Lisbona, Tago e Costa d’Azul
E’ prima serata e sotto di noi vediamo aprirsi la grande foce del Tago e i tetti rossi della città, mentre tante luci fanno capolino tra le vie non ancora illuminate.
Sbarcare, ritirare i bagagli e prendere l’aerobus per il centro è proprio questione di breve tempo e così ci troviamo in poco più di un’ora nel nostro tranquillo alberghetto sito in pieno centro, a 50 metri dalla stazione del Rossio e dell’Elevador da Gloria.
Siamo molto stanchi ed è tardi così ci accontentiamo per ora della bella veduta dalla finestra dell’albergo sulla collina retrostante.
2 – Visto che dobbiamo camminare molto, facciamo una lauta colazione in albergo e poi iniziamo a visitare Lisbona.
Dall’albergo usciamo subito sulla Praça dos Restauradores, piena di sole vista la bella giornata che qui è sbucata. Solita foto alla colonna commemorativa sita nel centro e poi ci fermiamo davanti la stazione di Rossio, in stile Neomanuelino, con i due ingressi a forma di ferro di cavallo. Raggiungiamo in pochi metri la piazza del Rossio dove, appena entrati e alla nostra sinistra, si trova il Teatro Nacional Dona Maria II e nel centro della piazza, restaurata da poco, la statua di re Joao I. Tutt’intorno palazzi e porticati ma soprattutto tanti caffè e pastelerias, pasticcerie dalle vetrine invitanti pieni di leccornie: fermiamo la golosità ma ci promettiamo di venirci nel pomeriggio per la pausa visite.
Un dedalo di strade ci conduce ai primi vicoletti dell’Alfama, quartiere tra i più famosi e visitati: salendo la rua da Sé troviamo la casa di S. Antonio da Padova, nativo di questo luogo, con davanti una statua a lui dedicata e, appena dietro, visitiamo la Sé, la chiesa principale di Lisbona: in stile romanico, ma ricostruita varie volte (i terremoti ne hanno fatto scempio),il cui interno è molto vasto e si può visitare il bel chiostro.
Proseguiamo per le stradine e i vicoletti stretti ed acciottolati: sembra di stare a Napoli, tra bassi, panni stesi e odori vari (in genere di pesce fresco la mattina e fritto la sera) e sostiamo al Mirador di Santa Luzia per una veduta panoramica generale e per ammirare i bellissimi azulejos.
Durante il girovagare, ci fermiamo alla Casa dos Biscos che, pur se restaurata, ci mostra come dovevano essere le abitazioni all’Alfama prima della decadenza: il colore vivo del bugnato spicca tra gli alti palazzi.
Arriviamo sulla cima del colle, dove si erge maestoso il Castello di Sao Jorge: per goderci meglio il quartiere, abbiamo preferito arrivarci in salita (il tram arriva fin qui) ma forse è meglio fare il viceversa.
Nel Castello non c’è niente di interessante se non la splendida veduta dai bastioni e il giardinetto interno che ci offre una deliziosa frescura al caldo che fa.
Stavolta scendiamo con il tram (o electricos, che ha l’età di Noé ma corre come Ben Johnson) e ci lascia vicino la Praça do Commercio: troviamo un delizioso ristorantino e pranziamo, il primo pranzo portoghese e prima scorpacciata di pesce.
Per digerire il tutto, riprendiamo il nostro giro ed arriviamo nella Praça: a parte la statua di re José I e i palazzi nobiliari intorno, non c’è altro che la bella vista sul fiume, a cui si può arrivare (e scivolarci dentro!) da una scalinata.
Sulla piazza si apre la sede centrale delle Poste e subito vicino una piazzetta dove scopriamo il bianco palazzo in marmo del Municipio.
Dall’ Arco Imperiale posto dalle parte opposta ha inizio la Rua Augusta, piena di negozi e locali: la percorriamo con calma, guardando cosa offrono le vetrine (soliti souvenirs) e quali cartoline scegliere da mandare ad amici e parentado.
Risbuchiamo al Rossio e allora decidiamo di fare la nostra sosta: ci sediamo alla Pasteleria Suiça e ci concediamo un bel coppone di gelato e ci guardiamo il passeggio pomeridiano.
