Il lungo viaggio dei bambini di gokarella
Durante la festa, al gruppo di italiani che ha compiuto questo lungo e difficile viaggio, viene consegnata una targa di riconoscimento da consegnare a Licia Colò, per il suo impegno a sostegno delle adozioni a distanza. Al numeroso pubblico presente viene raccontato come il programma “Alle falde del Kilimangiaro” abbia avuto un ruolo fondamentale per la realizzazione di questo traguardo.
Un suggestivo corteo ci ha scortato dalle porte del villaggio di Gokarella fino ad arrivare al centro di accoglienza per bambini orfani di Gokarella. Numerosi ragazzi e ragazze, vestiti con costumi tradizionali , accompagnano le danze con tamburi e danze popolari: si susseguono, in un interminabile corteo, raccoglitrici di riso, danzatori di Kandi, danzatori tamil, vi sono danze hindu e litanie buddiste…Suonano l’inno nazionale italiano perché devono tutto al nostro paese, hanno addobbato le vie dei villaggi con bandiere e scritte in italiano; durante la notte si radunano tutti i monaci provenienti dai vari monasteri, la gente non torna a casa ma rimane a vegliare, per assistere alla lunga cerimonia che continuerà fino all’alba, si tratta di un rito per benedire il centro di accoglienza, per tenere lontane le sventure. Stanotte non si dorme di sicuro… All’alba le donne del villaggio servono la colazione.
COME E’ NATO QUESTO INCREDIBILE VIAGGIO Siamo tutti molto emozionati, stanchi ma euforici per aver portato a termine questa impresa… Ma per raccontare di questo incredibile viaggio dobbiamo tornare indietro al 9 gennaio 2005, quando fummo ospiti della trasmissione su rai tre “Alle falde del kilimangiaro”, proprio in quella puntata interamente dedicata alla tragedia dello tsunami. Anche noi avevamo lanciato un appello: chiedevamo un aiuto per riuscire a terminare la costruzione di casa Gokarella, una grande casa che avrebbe potuto ospitare circa 150 bambini, rimasti senza casa, senza famiglia… Andammo in onda soltanto tre minuti ma furono sufficienti per trasformare il nostro appello in un sogno, arrivarono aiuti da tutta Italia, un sogno che oggi, proprio grazie al buon cuore di molti italiani, è diventato realtà. La cosa più bella sarebbe quella di riuscire a far sapere a tutti coloro che hanno inviato aiuti, cosa si è riusciti a realizzare grazie a loro. Ma la storia di casa Gokarella non nasce con la tragedia dello tsunami, ha origini molto più remote… Nasceva pian piano nel cuore di un bambino di soli sei anni, un singalese di nome Sylvester Jayakody. Man mano cresceva, il suo sogno lo seguiva diventando sempre più grande e un bel giorno la fortuna gli sorride : conosce il Reverendo Punysara Thero, un monaco buddista, la massima autorita’ del Forum Mondiale per la Pace e la Solidarieta’, una vera autorita’ religiosa nello Sri Lanka. Il monaco gli regala un grande terreno, dove sorge anche il suo monastero e dove finalmente, oggi è stata costruita casa Gokarella, un centro per gli orfani. Ciò che colpisce è che Sylvester è di religione cattolica e, pertanto, questo regalo rappresenta un bell’esempio di solidarietà e di amicizia tra religioni diverse. Casa Gokarella, però, doveva essere destinata a un gruppo di bambini orfani della guerra civile che, nell’attesa di poterci entrare, erano dislocati nei campi profughi lungo la costa. Ma questi bimbi non esistono più : quando lo Sri Lanka fu travolto dallo tsunami, questi campi profughi furono spazzati via come polvere al vento. Fu così che Sylvester decise che non si sarebbe arreso e che questa casa avrebbe ospitato i bambini che erano sopravvissuti sia alla guerra che allo tsunami.
