Viaggio in Kazakistan, paese delle steppe e del boom economico
Da Tashkent per arrivare alla frontiera con il Kazakistan (posto di confine di Gisht-Kuprik) ci vogliono solo 40 minuti di macchina. L’autista mi lascia alla barriera uzbeka, poi da lì devo proseguire a piedi. Seguo altre persone che si avviano verso le cabine di controllo dei passaporti. Non c’è coda, tutto tranquillo, militari neanche l’ombra. Qualche frontaliero che evidentemente non ha fretta se ne sta seduto sgranocchiando semini secchi e mi fa cenno di andare pure avanti. Controlli rapidi e guardie rassicuranti da una parte e dall’altra. Qualche cartello in tre lingue, kazako, inglese e presumo russo. Bandiere dei due paesi al vento. Mentre mi avvicino al controllo, un signore con la barba mi dice che fino a tre anni fa il passaggio di questa frontiera era libero, mentre adesso ci vuole il passaporto. Passato il confine kazako, dopo un altro breve corridoio, metto piede a tutti gli effetti nella Repubblica del Kazakistan (Қазақстан Республикасы). Qui c’è il prevedibile assalto di tassisti, cambiavalute, guide turistiche improvvisate, una folla che quasi ti toglie il fiato. Cambio i pochi sum uzbeki rimasti in tasca, francamente non so a quale tasso, e ci aggiungo 50 Euro da convertire in tenge, la valuta locale. Il cambio è 1 Euro = 460 tenge. A fatica riesco a liberarmi dal nugolo di gente che mi attornia, tenendo sempre d’occhio il trolley coi bagagli, poi finalmente scorgo un tizio che espone il cartello col mio nome e allora via con la nuova guida, che parla kazese (kazako/inglese). In sostanza, capisco il 20% di quello che dice.
Indice dei contenuti
Come quello in Uzbekistan, anche questo viaggio in Kazakistan è stato organizzato da Anur Tours di Tashkent.
Diario di viaggio in Kazakistan
16 ottobre – Turkistan oblysy
La regione del Kazakistan meridionale al confine con la provincia uzbeka di Tashkent si chiama Turkistan oblysy. Le due città principali sono Shymkent e Turkistan.
Le differenze con l’Uzbekistan si notano subito. La strada è a 4 corsie e non ci sono buche né cantieri per lavori in corso, che invece in Uzbekistan erano dappertutto. Le auto sono quasi tutte Mercedes e BMW, più qualche rara utilitaria Chevrolet bianca di produzione locale, probabilmente di emigrati uzbeki. Paesaggio collinare abbastanza uniforme, pochissime piante a rompere la monotonia giallognola dei campi disseccati. Siamo in ottobre, e qui sono 5 o 6 mesi che non piove. Dopo un’ora circa di viaggio arriviamo a Shymkent, capitale della regione e terza città del Kazakistan in ordine di grandezza. Breve sosta per prendere l’acqua, un po’ di frutta fresca e gli immancabili semini di pistacchio e sesamo da mettere sotto i denti, poi via verso la steppa. Prima tappa al Mausoleo di Arystan-Bab, un mistico religioso che secondo la leggenda avrebbe vissuto 400 anni, un importante luogo di pellegrinaggio per i fedeli kazaki. L’edificio è poco appariscente e non suscita particolari emozioni. A una decina di km c’è Otrar, la città dove è morto Tamerlano. Una suggestiva carovana di cammelli e cammellieri in bronzo ci accoglie davanti all’ingresso della fortezza, ricostruita dopo che nel XIII secolo Gengis Khan l’aveva completamente rasa al suolo. Facciamo un giro attorno alle mura e ai resti dello shahristan (la cittadella), dove ci sono imponenti ruderi di fondamenta che dovevano sostenere edifici monumentali. La parte più integra sono alcuni resti di un bagno pubblico con spogliatoi e sale di massaggio e un laboratorio di ceramiche con elementi decorativi. Uno dei reperti di ceramica meglio conservati è un cammello con la testa di donna e una culla sulla schiena, vicino all’immagine sbiadita di un portatore d’acqua.
