Intenso e ricco di emozioni: viaggio on the road in Perù alla ricerca delle meraviglie del mondo

Tanto atteso e desiderato, finalmente arrivato: un viaggio fai da te attraverso il Perù, toccando i luoghi più iconici, tra cui l’incredibile Machu Picchu, una delle sette meraviglie del mondo. Un itinerario di 17 giorni, intenso e ricco di emozioni, con poche pause e tanti chilometri percorsi.
Indice dei contenuti
Informazioni utili sul viaggio in Perù
Riepilogo spese
- Trasporti: $2.800 (aerei $2.050, treno $285, autobus $185, taxi-uber-tuktuk $280)
- Hotel: $600
- Escursioni e ingressi vari: $900
- Spese in loco varie (principalmente food and beverage): $900
Il Perù è un Paese che si regge su alcuni pilastri fondamentali, tra i quali spicca il turismo, alimentato soprattutto dalla presenza di Machu Picchu. Per questo motivo le agenzie turistiche che organizzano escursioni e tour sono numerosissime e le opzioni non mancano. In pratica, potete decidere se prenotare tutto in anticipo, cercando e contattando agenzie online, oppure organizzare sul posto con uno o due giorni di anticipo. L’unica eccezione riguarda Machu Picchu: il biglietto d’ingresso e il treno da Ollantaytambo ad Aguas Calientes (oggi rinominata Machu Picchu Pueblo, la porta d’accesso alla meraviglia del mondo) vanno acquistati con largo anticipo. Noi, ad esempio, abbiamo atteso fine maggio e le rutas numero 2 che scendono alla cittadella inca erano già sold-out.
Diario di viaggio in Perù
Giorno 0 – Partenza da New York
Volo diretto United Airlines da Newark a Lima per due persone, prenotato a metà maggio (1.290 dollari). La partenza da Newark (vivo negli Stati Uniti) si trasforma subito in un piccolo thriller: i tipici nubifragi estivi della costa est americana impediscono alla torre di controllo di darci l’ok al decollo. Restiamo bloccati a bordo per ore, in attesa di una rotta alternativa verso sud. Finalmente decolliamo alle 19, con quasi cinque ore di ritardo rispetto all’orario previsto (14:30). La coincidenza per Arequipa è già a rischio. Non proprio l’inizio che speravamo.
Giorno 1 – Arrivo ad Arequipa
Atterriamo a Lima alle 2 di notte. Il nostro volo per Arequipa (LATAM Airlines, 305 dollari, prenotato a fine maggio) parte alle 8:35. Siamo indecisi se passare le ore barboneggiando in aeroporto o sfruttare comunque l’hotel che avevamo prenotato a poca distanza. Scegliamo la seconda opzione, il letto, anche se ce lo potremo godere solo per pochissime ore. Prima però cambiamo un po’ di soldi in aeroporto (300 dollari = 920 sol, cambio 3.10, onesto). Il driver del Padama Hotel (48 dollari – 1 notte, con transfer incluso) ci recupera e ci porta in una zona di Lima non proprio rassicurante. Entriamo in camera e ci concediamo due ore di sonno.
Il volo per Arequipa parte puntuale e senza problemi. Alle 10 atterriamo e prendiamo un taxi per il nostro hotel in pieno centro, a due passi da Plaza de Armas e dal Monasterio de Santa Catalina: Hotel Los Balcones de Moral y Santa Catalina (57 dollari – 2 notti), carino e colorato ma affacciato su una strada un po’ rumorosa. Dopo un breve descanso, usciamo ad esplorare Arequipa, la Ciudad Blanca. Prima tappa: il meraviglioso Monasterio de Santa Catalina (45 sol a persona) dove ci perdiamo tra il rosso e il blu, accesissimi e bellissimi dei muri di questo monastero che pare piu’ che altro una piccola cittadella all’interno della città stessa. Pranziamo al Khao Restaurant, un locale trendy dalle influenze thai. Nel pomeriggio passeggiamo per la vivace Plaza de Armas ammirando l’imponente Cattedrale, poi ci rechiamo ai Claustros de la Compañía ed infine ci avventuriamo nel caotico Mercado San Camilo, un tripudio di bancarelle, voci e colori. Qui scopriamo ed assaggiamo succhi di frutta tropicale mai sentita prima d’ora.
Chiudiamo la giornata con una birretta al tramonto sulla terrazza di uno dei vari ristoranti turistici in Plaza de Armas, con vista privilegiata sulla Cattedrale e sui maestosi vulcani Misti e Chachani. A cena andiamo alla Picanteria Victoria, dove assaggio per la prima volta la carne di alpaca e la chicha morada, tipica bevanda peruviana a base di mais viola, anche se poi vengo a scoprire che berla di sera non è il massimo dato l’elevato contenuto di zucchero.
Giorno 2 – Laguna de Salinas
Sveglia presto per la nostra prima escursione, prenotata ieri tramite la reception: Laguna de Salinas, all’interno della Reserva Nacional de Salinas y Aguada Blanca. Tour di mezza giornata: 140 sol per due persone, più 20 sol per l’ingresso alla riserva. Il pick-up sarebbe previsto alle 5:30, ma già abbiamo un saggio dell’organizzazione creativa peruviana: attendiamo in reception tra notizie confuse finché, verso le 6, riceviamo una chiamata da un contatto a caso che ci dice di presentarci all’angolo di Plaza de Armas. Ci facciamo riconoscere e saliamo sul furgone.
La prima sosta è ad una tienda fuori Arequipa dove compriamo snack per la giornata e facciamo un pit-stop al bagno. Poi ci fermiamo al Mirador de los Volcanes, con vista romantica sui vulcani Misti e Chachani, teneri amanti stando alla leggenda, a discapito dell’incompreso Picchu Picchu, il terzo vulcano che si erge poco più distante e solitario.
Lungo il tragitto ci fermiamo ad osservare le vizcachas, una sorta di lepre con coda da scoiattolo, molte vicuñas e qualche guanaco. La strada offre una splendida vista del Picchu Picchu. Salendo di quota, la guida Patricia ci consiglia di iniziare a masticare le foglie di coca acquistate alla tienda: impariamo velocemente la tecnica, ci arrotoliamo tre involtini ogni 15/20 minuti resistendo agli iniziali conati di vomito fin tanto che finiamo quasi per abituarci al pessimo sapore.
Colazione spartana ma tipica in un’area remota gestita da una comunità locale: succo caldo di quinoa, mate andino e pane farcito con formaggio e avocado. Fuori tanti lama ed alpaca nutriti a pagamento da turisti impazziti.
Arriviamo finalmente alla Laguna de Salinas, specchio d’acqua salata popolato da fenicotteri, circondato da montagne brulle e pascoli di lama e alpaca. La guida si diverte a scattarci foto creative (anche con un pupazzetto di T-Rex!). C’è anche una pozza di acqua termale, ma non avendo i costumi ci limitiamo a lavarci i piedi dal fango. Il paesaggio è semplicemente meraviglioso.