Ma ahimè! da quando erano cominciati i lavori per costruire la casa, erano ormai trascorsi sei anni e il centro di accoglienza aveva raggiunto soltanto il primo piano, mancavano i soldi e i lavori andavano avanti a rilento. Ma ecco che avviene il miracolo: un semplice appello lanciato nel programma “Alle falde del Kilimangiaro” : i lavori ricominciano a pieno ritmo, la casa raggiunge i tre piani, ha tutto, dai dormitori, ai bagni, alla cucina, al teatro, al refettorio … Mancavano soltanto i bambini… E così, ebbe inizio la nostra avventura umana attraverso lo Sri Lanka… Questo è il racconto di quel viaggio…” IL VIAGGIO : CINQUE SETTIMANE PRIMA Per contattare tutti i bambini, ospitati nei campi profughi, nei vari orfanotrofi, nei villaggi devastati dalla guerra civile, dovremo utilizzare vari mezzi di trasporto, dal furgone al fuoristrada, dalla barca singalese al tuc tuc o al treno e molti chilometri li copriremo a piedi, soprattutto quando dovremo attraversare le foreste.
A NORD DI KANDI Attraversiamo campi di riso, dapprima ci spostiamo in auto, poi a piedi nella foresta, per raggiungere i primi bambini che dovremo portare a Gokarella. Il primo bambino che incontriamo si trova a casa della nonna, è rimasto senza genitori : la madre non è più tornata a casa, il padre è morto annegato mentre raccoglieva fiori di loto nel lago nei pressi della capanna, fare il raccoglitore di fiori era il suo lavoro, li vendeva per sostenere la famiglia. Proseguiamo tra le tante capanne disseminate nella giungla, sono semplicissime, buie e spoglie, all’interno non vi sono mobili, tutto è ammucchiato negli angoli: le stoviglie, i vestiti, i semplici giacigli. Il nostro viaggio prosegue, utilizziamo i mezzi più disparati, alcune zone sono raggiungibili solo con un fuoristrada o a piedi.
Ci fermiamo in un villaggio per degustare un piatto tipico, il Kutto. Vi sono intere vie popolate da questi tipici localini e dappertutto senti il tipico ticchettio degli strumenti usati per la preparazione di questo piatto tipico. Scimmie e grandi rettili accompagnano il nostro percorso, le distanze non sono enormi ma le strade sono piene di curve, strette e ben trafficate, passano sempre parecchie ore prima di raggiungere le mete che ogni volta ci prefiggiamo e Punyasara, spesso, ci fa partire prima dell’alba. Siamo partiti in sette persone ma da domani proseguiremo soltanto in tre, gli altri torneranno in Italia e così, l’ultima sera, improvvisiamo una canzoncina, tipicamente italiana per lasciare un allegro ricordo ai monaci del monastero che ci ospita per questa notte.
VERSO TRINCOMALEE: INIZIO DELLA ZONA DEI TAMIL Ed eccoci di nuovo in viaggio, i monaci Punyasara e Palitha al nostro fianco, attraversiamo mercati dove fare provviste, lasciamo la macchina per proseguire in tuc tuc, il tipico mezzo singalese, è l’unico modo per raggiungere il prossimo gruppo di bambini che sarà ospitato a Gokarella. Nel visitare un villaggio, dimentichiamo in una capanna una bottiglia: un’ora dopo, con grande sorpresa, veniamo raggiunti da una bimbetta che, tutta trafelata per la corsa sostenuta, ci riporta la nostra bottiglia. Attraversiamo altri villaggi e città e tra la povertà e la sporcizia, spiccano i lunghi cortei di bambini e ragazzi, vestiti di bianco, candidi come neve : nello Sri Lanka se non hai la divisa , non puoi andare a scuola, qualunque classe frequenti, elementare o superiore, devi indossare il grembiule bianco. Le strade, i giardini, i posti turistici sono pieni di studenti, di ogni età, di ogni religione, e spesso è l’unico grembiule che hanno, pare impossibile che, in quelle povere case umide e polverose, riescano a mantenere un grembiule così candido e stirato, appaiono ai nostri occhi come studenti appartenenti a famiglie benestanti. Ma dietro il grembiule la realtà è un’altra. Passiamo il confine tra la zona controllata dal governo cingalese e quella a nord, controllata dai Tamil. Dobbiamo raggiungere l’orfanotrofio di Trincomalee e poi quello di Vavunya. Ci stiamo avvicinando nella zona di guerra, ormai incontriamo soltanto tamil e i posti di blocco sono parecchi, ci vogliono ore per fare pochi chilometri, soldati giovanissimi, armati fino ai denti, con i mitra puntati, chiedono ogni volta “chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando…”. Il monaco Punyasara riesce ad ottenere, ogni volta, un lasciapassare! Ci fermiamo a un posto doganale in cui è ospitata anche una stazione radio, Punyasara parla con la guardia, gli spiega chi siamo e, dopo circa un’oretta, il soldato ci rilascia un permesso scritto, indispensabile per poter superare i prossimi posti di blocco. Finalmente arriviamo, i bambini ci accolgono con entusiasmo, stanno preparando il pranzo, cocco macinato e peperoni con riso. E ci fanno visitare l’orfanotrofio, sono di religione buddista e di diverse età, dai 5 ai 17 anni. Alcune bambine improvvisano uno spettacolino per noi. L’orfanotrofio è sovraffollato e le condizioni in cui vivono sono davvero precarie. Mentre noi parliamo con il direttore dell’orfanotrofio per concordare il trasferimento dei bambini a Gokarella, il monaco ven. Palitha s’intrattiene con i bambini, è di una simpatia unica, ha sempre il suo bel sorriso stampato sul viso rotondo e contagia l’allegria.