Prima di andar in albergo per prepararci per la sera, passiamo per la Portas de Santo Antao e ci fermiamo alla Casa do Alentejo, che ha un patio neomoresco veramente molto bello.
Tornati in albergo, riposino e doccia sono d’obbligo e poi via, alla ricerca di dove cenare.
Saliamo a piedi fino al Bairro Alto e scopriamo tantissimi ristorantini e locali dove poter lautamente cenare e divertirci.
Scegliamo uno sito in rua dos Mercés (ci torneremo un’altra volta perché ha il pesce buonissimo) e poi finiamo la serata a bere birra in un pub sulla rua do Século: saremo in forze per domani? 3 – Memori della camminata del giorno prima, ci serviamo del vicino elevador da Gloria (appena usciamo dall’albergo ce lo troviamo davanti) per salire sulla collina del Bairro Alto, e subito ci rechiamo alla Eglesia do Carmo, le cui rovine ricordano il tremendo terremoto che sconvolse la città il 1° Novembre 1755 e che la distrusse completamente. All’interno, alzando gli occhi, il cielo azzurro fa da tetto alle mura e al prato erboso che ora copre il pavimento.
Percorriamo le calli e le piazzette, dove giardini fioriti e angoli di silenzio contrastano con le frenetiche sere di movida portoghese che animano queste viuzze.
Scopriamo, in largo Pinheiro, una bella casa affrescata con un dipinto particolare e colorato.
D’obbligo la sosta al Café Brasileira e la foto alla statua di Ferdinando Pessoa, frequentatore del posto.
Quando troviamo l’ingresso all’Elevador di san Justa (dalle fattezze note: assomiglia vagamente alla Torre Eiffel poiché il progettista è proprio lui!) ci scoraggiamo: è chiuso anch’esso per restauro. Conviene scendere a piedi e allunghiamo così il giro per il Chado, il quartiere vittima di un furioso incendio non molti anni fa: ricostruito, è ora un grosso centro commerciale all’aperto, con tanti negozi e vetrine. Qui stravolgiamo un po’ il nostro programma e prendiamo la metro fino a Cais do Sodre e poi un veloce electricòs ci porta a Belém.
Su consiglio di due tipe incontrate sul tram, scendiamo qualche fermata prima, davanti l’omonimo palazzo, sede della presidenza e particolare per il suo colore rosa.
Un po’ di cammino tanto per non guastare e arriviamo al Monstero dos Jeronimos, tra i monumenti più famosi: è uno degli esempi più chiari dello stile manuelino, la cui particolarità sono i richiami marinari.
Dentro (c’è una folla enorme e flotte di autobus targati Italia) si visitano le tombe dei reali portoghesi e quella molto appariscente di Vasco da Gama ma noi ci intratteniamo di più nel bellissimo chiostro e nel Refettorio, ricco di azulejos.
Davanti il monastero si apre la Praçca do Impero, vasta e con le fontane e i giochi d’acqua: il nostro libro guida ci suggerisce di tornarci la sera ma vedremo.
Attraversare l’avenida per raggiungere il Monumento alle Scoperte è un’impresa e, per non rimetterci la pelle, usiamo il sottopassaggio: ci mettiamo un attimo e siamo davanti il monumento e l’ampia spianata dove calpestiamo la bussola disegnata sul pavimento.
Chiedo alle casse se c’è l’ascensore e, dettoci di si, saliamo in alto, per ammirare il Tago e il quartiere da un punto più favorevole: dal tetto si vede in tutta la sua grandezza la Bussola, il Monastero, la Torre che poi visiteremo e il Ponte 25 de Avril, trafficatissimo.
Foto immancabile e poi, discesi, decidiamo di terminare la visita andando alla Torre, anche perché abbiamo un certo appetito: sono quasi le 15 e non abbiamo ancora pranzato! E’ vero che facciamo laute colazioni ma, con tutto il camminare, si consuma.
Ci fermiamo in uno snack per un panino ma la smania di visitare il simbolo di Lisbona e del Portogallo è più forte e quindi in breve siamo davanti la Torre di Belém a far la fila per entrare: pochi minuti per fortuna e visitiamo questo ex carcere e deposito, prima sito in mezzo al fiume, ora a pochi metri dalla riva.
