Islas Canarias: Fuerteventura e Lanzarote

Spiagge da sogno in uno scenario da film, tra vulcani e colate laviche.
Scritto da: federica21
islas canarias: fuerteventura e lanzarote
Partenza il: 09/07/2010
Ritorno il: 19/07/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Islas Canarias: Fuerteventura e Lanzarote

Prenotiamo il nostro volo A/R sul web e testiamo la nuova rotta Ryanair Pisa-Fuerteventura. Atterriamo nel pomeriggio di un cocente venerdì nell’isola dell’arcipelago delle Canarie più vicina al deserto del Sahara, Fuerteventura appunto.

Usciti dall’aeroporto ci aspetta il bus numero 3 che ci porta alla capitale Puerto del Rosario; al capolinea cambiamo autobus e prendiamo il numero 6 che ci porta a Corralejo, la sede del nostro primo pernottamento. L’autobus percorre una strada che attraversa il Parque Natural de Corralejo in un suggestivo scenario: alla vostra sinistra una distesa di dune di sabbia bianca mentre a destra la costa oceanica con spiagge caraibiche battute dal vento.

La mattina del sabato prendiamo il primo traghetto della compagnia Armas verso Lanzarote (34 euro A/R).

Lanzarote si trova a nord di Fuerteventura; è un’isola quasi priva di vegetazione e i colori dominanti sono il marrone, il rosso e il nero, tipici di un paesaggio di natura vulcanica, per questo è soprannominata “la isla del fuego”. Al nostro arrivo noleggiamo un auto per quattro giorni, il tempo perfetto per visitarla a fondo. Decidiamo di concederci un po’ di relax in spiaggia e percorriamo una strada sterrata ma molto battuta nella punta sud-orientale per raggiungere Playa Papagajo, Playa del Pozo e Playa de las Mujeres (l’entrata in questa zona protetta costa 3 euro a macchina). Queste spiagge sono tra le più belle di tutta l’isola, un paradiso di acque cristalline e pesci di ogni dimensione e colore. Ripartiamo verso l’interno e attraversiamo Femés e Yaiza in direzione Puerto del Carmen dove ceniamo e pernottiamo. (Questa città è molto lontana dalla tranquillità dell’isola, in quanto è un ammasso di locali e negozi per turisti).

I paesini di Lanzarote seguono tutti uno stesso stile urbanistico: case bianche in stile tradizionale con infissi verdi; stile voluto e curato dall’architetto César Manrique (1919-1992), nativo dell’isola, che ha saputo preservarla dalla urbanizzazione selvaggia per turisti. Al mattino del terzo giorno partiamo di buon ora e attraversiamo la Geria, una vallata di vigneti in contrasto con il resto del paesaggio. La terra è nero cenere ed è costellata di piccole cavità, “gería”, in cui è inserita una pianta di vite protetta dal vento da muretti di pietre laviche di forma circolare. E dato che il nostro è anche turismo enogastronomico ci fermiamo al “museo del vino” delle cantine El Grifo e con 4 euro visitiamo il museo e assaggiamo un ottimo vino. La nostra prossima tappa è il Parque Nacional de Timanfaya: 174 Kmq di attività vulcanica sviluppatasi tra il 1700 e la prima metà dell’800. Poco fuori Yaiza il paesaggio tagliato dalla strada cambia colore e morfologia: siamo circondati da colate laviche nere come la pece. Incontriamo prima la “routa de los camelos” e veniamo guidati per un breve tratto in groppa ad un dromedario tra uno scenario pazzesco (6 euro a testa). Proseguiamo con l’auto all’entrata del parco (8 euro a testa) e poi ancora verso il parcheggio. Con il biglietto saliamo su un autobus che percorre la “routa de los vulcanos”, 14 km di crateri e manto lavico. All’interno una voce registrata descrive il paesaggio e si sofferma nei punti di maggiore interesse giusto il tempo per scattare qualche foto. Al rientro un’altra guida ci accompagna in una fossa aperta sulla camera di magma, ci mette in mano una manciata di sassolini bollenti e ci da dimostrazione di geyser naturali e di una griglia naturale. Pranziamo nell’annesso ristorante El Diablo che serve carne e pesce (veramente ottimo, soprattutto le sardine) cotti al calore del magma del sottosuolo. Ripartiamo verso Caleta de Famara, un piccolo villaggio di pescatori oggi paradiso dei surfisti. La spiaggia sabbiosa si trova ai piedi di una alta scogliera ed è battuta da venti forti che alzano la sabbia dalle dune alle sue spalle. Verso l’ora di cena rientriamo verso Soo, dove ci attende una serata autentica circondati da capre in una casa rurale. Colazione rigorosamente con latte fresco di capra e si riparte verso la costa orientale facendo prima tappa alla Foundacion César Manrique a Taiche che ne fece la propria abitazione per circa vent’anni. Visitiamo Orzola, un piccolo villaggio di pescatori, poi Mirador del Rio, il punto panoramico più famoso dell’isola a 479m sul livello del mare, da cui si gode una splendida vista delle isole La Graciosa, Montaña Clara e Alegranza. Riscendiamo e visitiamo il Jardin de Cactus, un bellissimo giardino a forma di anfiteatro che racchiude oltre 10000 esemplari di cactus dalle forme e dimensioni più bizzarre. Il sito è dominato da un bianco mulino a vento in cui è possibile entrare. Altra tappa poco distante la Cueva de Los Verdes, un tunnel vulcanico sotterraneo che nasconde un segreto alla fine della visita guidata (chi vi entra viene vincolato da un giuramento per custodire il segreto, quindi sta a voi scoprirlo!). Ultima tappa del pomeriggio a Jameos del Agua, un complesso progettato da Manrique e realizzato su cavità naturali formatesi all’interno di una gigantesca colata lavica a pochi passi dal mare. Un’oretta di relax nelle bellissime spiagge limitrofe ce la meritiamo dopo una giornata così intensa. Pernottiamo a Costa Teguise, un complesso residenziale molto tranquillo. Il mattino del quarto giorno ripartiamo verso El Golfo, una spiaggia con un lago verde originatosi da un vulcano sottomarino. Scendendo verso sud incontriamo Los Ervideros, ovvero letteralmente “i bollitori” dove le onde ribolliscono all’interno di grandi caverne nell’alta scogliera. Ancora più a sud si incontrano le Salinas de Janubio lungo la strada che ci riporta a Playa Blanca per restituire la macchina a noleggio e riprendere il traghetto: un’altra isola ci aspetta!!! Lasciataci Lanzarote alle spalle è la volta di Fuerteventura per la seconda parte del nostro viaggio, quella più tranquilla. Decidiamo di suddividere l’isola in due grandi zone, nord e sud e per visitare la parte nord decidiamo di “fissare l’ancora” per 2 notti a Corralejo e ritiriamo un’altra auto a noleggio per 5 giorni. I colori di quest’isola sono diversi dalla precedente, predominano il marrone e l’ocra in un paesaggio anche qui desertico, ma ricco di “cabras” selvatiche, l’animale simbolo di Fuerteventura. Sulla guida leggiamo che a Betancuria si festeggia San Buenaventura (14 luglio) e non possiamo perderci un’occasione come questa. Betancuria è un bellissimo paesino raccolto all’interno di un cratere vulcanico, in un’oasi di palme e alberi. Al nostro arrivo veniamo quasi risucchiati dalla folla che porta in processione l’effigie del santo verso la chiesa l’Iglesia de Santa Maria accompagnata da fuochi artificiali. Pranziamo al Valtarajal con tapas e formaggio di capra con marmellata di cipolle e agrumi: da leccarsi i baffi. Alla periferia nord nel paese si trovano le rovine dell’abbazia francescana di San Buenaventura ed entrarvi regala un’emozione particolare: intorno a noi pareti bianche e sopra la testa solo il cielo azzurro.