A NORD DI TRINCOMALEE Proseguiamo lungo la costa, a nord di Trincomalee, l’oceano è splendido e tranquillo e pare impossibile che abbia portato morte e distruzione. Sulla spiaggia sono ancora presenti i resti delle macerie, la vita della gente è ripresa ma la vita è tutt’altro che facile : vivono in capanne, alcune sono fatte di latta e il caldo all’interno è insopportabile, sono vuote e senza finestre, dentro una capanna notiamo una bimba malata, sdraiata per terra… Tossisce ed è debolissima. All’interno delle baracche vi è allestita una cucina, tutti gli utensili sono riposti per terra , i vestiti sono ammucchiati in un angolo, la gente ci sorride.
IL POPOLO DELLA FORESTA Lasciamo la costa perché dobbiamo addentrarci nell’interno, per raggiungere i prossimi bambini, nei pressi di Damban dovremo attraversare la foresta del re Vannila Eththo, il re dei Veddah, ovvero il “popolo della foresta”, il popolo piu’ antico dello Sri Lanka, vengono chiamati “gli antenati” , sono rimasti in pochissimi, solo qualche centinaio e con loro scomparira’ l’origine dei primi abitanti dell’isola di Ceylon. Ci stiamo spostando a est e, nell’attraversare la giungla, li incontriamo… Sembra di essere finiti nella preistoria : di carnagione nera, i capelli nerissimi e folti, lunghi e sciolti nei giovani, legati alla nuca negli adulti, vestiti soltanto da una piccolo telo avvolto sui fianchi, gli occhi grandi e scuri, profondi, asce, archi e frecce coronano il tutto… Una bella razza, il cui aspetto non lascia dubbi sullo spirito selvaggio di questo popolo.
Il monaco ci consiglia di portare un regalo al grande re, egli ce ne sarà grato e ci proteggerà durante l’attraversamento della foresta. Gli portiamo un dono che sara’ molto utile a tutta la tribu’ : un apparecchio per filtrare l’acqua, molto torbida dato che la prendono direttamente dal fiume dall’aspetto limaccioso.
Arriviamo alla capanna del Re Vannila Eththo, ci presenta i suoi figli, e tre ragazzi veddah ci conducono nella foresta, tra le loro capanne, danzando per noi… Se non stessi vivendo personalmente questa esperienza, non ci crederei… Poi ci mostrano oggetti in legno da loro stessi costruiti, portano le lance come se fossero in assetto di guerra, come se da un momento all’altro dovesse arrivare delle tribù nemiche…
SI RITORNA SULLA COSTA ORIENTALE Il viaggio prosegue, un po’a piedi, un po’ in jeep, tra boscaglie e zone di savana, tra elefanti e laghi… Puntiamo a sud per raggiungere altri campi profughi, altri orfanotrofi che ospitano bambini di tutte le religioni e di tutte le età…
Ci soffermiamo in un orfanotrofio mussulmano: arriviamo durante l’ora di lezione scolastica, non hanno banchi né sedie ma i loro quaderni sono pieni di cose che hanno imparato, fino a 15 anni le bambine portano un velo colorato, poi il loro viso sarà contornato e coperto da un velo nero.