Altri 150 km nella steppa verso la città di Turkistan, facendo molta attenzione ai cammelli che attraversano la strada o brucano l’erba sul ciglio, incuranti delle auto che passano. In realtà alcuni hanno una gobba, altri due e altri ancora una gobba e mezza, evidentemente nati da un incrocio, quindi non sarebbero cammelli ma nemmeno dromedari. Tra gli arbusti della steppa ogni tanto appaiono greggi di capre e giovani pastori che li governano a cavallo di un asino. Turkistan è il centro religioso e culturale di questa parte meridionale del Kazakistan. La sua importanza è dovuta principalmente alla presenza del mazar (mausoleo) di Khoja Ahmed Yasawi, meta di pellegrini e turisti provenienti da tutta l’Asia Centrale, più qualche raro europeo come me. Fu eretto per ordine di Tamerlano sulla tomba del poeta e maestro sufi Khoja Ahmed Yasawi verso la fine del XIV secolo, come recita l’iscrizione all’ingresso Questo luogo santo fu costruito per volere del sovrano amato da Allah, Amir Timur. In effetti la sua struttura ricorda quella della moschea che Tamerlano fece costruire a Samarcanda in onore della moglie Bibi Khanym. All’interno del mausoleo ci sono 35 sale con diverse funzioni: preghiera, abluzioni, meditazione, museo. Nel kazandyk, la sala principale, troneggia un enorme ciotolone tay kazan in bronzo del peso di 2 tonnellate, simile a quelli visti in Uzbekistan per la preparazione del plov, ma qui destinato a contenere acqua consacrata che veniva distribuita ai pellegrini. In un certo senso, una specie di grande acquasantiera come quelle che trovavamo in chiesa prima dell’avvento del Covid.
Con mia grande sorpresa la piccola Turkistan (solo 100.000 abitanti) alla sera si accende e si trasforma. Nella piazza principale si illumina una gigantesca palla dorata, che si rivela essere un cinema multisala. Poi si accendono anche il Canal Grande, l’Opera House di Sydney e gli alberi della vita di Singapore, tutto rigorosamente falso, e mi sembra di essere a Las Vegas. Penso tra me e me: va bene che il Kazakistan è un paese ricco, però potrebbero usare i soldi per scopi socialmente più utili. Cena al ristorante all’aperto Plow Wow, menu incomprensibile scritto solo in cirillico, ma per fortuna arriva in soccorso una ragazza che biascica un po’ di inglese e riesco a ordinare stufato di cavallo con patatine (eccellente!), accompagnato da un altrettanto eccellente tè limone e menta. La teiera è dotata di una resistenza riscaldata attorno al becco d’uscita, così il thè si riscalda versandolo (precauzione utile per l’inverno che qui è rigidissimo).
17-18 ottobre – Astana, la capitale delle steppe
Volo Fly Arystan Airways da Turkistan ad Astana delle 11.45, con un Airbus A320. All’arrivo, temperatura 6 °C e cielo nuvoloso. Tira aria di temporale. Mi aspettano fuori dall’aeroporto la guida Aman e l’autista Diana. Aman, gentilissimo e competente, è una delle 4 guide kazake che parlano italiano (meno male). Due stanno qui a Astana, le altre a Almaty.