Piccola sosta al Molino de Antigua e poi su verso El Cotillo.

La strada che collega questo piccolo villaggio sulla costa al faro è chiamata Los Lagos ed è un susseguirsi di spiagge bianchissime ed acque cristalline, a nostro parere le più belle in assoluto. Rientriamo a Corralejo e pernottiamo. Il 7 giorno visitiamo il Parque Nacional de las Dunas de Corralejo, 27 km di dune e spiagge bianche; poi ripartiamo verso sud, direzione Costa Calma. Attraversiamo l’isola, ci addentriamo su strade sterrate alla ricerca di una nave da crociera vittima delle forti correnti oceaniche, in acqua a poche decine di metri da Playa de Garcey. Scendiamo a La Pared battuta da forti venti e poi infine a Costa Calma, altra zona residenziale tranquilla e piena di alberghi lussuosi, dove rimaniamo per 3 notti.

Ceniamo a pochi km di distanza, a Giniginamar, un paesino di pescatori ancora intatto, nell’unico ristorantino sulla spiaggia con pesce freschissimo.

Costa Calma sarà la nostra ancora per visitare la parte più merdionale e più selvaggia di Fuerteventura: il Parque Natural de Jandia. Il lato est della penisola di Jandia è un susseguirsi di 20 km di spiagge sabbiose e acque limpidissime a partire da Playa Barca, Playa de Sotavento (considerata la spiaggia più bella dell’isola in tutte le guide e siti, ma per noi non è stato così: indubbiamente bella e particolare con la lingua di sabbia tra le acque di due colori per l’alta marea che crea un suggestivo lago sulla spiaggia, ma troppo affollata dai surfisti), Playa de Butihondo, Playa del Matorral con il suo faro fino a Morro del Jable. Purtroppo più si scende e più si assiste al proliferare di hotel e appartamenti, ma fino a Morro del Jable perché da qui in poi solo strade sterrate e spiagge poco affollate se non desertiche… La nostra Astra ha superato la prova, ma se volete un consiglio provate a farla in jeep oppure in quad anche se farete un bel bagno di polvere. Dopo qualche kilometro troviamo un bivio: a destra si sale per un punto panoramico da cui ammirare Playa de Cofete che è avvolta da una nube di salsedine a causa dei fortissimi venti che provengono dal mare; a sinistra si procede per la punta più estrema dell’isola, il punto in cui si apre l’Atlantico. Ci concediamo un paio di giorni per goderci le spiagge più belle e poi ripartiamo verso nord. Passiamo Gran Tarajal e visitiamo Las Playtas, un piccolo villaggio di pescatori dove pranziamo e ci godiamo le ultime patate canarie che resteranno un “saporito” ricordo (se ci penso mi viene ancora l’acquolina in bocca!!!). Appagati da un buon pranzetto visitiamo Punta de la Entellada, il punto più vicino all’Africa. La strada è strettissima e tortuosa, ma asfaltata; a 300 metri c’è un faro che sembra una fortezza costruito nel 1950 e un vento pazzesco!!! Nel pomeriggio risaliamo ancora e ci fermiamo a Pozo Negro, una spiaggia nera di sabbia e ciottoli molto tranquilla; verso sera risaliamo ancora a Caleta de Fustes dove pernottiamo soltanto per la comodità della vicinanza all’aeroporto. Al mattino presto restituiamo la nostra Astra all’agenzia Cicar interna all’aeroporto come avevamo concordato e ci imbarchiamo felici del viaggio appena fatto e pronti a rifare le valigie il più presto possibile!!!



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