E’ bello stare con loro ma il nostro viaggio deve proseguire e siamo colpiti dalla grande disponibilità del direttore dell’orfanotrofio mussulmano: si offre di accompagnarci a un altro orfanotrofio di religione induista. L’istituto risulta molto affollato, ci spiegano quanto costa mantenere tutti quei bambini, mancano i finanziamenti e le strutture non sono sufficienti ad ospitarli tutti. Raccontiamo loro di casa Gokarella e di quanto spazio ci sia, non importa di che religione siano, ci basta sapere che ci sono bambini che hanno bisogno di aiuto. VIAGGIAMO DI NUOVO NELL’INTERNO A Batticaloa lasciamo la costa e riusciamo a spingerci nell’interno fino a raggiungere un orfanotrofio nel cuore della foresta, lo raggiungiamo a piedi, facendoci strada tra la vegetazione sempre più intricata, in questo luogo solitario non arrivano aiuti, nessuno si ricorda di loro : sono orfani della guerra civile e inoltre vi sono ben 30 bambini portatori di handicap, molti abbandonati dai genitori perche’ “ diversi”.
Il dormitorio ha il tetto che fa entrare acqua da tutte le parti durante gli acquazzoni violenti, che cosi’ spesso accompagnano il nostro viaggio umanitario. Hanno a disposizione acqua per lavarsi soltanto per due ore al giorno, non hanno un pozzo o una cisterna… ad assistere tutti i bambini vi e’ una piccola donna, anziana , esile ma di un’energia coinvolgente. Le ho promesso che parleremo di loro per aiutarli ad avere almeno l’indispensabile!!! All’inizio ci guarda con diffidenza, è scostante, non è abituata a vedere gente che arriva fin lì, ma poi conquistiamo la sua fiducia e si trasforma in un angelo. Ci racconta di essere arrivata in quel luogo sperduto della foresta quando aveva soltanto 15 anni e la sua prima reazione, di fronte a tanta sofferenza e povertà, fu quella di scappare ma poi la solidarietà della gente del villaggio e il suo grande cuore la trattennero lì, tra quei bambini e ragazzi che sono, da tanti anni la sua famiglia. IL VIAGGIO PROSEGUE VERSO SUD : ALTRI CAMPI PROFUGHI, ALTRI ORFANOTROFI Attraversiamo altri campi profughi, capanne fatte di lamiera, paglia, fango… sono ormai molti giorni che viaggiamo nelle terre dei Tamil, sono zone depresse, abbandonate a sé stesse, dimenticate da tutti, qui non si vedono turisti e trovare vitto e alloggio sta diventando sempre più difficile, facciamo degli spuntini in luride locande, piene di mosche e buie, con piatti a base di riso in bianco e verdura nonché degli stuzzichini fritti ripieni di non so che cosa ma piccantissimi. Dormiamo dove capita e a volte ci dobbiamo accontentare di ricoveri di fortuna. In compenso stiamo spendendo poco, sarà diversa la situazione quando arriveremo nella zona singalese, a sud e a est dello Sri Lanka , dove sono concentrati i maggiori alberghi e strutture più vicine allo stile occidentale. Eppure questo continuo vagabondare tra i bambini, tra la gente vittima della guerra civile, tra coloro che hanno ancora vivo il ricordo dello tsunami, ci fa apprezzare ancora di più quello che abbiamo, tutto quello che, nella vita di tutti i giorni, diamo per scontato, qui assume un significato prezioso. Giungiamo in un campo profughi finanziato dall’Italia, grandi tendoni azzurri spiccano sulla terra rossa e due anziani coniugi ci invitano ad entrare nella loro semplice ma ordinata dimora. Il nostro viaggio continua e arriviamo alla nostra prossima metà, un orfanotrofio di religione buddista, decine di bambini, molto piccoli, stanno facendo la nanna : uno spettacolo esilarante, alcuni non dormono ma stanno ben attenti a non fare rumore, altri sono profondamente addormentati. Oggi il nostro fedele Punyasara ci lascia, deve tornare al suo monastero, ci aspetterà a Gokarella quando termineremo la nostra avventura, non sappiamo quanto ci vorrà, lo terremo informato. Ci stiamo spostando al sud e non dovremmo più incontrare posti di blocco, dovremo attraversare ancora un’unica zona tamil , al centro dello Sri Lanka, ma non dovrebbero esserci problemi… Almeno lo speriamo! Ancora non lo sappiamo