palazzo Lopukhin, costruito intorno al 1687. Dopo la morte di Pietro il Grande, la sua prima moglie si trasferì qui lasciando il convento di Sudzal. Alla sinistra del palazzo sorge la guardiola dove la reggente Sofia venne imprigionata. Il refettorio è invece quasi al centro del convento, e l’ ingresso è libero. Faccio il mio ingresso nella grande sala, dove alcune donne sono indaffarate nelle pulizie. Mi sento di troppo e dopo una veloce visita torno al sole della giornata. Svetta alto nel cielo invece il campanile, ultimato nel 1690, tipico esempio di architettura barocca moscovita. La chiesa di San Giovanni il Divino è al secondo piano della torre! ottagonale, a sei livelli e che ha un’ altezza di 72 metri. Passeggio all’ ombra delle grandi piante del giardino, osservando ogni minimo particolare, ogni piccolo dettaglio. Dona tranquillità alla mia anima questo luogo, serenità alla mia persona. Mi siedo qualche istante, a riposare, e a riflettere sul senso di questa vita che pare andare sempre ai mille all’ ora. Ma ve n’è proprio il caso, la necessità? Osservo per molti istanti le persone passeggiare, molti giovani leggono altri dormicchiano. Devo riprendere il passo…le lancette dell’ orologio non si arrestano, anzi. M’ avvio verso l’ uscita, ma prima dedico ancora una breve visita al modellino che riproduce il convento, esposto in una grande teca di vetro posta accanto all’ entrata. E poi, a passo veloce, raggiungo l’ entrata del cimitero di Novodevicij, poco distante. La chiusura avviene intorno alle cinque, e non avendo posto particolare attenzione al tempo trascorso all’ interno del convento, mi ritrovo ora a dover correre nella speranza che le porte non siano già state socchiuse. Giunto all’ ingresso, vedo alcune persone ferme davanti alla grande cancellata. Provo a varcare la soglia del cimitero, ma un signore mi fa capire che l’ orario di visita è terminato… porca miseria! Accanto a me un’ uomo di mezza età protesta a gran voce, sbraitando vivacemente con la guardia che, con aria distante, ascolta e sogghigna. Rimango nei pressi, accanto all’ entrata. Se fosse data la possibilità a quest’ uomo urlante di entrare, avrei avanzato io stesso ugual pretesa. L’ uomo continua la sua filippica per una decina di minuti, ma niente, la guardia sorridendo lo saluta e chiude dietro a se il grande portone. Amen, niente visita al cimitero per il sottoscritto! Peccato, pazienza. M’ aspetta ora una lunga, lunghissima passeggiata che mi porterà dal convento di Novodevicij fino alla collina dei passeri. M’ avvio lungo la strada arrivando ad attraversare la grande arteria Tret’e Transportnoye Kol’tso, il secondo è più grande anello che circonda la capitale. E’ un quartiere piuttosto anonimo, una grande distesa di asfalto e cemento dove nulla e soprattutto nessuno s’ avventura. Mi sembra di camminare solo in mezzo al deserto.