Astana è il nome attuale della capitale, che vuol dire semplicemente ‘la capitale, ma anche ‘il luogo dove si decide’. La storia della città è piuttosto curiosa. Il presidente-padrone Nursultan Nazarbaev volle trasferire la capitale qui in mezzo alla steppa al posto della precedente Almaty, giudicata in posizione troppo meridionale e decentrata. Per prima cosa cambiò il nome della città che era Aqmola o Akmolinsk in versione sovietica, che vuol dire ‘tomba bianca’, perché giudicato non particolarmente evocativo, quindi iniziò a costruire gli edifici necessari per ospitare il governo e le ambasciate, tutti assolutamente grandiosi e mastodontici e tutti sovradimensionati rispetto alla reale esigenza. In pochi anni Astana fu completamente rimodellata e spuntarono interi quartieri fatti solo di grattacieli, enormi piazze circondate da parchi altrettanto enormi, viali alberati, strade a 8 corsie, torri, palazzi espositivi, arene sportive. Il 20 maggio 2019, l’ultimo giorno di governo di Nazarbaev, il governo decise di rinominare la capitale col suo nome Nur-Sultan in omaggio ai suoi 30 anni di presidenza. Ma anche questo nome durò poco, perché il nuovo presidente Toqaev nel settembre 2022, a seguito di continue proteste di piazza, decise che la città doveva tornare a chiamarsi Astana. Un evidente tentativo da parte del nuovo governo di distanziarsi dall’ingombrante figura di Nazarbaev.
La posizione geografica di Astana, proprio al centro dell’immensa steppa dell’Asia Centrale e quindi esposta ai freddi venti siberiani, ne fa una città dal clima tremendo, torrida d’estate quando si superano i 40 °C, e gelida d’inverno quando si scende spesso a -30 °C, contendendo alla capitale della Mongolia Ulan Bator il titolo di capitale più fredda del mondo. La guida Aman, con un messaggio appena ricevuto in questi giorni in cui viene pubblicato il diario (gennaio 2023), mi ha comunicato che la temperatura è scesa a -30 °C, ma quella percepita addirittura a -45 °C a causa del buran, il gelido vento della steppa, al punto che le autorità hanno raccomandato ufficialmente alla popolazione di stare in casa altrimenti rischiano di congelarsi.
Lo stupefacente layout urbano di Astana
Astana è una città concepita e costruita per stupire. Tutto qui è mastodontico e avveniristico, progettato per essere al top del mondo secondo i voleri del megapresidente Nazarbaev e secondo il piano urbanistico dell’architetto giapponese Kisho Kurokawa, carico di simbolismi evocativi di ricorrenze storiche talvolta create ad arte. Grattacieli di tutte le dimensioni e di tutti i colori, gialli, verdi, blu, dritti, storti, bislunghi, a forma di libro e di calice, accostati in modo da creare una grandiosa scenografia di arredo urbano. Colore dominante l’azzurro, come nella bandiera kazaka. Condomini lunghi un chilometro e mezzo. Visitando questa città si rimane stupefatti e allibiti. Descrivo i luoghi di interesse nell’ordine in cui li ho visti, cioè da quelli più vicini all’aeroporto fino a quelli del centro città.
La Moschea Nuova: la gigantesca ‘New Mosque o ‘Grand Mosque, a cui formalmente non è ancora stato assegnato un nome, è la più grande dell’Asia Centrale, battendo il record precedentemente detenuto da un’altra moschea di Astana, quella di Hazret Sultan. Qualche dato e alcuni dettagli: i 4 minareti sono alti 130 metri e sono composti da 5 parti per simboleggiare i 5 pilastri dell’Islam: fede, preghiera, digiuno, zakat (elemosina) e pellegrinaggio – i fedeli possono prendere un ascensore e ammirare la vista della città dall’alto – la cupola centrale azzurra è alta 83 metri ed è la più alta del mondo – la porta d’ingresso è stata realizzata in legno duro iroko, proveniente dalle foreste dell’Africa Centrale – il tappeto della sala di preghiera è stato tessuto con lana proveniente dalla Nuova Zelanda e copre una superficie di 15.525 mq grande come 2 campi di calcio, che lo rende il più grande tappeto del mondo fatto a mano – la grande lampada centrale ha un diametro di 27 metri, pesa 20 tonnellate ed è costituita da 1.360.890 frammenti di cristallo a forma di petalo. La moschea può contenere 35.000 persone.
Expo Astana 2017: il padiglione del Kazakistan, una enorme sfera di vetro di 80 metri di diametro (altro record: la più grande costruzione sferica di cristallo al mondo), è ancora aperto al pubblico. Lo si vede distintamente dal piazzale della New Mosque. Sono ancora visitabili le sale dedicate ai temi della manifestazione: World of Energy, Energy for the future, Energy for all.
