Weekend a Porto

Avventure e disavventure di un intenso week end nella città portoghese
Scritto da: lorenz75
weekend a porto
Partenza il: 21/06/2012
Ritorno il: 24/06/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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L’idea di visitare la città portoghese di Porto durante la Festa de Sao Joao è in cantiere ormai da almeno tre anni. Anzi, l’idea di andare in Portogallo è ancora più vecchia, ma fino a quando dagli aeroporti vicino a casa non si potrà raggiungere senza essere salassati, Porto, grazie a Ryanair, rimane la sola città papabile. Anzi, spero che Faro torni al più presto tra le mete di Verona, Bologna o Milano-Bergamo o, ancora di più, che Lisbona diventi finalmente accessibile con Ryanair.

Lo scorso febbraio 2012, la compagnia irlandese mi stupisce proponendo proprio per il w-e di mio interesse pochissimi posti in offerta per un volo verso la città nel nord del Paese lusitano: il prezzo è per me sufficientemente accessibile (circa 56 € A/R da BGY) e stento a non acquistare d’impulso il biglietto. Essendo per natura piuttosto indeciso ed esitante, sento quasi la necessità di chiamare Amico 1, chiedendogli di farmi compagnia in questa avventura. Amico 1, in quel periodo, era appena tornato dal Brasile, dove aveva passato circa un mese: la necessità di curare la sua saudade poteva essere una buona scusa per visitare una delle città del Paese più sudamericano d’Europa.

All’inizio Amico 1 è titubante, ma solo ed esclusivamente a causa delle sue finanze duramente colpite dal viaggio appena concluso. Una volta sentito il prezzo, però, mi dà il nulla osta e mi autorizza, anzi, mi sprona a non esitare oltre per non perdere l’occasione.

Così lascio un po’ di risparmi alla compagnia irlandese e, nei giorni seguenti, inizio a cercare l’hotel, o meglio, la stamberga che ci ospiterà per due delle tre notti che passeremo a Porto. La notte del 23 giugno, ossia quella più importante, la passeremo a zonzo e, complice il volo mattutino del 24 giugno, abbiamo ritenuto non necessario spendere ulteriori soldi per l’albergo. Ci mettiamo a cercare una stanza con almeno due letti e, stranamente, scopriamo che le sistemazioni più economiche hanno tutte il letto alla francese. Anzi, di camere doppie, al prezzo che ho in testa io, se ne trovano proprio poche e, comunque, hanno tutte un costo superiore a quelle matrimoniali.

Sta di fatto che la sola accomodation che soddisfa i nostri criteri di selezione (ossia: prezzo basso, vicinanza al centro e, ovviamente, presenza di 2 letti) è il Residencial Solar da Avenida. Tale sistemazione, che sarà poi un’ottima scoperta, ci costerà circa 70 € per due notti. Considerato il periodo, riteniamo un buon prezzo e così, ad inizio marzo, prenotiamo.

Dopo l’albergo, come di consueto, inizia la fase di raccolta delle informazioni per gli spostamenti e la selezione delle mete da visitare. Con mio grande stupore, le informazioni su Porto non sono facili da trovare, soprattutto per ciò che riguarda i mezzi pubblici. Oltre alla metropolitana (www.metrodoporto.pt), che però copre solo parte della città, esiste una rete di bus diurni ed alcuni bus notturni (www.stcp.pt). Purtroppo, entrambi i siti non sono molto fruibili. Anche la ricerca dei monumenti/siti di interesse si rivela essere un po’ faticosa: alla fine il sito dell’agenzia di promozione turistica locale ed altri siti portoghesi hanno permesso di costruire più mappe con le indicazioni più importanti: ad esempio, le cantine, i siti storici, i musei, i ristoranti, etc. Come mio solito, anche se la mia permanenza dura si e no un w-e, voglio sempre partire informato. Tuttavia, occorre anche precisare che una volta giunti a destinazione, io e Amico 1 avremmo trovato delle mappe e delle brochure più dettagliate, ma, grazie al lavoro fatto in Italia, eravamo già in condizione di muoverci autonomamente.

GIOVEDI 21 GIUGNO

Il volo è previsto per le 6:55 di giovedì 21 giugno 2012. Due zombie a bordo di un’auto si aggirano per le strade lombarde già alle 2:30. Il traffico è praticamente inesistente, e così verso le 5:00, io e Amico 1 arriviamo all’Orio Big Park a Seriate dove parcheggiamo con tutta calma e ci facciamo portare all’aeroporto. Nonostante i numerosi voli in partenza, l’accesso all’aeroporto è veloce, così come il passaggio al metal detector: se l’avessimo saputo, forse ci saremmo organizzati diversamente ed avremmo evitato di arrivare due ore prima. La lunga attesa è resa ancora più apatica dal fatto che i bar ed i negozi sono ancora tutti chiusi. L’aeroporto, di fatto, prenderà vita solamente verso le 6:00.

E siccome non c’è nulla da fare, Amico 1 prova a schiacciare un pisolino seduto sulle scomodissime sedie dell’aeroporto lombardo, mentre io, non mi faccio i cazzi miei e scruto un po’ le persone in giro a quell’ora. E’ bello guardare la gente in aeroporto: chi fa lunghissime telefonate alle 5:30 di mattina (ma con chi?), quelli in giacca e cravatta che sembrano usciti da una tintoria, la gente rilassata che parte per le vacanze, le compagnie di ragazzi e/o di ragazze, le coppiette che si sbaciucchiano, tanta gente “distrutta” dal sonno (e tra questi anche il sottoscritto…), viaggiatori in stile Interrail che usano le rotte aeree al posto delle rotaie… Ed intanto penso: grazie a Ryanair & Co. tanta gente può permettersi di viaggiare, rendendo gli aeroporti più simili alle stazioni ferroviarie che ai “templi inaccessibili” che erano fino alla metà degli anni ’90, quando i comuni mortali potevano permettersi di viaggiare solamente con i charter.

Finalmente i bar alzano le saracinesche, si può fare colazione ed ingannare l’attesa dell’imbarco. Stamane tutto è in ritardo, specialmente il volo che porta in Portogallo. Le operazioni di imbarco sono lente all’inverosimile. Il volo, tra l’altro, è praticamente pieno, e così io e Amico 1 non sediamo vicini ma, comunque, entrambi ci troviamo schiacciati negli stretti spazi dei velivoli marchiati Ryanair.