Una ventina di minuti di cammino e arrivo, finalmente, nei pressi delle biglietterie dello stadio del Cska dove una cinquantina di persone sono in coda all’ unico sportello aperto. In serata, infatti, si giocherà una partita della squadra di Mosca. Una grande cancellata divide il parcheggio al viale d’ ingresso allo stadio Luzniki, dove nel 2008 si giocò la finale tra Manchester Utd e Chelsea. Le cancellate, ahimè, sono chiuse, tranne una piccola porticina. Non mi pongo problema alcuno e varco l’ ingresso avviandomi verso l’ imponente statua di Lenin, che campeggia davanti all’ ingresso della tribuna. Poco distante l’ ingresso, tre giovani dalle facce tutt’ altro presentabili…non sono di certo giocatori del Cska, al massimo qualche animale da curva! Immagino non sia possibile la visita al suo interno, dato che tutte le vie di accesso sono serrate. Passeggio nel grande piazzale, ‘circumnavigando’ il perimetro dello stadio, ora davanti alla curva e poi nuovamente alla tribuna, dalla parte opposta da cui sono giunto. Per aver la sicurezza che la visita allo stadio non sia possibile, domando ad un giovane nelle vicinanze ( intento a montare pannelli espositivi per la partita serale ) che conferma il mio pensiero. Non mi resta far altro che raggiungere la Moscova, circa trecento metri più avanti. Giunto sul lungofiume, davanti a me, la collina dei Passeri. Sembra vicina, a poca distanza. Ma ahimè, non è cosi: prima devo attraversare la Moscova, è l’ unico modo per farlo è raggiungere il ponte che l’ attraversa, a un chilometro di distanza. Prima d’ incamminarmi, volgo ancora una volta il mio sguardo allo stadio del Cska, imponente, e se penso al mio piccolo Marassi…mi vien da sorridere. Passeggio felice e contento lungofiume, dove le auto, grazie a Dio, sono solo un lontano ricordo. Risplende il sole e la tranquillità in questo angolo di Mosca, dove sono diversi i giovani che mi passano accanto sfrecciando a tutta velocità sui loro rollerblade. Arrivo finalmente al ponte conosciuto come Ponte della Metropolitana di Lužniki, o semplicemente Metromost, dove, come dice anche il nome, funge da stazione metro rialzata. Dopo aver attraversato il letto del fiume, sono costretto a ripercorrere la sponda opposta nuovamente per un chilometro. Sono moltissimi i giovani che passeggiano nel verde della collina o, semplicemente, adagiati sull’ erba verdissima a chiaccherare, a riposarsi. Mentre passeggio la mia attenzione cade su di una grande fotografia appoggiata sull’ erba del prato. M’ avvicino, per quanto posso, e noto esservi accanto altre foto di più piccole dimensioni, oltre a fiori e piccoli oggetti. Sono le vittime della tragedia che solo qualche giorno addietro aveva colpito la capitale, quando un battello era stato inghiottito dalle acque della Moscova trascinando con se giovani vite. Quale tristezza osservare il volto sorridente di questi giovani ragazzi e pensare che la loro vita è stata stroncata troppo presto, troppo velocemente. Non è giusto, ma la vita è cosi, purtroppo. Avvolto da questi tristi pensieri riprendo il cammino fino a giungere alla seggiovia, che mi eviterà di affrontare la lunga salita fino alla collina dei passeri. L’ area sembra però abbandonata, ma porto ugualmente fiducia: qualche istante d’ attesa e sicuramente giungerà una cabina a prelevare la mia anima. Attendo diversi minuti immobile, come un cretino, salvo poi rendermi conto vedendo due ragazzi avventurarsi lungo la ripida salita, che la seggiovia è chiusa, ferma, non funziona. Perchè? Bhò! Nessun cartello, niente di niente ad informare il perchè della chiusura. Che fare? Ormai sono qui e…e tantovale ‘scalare’ questa montagna! Passo dopo passo m’ avvio lungo le pendici della collina, dapprima lungo un sentiero sterrato e poi sull’ erba sintetica della pista del salto in lungo invernale. Quest’ ultimo tratto è molto ripido, e faccio giusto un poco fatica ad affrontarlo… nelle pause necessarie per riprender fiato vedo altre persone salire e scendere le pendici della collina…allora non sono il solo deficente! Bene! Una ventina di minuti a faticare e poi, finalmente, arrivo alla stradina asfaltata che poco più avanti porta alla balconata con vista sulla città, uno dei migliori panorami sulla capitale. Sono esausto, ma la vista che si apre davanti ai miei occhi una volta giunto alla balconata ripaga ampiamente tutta questa fatica. E’ uno spettacolo bellissimo quello che si apre davanti a me, un panorama che abbraccia Mosca a 360°.
