Il magico peru’

Viaggio in Perù Durata : 18 giorni , voli compresi Periodo: Agosto 2009 La prima volta che abbiamo pensato di andare in Perù è stato in occasione del nostro matrimonio e il pensiero volava al viaggio di nozze. Pensavo che se avessi avuto una sola occasione di viaggio , avrei voluto vedere la bellezza del mondo numero uno: Il Machu...
Scritto da: PUCCI1973
il magico peru'
Partenza il: 07/08/2009
Ritorno il: 25/08/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Viaggio in Perù Durata : 18 giorni , voli compresi Periodo: Agosto 2009 La prima volta che abbiamo pensato di andare in Perù è stato in occasione del nostro matrimonio e il pensiero volava al viaggio di nozze. Pensavo che se avessi avuto una sola occasione di viaggio , avrei voluto vedere la bellezza del mondo numero uno: Il Machu Picchu. Allora non fu possibile realizzare questo viaggio …e con il senno di poi è stato meglio così, perché, adesso che lo abbiamo realizzato, ce lo siamo davvero gustato in ogni momento. Quando si dice che un viaggio è nel destino…per motivi lavorativi ho conosciuto una persona, con la quale , nel tempo si è instaurato un ottimo rapporto. Sua sorella abita da tempo a Lima, e spesso mi diceva che, se mi fossi decisa a partire, avrei potuto contare sul suo aiuto. Così quando abbiamo acquistato i voli è iniziata una fitta corrispondenza con Daniela. Potere di internet, dopo un certo numero di mail, mi è sembrato che ci conoscessimo da sempre. L’aiuto di Daniela è stato prezioso : ci ha dato dei buoni consigli organizzativi e ci ha prenotato lei i bus per gli spostamenti. Notte di arrivo: Il nostro arrivo era previsto per le 11 di sera a Lima. In realtà l’aereo era un po’ in ritardo. Davanti al nastro trasportatore dei bagagli, abbiamo trattenuto non poco il respiro. I nostri bagagli, avevano avuto due ore di tempo per spostarsi ad Atlanta, da un aereo all’altro, ed avevo un gran timore di non vederli arrivare. Sono stati gli ultimi due bagagli ad uscire sul nastro. Che sollievo! Usciti dall’aeroporto c’era Marco, un taxista di fiducia, che mi aveva mandato Daniela. Stanchi morti, ci mettiamo nelle sue mani e lasciamo che ci porti a destinazione. Chiedevamo solo un letto per stenderci , nulla più. La nostra meta era l’ostello di un amico di Daniela, nella zona Miraflores di Lima. In effetti, Quique, era lì che ci aspettava e , prima ancora di salutarci, mi ha sventolato la busta con i biglietti dei bus che Daniela gli aveva stra-raccomandato di farmi avere. Dovere compiuto! Vediamo un letto e letteralmente ci sveniamo. Primo giorno: ma che cielo c’è a Lima ? peggio di Bangkok. Grigio, denso, non lascia intravedere la forma delle nuvole e meno che mai la luce del sole. L’inquinamento a Lima è un serio problema. C’è un traffico pazzesco. Una piaga. Nelle ore di punta poi diventa un girone infernale. C’è di buona che anche se sei imbottigliato, passano a vendere qualunque cosa : acqua e bevande in primis, ma non mancano scacchiere e piumini per la polvere. Taxi e bus transitano in un numero esorbitante. Ogni mezzo che passa suona . Strombazzano per tutto: per segnalare la presenza se qualcuno vuole saltar su, per avvisare ed evitare incidenti o anche solo per il puro piacere di strombazzare. Fatto sta che è un suono continuo! Noi dobbiamo cambiare i soldi, così ci dirigiamo verso il centro commerciale di Miraflores. Ultimamente va molto di moda. In effetti è un bel posto, con una bella vista sul mare e su quei pazzi dei surfisti che sfidano le onde nell’oceano dalle acque gelide. Sopra di noi, volteggiano altri folli, quelli con il parapendio. Troviamo uno Starbucks per la colazione , in attesa dell’apertura del change money, alle 11. Osserviamo la lentezza con cui si anima il centro commerciale, si vede che i negozi aprono tutti tardi rispetto ai nostri orari. Mi compro subito un bel maglione di alpaca, visto il freddo che , per me che arrivo dai 35 gradi di Milano, è bello intenso. Non sapevo ancora che avrei indossato quel maglione per 15 giorni. Alle 13 e 30 abbiamo già il primo bus in direzione Paracas. La prima scoperta è che il terminal dei bus della linea Cruz del sur è come un imbarco in aeroporto, bisogna fare il check in e lasciare i bagagli. Il bus è super. C’è la hostess che ci indica i nostri posti. Durante il tragitto ci porteranno da mangiare, bevande calde e fredde e trasmetteranno persino i film! Siamo increduli. Dopo circa 3 ore arriviamo nel paese di Paracas. Scesi dal pullman ci sono degli avventori che ti propongono hotel per la notte, ma noi avevamo già riservato all’Hostal