Da Buenos Aires ai parchi nell’Argentina del Nord
Da Buenos Aires ai parchi e alla bellezza selvaggia del Nord Argentina
Deve esserci qualcosa di magico nella parola perché al solo pronunciarla, si accendono nella mente ricordi incrociati di pampas, gauchos, Simon Bolivar, tango, Ande ed Evita Peron… L’Argentina è per superficie l’ottavo Paese del mondo, solo un poco più piccolo dell’India, e dunque è impensabile pianificare una visita completa, a meno di poter disporre di tempo (e risorse) illimitato. Così abbiamo scelto di conoscere il Nord del Paese, da Buenos Aires in su, spingendoci sino ai suggestivi canyon desertici del Nord-Ovest andino ed alle spettacolari Catarates del Iguazù verso Nord-Est.
A metà Aprile atterriamo con un volo diretto Aerolinas Argentinas a Buenos Aires, dove restiamo un paio di giorni: visitiamo Plaza de Mayo, dominata dalla Casa Rosada e dove aleggia sempre la presenza delle madri de Plaza de Mayo ; il Cabildo; il Palacio del Congreso, realizzato sul modello del Campidoglio di Washington; il famoso teatro Colòn; il quartiere degli artisti di San Telmo e il caratteristico quartiere di Boca, con il caminito e le sue case dipinte in colori sgargianti. Siete autorizzati ad eseguire gli scongiuri che preferite, ma sebbene il suggerimento possa apparire stravagante, consigliamo anche a voi di visitare i cimiteri di Recoleta e Chacarita. Nel primo riposa Evita Peron, la cui tomba è sempre ammantata di fiori freschi; nel secondo, Carlos Gardel, famosissimo cantante e interprete di tango, consegnato alla storia dopo la sua tragica morte in un incidente aereo nei pressi di Medellin, Colombia.
Caminito que entonces estabas bordeado de trébol y juncos en flor una sombra ya pronto seras, una sombra lo mismo que yo…
Consigliabile da Buenos Aires è una gita a Tigre, un sobborgo lungo il fiume, a meno di un’ora di treno, dove si può avere un’idea del delta del Paranà con il suo caotico labirinto di corsi d’acqua e canali.
Da Buenos Aires, con la nostra auto presa a noleggio, dirigiamo ad Ovest verso Lujan dove visitiamo la basilica neogotica della Virgen de Lujan o Virgencita, secondo l’affettuoso diminutivo con il quale i fedeli (4 milioni l’anno) chiamano la protettrice dell’Argentina. Proseguiamo ancora per S.Antonio de Areco, piccolo paesino che ha acquisito però grande notorietà per essere divenuto il riferimento della cultura del gaucho: vi si visita il Parque Criollo ed il Museo gauchesco Ricardo Guiraldes.
Ancora una tappa e siamo a Mendoza, ai piedi delle Ande. Ci avviciniamo al confine cileno: qui siamo ad oltre 1000 km da Buenos Aires ed a poco più di 300 da Santiago del Cile. Stiamo visitiamo Plaza Espana, stupendamente costellata di maioliche variopinte, quando mi accorgo di aver smarrito i biglietti aerei del ritorno. Forse me li hanno rubati nella calca in aeroporto a Buenos Aires. Comunque si rivela preziosa l’abitudine di mia moglie Victoria di fotocopiare tutti i documenti: passaporti, patente, voucher e naturalmente biglietti aerei. Ci infiliamo in una agenzia di Viaggi e dopo una mezz’ora ne usciamo con il prezioso duplicato dei biglietti.
Il giorno dopo dirigiamo verso i 1800 metri di Villavicencio: i panorami immensi che si aprono lungo i tornanti della strada, che qui chiamano caracoles, ripagano ampiamente della fatica della guida. Saliamo ancora più su, verso i 2.700 metri del Puente del Inca, una delle meraviglie naturali dell’Argentina. Si tratta di un ponte naturale di roccia al di sotto del quale scorre il rio Mendoza. Le tinte marroni, grigie, screziate dal giallo ocra e dal rossiccio degli ossidi di ferro rendono il paesaggio brullo e pittoresco. Intorno il panorama è grandioso: da Sud incombono i pinnacoli di Los Penitentes, monti che sembrano dei monaci in fila, mentre da Nord si erge maestoso il Cerro Acongagua, con i suoi quasi settemila metri (6960). La nostra intenzione sarebbe quella di arrivare sino ai 4000 metri del monumento al Cristo Redentor, ma inizia a nevicare e c’è il rischio che la strada diventi impraticabile. Dei poliziotti a bordo di un pickup ci consigliano di non proseguire: la cosa può diventare pericolosa, così ce ne torniamo a Mendoza ed il giorno seguente partiamo per San Juan.