Sono moltissime le persone che ammirano la capitale da quassù, soprattutto giovani fidanzatini che s’ abbracciano felicimente scrutando l’ orizzonte. M’ appoggio per qualche istante alla balconata del belvedere, a riposarmi e soprattutto a godere di questo spettacolo gratuito a 85 metri d’ altezza sulla Moscova. Davanti a me, immenso, lo stadio Luzniki, il convento di Novodevicij, ed in lontananza, ergersi nell’ azzurro di questa splendida giornata, i grattacieli staliniani, quasi a volersi impadronire del cielo. Ed ancora la City con i suoi grattacieli futuristici, il parco Gorkj…insomma, un panorama da cartolina, una di quelle immagini da scolpire nella propria memoria. Riprendo subito il passo, lungo il verdissimo viale alberato Universitetskaya ploshchad, fin ad arrivare ai piedi del grattacielo staliniano, uno delle sette sorelle. Si erge nel cielo azzurro della capitale quasi a toccar le nuvole. Risulta essere il più alto di tutti, quasi 240 metri di altezza per 36 piani. Oggi ospita l’ univesità di Stato di Mosca, o meglio conosciuta come Università Lomonosov, dal nome del fondatore ( 1755 ). L’ edificio, del 1953, è una vera città universitaria, con corpo centrale e ali laterali di 17 piani. L’ area intorno all’ ingresso è cintata ed inaccessibile; a giorni, immagino, si terrà una qualche manifestazione o concerto. Costeggio il perimetro dell’ edificio sul lato est fino ad arrivare alle sue spalle, in fronte alla quale si apre una grande area verde piuttosto malandata. Poco distante alcuni giovani si divertono a giocare a pallone, felici. Scatto diverse fotografie e poi m’ avvio verso la stazione metropolitana più vicina, che a parer della mia guida dovrebbe essere lungo ulitsa Lebedeva. Passeggio tutto sorridente mentre lungo la strada sfrecciano, nel vero senso della parola, bolidi di auto che fanno a gara a chi arriva primo al semaforo. La cosa che m’ impressiona di questa città è che molto spesso le strade a più corsie vengono scambiate dai moscoviti in piste da formula uno. I ‘potenti’ con le loro auto da migliaia di euro sfrecciano a folle velocità schivando all’ ultimo le piccole utilitarie del popolo, mettendo a repentaglio la vita di tutti. Co****i. Nel frattempo io cammino…cammino… ma nulla, nessuna stazione metro all’ orrizzonte. Mi risolvo a chiedere informazioni ad una coppia di giovanissimi, ma paiono piuttosto spaesati quando li interrogo. Secondo loro dovrebbe essere laggiù, in fondo alla strada…dovrebbe…dovrebbe un paio di p**e! Torno indietro, alla balconata della collina dei passeri, sono affaticato da questa lunga giornata e camminare a vuoto non ha senso. Ripercorro la lunga strada per poi giungere nuovamente al viale alberato dell’ Università; pochi passi e sono nuovamente alla balconata con vista sulla capitale. Mi soffermo nuovamente una ventina di minuti ad osservare Mosca dall’ alto. Ci sono moltissime persone, sopratutto giovani fidanzatini, che avvolti dal vento, osservano silenziosamente abbracciati il panorama davanti a loro. La collina dei Passeri è un luogo irrinunciabile a chi visita Mosca, è uno dei pochi punti panoramici della città, e senz’ altro è il più bello. Riposo per diverso tempo seduto alla balconata, godendo di questa fantastica immagine davanti a me. Le gambe sono doloranti, ho camminato tantissimo e se penso alla strada che mi tocca ancora fare per giungere alla metropolitana…mi prende male. Mi decido ad avviarmi lungo il sentiero, ma questa volta anzichè affrontare la ripida discesa, m’ incammino lungo la stradina che s’ inoltra nel bosco, nella speranza di non perdermi o finire chissà dove. La passeggiata si rivela molto piacevole all’ ombra delle grandi piante, e dopo una decina di minuti di cammino sono finalmente ai piedi del ponte sulla Moscova, da dove la metro ha la sua fermata in Vorobjevy Gory.
Torno in piazza Lubianka e da qui mi trascino in camera dove preparo una bella pasta: che fame! Avevo una mezza idea di assistere alla partita dello Cska di Mosca che giocava in serata…ma abbandono l’ intento, ormai è troppo tardi per tornare fin laggiù. Mangio con tutta calma e dopo un buon thè caldo son pronto ad uscire nuovamente. Ormai la città è stata avvolta dal buio della sera, mentre la cattedrale di San Basilio e la piazza Rossa sono illuminate a giorno. Raggiungo il ponte sulla Moscova per scattare alcune fotografie al grattacielo staliniano illuminato da una luce tendente all’ arancione a squarciare il buio della notte. Terminato il ‘servizio fotografico’ ad una delle ‘sette sorelle’, riattraverso la piazza Rossa fino al Bolshoi che però, ahimè, è mal illuminato. O meglio, non è degnamente illuminato, come dovrebbe un luogo di cosi grande rilievo storico-artistico. Pazienza. Ritorno in piazza Rossa, scatto ancora milioni di fotografie alla cattedrale. Scambo ancora qualche parola con un signore italiano, di Novara. La mia serata può finalmente dirsi conclusa, le persone lentamenre raggiungono le loro case e ormai solo poche anime solcano la piazza. Torno in camera e verso la mezza spengo la luce della stanza e di questa giornata, a tratti lunghissima.
