Stati Uniti – USA West

Il viaggio delle meraviglie... imperdibile!
Scritto da: Tuttintuta
stati uniti - usa west
Partenza il: 17/08/2010
Ritorno il: 31/08/2010
Viaggiatori: 30
Spesa: 3000 €
“Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare… “ (Blade Runner)

Questa volta…Abbiamo fatto le cose sul serio…

Adesso vi raccontiamo qualcosa!

Il Cast in ordine sparso: (ovvero quelli che potranno dire: “Io c’ero!”)

Stefania – Sheriff Samanta – Treasurer Tiziano – Spider Maria Grazia – Pharma Carlo – l’Ing. Alessandro – El Dutur Lorella – Moglie del Dutur Mattia – Ranger Chiara – Ciribiribì Kodak Stefano – Naso Claudia – Pink Lady Claudina Danila – Pink Lady Dos Ombretta – Ombrettina Silvano – Silvanino Maria Teresa – Terry Umberto – Umbe Clara – Giulietta Gianmaria – Vito Claudia – Insomnia Daniela – Pink Lady Abercrombie Sandro – Cameraman Marco – Romeo Paola – Pink Lady Trolley girl Sandro – Il solito zio Sandro Roberto – Il solito zio Roberto Agnese – Salsa BBQ Valter – Zinco Giovanna – Suocerastra Luisella – Pink Lady SevenEleven

Dopo mesi trascorsi ad organizzare il tutto…finalmente il fatidico giorno è arrivato…è il 17 agosto 2010. Per essere più precisi è la notte fra il 16 e il 17 agosto quando ognuno di noi si mette in moto per dirigersi all’aeroporto di Milano Malpensa. Sono infatti le 02.00 della notte quando ci incontriamo, dopo aver dormito solo un paio d’ore, (qualcuno in realtà non ha proprio dormito sperando così di trascorrere, dormendo sull’aereo, i circa 10.000 km che ci dividono dalla California). L’appuntamento al banco della compagnia aerea KML Royal Dutch Airlines è alle 04.15, dove ci attende la nostra assistente aeroportuale che ci aiuta ad espletare le formalità doganali e tutto il necessario, in particolare quello relativo alla procedura ESTA. Per far si che sull’aereo non ci venissero assegnati posti distanti l’uno dall’altro, avevamo provveduto a fare la preassegnazione dei posti per tutto il gruppo, in modo da essere seduti tutti nella stessa zona dell’aeromobile. Già qui si distinguono da tutto il gruppo Vito con Insomnia che, non avendo compilato l’ESTA correttamente, ci fanno stare in ansia…… alla fine lo hanno dovuto rifare!!! Ma sono in buona compagnia: con loro l’Ing. E Pharma… Fanno di tutto per non essere da meno! E ce la fanno!!! Comunque grazie all’intervento della nostra assistente “AmericaWorld” la situazione si risolve tempestivamente. Ci troviamo al gate per l’imbarco e ci prepariamo a salire sul primo aeromobile con destinazione Amsterdam. Le poltroncine dell’aereo non sono propriamente comode, ma il volo è tranquillo ed atterriamo senza problemi. Appena atterrati inizia una spasmodica ricerca del gate da cui partirà il nostro volo con destinazione Los Angeles. Con Sheriff in testa percorriamo km, km, e km…. L’aeroporto di Schiphol è una città e non arriviamo più, tant’è che a qualcuno viene il dubbio che abbiamo preso la direzione sbagliata. Ma Sheriff, grazie anche alla sua ventennale esperienza, non sbaglia e ci conduce al posto giusto. L’ultima “plin, plin” europea ed ecco che ci apprestiamo a superare un controllo ulteriore, dato che la destinazione è gli Stati Uniti: una specie di sala dove spiccano nastri a raggi x, un numero imprecisato di personale aeroportuale che perquisisce tutti dalla punta dei capelli alla punta dell’alluce e ben due body scanner che fanno la radiografia a passeggeri presi a campione… superiamo il tutto e ci imbarchiamo. Accidenti, questo sì che è un aereo con i fiocchi!!! Oltre 400 posti, poltrone comodissime, spazio sufficiente per allungare le gambe, cuscino, copertina, monitor individuali con un’ampia scelta di musica, giochi, film in lingua o in italiano da vedere per cercare di far passare le 11 ore che ci vedranno costretti a stare lì. Il volo, con le assistenti che ogni quarto d’ora ti propinano qualcosa da bere o da mangiare è un po’ lungo, ma trascorre tranquillo e finalmente inizia la nostra avventura americana… Atterriamo e…proprio così, siamo in California, nella mitica Los Angeles! Soliti indispensabili controlli alla dogana con funzionari che all’inizio non sembrano particolarmente simpatici, che per capire cosa ti vogliono dire devi aver fatto un corso di lingua ad hoc sui segni.. Impronte, un dito, 3 dita, foto segnaletiche… Quando capiscono che siamo un gruppo e che veniamo davvero da tanto lontano, si sciolgono e ci danno consigli su dove andare, cosa vedere, etc e finalmente ci lasciano passare. Arriva il momento del recupero bagagli. Più o meno con ansia e fatica tutti troviamo la nostra valigia tranne Sheriff e Spider. Panico! Panico! Che fare ora!?! Il gruppo deve essere comunque portato in hotel, la Treasurer lo accompagna fuori dall’aeroporto dove incontra la guida che li fa salire tutti sul pullman che è lì proprio per noi, a nostra disposizione. Attendiamo qualche minuto per capire se i due poveri sfortunati risolvono la situazione, ma nulla da fare e intanto il tempo passa… I “Senza Bagaglio” decidono di compilare il modulo relativo, dopo aver spulciato un numero infinito di scontrini bagaglio per capire se si poteva fare qualcosa (ma senza risultato…), ed escono dall’aeroporto in tempo per salire sul pullman. La sorpresa è che Spider riceve una telefonata mentre andiamo in hotel, l’hotel “Custom”. E’ quel “fenomeno” di olandese che ha preso il bagaglio sbagliato!! Dice che sta riportando la valigia all’ufficio lost&found della Klm… Anche se siamo già arrivati in hotel e tutti abbiamo il miraggio di farci una doccia e stendere le gambe, i due prendono un taxi e si precipitano all’aeroporto a recuperare il maltolto. Li salutiamo e con loro ci diamo appuntamento la mattina dopo. La Treasurer si ritrova con pochi intimi nella hall e, volendo organizzare la serata, è costretta a chiamare uno per uno i nostri amici per avvisarli che da li a qualche ora l’appuntamento sarebbe stato fuori dall’hotel per andare a Santa Monica.

La storia della California crediamo sia unica. E’ stata in parte modellata e formata anche dalle sue caratteristiche geografiche. La California ha quattro regioni principali: la regione costiera, la più temperata; la Valle Centrale (Central Valley), che una volta era un “mare interno”; il deserto e la regione delle montagne. Originariamente erano quattro le bandiere che rappresentavano questo stato: la russa, la spagnola, la messicana e quella statunitense. Il nome California deriva da un romanzo del 1510, che parlava di una paradisiaca isola dell’Oceano Indiano dove una bellissima regina, Califia appunto, il cui regno era popolato esclusivamente da Amazzoni di colore e una notevole quantità di perle e oro. L’accesso all’isola da parte degli uomini era permesso solamente una volta l’anno solo per perpetuare la razza. Gli uomini di Cortez credevano di aver trovato quell’isola, nel 1535, dopo aver trovato le famose perle. Solo più tardi, Francisco de Ulloa scoprì che quell’isola in realtà era una penisola. Santa Monica è un piccolo e tranquillo centro balneare di 85.000 abitanti affacciato sulla meravigliosa Baia di Santa Monica, all’interno dell’area municipale di Los Angeles in California. Grazie alle favorevoli condizioni climatiche, alla bellezza del litorale ed all’efficienza dei servizi, la città è divenuta una rinomata località turistica. Il clima è semplicemente straordinario, con 325 giorni di sole all’anno e temperature quasi sempre gradevoli. L’unico neo è il cosiddetto May Grey, un fenomeno che riguarda molte altre zone della California marittima, e che consiste nella formazione di dense nebbie specialmente nelle prime ore del giorno nei mesi di maggio, giugno e luglio. Le temperature risultano quasi sempre alte ma gradevoli, raggiungendo in luglio ed agosto picchi di poco superiori ai 30 gradi, e non scendendo mai, neanche in gennaio, al di sotto dei 11/12 gradi.