Costruito in puro stile manuelino, contiene una terrazza con una loggia rinascimentale, una statua raffigurante la Vergine con il Bambino (che i marinai salutavano) rivolta verso il mare, le stanze per gli alloggi e le segrete.
Il pomeriggio volge verso il termine così, effettuata la visita, ce ne torniamo in albergo: doccia, riposino e uscita per cena e dopo.
Pioviggina leggermente (il tempo è molto variabile) ma ciò non ci ferma.
4 – Stanotte qualcuno ha fatto casino in albergo e in mattinata si vedono facce ben arrabbiate alla colazione, comprese le nostre.
Per rilassarci (e che diamine, siamo in vacanza!) prevediamo di visitare la parte moderna della città, quindi ci riperdiamo nei meandri della metro e sbuchiamo alla fermata Orient, dove le moderne strutture della stazione ferroviaria sono di preludio alla visita.
Ci stiamo recando al Parque dos Naçoes, costruito in occasione dell’Expo del ’98 e dedicato al mare.
Padiglioni multicolori e fantasie architettoniche ci accolgono con giochi d’acqua, finti vulcani dalle eruzioni improvvise (spruzzano schizzi d’acqua), fiumi, laghi, isole verdi e fontane futuriste, tutte poste lungo una parte del Tago.
Affrontiamo la lunga ma celere fila per entrare al Padiglione degli Oceani o Océanario e perdiamo un paio d’ore ammirando la fauna che nuota e vive nelle vasche di uno degli acquari più grandi d’Europa: pesci tropicali, squali, balenotteri, orsi, lontre e castori e chi più ne ha più ne metta.
Dopo un veloce spuntino, prendiamo la teleferica che percorre il parco in tutta la sua lunghezza e ne permette la visione completa e che ci porta davanti l’alta torre situata a nord, dalla cui cima si gode un ottimo panorama.
Limite dello stesso parco è il Ponte Vasco da Gama, uno dei più lunghi del mondo, che taglia il Tago in due.
Ritorniamo in centro, scendendo però alla fermata di Plaça Marques de Pombal, all’inizio del Parque Enrique VII, particolare per la sua posizione a gradoni lungo il fianco della collina, dalla cui cima si spazia lungo fin tutta la Avenida da Libertade.
Tante e comode panchine ci aspettano per un placido relax e poca gente affolla a quest’ora del pomeriggio i giardini: ci stendiamo su una e ci godiamo il fresco, il trambusto lontano e il passaggio degli aerei in decollo.
Prima di ritornare in albergo, passiamo davanti il Padiglione Lopes, tutto ricoperto di azulejos.
Percorriamo con calma la Avenida e in poco siamo nel nostro alberghetto: doccia e riposino sono d’obbligo.
Però è l’ultima sera e ci vogliamo concedere qualcosa di speciale: risaliamo al Bairro e ci rechiamo in un ristorantino molto carino che abbiamo visto qualche sera prima ma rimaniamo gabbati perché lo spettacolo di Fado non c’è.
Ceniamo comunque a base di Bacalau e patate cucinati magnificamente e godiamo di un vinello che ci inebria.
Come al solito poi resto della serata a in uno dei tanti localini del Bairro a tentar di rimorchiare.
5 – Stamane, col mal di testa e mezzi rintronati, andiamo a ritirare l’auto e ci capita una botta di… fondoschiena: in Italia avevamo noleggiato una piccola Panda, invece ci ritroviamo, allo stesso prezzo, una nuovissimo Seat Ibiza, comoda, spaziosa e con tanto di aria condizionata e stereo.
Beh, certo non ci lamentiamo: vien voglia di alzar il volume a tutto spiano e passeggiare per le strade trafficatissime ma sarebbe una magra figura così andiamo direttamente all’albergo, carichiamo i nostri bagagli e partiamo subito alla volta di Fatima.
L’autostrada è scorrevole e semivuota e quindi ci godiamo il paesaggio circostante, fatto di campi coltivati e colline brulle.
Dopo un disaccordo su cosa visitare (io propendo per Batalha mentre Vic per Ericeira), calcolate le dovute distanze, decidiamo per Batalha e quindi usciamo dopo qualche chilometro e andiamo verso la cittadina per visitare il Monastero.
La sosta si dimostra piacevole: parcheggio facile ed in centro; poca gente e turisti; monumento interessante.