rifugio del pirata. Refugiodelpirata@hotmail.com Ci aspettavamo un posto molto spartano, invece è carino, con delle belle camere e soprattutto lindo. Inoltre il proprietario specifica, non senza orgoglio, che è dotato di acqua calda. Fino a qualche tempo fa, infatti, non c’era l’acqua calda in camera e dunque chi se ne è dotato ci tiene a farlo sapere. Scopriamo, inoltre, che è una caratteristica degli alloggi avere delle aperture sul soffitto che lasciano entrare direttamente la luce del sole ( e ahimè anche la pioggia ).La sala per la colazione è del tutto all’aperto sotto un pergolato, per cui al mattino bisogna avere già su la giacca a vento per fare colazione. Il the caldo è una manna dal cielo. In due passi siamo sul lungomare dove ci godiamo un pescatore che dà da mangiare ad un folto gruppo di pellicani che lo seguono come pulcini con la chioccia. Zeppo di negozietti e ristorantini, sempre all’aperto. Il pesce è freschissimo e ben preparato. In una bancarella compriamo il cioccolato peruviano. Dei cioccolatini farciti con frutta . Gustosi e super calorici. Lo stesso hostal ci organizza le due escursioni classiche che faremo il giorno dopo : isole ballestas e riserva di paracas.www.aventuraenparacas.com Secondo giorno. La notte ha piovuto. La sala della colazione è ancora bagnata. Mentre un ragazzo asciuga i tavoli, guardiamo giù verso la strada. Sembra che tutto il paese cammini nella stessa direzione. Sono operai. Noto che hanno le tute da lavoro e i baschetti. Bene- penso- è già qualcosa. Speriamo che il tempo migliori, ma non sarà così. Resterà coperto e ogni tanto scapperà qualche goccia. Ma non era la stagione secca ? chiedo al ragazzo del bar se è normale che faccia questo tempo e lui commenta che no, è strano, il clima sta cambiando. Andiamo al molo . Non possiamo sbagliarci l’imbarco è dove c’è una lunga coda di gente. Una volta partiti super coperti con cappello, giacca a vento e giubbotto di salvataggio si apre davanti a noi una meraviglia della natura. Archi di roccia e grotte ricoperte di cormorani, pinguini di Humboldt e leoni marini. Alzando gli occhi si fatica a vedere il cielo, tanto è zeppo di cormorani che volano e sulla terra ferma si passa ad un soffio dai leoni marini. Su una parete si vede il disegno del Candelabro. Noi a dire il vero l’abbiamo intravisto, per via del tempo. A distanza di chilometri è l’unico altro disegno che ricorda le linee di Nasca. Anche su questo ci sono tante ipotesi su cosa sia, una possibile è che servisse per segnalare alle imbarcazioni la terra ferma…ma io preferisco quelle più fantasiose tipo segnalazione per gli alieni o mega disegno di un cactus locale allucinogeno.. Rientrati a Paracas, il tempo di uno spuntino e si riparte per la riserva . Parte di questo territorio è stato interessato due anni fa un terremoto con conseguente onda anomala. Un arco celebre della riserva è crollato ed ora si vede solo il faraglione rimasto…il fascino del posto in ogni caso non ne risente. All’interno della riserva si vede anche una spiaggia dall’intenso colore rosso e una zona dove si trovano i fenicotteri. Per pranzo si arriva al piccolissimo paese di Lagunillas , che era stato inondato , ed ora è tornato a vivere. Più che un paese è un insieme di ristoranti cui i pescatori non fanno mancare continui rifornimenti di pesce freschissimo. Pranziamo con due ragazzi olandesi che ci raccontano di essere al loro primo viaggio fuori Europa e si vede che sono estasiati dai paesaggi che vedono. Come dargli torto? Anche il sole ci aiuta. E’ uscito da dietro le nuvole e ci siamo messi in mezze maniche. La sera mi guardo allo specchio e mi vedo fosforescente! A cena torniamo sul lungomare e ci accomodiamo in uno dei ristorantini che vi si affacciano. Il criterio di scelta è facilissimo: è il più affollato. Buon segno. Inoltre riconosciamo, in uno dei tavoli, una coppia di ragazzi sardi che erano nel nostro gruppo nel tour alla riserva di Paracas. Dato che è facile fare amicizia, anche una coppia di ragazzi romani che arriva poco dopo, si aggiunge a noi e cominciamo una lunga chiacchierata. La palma d’oro dei viaggiatori spetta di diritto alla coppia cagliaritana in quanto stavano in giro per due mesi. Arrivavano dal nord del Cile e dalla Bolivia ed ora si apprestavano a visitare il Perù. Noi eravamo affascinati dai loro racconti. Il modo di viaggiare era più spartano e più avventuroso del nostro. I ragazzi romani erano degli appassionati della zona e nei loro viaggi precedenti avevano visitato l’Argentina, il Messico , ma anche paesi meno conosciuti come Panama