Finalmente è arrivato il momento del ristoro, una doccia o un tuffo in piscina, un pisolino e siamo pronti per goderci la 1° serata “in the USA”… La Treasurer chiama i taxi e si assicura che tutti partano per la medesima destinazione, ma questo non è sufficiente… il gruppo si disperde e qualcuno si perde. Oh noo!! E adesso? Non si sa dove sono, i telefoni cellulari fanno le bizze… Ci siamo giocati el Dutur, lo zio Sandro, lo zio Roberto, Salsa BBQ e il Cameraman. Dopo aver girato il centro di Santa Monica in lungo e in largo, lì troviamo sotto l’orologio del ristorante “Trastevere”… Non diteci che già hanno nostalgia!! Parte del gruppo si ferma in spiaggia ad ammirare il panorama, altri si recano da Bubba Gump per mangiare i gamberetti su un foglio di carta di giornale e altri girano per il centro, fanno acquisti, mangiano qualcosa fino all’ora di rientrare in hotel perché, con un fuso orario di ben nove ore, la stanchezza comincia a farsi sentire e l’indomani bisogna essere in perfetta forma perché inizia l’avventura americana.

Ci svegliamo più freschi e più riposati e, dopo una colazione abbondante, fuori dall’hotel ci aspetta Paola la nostra guida per l’intera giornata. Saliamo tutti sul pullman e partiamo per la visita della città di Los Angeles che ci terrà impegnati per tutta la mattinata. Immancabile la foto davanti al cartello di Rodeo Drive e al Regent Beverly Wilshire, l’hotel di Pretty Woman, e alla porta “fortificata” di Tiffany. I migliori negozi, le firme della moda più prestigiose al mondo sono in questo distretto. Siamo orgogliosi quando vediamo che molte sono italiane.

Los Angeles, il cui vero nome per intero è “El Pueblo de Nuestra Senora la Reina de Los Angeles”, è la città dei contrasti, dei sogni e dei miti americani, una grande megalopoli che si sviluppa nel cuore della California, tra catene montuose, colline e pianure. E’ un perfetto connubio tra montagne e dolci ondulazioni con quartieri che godono di un aspetto collinare ed elegante, pur trovandosi nel cuore di una metropoli da 10 milioni di abitanti, la seconda città degli Stati Uniti. Ci sono pochi altri luoghi al mondo dove è possibile sciare al mattino e fare surf sull’oceano nella stessa giornata, dove percorrere decine di km di highways a 6 corsie e rimanere sempre in centro, dove vita vera e star system americano convivono in un equilibrio delicato. E’ interessante anche una visita ai set cinematografici attuali. Gli Universal Studios si sono perciò trasformati anche in parco tematico, e sono milioni i visitatori che vengono a scoprire e divertirsi in questo luogo speciale, ricco di attrazioni sempre nuove. Un “must see” è Rodeo Drive, una famosa via di Beverly Hills che fa parte del cosiddetto Golden Triangle, California, Stati Uniti. Il Golden Triangle è delimitato dall’incrocio del Santa Monica Boulevard, Wilshire Boulevard e North Beverly Drive. In Rodeo Drive e nelle vie limitrofe si trovano le più famose boutiques del mondo. Non può mancare Beverly Hills che è una vera e propria città della Contea di Los Angeles. Confina quasi esclusivamente con la città di Los Angeles. A nord Beverly Hills è limitata dalle Santa Monica mountains, ad est tocca West Hollywood ed il distretto di Fairfax. Da vedere anche Venice Beach, una delle mete più turistiche dell’intera area di Los Angeles, per via delle vie ciclabili e pedonali che costeggiano il mare.

Sostituiamo la visita di Santa Monica e Venice, avendola vista la sera precedente, con la downtown che solitamente non visita nessuno. La stazione dei pompieri N.1.. La primissima in assoluto! I grattacieli, le strade larghe, e un po’ di vita cittadina ci incuriosiscono. La visita dura circa 4 ore, ed il risultato è che Los Angeles ci piace molto. Terminato questo giro emozionante ci dirigiamo agli “Universal Studios”. Mentre aspettiamo Paola che si allontana per fare i biglietti, ci riuniamo attorno alla palla con la scritta nel tentativo di rinfrescarci, infatti dalla base partono degli spruzzi di acqua nebulizzata che ci permettono di non cuocere sotto il sole cocente di Los Angeles. L’attesa non è breve ma, se guardiamo verso la biglietteria…siamo contenti che ci sia lei in fila e non noi!! All’ingresso, davanti ai cancelli degli Universal Studios c’è un’enorme sfera rotante con inciso il logo e la scritta Universal Studios. Paola finalmente arriva con i nostri biglietti e ci muoviamo verso l’entrata. Gli addetti al parco, dopo aver controllato il biglietto, consegnano la cartina con le indicazioni di tutte le attrazioni presenti. Da questo momento in poi c’è solo puro divertimento e meraviglia!!! Gli Universal Studios sono uno dei Parchi più famosi del mondo con un fascino particolare dettato dal fatto che qui a Los Angeles, i set cinematografici sono reali e non finti come sulla costa est. Al suo interno ci sono i più grandi studi cinematografici del mondo e un parco divertimenti simile al nostrano Gardaland (ma nettamente più grande!!!) avente lo stesso tema: il cinema mondiale. Agli Studios infatti sono stati realizzati moltissimi dei più famosi film americani come ad esempio: “La Mummia”, “La guerra dei mondi”, “Lo Squalo”, “Batman”…e telefilm del calibro di : “Magnum P.I., “Desperate Housewives”, “C.S.I.”…. Gli Studios si snodano su tre livelli ricoprendo un’intera collina di Los Angeles. Ogni piano è collegato all’altro tramite una scala mobile lunghissima e dall’alto il panorama che si scorge è davvero spettacolare. Oltre ad avere infatti la possibilità di ammirarne la maestosità, si può anche ammirarne la vegetazione rigogliosa che fa da contorno a tutta la città. La visita agli Studios la possiamo riassumere in un unico aggettivo: INCREDIBILE!!!! Pensavamo di trovare un gran caos e milioni di persone e invece l’efficienza americana è stata perfetta riuscendo a farci trascorrere un pomeriggio divertente…. Una delle attrazioni che ha attirato buona parte di noi è “Jurrasic Park”. La prima parte è quasi rilassante: si scende con una barca lungo una specie di piccolo e calmo fiume immerso in una vegetazione rigogliosa e dalla quale spuntano ad ogni angolo dinosauri che ci sputano addosso schizzi d’acqua. E già qui cominciamo a bagnarci…dopo aver attraversato questa prima parte succede una cosa che ci inquieta: la barca viene agganciata da una specie di rotaia e cominciamo a salire, salire, salire, sembra che non finisca più… ad un certo punto ci prende un colpo. Vito, che già aveva l’ansia all’inizio, non crede ai propri occhi (e nemmeno noi!). Si apre davanti a noi una discesa ripidissima e lunghissima che va a finire….immaginate dove?? Nell’acqua!! Ci inzuppiamo completamente… praticamente abbiamo fatto la doccia vestiti!! Menomale che fa caldo… Scendiamo dalla barca e ci attendono Naso e Ciribiribì Kodak che non hanno avuto il coraggio di salire per colpa di Naso! Quello che è giusto è giusto e va detto!!! Segue a ruota “Waterworld”, uno spettacolo di animazione fatto sull’acqua. Si ispira al film con Kevin Costner e anche se la vicenda raccontata e le battute sono in inglese, lo spettacolo è ugualmente avvincente e sensazionale soprattutto per le acrobazie fatte dagli attori e dagli stuntmen. Certamente una visita agli Universal Studios non poteva finire senza aver visitato e visto da vicino i capannoni e i set degli esterni dei film più conosciuti al mondo. Saliamo su un trenino che ci porta a vedere i set da vicino… il Tour è stato sicuramente il momento più interessante. Hanno aperto da poco un passaggio in un tunnel dove il trenino si ferma e, al buio, la magia prende vita: uno schermo gigantesco e tutto intorno a noi, proietta in 3D la lotta fra King Kong e un numero imprecisato di dinosauri… mai visto niente di più emozionante… Con il trenino infatti abbiamo visto il set dello “Squalo” che con un balzo fuori dall’acqua pensavamo tutti avrebbe inghiottito Zinco, come narra la storia di Giona nella balena, e le case di Wisteria Lane, “casa” delle Casalinghe Disperate; angosciante il set che ricostruisce un disastro aereo: talmente reale da far accapponare la pelle e la ricostruzione di un terremoto e delle conseguenze che esso porta…davvero incredibile…. In ultimo abbiamo visitato i set esterni dei classici film western americani e un piccolo museo delle auto più famose della televisione americana come ad esempio la invidiata Ferrari di Magnum P.I., la macchina del film “Ritorno al Futuro” la fino ad allora sconosciuta “DELOREAN DMC-12” e le auto di “Fast and Furious”…. Dopo tutto questo giro a Sheriff e a Treasurer viene voglia di un gelato… Vanno a prenderlo e tornano indietro con una va schettina piena di palle che sembrano poliuretano espanso… secondo gli americani questo è gelato…. Aiutoooooo!!!!