Rientriamo ad Arequipa nel primo pomeriggio e pranziamo a La Lucha Sanguchería Criolla con un panino delizioso. Passeggiamo lungo Calle Mercaderes, visitiamo la Iglesia Santo Domingo, attraversiamo il Puente Bolognesi e saliamo al Mirador de Yanahuara. Il belvedere è occupato dal palco di una sagra locale, dove la gente numerosa si diverte tra cibo, musica e balli in abbondanza. Io cedo alla tentazione e provo finalmente il queso helado dopo averlo visto, negli ultimi due giorni, in vendita da ambulanti in ogni angolo di Arequipa.
Torniamo in Plaza de Armas passeggiando lungo il Malecon Bolognesi che fiancheggia il fiume, giusto in tempo per visitare la Cattedrale, che oltre al mattino apre al pomeriggio ma solo nella strana fascia serale 17-18.
Giorno 3 – Canyon del Colca
Il Canyon del Colca è una delle escursioni che avevamo deciso di prenotare prima della partenza, essendo nella parte iniziale del nostro viaggio. Abbiamo prenotato tramite il sito colcacanyontours-arequipa, scegliendo il tour di due giorni e una notte. Si tratta di un tour classico che il primo giorno prevede il pick-up dall’hotel di Arequipa al mattino presto, varie fermate lungo la strada per ammirare le diverse specie di camelidi e i punti panoramici sui vulcani, pranzo, pernottamento e cena folkloristica a Chivay, con pomeriggio dedicato alle hot springs nei dintorni. Il secondo giorno, invece, è quello che si trascorre effettivamente nella Colca Valley, con vari pit-stop panoramici fino ad arrivare al famoso Mirador Cruz del Condor. Lungo il tragitto si visitano anche i piccoli pueblos di Yanque e Maca. Il costo del tour varia a seconda dell’hotel scelto per il pernottamento a Chivay: da un minimo di 90 dollari a persona per l’hotel più basico fino a circa 250 dollari per l’eco-lodge. Noi abbiamo scelto l’opzione da 113 dollari a testa, con pernottamento all’hotel La Casa de Anita, proprio in piazza a Chivay. Abbiamo anche pagato un sovrapprezzo di circa 60 dollari per il trasporto opzionale fino a Puno, invece del rientro standard ad Arequipa.
La guida, Giovanni, ci recupera in hotel alle 7:30. Saliamo sul solito modello di furgone e, dopo aver raccolto gli ultimi compagni con cui condivideremo i due giorni, ci lasciamo definitivamente Arequipa alle spalle percorrendo la ruta 34A. La prima sosta è, anche stavolta, in una tienda per gli acquisti di rito (snack, bevande e bagno). Il secondo stop è lungo la strada, nella zona segnalata come Pampa Cañahuas, Zona de Vicuñas. Qui osserviamo ancora vicuñas e in lontananza alcuni guanacos. Le tipologie di camelidi sono spiegate con molta cura da Giovanni. Alle nostre spalle, una splendida vista del vulcano Chachani.
Proseguiamo fino al Cafè Tematico Inkawasi, dove la guida ci consiglia un mate andino per iniziare ad abituarci all’altitudine: stiamo infatti salendo sempre di più. Altro stop in una zona di alpaca e lama addomesticati, dove i turisti possono fotografare e accarezzare gli animali, lasciando in cambio una piccola mancia ai locali.
Raggiungiamo poi il punto più alto della giornata, il Mirador de Los Andes, a circa 4900mslm. Qui l’aria è pungente, la temperatura sfiora lo zero. La vista è spettacolare: a 360 gradi si ammirano i principali vulcani della zona, con vette tra i 5000 e i 6000m, coperte di neve. Il paesaggio è brullo, pietroso, di chiara origine vulcanica: suggestivo e molto bello. La strada in discesa verso Chivay regala panorami ancora più affascinanti: il grigio delle pietre lascia spazio al verde. Verso le 13 arriviamo al Restaurante Turistico Colca dove pranziamo con un buffet di circa un’ora. Poi ciascun partecipante viene accompagnato nel proprio hotel.
Dopo aver lasciato i bagagli a La Casa de Anita, ripartiamo per l’attività pomeridiana: Aguas Termales de La Roca, a circa venti minuti da Chivay. Le vasche di acqua termale (tra i 34 e i 44 gradi) sono incastonate tra il fiume e le montagne, alcune all’aperto e altre coperte. Molto suggestivo anche il ponticello sospeso di legno che bisogna attraversare per raggiungerle. Rimaniamo qui un’ora e mezza prima di rientrare a Chivay e prepararci per la cena folkloristica. La cena si svolge in un ristorante in piazza, quindi a due passi dal nostro hotel. Il menù è semplice, con poche opzioni, ma reso speciale dalla musica dal vivo di una band peruviana e dalle esibizioni di ballerini che interpretano danze tipiche della cultura del Colca dedicate all’amore, alla Pachamama (la Madre Terra) e ad altri temi. Alcuni commensali vengono coinvolti nelle danze o in piccoli riti propiziatori: io sono stato scelto per un rito di ringraziamento alla Pachamama (fortunatamente non per ballare!).
Giorno 4 – Canyon del Colca
Alle 6:30 partiamo per la Colca Valley. Il primo stop è nel pueblo di Yanque, dove alcune bambine in abiti tradizionali danzano intorno alla fontana della piazza, circondata da bancarelle di souvenir. Restiamo una ventina di minuti. Proseguiamo verso due punti panoramici: il Mirador de Achoma e il Mirador de Antahuilche, che regalano le prime vedute sulla verdissima valle, incastonata tra morbide montagne terrazzate non troppo alte. La vista ancora una volta è fenomenale. La meta principale della giornata è il Mirador Cruz del Condor, che raggiungiamo verso le 8:30/9:00. Qui la fortuna è dalla nostra parte: vediamo numerosi condor in volo, anche contemporaneamente. I maschi, più grandi e maestosi, hanno piume nere con ali bianche, mentre le femmine e i giovani, più piccoli, sono marroncini. Ammirarli mentre sorvolano il canyon (alto quasi 4000m) è uno spettacolo emozionante. Ogni apparizione suscita urla di stupore tra la folla, numerosa – com’è normale, dato che si tratta di una delle mete più celebri del Perù. Restiamo quasi due ore.
Sulla via del ritorno verso Chivay ci fermiamo ad un ultimo mirador e poi a Maca, dove resterà nel nostro cuore la foto con l’alpaca Fernando. Come Yanque, anche Maca è un piccolo pueblo turistico che permette ai locali di guadagnare qualcosa dai visitatori sulla rotta del condor. Qui Giovanni ci consiglia di assaggiare il Colca Sour, variante locale del celebre Pisco Sour, un cocktail preparato con il sancayo, il frutto del cactus che appare simile al kiwi sia per aspetto sia per sapore.