e Costa Rica. Ci siamo sentiti neofiti… Terzo giorno Andiamo a prendere il bus della linea Oltursa, che parte dall’hotel Hilton per raggiungere Nasca. Arriviamo un po’ prima e gentilmente ci fanno aspettare nell’atrio dell’Hotel. Li conosciamo Marilena che lavora come referente per gli ospiti dell’hotel per le escursioni. Dice che sta cercando di imparare un po’ di italiano e cos’ tra sforzi suoi e sforzi miei in spagnolo, riusciamo a comunicare. Dice che il giorno prima il bus è passato con forte ritardo perché la gente ha bloccato delle strade per protestare contro il governo. Il motivo è che a due anni dal terremoto che ha colpito soprattutto questa zona e il paese di Pisco, la gente non ha avuto aiuti e si ritrova a vivere tra le macerie con solo una tenda improvvisata sulla testa a fare da tetto. Penso alle notti fredde, alla disperazione di questa gente costretta suo malgrado a diventare protagonista della cronaca. Penso anche che mi serve che arrivi il bus. Il bus arriva e noi dopo tre ore siamo a Nasca. Spero che arrivino anche gli aiuti , sono già molto molto in ritardo. Siamo all’hotel Don Agucho. Www.hostaldonagucho.com. E’ molto carino! A Nasca, al contrario di Paracas, non fa una goccia da 4 anni e in effetti il sole splende , fa un gran caldo, ci sono dei ragazzi in piscina e nell’insieme dà l’idea di vacanza. Conosciamo Lina e Milagros, diciamo due pierre decisamente scaltre, ci propongono il sorvolo delle linee. Nelle mie mail con l’hotel avevo già specificato che volevamo farlo e il costo. Non abbiamo sorprese su questo e quindi ci accordiamo per le tre del pomeriggio. In effetti arriviamo in aeroporto puntuali, ma ci tocca aspettare 3 ore!! Ogni tanto protestiamo, ma c’è sempre una scusa pronta e quindi nulla…pazientiamo. Alla fine saliamo praticamente per ultimi quando il sole cominciava a prepararsi per il tramonto. Siamo noi due, un ragazzo spagnolo e il pilota. Tutto qui. L’aereo è piccolissimo. Fa un po’ impressione. Il pilota ci dice di indossare le cuffie sia per il rumore sia per sentirlo quando parla e poi via si decolla. Vedere le linee dall’alto è emozionante. Si distinguono molto bene . In particolare il disegno dell’astronauta e quello del colibri mi hanno entusiasmato. Il mistero sulle linee sembra proprio irrisolvibile. Nella zona è celebre Maria Reiche che ha dedicato la sua vita a studiare le linee. Non si sa come sia stato possibile realizzarle, anche considerando che il tratto è continuo, e soprattutto non c’è certezza del loro scopo. Piste di atterraggio per alieni? Perché no, in fondo è egoistico pensare che si siamo solo noi nell’universo.Presa da queste elucubrazioni ho superato bene i girotondi nell’aria a destra a sinistra, Andrea un po’ meno bene. Tornati in albergo , infreddoliti e con lo stomaco un po’ sotto sopra , ci siamo buttati sotto le coperte. La signora Miranda ci ha preparato un bel chupito , cioè una zuppa, di pollo e il mate di coca. Entrambi fanno miracoli. Quindi ci addormentiamo. A mezzanotte in punto due petardi esplodono e parte una musica ad un volume assordante. Un animatore urla nel microfono Fiesta , fiesta!! E noi balziamo sui letti. Non siamo i soli. Sentiamo altra gente uscire nel vialetto a vedere cosa succede. La cucaracha e la coleguiala risuoneranno fino alle 5 del mattino. Il giorno dopo scopriamo che era l’anniversario del quartiere. Paese che vai, usanza che trovi. Quarto giorno Facciamo due passi per Nasca, ma la troviamo molto sporca e con nessun fascino. Alle 13 arriva il bus Cruz del sur per Arequipa, ci aspetta un lungo viaggio. Arriviamo ad Arequipa in tarda serata. Siamo saliti a 2300 metri. Usciti dal terminal dei bus , prendiamo un taxi e arriviamo al nostro hostal www.hostaltamboviejo.com . Il ragazzo ci dice che non ha disponibile una doppia, ma una stanza più grande e ci chiede se per noi va bene lo stesso. Certo che si, abbiamo cinque letti e tanti spazio. Crolliamo addormentati e solo la mattina dopo ci accorgeremo della meravigliosa vista che ha la stanza sull’imponente vulcano Misti. Quinto giorno Rinnovati dal riposo, ci incamminiamo verso il centro città a piedi. Non è lontano ed è piacevole osservare la vita commerciale attorno a noi. Plaza de armas è dominata dalla bianca cattedrale e dal vulcano alle sue spalle. Ma c’è qualcosa in più..notiamo che ci sono diverse persone vestite negli abiti tradizionali sudamericani. Non siamo in grado di distinguere esattamente i paesi. Un gruppo, due, tre…non può essere una coincidenza. In mezzo alla confusione chi vediamo arrivare ? i ragazzi romani: Chiara