Nel tardo pomeriggio ripartiamo per far rientro in hotel, dove abbiamo la possibilità di cenare. Ci piace far rivivere a tutti i partecipanti, che ci saranno grati per sempre per averglielo ricordato, il menù della fantastica cena al Custom Hotel: un bel piatto unico con dentro praticamente tutto! Un bel monte di spaghetti scotti e appiccicosi con una ottima salsa di pomodoro e cipolle in agrodolce…il tutto posizionato sopra una meravigliosa fettina di carne dura e senza un sapore definito con un indimenticabile contorno che lasciamo solo al ricordo di chi c’era e soprattutto all’immaginazione di chi mancava…un cena “da dimenticare”, ma che resterà per sempre nei nostri incubi…purtroppo!!! Teniamo anche a sottolineare che, fra tutti, Vito è colui che ha maggiormente gradito questi manicaretti, uniti alla cortesia dei camerieri veramente squisita… all’altezza degli spaghetti!!! Ma ci dormiamo sopra…e il giorno dopo… Concetta sarà la nostra guida per i prossimi 10 giorni; ci aspetta fuori dall’hotel, facciamo le dovute presentazioni e partiamo verso sud-est attraverso lo stato dell’Arizona. Anche in questo breve tratto, nonostante Concetta racconti tutta la storia del territorio, Insomnia riesce a schiacciare uno dei suoi circa 10 sonnellini giornalieri. Ci duole doverla svegliare all’ingresso in Palm Springs dove effettuiamo una sosta e dove quasi tutti corrono all’acquisto selvaggio del cappello che ci sarà utilissimo nei giorni a venire.

La città di Palm Springs in California si trova a soli 180 Km da Los Angeles e la si può raggiungere mediante la CA 111 oppure la US 10. Palm Springs divenne una delle località di villeggiature più famose dell’Ovest americano a partire dagli anni Venti, quando numerosi divi di Hollywood iniziarono a recarsi in questo posto per trascorrere le loro vacanze o anche solo dei piacevoli fine settimana. Il motivo è più di uno: da un lato il fantastico clima, dove in inverno la temperatura resta calda di giorno (tra i 25 e i 30 °C) e fresca di notte (ma mai sotto i 10 °C) e in estate il caldo è secco e sopportabile; dall’altro le numerose sorgenti d’acqua minerale, che permettono alla città (che sorge in mezzo al deserto) di presentarsi quasi come un miraggio, come un’oasi, con le sue palme, i suoi giardini e le sue gigantesche piscine. Le due cose che caratterizzano Palm Springs sono i campi da golf e le piscine con solarium. In effetti, oltre al relax e al divertimento, qui c’è ben poco d’altro da fare. La gente viene apposta per riposarsi, per prendere un po’ di tintarella, le donne per trovarsi con le amiche, gli uomini per una partita di golf.

Proseguiamo il viaggio e, avvicinandoci a Phoenix, ci fermiamo per il pranzo in un centro in cui abbiamo a disposizione Mac Donald’s, Pizza Hut, ecc. Ognuno sceglie quello che preferisce. Terminato il pranzo si riparte per Phoenix, la strada è lunga e le ore di pullman non sono poche ma, fra una chiacchiera e l’altra, le spiegazioni di Concetta, il panorama e qualche sonnellino, trascorrono velocemente. Qualcuno inizia una gara per vedere chi dorme di più sul pullman: Insomnia accumula più punti di tutti, seguita a ruota dal Dutur ma anche Naso fa vedere a tutti che non è da meno. Trolley Girl non se la cava male e si aggiudica la medaglia di bronzo. Poi ci sono quelli che dicono che non riescono a dormire sul pullman!!! Arriviamo in tarda serata, ma c’è ancora tempo per effettuare un tuffo in piscina. L’hotel Days Inn Fashion Mall, che ci ospita, sembra il tipico motel dei film americani, anche se la piscina sembra una pozza e l’acqua è bollente… Fuori ci sono 40° e pensare che volevamo rinfrescarci… Mentre alcuni si godono il sole in piscina, SevenEleven inizia la sua prima visita ai supermercati (infatti le abbiamo dato il nome di una catena di supermercati!), questa volta in cerca di medicinali in quanto con l’aria condizionata che “sparano” dappertutto, è un po’ costipata. Ci rilassiamo e ci prepariamo per la cena. La cena si svolge in un tipico ristorante western, il “Rustler’s Roost”. Scendiamo dal pullman e ci troviamo sulla cima di una collina dalla quale si vede tutta la città. Entriamo nel ristorante e qui c’è la prima sorpresa: non si entra normalmente, ma ci si deve lanciare giù da uno scivolo!!! Forse solo un paio di noi rinunciano all’emozione… Qualcuno dei coraggiosi invece “cappotta” senza vergogna al termine della discesa!!! La cena che ci servono è davvero ottima: arrivano le patate al cartoccio da spalmare con della panna acida e del blue cheese, verdure grigliate, dei gamberi giganti “ottimissimi”, ribs, pollo ed altre bontà! Il tutto in una atmosfera davvero divertente: segatura e trucioli di legno ricoprono tutto il pavimento come nei vecchi saloon, ci sono 3 musicisti western (…uno in particolare sembra appena venuto fuori dal museo delle cere!!) che suonano musica country e il tutto è annaffiato con birra e l’immancabile tea freddo!! Come dolce ci portano dello zucchero filato e una sorta di gelato! Una bella cena e molto buona in un ambiente che comincia a farci intuire il western.. Ed è qui che Sheriff acquista la sua prima stella da sceriffo… Stelle che diventeranno il tormentone dell’intero viaggio. Da questo momento inizia infatti la ricerca spasmodica delle stelle e la gara a chi ne riesce ad accumulare di più!! Al termine della nostra serata, rientriamo in hotel per il pernottamento in attesa della partenza del giorno dopo alla volta di “Sua Maestà il Grand Canyon”. Prima di arrivare dal Re dei Canyon, ci fermiamo a visitare il castello di Montezuma, vecchio centro indiano dove ammiriamo i resti di una tipica abitazione della tribù dei Sinagua, risalente al 1400, ed erroneamente definito “castello”. Proseguiamo per la splendida cittadina di Sedona, accerchiata da montagne di roccia rossa (da notare la famosissima roccia “la Campana”) e dall’Oak Creek Canyon. Possiamo dire che adesso iniziamo a toccare con mano il West! I colori e le forme della natura sono così diverse! Ci sembra di essere in un altro mondo! Sostiamo per il pranzo in un tipico ristorante con terrazza panoramica dove mangiamo un buon piatto messicano… Il gruppo si divide: Silvanino e l’Ombrettina non riescono ad arrotolare la “piadina messicana” (tutti immaginerete quanto sono famose le piadine in Messico!!), La Claudina con Seven Eleven, Trolley Girl, Dos e Abercrombie mangiano senza problemi, il Ranger non è da meno, a BBQ Sauce non piace e altri ne vanno matti… infatti dobbiamo andare in due a bloccare Ciribiribì Kodak e Naso che cercano di mangiare anche il piatto, e… finalmente partiamo alla volta del Grand Canyon dove arriviamo nel tardo pomeriggio.

Nota nel mondo per la bellezza delle rocce rosse, la comunità di Sedona è situata nel cuore dell’Arizona centrale, 200 km a nord di Phoenix e 50 km a sud di Flagstaff. Posta ad una altezza sul mare di 1500 metri, Sedona gode di stagioni deliziosamente miti. La straordinaria bellezza della natura, il clima, l’aria e l’acqua di una purezza cristallina fanno di Sedona la seconda attrazione turistica dell’Arizona in ordine di popolarità. La ricchezza e diversità culturale di Sedona è una Mecca per artisti, scrittori, imprenditori e, naturalmente, turisti. L’ottima posizione e il clima di Sedona permettono di praticare tutto l’anno ogni genere di attività all’aria aperta, come golf e cavalcate. I molti sentieri, da facili camminate a eccitanti sfide, sono aperti tutto l’anno. Prima di arrivare al Canyon ci fermiamo per consentire ai più coraggiosi una delle esperienze più emozionanti di tutto il viaggio: il sorvolo del Grand Canyon in elicottero. All’eliporto Sheriff con Concetta consegnano la scheda compilata sul pullman con il peso di ognuno… Già, perché poi sull’elicottero non è che puoi sceglierti il posto che vuoi, lo stabiliscono loro, facendo in modo di bilanciare il peso. Ma arriva il momento tanto atteso. Una alla volta si formano gli equipaggi chiamando per nome… Ultime raccomandazioni e poi allacciate le cinture…ci si prepara al decollo!! Dopo pochi secondi le pale cominciano a girare e si staccano da terra. Dalle cuffie arrivano informazioni tecniche sulla storia e tradizioni del luogo e molti numeri decisamente elevati per descrivere l’estensione e l’unicità di questa meraviglia della natura. Certo che però il piccolo elicottero sopra quello sconfinato canyon sembra solo un minuscolo moscerino che ronza su un prato… Il sorvolo della vasta zona ricoperta di vegetazione che separa l’eliporto dal canyon, a quota abbastanza bassa, dura qualche minuto. Poi piano piano ecco approssimarsi quello che sembra il bordo di un burrone senza fine. E sembra che ci cadi dentro…E’ un’emozione veramente grande vedersi aprire, improvvisamente, sotto ai piedi una voragine spaventosa, larga e profonda, rossa e marrone, ammaliante e stupefacente…è il Grand Canyon quello lì! Ci godiamo lo spettacolo e dopo circa 30 minuti di volo, gli elicotteri rientrano alla base e proprio allora inizia a piovere forte, solo per pochi minuti, ma non ci spaventa, non vediamo l’ora di ammirare il Grande Parco. Il Grand Canyon è un’immensa gola creata dal fiume Colorado nell’Arizona settentrionale. È lungo 446 chilometri circa, profondo fino a 1.600 metri e con una larghezza variabile dai 500 metri ai 27 chilometri. Per la maggior parte è incluso nel parco nazionale del Grand Canyon, uno dei primi parchi nazionali degli Stati Uniti