Infatti il Monastero, di stile gotico e voluto a commemorazione appunto di una battaglia, è ampio e silenzioso e di fascino solo le Cappelle incompiute, senza tetto né arredi. Interessante anche la tomba di Re Joao I e della moglie. Ritorniamo indietro ed arriviamo dopo scarso mezz’ora a Fatima e qui cambia un po’ l’aria, che diventa silenziosa e raccolta.
L’albergo è a pochi metri dall’ingresso e subito dopo andiamo alla piazza sacra, dove si erge la Cappella delle Apparizioni (nel punto dove i tre bambini videro la Santa Vergine) e la Basilica: ci fermiamo a pregare e ad intrattenerci in questo luogo sacro.
Insomma, cadiamo dal profano al sacro ma lo facciamo con piacere e spirito di devozione.
In serata, dopo una lauta cena, assistiamo alla Processione e alla fiaccolata: suggestive entrambi.
6 – Prima di lasciare Fatima, mi sento in dovere di ascoltare una Messa e fortunatamente la fanno in italiano.
Passa quindi un’oretta e poi andiamo via, completando così questa parentesi particolare: per la prossima tappa ci siamo posti Tomar, dove arriviamo seguendo una strada abbastanza tortuosa.
Salendo la via che ci porta in cima alla collina che sovrasta la città, scorgiamo in basso la valle del fiume, anche se è lontani alcuni chilometri.
Ci stiamo ora recando al Convento do Cristo, un grosso edificio mix tra cappella, monastero e fortezza costruito dai Templari nel XIV secolo.
Dall’ingresso si entra in un giardino curato e poi subito nella chiesa antica con all’interno la Charola, ovvero la cappella originaria intorno a cui è stato costruito il convento.
Gironzoliamo per il complesso, ma c’è tutta un’aria spoglia che delude un po’, come i chiostri e le terrazze (ne abbiamo visti di più interessanti): l’unica nota positiva la Finestra Manuelina ma secondo noi ha bisogno di un sistematico restauro.
Lungo la strada per l’uscita deviamo verso i bastioni della fortezza attigua, altra costruzione dei Templari, da cui si gode uno splendido panorama e si domina la valle.
Suggerisco di far un giro in centro, anche perché la fame inizia a farsi sentire così raggiungiamo una via principale dove, a fortuna, troviamo un buco per parcheggiare.
Ci inoltriamo quindi per stradine e vicoletti, passando per la vecchia Sinagoga e sbucando in Praça da Republica, dove troneggia la Chiesa di San Joao Baptista e una serie di bei palazzi.
Meno male che un bar è aperto, così colmiamo il vuoto dello stomaco con un ricco panino e chiacchieriamo con una coppia di Roma incontrata, scambiandoci impressioni e curiosità (loro ci consigliano di andar verso nord, noi gli diciamo dove alloggiare a Lisbona).
Li lasciamo di lì a poco per proseguire la camminata lungo la rua Serge Pinto, con palazzi che ostentano colorati e deliziosi azulejos e finiamo il giro in un parco dove scorre un canale che fa girare una vecchia ruota di un mulino: la nostra guida dice che è lì dal tempo dei Romani, ma mi sa che è stata cambiata nel corso dei secoli.
Ritorniamo indietro e raggiungiamo l’auto: ancora due ore di autostrada e saremo a Caparica.
Il viaggio così riprende e mentre la radio va, ritorniamo verso Lisbona.
Il traffico, man mano che ci avviciniamo alla città, si fa più intenso e rumoroso e continua così fino a quando imbocchiamo il tratto che ci porta verso il ponte 25 de Avril: qui rischiamo di rimanere proprio imbottigliati, neanche fosse Milano! Pian piano arriviamo al ponte e finalmente lo percorriamo: alla nostra sinistra Lisbona si estende placida e il Tago arriva lento dai monti mentre sulla destra la torre di Belém, minuscola, risalta col suo biancore sulla grande foce.
In pochi minuti siamo dall’altra parte e paghiamo il pedaggio abbastanza in fretta che già dopo qualche minuti stiamo correndo su un’ampia superstrada che ci porta verso la nostra meta.
E così, da lontano, scorgiamo alti palazzi e viali alberati e una fetta di mare si apre ai nostri occhi: finalmente la nostra vacanza diventa marina.