e Alessandro. Il mondo è piccolo? No, di più. Di lì a poco incrociamo anche i ragazzi cagliaritani. Sono loro che ci informano che si teneva un festiva di danze folkloristiche. L’aspetto più bello è che tutti i gruppi si stavano recando alla cattedrale per sentire la messa . Siamo entrati anche noi in chiesa e abbiamo respirato tutto quel colore di abiti e visi , un’atmosfera di amicizia e fratellanza. La giornata è stata poi principalmente dedicata alla visita del Monasterio di Santa Catalina. Un vero paradiso per fotografi. Gli scorci caratteristici e armoniosi di luci sono innumerevoli. Il monastero, un complesso di stanze, piazzette e viuzze, risale al 1580 fu fondato da una ricca vedova,Dona Maria de Guzman. Pare che le suore che vi erano ammesse provenissero dalle migliori famiglie spagnole e che di fatto conducessero una vita agiata all’interno delle mura. Nel 1871 su mandato del papa Pio IX una severa suora dominicana riportò la regola più severa di castità e povertà. Ancora oggi vi vivono circa 30 suore, che noi, per un puro caso, abbiamo visto mentre si muovevano in processione. Ho voluto tenermi in disparte, mi sembrava, pur nel massimo rispetto, di irrompere in un mondo ancestrale e riservato. La sera ci incontriamo ( questa volta non era un caso ) con le due coppie e andiamo a vedere il festival del folklore. Credo che non peruviani fossimo gli unici…abbiamo imparato a distinguere qualche cappello tipico e ci siamo lasciati prendere dai ritmi incalzanti. Sesto giorno Oggi è la giornata cruciale. Si parte del il canion del colca. Un candidato ad essere eletto tra le sette meraviglie naturali del mondo. Per arrivarci, però, bisogna superare i 4920 metri del mirador dos volcanoes. E io al massimo sono salita a plateau rosà in valle d’aosta che non arriva neanche a 3000. Sono un po’ timorosa di non star bene, che mi venga mal di testa o mi manchi il respiro. Ci simao attrezzati con il latte condensato , ma basterà ? L’escursione ce l’ha organizzato l’hostal. Passa a prenderci il mini bus e conosciamo la nostra referente, sabrina. Suggerisce di riempirsi di caramelle e di respirare con il naso. La compagnia sul bus è una allegra baraonda. Molti sono peruviani in vacanza . Un paio di signore continuano a ridere , sono molto felici di essere li. E poi c’è un gruppo di ragazzi spagnoli, che hanno fatto il giro opposto al nostro e arrivano da cusco. Facendo così a cusco sono stati malissimo. Continuano a mangiare zuccheri. La strada sala, ma dolcemente, francamente non mi rendo conto dell’altezza. Ad un certo punto facciamo tappa e vediamo vigogne e alpaca baby. Arrivata in cima, mi manca un attimo il respiro, ma mi riprendo in fretta. Da qui in avanti non avremo più alcun problema di altitudine. Lo spettacolo del mirador però lo vivo poco perché mi devo muovere molto molto lentamente. Andrea in compenso scatta foto a più non posso. Per pranzi arriviamo a Chivay che era la nostra meta per la notte. Il paese è irreale. Le persone sono tutte vestite nei loro abiti tradizionali, le auto sono minime, in compenso gli alpaca sono tanti. Mi sento fuori dal mondo. E ne sono felice. Il gruppo viene sparpagliato in hostal diversi. Noi e una coppia della repubblica ceca, siamo all’hostal colcamayo. Ovvero a casa di una famiglia. La stanza è semplice, ma pulita. Notiamo però la porta che non può certo isolare dal freddo. E farà freddo. Riusciamo a recuperare un calefactor , ovvero una stufetta elettrica e ringrazieremo di aver avuto quell’idea! Il pomeriggio lo trascorriamo alle terme di Chivay. Al di là della struttura termale, bella, pulita e ben organizzata. Il luogo in cui nitrivano davvero merita una visita. Si cammina piaceovlemtne avvolti nel silenzio e nella luce bianca della zona che riesce a sgomberare qualunque pensiero dalla mente per far posto solo alla contemplazione della perfezione dell antura. Dopo esserci tuffati e rilassati, ci sorseggiamo un mate de coca. La sera , mentre aspettiamo che il mini bus venga a prenderci per andare a cena, chiacchieriamo con il proprietario di casa. Un uomo che alla faccia dei nostri tre strati di maglioni e piumino, in infradito ci racconta che in molti da chivay partono e vanno a lavorare in spagna, nell’0agricolutira,. Anche lui voleva andare, ma non lo hanno scelto. Ci spiega che mediamente si guadagna sui 900 soles al mese , circa 250 euro, e si fa fatica . Penso allo choc che devono avere queste persone nate e vissute in questo villaggio fuori dalle dimensioni della nostra normalità , ad essere catapultati in metropolitana a madrid…varrà la pena?