Pranziamo di nuovo a buffet, questa volta al ristorante Meztica. Poi torniamo verso Arequipa, ma per noi c’è il cambio di mezzo al Cafè Inkawasi (quello del mate andino di ieri). Qui aspettiamo il nuovo furgone per Puno, approfittandone per bere un altro tè alla coca. Partiamo verso le 15. La strada è asfaltata ma dissestata, quindi tutto il viaggio è traballante. Il traffico è intenso, ma l’autista guida fortunatamente con calma senza superare come un pazzo – a differenza di molti altri furgoncini – i tanti camion che rallentano la marcia. Le previste cinque ore diventano abbondanti. Lungo il tragitto ci fermiamo per fotografare ancora camelidi e per una breve sosta alla Laguna Lagunilla: vento fortissimo e freddo pungente ma panorama mozzafiato. Approfitto della sosta anche per comprare un maglione di lana peruviano e dei guanti caldi al negozio di artesania: sono leggermente preoccupato per la notte che ci attende al Lago Titicaca, ospiti di una famiglia locale.
Dopo aver smistato i passeggeri nei vari hotel e fatto un prelievo per saldare il tour, raggiungiamo finalmente l’Hostel Sol Andina Inn di Puno (83 dollari – 3 notti) verso le 21. L’hotel si trova in Avenida Simón Bolívar, non proprio in centro ma vicino al porto, in una zona vivace e affollata da venditori ambulanti di ogni genere, dalla mattina alla sera. Siamo stanchi morti, quindi saltiamo la cena e andiamo subito a dormire: domani ci aspetta un’altra levataccia.
Giorno 5 – Isole Uros e Amantani
Colazione classica: pane, burro, marmellata di fragole e tè alla coca. Poi prepariamo lo zaino per i due giorni che passeremo sulle isole. Decidiamo di tenere la stanza a Puno: domani rientreremo nel pomeriggio ed avendo il bus notturno per Cusco fissato alle 22, sarà comodo avere una base per lavarci e riposarci un poco. Abbiamo prenotato questa escursione già dall’Italia, tramite Titicaca Travel, scegliendo il tour di due giorni con pernottamento presso una famiglia di Amantani (50 dollari a persona). Le opzioni sono varie sia per il Lago Titicaca, sia per altre destinazioni. Come ormai consuetudine, il pick-up arriva con mezz’ora di ritardo. Un minivan ci porta al molo in pochi minuti, avremmo probabilmente fatto prima a piedi. Qui, nel solito caos organizzato, veniamo smistati tra decine di barche e fatti salire non su una di quelle libere e pronte in prima fila, piuttosto su una di quelle incastrate nel mezzo. C’è più gusto a farsi avanti speronando le altre. Alle 8:45 salpiamo. Il capitano ci spiega che stiamo navigando sul lago navigabile più alto del mondo. Attraversiamo alcune delle isole galleggianti degli Uros senza fermarci, per poi raggiungere l’isola Uros Titino. Ad accoglierci c’è Diego, il presidente, con la sua famiglia e gli abitanti della comunità.
Diego ci racconta con passione ed ironia la vita degli Uros: come costruiscono le isole di totora, le capanne, di cosa si nutrono e come si sostentano. Ascoltarlo è affascinante: il loro mondo è un universo lontanissimo dal nostro. Dopo la spiegazione, ci lasciano tempo per parlare con gli abitanti, giocare con i bambini e acquistare qualche oggetto artigianale. Lo facciamo con piacere: più che un souvenir, ci sembra un piccolo modo per ringraziarli dell’ospitalità. Riprendiamo il viaggio e, verso le 13, attracchiamo ad Amantani. Qui ci accoglie René, il nostro host, con un sorriso timido e sincero. Lo seguiamo lungo i sentieri in salita fino alla sua comunità, Ocosuyo. Giunti a casa sua, ci presenta la moglie, Maruja, e ci mostra le stanze: spartane ma accoglienti, con coperte pesanti e calde, proprio quello che speravamo.
Il pranzo, cucinato da Maruja nella minuscola cucina, è delizioso nella sua semplicità: zuppa di quinoa, seguita da patate con formaggio caldo. Poi ci concediamo un breve riposo, prima di affrontare l’escursione pomeridiana: René ci guida verso la cima di Pachamama. La salita non è difficile, ma l’altitudine si fa sentire. Lo sforzo viene ripagato da un tramonto mozzafiato: il cielo si accende di riflessi rossi e arancio, un mare infinito di luce che esalta la vastità del lago. Esprimiamo un desiderio di fronte al tempio e poi rientriamo con il buio che già avanza prepotentemente.
A cena ci aspetta ancora un pasto semplice ma preparato con cura: zuppa di patate, riso e naturalmente altre patate, alimento principe dell’isola. È sorprendente come riescano a trarre varietà e sapore dalle poche cose che hanno a disposizione. Dopo cena ci attende la parte più divertente: la famiglia ci veste con abiti tradizionali—poncho e berretto per gli uomini, camicia bianca a fiori e gonne coloratissime per le donne. In corteo raggiungiamo la casa del fratello di René, David che a sua volta sta ospitando altri visitatori. La serata si trasforma in festa: canti, flauti, tamburi, chitarre e danze coinvolgenti. Tutti noi ospiti, agghindati e un po’ impacciati, finiamo trascinati nell’allegria creata dalle famiglie di René e David. È un momento magico, autentico, che resterà impresso nella memoria.
Giorno 6 – Isola Taquile e Puno
Colazione ed è già tempo di salutare la famiglia di René, che con il suo solito timido sorriso ci accompagna al porto e attende con noi l’arrivo della barca, guidata sempre da Capitan Jorge, abbigliato con il tradizionale vestito bianco nero rosso degli abitanti di Taquile. Salutiamo René e suo fratello David, che a sua volta ha accompagnato i suoi ospiti. Entrambi rimangono a lungo con la mano alzata a salutarci dal molo mentre la lancia si allontana, lasciando una scia di schiuma, da Amantani che resterà per sempre un posto del cuore.
Attracchiamo a uno dei porti di Taquile, il Puerto Salacancha. Il capitano ci indica il sentiero da seguire e ci dà appuntamento nella piazza principale tra un paio d’ore. Saliamo lungo l’impervio camminamento in mattoni incrociando donne e uomini che salgono e scendono trasportando materiale vario sulla schiena. Dopo una ventina di minuti raggiungiamo la Plaza de Taquile, animata da musiche e balli che accolgono senza sosta i numerosi visitatori. Ci colpisce la fila di autorità locali, austeramente vestite di nero e sedute placidamente lungo un lato della piazza: non fanno altro che osservare i suonatori, con un’aria quasi solenne ma molto tranquilla. I danzanti invece indossano abiti bianchi con tocchi di colore, giallo rosso e nero.