Il viaggio, tutto sommato, è tranquillo: si dorme un po’, si ascoltano i messaggi pubblicitari, si legge qualcosa, e così via. La fase di atterraggio è un po’ più turbolenta a causa del vento; il panorama sulla città, però, è veramente eccezionale: peccato che sia seduto dalla parte sbagliata!

Atterraggio in derapata (il vento è proprio forte!!!), niente squillo di trombe perché siamo in ritardo di circa mezzora, ed inizio della scoperta dell’aeroporto: come ormai in molte città, si tratta di un telaio in ferro dalle forme strane con tantissimo vetro: in pratica un tendone da circo post moderno o l’esercizio di stile di qualche architetto… Però si vede che la struttura è abbastanza recente.

Nella zona arrivi c’è un ufficio del turismo che noi saccheggiamo e, dopo un breve conciliabolo, decidiamo anche di non aderire all’offerta del biglietto per i trasporti cittadini valido per 3 gg al prezzo di 15 €: la ns. intenzione è quella di usare le biciclette, nonostante Porto sia una città che si sviluppa in collina. Quindi compriamo i soli biglietti di andata verso il centro con la metropolitana, che, in realtà, è una specie di tranvia, considerato che parti del tragitto sono “a raso” tra le strade cittadine. L’acquisto è reso più semplice grazie all’aiuto del personale dell’ufficio del turismo che ci spiega il sistema di utilizzo: in pratica, al primo acquisto si compra anche la tessera su cui potranno essere caricati i biglietti acquistati successivamente (biglietto per il centro 1,80 € + 0,50 € per la tessera). A noi dicono che occorre fare una tessera ogni volta che si cambia zona (il sistema di trasporti cittadino è diviso in zone e non è semplice da intuire…): in realtà, scopriremo poi, occorre cambiare tessera solo se si cambia tipo di biglietto, ossia si passa da un biglietto “a corse” ad uno giornaliero o plurigiornaliero. Un’ultima annotazione: i biglietti si obliterano prima di salire (e nelle stazioni controllano!) e valgono solo per una corsa, indipendentemente dalla durata. Quindi ad ogni cambio mezzo occorre timbrare un nuovo biglietto.

Trovare il tunnel che collega l’aeroporto alla fermata dei bus non è così facile come sembra: io e Amico 1 ci perdiamo una decina di minuti a causa delle indicazioni messe un po’ a caso. La pensilina, però è proprio davanti l’uscita dell’aeroporto.

Dopo un’attesa che potrebbe essere italiana, cioè con i mezzi pubblici in evidente ritardo ed assenza di qualsiasi informazione, sotto un cielo nuvoloso ed un vento fastidioso, vediamo un moderno tram spuntare all’orizzonte e, finalmente, possiamo partire per il centro. Un viaggio di circa 45 minuti ci porta a scendere a Bolhao, la fermata più vicina al ns. hotel. Ora capisco il motivo della pubblicità di un nuovo servizio bus “shuttle” tra l’aeroporto ed il centro: il viaggio in metropolitana è tanto lento da essere al limite dell’irritante…

L’albergo prescelto dà su Rua Santa Caterina, una lunga via dello shopping di Porto. Il Residencial Solar da Avenida non è proprio vicino alla fermata, ma si raggiunge in circa 5 minuti a piedi (cioè 7-8 quando si sale e 3-4 quando si scende). In effetti, Rua Santa Caterina, come tante altre strade di Porto, è tutt’altro che piatta. Alla reception nessuno parla inglese o italiano, ma capiamo benissimo che la camera non sarà pronta prima del pomeriggio: quindi lasciamo i bagagli e, seguendo l’invito del personale, iniziamo a visitare la città.

Ritorniamo in metropolitana, facciamo un nuovo biglietto ed una nuova tessera (il tutto per 1,65 €, visto che dobbiamo ancora scoprire il sistema che ci permetterebbe di evitare la spesa di 0,50 €) ed arriviamo allo stadio, che funge da capolinea e/o snodo tra le diverse linee. Praticamente è la prima attrazione di Porto che vediamo: struttura moderna, piacevole alla vista e, ancora una volta, ho la conferma che all’estero gli stadi sono molto integrati nella città e non sembrano dei fortini da espugnare. Dal parcheggio dello stadio è possibile accedere direttamente al campo da gioco: vorrei entrare a fare qualche foto, ma vengo gentilmente respinto. Molto probabilmente esiste qualche tour guidato ed ai turisti che non vi partecipano non è permesso fotografare a sbafo.

Come da programma, ci mettiamo alla ricerca del centro sportivo di Monte Aventino, dove, secondo le informazioni ricevute, dovrebbero essere disponibili gratuitamente delle biciclette. Ad onor del vero, il continuo saliscendi delle vie della città non è particolarmente indicato per andare in bicicletta: tuttavia, non conoscendo bene le strade e volendo evitare di camminare ad oltranza, pensiamo si tratti della soluzione migliore. Come da copione di un film già visto ed interpretato, giungiamo all’entrata solo dopo aver camminato in lungo ed in largo, ossia facendo inutilmente almeno un km attorno al parco. Veniamo respinti pure qui: le biciclette non esistono, o forse non vogliono darcele… In ogni caso, un buco nell’acqua. Incavolati neri, ritorniamo verso lo stadio (che a causa delle strade in pendenza è meno vicino di quanto sembri) e ci accorgiamo di essere a Porto da più di due ore e di non aver ancora combinato nulla…

Ci mettiamo a studiare davanti alle biglietterie elettroniche della fermata della metropolitana dello stadio e, dal nulla, spunta un addetto che in un inglese facilmente comprensibile ci spiega il macchinoso sistema delle zone, le diverse tipologie di biglietto e ci consiglia pure su cosa fare: oggi il biglietto da 24 ore solo per il centro cittadino (che volendo potrebbe essere anche superfluo), il giorno dopo quello da 24 ore utilizzabile anche per raggiungere le spiagge ed il mare e, infine, i biglietti singoli per le corse all’aeroporto… Non male come idea, soprattutto perché i biglietti “24 ore” valgono effettivamente 24 ore dal momento della prima obliterazione.

Compriamo il biglietto con l’annessa tessera (e sono tre!) per complessivi 4,45 € e, con un cambio di mezzo, giungiamo alla fermata Jardin do Morro (riva Vila Nova de Gaia), ossia la fermata che permette di vedere la zona di Ribeira, il fiume, il ponte Dom Louis I (cioè quello a due piani progettato da uno dei tanti allievi di Eiffel) e le insegne delle numerose cantine di Porto.