Settimo giorno Dopo una notte gelida. Alle 5 del mattino suona la sveglia. Imbaccuccati di tutto punto, usciamo a meno 8 per andare nella sala colazione. Meraviglia delle meraviglie troviamo apparecchiate con l’acqua calda per il the, del pane freddo , burro freddo e marmellata. Va bene così. Le strade si fanno più strette sterrate. Facciamo tappa in qualche paesino dove è facile fare foto spettacolari con aquile, lama e alpaca. Provo una naturale simpatia per gli alpaca, degli animali davvero mansueti e dolci. Ci fermiamo diverse volte per ammirare i terrazzamenti, i paesaggi e la spaccatura del canion. A poca distanza da Cruz del condor, proseguiamo a piedi. Su un sentiero che dà sullo strapiombo. Ci si sente davvero piccolissimi di fronte a questi monti giganti della natura. Camminiamo con calma , in attesa di incrociare il volo di un condor. Finalmente in prossimità del punto di osservazione se ne vede uno appollaiato. Alcuni di noi si avvicininano, ma sabrina li richiama. I condor non vanno disturbati. Tutti obbediscono e forse per questo veniamo ricompensati con un volo spettacolare di 6 condor che si librano sopra le nostre teste. Salgono verso il sole, scendono e sembrano sparire nei meandri della spaccatura di 3000 metri del canion. Dove non vedi più uno, ne segui un altro. Cerco con la mia videocamera di volare con loro e capisco la fortuna che ho nell’essere lì , spettatore partecipe. Assolutamente soddisfatti dell’esperienza fatta, nel pomeriggio torniamo ad Arequipa per una notte di riposo. Ottavo giorno La strada per Puno finalmente mi rivela i paesaggi andini, come me li ero immaginati. Colori, colori e ancora colori. Il blu è blu, il giallo è giallo. Tutto è intenso e spettacolare. Le alte montagne con el cime innevate contrastano con il colore bruciato della terra e il terso del cielo. Nelle firmate non mancano mai le venditrici, sempre donne, che aggiungono con il loro visi e abiti tradizionali un altro tratto pittoresco all’insieme. Conosco Savina e Vittoria. Non so se fossero imparentate. Savina è anziana, magari più di quello che sembra perché la pelle è segnata dagli anni, dal tempo e dall’esperienza. Vittoria è giovane. Non so se si rispecchia in savina o se le piacerebbe. E’ una delle mie foto preferite. Chili e chili di lana, maglioni, coperte e guanti mi circondano. Vorrei comprare tutto. Alla fine arriviamo a Puno e ci regaliamo un pomeriggio tranquillo. Sono molto soddisfatta dell’albergo che ho prenotato. La nostra stanza al quinto piano dà direttamente sulla cattedrale. www.condelemosinn.com Ci chiedono subito in reception se siamo interessati a visitare le isole. Rispondo di si, ma che abbiamo già un contatto con il kantuta lodge dell’isola amantani. ( amantani@hotmail.com ) Con Richard ? mi chiede la receptionist Sì, è lui! Si conoscono. Sono sollevate. Il kantuta lodge esiste. Infatti la sera arriva la sorella di Richard ci spiega che l’indomani mattina verrà a prenderci con un taxi, ci imbarcheremo su una lancia privata che ci porterà prima a vistare le isole galleggianti degli uros e poi all’isola ammantani per la notte. Perfetto, tutto come stabilito. Sono colpita dalla potenza di internet e dalla organizzazione e affidabilità di queste persone. Il pomeriggio abbiamo visitato il centro di Puno e siamo andati al porto su un tuk tuk a pedali. Interessante la visita al mercato coperto. Non è turistico. Molto grande, c’è un po’ di tutto. Il colpo d’occhio mi ha ricordato quello di Londra. Puno in sé non è particolarmente caratteristica, ma va bene come tappa, inoltre qui qualunque cosa serva si trova. I posti per la cena non mancano. Noi abbiamo scelto il ristorante da Don Piero, nella via principale. Non è molto grande, davvero grazioso e si mangia molto bene.

Nono giorno Tutto come prestabilito. Sulla lancia siamo solo in quattro. Noi due e due ragazzi tedeschi, Neil e nadine con cui facciamo presto amicizia. Le latre lance che fanno la spola tra le isole sono stracolme di turisti. Arriviamo alle siole flottanti. Sono irreali. Nel vero senso del parola. Infatti sono artificiali e create dagli uros sfruttando le canne della zona. Ecco perché sono spesso impegnatei nel rinfromzarle. Appena si poggiano i piedi, l’effetto è strano, proporio perché non è come camminare sulla terra. Ci raccontano nei dettagli come sono fatte le isole e di cosa vivono. Il narratore si chiama Fredy, ci spiega cneh che lui conosce l’inglese e l’italiano ed è felice di poter utilizzare la nostra lingua per fare pratica. A me sembra già molto bravo. Ci lascia la sua mail fredyterry@hotmail.com e io penso che un uros su un’isola galleggiante ha una mail…progresso ? E’ chiaro quindi che