La Plaza de Taquile regala anche un panorama magico sul lago Titicaca: calmo, blu, immenso. Tale da trasmettere una spontanea serenità. Abbiamo tutto il tempo per scattare fotografie da molteplici punti d’osservazione, riposarci un po’ e concederci un frullato di frutta con una fetta di torta.
Con il suo prevedibile ritardo, capitan Jorge ricompare in piazza e ci raduna per portarci a pranzo da My House, una casa ristorante con una tavola preparata all’aperto con vista ancora più incantevole e pacifica sul lago. Il pranzo, che era sostanzialmente l’unica spesa non inclusa nella nostra escursione, consiste in un primo e un secondo a scelta tra poche opzioni, la trota si rivela davvero squisita.
Fatto il pieno di energie, completiamo l’attraversamento dell’isola scendendo al Puerto Chilcano, mentre Capitan Jorge corre a grandi balzi in un’altra direzione per andare a recuperare l’imbarcazione (lasciata chissà dove) e ci raggiunge al porto. Da lì, due ore di navigazione ci riportano al molo di Puno.
Appena arrivati scattiamo una foto alla grande scritta Lago Titicaca e una volta resici conto che nessuno ci sta attendendo per riportarci in hotel, decidiamo di farci una passeggiata. Poco male: l’hotel è a pochi passi. Lungo Avenida Bolivar ci immergiamo in una vera e propria street jungle: bancarelle e venditori di ogni cosa, per lo più cibo, gente ovunque. Un caos meraviglioso.
Tenere la stanza d’albergo si rivela una scelta vincente: essendo solo metà pomeriggio, abbiamo il tempo di riposarci, lavarci e poi uscire a esplorare un po’ il centro di Puno. Passeggiamo per Plaza Mayor e visitiamo la Cattedrale, poi percorriamo Jr. Lima passando per il Parque Pino e la Iglesia de San Juan Bautista. Per cena ci fermiamo alla Pizzeria Richety: una pizza sorprendentemente buona, accompagnata da vino caldo speziato, praticamente un vin brulè tanto dubbio quanto perfetto per la serata. Si potrebbe aggiungere anche la scelta migliore tra quelle dei vari avventori: infatti c’è chi mangia la pizza bevendo cioccolata calda, chi succhi di frutta. Scelte strane, compresa la nostra.
Tornando verso l’hotel, restiamo stupiti nel vedere che i venditori ambulanti sono ancora lì, instancabili, dalla mattina presto fino a tarda sera. Decido di dargli fiducia prendendomi una mazamorra y arroz con leche, un dolce tipico davvero economico e delizioso, almeno la prima e la seconda volta, oltre non saprei.
Riprendiamo i bagagli e ci dirigiamo a piedi al Terminal Terrestre di Puno. Paghiamo una tassa di viaggio davvero difficile da pronosticare, fortunatamente solo 1.60 sol a testa. Ci orientiamo tra la confusione generale fino a trovare il punto d’imbarco del nostro autobus notturno Cruz del Sur con destinazione Cusco che parte puntualmente alle 22. Luci spente, sedile abbassato, si dorme!
Giorno 7 – Cusco
L’autobus scorre immerso nel buio più totale facilitando il sonno. Alle 4:30 del mattino, con mezz’ora d’anticipo, arriviamo a Cusco. Attendiamo invano per quasi un’ora l’autista dell’hotel con cui avevamo concordato il pickup nei giorni precedenti. Ad una certa, ci arrendiamo e saliamo su un taxi che ci porta al nostro alloggio, Hospedaje La Estacion San Pedro (115 dollari – 5 notti). Suoniamo il campanello e bussiamo più volte alla porta finche’ un ragazzo si sveglia e ci apre. Poco dopo, ancora assonnata, compare la proprietaria: un’anziana signora tenerissima che ci accompagna alla nostra camera e ce ne fa prendere possesso immediatamente invitandoci a riposare. Non ci speravamo nemmeno di poter fare un check-in così anticipato: una piccola, graditissima sorpresa. Senza indugiare, ci buttiamo a letto e dormiamo qualche ora.
Ci risvegliamo in tarda mattinata, finalmente riposati, pronti a scoprire le vie acciottolate di Cusco. La prima tappa è il Mercado San Pedro, a pochi minuti a piedi. Un luogo vivo, rumoroso e colorato, pieno di profumi e di banchi colmi di prodotti di ogni genere. È domenica e le bancarelle non si limitano alla struttura coperta, ma invadono anche le strade circostanti. Rimaniamo colpiti dal cuy arrostito, il porcellino d’India, che qui rappresenta un piatto tradizionale. Facciamo colazione in uno degli stand interni e poi riprendiamo la nostra passeggiata. Tra chiese e piazze, tocchiamo l’Iglesia San Pedro, l’Iglesia San Francisco con la sua piazza, Plaza Recocijo e la Basilica de la Merced. Arriviamo quindi alla splendida Plaza Mayor, cuore pulsante della città, ma troviamo le chiese ancora chiuse. Decidiamo allora di proseguire lungo la via Loreto, che conduce al Corikancha, l’antico Tempio del Sole, anch’esso chiuso a quell’ora.
Raggiungiamo la Piedra de los 12 ángulos, una delle attrazioni più fotografate di Cusco: un enorme blocco di pietra incastrato nel muro con dodici angoli perfettamente combacianti, testimonianza delle straordinarie e misteriose capacità costruttive degli Inca. Tornati in Plaza Mayor, acquistiamo un biglietto cumulativo da 40 sol che ci permette di visitare la Catedral, la Sagrada Familia e la Iglesia del Triunfo, tutte affacciate sullo stesso lato della piazza. Subito dopo entriamo nella Iglesia de la Compañía de Jesús (12 sol), dai cui torrioni si apre una splendida vista sulla cattedrale e sull’intera Plaza Mayor. Quando finalmente il Corikancha apre, lo troviamo già affollato. Con il biglietto da 20 sol entriamo nel chiostro e nelle sale interne, affacciandoci sul Jardín Sagrado, accessibile però solo con l’ingresso al museo (che saltiamo). All’uscita visitiamo anche l’adiacente Iglesia de Santo Domingo.
Per pranzo ci fermiamo da Ricos Ricos, una delle tante pollerie che pullulano in città: pollo arrosto servito con riso bianco e papas, semplice e buonissimo. Ricaricati, ci dirigiamo verso il Barrio de San Blas. Troviamo purtroppo chiusa l’omonima chiesa, ma la piazzetta è graziosa e, proseguendo, raggiungiamo la pittoresca Calle Tandapata, colorata e bohemienne, e il Mirador de San Blas che regala una bella vista sui tetti della città. Non ancora stanchi, decidiamo di allungarci fino al Barrio de San Cristóbal e alle rovine di Saqsaywaman – che i turisti chiamano scherzosamente Sexy Woman. La salita non è troppo dura, ma l’altitudine sopra i 3000 metri si fa un po’ sentire. Arriviamo quasi all’orario di chiusura e scegliamo di non entrare, preferendo salire fino al Cristo Blanco, da cui si ammira Cusco dall’alto, circondata dagli altipiani.