ma i problemi più grossi devono ancora venire : rimanendo soli, assumiamo un autista che, in seguito, si rileverà un vero e proprio problema, terrorizzato nell’attraversare le zone di guerra, più e più volte, tenterà di abbandonarci e tornare indietro lasciandoci senza autista e in una zona dove non capiscono l’inglese, dove non vi sono agenzie turistiche e dove ogni passo verso la meta è una piccola conquista. Dopo tre giorni di vagabondare in luoghi depressi e fuori da tutte le rotte turistiche, siamo arrivati nella citta’ di Marangala, siamo a nord del parco nazionale di Yala e abbiamo trovato un punto internet, molto primitivo ma funzionante… Veniamo a sapere che il Reverendo Punyasara Thero e Sylvester Jayakody sono stati intervistati dalla televisione nazionale dello Sri Lanka e hanno raccontato che il programma “Alle falde del Kilimangiaro” e’ stato determinante per la realizzazione di casa Gokarella, e’ stato ringraziato il popolo italiano per l’aiuto che ha dato per la costruzione di questo Centro per gli orfani, attraverso il programma di RAI TRE. Noi dell’associazione Shangri La’ onlus (www.Shangrilaonlus.It) abbiamo potuto osservare quanto la gente dello Sri Lanka sia riconoscente, hanno addobbato le vie dei villaggi con bandiere e scritte in italiano, hanno suonato l’Inno di Mameli durante l’alzabandiera. I giornali nazionali ne parlano ed e’ una grande gioia per noi essere qui, nello Sri Lanka, a parlare del nostro popolo, dando il nostro contributo.
C’e’ molta sporcizia in giro e i pochi alberghi e locande puzzano di muffa, cerchiamo di trovare almeno delle camere con l’aria condizionata per mascherare l’odore, per fortuna abbiamo il nostro sacco lenzuolo. L’albergo peggiore, per ora, e’ stato quello in cui eravamo in compagnia di gechi e insetti vari di ogni tipo ma la cosa piu’ esagerata era che dal water c’era un insetto lungo tre centimetri che annaspava per uscire dal water… Le zanzare abbondano.
Abbiamo preso un autista che ha paura di tutto, parla in continuazione di pericolo di terroristi… E’ vero che i soldati sono dappertutto e i posti di blocco sono all’ordine del giorno pero’ mi sembra che esageri, quando tutti i giorni, alle prime ore del pomeriggio, ci incita a trovare un alloggio perché non vuole trovarsi in giro nelle ore del tardo pomeriggio, di questo passo non arriveremo mai a Gokarella! Decidiamo di imporgli le nostre decisioni e cercare l’alloggio soltanto dopo le ore 17. Più volte minaccia di tornarsene a casa, sulla tranquilla costa occidentale…
La città sacra di Kataragama ci accoglie piena di pellegrini. Insieme all’Adam’s Peak è la meta di pellegrinaggi più importante dello Sri Lanka, sacra ai buddisti, agli induisti e ai mussulmani. Arriviamo durante la puja : i fedeli portano le loro offerte e si fanno benedire, vi è tutto un cerimoniale e ci lasciamo coinvolgere… Vediamo delle donne che, a turno, passano sotto il ventre di un grande elefante, tenendo in braccio i loro bambini: ci dicono che è un rito molto importante che ha il significato di rendere coraggioso il proprio figlio, perché se superi la paura di passare sotto la pancia di un pachiderma mentre sei bambino, poi nella vita non avrai più paura di nulla. ATTRAVERSIAMO IL PARCO DI YALA E RAGGIUNGIAMO LA ZONA TAMIL DELLE PIANTAGIONI DI TE’ Il nostro percorso dovrà ora spingersi attraverso il parco naturale di Yala, pieno di animali selvatici, dobbiamo prendere un jeep a causa del terreno molto impervio… La traversata è spettacolare ed emozionante, la pista tocca un angolo della costa e ci fa una certa impressione camminare su un pavimento: gli unici resti che sono rimasti di un albergo dopo lo tsunami : vi era alloggiato un gruppo di turisti giapponesi, tutti scomparsi. Dobbiamo lasciare la jeep e proseguire a piedi in uno splendido ambiente naturale, tra rocce, cascate e boschi. Ci stiamo avvicinando sempre di più alla zona Tamil che si trova sulle montagne, raggiungiamo Nuwara Eliya, 2000 metri di quota , circondata da verdi colline tappezzate da estese piantagioni