Poco prima, a Vallecito, facciamo conoscenza con l’improbabile santuario della Difunta Correa e con la sua curiosa leggenda. Si tratta di una sorta di santa o beata, venerata soprattutto dagli automobilisti e camionisti argentini. Dal confine nord con la Bolivia sino alla Tierra del Fuego, 3.500 km più a sud, non v’è strada che non abbia il suo tabernacolino dedicatole. Narra la leggenda che Deolinda Correa morì di stenti mentre con il suo bambino seguiva l’esercito di suo marito in guerra attraverso le desolate campagne di San Juan. Quando ritrovarono la donna, il piccolo, miracolosamente vivo, stava ancora poppando dal suo seno. Nei tabernacoli lungo le strade lasciano di tutto: bottiglie di plastica per dissetare la santa, gomme d’auto, ingranaggi di motore, candele, piccole banconote. In uno abbiamo visto addirittura un proiettile di pistola inesploso. Chissà quale storia avrebbe potuto raccontare!
Proseguendo verso nord si oltrepassa San Augustìn del Valle e si arriva nel bellissimo Parque Provincial Ischigualasto o Valle de La Luna. Si trova in una zona molto isolata, desertica, che può ricordare i parchi del Sud-Ovest degli USA, quali lo Zion ed il Bryce Canyon. Visitiamo il parco formando una colonna di 6-7 auto dietro il fuoristrada del guardaparco. Nei giorni scorsi deve aver piovuto perché alcuni tratti di pista si sono trasformati in tracciati melmosi che mettono a dura prova l’abilità dei conducenti e la resistenza delle auto. Tuttavia la visita rimane emozionante. Nel corso dei millenni le acque del fiume, ormai in secca, hanno disegnato forme incredibili nelle rocce di origine vulcanica: ammiriamo el Campo de Bolas, el Gusano, el Submarin (il campo di bocce, il bruco, il sottomarino).
Proseguiamo verso la provincia di La Rioja e raggiungiamo un altro bellissimo sito: il Parque Provincial de Talampaya, da alcuni accostato al più famoso Grand canyon dell’Arizona. Lungo le rosse pareti del canyon nidificani i condor e si conservano interessanti graffiti aborigeni. Arriviamo infine al paese di Chilecito, ma non prima di aver sperimentato le centinaia di curve della pista sterrata Cuesta de Miranda. Si tratta di una spettacolare strada di montagna che attraversa la sierra de Sanogasta ed è una delle maggiori attrazioni paesaggistiche della zona.
Da Chilecito oltrepassiamo San Ferdinando del Valle de Catamarca , San Miguel de Tucuman e superiamo il passo Abra del Infernillo, a 3050 metri di altitudine. Nei dintorni visitiamo il Parque Los Menhires dove si trovano monumenti aborigeni in pietra che ricordano i menhir delle Ebridi scozzesi e ricoprono gran parte del fianco della collina sul lato sud del lago artificiale La Angostura. Raffigurano forme animali ed umane e rappresentano ancora un rompicapo per gli archeologi che non riescono a decifrarne il mistero. Prima di arrivare a Cafayate ci fermiamo a Quilmes, un insediamento urbano cinto da spesse mura difensive fondato intorno all’anno 1000 d.C. Gli indios quilmes riuscirono a non farsi sopraffare dagli incas, con i quali ebbero contatti a partire dal 1480 d.C., ma nulla poterono contro le armature e gli archibugi degli spagnoli che li deportarono in massa a Buenos Aires.
Con un’altra tappa da Cafayate arriviamo a Salta, la città coloniale fondata nel 1582 e probabilmente meglio conservata dell’intera Argentina. Nel centro vi sono da vedere molti edifici dell’epoca coloniale, oltre la Iglesia Catedral e la Iglesia San Francisco, dai colori vivaci e dall’eccentrico campanile.
Una delle maggiori attrazioni di Salta è il tren a las nubes, il treno delle nuvole. La ferrovia raggiunge San Pedro de Atacama, oltre le Ande, oltrepassando i giganteschi laghi salati (salares) della Puna. La nostra gita arriva sino all’imponente viadotto in ferro (alto 64 mt e lungo 226) che scavalca il canyon La Polvorilla ad un altitudine di 4200 metri. Sembra che alla sua costruzione abbia contribuito un certo Josep Broz, un esule jugoslavo che più tardi tornerà in Europa e verrà ricordato con il nome di maresciallo Tito.
Partiamo alle prime luci dell’alba e si tornerà a Salta in nottata, dopo 14 ore di treno. La gita, certamente emozionante,viene sconsigliata alle persone che non siano in buone condizioni di salute, in considerazione dell’altitudine che si raggiunge. La ferrovia sale spesso con spirali in galleria e con tratti a zig zag: cioè la locomotiva trascina i vagoni lungo l’ipotetico braccio inferiore di una y coricata e poi li spinge nel braccio superiore. Le montagne non hanno un aspetto alpino, ma sembrano piuttosto delle colline dalle cime arrotondate, che raggiungono però altitudini di 3-4000 metri…Per combattere el soroche, come qui chiamano il mal di montagna, i locali ci consigliano un the con foglie di coca. Noi l’abbiamo bevuto e (non so se sia stato un effetto placebo) abbiamo evitato i conati di vomito ed il malessere di altri turisti che l’avevano rifiutato.