La tipa del complesso residenziale è un po’ acida ma alla fine ci da le chiavi del nostro appartamentino e ci lascia andare e quindi saliamo al 4° piano di questo monumentale palazzo al centro della cittadina e prendiamo possesso di quella che sarà la nostra base operativa per il resto del soggiorno: un due stanze + cucina + bagno a prezzo contenuto ma abbastanza fornito di tutto.
Stanchi morti, prepariamo una cena veloce, disfiamo le valige e ci godiamo dalla finestra lo scintillio delle luci e il viavai delle persone nella piazza sottostante.
7 – E si, questa è la giornata da dedicare proprio al sole, al mare e al riposo.
La spiaggia dista qualche centinaia di metri e raggiungerla non è difficile anche se è piena di ombrelloni, sdraio, bambini e famiglie: non è quello che cerchiamo ma come primo giorno può andar bene, in fondo è pulita e grande (la grandezza è fondamentale perché quando sale la marea bisogna indietreggiare di una decina di metri).
Poiché è il primo giorno di mare, personalmente mi godo la calda mattinata poi, consumato un panino, lascio Vic sulla spiaggia a crogiolarsi e me ne vado a zonzo per la città.
Caparica è una sorta di Riccione portoghese: posta agli inizi della costa subito a sud della foce del Tago, ha iniziato ad espandersi quando i primi lisboeti vi hanno costruito le prime ville, dando il via ad un boom edilizio che ha prodotto orribili condomini e grandi alberghi lungo questo tratto di mare.
Non c’è un centro ben preciso, solo la via che porta al mare (dove si aprono locali e gelaterie) e la Piazza all’ingresso della città, dove si trova un fornito mercato.
Il resto sono solo strade con palazzi, alberghi e qualche rara villa con giardino.
C’è una camminata che costeggia la spiaggia ma non è un vero e proprio lungomare e un molo che si protende nell’Oceano, ma non è molto illuminato la sera.
Cosa che noto con molto piacere è che quasi tutti i villeggianti sono portoghesi: pochi stranieri e soprattutto quasi nessun italiano.
Vic è rosso come un peperone (l’ho avvisato pure che qui il sole è infame) e quindi la sera facciamo un breve giro per il centro e sul molo, degustiamo un gelato senza infamia né lode e poi ce ne andiamo a nanna.
8 – Con l’auto a disposizione, iniziamo a concederci una serie di escursioni nei dintorni e quindi stiamo andando verso Sesimbra, la prima cittadina balneare della Costa d’Azul, con cui si intende il tratto di mare a sud di Lisbona.
Troviamo uno scomodo parcheggio su una salita erta ma il mare compensa alla sfacchinata che ci toccherà al ritorno: la spiaggia sottile e di sabbia fine si estende lungo un lungomare alberato, che si interrompe a metà per la presenza del Forte di Santiago, ex costruzione militare.
Come al solito, dopo il bagno ed un po’ di tintarella, preferisco passare le ore più calde e sfuggire alla marea che sale visitando la cittadina, così mi trovo a zonzo per le stradine ombreggiate, visitando il forte (non c’è nulla se non una bella veduta sui monti retrostanti, sul mare sottostante e sulla costa antistante) e concedendomi un fresco drink in un tipico bar.
Vic mi raggiunge nel tardo pomeriggio, sempre più rosso e decidiamo, prima di tornar al residence, di far capolino a Cabo Espichel, punta estrema di questo tratto di costa.
Guidando lungo una strada tortuosa, veniamo circondati da alberi di olivo e da cespugli di macchia mediterranea e il sole inizia lentamente a calare al nostro orizzonte.
Una simpatica signora molto chiacchierona ci indica la strada giusta verso il capo (credevamo di esserci persi così abbiam chiesto aiuto) e riusciamo a capirla solo perché gesticola molto alla “napoletana” e per me è come parlare con un concittadino.
Infatti, seguite le sue indicazioni alla perfezione, sorgiamo da lontano il faro e in pochi minuti arriviamo in un parcheggio sterrato dove lasciamo l’auto.
Dal capo si gode uno splendido panorama sull’Oceano mosso, mentre il sole inizia a scendere davanti a noi e la terra assume una colorazione variopinta di caldi colori pastello.