Nurzhol Boulevard: grandioso viale pedonale lungo quasi 4 chilometri posto nel centro commerciale e amministrativo della città, sulla riva sinistra del fiume Ishim. Alle sue estremità ci sono a est il palazzo presidenziale Ak Orda e a ovest il centro commerciale Khan Shatyr, entrambi ben visibili dalla torre Bayterek che è un altro dei simboli della città. Lungo il viale si susseguono edifici dalla struttura spettacolare e dalla funzione misteriosa progettati da famosi architetti. In particolare, colpiscono due alte torri troncoconiche rivestite di pannelli di vetro dorato, che dovrebbero essere un business center e la sede della società Samruk-Kazyna, un fondo sovrano il cui unico azionista è lo stato e controlla le società più importanti per l’economia kazaka: la ferrovia nazionale, le poste, la compagna del petrolio e del gas KazMunayGas, la compagnia statale dell’uranio Kazatomprom. Ho scritto ‘dovrebbero’ perché in realtà a cosa servano i due torrioni non è affatto chiaro.
Torre Bayterek (= alto pioppo): posta al centro del Nurzhol Boulevard, è un monumento che ha lo scopo di incarnare un racconto popolare sull’albero della vita e sull’uccello magico della felicità samruk, che aveva deposto l’uovo nella fessura tra i due rami di un pioppo. È alta 105 metri, con una palla di vetro di 22 metri di diametro all’altezza di 97 metri, corrispondente al 1997 anno in cui Astana divenne capitale, dalla quale si ha una magnifica vista a 360 gradi sulla città. All’ultimo livello della torre c’è l’impronta in bronzo della mano destra dell’ex-presidente Nursultan Nazarbaev, in cui potrete onorarvi di poggiare la vostra mano esprimendo un desiderio, certi che il potente personaggio non mancherà di realizzarlo.
Khan Shatyr Entertainment Center: un altro dei simboli di Astana. Situato in fondo al Nurzhol Boulevard, è un centro commerciale a forma di grande tendone dove distribuiti su 5 piani ci sono shop di ogni genere. Moltissimi marchi italiani, alcuni famosi come Armani, altri meno noti come Camicissima, De Facto, Giorgio Botta. Al quinto piano di questo centro si può entrare solo a pagamento: dentro, incredibile a dirsi, c’è una laguna con onde artificiali, con tanto di palme e spiaggia trasportata fin qui dalle Maldive. Meglio non commentare. Il materiale con cui l’architetto inglese Norman Foster ha progettato e costruito il Khan Shatyr (ETFE, etilene tetrafluoroetilene) consente di mantenere una temperatura gradevole all’interno sia quando fuori ci sono 30 gradi sottozero e sibila il vento della steppa, sia d’estate quando ci sono 40 gradi all’ombra. Aman mi dice che d’inverno anche se fuori si gela la gente viene qui a prendere il gelato.
Edificio Kaz-Munay Gas: proprio davanti al Khan Shatyr si trova la sede della compagnia di stato che presiede allo sfruttamento dei ricchi giacimenti di petrolio e di gas naturale del paese. Il complesso è costituito da due ali unite da un grandioso arco, al centro del quale in fondo si vede la torre Bayterek.
Palazzo Ak Orda: il palazzo del presidente, situato all’altra estremità del Nurzhol Boulevard, proprio sulla riva del fiume Ishim, è un imponente edificio con la cupola azzurra e un parco tutto attorno. È vigilato continuamente dai militari della guardia presidenziale, che si danno il cambio ogni 2 ore. Si può passare davanti ma non entrare nel parco e non è consentito scattare foto, che quindi si possono fare solo di nascosto e a rischio sequestro.