La discesa ci porta al Mirador de San Cristóbal, dove ci imbattiamo in una festa di quartiere gremita di gente, simile a quella già trovata ad Arequipa. Poi finalmente torniamo in hotel, esausti ma appagati. Prima di andare a dormire, non resisto: sgattaiolo fuori e mi concedo degli spiedini di strada, succulenti ed economici, comprati vicino al Mercado San Pedro. La giornata si chiude così, con la città ancora viva ma meno rumorosa e la sensazione che Cusco abbia molto altro da svelare.
Giorno 8 – Rainbow Mountain
Oggi ci aspetta un’escursione speciale: le montagne arcobaleno. L’abbiamo prenotata da casa tramite l’agenzia Machu Picchu Reservations (54 dollari). Non abbiamo scelto la montagna più famosa, Vinicunca, troppo affollata, ma Palcoyo, che promette paesaggi altrettanto spettacolari e un po’ meno gente. La giornata però non inizia nel migliore dei modi. Sveglia all’alba: il pick-up era previsto tra le 4:30 e le 4:50, ma nessuno si presenta. Dopo telefonate e messaggi, prima ci dicono di attendere in hotel, poi di spostarci davanti al Mercado San Pedro. Finalmente, alle 5:30, un altro tizio a caso in auto ci recupera: non lo ammettono ma si erano semplicemente dimenticati di noi. L’autista rincorre il van già partito e lo raggiungiamo alle porte di Cusco, salendo a bordo con un sospiro di sollievo. Aaah la fantastica organizzazione peruviana.
Il tragitto dura tre ore. Cerchiamo di dormire. Dopo due ore, facciamo una sosta per la colazione a Cusipata, in un piccolo ristorante senza finestre illuminato dal fresco sole del mattino. Qui conosciamo Brice, un francese che viaggia da solo e parla un ottimo italiano. Ripartiamo e la strada si fa subito più selvaggia: uno sterrato movimentato che ci porta, in un’ora, fino a Palcoyo.
All’ingresso (15 sol a testa) la guida ci spiega il percorso: un anello di circa 3 km. Ci avviamo lentamente, perché l’altitudine si fa sentire fin da subito. Lo scenario è magico: tre montagne colorate, sfumature minerali che brillano sotto il sole, e qua e là branchi di alpaca e lama che si lasciano fotografare con eleganza. Sullo sfondo, dietro la tavolozza di colori, spuntano le cime innevate dei ghiacciai.
Camminiamo in compagnia di Brice e di Patricia, anche lei viaggiatrice in solitaria, di Lima. La salita non è troppo ripida ma l’altitudine rende ogni passo impegnativo. Arriviamo in vetta, a 4975mslm, provando enorme soddisfazione. La vista è semplicemente mozzafiato. Brice la definisce come una delle top 5 views ever. Difficile dargli torto. Torniamo al minibus, aspettiamo il resto del gruppo e partiamo fermandoci per il pranzo a buffet nello stesso ristorante della mattina. Rientriamo a Cusco verso le 17:30, stanchi ma felici.
Per cena scegliamo il ristorante Moray. Io mi tolgo la curiosità di assaggiare il famoso cuy, la cavia andina: cucinata al forno e senza testa quindi più abbordabile rispetto a quelle integre arrostite dei mercati e delle sagre. Il sapore è particolare, ma non male. Giulia invece opta per la carne d’alpaca: ottima scelta! Consigliatissimo questo locale. La giornata si conclude organizzando la giornata seguente. Contattiamo al volo Juan Carlos, tassista privato consigliato dalla Lonely Planet: nonostante il preavviso minimo, ci conferma la disponibilità. Domani ci aspetta la Valle Sacra.
Giorno 9 – Valle Sacrado
Alle 6:40 in punto, Juan Carlos è sotto l’hotel. Puntualissimo, gentile e preparato: oggi sarà la nostra guida privata per un tour che comprende Chinchero, Salineras de Maras, Moray e Ollantaytambo. Solo andata perché’ da Ollantaytambo prenderemo il treno per Aguas Calientes. Prezzo concordato: 230 sol. La differenza rispetto alle escursioni di gruppo si sente subito. Juan ci racconta storie e curiosità, si ferma nei punti panoramici più belli e ci lascia godere con calma la valle.
Arrivando a Chinchero, ci indica l’area dove stanno costruendo il nuovo aeroporto internazionale, che sostituirà l’attuale piccolo scalo nazionale che si trova sostanzialmente incastrato dentro la città. Essendo mattinieri, ci troviamo davanti un paese ancora tranquillo, prima che arrivino i pullman turistici. All’ingresso del sito archeologico acquistiamo il boleto turístico parcial (70 sol a testa), che consente di visitare Chinchero, Moray, Ollantaytambo, Pisac (che non vedremo) e Sacsayhuamán, che avevamo intravisto solo da fuori a Cusco. A differenza del biglietto completo che dura più giorni e credo costi circa il doppio, questo vale un solo giorno. Chinchero ci conquista subito. Dall’antica piazza, dominata dalle rovine del Templo de Nuestra Señora de la Natividad, si aprono vedute sui terrazzamenti verdi e sulle montagne circostanti. Le donne del posto, vestite con abiti tradizionali, iniziano a stendere a terra i loro souvenir colorati. Ne approfitto per comprare un braccialetto, piccolo ricordo ma anche ringraziamento per le foto che si sono lasciate scattare.
Proseguiamo veloci, mantenendo il vantaggio sulla folla. Una sosta al MachuQolqa viewpoint ci regala una vista spettacolare sulla Valle Sacra. Poi raggiungiamo le Salineras de Maras. Lo spettacolo delle oltre tremila vasche bianche che scendono lungo la montagna è ipnotico: 20 sol l’ingresso, un biglietto che vale ogni centesimo. Prima di uscire, impossibile resistere a qualche acquisto: cioccolato e sale locale. Attraversiamo il pueblo di Maras e arriviamo alla Zona Arquelogica de Moray, il misterioso sito delle terrazze concentriche. Nessuno sa con certezza quale fosse il loro utilizzo, ma il fascino del luogo è intatto. Giulia si sbizzarrisce ad ipotizzare e validare o confutare teorie da lei stessa elaborate. La nuova saga Chitangela ha così inizio, ma questa è un’altra storia. Infine, dopo strade serpeggianti tra montagne e vallate, eccoci ad Ollantaytambo, attorno alle 13. Juan ci lascia qui e si congeda, non senza un ultimo sorriso tra l’ironico e il disperato mentre si rituffa nel traffico caotico per uscire dal paese. Non disperare Juan, sarai sicuramente a casa per cena.