I resti del Santuario di Nostra Senora do Cabo sono lì vicino abbandonati e vuoti e avrebbero bisogno di una buona ristrutturazione ma forse è proprio questo senso di decadenza che lascia loro il fascino che hanno.
Non aspettiamo certo il tramonto (siamo poco romantici) e ritorniamo a Caparica di filato, per riposarci, lavarci e dopo perderci in qualche locale del posto.
9 – Soddisfatti dall’escursione di ieri, oggi ci spingiamo un po’ più a sud, percorrendo l’altra parte della costa d’Azul, quella che termina nella bella cittadina di Sétubal.
La strada che percorriamo è più trafficata del solito ma riusciamo ad arrivare al Portinho d’Arradiba in tempo giusto, cioè quando il sole fa capolino sulla bianca spiaggia.
L’insenatura dove abbiamo deciso di fermarci è molto conosciuta da queste parti ed effettivamente è un posto magnifico: spiaggia lunga e bianca, mare cristallino e panorama mozzafiato dalla ripida strada che percorriamo per arrivarci.
Ci fermiamo qui per un bel bagno e una tintarella chic ma, passate poche ore, fremo per continuare la visita: lascio quindi Vic a crogiolarsi e con l’auto mi reco da solo a Sétubal, che dista una decina di chilometri.
Parcheggiato sulla Avenida de Lisboa, mi trovo subito in centro, nella piazza centrale dove trovo la Cattedrale, ricca di azulejos.
Un lungo corso taglia in due l’abitato e lo percorro per un’orettina di shopping e di relax con un buon gelato.
Finisco la visita recandomi nella Eglesia de Jésus, in stile gotico con alte colonne intrecciate a sostenere il tetto spiovente.
Riprendo l’auto per ritornare al Portinho ma salgo prima sulla collina sovrastante la città per visitare il Castelo de Sao Felipe, con una bellissima cappella ricca di delicati azulejos.
Dall’alto, uno splendido panorama sulla città, sulla pianura lontana dell’Alentejo e sulla dirimpettaia penisola di Troia, con le sue lunghe spiagge e i centri turistici.
Ripasso a prender Vic (e lo trovo mezzo arrabbiato che ho un ritardo di mezz’ora) e ritorniamo in residence sul tardi.
La serata è molto tranquilla e anzi andiamo a letto presto.
10 – Restiamo a Caparica a riposarci ma il sole lo andiamo a prendere in un altro posto.
Bisogna sapere che alla fine della strada che conduce al mare, c’è una stazioncina particolare: è quella di un trenino, simile a quelli presenti nei parchi-gioco, che percorre tutta la costa fino al Lago di Albufeira.
Il biglietto costa pochissimo e ci sono una ventina di fermate lungo tutto il tragitto.
Parte all’incirca ogni mezz’ora e in egual tempo ricopre la tratta.
Lo prendiamo e ci allontaniamo così dal casino, godendoci della spiaggia bianca, della brezza marina e del sole che picchia.
Un gruppetto di ragazzi ci consiglia di scendere alla penultima fermata perché la spiaggia risulta più selvaggia ma soprattutto c’è un’ambiente più trasgressivo e un’aria più… libera: è vero, infatti capitiamo in un luogo dove il nudismo è la regola e il costume l’eccezione.
Dobbiamo dire che la cosa ci fa piacere e ci liberiamo anche noi degli ultimi indumenti, lasciandole nostre carni libere di arrossarsi, e poi il bagno nel mare freddo completamente nudi è un’esperienza bellissima.
Ci godiamo così tutta la giornata, e rientriamo al residence in tardo pomeriggio, ebbri del bel posto, del bel mare, del caldo sole e del divertimento goduto.
Anzi, quest’ultimo non è finito perché nel fare in serata il solito giro, ribecchiamo il gruppo di ragazzi del trenino che ci invitano a bere qualcosa: sarà una conversazione quasi interamente in inglese e spagnolo ma apprendo anche alcuni termini portoghesi di indiscusso uso per l’abbordaggio. 11 – Ultima botta di cultura prima di finire questi ultimi giorni in riva al mare.
Non molto tardi ci mettiamo in viaggio per visitare la parte ad ovest di Lisbona, e riattraversiamo il ponte 25 de Avril, dirigendoci verso Queluz.
Appena usciti dall’autostrada, indicato da vari cartelli, c’è il Palacio Real, voluto dai re portoghesi.