Iniziamo a girare, scattare foto (io soprattutto) e ad assaporare i ritmi portoghesi che, a mio avviso, sono più lenti dei nostri. La fame però attanaglia i nostri stomaci: in Italia sarebbero le 14:00 e noi siamo praticamente digiuni dalla sera prima. Ci fermiamo in uno dei bar attorno alla Cattedrale da Se per ordinare una francesinha, ossia uno dei piatti tipici della città. Si tratta di un sandwich con dentro prosciutto, carne e chourizo, coperto da un uovo e formaggio fuso. Il tutto bagnato in una improbabile salsa al pomodoro e birra dal gusto strano, ma assolutamente necessaria per poter deglutire il “mattone” senza troppa fatica. Come contorno una valanga di patatine fritte. In tutta verità, con una porzione si potrebbe mangiare in due. Annaffiando il tutto con una birra a testa spendiamo circa 8-9 € ciascuno: a noi sembra un affare, ma alla fine del w-e concluderemo che si tratta del posto più caro che abbiamo frequentato…

Dopo pranzo è assolutamente necessario digerire il mega-panino e per questo iniziamo a girare per le viuzze del centro, non prima di aver visitato l’ufficio del turismo ed aver acquistato la guida turistica con gli itinerari (2 € è un prezzo ancora accessibile!). La guida è disponibile anche su Internet, ma la stampa non risulta essere sufficientemente definita per un utilizzo “sul campo”. Il centro e le sue attrazioni non sembrano essere molto ampi, ma le continue salite (e discese) piuttosto ripide rendono il cammino meno facile del previsto. Solo con il senno di poi capiremo che i punti di interesse sono veramente a poca distanza gli uni dagli altri, e che, praticamente, i mezzi pubblici non sarebbero nemmeno necessari per visitare il centro.

Per recuperare dalla fatica, ci fermiamo qualche minuto in un bar tipicamente portoghese, dove per problemi di lingua, facciamo fatica persino ad ordinare. Comunque, riusciamo a prendere da bere e ci viene chiesto un prezzo più basso di quello che pagavamo al bar dell’oratorio circa 30 anni fa…

Prime impressioni su Porto: il centro, che sarà pure Patrimonio dell’Unesco, è veramente decadente. A case più o meno ristrutturate, seguono dei veri e propri ruderi. La luce nelle viuzze è veramente poca e l’odore di muffa e di “vecchiume” molto spesso fa da accompagnamento. E poi esiste la possibilità di vedere diverse applicazioni degli azulejos: da quelli più “low cost” sulle case, a quelli più ricercati sui palazzi d’epoca e signorili. Devo dire che a me gli azulejos piacciono e continuano a piacere, nonostante gli ammonimenti di Amico 1 che, ormai esperto in ristrutturazioni, li ritiene poco salubri per la tenuta dei muri.

Con l’aiuto della metropolitana torniamo in albergo. Qui ci viene fatta una sorpresa: praticamente, al posto della camera doppia, ci vengono assegnate due camere singole: ognuna con il suo bagno! Amico 1 prende quella con il bagno esterno alla camera da letto, ma più grande, con la vasca da bagno e il bidet. A me tocca la camera con il bagno più piccolo senza bidet ma con l’asciugacapelli… Entrambe le camere sono al terzo piano appena sotto il tetto, hanno i muri storti, hanno crepe evidenti lungo le travi, e si vede che sono state recentemente ristrutturate alla bell’e meglio (e Amico 1, che sta ristrutturando la sua casa, non perde occasione per sottolineare la scarsa qualità dei lavori). In ogni caso ognuno di noi ha a disposizione un letto matrimoniale alla francese: il mio è un po’ scomodo, mentre quello di Amico 1 sembra essere migliore… Ma lui dorme anche sui sassi!! Per raggiungere il terzo piano dell’hotel c’è una scala in legno tutta nuova che ha tutti gli scalini di altezze diverse: una fatica immensa anche per chi, come noi, è abituato ad andare in palestra!

Segue una corroborante doccia, una mini-pennichella e siamo pronti per uscire di nuovo. In pieno centro (proprio davanti al municipio) è montato il maxi schermo per trasmettere il quarto di finale del Campionato Europeo 2012 tra Portogallo e Repubblica Ceca. Qui vedo l’unica donna veramente bella: una giornalista che sta commentando l’iniziativa per una TV locale. Ovviamente, le faccio qualche foto a sua insaputa.

Una gran folla si sta ammassando in piazza e nei bar vicini, anche se il vento e la temperatura non sono propriamente estivi. Ed il fresco, assieme al vento (cui noi non siamo abituati), ci faranno compagnia per tutto il w-e: Amico 1 deve assolutamente comprare un maglione perché non ne ha portati, io almeno una pashmina, visto che la mia l’ho lasciata sull’auto a Seriate dopo essere stato preso per il culo da Amico 1 che derideva il mio look troppo siberiano… Sono il solito idiota che si fa convincere dai commenti altrui e poi ci rimette!

Comunque, ci adattiamo agli usi portoghesi e ci sediamo pure noi in uno dei tanti bar che danno sulla piazza: di certo, senza saperlo, abbiamo scelto il meno turistico di tutti. Infatti, per ordinare dobbiamo recarci al bancone all’interno del locale, dove ci aspettano le cameriere che, in verità, dovrebbero imparare un po’ il mestiere. Tuttavia, scopriamo una birra, la Super Bock, che ha un prezzo al limite dell’istigazione all’alcolismo: 1 € la bottiglia da 33 cl. Ci facciamo fare anche un paio di panini imbottiti e la spesa rimane al limite dell’incredibile! E meno male che l’IVA è al 23%… E, come normalmente accade per tutti gli italiani che vanno all’estero, iniziano i paragoni con l’Italia ed i locali in cui si è abituati ad uscire.

Intanto, il Portogallo segna il gol che lo porterà a vincere la partita e la piazza esplode in festa, come fosse la finale…

Fregandocene degli usi portoghesi (che peraltro non conosco), per i nostri stomaci arriva l’ora di cena, e con un giro dell’oca, raggiungiamo Pedros dos frangos, un ristorante che ha nel pollo allo spiedo il suo piatto più rinomato. Con circa 8 € a testa mangiamo un mezzo pollo allo spiedo, una bella porzione di patatine fritte ed una fetta di torta al cioccolato. Il tutto innaffiato da un litro di vino rosso particolarmente potente…

Intanto il Portogallo vince, il locale si riempie e per le strade ci sono scene di giubilo simili a quelle che hanno accompagnato l’Italia la sera della vittoria del mondiale nel 2006.