Noi affidiamo gli zaini ad un bar in cambio di una bibita e alcune empanadas e visitiamo il sito archeologico: imponenti mura inca, terrazze che si arrampicano verso il cielo e panorami grandiosi. Bellissimo. Una volta usciti, dopo un rapido giro tra le infinite bancarelle di Plaza Araccama, ci fermiamo a bere qualcosa di fresco per recuperare energie residue che ci sono utili per decidere di salire verso i Qolqas Graneros sul versante della montagna opposta a quella del sito archeologico. Non arriviamo fino in cima ma già a metà strada, questa vista alternativa sul sito e sul paese è altrettanto spettacolare, specie col sole calante. Dopo una lunga giornata e una marea di cose viste rimaste negli occhi, è finalmente ora di pensare al treno. Lungo la strada verso la stazione, circa 1 km, ci fermiamo a un chiosco e gustiamo una semplice ma ottima cotoletta di pollo impanata preparata da una signora sorridente alla quale portiamo clienti grazie alla nostra seduta.
L’area della stazione è molto più caotica del previsto. C’è una fila infinita di locals seduti lungo la strada ad aspettare non si è capito bene quale treno. Per fortuna non lo stesso nostro che alle 19 parte puntuale. Fuori è ormai buio, così il paesaggio rimane nascosto. Dopo poco più di un’ora arriviamo nel caos di Aguas Calientes, ufficialmente ribattezzata Machu Picchu Pueblo. Raggiungiamo il nostro hotel, l’Inti Pacha Palace (78 dollari – 1 notte), riceviamo tutte le informazioni per la grande visita e finalmente ci sistemiamo in camera. Domani è il giorno tanto atteso: Machu Picchu!
Giorno 10 – Machu Picchu
La sveglia suona alle 4. Lasciamo gli zaini grandi in reception e ci avventuriamo fuori. Raggiungiamo Avenida Hermanos Ayar: Giulia si mette in fila per l’autobus, io invece per la biglietteria, che apre alle 5. Ricordatevi: serve il documento d’identità. Il biglietto andata ritorno costa 24 dollari a testa. Gli autobus non mancano, e nemmeno i visitatori. I primi partono verso le 5:30. Il tragitto dura circa 25 minuti: la strada è stretta e serpeggia tra le montagne, meglio non guardare giù. Intanto il buio si dissolve e dal finestrino affiora un profilo familiare. L’emozione cresce.
Abbiamo acquistato l’ingresso delle 6 per la ruta 1A. C’è un po’ di coda, ma tutto scorre ed entriamo puntuali. Seguiamo il percorso ed… eccolo lì: Machu Picchu che appare come un miraggio davanti a noi, maestoso. Il nostro biglietto non consente di scendere nella cittadella, ma i punti panoramici sono ugualmente meravigliosi. L’alba riflette una luce incredibile sulla città perduta, una luce che si accende ancora di più man mano che le nuvole lasciano spazio al sole del mattino. Restiamo senza parole, scattiamo foto a raffica. Non vorremmo andarcene mai da quella vista.
La seconda parte del nostro percorso prevede la salita alla cima di Montaña Picchu. Decidiamo di affrontarla e si rivela una vera sfida: solo 4 km tra andata e ritorno, ma quasi 2000 gradini e un dislivello di circa 600m. Per fortuna il sole ci concede tregua ma le soste obbligate per riprendere fiato sono molteplici. Giunti in cima, a 3032mslm, la vista è ampia e spettacolare: Machu Picchu sembra lontanissimo, circondato da montagne appuntite e rigogliose. Scendendo, sarebbe bello tornare ai primi punti panoramici ma la stanchezza prende il sopravvento e optiamo per dirigerci verso l’uscita. Seguendo il percorso riusciamo comunque ad avvicinarci un po’ alla cittadella e a rubare alcuni scatti da vicino. In tutto, siamo rimasti nel sito dalle 6 alle 11: cinque ore indimenticabili.
Appena fuori, ci fermiamo al bar-ristorante per rifocillarci, poi affrontiamo con pazienza la lunga coda per l’autobus di ritorno. Nel primo pomeriggio siamo di nuovo ad Aguas Calientes: foto di rito con la mega scritta Machu Picchu, visita alla chiesetta in piazza ed esplorazione del mercato artigianale — così grande che nasconde persino la stazione ferroviaria. Ne approfittiamo per comprare qualche souvenir. In hotel ci rilassiamo nella hall, sfruttiamo il Wi-Fi per prenotare il volo Cusco–Lima di dopodomani (un salasso ma volevamo restare flessibili e la flessibilità si paga). Prenotiamo anche l’escursione alla Laguna Humantay per domani.
Verso le 17 ripartiamo con lo stesso trenino panoramico del giorno prima: alla luce del sole le montagne e il fiume che scorre accanto ai binari sono ancora più suggestivi. Qua e là, antichi terrazzamenti inca. Arrivati a Ollantaytambo, prendiamo colectivo (taxi condiviso) che per 15 Sol a testa ci riporta a Cusco in un paio d’ore. I colectivos si trovano appena fuori dalla stazione, lungo la strada che rientra in paese: impossibile non notarli, sulla destra. Veniamo lasciati in Plaza Regocijo. Ceniamo al volo in una polleria e rientriamo all’hotel esausti ma felici.
Giorno 11 – Laguna Humantay
Un’altra sveglia all’alba, l’ennesima. L’escursione l’abbiamo prenotata ieri con Vilka Expedition (52 dollari). Il pick-up è fissato alle 4:30 in Plaza de Armas: questa volta tutto fila liscio, la guida ci trova subito e ci accompagna al nostro mezzo. Ci attendono tre ore di strada, perfette per un pisolino interrotto soltanto dalla sosta per la colazione, dopo circa due ore di viaggio. Il punto di partenza del trekking è Soraypampa. La strada per arrivarci è probabilmente la più impressionante percorsa finora: tratti stretti, senza protezioni, e il precipizio lì, a un passo. Poco prima di arrivare, la guida raccoglie i 20 sol a testa per l’ingresso. Parcheggiamo, scattiamo una foto di gruppo, scegliamo un nome per identificarci – Águilas – e partiamo. Sono circa le 9. Il trekking prevede 8-9 km totali, con un dislivello di quasi 500m. Ma la vera sfida, come al solito, è l’altitudine: siamo oltre i 4000mslm. Per chi non se la sente o non ce la fa, è possibile noleggiare un cavallo dai locals e farsi portare in groppa da queste povere bestie – che faticano al posto degli sfaticati – fino a pochi passi dalla laguna.