Svolgiamo la visita prima all’interno, aggirandoci tra splendide camere: quella degli Ambasciatori, ricca di trompe-l’oeil; del Trono, con le statue pregiate; il Corridoio das Mangas, con preziosi e raffinati azulejos.
Ci è vietato far foto e riprese ma, approfittando dell’assenza del guardiano, ne scatto una, che mi rimarrà come unica testimonianza della visita al palazzo.
Usciamo fuori nei bellissimi giardini, ricchi di fontane e giochi d’acqua, adorne di azulejos con disegni a tema naturalistico.
Insomma, questa visita si presenta proprio piacevole.
Soddisfatti, ci reimmettiamo in autostrada ed usciamo a Sintra, posta sulle pendici di un colle, in posizione panoramica rispetto alla valle sottostante.
Parcheggiamo in un viale stranamente abbastanza libero d’auto (e ci sono moltissimi turisti) e arriviamo in pochi metri al Palazzo Nacional, riconoscibile per i suoi grandi camini dalla forma conica, tipici del luogo.
Meno male che la lunga fila scorre veloce ma ci è vietato di fotografare anche qui l’interno: ne approfitteremo in qualche momento di distrazione delle falchigne guardie.
Intanto visitiamo le grandi cucine, la Sala degli Arabi (con maioliche in stile moresco), la Cappella dal soffitto in legno, la Sala delle Sirene con i suoi disegni damascati e la Sala dei Blasoni, rivestita anch’essa di maioliche del ‘700. A rischio di essere cacciati, abbiamo comunque fatto delle foto e almeno di questo palazzo ci rimane una testimonianza cartacea.
Sintra è molto carina con le sue stradine inerpicanti e i negozietti tipici (e cari) e proprio in una specie di taverna non lontana facciamo un lauto e costoso pranzo.
Per digerire sia il pasto che il conto ci facciamo un breve giretto e poi prendiamo la strada per il Palazzo da Pena, scoprendo che abbiamo parcheggiato nelle linee a pagamento e che non abbiamo fatto il biglietto: fuggiamo velocemente, onde evitare di beccarci una multa altrettanto salata e arriviamo, dopo una serie di saliscendi, al parcheggio del palazzo.
Il Palazzo è ubicato in un vasto parco posto anch’esso sulle pendici di un colle e ce la disponibiltà di un autobus per arrivarci senza stancarci: lo prendiamo e comodamente ci godiamo il tragitto tra alberi e prati, senza doverci stancare più di tanto.
L’autobus però ci lascia ai piedi di un’altra piccola collina, da dove un’erta salita a tornanti porta all’ingresso: ci mettiamo gambe in spalla e saliamo mestamente, arrivando, come previsto, con la lingua a penzoloni ovvero io arrivo più agilmente (ah, la palestra, che santa) mentre Vic è alla ricerca disperata di ossigeno.
Proprio i tre ingressi al Palazzo sono una caratteristica dell’edificio: muri in bugnato e mascheroni allegorici svettano sul frontone di ogni porta.
Il palazzo ha la particolarità di essere un misto fra vari stili e mode, shekerati più o meno con un certo gusto kitsch e dai bastioni antistanti si gode un largo e bel panorama.
Entriamo convinti di far un giro simile ai precedenti ma una solerte cassiera ci obbliga a sbarazzarci di borse e macchine fotografiche così effettuiamo la visita senza poter fare uno straccio di foto all’ambiente: tutto ci è sequestrato! All’interno comunque visitiamo la Sala da Ballo e la bella Camera di Manuel II.
Ritorniamo dopo alla nostra auto, visto che il pomeriggio stà volgendo verso il tramonto e decidiamo di affrontare un altro tratto di strada un po’ tortuosa per raggiungere un luogo di interesse geografico: Cabo de Roca.
Diciamo interessante perché si tratta della parte più Occidentale del continente europeo (quello fisico, il politico è alle Azzorre) e vogliamo vedere questo lembo di terra che si protae nel mare.
In poco più di mezz’ora giungiamo così a Cabo de Roca e ci accoglie un vento abbastanza impetuoso. Davanti a noi, si apre l’Oceano Atlantico e sotto, vertiginosamente, una grande scogliera sprofonda nel mare molto agitato. Alcuni cartelli ci avvisano di non sporgersi troppo ma è tale la paura di cadere che oltre un certo limite non ci spingiamo.