23 agosto
Il giorno seguente, martedi 23 agosto, è l’ ultimo in terra di Russa. Mi sveglio come sempre di buon ora e ad accogliermi vi è un bellissimo sole. Esco intorno alle otto e mezza e raggiungo subito la cattedrale di San Basilio. La piazza Rossa è ancora semideserta, il che mi permette di scattare molte foto ‘ perfette ‘. Mosca sembra dormire ancora, i turisti sono ancora nei loro lettini mentre io m’ avvio a prendere la metro, alle spalle del museo Storico di Stato. Dopo qualche piccolo ‘casino’ con la metro riesco finalmente a raggiungere Park Pobedy, o Parco della Vittoria. Si tratta di un imponente complesso commemorativo che celebra le glorie della seconda guerra mondiale ( nota in russia come Grande guerra patriottica ). Il luogo ha assunto l’ attuale fisionomia nel 1995, cinquantenario del trionfo, sconvolgendo il precedente assetto della zona. Per far spazio agli attuali monumenti è stata infatti spianata la famosa Poklonnaja gora ( collina degli Addi ), punto panoramico da cui, per secoli, i visitatori moscoviti diedero l’ ultimo saluto alla città. All’ uscita della stazione metro omonima, alle mie spalle, il grande arco di Trionfo, che celebra la sconfitta finale di Napoleone. Davanti a me, il grande parco. Passeggio sotto questo sole caldo lungo Kutuzovskij prospekt, la spianata che porta al museo, fiancheggiato alla mia sinistra dal verde delle aiuole, e alla destra da mille fontane. Raggiungo l’ obelisco, raffigurante Nike con S. Giorgio sul basamento, che s’ innalza nel cielo al centro della piazza. Ogni dieci centimetri della sua altezza rappresentano un giorno di guerra: l’ obelisco è altro 124 metri…Alle sue spalle sorge il museo annesso, e oggi non è giorno di chiusura come riporta erroneamente la mia guida. Vado alla biglietteria per avere informazioni al riguardo ma una donna senza proferire parola alcuna mi fa cenno di guardare il foglio apposto sulla vetrata. Il museo apre le sue porte alle ore dieci, e ora sono solo le 9.45… Pazienza, preferisco non attendere l’ apertura con le mani in mano e m’ avvio subito alla scoperta del grande parco verde alle spalle dell’ edificio. Con me ho una cartina dettagliata sulle varie cose da fare e vedere, dai grandi tank alle navi da guerra ( in scala ) ivi esposte. Scovo un paio di questi carroarmati, ma poi passeggiando mi perdo nella vasta area verde. Cammino avanti e indietro, tra le molte statue e la sinagoga commemorativa del Colle Poklonnaya, fino a giungere al museo all’ aria aperta dei mezzi impiegati nella seconda guerra mondiale. Ma, ahimè, l’ entrata è a pagamento. Torno quindi alla biglietteria del museo principale, che ha aperto nel frattempo le sue porte. L’ ingresso è a pagamento, anche se il prezzo è piccola cosa. Il museo è molto vasto, si divide in varie sezioni su più piani. Ho alcune difficoltà a capire da dove iniziare la mia visita…Il museo espone un diorama con la rappresentazione di tutte le più importanti battaglie della seconda guerra mondiale combattute dalle truppe sovietiche. Mi vengono i brividi ad osservare queste scene, molto realistiche, a pensare cosa vuol dire la parola ‘guerra’, alla sofferenza che essa comporta, morte, distruzione, dolore.