Piazza dell’Indipendenza (Thawelsizdik alany): proprio al centro della città di trova questa grande piazza su cui si affacciano una serie di edifici come al solito enormi e di incerta utilità: l’Università delle Belle Arti o palazzo della creatività Shabyt, che ha la forma di una gigantesca scodella blu, la serie di grattacieli azzurri che vorrebbero ricordare i monti Zailiyiski Alatau che si trovano nel sud del paese, il palazzo dell’Indipendenza parallelepipedo ‘aggraziato’ da un reticolo di acciaio bianco, la Piramide della Pace e della Riconciliazione, altro edificio di dubbia funzione costruito da Norman Foster, il colonnato della pace che riporta il nome ‘pace’ scritto in una cinquantina di lingue, il monumento Kazak Eli, una colonna alta 97 metri con in cima sempre lui, il mitico uccello samruk, il monumento Eoss-Cossack dedicato al popolo kazako. Alle estremità della piazza ci sono i due maggiori punti di interesse: il Museo Nazionale e la moschea Hazret Sultan.
Museo nazionale: la scenografica fontana dei guerrieri Sak prelude all’ingresso del museo. è dedicata alle tribù nomadi Sak (o Saci) della Siberia e dell’Asia Centrale che abitarono il Kazakistan più di 2000 anni fa. Il museo è molto bello e ben organizzato, ricco di reperti che mostrano la storia delle popolazioni di questi territori centro-asiatici, con spiegazioni in inglese. La parte più interessante è l’ala dedicata all’Uomo d’Oro. Questo è uno dei simboli della Repubblica del Kazakistan: è un principe, o più probabilmente una principessa, sepolto circa duemilacinquecento anni fa con un abito ricoperto da migliaia di pezzi d’oro. Lo scavo, nel kurgan di Esik nel Kazakistan sud-orientale, portò alla luce lo scheletro di un individuo di 17-18 anni, letteralmente coperto da oltre quattromila oggetti d’oro: placchette decorate, un tempo cucite sull’abito rosso, lamine con figure di cavalli e leopardi, un cinturone con figure di cervi e un copricapo conico alto settanta centimetri, ornato con elementi d’oro tra cui spiccava un grande frontale formato da due cavalli alati provvisti di corna di ariete. Tutti elementi simbolicamente associati alle forze del cielo e della terra. Questo museo è senza dubbio la parte più interessante della visita di Astana.
Moschea Hazret Sultan: un’altra moschea colossale e davvero bella, una delle cose più belle da vedere ad Astana. Nella cupola le decorazioni sembrerebbero i soliti fregi fitoformi islamici, ma in realtà sono raffinati motivi tribali kazaki. L’interno azzurro e oro marcato da bianche colonne in marmo è stupendo. C’è anche una seconda moschea poco distante con le cupole d’oro, Nur-Astana, ma non regge il confronto con questa e con la Grand Mosque.
Auditorium (Kazakstan Ortalyk concert zaly): progettato dall’architetto italiano Manfredi Nicoletti su richiesta di Nursultan Nazarbaev. La forma ricorda i petali di un fiore, rivestiti da pannelli di vetro trasparente retro-verniciati in blu, che creano un involucro imponente che protegge le sale interne dalle condizioni climatiche estreme di Astana. L’edificio ospita una delle sale concerto per musica classica più grandi al mondo, con un totale di 3500 posti a sedere, più due sale minori per cinema e conferenze. La sala concerti principale è stata progettata per adattarsi a vari tipi di spettacoli, dai concerti di musica classica a quelli di musica tradizionale e rock-pop, a balletti e pièce teatrali. Questa flessibilità è dovuta a una speciale conformazione del controsoffitto e a un articolato sistema di tende acustiche.