Fin dall’inizio il paesaggio è grandioso: davanti a noi si staglia la cima innevata del Salcantay. Non a caso Soraypampa è anche il punto di partenza del famoso Salkantay Trek, cinque giorni e 72km tra le Ande fino a Machu Picchu. L’aria rarefatta ci costringe a frequenti pause, ma con passo costante raggiungiamo la laguna poco prima delle 11. Le acque brillano di mille sfumature di turchese e verde, riflesse sullo sfondo candido del Nevado Humantay. La guida ci racconta che questo ghiacciaio si sta purtroppo consumando velocemente, vittima del riscaldamento globale. Abbiamo tempo per goderci il panorama da diversi punti, prima di radunarci con il gruppo per una spiegazione della nostra guida, qualche foto e la costruzione di una piccola torre di pietre, simbolo di buon auspicio e abbandono delle preoccupazioni.
La discesa è rapida e alle 13 ripartiamo, pranzo alle 14 e intorno alle 18 siamo di nuovo in Plaza Regocijo, stanchi ma soddisfatti di non aver ceduto alla stanchezza accumulata ed esserci goduti un’altra bellissima escursione. La giornata si chiude con una cena in Plaza de Armas, al Sacrado Restaurante.
Giorno 12 – Cusco e Lima
Per fortuna oggi nessuna sveglia suona. Il nostro volo per Lima parte nel pomeriggio e la mattina è tutta nostra. Mattina che parte in modo decisamente assurdo: appena uscito dalla lavanderia di fronte all’hotel, un piccione decide di battezzarmi sulla spalla. Il dubbio che avevo se lavare o meno la felpa viene sciolto seduta stante ed in scioltezza torno alla lavanderia ad aggiungere un capo. Pazzesco.
Ci fermiamo all’Inca Gold Hostel, in fondo alla via, per un ottimo cappuccino. Poi ci lasciamo trascinare ancora una volta nell’universo del Mercado San Pedro. Beviamo un succo tropicale nella zona jugos, poi girovaghiamo tra le bancarelle ed io cerco di fotografare volti e scene di vita quotidiana. Acquistiamo qualche altro ricordo da portare a casa poi usciamo passeggiando tranquillamente nella zona circostante notevolmente affollata soprattutto di negozi di scarpe, zaini e vestiti.
Sulla via del ritorno, rientriamo nuovamente nel Mercado perché è rimasta la curiosità di provare il famigerato jugo especial con malta, un succo denso e scuro, carico di frutta impreziosita da un tocco di birra scura. Una vera bomba calorica, perfetta come pranzo.
Rientriamo in hotel dopo aver ritirato il bucato alla laundry (in due ore ti lavano i vestiti). La signora che ci aveva accolto ci saluta con tanta dolcezza prima di chiamarci gentilmente un taxi che ci conduce in mezz’ora all’aeroporto, incastonato nel cuore della città. Si capisce perché’ ne stiano costruendo un altro. Il volo Latam decolla puntuale alle 16 e in poco più di un’ora siamo nuovamente a Lima. Prendiamo un taxi (78 sol) che ci conduce all’Hilton Garden Inn Miraflores (pagato con i miei punti Hilton) in circa un’ora dato il traffico congestionato che occorre affrontare per attraversare la città – un po’ a tutte le ore bisogna dire.
Ceniamo a Miraflores all’Huambra Cucina Amazonica, ristorante peruviano con influenze amazzoniche come si capisce dal nome. Cibo ottimo e locale con bellissimi disegni all’interno.
Giorno 13 – Lima
Giunti a questo punto del racconto nonché’ del viaggio, occorre fare una precisazione. L’idea originaria prevedeva dopo Cusco, il ritorno a Lima per poi spostarsi subito verso nord a Huaraz (7-8 ore di bus da Lima, nessun aereo diretto da Cusco) oppure verso sud a Paracas (3 ore di bus da Lima). Dopo tanti giorni di escursioni e sveglie all’alba però, decidiamo di rallentare il passo ed anticipare la giornata defaticante a Lima. Rinunciamo a Huaraz data la distanza ed il tempo a disposizione. Ci godiamo la colazione da signori dell’Hilton con molta calma, poi usciamo e raggiungiamo in pochi passi il Parque del Amor e le scogliere di Miraflores dove nella zona del parapente alcuni coraggiosi attendono il vento giusto per lanciarsi. Passeggiamo lungo il Malecon de Miraflores fino al faro poi torniamo sui nostri passi e con una bella passeggiata di qualche chilometro arriviamo a Barranco, passando prima dal Larcomar un centro commerciale sul mare dove ci fermiamo a bere un espresso alla Nespresso.
Percorrendo il Malecon Souza arriviamo alla bella colorata e diroccata Iglesia de la Ermita e al Puente de los Suspiros. Proseguiamo verso Plaza de Armas de Barranco per poi tornare al ponte da dove imbocchiamo la Bajada del los Banos che, come dice il nome stesso, scende verso la spiaggia ed il mare. Barranco è un quartiere colorato, vivace, pieno di murales e scorci bohemien. Pranziamo con vista mare a base di pesce alla Rustica, osservando surfisti che sfidano le onde mentre il vento spazzola l’aria fresca. Rientriamo con un Uber in hotel e ci tuffiamo nella piscina sul rooftop. L’acqua purtroppo non è molto calda, quindi si tratta di un bagnetto molto veloce.
Nel tardo pomeriggio passeggiamo al Parque Kennedy, dove assaggiamo i picarones (ciambelle fritte) di Picarones Mary, che avevo visto nella serie Netflix Street Food Latino America. Molto buoni, molto poco salutari. Proseguiamo la nostra camminata fino a raggiungere l’Inka Market, un mercato di artesania con tantissimi negozi che vendono praticamente tutti le stesse cose. Oltre all’Inka Market, nella stessa zona ci addentriamo anche nel Mercado Artesanal, nel Peruvian Market, insomma ce ne sono vari tutti attaccati.
Torniamo in direzione hotel mentre decidiamo dove andare a cena. La voglia di pizza torna a farsi sentire quindi troviamo ed optiamo per L’Autentica Pizza, in calle San Martin. Vera pizza napoletana, molto buona. Prima di rientrare, decidiamo di camminare ancora e riattraversiamo il Parque Kennedy, poi girovaghiamo tra Pasaje San Ramon, Calle Berlin e Calle Libertad, caotiche, piene di locali, ristoranti, murales colorati e musica ad alto volume.
Giorno 14 – Paracas
Dopo aver speso la prima parte della mattinata tra un’abbondante colazione in hotel e quattro passi al Parque del Amor, il nostro viaggio prosegue verso sud. Con i biglietti Cruz del Sur prenotati ieri (65 sol a testa), partiamo per Paracas, tre ore di tragitto lungo il quale ammiriamo l’oceano da un lato e dune desertiche dall’altro.