Una stele posta sul prato antistante la scogliera indica direzione e coordinate geografiche ed immancabile è quindi la foto vicino ad essa: fatto un breve giro, ci rifugiamo per ricomporci (i capelli sono andati al vento) nel bar vicino e scopriamo che è possibile, a poco prezzo, farsi rilasciare un attestato dove si certifica di aver visitato il punto più occidentale della costa europea: lo evitiamo, ci sembra una mezza baggiantata e ci basteranno le foto della stele per testimoniare.
Il sole inizia e calare lentamente e così riprendiamo la strada del ritorno, solo che decidiamo di farlo via costa: ci inoltriamo per una strada che corre lungo la spiaggia ma siamo costretti a chiudere i finestrini poiché il forte vento solleva la sabbia dalla spiaggia e ce la sbatte contro l’auto e sulla strada.
Viaggiamo così per alcuni minuti, che ci sembra di essere nel Sahara e poi, alle prime case, il fenomeno si attenua e riprendiamo il cammino con i finestrini aperti.
Il traffico inizia a crescere e siamo così in coda ma attraversiamo in questo modo prima Estoril (non vediamo nulla però) e poi Cascais, passando davanti la piazza col Municipio.
Imbocchiamo l’autostrada verso Lisbona e poi rifacciamo la strada del mattino: arriviamo abbastanza stanchi e anche in prima serata ma non ci interessa molto.
La serata ci vede impegnati in un breve giro, il solito drink al bar sulla piazza e a letto abbastanza presto.
12 – Rimaniamo a Caparica, ancora stanchi del giro bellissimo che abbiamo fatto ieri. Abbiamo voglia di un bel bagno e di rinverdire la nostra abbronzatura, quindi ritorniamo nella nostra lontana spiaggia e ci fermiamo tutto il giorno in quel posto bellissimo. L’unico inconveniente è che tira un forte vento e siamo costretti a crearci un riparo con gli asciugamani ma proprio il volo di uno di questi ci permette di fare conoscenza con un gruppo di ragazzi lì’ presenti.
Con loro, durante la giornata, progettiamo di andare in serata ai Docas, situati sotto il ponte 25 de Avril e così, in serata, ci prepariamo col look giusto e andiamo in questo posto pieno di movida portoghese.
I Docas sono ex magazzini e depositi ristrutturati e trasformati in bar e locali di intrattenimento: un grande parcheggio permette di lasciar comodamente l’auto e lungo tutto il molo e la banchina tavoli e banconi all’aperto intrattengono tantissimi giovani e meno giovani.
Essendo Venerdì, la zona è affollatissima e i locali sono di tutti i gusti e generi: c’è musica ad alto volume e in alcuni casi la gente balla per strada.
Insomma, stasera il divertimento è proprio assicurato! 13 – Mezzi assonnati e rintronati dalla serata precedente, ritorniamo alla spiaggia, godendoci quest’ultima giornata a Caparica, le nostre brevi amicizie, gli ultimi raggi del sole e il freddo oceano mosso.
Ci trastulliamo così tutto il giorno, chiacchierando e dormicchiando e al ritorno ci fermiamo in un negozietto di souvenirs a comprare qualche ricordino: io prendo delle riproduzioni del Gallo di Barcelò, fugura molto conosciuta qui in Portogallo e protagonista di una vecchia leggenda mentre Vic preferisce i soliti posacenere e le orrende bamboline con costumi (io li definisco straccetti) locali.
Al residence facciamo mestamente i bagagli e la sera andiamo con i nostri amici stranieri per una bicchierata di saluti.
14 – Meno male che il nostro aereo non parte presto, che l’aeroporto non è distante ed è Domenica, così affrontiamo la trasferta di ritorno con una certa calma: partiamo in orario decente (sono le 9 ma per me è sempre l’alba) e in poco più di mezz’ora siamo all’aeroporto per consegnare in primis l’auto.
Il check-in risulta celere e quindi, alle 11.30 ci imbarchiamo: piombo in un profondo sonno, come se volessi continuare la mia vacanza in Portogallo e far finta che devo ancora tornare.
Mi sa tanto che sarà amaro il risveglio.