L’Astana Opera è un altro dei grandi simboli di imponenza voluto da Nazarbaev, che ne ha dettato lo stile e definito l’ingresso somigliante al Partenone di Atene, con colonne sulla facciata e un frontone triangolare sormontato da una quadriga in bronzo. Anche questo teatro è stato progettato da un architetto italiano, Renato Archetti. L’interno ha una pianta simile alla Fenice di Venezia, con 5 ordini di palchi aperti e un grande palco presidenziale in stile orientaleggiante. Oro, crema e rosso sono i colori delle decorazioni realizzate ad affresco. Un imponente lampadario di cristallo dà luce alla sala. Tutti i materiali impiegati provengono dall’Italia. Ogni tanto La Scala e La Fenice vengono qui a mettere in scena delle opere. Visto però che l’interesse dei kazaki per l’opera classica è decisamente scarso, il teatro è più spesso sfruttato per danze e balletti nazionali kazaki. Al momento della mia visita il balletto dell’Opera Nazionale del Kazakistan stava provando un imminente spettacolo. Vale comunque la pena di visitare questo teatro, perché è davvero bello e assemblato con buongusto.
Chiaramente ci si chiede cosa ci fanno qui in mezzo alla steppa un auditorium e un teatro che farebbero invidia a quelli di molte città italiane e europee con grande tradizione operistica e musicale, e chi mai verrà fin qui per vedere un’opera classica.
A Astana c’è anche una chiesa cattolica, la Cattedrale della Madre del Perpetuo Soccorso, dove si può entrare a pregare in tutta sicurezza. Dentro, accanto alla fotografia di Papa Giovanni Paolo II, c’è la grande icona Yly Dala Anasy dell’artista kazako Dosbol Kasymov, che raffigura la Madonna delle Steppe, a cui i cattolici locali sono particolarmente devoti. Maria tiene in mano il Bambino Gesù avvolto nella vestaglia da adulto chapan, anticipando il suo futuro da uomo. La Madonna indossa il kimeshek, la veste delle donne sposate che viene consegnata alle madri dopo la nascita del primo figlio. Non è una veste lussuosa, ma pur nella semplicità vuole sottolineare la bellezza e la dignità della donna umile, la donna povera della steppa.
Questi sono i tanti centri di interesse della capitale delle steppe che appaiono uno dietro l’altro senza soluzione di continuità. La loro ordinata collocazione urbanistica però colpisce, così come la pulizia delle strade: per terra non si vede una cartaccia, men che meno una lattina vuota o un pezzo di plastica. Sembra di essere a Singapore! Pochi edifici però hanno un effettivo utilizzo: forse le moschee e il museo. Il resto è celebrazione, fasto, grandiosità, esagerazione. C’è anche il museo personale dell’ex-presidente Nazarbaev. Il voto più basso l’ho assegnato alla sua biblioteca personale, un edificio costruito a forma di grande occhio azzurro che guarda verso l’alto. Davanti al grattacielo arancione detto ‘l’accendino’, alla serie di palazzoni dai vetri blu che dovrebbero ricordare le montagne Alatau, all’archivio nazionale a forma di pallottola alta 50 metri e alla maggior parte degli edifici, una volta superato lo shock ci si chiede a cosa servono e perché li hanno fatti così grandi.
Anche gli abitanti di questa città sembrano messi in soggezione dalla grandeur urbanistica. Il milione di residenti, in gran parte giovani venuti qui alla ricerca di un lavoro stabile (età media degli ‘astanesi’ 32 anni) si vede poco in giro, dispersi negli spazi enormi dei giardini e dei vialoni. Nascosti tra la vegetazione del Parco degli Amanti, tra il Khan Shatyr e il palazzo KazMunayGas, i ragazzi passeggiano mano nella mano come nelle altre città del mondo. In centro ci sono più semafori che persone, ma alle fermate degli autobus c’è sempre gente in attesa, perché quasi tutti gli abitanti vivono nei palazzoni soviet-style in periferia e vengono in centro solo per lavorare. La metropolitana non c’è: la sua costruzione è ferma per mancanza di fondi, e anche questo è un altro mistero kazako.