Appena giunti alla stazione di Paracas, troviamo un passaggio per il Bamboo Resort Hotel (158 dollari – 2 notti) che dista un paio di chilometri dal paesino. Prendiamo possesso del nostro alloggio, un simpatico bungalow con due camere da letto intramezzate da un bagno. Abbiamo scelto di venire qui perché si fa kitesurf, anche se agosto non è il periodo di alta stagione per il vento. Il resort è molto tranquillo e praticamente non c’è nessuno. Andiamo a esplorare l’area delle piscine e la spiaggia. Il sole sta già calando ma il vento regge, infatti in acqua ancora si divertono alcuni kiters con la luce del tramonto a fargli da sfondo. Tutto molto bello, speriamo ci sia vento anche domani. Con un tuk-tuk, Bangkok-style, torniamo in centro e passeggiamo sul lungomare – Malecon – dove si concentrano tutti i ristoranti. Ci lasciamo guidare dal profumo della griglia e ceniamo con polpo e pesce fresco. Rientriamo al resort con un altro tuk-tuk decorato con luci blu ed adesivi di Goku e Vegeta di Dragon Ball.
Giorno 15 – Paracas
Le previsioni meteo non sono incoraggianti in termini di probabilità di vento. E ti pareva. Possiamo dedicare la mattinata ad un’escursione che abbiamo prenotato la sera prima in un’agenzia del centro: tour in minibuggy alla Reserva Nacional de Paracas (120 sol, circa due ore). Alle 9 partiamo: siamo solo tre buggy e l’esperienza è davvero divertente. Guidare tra sterrati e dune che si affacciano sull’oceano è emozionante. Facciamo tre soste: Playa Yumaque, Playa Roja ed un mirador panoramico di cui mi sfugge il nome. Ci alterniamo alla guida, ridendo e derapando. Giulia è indiavolata e mi stringo la cintura.
Rientriamo ad El Chaco – fun fact: El Chaco vero nome di Paracas in quanto Paracas è soltanto il nome della Reserva – e con un tuk-tuk torniamo al Bamboo Resort. Passiamo il resto della giornata in piscina in attesa del vento che purtroppo non arriverà mai. Ne approfittiamo per rilassarci e organizzare la prossima escursione e la prossima tappa del viaggio: Islas Ballestas ed Ica. La sera torniamo al Malecon e ceniamo al Puerto Ballestas.
Giorno 16 – Islas Ballestas e Huacachina
Alle 8 siamo già al molo turistico di El Chaco per l’escursione alle Isole Ballestas, affettuosamente ribattezzate da alcuni le Galapagos dei poveri. Prima tappa: il Candelabro, una grande incisione misteriosa sulla sabbia, simile alle linee di Nazca, che si trova all’altezza della Reserva Natural. Poi navighiamo verso le isole accompagnati da numerosi delfini che ci nuotano attorno. Giunti alle Ballestas, non abbiamo la fortuna di vedere pinguini, soltanto uno affacciato in cima ad una roccia piuttosto lontana, ma vediamo dei simpatici leoni marini in perfetta posa su uno scoglio oltre a una moltitudine di volatili.
Dopo il rientro ci concediamo un espresso sul lungomare, poi torniamo al resort a fare i bagagli. Abbiamo ancora tempo per rilassarci prima di dirigerci alla stazione verso le 14 dove prendiamo un altro bus Cruz del Sur (prenotato la mattina stessa, 60 sol a testa) che in un’ora ci porta ad Ica.
Lasciamo i bagagli al El Huerto Hostel (38 dollari – 1 notte) e prendiamo subito un taxi che ci porta all’oasi di Huacachina, dove arriviamo in circa venti minuti. Decidiamo di non fare il giro in buggy ma di salire a piedi su una delle dune più alte. Giulia si arrampica con leggerezza mentre io sono in affanno. Arrivati lassù la vista ripaga dello sforzo appena fatto: l’oasi senza senso contornata da palme, dune morbidissime e soffici che ci circondano e per finire il cielo che si colora al tramonto di un arancione clamoroso. Scendere è molto meno faticoso che salire, i passi si trasformano in balzi e in un batter d’occhio siamo all’oasi. Saliamo sul primo tuk-tuk disponibile che ci riporta nel caos di Ica, un traffico pazzesco, tuk-tuk che si infilano in spazi non immaginabili. Only the braves! Ceniamo al Ristorante Venezia dove, dopo aver mangiato gnocchi decenti, decido di rovinare tutto ordinando una pizza che si rivela indecente.
Giorno 17 – Ica
Oggi sarebbe l’ultimo giorno di viaggio: ci aspetta l’aereo per tornare negli Stati Uniti alle 23. Abbiamo quindi tutta un’altra giornata a disposizione. Dopo la colazione in hotel, decidiamo di esplorare Ica, ma la città non offre molto, per usare un eufemismo. L’unica tappa degna di nota è il Santuario Nacional del Señor de Luren.
Decidiamo quindi di prendere un taxi e ci dirigiamo alle bodegas nei dintorni, ovvero le cantine che producono vino e Pisco, il liquore nazionale, simile a una grappa. Prima visita alla Bodega Pisco Nietto, gratuita ma troppo veloce, con degustazione finale che in buona sostanza sarebbe l’unico motivo per visitarla. Non del tutto soddisfatti, chiediamo al tassista, che nel frattempo è rimasto ad aspettarci, di portarci alla Bodega Tacama, una delle più antiche. Qui scegliamo il tour standard con degustazione (25 sol a testa): il tour questa volta è ben strutturato, location suggestiva e assaggio di quattro vini più un pisco. Un’esperienza piacevole che si rivela una chiusura perfetta del nostro viaggio. Una conclusione a suon di brindisi.
Il nostro fido taxista ci riporta in hotel a recuperare i bagagli e poi al terminal terrestre Cruz del Sur dove alle 14 abbiamo l’autobus che ci riporta a Lima in circa 4 ore. Il timing è perfetto perché’ alle 18 saremo in stazione a Lima e da lì in circa un’oretta all’aeroporto. Tutto fantastico se non fosse che una notifica mi avvisa che il volo è in ritardo, poi una seconda notifica sentenzia che il volo è cancellato. Se ne riparla domani, il volo è infatti rinviato alla mattina seguente per imprecisate problematiche con l’equipaggio a Newark. Prenotiamo quindi al volo un hotel vicino all’aeroporto, Hotel LimaQ (64 dollari – 1 notte) dove arriviamo con un Uber verso le 20. Il traffico di Lima è veramente orribile. Ceniamo in zona, al Restaurante El Arrayan con un bel petto di pollo e immancabili papas fritas.
Giorno 18 – Ripartenza
Sveglia presto ma non prestissimo, l’aereo parte alle 10:30. Tempo di una bella colazione in hotel, poi con un Uber raggiungiamo comodamente l’aeroporto in dieci minuti. Stavolta partiamo sul serio, nessun imprevisto. Il viaggio finisce qui, ma non le sensazioni che ci ha lasciato. Posti senza senso e persone cordiali, un’avventura intensa che resterà per sempre vivida nel nostro cuore e nei nostri ricordi.