sono preparatissimi nell’accogliere turisti e che vivono in gran parte di questo. Ciò toglie un po’ di fascino e di veridicità resta comunque uno spaccato di mondo a parte. Quando ripartimao la nostra lancia ha qualche problema e il motore si spegne. E chi troviamo sulla lancia che viene a soccorerci? Alessandro, il romano. Il mondo è piccolo sul serio. E’ riuscito ad organizzarsi al volo e andrà anche lui ad Amantani. Pensiamo di vederci lì, ma saremo su deu sponde diverse dell’isola. L atrversata è lunga, ma dopo circa due ore abbondanti approdiamo. Un ragazzo alto e sorridente ci sta aspettando. E’ Richard. Questo ragazza è la cordialità incarnata. Trasmette una tale gioia e serenità che non so dire se sia vero. Ci accompagna al lodge, che poi è la casa della sua famiglia con qualche stanza in più ed una bella sala al primo piano la cui vetrata spazio sul lago titicaca. Il tempo di posare gli zaini e via siamo già tutti e 4 pronti per andare ad esplorare l’isola. Abbiamo saputo che ci sono due antiche rovine : pachamama e pachatata ovvero madre e padre terra che appartengono alla cultura tiahuanaco. Le popolazioni di questa cultura erano prevalentemente di orgine boliviana e nacquero sulle rive del algo circa nel 500 a.c. Quello che non sapevamo è che dovevamo agffrontare un dislivello di oltre 1000 metri per arrivarci…tutto ciò sotto il sole e a 4000 metri di altezza… Ne è valsa la pena. Amantani non ha vie, non ha auto a dire il vero ha anche ben poca illuminazione. Ciò che ha in abbondanza sono campi coltivati e contadini. Quando arriviamo in cima lo spettacolo ci soddisfa. Si spazia sui terreni, sull’acqua e sulle altre sile che si vedono. C’è silenzio. Pochi turisti. Quando scendiamo facciamo fatica ad orientarci e chiediamo più volte aiuto. Finiamo nei campi e nell case di chissà chi, ma nessuno ci è ostile anzi! Ormai a lumicino di luce ritroviamo il lodge e ne siamo ben felici! La sera c’è una festa nel centro paese e siamo invitati ad andare. Ci vestirebbero con i loro abiti. Mi piacerebbe , ma mi sento veramente stanca. Preferisco godermi l’ottima cena., trota alla plancia e fermarmi a giocare a carte con neil e ndine. L’oscurità è scesa. Qui è proprio buio. Non ci sono luci fuori e anche noi dentro abbiamo un paio di candele. E’ una bella serata. Alla fine neil e nadine decidono di andare alla festa. Prestiamo loro la nostra pila e noi invece ci prepariamo per la fredda notte. Ovvio che qui non ci sono riscladamentei né stufette. Ci imbacucchiamo e ci infiliamo sotto le spesse coperte. Non è comdo, ma si piò fare. Decimo giorno Si parte alla volta dell’isola taquile. Il lago è agitato. Ho sempre pensato che i laghi non potessero avere le onde come i mari, ma mi sbagliavo. Si ondeggia parecchio. La lancia ha ancora qualche problema. Il nostro pilota si muove di continuo per controllare il motore e pesso alla guida si alternano Neil e Andrea. Penso che non hanno la patente nautica, ma non è importante. Basta che andiamo. Arriviamo a Taquile. L’isola mi smebra più piccola di Amantani . E’ altrettanto bella, ma Amantani mi sembra più affascinante. Camminiamo fino a centro paese e poi torniamo alla lancia. E ‘solo una breve sosta. Lasciato il lago e salutati i nostri compagni di avventura, ci andiamo a preparare per il pomeriggio. Ci organizziamo infatti con la reception dell’hotel per andare a vedere il sito di Sillustani.

Lì ci sono delle torri funerarie che contornano il lago Umayo . In questa zona vive val apopolazione Colla e le torri che visitiamo , dette Chullpas, sono la testimonianza dei lori riti funerari. Nell torri venivano seppelliti interi gruppi familiari con i loro oggetti e il cibo per il viaggio nell’al di là. Il posto è struggente. Soprattutto quando si tinge dei colori del tramonto. Nel lago umayo c’è anche un’isoletta, abita da vigogne. Tutto attorno uccelli, alpaca, lama .. Undicesimo giorno E’ un giorno di trasferta. La nostra destinazione è Cusco. Utilizziamo la line aid bus inkaespress che ci fa fare 5 soste lungo il percorso. In particolare mi è piaciuto il palazzo di wiracocha , che si è salvato all’invasione degli spagnoli per il fatto che , non essendoci rappresentazioni del dio, non avevano capito che si trattava di un tempio E il paese di Andahuailillas dove la chiesa è affrescata e viene chiamata la cappella sistina americana. La sera arriviamo al nostro amaru hostal www.cusco.net/amaru. Abbiamo una bella stanza,l con un delizioso balconcino che domina sui tetti di San Blas. Ci sentimao con Alessandro e chiara e ci vediamo per cena al ristorante Victor Victoria. La cameriera è un vulcano di simpatia. Come sempre mangiamo più che bene ad un costo irrisorio.