Io e Amico 1 facciamo più i turisti che i tifosi, quindi ci dirigiamo verso Ribeira, cioè la zona del fiume, ma scopriamo che non c’è praticamente nessuno: solo qualche turista come noi, spaesato e perplesso. Io ne approfitto per fare un po’ di foto: peccato che non ce ne sia una degna di nota…

Verso l’una, probabilmente con una delle ultime corse della metropolitana, torniamo in zona albergo e scopriamo che gli azuleios che ricoprono le pareti esterne della Capela des Almas (appena fuori la fermata Bolhao) sono belli anche di sera. E noi non siamo ancora riusciti ad entrare per ammirare il resto: ci riusciremo solo sabato mattina durante una funzione. L’interno, comunque bello, non compete con l’esterno.

A letto crollo per la stanchezza, ma dormo si e no un paio d’ore… La schiena fa male, ma almeno posso fare stretching senza paura di disturbare: Amico 1 è in un’altra stanza che ronfa beatamente e, anche se fosse qui, molto probabilmente non si accorgerebbe di nulla…

VENERDì 22 GIUGNO

Il sole fa capolino dai vetri e l’aria che entra dalla finestra è frizzante: il tempo, come da previsioni, è perfetto per passeggiare alla scoperta di una città mai vista prima. Io e Amico 1, verso le 8:30 siamo già pronti per il nostro secondo giorno di visita. Obiettivi della giornata: concludere il giro proposto dalla guida turistica, esplorare il numero più alto possibile di cantine, andare al mare testando i mezzi pubblici di superficie. Il tutto prima di sera.

Via Santa Catarina si sta svegliando: tanti camion stanno facendo le consegne ed i bar ed i negozi di alimentari sono già aperti. Gli altri negozi non alzeranno la saracinesca prima delle 10. Noi ne approfittiamo per visitare il mercato di Bolhao, una struttura probabilmente dell’inizio del secolo scorso un po’ diroccata in cui convivono tantissimi venditori e tantissimi piccioni (alla faccia dell’igiene!). Qui vediamo donne anziane dietro i banchi della verdura, fioristi (che vendono soprattutto piante di aglio, per la ricorrenza di Sao Joao), macellai, qualche altro venditore di cianfrusaglie, ed un numero via via crescente di clienti (soprattutto anziani) pronti per la spesa.

Usciamo da questo spaccato di città un po’ colpiti, io soprattutto dagli agnelli scuoiati in vetrina (all’inizio mi sembravano cani…) e dai colombi che rubavano le sementi dai banconi dei venditori. Una delle uscite/entrate del mercato di Bolhao è proprio di fronte alla Confeitaria do Bolhao dove, complici i suggerimenti ricevuti da altri viaggiatori, decidiamo di fare colazione.

Il negozio è pieno e davanti al bancone c’è un po’ di ressa (tra l’altro, in Portogallo le pasticcerie vendono anche pane, ed i portoghesi sembrano amare parecchio i pani “conditi”). Il personale, visto il nostro impaccio nell’ordinare, ci invita a sedere nella sala attrezzata con i tavolini e, poco dopo, una splendida cameriera (splendida per gli standard portoghesi, ovviamente) di chiare origini brasiliane (questo lo afferma Amico 1) ci porta la colazione. In cosa consiste? Due caffè quasi imbevibili e due paste formato famiglia; la mia dolce (con il cioccolato) e quella di Amico 1, inaspettatamente, salata (con prosciutto e formaggio). Prezzo pagato non paragonabile agli standard italiani: praticamente, in due abbiamo speso quello che in Italia avremmo pagato singolarmente.

Dopo colazione iniziamo a girare la città alla ricerca degli scorci migliori e dei siti indicati dalle varie mappe a nostra disposizione. Piano piano ci rendiamo conto che il “centro storico” non è così grosso come lo immaginavamo e le strade percorse, pur con molta fatica, iniziano ad intrecciarsi in maniera comprensibile. Praticamente, fino all’ora di pranzo, complice anche il biglietto dei mezzi pubblici fatto il giorno prima, possiamo girare liberamente su bus e metropolitana, sfruttare la funicolare, vedere l’interno di qualche chiesa e farci, in questo modo, un po’ meglio l’idea della città.

Pausa pranzo in zona Ribeira, a pochi metri dal Douro. Complice il mattone della colazione, io bevo solo un po’ di birra allungata con la gazzosa, mentre Amico 1 pranza proprio, anche perché il pomeriggio sarà dedicato alle cantine e lo stomaco vuoto farebbe correre rischi inutili. Anche in questo caso, il prezzo è più che accettabile, considerata la location e la chiara impostazione turistica del locale. Ormai il biglietto per i mezzi pubblici è scaduto, per cui raggiungiamo Vila Nova de Gaia a piedi, anche perché basta attraversare il ponte sul fiume.

Consci del fatto che non saremo mai in grado di testare tutte le cantine in un pomeriggio, decidiamo di “andare al sodo”, ossia di evitare le visite guidate e di chiedere solamente gli “assaggi”. Il progetto è ambizioso, e consiste nel provare 3 vini (un bianco, un ruby e un twany) per ognuna delle seguenti 6 cantine: Calem, Sandeman, Croft, Taylor’s, Offley, Graham. Alla fine riusciremo solamente ad entrare in 3 di queste: Calem, Offley e Taylor’s. Il tutto a causa del twany che, essendo particolarmente liquoroso e forte, incrementa notevolmente e velocemente il tasso alcolico del nostro sangue e, con esso, anche l’ilarità ed il buon umore. In realtà, saremmo stati in grado anche di sopportare il test di Sandeman, ma per poter assaggiare occorre seguire la visita, e noi non avevamo proprio voglia.

Il mio giudizio: non mi aspettavo sapori così diversi, il Porto (inteso come vino) è stata una piacevole scoperta. Di certo non lo apprezzo e non sarò mai in grado di apprezzarlo completamente: in effetti, non amando molto i vini troppo “marsalati” e “liquorosi”, non potrò mai gradirne appieno il sapore. I prezzi sono molto turistici, ma comunque accettabili (mediamente, 3 assaggi, dai 4 € ai 6 €) e le quantità sufficienti per più di un paio di sorsi. Ed il vino è tutt’altro che leggero… Attualmente, la zona di Vila Nova de Gaia e delle cantine è un cantiere aperto. Secondo me, alla fine sarà veramente bella: tutto in sampietrino e le cantine – con le tipiche insegne – a fare da sfondo. Peccato per le strade in salita veramente ripide!