Felici, risaliamo sul pullman per andare in hotel. L’hotel in realtà è un Lodge e si trova proprio all’interno del parco, lo Yavapai West… Spettacolare!!! Camere grandi, due letti matrimoniali per camera, lenzuola e coperte belle e pulite.. Il calar del sole nel canyon è uno degli istanti più attesi e gettonati, non si può certo mancare a questo magico appuntamento. Quasi freneticamente irrompiamo sul “Mother Point”, uno dei punti panoramici più belli e più frequentati. E’ quasi uno shock, e qualcuno si commuove. Questa terrazza che si affaccia su strapiombi rocciosi altissimi ai quali non siamo ancora preparati, ci coglie alla sprovvista. Siamo tutti armati di ogni tipo di strumento possibile per fotografare o riprendere. Assistiamo ai cambiamenti cromatici, nei punti più alti è ancora visibile un colore rosso pastello; riusciamo con tutta calma a scattare foto, riprendere, riempirci gli occhi delle superbe vedute che ogni angolo riserva.

Rientriamo nelle nostre camere e ci prepariamo per la cena prevista all’interno del parco. Un self service nella media anche se la scelta non è ampissima… Ci tuffiamo sui tipici cibi americani: hamburger, ribs, insalate giganti, donuts, macedonie, cheesecakes e frutta. Sul caffè preferiamo sorvolare…

Mentre si cena girano voci sulla voglia di vedere il Grand Canyon all’alba… Ci si accorda sull’orario, ma la mattina dopo non ci si trova, infatti c’è chi scrocca un passaggio ai rangers (Ing. E Pharma) e chi se la fa tutta a piedi (Treasurer, Giulietta, la moglie del Dutur e il Ranger). Questo gruppetto percorre il sentiero fino al punto panoramico migliore e poi si divide. Il Ranger e la moglie del Dutur rientrano prima e Treasurer e Giulietta decidono di fermarsi ancora un po’ ad ammirare la meraviglia che si staglia dinnanzi ai loro occhi. Il tempo stringe, bisogna farsi una doccia, fare colazione e raggiungere il gruppo per l’appuntamento. Si verifica però un piccolo inconveniente…. Ad un incrocio imboccano la strada sbagliata e si smarriscono…. Panico!!! Panico!!! Panico!!! Con calma (mica tanta) cercano di ripercorrere il sentiero al contrario, ma non arrivano più, incontrano solo vegetazione, picchi rumorosi e cerbiatti “bambi” che si mettono in posa per farsi fare le foto… In lontananza intravedono il supermercato (che sicuramente SevenEleven ha ispezionato) e si tranquillizzano. Una doccia di corsa, la colazione al volo, ed eccoci tutti riuniti al cospetto di Concetta che ci accompagna in uno dei punti panoramici di maggior rilievo… Abbiamo ancora per poco la possibilità di ammirare questo spettacolo della natura perché in tarda mattinata è prevista la partenza per l’indiscusso simbolo dell’America, la Monument Valley, Navajo Tribal Park. Dopo un po’ di strada incontriamo il cartello che ci indica che siamo in territorio indiano: Navajo Nation.

E’ sufficiente citare uno degli stati del sud est perché balzino alla mente immagini ben precise: i cactus saguaro, simili a tozzi candelabri, le formazioni rocciose della Monument Valley, gli ululati dei coyote, le spettacolari rovine degli antichi Anasazi nascoste sul fianco di rilievi rocciosi, i colori mutevoli del Grand Canyon. Deserti, praterie, catene montuose, mesas e altipiani, tutti raccolti sotto l’ampia volta del cielo. Bisogna comunque dire che la ricchezza di questa regione non si limita alle sole, splendide, caratteristiche del paesaggio, poiché il sudovest degli Stati Uniti possiede anche un ricco patrimonio culturale.

Il primo popolo che risiedette in quella regione fu il progenitore di quelli che fino a qualche anno fa venivano erroneamente chiamati indiani, e che oggi sono definiti come Native Americans, ovvero nativi americani. Le vestigia dei loro villaggi, dei luoghi di caccia e dei canali utilizzati per l’irrigazione sono stati riportati alla luce dagli archeologi che hanno scoperto anche petroglifi e pittogrammi, molti dei quali possono essere ammirati in aree dichiarate monumento nazionale e nei musei. Le storie narrate presso le attuali tribù del sudovest aiutano a comprendere i loro antenati, la cui eredità emerge dal vibrante patrimonio culturale e linguistico di queste popolazioni.

Attraversiamo la riserva degli indiani Navajos, la terra non è così arida come ci si aspetta, non c’è assolutamente agricoltura, ma in compenso ci sono miriadi di piccoli alberelli. Infatti ogni cosa, luogo, oggetto che incontriamo è marcato dalla scritta Navajo Nation. Bastano pochi km dentro questa zona per capire che non siamo più negli States, ti senti proprio in un altro stato. Mentre l’Arizona segue l’ora solare tutto l’anno, la Navajo Nation segue l’ora legale da Aprile ad Ottobre. Questo significa che in questo periodo in territorio navajo ci troviamo un’ora avanti rispetto ad altre città dell’Arizona. L’impatto emotivo e visivo della Monument Valley è qualcosa di unico. Il cielo che passa dall’azzurro al blu scuro crea contrasti con tutta la terra rossa sotto; sembra di essere in un luogo artificiale, ma poi ti accorgi che è tutto vero. Partiamo con un giro guidato della Monument Valley a bordo di Jeep e fuoristrada vari… Sotto il sole cocente a bordo di un veicolo aperto, attraversiamo la prateria desertica assaggiando diversi tipi di polvere che vengono sollevati dalla colonna dei mezzi, e ci ritroviamo il sedere quadrato a furia da saltelli e ballonzoli vari… Ma è STRE-PI-TO-SO!!! Le strade nella valle sono tutte sterrate, e composte da una fine polvere rossa; vi sono diverse formazioni rocciose che visitiamo all’interno del parco. La Monument Valley è stupenda!!! Forse uno dei parchi più entusiasmanti. Procedendo verso l’interno del parco, arriviamo ad una zona di parcheggio, nella quale vi è la possibilità di effettuare delle gite a cavallo e fare acquisti di monili tipici Navajos. Una costante di tutto il viaggio nella Navajo Nation è sicuramente la bancarella di oggettistica degli indiani. Si trovano praticamente ad ogni vista point, ma non solo nella Monument. Hanno dei gioielli veramente belli, la loro economia si basa essenzialmente su quelli. Preferiamo però acquistare i loro manufatti in argento, che non si trovano dappertutto e soprattutto non sulle bancarelle e comunque sono costosi. Ma la parte più emozionante arriva adesso… Una cena al tramonto in stile indiano all’interno della valle. Tavoloni e panche in legno grezzo ci ospitano per la cena, gli indiani ci hanno preparato: fry-bread con sopra una fettina di carne di non si sa quale animale, ancora sopra fagioli e ancora sopra insalata… Insomma una sorta di torre di Pisa alimentare! Non sembra che il gruppo faccia storie per mangiare, nonostante le tavole non siano apparecchiate! Le risate che abbiamo fatto non ce le dimenticheremo mai… Specialmente quando arriva uno degli indiani con la caffettiera più grande del mondo con il solito camping-coffee (caffè da campeggio) tanto caro a Vito! Quando la luce del sole ci abbandona inizia lo spettacolo dei Navajos con canzoni, musiche e balli… A un certo punto si presenta un indiano vestito con abiti tipici da stregone e comincia a ballare intorno al fuoco interrompendosi di tanto in tanto affinchè un altro racconti una storia… fra il buio, la voce bassa, e la gente tutta intorno non si capiva niente… ma abbiamo riso tanto! Non vorremmo mai andarcene, ma è l’ora del rientro… Hotel Holiday Inn Kayenta.