di tè, il famoso tè dello Sri Lanka. Qui decine e decine di donne tamil raccolgono a mano, una per una, le foglioline di questa pianta. Poi, nelle fattorie disseminate nel territorio, il tè verrà seccato e lavorato nelle qualità più pregiate, per poterlo esportare nei paesi occidentali. La qualità inferiore, invece, rimane per il consumo della gente locale che ne fa davvero largo uso. I tamil di questa verdissima regione vengono appunto chiamati “tamil delle piantagioni”, i cui antenati furono portati dall’india nel 19̊ secolo dai colonizzatori inglesi perché lavorassero nelle piantagioni di tè. I tamil che avevamo incontrato al nord e sulla costa est, detti “tamil dello Sri Lanka”, invece, risalgono ai primi indiani del sud che cominciarono a sbarcare sull’isola all’epoca dei conflitti tra i regni singalesi e indiani del sud, oltre 1000 anni fa. Punyasara ci fa la sorpresa di darci come guida uno dei suoi monaci, Sumangala, starà con noi un paio di giorni, sta studiando l’italiano e si esercita con noi. Il clima è molto fresco, si sta divinamente, soprattutto non ci sono zanzare con le quali stiamo lottando dall’inizio del viaggio, alla sera ci vuole perfino un maglione e Sumangala, vestito soltanto con la sua tunica arancione, rifiuta di uscire, trema dal freddo. Paolo gli offre una felpa ma non è sufficiente per convincerlo ad uscire…
RATNAPURA Ratnapura : la città delle gemme, situata in una zona piovosa e umida, disseminata da pozzi per l’estrazione delle pietre preziose. Le gemme si estraggono ancora con metodi antichi ed è un lavoro di squadra : occorre qualcuno che elimini lo strato ghiaioso che spesso contiene pietra grezze, qualcuno che pompi l’acqua per liberare la ghiaia dal fango, qualcuno che sappia distinguere le gemme dai sassi. Quando si trova una pietra preziosa il profitto è diviso tra tutti i membri della cooperativa, dal finanziatore dei lavori a chi si immerge fino al collo nel fango e nell’acqua vestito solo di un piccolo perizoma chiamato amudes. Le cave possono essere orizzontali o verticali a seconda della direzione del filone. A volte sono i bambini a scendere nei pozzi, soprattutto in quelli più stretti. Entrano nelle viscere della terra come topi, ma questi minatori guadagnano ben poco, ho visto un uomo di giovane eta’ completamente senza denti… Che tristezza…
FORESTA PLUVIALE DI SINHARAJA Lasciamo Ratnapura per spingerci più a sud e incontriamo la foresta di Sinharaja, una delle ultime foreste pluviali sopravvissute, un vero paradiso per gli uccelli, le scimmie e ahimè… Per le sanguisughe! Camminiamo nella foresta per circa quattro ore, abbiamo contattato una guida per non perderci e ci siamo vestiti come ci è stato consigliato, in modo da non lasciare scoperta neanche una parte alle fameliche sanguisughe, ma il caldo umido si fa sempre più insopportabile, stiamo camminando in salita e il sudore non dà tregua, dobbiamo valicare un passo per poter raggiungere la prossima meta. E’ una foresta intricata, le radici degli alberi emergono dal suolo come fossero zampe giganti, le fronde delle piante sono così fitte che la luce riesce a malapena a penetrare, le voci stridule, le grida degli animali ci arrivano da ogni parte, è tutto così gigantesco! E poi cadiamo nell’errore di chi non conosce abbastanza la foresta: ci fermiamo nei pressi di un torrente per riposare e, ignari del pericolo, ci scopriamo un pochino… Troppo! Paolo si ritrova una sanguisuga sulla schiena e io due sulle caviglie. L’unica a rimanere immune è Carla… Superiamo l’attacco e proseguiamo verso il prossimo traguardo…