Dodicesimo giorno Il giorno si preannuncia tranquillo. L’idea è di passeggire per le viuzze di san Blas e plaza de armas con passo lento. Accendo la mia fedele videocamera e…non va…non va. Mi prende il panico. Il giorno dopo co aspetta machu picchu e la mia videocamera non va. Non può essere così crudele il destino! Il mio viso si contrae di disappunto e Andrea viene in mio soccorso. Torniamo in hostal e con le forbicine andrea si mette ad avvitare una rotella credendola la causa del problema. Io trattengo il respiro e lo rilascio quando lo sento dirmi che gli sembra tutto a posto. Funziona! Con un taxi ci spostiamo di pochi chilometri per visitare i siti archeologici nei dintorni della città. Il più noto è Saqsaywaman , che in lingua quechua vuol dire falco soddisfatto. E’ unìimponente rovina sia religiosa che militare. Oggi resta crica il 20% delle mura originali, perché gli spagnoli hanno usato i blocchi per costruire le loro case a cusco. E’ però conosciuta soprattutto perché è qui che il re inca manco Capac ha provato a resistere agli spagnoli. Gli spagnoli riuscirono poi ad avere la meglio grazie all’rrivo di 50 cavalleggeri comandati da juan pizarro, fratello del più conosciuto Francesco. Degli altri siti nei dintorni, merita senz’altro una visita Q’enqo per l’atmosfera che emana. Qui si tennero dei sacrifici umani. I sacerdoti per restare nascosti tra le rocce, ma poter operare usavano delle lamine d’oro che riflettevano la luce del sole. Ingegnosi…

Tredicesimo giorno E’ il giorno di Machupicchu! Alle 5 del mattino salto in piedi come un grillo. Gli zaini sono pronti dalla sera precedente e gli animi a mille. Non sento neanche il freddo. Il trenino delle ande parte da Poroy e ci vuole un 15 – 20 minuti. Sul biglietto c’è scritto che se non ci si presenta per tempo il biglietto non è valido. Cielo. Siamo sul filo del rasoio, per via di 4 allegre signorotte attempate spagnole che nell’ordine non trovavano la borsa, il biglietto e la testa. Alla fine ce la facciamo. Il trenino è uno spettacolo.Siamo sul vistadome, ovvero anche il tetto ha dei vetri per avere una visione totale delle bellezze che attraverseremo. Il viaggio è lento, dura circa tre ore, ma per una volta non mi interessa correre. Come un bimbo con il naso schiacciato sulla vetrina dei giocattoli, io ammiro rapita tutto quello che mi circonda. Il paesaggio , la tazza del thè, i camerieri eleganti. Sul treno ci sono persone che arrivano da tutto il mondo. Noi facciamo amicizia con una famiglia di californiani che ci tiene a raccontarci di essere stata in vacanza anche in Trentino. La stazione di arrivo è ad Aguas calientes, che più che un paese mi sembra un insieme di alloggi costruiti attorno al treno. Da lì si prende una navetta che in circa 20 minuti arriva all’entrata del sito. Si sale e non si può fare a meno di pensare come possa essere stato costruito proprio lì. Montagne di un verde lussureggiante intenso ed intricato, quasi nessun segno degli uomini: strade , case etc…se ci sono non si vedono avvolti nel verde brillante. E ciò oggi, figuriamoci quando ci passò lo scopritore della cittadella Hiram Bingham.

Arrivati all’entrata, scoppio in una fragorosa risata. C’è una profumeria che porta il mio nome. Machupicchu è la bellezza del mondo numero uno. Non c’è da stupirsi che ci sia molta gente nel sito. Nonostante questo riusciremo a girarla godendoci degli scorci senza nessuno o quasi. Cosa fosse veramente machu picchu ancora oggi è un mistero. Quando si cominciarono a trovare resti umani si cedettero per lo più di donne e si pensò ad una città di donne elette. Oggi questa teoria è abbandonata e sembra più credibile una cittadella di rifugio o una sorta di residenza reale. Certo è il suo valore sacro. All’interno si distinguono in partiolcare il tempio del sole e il tempio del condor che sottolineano la valenza sacra del luogo. Varcata l’entrata si cammina per circa una decina di minuti e si arriva alla prima immagine d’insieme del luogo. Quello che ho sempre visto in fotografie e documentari e lì davanti a me. Mi sento molto fortunata. Non abbiamo una guida. Quella che dovevamo avere non l’abbiamo trovata o più probabilmente non si è presentata. Pazienza, la giriamo armati del nostro libro e non abbiamo nessun problema ad orientarci e a capire cosa stiamo guardando. Soprattutto ci piace l’intihuatana ovvero leteralmente palo in cui si impiglia il sole. Non è una meridiana, ma serviva agli stronimi inca per prevedere i solstizi. Cerco di immaginarmi la vita in questo posto così isolato eppure così ricco di agricoltura e di cultura. Chissà come mai ad un certo punto è stato abbandonato…qui gli spagnoli non arrivarono mai e d’altro canto, vista la posizione, come avrebbero potuto ? Non risolverò certo io questo mistero per cui mi rimetto in moto e salgo nel punto più alto, oltre la casa dell’alto sacerdote. Da qui la natura dà il suo meglio e tutto il suo essere rigoglioso sembra riavvolgere machu picchu nella giungla…