Dopo la consueta sveglia all’alba ed una robusta colazione, riprendiamo il nostro Pullman e attraversando Page arriviamo al lago Powell. Nonostante sia mattina presto la giornata si presenta già molto calda. Oggi è la giornata degli intrepidi che sorvoleranno il Lago Powell. Quasi la totalità del gruppo ha deciso di provare questa emozionante esperienza. Ci dividono in gruppi. Gli aerei sono diversi, a 6 posti, a 12 posti etc. Sperimentiamo il sei posti che fa tremare le gambe solo a guardarlo: Treasurer, Abercrombie, Pharma, Ing, Umbe e Terry formano un equipaggio e, una volta a bordo, si guardano con aria perplessa… Ma oramai ci siamo!!! Un rapido giro di eliche e si parte…

Il Lake Powell è uno dei più grandi laghi artificiali degli Stati Uniti. In realtà, dove oggi si possono ammirare le acque del lago, un tempo si potevano contemplare gli scenari tipici dei canyon scavati nell’altopiano del Colorado. Solo nel 1957, a seguito della costruzione della diga di Glen Canyon, le acque invasero le strettissime gole del canyon creando l’attuale Lago Powell. Rainbow Bridge National Monument, un gigantesco arco di pietra rosa (alto quasi 85 metri) che sorge all’interno di uno spettacolare canyon, su terreno sacro agli indiani Navajo, in quanto carico di leggende,storia e spiritualità. Questo arco, per la sua bellezza e particolarità è stato dichiarato Monumento Nazionale all’inizio del Novecento e costituisce una delle maggiori attrazioni naturali del Lago. E’ così piccolo dall’alto… ma hanno calcolato che sotto questo arco ci sta per intero la Basilica di S. Pietro a Roma!!

Scendiamo dai velivoli con le ginocchia che tremano, le tempie che scoppiano per via delle cuffie troppo strette e non regolabili, ma pienamente soddisfatti di aver visto questa meraviglia della natura. Romeo e Cameraman sembrano entusiasti, ci saranno da visionare kilometri e kilometri di riprese una volta a casa! Ed ora un’altra meraviglia della natura che difficilmente e solo su esplicita richiesta viene inserita nei programmi dei tour… Potevamo non andarci??? Ebbene si, siamo ad Antelope Canyon!!!!

L’Antelope Canyon è definito “slot canyon” perché in effetti è una spaccatura della terra e si trova negli degli Stati Uniti sudoccidentali. Si trova sulla terra Navajo vicino a Page, Arizona. L’Antelope Canyon consiste di due formazioni separate, chiamate Antelope Canyon Superiore e Antelope Canyon Inferiore. L’Antelope Canyon (come gli altri slot canyon) si è formato nel corso di milioni di anni a causa dell’erosione dell’arenaria da parte dell’acqua e del vento.

Saliamo sul cassone di grandi pick-up che durante il percorso sterrato non proprio breve, ci fanno ballare alquanto. Si dice che gli indiani preferiscano i cavalli ma c’è da dire che, a giudicare da quanto corrono in macchina, sembra che abbiano superato il trauma. Al termine del tragitto siamo una poltiglia di persone e terriccio; ci scaricano all’imbocco dello slot nella roccia; dopo pochi passi entriamo dentro questa fantasmagorica galleria di arenaria arancione, rosa e viola.. È una tavolozza. I raggi del sole filtrano dalla sommità del canyon ed illuminano le rocce… Questo miracolo è possibile solo a mezzogiorno quando i raggi del sole riescono a penetrare le fenditure perpendicolarmente. Uno spettacolo simile non ha eguali, ogni angolo di questo luogo assume colori diversi che variano dal rosso all’arancione; sembra di essere in un mondo magico. Non si può descrivere a parole… è uno dei luoghi magici del nostro pianeta. Vi facciamo vedere qualche scatto! Riusciamo a raggiungere la fine del canyon e uscire dalla parte opposta attraverso un piccolo pertugio della roccia. Le urla di una signora Navajo ci richiamano all’ordine;di corsa ripercorriamo tutto il canyon e risaliti sul pick-up, di nuovo mangiamo sabbia in quantità, saltando sulle panche del fuoristrada che percorre lo sterrato ad una velocità sostenuta. Ci fermiamo a mangiare sempre dai nostri amici indiani… ormai siamo disposti ad assaggiare qualsiasi tipo di cibo… Il pranzo è veloce e subito dopo proseguiamo per Bryce Canyon dove arriviamo nel tardo pomeriggio. Anche oggi abbiamo fatto il pieno di meraviglie, kilometri, emozioni. Abbiamo solo il tempo per una doccia ed un po’ di relax in camera per assorbire ed elaborare la giornata di oggi …e poi si va a cena.

All’indomani ci svegliamo con una temperatura non altissima (il maglioncino non guasta), ci dirigiamo verso il Parco Nazionale di Bryce.

Il Parco nazionale del Bryce Canyon è un piccolo parco nazionale situato nel sud-ovest degli Stati Uniti nello stato dello Utah. L’area protetta comprende il celebre Bryce Canyon che, nonostante il nome, non è propriamente un canyon ma un enorme anfiteatro originatosi dall’erosione del settore orientale dell’altopiano Paunsaugunt. Il Bryce Canyon è celebre per i caratteristici pinnacoli, gli hoodoos, prodotti dall’erosione delle rocce sedimentarie fluviali e lacustri, erosione dovuta all’azione di acque, vento e ghiaccio. Le rocce hanno un’intensa colorazione che varia dal rosso, all’arancio al bianco le sfumature caratteristiche sono dovute ai minerali presenti, dall’ematite che ne conferisce il rosso alla limonite che produce i riflessi gialli.. Il Bryce ha una superficie di 145 km² ed un’altitudine che varia tra 2400 m e 2700 m. I primi colonizzatori del canyon furono i mormoni che si insediarono a partire dal 1850, e fu chiamato così grazie a Ebenezer Bryce che si insediò in questa area nel 1875. L’area venne proclamata monumento nazionale nel 1924 e istituito come Parco nazionale del Bryce Canyon nel 1928.

Il Bryce Canyon è un gioiello! Inizia la ns visita da Sunrise Point a Sunset Point. E’ un trek molto bello ma molto faticoso. Infatti la discesa è lunga e tutta a tornanti che scendono verso il fondo del canyon. Ci siamo accorti dopo ore di camminata che il problema, come al solito, è la risalita!! Inoltre il caldo non aiuta.. Pensavamo di giocarci Zinco, ma il suo fisico da giovane atleta gli è corso in aiuto…. Con fiatone… Ma vivo! La Suocerastra e lo zio Roberto preferiscono restare ad aspettare gli eroi! Trolley Girl si presenta con un paio di scarpe da ginnastica con il tacco… dice che sono comodissime che sembrano pantofole… Bugia!! La scopriremo che acquista accompagnata da Claudina, un paio di ciabatte!!! Man mano che il sole si alza, illumina i pinnacoli di roccia sedimentaria di origine fluviale e lacustre che caratterizzano il Canyon, con un alternanza di colori che va dal rosso, all’arancio al bianco. Anche il Bryce Canyon è all’altezza delle aspettative, ci troviamo, infatti, nel luogo più affascinante dell’intero Utah. A seconda dell’ora del giorno il paesaggio sembra cambiare, il gioco di luci ed ombre non solo ne modifica il colore ma sembra anche cambiarne la forma. Ecco perchè i mormoni spostandosi verso ovest, senza una meta precisa, decisero verso la metà dell’800 di stabilirsi proprio qui: lo Utah è proprio uno stato splendido!!!!

Il caldo è incalzante ma non come quello che ci aspetta nella prossima meta. Intanto ci fermiamo a mangiare qualcosa: chi opta per la pizza, chi preferisce l’insalata… ce n’è per tutti i gusti. Intanto cominciamo a notare che Romeo e Giulietta si stanno avvicinando… ogni tanto spariscono per poi ricomparire dopo un po’… mah! Che ci sia del tenero???

Riprendiamo il cammino in direzione di Las Vegas, la città che non dorme mai. Invece noi sul pullman facciamo proprio il contrario. Dormiamo sempre. C’è Dos che durante ogni percorso in pullman approfitta per scaricare le foto sul suo computerino per paura che la macchina fotografica esaurisca la memoria. Paura che abbiamo un po’ tutti. Ci attendono diverse ore di viaggio, ma prima di lasciare lo Stato dello Utah, attraversiamo il Parco Nazionale di Zion, costituito da enormi formazioni rocciose e profonde gole, modellate dalle acque del Virgin River. Grazie a Dio hanno riaperto da pochi giorni la strada panoramica che l’attraversa. Sarebbe stato un peccato perdere l’opportunità di vederlo.