All’ interno delle sale vi sono mostre dedicate agli eroi dell’ Unione Sovietica, e poi ancora collezioni di armi, fotografie, lettere e moltissimi altri cimeli di guerra. Poi una bellissima scalinata porta ad una grande stanza, quella centrale del museo, dove sono esposte bandiere, i nomi delle persone insignite del titolo di ‘eroe dell’ Unione Sovietica’ ( circa 12.700 ) e il nome delle dodici città eroine ( Fortezza di Brest, Minsk, Smolensk, Kiev, Odessa, Murmansk, San Pietroburgo, Tula, Mosca, Sebastopoli, Kerc, Novorossijsk, Volgograd, Lubiana ). Visito ancora una parte di museo ma senza capire praticamente nulla di quello che vi è esposto. Le spiegazioni sono in sola lingua russa che non mi permettono di comprendere alcunchè. Trascorro un oretta all’ interno delle gelide ( fa davvero un freddo cane ) sale del museo. Terminata la visita raggiungo nuovamente l’ entrata al museo dei mezzi della seconda guerra, convinto che il biglietto del primo museo possa bastare. Invece nulla, devo fare un altro biglietto per avere accesso. Da quello che posso intendere, il ticket viene messo in vendita all’ ingresso del museo all’ aria aperta delle navi da guerra. Cammina e cammina, e sono davanti all’ entrata. Ma anche questa volta sono rimbalzato, un signore di mezza età in mimetica ( !!! ) mi spiega con le poche parole inglesi che conosce, che il biglietto per accedere ad entrambi i musei è in vendita alla cassa del museo della Grande Guerra. Mi cadono le braccia: avanti e indietro, avanti e indietro, e non ho cavato un cavolo. A forza di camminare nel verde del parco le mie forze sono quasi esaurite e tornare all’ ingresso del museo, acquistare il biglietto, tornare qui…. è per me un’ impresa non possibile. Rinuncio a malincuore alla visita, il parco è molto, troppo vasto; andare alla biglietteria e tornare vorrebbe dire percorrere altri tre, quattro chilometri. Troppi. Mi siedo su di una panchina all’ ombra, il sole è molto caldo ed io sono molto stanco. Dieci minuti per ricaricare le batterie e poi riprendo il passo, oltrepassando i piccoli bar improvvisati alle spalle del museo della Grande Guerra, la fiamma eterna posta tra il museo e l’ obelisco, fino ad arrivare al fondo della Kutuzovskij prospekt. Ancora un paio di foto alla scritta in fiori Mockba all’ ingresso del viale che da accesso alla spianata, e poi velocemente mi dirigo alla metropolitana. Dalla stazione Park Pobedy raggiungo la City, cuore finanziario della città. Quando esco alla luce del sole, svettano proprio in fronte a me quasi a toccare le nuvole, una decina di grattacieli in vetro. Molti altri sono in costruzione, l’ area è congestionata dal traffico a causa dei lavori per la riorganizzazzione della strada e del verde pubblico.
Passeggio con il naso all’ in sù ad osservare questi edifici altrissimi, dai vetri a specchio che riproducono il colore azzurro del cielo, dietro al quale si svolgono le principali operazioni finanziarie del Paese. Oltrepasso il Bragration Bridge, il ponte moderno al coperto che collega le due sponde della Moscova. Sono dubbioso: prendere la metro o navigare le acque del fiume a bordo di un battello fino alle sponde del Cremlino? Beh, visto questa splendida giornata, non ho dubbi: e battello sia! Solo al momento non intravedo banchine o indicazioni al riguardo, anche se molti battelli sono ormeggiati lungo le sponde, silenziosi. Continuo a passeggiare, zigzagando sul marciapiede occupato prevalentemente da auto in sosta selvaggia. Cammina e cammina, iniziano a venirmi i primi dubbi. Passeggiando lungofiume non ho scorto nessun battello o altra imbarcazione solcare le acque della Moscova. Oggi sarà giorno di pausa? Tutto fermo? Ormai sono parecchio distante dalla stazione metro del ponte Bragration, tornare indietro non ne ho voglia, non avrebbe senso. Il panorama sulla città da questa sponda è davvero bello, con in primis l’ enorme grattacielo staliniano a far da padrone in questo panorama. La strada sembra non finire mai, il prossimo ponte sul fiume è lontano, lontanissimo. Sono solo a camminare lungo il marciapiede, vi sono solo auto, auto e ancora auto. Nessuno, fin dove giunge la mia vista, s’ intravede. Gente strana i moscoviti, sono sempre tutti in auto. Esausto, dopo aver percorso più di tre chilometri lungo la banchina, raggiungo finalmente il ponte sulla Moscova. Oltrepasso senza accorgermi la famosa ‘casa Bianca’ di Mosca, ormai il sole caldo mi ha rincoglionito in pieno. Ma di una cosa sono assolutamente sicuro ( almeno una…): vi è nei pressi del grattacielo staliniano ( oggi sede dell’ hotel Ukraine ) una stazione metro, anche se non ricordo precisamente dove. Giunto sulla sponda opposta, oltrepassato l’ hotel Ukraine, svolto nella bellissima area verde, pedonalizzata, dell’ Ukrainskiy bl’var. Statue, laghetti e giochi di fontane rallegrano la via costeggiata da edifici di lusso. Vinto dalla stanchezza, riposo una ventina di minuti su di una panchina, osservando le persone andare e venire. Mi auguro, di tutto cuore, che la stazione metro sia nelle vicinanze.