19 ottobre – Il gulag Alzhir
Avendo mezza giornata di tempo prima del volo di ritorno, sono andato a vedere il gulag Alzhir, che si trova nella steppa a una quarantina di chilometri dal centro di Astana. Alzhir è l’acronimo del nome in russo Akmolinsky Lager Zhen Izmennikov Rodiny, che significa ‘il campo di Akmola delle mogli dei traditori della patria’. I ‘traditori’ erano scrittori, politici, intellettuali, insegnanti, artisti, o qualunque altra voce libera che avesse osato esprimere un’opinione contraria al regime di Stalin. Le loro mogli, ignare dei ‘delitti’ compiuti dai mariti, venivano recluse a scopo preventivo, per evitare che diffondessero notizie non gradite al regime.
Uno dei tanti gulag istituiti da Stalin (la cui immagine appesa al muro si vede dietro il truce gendarme in una delle foto allegate al diario). Campo durissimo, fatto di baracche di legno esposte al gelo e al vento della steppa. Molte donne non sopravvivevano, altre furono violentate e se avevano dei figli glieli portavano via all’età di tre anni, dopo di che non li avrebbero più rivisti. Persino i contadini della zona avevano compassione delle prigioniere, e dal recinto del campo tiravano dentro di nascosto palline di kurut, formaggio duro di latte di capra fermentato e essiccato, per dare loro un po’ di sostentamento.
Il gulag è visitabile senza problemi: vale veramente la pena, per conoscere un altro dei tanti orrori delle guerre e delle dittature.
Il Kazakistan oggi
Questo è il nono paese al mondo per estensione, 9 volte l’Italia, anche se l’arida steppa e il deserto sassoso ne occupano circa l’80%. Il suo confine con la Russia, a nord e a ovest, è uno dei più lunghi al mondo: 6846 km. Questo enorme territorio è abitato solo da 19 milioni di persone.
È un paese potenzialmente ricchissimo e in pieno boom economico, con un prodotto interno lordo che cresce del 9% all’anno. In territorio kazako ci sono circa il 60% delle risorse minerarie dell’ex Unione Sovietica: vengono estratte grandi quantità di ferro nel bacino di Kustanaj nel nord-ovest, notevoli quantità di carbone nei dintorni di Karaganda e Ekibastuz, e inoltre petrolio, metano, rame, cromo, manganese, uranio e diversi metalli rari usati nell’elettronica, nell’ingegneria nucleare e nella missilistica. Le aree coltivabili a nord sono sfruttate in maniera estensiva per il frumento, quelle a sud forniscono frutta, ortaggi, tabacco, riso, canapa e cotone. Le aree più asciutte vengono usate per il pascolo stagionale di pecore, mucche, cavalli e cammelli. Le risorse petrolifere, in particolare, sono enormi e ancora pochissimo sfruttate.
Il presidente-padrone Nazarbaev, dopo essere stato rieletto per l’ennesima volta nel 2015 con il 98% dei voti (elezioni ovviamente truccate), disse senza esitazione che ‘l’economia viene prima della democrazia’, solo che aveva un concetto un po’ troppo accentratore riguardo alla distribuzione dei proventi dell’economia, in pochissima parte distribuiti alla popolazione operaia e agli agricoltori.
C’è però un aspetto positivo del suo periodo di presidenza: l’istituzione di aree protette per la tutela della natura. Così, il Kazakistan con la costruzione della diga di Kokaral ha salvato la porzione settentrionale del lago d’Aral, dove a poco a poco sta tornando a rifiorire la pesca. È stato istituito il Parco Nazionale del Charyn Canyon nel sud del paese (che molti ritengono più bello del Grand Canyon in Arizona), sono state create due riserve naturali vicino a Astana (Burabai Park e Korghalzyn Park), dove d’estate arrivano i fenicotteri.
Il paese ha anche grossi problemi di corruzione (diffusa) e di meritocrazia (latente). Per trovare un buon posto di lavoro è molto più importante avere un parente in un posto-chiave o conoscere qualche funzionario ammanicato, che possedere effettive capacità personali. Così, nel 2022 è scoppiata la rivolta popolare, a causa degli aumenti dei prezzi delle materie prime, degli alimentari e del costo della vita. La gente è scesa in piazza e ha preso d’assalto i palazzi del governo.