Nel primo pomeriggio entriamo nello Stato del Nevada, caratterizzato da un infinito deserto di pietre e rocce dove ogni tanto fanno capolino piante strane (Joshua Tree, pinetti millenari, etc) e qualche animale strano (il topocanguro??!!). Arriviamo a Las Vegas, da subito ci rendiamo conto di star per entrare in un parco dei divertimenti, grande come una città, fatto di alberghi che sono l’imitazione dei più imponenti monumenti presenti al Mondo, di Casinò, dove è più facile perdere che vincere e di “Wedding Chapels”, dove ci si può sposare, stando comodamente seduti sulla propria auto, come se si stesse ordinando un panino al Mc Donald. La cena nel nostro hotel è spettacolare: c’è di tutto, dai piatti tipici americani, ai sushi, al messicano e, come può testimoniare Silvanino, alla pasta. Ne mangia una quantità industriale…perfino a colazione! Dopo la cena nello spettacolare self service dell’hotel Stratosphere dove alloggiamo, dedichiamo la serata ad una visita guidata della città, tra luci sfavillanti, fontane che arrivano ad 80 metri di altezza come quella dell’hotel Bellagio e gondolieri (giapponesi!) che remano tra i canali di una finta Venezia cantando canzoni tipiche veneziane. Incredibile! Il Bellagio è uno degli hotel più conosciuti di tutta Las Vegas, non solo per l’ambiente lussuoso ed elegante delle camere e del Casino, ma anche per i famosissimi giochi d’acqua del laghetto di fronte all’edificio. Si tratta di uno spettacolo incantevole che attira grandi e bambini: decine di pompe si muovono per tutta la durata di un brano musicale, ritmicamente, gli spruzzi cambiano spesso di intensità e direzione, in una coreografia piena di fascino. Di notte il tutto è amplificato dalle luci dell’ hotel che si rispecchiano nell’acqua, ogni spettacolo si conclude con l’acqua che sparisce all’improvviso lasciando il posto alle goccioline di vapore che, sospese nell’aria sembrano una miriade di stelle in attesa di cadere. Dopo il giro in pullman organizzato da Concetta e Vincent (il nostro autista), facciamo rientro allo Stratosphere. Las Vegas con i suoi 1.300.000 abitanti, è situata a nord-ovest del Lago Mead ed è il principale centro dello Stato del Nevada. Collocato nel Mid West, a poche ore di macchina dall’altra grande città, Los Angeles. La città si pone al centro di una zona di altopiani desertici, ed è caratterizzata da un clima con inverni tiepidi ed estati torride in cui le temperature superano anche i 40°.Non ci sono particolari periodi in cui è consigliabile visitarla, per andare a Las Vegas va bene tutto l’anno! Deve la sua espansione e il suo successo alle leggi del Nevada, che negli anni trenta permettevano di sposarsi e divorziare, con una facilità impensabile in altre parti degli Stati Uniti e del mondo. Vista la grande quantità di persone che si recavano in città si decise di “allietare” la loro permanenza con la liberazione delle case da gioco, che hanno fatto col tempo la fortuna di Las Vegas, oggi capitale mondiale del gioco d’azzardo, della trasgressione e del divertimento. Una notte di riposo e la mattina una sensazionale colazione al self service: ogni ben di Dio!!! Di nuovo dolci, ogni varietà di salato, uno spettacolo, una cucina internazionale a tutto tondo!!! La giornata è libera. Ci vuole un po’ di riposo. La temperatura si aggira sui 44-45 gradi… diciamo che fa caldino! C’è chi si reca negli outlet vicini per poter approfittare dei buoni prezzi e fare acquisti convenienti e chi rimane tutto il giorno all’hotel tra casinò e camera a schiacciare qualche riposino. Chi non ha abbandonato il tavolo da gioco (anzi si è organizzato tutta la scaletta dei tornei da casa) è stato Spider che da anni sogna di sedersi al tavolo verde di questa città… Qualcuno ha recuperato qualche dollaro con le slot machine, la maggioranza li ha persi.. Ma si sapeva già prima di partire che sarebbe andata così! Tornano in hotel i non-stop-shoppers dall’outlet carichi di borse… Claudina si pente di non aver acquistato qualcosa in più, ma è fiera della sua sciarpa Burberry!! Insomma, siamo tutti contenti. Altra cena ottima, con cameriere “stordito”, con un parrucchino improbabile in testa… Ultimi dollari alle slot machine e…buonanotte a tutti ! La mattina seguente siamo in partenza verso nord, in direzione della Death Valley, una depressione del nostro pianeta che si estende tra la California e il Nevada per circa 225 km, fino ad arrivare a – 86 metri sotto il livello del mare. Attorno a noi le aspre montagne della Sierra Nevada, fanno da cornice ad un paesaggio spettrale, quasi lunare, privo di vita per l’eccessiva salinità del terreno e il forte caldo specie nei mesi estivi.

Fortunatamente le maggiori attrazioni del parco si trovano tutte a pochissima distanza dalle varie strade che attraversano la Death Valley, ciò consente, almeno in parte, di rendere meno pesante gli spostamenti e le passeggiate sotto il sole bollente. Possiamo suddividere la Death Valley in tre zone; la prima quella più turistica e visitata, è quella che si trova a sud del Visitor Center di Furnace Creek, compresa tra le strade 178 (che porta a Badwater) e la 190, fino all’imbocco della strada che porta a Dante’s View. La seconda zona, quella attorno a Stovepipe Wells è famosa per le Sand Dunes, dune di sabbia, ed è particolarmente visitata da coloro che da Las Vegas, attraversano la Death Valley, per poi raggiungere Sequoia & Kings Canyon N.P., Yosemite N.P. E San Francisco (e/o viceversa). Sulla strada 190, in direzione di Las Vegas, sorgono due punti panoramici, sicuramente quelli più famosi, ovvero Zabrieskie Point e Dante’s View. Il primo deve la sua fama al film celebre di Antonioni, ed è possibile ammirare il fenomeno geologico più bello del parco; anche qui le rocce erose assumono colorazioni davvero varie e uniche nel loro genere, è il luogo ideale per vedere l’alba e il tramonto. Un percorso denominato “twenty mule canyon”, ovvero il canyon delle 20 mule è un bellissimo percorso all’interno delle rocce di Zabrieskie Point. C’è poi Badwater e l’immensa distesa salata di Devil’s Golf Course, di fronte il grandioso Panamint Range, e poi tutto il resto della valle a perdita d’occhio!!!

Scendiamo per qualche foto, ma si riesce a stare fuori dal pullman solo pochi minuti, il sole che si rifrange sulle rocce, crea una luce quasi accecante che rendono la vista impossibile e fuori la temperatura supera i 54° C. Solo qualche coraggioso come Giulietta, Romeo, Ranger, Zinco, Terry, Umbe, Treasurer e le Pink Ladies si azzardano a percorrere la strada di sale che porta fino al mare di sale… Tutto bianco, un candido bianco più della neve… Si dice che le prime immagine della discesa dell’uomo sulla luna siano state girate proprio qui. Nel filmato dell’epoca la bandiera piantata nel terreno “sventola”, cosa che sulla luna non sarebbe potuto accadere…chissà!

Partiamo per il Sequoia National Park. Qui la situazione richiede qualche parola in più: Vincent, il nostro autista, è dotato di “neverlost” (navigatore satellitare americano – che letteralmente si traduce in “mai perduti”) al quale si affida ciecamente da quando siamo partiti da Los Angeles. Cominciamo a percorrere kilometri e kilometri e kilometri e, piano piano, tutti ci accorgiamo che si inizia a salire salire salire… Concetta gli fa notare che non le sembra la strada giusta, facendo delle verifiche con una normalissima mappa stradale. Vincent, testardo e completamente fiducioso, la ignora e continua a seguire le indicazioni del “mai perduti”. Dopo ore di strada non riusciamo a vedere la meta. Ad un certo punto ci troviamo immersi in infiniti campi coltivati ad alberi da frutto e poi proseguendo siamo in mezzo a fieno giallo oro… tutto molto bello ma… Vincent!!! Dove ci stai portando!! Continuiamo a salire e ad un certo punto siamo in alta montagna: le strade sono sempre più strette ed il pullman non è propriamente adatto a percorrerle.… Vincent comincia ad innervosirsi e temiamo che non arriveremo mai a Sequoia & Kings Canyon… Beh, per farvela breve non sappiamo quanto ci abbiamo messo ma alla fine siamo arrivati! Anche qui è una meraviglia. Così diverso dai parchi visitati fino ad oggi… Il paesaggio cambia ad ogni palpito del cuore e la cosa è entusiasmante. Parcheggiamo e scendiamo dal pullman. Iniziamo ad addentrarci nel parco: ne vale la pena. Anche le foto che vedrete non riusciranno, per l’ennesima volta, a rendere la realtà di quello che abbiamo visto. Gli alberi sono infiniti, hanno 1700 / 2500 anni, sono sopravvissuti ad incendi, sono stati al ghiaccio e niente è riuscito a scalfire la loro anima… Stiamo parlando di alberi come il General Grant: è il terzo albero in ordine di grandezza al mondo. Non crediamo ai nostri occhi… Le Three Sisters: tre sequoie giganti una accanto all’altra, bellissime. Ci troviamo ad entrare in una sequoia caduta, nel cui tronco si entra tutti insieme, in piedi e, nonostante tutto, non tocchiamo con la testa… il diametro è davvero incredibilmente grande… Queste sequoie sono talmente enormi che ti fanno sentire un Puffo…e non stiamo scherzando!