Riprendo il passo, attraversando la caotica e trafficatissima Bol’shaya Dorogomilovskaya ulitsa, trovandomi ora davanti ad un grande magazzino, affollatissimo. Tutta la zona, la piazza antistante e le strade limitrofe, sono affollatissime, di giovani sopratutto. In fronte al centro commerciale, la stazione dei treni Kievsky. E’ tutto un via vai, gente di corsa, bambini urlanti, autovetture che incuranti dei pedoni sfrecciano a forte velocità…un casino della madonna praticamente. In tutto questo bordello riesco comunque ad intravedere la stazione metropolitana che si trova nei pressi dell’ ingresso del centro commerciale. Che bordello! La cosa che mi colpisce di Mosca, a differenza di molte altre città europee, è che il cemento non ha schiacciato il verde della natura. Anzi, convivono uno con l’ altro. Oltre naturalmente alle grandi aree verdi, i numerosi parchi e giardini, ogni strada, ogni palazzo è circondato dal verde. Mille alberi, aiuole, prati, a dar respiro alle grigi colate di cemento. In un quartiere dove potrebbero tranquillamente esser edificati una decina di palazzi, uno fianco all’ altro, a Mosca ne sorgono solamente tre, ed il restante spazio viene occupato dal verde. Una scelta coraggiosa quella fatta nel lontano passato, che ha reso vivibili anche quartieri poco presentabili. Con la metropolitana raggiungo ora il parco delle sculture. Una volta alla luce del sole non riesco a capire dove io sia, non riesco a trovare la bussola. Non ho la più pallida idea in quale strada avventurarmi e la mappa che ho appresso non m’ aiuta. Del parco, a vista, neanche l’ ombra. Mi risolvo a domandare informazioni ad un passante, che gentilmente, nonostante sia di fretta con la sua ventiquattrore, si ferma cercando di capire cosa io chieda lui. Quando comprende le mie intenzioni, incapace di spiegare a voce ( parla solo russo…) come raggiungere il parco delle sculture, mi fa cenno con la mano di seguirlo. A passo veloce ci avventuriamo in varie stradine, mentre tra me e me penso che costui ha davvero fretta, stiamo quasi correndo! Giunto all’ angolo di non so quale via, m’ indica con il dito di il fiume per poi farmi cenno con l’ altra mano di prendere, una volta giunto lungo la Moscova, la strada alla mia sinistra. Lo ringrazio con un grande sorriso, e poi lo osservo correre e sparire dietro le auto parcheggiate. Seguo le sue indicazioni, arrivando sul lungo fiume. Si apre dinanzi me l’ imponente statua di Pietro il Grande, e alla mia sinistra il parco delle sculture. Il parco, conosciuto in passato come Parco degli Eroi Decaduti, è un museo di sculture a cielo aperto creato per accogliere una serie di statue realizzate in epoca sovietica che erano state divelte dai loro piedistalli sull’ onda dell’ entusiasmo antisovietico provocato dallo scioglimento dell’ URSS nel 1991.