Dopo il tour alcolico, dobbiamo forzatamente riprenderci un attimo e ci concediamo una merenda sostanziosa in un locale piuttosto caro per lo standard cui ci stavamo abituando. Decidiamo di finire il pomeriggio con un giro verso Matosinhos e le spiagge. Facciamo un biglietto valido 24 ore per la zona Z-3 pagando 5 €, ed è proprio qui che scopriamo che non è necessario rifare la tessera, ma che basta modificare la tipologia di biglietto. Dopo aver passato circa 45 minuti sulla linea A della metropolitana, scendiamo una fermata prima del capolinea (Matosinho Mercado) dove, secondo i miei calcoli, sarebbe passato il bus n. 500 che ci avrebbe permesso di vedere tutta la costa e le spiagge tra Matosinho e Porto.

Con qualche difficoltà riusciamo a capire che la fermata della metropolitana è anche la fermata del bus, nonostante sembra che si vada in direzione contraria. Di lì a pochi minuti il bus effettivamente arriva e, siccome è praticamente vuoto, ci sediamo di fianco al finestrino per poter ammirare il paesaggio.

Il tragitto è veramente godibile: in pratica si vedono tutte le spiagge, i locali ed il lungomare. Io scatto tantissime foto, ma complice il sole in faccia, i vetri del bus tutt’altro che puliti e l’effetto specchio (che non sono riuscito ad eliminare, nonostante la funzione ad hoc della macchina fotografica), le immagini sarebbero tutte da buttare (dico sarebbero perché io non ho avuto il coraggio di cancellarne una).

Giunti al capolinea (praticamente a due passi dalla piazza municipale), decidiamo di continuare con le attività di tutto riposo e passiamo dal sedile di un bus alla sedia di un bar. Un paio di birre nel locale che abbiamo preso come punto di riferimento, sono il miglior modo per riflettere su quanto appena visto. Stranamente, e non abbiamo ancora capito la ragione, il prezzo che ci viene fatto pagare non è più 1 €, ma 1,15 €… Forse si stanno preparando per il w-e, o forse sono i numerosi turisti che stanno iniziando a girare la città ad aver fatto lievitare il prezzo che, in ogni caso, rimane ben al di sotto degli standard domestici.

Ci dirigiamo verso l’albergo dove faremo un’indispensabile doccia e pianificheremo la serata: intanto il vento continua a sferzare le nostre facce, che nel frattempo si sono arrossate/abbronzate, lasciandoci il segno degli occhiali da sole come una maschera.

Per cena decidiamo di testare uno dei locali trovati attraverso Internet, il Murca no Porto. Si tratta di una specie di mensa/trattoria, non propriamente immacolata e con un po’ di puzza di immondizia (ma questo forse perché noi eravamo seduti vicino alla pattumiera). Però con 11,50 € abbiamo cenato in 2. Di fianco a noi c’era un tizio, anch’esso italiano che, vedendo il conto, ha esclamato: “A Milano, con 5 € non ci mangio nemmeno un panino!”. La cena è consistita in una zuppa di verdura, una trippa à la Porto per me ed un trancio di baccalau per Amico 1, ed un litro di verde (cioè vino bianco), oltre a pane e caffè. Non è certo il miglior ristorante di Porto, e forse nemmeno il più economico (ho trovato in giro dei biglietti pubblicitari con prezzi ancora più bassi…), ma a mio avviso è un buon compromesso se si vuole spendere poco. La qualità è più che accettabile.

Per digerire la cena (comunque le porzioni sono portoghesi!) ci incamminiamo verso il fiume e continuiamo a scoprire quanti passi stiamo facendo inutilmente da due giorni a questa parte: il centro è più raccolto di quanto non appaia dalle mappe. Lungo il lungofiume, forse complice la festività di Sao Joao, ci sono le giostre e le bancarelle con tanta gente e tante famiglie che girano. C’è anche una sala giochi con cose che io non vedevo dai tempi dell’oratorio: mancava solo il tavolo da ping pong…

Vista l’atmosfera, compriamo i martelli per la serata di sabato da uno dei numerosi venditori: anche se vorremmo acquistare quello più grosso, per comodità prendiamo il più piccolo. Spesa? 1 € a martello.

Continuando il nostro giro, ci addentriamo in zone più centrali ma in giro c’è poca gente: le informazioni trovate su Internet non mi permettono di trovare i locali che, di certo, movimentano la vita notturna della città. Per puro caso scopriamo qualche bar in zona municipio e ne approfittiamo per berci qualcosa. Tuttavia, il numero di uomini o la scarsità di donne è veramente impressionante, così come la stanchezza che ci assale.

Verso le 2:30 (portoghesi), io e Amico 1 torniamo in albergo a piedi: i mezzi pubblici, di notte, scarseggiano e le distanze, in ogni caso, non sono proibitive, anche se le continue camminate in salita iniziano ad essere poco sopportabili. Complice la stanchezza, stanotte si dorme un po’ di più, anche se qualche pausa per rimettere in sesto la schiena è d’obbligo.

VENERDÌ 22 GIUGNO

Anche se lasceremo il Portogallo solamente la domenica mattina, sabato è per noi il giorno del check-out. La notte, secondo i nostri piani, l’avremmo passata a gozzovigliare ed avremmo raggiunto direttamente l’aeroporto alle prime ore del mattino, dopo aver visto sorgere il sole sull’Oceano Atlantico.

Considerata la tirata, ce la prendiamo un po’ più comoda e non usciamo prima delle 9:00. Le pratiche sono veloci e lasciamo i bagagli in albergo: li avremmo ripresi nel pomeriggio per poi consegnarli al deposito dell’aeroporto.

Colazione ancora presso la Confeitaria do Bolhao e pianificazione della giornata: un giro a vedere la Casa da Musica, piedi a bagno nell’Oceano Atlantico, il pranzo, il pomeriggio in piscina a rilassarci in vista della serata (a Porto, le spiagge non hanno i bagni per cambiarsi e noi abbiamo già fatto check-out), l’aperitivo, la cena, e così via… Insomma, anche oggi un programma abbastanza impegnativo, ma decisamente vacanziero.

Prima di iniziare, però, occorre fare un po’ di shopping per evitare che la frescura notturna si trasformi in qualcosa di insopportabile. Io compro una sciarpa in un tessuto piuttosto strano che sembra kefiah un po’ più moderna, ma il prezzo in super saldo di soli 5 € non mi fa approfondire più di tanto. Amico 1, affidandosi all’ormai onnipresente Zara, si compra il maglione dannandosi un po’ per la dimenticanza. In ogni caso, dopo i nostri acquisti, anche i potenziali problemi legati al clima sono sistemati.