Dopo aver camminato un po’ in giro e scattato foto dappertutto, cominciamo ad avere un certo languorino. Concetta e Sheriff, prima di partire, hanno fatto la spesa in un supermercato acquistando di tutto: pane, formaggi, salumi in quantità, frutta, dolci, biscotti, ogni tipo di salsa per intingervi le verdure crude, bevande a go-go e tutto quanto necessario per l’aperitivo: patatine, noccioline, e chi più ne ha più ne metta. Sheriff nel supermercato continuava a dirle che le cose acquistate erano davvero troppe ma Concetta non la smetteva mai di dire che non voleva fare brutta figura, che era terrorizzata se poi non ci fosse stato cibo a sufficienza, e così continuava a mettere cose nel carrello… Sapete quanto comprano e quanto mangiano gli americani e potete immaginare quanti carrelli colmi vedono le cassiere dei supermercati. Ebbene questa cassiera ci ha chiesto: “mamma mia, ma quanti siete? 100??” Cominciamo a fare panini e continuiamo a fare panini per un bel po’… Il nostro pic nic nel parco Sequoia riesce benissimo…

Adesso abbiamo un minuto per riposarci dopo pranzo e poi dobbiamo ripartire perché la strada è davvero lunga. Ci stiamo avvicinando alla fine del tour, ma ci manca ancora qualcosa….. San Francisco ci aspetta. Arriviamo nel pomeriggio. Ad accoglierci, una temperatura tra i 12 ed i 14° che tanto ricorda il nostro autunno ed una fitta coltre di nebbia che avvolge la città, sia al mattino che dopo l’imbrunire, lasciando penetrare il sole soltanto per qualche ora tra le 13.00 e le 19.00. Qui ci siamo sentiti a casa, anche se, negli ultimi tempi neanche nella nostra provincia di Pavia c’è tanta nebbia come qui. Arriviamo in hotel, ci consegnano le chiavi delle camere e tutti cerchiamo di riposarci un po’. La cena è libera ed ognuno decide di organizzarsi come preferisce. Chi va in un fast food, tanto per placare i morsi della fame, ma tutti o quasi, facciamo rientro in camera abbastanza presto…. C’è bisogno di dormire un po’. La mattina dopo facciamo colazione e siamo pronti per la visita della città. San Francisco, quarta città della California per numero di abitanti ci offre una dimensione a metà tra la grande metropoli e il piccolo centro, nella mattinata seguente al nostro arrivo facciamo un giro orientativo, tra il quartiere cinese, le case in stile vittoriano, il distretto finanziario e il mitico Golden Gate bridge che attraversiamo a piedi. San Francisco è dotata di un fascino e di una bellezza del tutto particolare non certo per lo skyline (una legge impone ferree limitazioni sulla altezza dei grattacieli) ma per i monumenti, i musei, la storia. Non si tratta di una vera e propria metropoli ma la sua geografia ed i suoi particolari mezzi pubblici la rendono piuttosto complicata da girare.

Arriviamo al Golden Gate, peccato ci sia questa fitta coltre di nebbia. Anche qui il tormentone che è iniziato il primo giorno: “Mi e ti on the Golden Gate”. Facciamo tante di quelle foto che i giapponesi nella loro forma migliore, ci fanno un baffo. Dall’alto, dal basso, cosa si vede a destra e a sinistra, i cavi che lo sostengono, il colore della pittura, i mattoncini con i nomi di ha contribuito a pagare la cifra necessaria, e così via… Non riusciamo a risalire sul pullman, tanto avevamo immaginato di vedere questo ponte.. È grandioso. Peccato non ci sia il sole. Due sono le caratteristiche principali di questa città : prima di tutto le salite e le discese vertiginose; di conseguenza non potete perdevi la Lombard Street la strada più in pendenza di San Francisco, impossibile da fare in salita, alla quale sono state fatte una decina di curve per addolcirne la discesa. E’ una vera bomboniera: completamente coperta di aiuole meravigliose, verdissime, con fiori di ortensia azzurri e rosa… Sembra un quadro.

Giriamo giriamo e, verso l’ora di pranzo siamo a Pier 39. Milioni di negozi di tutti i tipi: ristorantini, pizzerie, souvenirs, hard rock cafè, bancarelle con la frutta gigante, negozi di magliette e quanto di inimmaginabile… Artisti che suonano per strada, bravissimi, che ci fermiamo ad ascoltare come incantati… Non fa caldo, e Sherif e Treasurer, Spider, Naso, Ciribiribì Kodak, Ombrettina e le Pink Ladies acquistano felpe calde e morbide … Il pranzo oggi è in un bellissimo ristorante dove finalmente riusciamo a mangiare la famosa Clam Chowder, la zuppa di vongole famosa nel mondo. Se non l’avete mai assaggiata dovete assolutamente provvedere. Naturalmente mangiamo anche altro e tutto ottimo. Davvero un buonissimo ristorante… al termine del pranzo c’è chi gira, chi decide di fare semplicemente due passi, ma tutti ci ritroviamo a fare le foto ai leoni marini tipici della baia di S. Francisco. Sembra che si mettano in posa tanto sono disponibili a prestare la loro faccia migliore all’obiettivo! Romeo & Giulietta ormai fanno coppia fissa: anche se non vogliono farlo sapere, ce ne siamo accorti tutti da un bel po’… ma gli facciamo credere di cadere dalle nuvole quando Giulietta inizia a confidarsi…Ma va!?! Sono così carini che facciamo tutti il tifo per loro! Dopo pranzo ci ritroviamo per apprestarci a salire sui cable car: simbolo “cult” della città. I famosi trenini a cremagliera, che s’inerpicano lungo i “saliscendi” della città. Sono rimaste intatte alcune linee. Pensate che ai capolinea, vengono girati nella direzione opposta, a mano! Si sta appesi ai pali di metallo in bilico sul predellino. Riusciamo a salire dopo aver fatto la coda, che a volte è davvero lunghissima. Risaliamo le pendenze delle strade e ridiamo vedendo le persone che ad ogni fermata cercano di salire restando aggrappati come scimmie ai rami degli alberi. La giornata intanto è migliorata, adesso c’è il sole. La temperatura però è sempre fredda. Dopo la corsa (si fa per dire) sui cable car, abbiamo un po’ di tempo a disposizione. Inizia lo shopping: Trolley Girl guida la classifica degli acquisti ma non è la sola. Tutti cercano di battere il suo record, ma non è un’impresa facile. Il gruppo si sparpaglia nei grandi negozi e centri commerciali intorno a Union Square. Alcuni sono bellissimi… La sera abbiamo prenotato la cena alla Crab House. Il granchio in questa zona della California è particolarmente buono. Arriviamo alle 20.30, ci siamo tutti e quindi un bel gruppone. Ci sistemano su tre tavoloni, il locale è molto carino ed il personale molto gentile, degno di “nota con sospiro” il cameriere, che comincia a parlare velocissimo spiegando il menu e la maniera di mangiare il granchio. Sheriff fa da interprete dove necessario e la cena ha inizio. Ci portano dei vassoi colmi di granchio gigante fatto a pezzi e ci consegnano “attrezzi” per riuscire a mangiarlo agevolmente. Uno di questi attrezzi si rivelerà poi essere un normale apriscatole col quale si riesce facilmente ad intaccare la corteccia dei granchioni. La carne all’interno è succulenta e dolciastra… Tranne qualcuno che non mangia questo tipo di alimento e preferisce la carne, tutti siamo entusiasti! Forse la migliore cena di tutto il viaggio… Ci sarebbe voluta una standing ovation! Rientriamo in hotel: qualcuno con gli autobus locali, qualcuno con il taxi e qualcuno….con la limousine! Ad un certo punto ci affianca alla fermata dell’autobus una limousine nera interminabile con un tipo, l’autista, che ci chiede se vogliamo andare da qualche parte. All’inizio un po’ timorosi, decidiamo di accettare. Il costo pro capite è ridicolo, trattiamo comunque un po’, e decidiamo di rientrare in hotel alla grande. Saliamo sopra in dodici. Ridiamo come pazzi e ce la tiriamo un po’ al momento di scendere davanti all’hotel. Buonanotte a tutti.