In seguito a queste proteste il presidente Toqaev ha licenziato l’intero governo di Nazarbev, accusando l’ex-presidente di avere creato una classe di borghesi ricchissimi e di avere impoverito la popolazione lavoratrice. Nel giugno 2022 si è tenuto un referendum costituzionale che ha tolto alcuni dei privilegi concessi a Nazarbaev, compreso il titolo di ‘guida della nazione’. A settembre, come già scritto all’inizio, è stato riassegnato alla capitale il nome di Astana, cancellando definitivamente dalle cartine geografiche il nome ‘Nursultan’ che Nazarbaev le aveva attribuito a propria gloria.
Conclusione e informazioni utili
Magari è un commento banale, ma quello che colpisce subito del Kazakistan è che tutto è grande, esagerato, eccessivo: dalla capitale che è una sorta di museo di architettura moderna all’aperto, alla steppa infinita che si perde nell’orizzonte, al gelo delle rigidissime giornate invernali, alle maestose architetture dell’Islam.
Qualche info:
Il clima: settembre-ottobre sono mesi perfetti per un viaggio in Kazakistan. Nel sud fa ancora caldo, ma non si superano i 30 °C e c’è sempre il sole. A nord da metà ottobre comincia a rinfrescare, ma la temperatura può scendere al massimo fino a 5-6 °C, con qualche probabilità di pioggia. Luglio-agosto torridi, da novembre a aprile gelo da far battere i denti. Maggio-giugno ok, ci sono molti fiori nei viali e tante fontane zampillanti nei luoghi più frequentati.
Muoversi a piedi: meglio evitare. Le distanze a Astana sono enormi. Un tragitto che visto dall’alto di qualche palazzo o del Bayterek vi può sembrare breve, quando scendete scoprirete che è lungo almeno un paio di kilometri. I taxi costano poco.
Per colazione: gli hotel offrono la classica colazione continentale, persino con uova e bacon e i croissant se li chiedete. Ma si può provare a fare colazione con i meloni dolcissimi e le angurie provenienti dalle fattorie del sud del paese e con le decine di varietà di frutta secca (che magari potete anche sgraffignare per sgranocchiarla durante il viaggio)
Ristoranti: a Turkistan il ristorante Plow Wow, dove si mangia all’aperto (stagione permettendo) con riso plov tipo uzbeko, oppure ottimi stufati di carne di cavallo. A Astana i ristoranti non li vedi per la strada perché stanno quasi tutti nei piani interni degli edifici, oppure ci sono ottimi ristoranti negli alberghi. Per i shashlyk, gli spiedini di carne, ottimo il Kafe Tselinnikov, vicinissimo alla Concert Hall. Prezzi attorno ai 20 euro.
Bancomat e carte di credito: i 50 euro che ho cambiato in tenge kazaki alla frontiera ho fatto fatica a spenderli. La carta di credito è accettata dovunque, ma se proprio avete bisogno di contante p.es. per comprare la frutta o qualche souvenir al mercato coperto di Keruen Global, i bancomat sono ampiamente presenti. I mercati scoperti sono nella parte vecchia della città, e si trova di tutto.
Gli alberghi: ottimi ma più cari che in Uzbekistan. A Astana si spendono 80-100 euro per una doppia, in camere arredate con gusto e con lusso. Ho alloggiato all’hotel Kazzhol, sulla riva destra del fiume Ishim, in una camera standard che praticamente era una suite, con tappeti, poltrone, specchi, mobili in lacca bianca, maxischermo tv.
Internet: WiFi perfettamente funzionante in tutti gli alberghi, nei musei, nei centri di interesse.
Simbolo del viaggio: le torri dorate del Nurzhol Boulevard
Ringrazio Aman che è stato una guida preziosa e competente. Le foto invernali sono sue, me le ha mandate con Whatsapp. Ringrazio Fatima di Anur Tours che mi ha aiutato nell’organizzazione del viaggio.
Grazie a tutti i lettori per essere arrivati fin qui.
Luigi
luigi.balzarini@studio-ellebi.com