Con la metropolitana arriviamo in zona Casa da Musica, entriamo, ci facciamo qualche giro all’interno ma, personalmente, non mi ha per nulla impressionato. Anche se a me di solito le forme moderne piacciono parecchio, questa opera l’ho trovata un po’ anonima, e, tra l’altro, credo che non si inserisca bene nell’ambiente circostante: insomma, sembra un po’ una struttura nata lì quasi per caso!

Non pienamente soddisfatti della visita, decidiamo di andare verso il mare, così come da programma. L’impresa è più ardua del previsto perché i bus, di sabato, non sono molto frequenti e, tra l’attesa e l’indecisione, perdiamo almeno 20 minuti a cercare di capire che fare. Alla fine stabiliamo di andare in bus (credo il 200 o il 203) e di vedere un pezzo di città dai finestrini. Il giro è molto lungo, e soprattutto, lento… Però ci permette di vedere i quartieri meno centrali di Porto che, come facilmente intuibile, non sono molto interessanti: uno strano mix tra zone popolari e quartieri residenziali. Man mano che ci si avvicina alla costa, il numero e la qualità delle “residenze” aumenta in modo esponenziale.

Il capolinea del bus è proprio di fronte al Castelo do Queijo, un forte che dà sul mare. A pochi metri, la grande spiaggia di sabbia e le onde dell’Oceano che invitano a tuffarsi. Tira un vento esagerato e anche l’acqua è fredda: i pochi bagnanti, difatti, indossano tutti la tuta e sono impegnati a fare surf.

Io, in ogni caso, ho deciso di pucciare i piedi nell’Atlantico e vado imperterrito verso riva. Anche se un po’ intimorito, lascio che l’acqua copra i miei piedi (non era poi così fredda…), ma durante lo scatto della foto provante il mio coraggio, un’onda anomala mi colpisce e così mi trovo fradicio fino al ginocchio. Starò con i jeans bagnati tutta la mattina, per la felicità di Amico 1 e dei suoi sguardi di compatimento…

Per tornare verso la città ci affidiamo al bus n. 500 e, sfruttando la frequenza delle corse, ci facciamo un po’ di strada a piedi ed un po’ in bus. Il lungomare tra Porto e Matosinhos (circa 7-8 km) è molto piacevole: ci sono tante spiagge sferzate dal vento, tanti scogli, tanti bar che danno sulla spiaggia, tanta gente che corre, etc. A me piacerebbe testare uno dei bar sulla spiaggia ma Amico 1 preferisce continuare il percorso verso la città, anche perché è quasi ora di pranzo. Grazie a questa passeggiata, riusciamo anche ad intravedere qualche corpo femminile spaparanzato al sole. Finalmente!

In città, soprattutto nelle zone più centrali, fervono i preparativi: i palchi sono quasi messi in piedi, i tantissimi chioschi mobili marchiati Super Bock ai bordi delle strade sono ormai pronti per l’apertura, i tanti bar stanno allestendo i banconi all’aperto… Insomma, sembra proprio che tutti si aspettino il pienone. Meglio così: in fin dei conti io sono lì proprio per quello.

Pranziamo nel locale che abbiamo preso come punto di riferimento (non riesco proprio a ricordare il nome!) e, su consiglio della cameriera, che ormai si è abituata alle nostre facce, prendiamo un menù pizza + birra a circa 4-5 €. Perché circa? Perché prezzo del menù e cifre sullo scontrino hanno valori diversi. Siccome la differenza è però meno di 1 €, decidiamo di soprassedere e di non indagare sulle motivazioni.

La pausa pranzo è piuttosto lunga: difatti, stiamo fermi per circa un paio d’ore. Motivi particolari non ce ne sono, anche se le nostre gambe iniziano ad essere affaticate. Inoltre, occorre anche tenere conto che prima di 24 ore non avremmo avuto occasione di dormire e riposare.

Torniamo verso l’albergo per prendere i bagagli e, lungo la via dello shopping, mi faccio fregare un sacco di soldi da un cinese per comprare le solite cianfrusaglie cattura-polvere. Alla fine esco dal negozio con la solita tazza, un ditale in ceramica che non sarà mai usato ed una sciarpa non molto recente della squadra di calcio locale (nonostante il cinese continuasse a rassicurarmi che tutti gli ultrà più sfegatati della squadra cittadina usino normalmente la stessa sciarpa per le sciarpate allo stadio).

Arrivati in albergo, prendiamo il bagaglio e ci dirigiamo verso una delle piscine comunali, seguendo le indicazioni sulla cartina. Fino a quel punto le distanze sulle mappe erano ingigantite, ora sono ridotte: praticamente, camminiamo un’ora sotto il sole per trovare la via giusta… Siamo un po’ fuori dal centro cittadino, ed i prezzi sono ancora più bassi: un bar sponsorizza francesinha e patatine a meno di 4 €…

Arriviamo alla piscina e tentiamo di entrare. Ci negano l’accesso perché dovremmo avere una tessera. Io rispondo che su Internet ci sta scritto che l’accesso è libero, ma non c’è nulla da fare: due italiani in una piscina portoghese non possono entrare. Poi, ci indirizzano verso altri complessi sportivi, ma complice la festa imminente, probabilmente avremmo trovato chiuso! Io sono nero di rabbia! In pratica abbiamo buttato nel cesso più di 2 ore, non siamo potuti andare in piscina, quindi non abbiamo potuto nemmeno lavarci, e, soprattutto, durante lo spostamento ci siamo stancati parecchio e resi sudaticci da fare quasi schifo.