La giornata odierna è libera. Tiriamo un po’ il respiro. Chi si alza tardi, chi fa colazione presto… ognuno fa quello che preferisce. Ci siamo dati appuntamento verso le 11.30 al Pier 33, all’imbarco per Alcatraz. Dovevano venire anche Terry e Umbe, ma cedono il posto a Giulietta. Non voleva venire ma, all’ultimo momento, avendo saputo che Romeo avrebbe partecipato, ha pregato sua mamma di lasciarle il posto!!! Cuore di mamma non ha resistito, si è persa Alcatraz, ma ha fatto felice sua figlia!! (PS: comprare un biglietto in più senza averlo prenotato con larghissimo anticipo? Scordatevelo!!) Il tragitto è breve e tranquillo e sbarchiamo velocemente. C’è un tipo vestito da militare dell’epoca che ci spiega tutta la storia e ci dice che oggi, proprio oggi (ma guarda che fortuna!) è la ricorrenza di non sappiamo che cosa e che tutto il personale sarà vestito in abiti dell’epoca. Non sappiamo perché, ma non ci convince tanto…secondo noi dice così ogni giorno!! Comunque è carino e fa folklore. La visita audio guidata è interessante e ci spiega la storia dei personaggi famosi che sono stati “ospitati” qui. Al Capone è uno di questi. Vediamo le celle, la zona dell’orologio soprannominata Times Square, le celle di isolamento, la mensa, le cucine. Sale un brivido al pensiero di soggiornare in questo posto. Tutti seguiamo la guida e annuiamo alle informazioni che riceviamo tranne due: sono l’Ombrettina e Silvanino che, nonostante tutti stiamo seguendo il capitolo 6, non si sa come, sono al capitolo 16! Ad un certo punto ci dicono che non vedono le cose che la audio guida dice… Ci fermiamo un attimo per resettare i loro strumenti e ripartiamo. Al termine della visita ci mettiamo in coda per prendere il traghetto di ritorno. Molto interessante, vale la pena farci un salto.

La piccola isola di Alcatraz venne scoperta (se così si può dire) ed esplorata dallo spagnolo Juan de Ayala nel 1755. Fu sempre lui che la chiamò Isla de los Alcatraces (isola dei pellicani) a causa del gran numero di questo tipo di uccelli presenti in tutta l’isola. Un altro nome comunemente dato all’isola è The Rock a causa della sua conformazione quasi esclusivamente rocciosa. L’isola, dopo varie vicissitudine, venne ben presto fortificata ed usata, dal 1850 come prigione militare. Nel 1933 l’isola venne acquistata dal Dipartimento di Giustizia, ristrutturata (i lavori durarono oltre un anno) ed adibita a prigione federale. L’inaugurazione avvenne il 12 ottobre 1933. Il penitenziario federale di Alcatraz durò per ben 29 anni (fino al 1963, anno in cui venne chiuso soprattutto per motivi economici. Degno di nota è l’occupazione, ad opera di un gruppo di indiani d’Amerca, che avvenne tra il 29 novembre 1969 e l’11 giugno 1971. L’occupazione avvenne con l’intento di chiedere al Governo la costruzione nell’isola di un centro culturale e di una Università dedicata agli indiani. L’intento di attirare l’attenzione pubblica venne facilmente raggiunto ma dissidi interni ed il pugno ferreo dell’amministrazione locale portò, alla fine, ad un nulla di fatto. I tentativi di evasione che si sono verificati durante i 29 anni di attività sono infatti quasi sempre terminati con la cattura dei fuggitivi al di fuori delle mura del penitenziario o con la morte dei fuggitivi. In un solo caso, nel 1962, Frank Morris e i due fratelli John e Clarence Anglin riuscirono a tuffarsi nelle acque della baia e non vennero più ritrovati. Le autorità sostennero che erano morti annegati.

Il pomeriggio è libero. Abbiamo appuntamento nella hall dell’hotel alle 19.30 per andare al Jazz Bistrot a cena, e Concetta ci raggiungerà per cenare con noi. Come al solito inizia un ennesimo “round” di shopping, gli ultimi giri per la città con gli autobus locali (se pensate che girare con i mezzi locali a Milano sia una tragedia, non siete mai stati a San Francisco… credeteci!), alcuni sbagliano direzione e sono costretti a cambiare autobus, insomma ce n’è per tutti i gusti. La meta più gettonata è il centro con Market Street, Union Square e il Pier 39.. Abbiamo avuto fortuna che in tutti questi giorni il tempo è stato benevolo: il sole splendente (a parte quella mezza giornata iniziale) ci ha permesso di apprezzare al meglio questa città che da sempre è nel’immaginario di tutti. Nella hall dell’hotel siamo tutti puntuali. Con Concetta andiamo al ristorante a piedi, così facciamo due passi. Ci sistemiamo nei tavoli riservati ed ascoltiamo un po’ di buon jazz mentre aspettiamo che ci servano la cena. Ormai Romeo & Giulietta escono allo scoperto: si tengono per mano al ristorante…che tenerezza! Siamo molto orgogliosi di aver combinato questo “pateracchio”… speriamo duri nei secoli a venire. La cena è media, niente di entusiasmante, ma non moriamo di fame. E’ l’ultima notte negli States. Domani si fa ritorno a casa. Soliti scherzi fra di noi, due risate e torniamo in hotel per la notte.

La mattina dopo qualcuno opta per fare colazione da Starbucks. Il caffè è davvero buono e anche i croissants. L’ultimo giro prima di andare in aeroporto. Le Pink Ladies, Vito, Insomnia, Zinco e la Suocerastra, trovano il tempo (e soprattutto la voglia) per andare a prendere le ultime cose… d’altra parte non ci sarà un’altra occasione. Tutti pronti davanti all’hotel all’ora stabilita, saliamo sul pullman. Bye Bye San Francisco… Arriviamo in aeroporto puntuali e ci rechiamo ai banchi accettazione. La nostra preassegnazione dei posti agevola e velocizza la procedura, ma c’è chi invece la rallenta… Non riuscite ad immaginare di chi stiamo parlando?? Ma di lei.. Si si è certamente lei…non ci sono dubbi… è Trolley Girl! Nonostante sia partita dall’Italia con 1 valigia e 1 piccolo trolley, adesso ha la valigia e ben tre trolley. Ansia! Non la vogliono far passare con tutto questo bagaglio. Decidiamo di “sparpagliare” i kili in più nei bagagli di chi fra noi ha un pochino di spazio libero. Cosa ardua visto come sono piene le valigie. Ma il nostro eroe è lì pronto a prestarsi e risolvere la situazione. E’ Romeo che, avendo spazio, si fa carico del bagaglio extra e così ci fanno passare senza pagare nemmeno un $. Camminiamo spediti verso il controllo passaporti e bagagli a mano quando c’è un altro intoppo… chi sarà questa volta? Ma sono due delle nostre esponenti di spicco: Claudina che si è dimenticata nella borsa il coltellino svizzero per il nipote, che le verrà sequestrato, e la Suocerastra che, a sua insaputa, aveva nel beauty-case un cavatappi di quelli fatti tipo un punteruolo a spirale…(anche questo sequestrato!). Ma siamo riusciti a superare brillantemente anche questa e procediamo spediti verso il gate indicato sulle nostre carte d’imbarco. Arriviamo e ci sediamo un po’. Questi aeroporti sono così enormi che si deve essere allenati maratoneti per andare da un gate all’altro. Ci concediamo una sosta al bagno per salire sereni, e mangiamo qualcosa in aeroporto. Ci chiamano. Sta iniziando l’imbarco. Siamo in coda e ci alziamo secondo le indicazioni che ci vengono impartite. Ma al momento di imboccare il finger…aiuto! Dos viene bloccata anche lei per il bagaglio ingombrante. Ma all’accettazione non avevano fatto storie… mah! Comunque altra spartizione di bagaglio a mano e…via! Il volo è un po’ più breve, questo ci aiuta un po’. Un servizio ed una gentilezza impeccabili ci aiutano a rilassarci.Fra un film, un gioco, il pasto e due chiacchiere (tranne Insomnia che naturalmente dorme), ci troviamo ad Amsterdam in un attimo. L’atterraggio non ci fa stare sereni, si balla da morire ma il pilota, anche se con un atterraggio che non si può definire perfetto, ci deposita sul suolo olandese. Qui dobbiamo aspettare un po’ la coincidenza ma, fra la scarpinata per raggiungere il gate giusto e i negozi di souvenirs, il tempo passa. Cominciamo a preoccuparci per Insomnia: continua a dormire. Sarà stata ipnotizzata? Eccoci sul nostro ultimo volo che ci riporterà a Milano Malpensa. Scorre veloce e…eccoci, siamo arrivati.. Stanchi ma felici, ci salutiamo…



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