Quattordicesimo giorno Ci eravamo accordati con il taxista, Ariel, del primo giorno a cusco per fare il giro della valle sacra. Poi ci siamo accordati con Chiara e Ale e da due siamo diventati quattro. Ale, però, il giorno prima aveva fatto azione di benchmarking e aveva scoperto che Ariel aveva chiesto un po’ troppo. Così si è messo a contrattare in quello che lui definisce il suo spagnolo romanesco e alla fine è riuscito a spuntare una cifra decisamente più buona e per di più da dividere ancora per due. A noi è andata più che bene, ariel era un po’ meno contento… Abbiamo viaggiato controcorrente rispetto ai flussi turistici canonici e così nabbiamo potuto visitare dei siti completamente nda soli, godendoceli al meglio. La prima tappa è stata pisaq , la cittadella inca. Tanto per tenerci un po’ in allenamento ci siamo fatti una bella scarpinata fino alla sommità. Io a dun certo punto mi sono arresa e mi sono fermata. Ale e Chiara, invece, hanno valicato la soglia e sono scesi dall’altra parte. Dalla sommità si possono ammirare, oltre alle rovine e ai terrazzamenti, il rio Kitamayo da una parte e la valle del rio chongo dall’altra. Il mercato di pisaq è molto celebre, ma a me a dir il vero non ha entusiasmato più di tanto, l’ho trovato turistico con solo qualche nota di verità. L’angolo della frutta e verdura un po’ in disparte dai souvenir. I ragazzi si sono buttati su una pannocchia da mordere , io mi dedicavo alle riprese e chiara… chiara …chiara non la trovavamo più! Ligi agli ordini di ariel dovevamo trovarci in un ounto preciso, nel traffico di auto, per poi ripartire , ma abbiamo tardato qualche minuto… Poco male, siamo ripartiti in direzione moray. Prima abbiamo fatto la sosta per il pranzo e contrariando di nuovo ariel che , ovviamente aveva i suoi ristoranti-aggancio, noi abbiamo insistito per andare in un posto consigliato dalla Lonely planet, il muse too di urubamba. L’accordo commerciale è stato che andava bene, ma noi lo invitavamo a pranzo…certo abbiamo trovato un bel tipo!! In effetti la sosta è stata una scelta intelligente abbiamo mangiato nachos, ali di pollo e hamburger ad un costo molto basso e praticamente da soli, senza pullman di turisti. Nel frattempo eravamo sempre dietro a discutere con ariel che non moriva dalla voglia di portarci alle saline, che però per me erano il principale obiettivo. Appena ci alziamo per uscire, arriva una bimba e aiuta a sparecchiare…

La strada per moray , lo ammetto, mi ha fatto paura. Decisamente ripida , scoscesa e senza l’ombra di una protezione. Certo il posto è a dir poco meraviglioso. Moray è celebre per i cerchi nel terreno. Noiente di alieno questa volta, erano gli esperimenti che facevano gli inca per capire il grado di umidità del terreno e il tipo di coltivazione che poteva avere più successo. Dopo moray siamo alla volta di salinas. Si paga un’ entrata per accedere all’area delle saline. La strada, se possibile, è ancora più brutta. Le saline le vediamo dall’alto. Il sale di maras è celebre ed è esportato all’estero. Il biancore riluce e grazie al sale assume molteplici colori. E’ molto bello, ma anche molto ventoso. Si gira l’auto e si riparte per l’ultima tappa: chinchero. Questo posto sembra una cartolina. Si salgono delle scalinate ci ritrova nella piazza della chiesa coloniale. E’ zeppa di bancarelle. Al di là della chiesa ci sono dei meravigliosi terrazzamenti. Ci fermiamo a comprare delle caramelle. Alla bancarella c’è una bambina che ci serve e poi appena ci allontaniamo torna a fare i compiti sul quaderno di scuola… L’ultima sera a cusco è finita come era iniziata ovvero a cena da Victor Victoria. I ragazzi provano il porcellino d’india che è la specialità nazionale. Non mi sembrano granchè entusiasti. Meglio la nostra scelta di fanciulle che ricade su una certezza : la sopa criolla ovvero una zuppa con pasta, uovo e pomodoro. Ci salutiamo. Noi il giorno dopo torniamo a lima, mentre loro hanno qualche giorno di avventuroso trekking e poi il macchu picchu. Ci salutiamo con la promessa di rivederci in italia

Quindicesimo giorno Dopo un volo interno, nel pomeriggio eccoci tornati a lima alla blue house a cercare Quique. Anche questa volta ci trova una “dependance “ in cui alloggiare. I nostri coinquilini sono due ragazzi austriaci che sono di passaggio a lima in quanto hanno come meta l’amazzonia. Ci sistemiamo e poi dedichiamo il pomeriggio alla scoperta della città. Sempre con un taxi, raggiungiamo il centro storico dove si trova il palazzo presidenziale. Lo si capisce subito anche per il dispiegamento di forze di polizia. La vera attrattiva del centro è però è il Monasterio di san Francisco. Si entra con le visite guidate. Il complesso è celebre per la biblioteca e per il gran numero di persone che vi persero la vita e delle quali nelle catacombe ci sono i resti. Un po’ macabro forse, ma testimonianza reale degli eventi passati. Ultimo giorno Ce la prendiamo con molta calma, girovaghiamo un po’ e ci dedichiamo allo shopping negli infiniti mercati di miraflores. La sera ci siamo accordati con Daniela e la raggiungiamo a casa sua dove tra una fetta di pizza e l’altra ci racconta un po’ la loro vita quotidiana in perù. Sono molto contenta di questo viaggio che oltre ad averci regalato dei paesaggi splendidi ci ha fatto conoscere tante persone e una realtà di vita così diversa dalla nostra. Non credo che potremo tornare in perù, ma certo questo viaggio ci ha aperto gli occhi sul sud america e spero tanto di avere ancora l’occasione di mettere piede in quelle terre così ricche di emozioni.



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