LA COSTA SUD La costa sud si presenta popolata dai pescatori, sono molto caratteristici nelle loro barche tipiche, strettissime, chiamate oruva, le tipiche canoe a bilanciere, mentre altri pescano sui tradizionali pali, ogni pescatore ha un palo saldamente conficcato nel fondale, vicino alla riva, e quando il mare e il pesce vanno nella direzione giusta, sale sul palo e getta le lenze. Le posizioni dei pali vengono tramandate di padre e in figlio e sono molto ambite. Proseguiamo lungo la costa con queste strane imbarcazioni per giungere a Galle, una bella città fortificata, una delle città più antiche e tutt’ora popolate. Su questo lato della costa lo tsunami sembra non essere mai passato, non vi sono baracche in lamiera o capanne fatiscenti ma bensì casette decorose costruite per i profughi. E’ evidente che qui non si respira l’atmosfera della guerra civile e la ricostruzione degli alberghi e dei villaggi è stato molto più facile. Qui non ci sono tamil abbandonati a sé stessi… Per raggiungere il prossimo gruppo di bambini ci serviamo di un tuc tuc, l’autista porta i segni della poliomelite ma si muove tra il traffico con molta disinvoltura… L’orfanotrofio dove sono ospitati i bambini presenta un dormitorio superaffollato e ci mostrano parecchi letti ubicati addirittura all’aperto, sotto una tettoia. Hanno avuto un grosso problema con i parassiti a causa del numero troppo alto dei bambini. LA COSTA OVEST Siamo nei pressi della costa, a ovest, vicino a Negombo. Alla sera le spiagge si riempiono di locali, si ritrovano tutti sulle rive dell’oceano per giocare a pallone e ad altri giochi che non conosciamo, si rincorrono mentre altri se ne stanno tranquillamente a guardare l’oceano…
Sono cinque settimane che stiamo vagabondando per lo Sri Lanka, abbiamo contattato tantissimi bambini orfani, ora possiamo tornare a Gokarella…
CENTRO DI ACCOGLIENZA PER BAMBINI ORFANI DI GOKARELLA – LA META FINALE Avevamo lasciato il centro di accoglienza privo di vita ma ora brulica di bambini, qui avranno una casa, un affetto, un’istruzione, le attività sportive, le cure mediche, un punto di riferimento per diventare grandi e affrontare la vita nel modo degli adulti. Ora che la festa è terminata inizia una nuova vita per questi bambini… Rimaniamo con loro ancora qualche giorno, poi torneremo in Italia ma il nostro cuore rimarrà laggiù con loro, pensiamo a quante cose hanno bisogno ogni giorno, per mangiare, lavarsi, studiare, giocare, curarsi… E pensiamo a quanti bambini potrebbero ancora arrivare a Gokarella, c’è ancora molto spazio… Parliamo con il reverendo Punyasara, egli ci dice che non siamo più in grado di ospitare altri bimbi, anche se lo spazio lo permetterebbe, mancano i fondi e presto bisognerà pensare anche alla manutenzione dei mezzi che garantiscono ogni giorno il trasporto dei bambini alla scuola… Abbiamo raggiunto un importante obiettivo, ma potremmo fare ancora di più, con l’aiuto di tutti, con il buon cuore della gente che ci ha permesso di arrivare fin qui ma non ci fermeremo.
Ora sappiamo cosa dovremo fare quando torneremo in Italia : Gokarella, il tesoro che contiene, la gioia che abbiamo letto sul volto di quei tanti bambini provenienti da ogni luogo del paese, la speranza di tutte quelle persone locali che hanno trovato un lavoro, gli insegnanti, i cuochi, i medici che garantiscono un futuro a questi bambini… Il timore di non farcela a portare avanti questa avventura… Racconteremo di tutto ciò perché chiunque, secondo le proprie disponibilità, possa continuare a viaggiare con noi, in questo sogno, un sogno che sembrava irrealizzabile , un sogno partito dal cuore di un bambino di soli sei anni, Sylvester Jayakody.
www.Shangrilaonlus.It – www.Gokarellainstitute.Org Hanno collaborato alla realizzazione di questo progetto : Carla Rovelli, Paolo Bonomi e Cristina Rovelli dell’Associazione SHANGRI LA’ onlus di Pasturo (Lc); Gianfranco Stamerra e Margaret Lina della sezione SCOUT CNGEI di Valmadrera (Lc), Sylvester Jayakody e Michele Russo dell’associazione SRI LANKA Europe Friendship Association onlus di Lecco, Barbara Riva insegnante della scuola primaria Leonardo Da Vinci di Paderno D’Adda, Claudio Rossi, volontario lecchese per casa Gokarella, Eric Makawitage della Sri Lanka Europe Friendship Association di Ginevra; il programma “Alle falde del Kilimangiaro”, moltissimi italiani che, rimanendo nell’ombra, ci hanno permesso di arrivare fin qui. BONOMI PAOLO E CRISTINA ROVELLI CARLA tel. 0341 919881 – 3395060238