Tra le imprecazioni (mie soprattutto, perché Amico 1 non ha questo viziaccio) prendiamo un bus a caso e cerchiamo di tornare in una zona dove esiste una fermata della metropolitana. Ormai siamo rassegnati, e non ci rimane che andare in aeroporto a depositare i bagagli. Così carichiamo la tessera con un abbonamento Z-4 per 24 ore pagandolo 6,20 €: a nostro avviso, in quel momento era la soluzione migliore, perché così avremmo potuto usare la metropolitana ed i mezzi anche durante la notte senza temere alcun controllo. Poco conta se il biglietto sarebbe stato utilizzato per nemmeno metà della sua durata…

Giunti in aeroporto, senza molta speranza, chiediamo se a Porto, come a Londra, Singapore o Tokio, ci sia un servizio pubblico di docce per chi vola in economy e non solo per coloro che viaggiano in business class. Quasi fosse una candid camera, ci viene risposto che le docce ci sono, ma sono per il personale e che quindi noi non possiamo usarle… Non ci rimane che soluzione del “lavaggio a secco” con i fresh&clean in uno dei bagni dell’aeroporto. Da bravi sprovveduti, né io, né Amico 1 abbiamo le salviettine con noi e siamo perciò costretti a comprarle in aeroporto. Il prezzo pagato è certamente assurdo anche per i norvegesi. All’interno di uno dei bagni dell’aeroporto ci ripuliamo un po’ e ci cambiamo in previsione della sera… Ed intanto il tempo scorre veloce…

Finito tutto, consegniamo i bagagli al deposito, pagando una cifra in linea con gli standard portoghesi (meno di 5 € per 2 bagagli per 24 ore) e ritorniamo verso il centro con la lenta metropolitana. Durante il percorso vediamo tanta gente che, nel cortile di casa, inizia ad accendere il barbecue: tira proprio aria di festa… Con l’avvicinarsi del centro, sui vagoni del treno aumenta anche la gente già “in tiro” per la serata. Una volta scesi, ci facciamo una birra come aperitivo in uno dei chioschi davanti al municipio (1,50 € per una birra da 0,2-0,3) e ci rendiamo conto che ormai è ora di cena.

Il ristorante prescelto per la serata è Casa Paraiso, un locale un po’ fuori dal centro, a pochi metri dalla fermata Faria Guimaraes. Il menù lo impone la tradizione portoghese: sarde alla griglia. Ne prendiamo una porzione in 2 (con contorno), cui aggiungiamo una bottiglia di vino bianco, dolce, caffè e pane. La spesa finale è poco più di 11 € a testa… Ed è stata la cena più costosa del w-e.

A cena conclusa, torniamo verso il centro (sono circa le 22:30-23:00) e la movida sta prendendo vita: il fischio dei martelli che la gente si dà in testa è il sottofondo musicale della serata. Una birra al volo, e giù verso il fiume dove la gente si sta già ammassando. Riusciamo a prendere posto sul molo (molto vicino all’acqua, però) e forse non sufficientemente distanti dalle luci della piazza… Ma quanta gente c’è… E soprattutto: ma quanti uomini ci sono? E le portoghesi dove stanno? Sembra che le donne presenti siano solamente le turiste straniere…

Ed intanto arriva mezzanotte…

DOMENICA 24 GIUGNO

Più o meno a mezzanotte inizia lo show pirotecnico che, di fatto, dà il via ufficiale ai festeggiamenti. L’incendio del ponte, i fuochi d’artificio a ritmo di musica, le fontane di luce sono certamente uno spettacolo piacevole (forse non il più bello del mondo, ma certamente gradevole). Per circa mezzora, credo che tutta la città si sia fermata e la gente sia stata con gli occhi puntati verso il cielo.

Dopo lo show, accade il fattaccio che ha mandato a monte tutti i progetti per la notte. Complice la valanga di gente che spingeva e si accalcava nel tentativo di muoversi, Amico 1 si ritrova senza il portafoglio che conteneva tutto: soldi, carte di credito, documenti. Perso (improbabile, visto che era ben nascosto nelle tasche davanti dei pantaloni) o rubato, la situazione non cambia: Amico 1 è senza soldi e senza documenti, e dopo 9 ore entrambi saremmo dovuti salire sull’aereo per il ritorno in Italia.

Da quel momento inizia l’avventura e la trafila per cercare di evitare di rimanere profughi in terra portoghese.

Come logica impone, per prima cosa ci avviamo al posto di polizia dedicato ai turisti, che a Porto è vicino al municipio. Qui, oltre ad esserci la coda (forse 2 soli agenti sono un po’ pochi, no?), veniamo accolti in malo modo dai poliziotti che non vogliono compilare alcun “crime report”, dicendo che è inutile e che tanto non ci avrebbe permesso di volare con Ryanair o Easyjet. Pertanto, ci invitano a tornare la mattina dopo, ad usare i telefoni pubblici per bloccare le carte di credito ed altre caxxxate del genere…

Di fronte a risposte del genere, io avrei tanto voluto spaccare loro i denti, ma affronto la situazione con calma e spiego che dopo poche ore avrei avuto il volo, che avrei avuto la possibilità di stampare una copia del passaporto, che lui non poteva sapere cosa avrebbe fatto la compagnia aerea e, che, in ogni caso, ho bisogno della copia della denuncia per evitare gli addebiti sulla carta di credito. Gli ho anche aggiunto che se non mi avesse fatto sporgere denuncia, sarei andato in una stazione di polizia tradizionale ed avrei raccontato l’accaduto… A me non sarebbe cambiato nulla: il nome del poliziotto lo conoscevo e se proprio fossi dovuto rimanere in Portogallo qualche giorno in più, avrei saputo chi denunciare per non aver svolto il proprio lavoro in maniera corretta.

Attestata la mia decisione di non voler cedere, finalmente i due poliziotti si decidono a farci entrare. Sporgiamo denuncia: in circa un’ora riescono a scrivere ben 8-10 righe. Nel frattempo, spieghiamo anche che Amico 1 ha, nella sua casella di posta elettronica, un mio messaggio contenente una scansione del suo passaporto. Noi vorremmo stamparlo direttamente lì e vorremmo anche una specie di dichiarazione da parte dei poliziotti in merito al fatto che la stampa fosse avvenuta sotto i loro occhi. La prima proposta è accettata, la seconda no. Purtroppo, per cause ancora da definire, non riusciamo a connetterci alla casella di posta elettronica e quindi non possiamo nemmeno provare a stampare il documento.

Al momento dei saluti, uno dei due poliziotti ci dà la dritta sul fatto che a Porto tutte le operazioni aeroportuali di Ryanair sono eseguite dalla società di handling Portway. Se riuscissimo a convincere loro, allora avremmo buone possibilità di salire sul volo, altrimenti il solo modo per tornare in Italia consisterebbe nell’ottenere un ETD direttamente dall’ambasciata che, però, si trova a Lisbona (il consolato di Porto è onorario e non può rilasciare gli ETD). Che strano: nell’arco di un’ora l’opinione del poliziotto è cambiata completamente!