Il giorno seguente continuiamo il nostro viaggio verso nord seguendo la RN9 oltre San Salvador de Jujuy, attraverso la Quebrada de Humahuaca. Lungo la strada notiamo un grande monolito: segnala che stiamo attraversando il Tropico del Capricorno. Un altro punto panoramico è costituito da Maimarà, paesino adagiato ai piedi di una sbalorditiva collina, nota per i suoi incredibili colori con il nome di La paleta del Pintor o Cerro de los siete colores (la tavolozza del pittore o montagna dai sette colori).
Arriviamo infine a La Quiaca, sul confine con la Bolivia e decidiamo di andare a dare un’occhiata dall’altra parte, al villaggio boliviano di Villazon. Ci colpisce vedere lungo i marciapiedi alcuni contadini con il viso cotto dal sole, che vendono foglie di coca stipate in grossi sacchi di juta. Qui la vendita ed il consumo non è considerato illegale e probabilmente neppure nelle province limitrofe argentine: ricordiamo di aver visto molte persone con una guancia prominente, dove di regola appallottolano le loro foglie di coca…
Il giorno successivo rientriamo a San Salvador de Jujuy per effettuare la lunga traversata verso Formosa e la cosiddetta Mesopotamia argentina, costituita dalle province di Entre Rios, Corrientes e Misiones, stretta fra il fiume Paranà ad ovest ed il fiume Uruguay ad est. Dobbiamo attraversare il Gran Chaco, una provincia quasi senza strade e nota come El Impenetrable per i collegamenti del tutto inesistenti, ma le notizie che raccogliamo sulla RN81 parlano di inondazioni, ponti interrotti e fango dappertutto. Così decidiamo di scendere sino a Salta e da lì traversare il Chaco con la RN16 sino alla città di Resistencia. Lungo la strada superiamo piccoli guadi e soprattutto buche grandi come un garage. Mi chiedo che fine avremmo fatto se avessimo preso la strada più a nord… Come Dio vuole, arriviamo finalmente a Posadas, sul Rio Paranà, nella provincia di Misiones. Questa è la maggior produttrice di yerba mate, la bevanda nazionale degli argentini e- in misura minore – di brasiliani ed uruguagi.
Una volta secche e lavorate, le foglie di mate si pongono in un guscio di zucca (ma che può essere anche di altri materiali) chiamata “mate” e si aggiunge dell’acqua calda. L’infusione viene sorseggiata attraverso un tubicino che generalmente ha il bocchino di argento. A Misiones e nel nord di Corrientes si beve fredda con l’aggiunta di erbe aromatiche e prende il nome di “tererè”. Quando degustata in gruppo, viene definita “mate corrido” o “rueda de mate”.
Ma la provincia di Misiones è anche famosa per gli insediamenti dei gesuiti ( ricordate il film “Missing” con Robert De Niro?) che non manchiamo di visitare. Ammiriamo così le rovine di Santa Ana, in parte riconquistate dalla foresta pluviale, quelle di Loreto e – soprattutto – quelle di San Ignacio Mini. Quest’ultime, riscoperte nel 1897 e restaurate nel 1943 sono tra le più suggestive della zona, costruite con una stile detto barocco guaranì. Siamo a poche centinaia di km da quello spettacolo unico e grandioso che sono le cascate di Iguazù e sebbene le avessimo già viste in un precedente viaggio dal lato brasiliano, non possiamo non tornare a vederle. Percorriamo passerelle che portano ai belvedere ed ai punti più caratteristici. Rivediamo la spettacolare Garganta del Diablo, con la sua minacciosa e spumeggiante bellezza.
Arriviamo in lancia sull’ Isla Grande San Martìn, da dove si gode un panorama sulle cataratas impossibile da vedere altrove. E ritroviamo quelle strane farfalle, blu e rosse, mai viste altrove, con una sorta di 8 ricamato sulle ali. Nel precedente viaggio, con scarsa fantasia, le avevamo battezzate: i numeri otto. Chi voglia avere un’idea del lato brasiliano, può prendere un bus che in circa mezz’ora lo porta dall’altra parte. Si va e si torna in giornata con poche o nulle formalità doganali. Da Iguazù ci sono circa 1600 km per tornare a Buenos Aires, via Concordia, durante i quali non c’è molto da vedere, se si escludono i bellissimi panorami fluviali lungo l’Uruguay.
Rientriamo così nella capitale portena dove abbiamo ancora il tempo di assistere ad un emozionante spettacolo di tango e di gustare un favoloso asado alla brace in uno dei ristoranti più tipici di Buenos Aires, La Chacra in Avenida Cordoba, non lontano dal monumentale obelisco di Avenida 9 de Julio.
Domani, dopo quasi quattro settimane, ripartiremo per l’Italia. Abbiamo percorso oltre 7000 km, alcuni dei quali su sterrate di montagna e piste desertiche, ma lasciamo una gran parte di Argentina ancora da scoprire, da Buenos Aires verso sud.
La Patagonia, i laghi di Bariloche, il Fitz Roy, Ushuaia e la Tierra del Fuego saranno le mete di un altro viaggio…
Carlo Struglia