L’ ingresso è a pagamento, anche se la cifra è irrisoria ( poco più di due euro ). Faccio ingresso nel verde del parco, camminando lungo il piccolo viale alberato dove sono esposte alcune sculture di epoca contemporanea. Vinto dalla stanchezza, mi siedo su di una panchina in legno all’ ombra di un grande albero. Sono davvero esausto, stanchissimo. Ben presto la piccola pausa si trasforma in una pennichella vera e propria. Mi distendo sulla panchina, senza scarpe ( … ). Mi addormento probabilmente, in un sonno piacevolissimo. Cozzo un’ ora, probabilmente, prima di tornare a prendere coscenza. Sono mezzo rincoglionito, e prima di iniziare la visita cerco di riprendermi mentalmente, la mia testa è ancora nel mondo dei sogni. Osservo le persone passarmi al fianco, scattare fotografie alle statue nei paraggi, e poi perdersi nei viali del parco. Le mie gambe sono dure come la pietra, arriverò a fine giornata sano e salvo? Abbandonato il mondo dei sogni, riprendo il cammino passeggiando in questa bella area verde animata dalle urla dei bambini che felicemente si rincorrono. Le sculture del passato sono affiancate da statue moderne, molto spesso degli obbrobri che rilutto a concepire come arte. Per quanto riguarda invece le sculture dell’ ex potenza mondiale, sono quattro o cinque quelle di grandi dimensioni, di Stalin, Dzerzhinsky, Lenin e Brezhnev. E poi busti, visi e quant’ altro che all’ epoca scatenò le ire dei moscoviti. Onestamente, m’ aspettavo di meglio da questo ‘museo’. Il parco è molto carino, un posto dove passare una bella giornata in relax, ma per quanto riguarda le opere ivi esposte…bhè, lascia un poco a desiderare . Come detto le sculture di grandi dimensioni e facilmente riconoscibili sono 4 o 5, tutte le altre sono busti o opere recenti, per lo più bruttine, e dove i nomi sono riportati in solo cirillico, il che m’ impedisce di capire di chi sia la ‘testa mozzata’… Le mie gambe paiono ora risponder bene, la fatica sembra essersi volatilizzata e allora anzichè prendere la metro, perchè non raggiungere la piazza Rossa con una bella passeggiata? Esco dal parco e percorro il lungo fiume fino a ulitsa Serafimovicha, il ponte che collega le due sponde con l’ isola artificiale sulla Moscova. Sono ora in fronte al Cremlino, ne costeggio le mura fino alla fiamma eterna, passeggio nell’ animata piazza del Maneggio e poi nuovamente in Piazza Rossa e da qui al Gum. L’ edificio venne costruito intorno al 1890 e apri’ i battenti tre anni più tardi. Questo bellissimo edificio dalla facciata ottocentescasi affaccia sulla facciata nord orientale della Piazza Rossa, ed in passato rappresentava il simbolo di quanto di più palesemente negativo caratterizzava l’ economia sovietica: code interminabili, scaffali semivuoti e articoli di bassa qualità. Oggi è invece un vivacissimo centro commerciale con oltre mille negozi alla moda. L interno è maestoso, uno sfoggio di lusso e classe. E’ un piacere passeggiare all’ interno delle gallerie, al fresco dell’ aria condizionata, tra fontane e mostre temporanee. Certo, una volta il Gum rappresentava la Russia del passato con quegli scaffali vuoti. Ma era accessibile a tutti, a tutte le classi sociali. Ora che la Russia ha aperto le porte all’ Occidente, il Gum è popolato da turisti. Quanti russi hanno la possibiità di accedervi, quanti di comprare? Meglio prima od ora, meglio fare la coda per una scatola di pelati ( che poteva essere la loro magra cena ) o meglio oggi passare davanti alle vetrine sapendo che mai avranno la possibilità di comprarsi il caviale o il salame italiano? Prima mangiavano tutti, poco, ma mangiavano tutti. Ora invece il 5% mangia caviale e fa il bagno nello champagne, il restante 95% non riesce neanche a mangiare una pagnotta di pane. La vita è cambiata per pochi, pochissimi, dando la possibilità a queste persone di arricchirsi in maniera smisurata. Ma per il popolo nulla è cambiato, anzi, stanno peggio! Passeggio avanti e indietro, perdendomi tra i vari piani. Cinesi ovunque, pare d’ essere in Cina, e tutti a comprare…ma a casa loro i negozi LV non li hanno ca**o? Paiono con la bava alla bocca quando vedono la vetrina di Gucci o D&G… Le mie gambe sono nuovamente doloranti, ma dopo una breve pausa sono costretto a riprendere il cammino. Esco da questo mondo occidentale falso e irreale ma soprattutto uguale ovunque, a Mosca come a New York, e mi dirigo alla cattedrale di San Basilio, per un ultima occhiatina. Mi siedo ai piedi del basamento della rotonda chiamata Tribuna dei Teschi, presubilmente utilizzata come luogo di pubbliche esecuzioni.