Sempre più trafelati, cerchiamo un taxi, ma, complice la gente che sta lasciando le zone centrali della città, la fila è incredibilmente lunga, ed intanto sono circa le 3:00. Per puro caso, vediamo passarci sotto gli occhi un bus della linea 3M, cioè la linea notturna che ha il capolinea proprio in aeroporto. L’autista ci indica la fermata (era veramente a pochi metri da noi) e decidiamo di andare subito in aeroporto per sapere se saremmo dovuti andare o meno a Lisbona di lì a poche ore. Inoltre un altro problema era all’orizzonte: anche a Lisbona non avremmo avuto alcuna certezza, perché non è assolutamente scontato che la domenica si possano richiedere questi documenti…

Intanto chiamo mio fratello in Italia e gli dico di rispedire la scansione del documento di Amico 1 a tutti i miei indirizzi di posta elettronica, sperando che in aeroporto ci sia qualcuno tanto gentile da aiutarci. Mio fratello, fortunatamente, è attivo 24h/24h.

Prima delle 4 io e Amico 1 siamo in aeroporto: all’interno, qualcuno dorme, qualcun altro si sta accampando, e due italiani cercano qualche anima viva cui chiedere informazioni. Il primo soggetto interpellato è un addetto alla sicurezza, che, capito il problema, ci indirizza verso la stazione di polizia dentro l’aeroporto. Qui svegliamo il poliziotto di turno che, incazzato, ci dice di metterci il cuore in pace perché non saremmo mai riusciti a salire sul volo. Alla domanda di poter stampare il documento da Internet, ci risponde che lì non esiste nemmeno il PC… Forse stanotte a Porto sono in servizio gli agenti più simpatici…

Intanto aprono i varchi al metal detector. Noi chiediamo pure lì. Il personale si dimostra decisamente più gentile e, tagliando corto, ci dice che una volta ottenuto il nulla osta da Portway, non ci sarebbero stati problemi per l’imbarco, soprattutto se fossimo stati in grado di produrre anche solo una copia del documento.

Il banco Portway, che cura anche la biglietteria apre alle 5:00 e mancano circa venti minuti. Nel frattempo arriva anche l’OK di mio fratello: su Internet ci sono nuovi messaggi con allegate le scansioni del passaporto di Amico 1. Quando si alza la saracinesca del banco, noi siamo già lì davanti in trepidante attesa. L’impiegata allo sportello si dimostra gentilissima: raccoglie le nostre scartoffie (biglietto del volo, check in on line, il mio documento di identità, la denuncia, etc.), riesce a stampare gli allegati da Internet e ci dice di tornare dopo le 5:30, cioè quando il suo boss avrebbe iniziato il turno, e sarebbe stato possibile contattare i referenti di Ryanair.

L’attesa comincia ad essere pesante, così come la stanchezza e lo stress. All’ora pattuita torniamo al banco di Portway, consegniamo i documenti all’impiegata (che nel frattempo non si era scordata di noi) e trascorsi i 10 minuti più lunghi del viaggio, otteniamo il nulla osta per l’imbarco.

Decisamente più sollevati, ed anche sempre più assonnati, andiamo a riprendere i bagagli: qui, fortunatamente, nessun problema. Passiamo indenni il metal detector dove il personale ci riconosce, ci accoglie con un sorriso e ci augura un buon rientro in Italia, chiedendoci anche di non parlare male del Portogallo a causa della nostra disavventura.

Ora occorre attendere l’imbarco che non avverrà prima delle 8:00. Due ore di attesa in quelle condizioni sono lunghissime… Mentre Amico 1 riposa sulle scomode sedie, io navigo a scrocco grazie alla connessione Internet gratuita messa a disposizione dall’aeroporto.

Anche l’imbarco procede senza problemi: alle 8:30 siamo in mezzo alla pista ad aspettare l’aereo, assieme a tanti altri vacanzieri di ritorno in Italia. Corriamo sul velivolo e siamo fortunati nel trovare entrambi posto vicino ai finestrini: è la soluzione ottimale per essere più comodi e dormire.

Il volo è sold-out. I miei vicini sono due bambini che non fanno molto rumore ma, con il senno di poi, credo si siano divertiti durante tutto il viaggio a darmi gomitate per svegliarmi appena mi addormentavo … Che viaggio divertente devono aver fatto, loro… Nonostante tutto, credo di aver dormito per almeno un’ora… Atterraggio in Italia con un po’ di anticipo. Stavolta, Ryanair dà fiato alle trombe…

Scesi dall’aereo decidiamo di sporgere subito denuncia alle autorità italiane. Anche qui i poliziotti sembrano scocciati dalla richiesta, ma in pochi minuti non solo compilano le dichiarazioni e gli atti, ma ci danno anche le informazioni sui passaggi successivi per ottenere le nuove copie dei documenti andati persi.

Ritorniamo al parcheggio, prendiamo l’auto e ci avviamo verso casa. Siamo praticamente distrutti, ma almeno contenti di essere riusciti a tornare come stabilito. Verso le 15:30 di domenica 24 giugno 2012 sono a casa, a raccontare a mio fratello tutta l’avventura passata, ma con un’idea che già inizia a frullarmi per la testa: io, alla Festa de Sao Joao devo assolutamente tornare…

CONCLUSIONI

Tutto è bene ciò che finisce bene. Forse siamo stati un po’ avventati: abbiamo corso qualche rischio inutile e abbiamo subito pagato pegno.

Ancora oggi stento a capire se Porto mi sia effettivamente piaciuta oppure no. Però, ricorderò per sempre i buonissimi prezzi e le giuste quantità di cibo nei piatti. Ricorderò anche la scarsità di donne, ma forse occorre cercarle con più calma. Altre bella scoperta della vacanza è il Porto, inteso come vino, soprattutto quello non liquoroso.

Dal punto di vista architettonico, io tendo a preferire l’ordine nord europeo, per cui ho trovato Porto un po’ decadente e disordinata, ma sapevo e so bene che si tratta di una delle caratteristiche distintive della città portoghese. Tanti dicono che Porto sia una città dal grande fascino. Personalmente non credo di averlo percepito del tutto, ma del resto io non ritengo fascinosi né i carruggi genovesi né i quartieri spagnoli napoletani, quindi non posso ritenere affascinante un quartiere come quello di Ribeira. In fatto di interpretazione del concetto di “arte”, devo ammettere di avere un’interpretazione molto personale, però, anche quelli dell’Unesco non scherzano… Di questo passo, anche una fogna a cielo aperto potrebbe diventare patrimonio dell’Unesco…

Un’idea mi martella nella testa: devo tornare a Porto per vivere la Festa de Sao Joao ed attendere l’alba sulla spiaggia!



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