Fu proprio qui infatti che per ordine di Pietro il Grande furono giustiziati gli Streltsy traditori, le guardie armate addette alla sicurezza personale dello zar che si erano rivoltate contro lui nel 1682. Osservo le persone, incantate, ammirare la Cattedrale, le cupole colorate ergersi nell’ azzurro del cielo, confondersi con le nuvole, mentre a guardia di San Basilio vi sono Kuzma Minim e Dmitri Pozharsky ( una statua a loro dedicata), macellaio il primo e principe il secondo, che insieme radunarono e guidarono l’ esercito che cacciò dal Cremino gli invasori polacchi nel 1612. Il tempo vola via veloce, senza darmi la possibilità di restare per sempre ad osservare questa piazza, che per anni, decenni, ha alimentato i miei sogni. Il tempo scorre, senza lasciarmi scampo. Osservo la gente andare e venire, avanti e indietro, confusamente. Gente sempre nuova, un ricambio pressochè continuo, stranieri di ogni dove e ogni bandiera. La mia ora è giunta al termine, devo alzarmi, controvoglia, e riprendere il cammino. Devo, maledetto tempo, salutare la piazza Rossa. A malincuore m’ avvio lungo la piazza, e giunto all’ angolo, laddove la vista a San Basilio si perde nelle vetrate del palazzo ottocentesco della via, mi volto per l’ ultima volta ad osservare la più bella vista di questo mondo. Scolpisco indelebilmente in me queste immagini, e quasi a voler evitare un triste addio, se addio mai sarà, mi volto velocemente avviandomi lungo ulitsa Il’inka, a passo lento. Piacere, Mosca. Torno in ostello dove una volta docciato mi preparo un ottima cena e poi, dopo una rapida occhiata ad internet, corro a nanna. Domani è giorno di partenza, domani lascerò le terre di Russia per avventurarmi in quelle uzbeke. La mattina seguente, ultima in terra russa, inizia si buon ora. Preparo i miei bagagli e quando sono pronto a lasciare l’ ostello, mi assale un poco di malinconia. Saluto la giovane ragazza di origini asiatiche, lasciando a lei il compito di spedire le mie cartoline. Raggiungo via metropolitana la stazione ferroviaria Bielorusskaja da dove il treno della Aeroexpress mi consegnerà all’ aeroporto di Sheremetyevo. Sono decisamente in anticipo, fortunatamente. La stazione è piccolina, da qui partono unicamente i treni diretti ai tre aeroporti della capitale. Attendo una ventina di minuti nella sala d’ attesa, al momento semideserta. Quando cerco di raggiungere la banchina da cui avrà partenza il treno, vado in panne. Vago in questa piccola stazione come sperso in un immenso deserto. Dove cavolo sta questa benedetta porta d’ accesso??? Mi risolvo a chiedere lumi ad un giovane che gentilmente m’ accompagna alla porta d’ ingresso, la stessa che avevo intravisto una mezz’ oretta prima. Eppure era cosi semplice scorgerla…Decisamente più rilassato, prendo posto sul piccolo treno ma pochi istanti prima di partire m’ assale un’ atroce dubbio: sono sicuro di essere sul treno giusto, quello diretto a Sheremetyevo? Panico! Cristo santo, sono pronto a scommettere che ho fatto nuovamente casino e senza sapere come, mi trovo su di un convoglio diretto chissà dove! Inizio a sudare, cerco di capire se ho commesso qualche errore di calcolo e poi domando ad un signore seduto nella fila davanti: dove è diretto questo dannato treno? Scorgo nel viso dell’ uomo stupore, e sono certo che prima di darmi una risposta si è domandato più volte se la persona davanti a lui ( cioè io ) è matta o rincoglionita di colpo. L’ unica destinazione possibile e Sheremetyevo, dove penso di voler andare? Ancor oggi non riesco a darmi una spiegazione per quei dieci minuti di black out. Mi ero organizzato con precisione, controllato orari et varie, e poi, quando tutto è a posto, seduto tranquillo al mio posto in attesa di partire, mi vengono questi raptus di pazzia…Il treno parte pochi secondi dopo e con esso svaniscono le mie preoccupazioni. 35 minuti di viaggio e sono a Sheremetyevo, dove raggiungo da subito il gate. Pochi istanti è l’ aeromobile della Aeroflot è in pista pronto a decollare, ed io con esso. Piacere, Mosca.