Kazakistan, più di una vacanza
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Data di rientro: 25/05/2014
Range di spesa sostenuto: € 2.300 a persona
Numero di viaggiatori: 2
Temi del viaggio: Cultura, Montagna, On the road, Enogastronomia
Destinazioni: Almaty, Kapchagay, Altyn Emel National Park, Singing sands, Aktau, Katutau, Charyn Canyon, Natural Park Kolsay Koldery, Kolsay Lake, Kayndy Lake, Shymkent, Shaulder, Otrar, Turkestan e Astana.
Descrizione in breve: La bellezza della rigogliosa e incontaminata natura, la vastità di un territorio dove la steppa semi arida fa da padrona, le tracce lasciate dalla storia, il ritorno allo stile di vita dei nostri nonni, l’attuale nostro stile di vita, la proiezione a un prossimo futuro supertecnologico. Caratteri somatici differenti ma ospitalità, puntualità, accoglienza ed educazione identiche. Quattro stagioni in una settimana, abbigliamento elegante e casual, sapori forti e delicati. Tutto questo è ciò che ho vissuto in Kazakistan.
Premessa: Tutto nasce per caso, per il mio interesse per quella Via della Seta che collega il mondo in cui vivo a quello asiatico. La Luna d’Occidente prende contatti con le Stelle d’Oriente (www.stelledoriente.it) che propongono non solo mete battute… ma io sono per quelle ancor più originali. Nasce l’idea di un tour individuale in un paese ancora non molto turistico, ma che, a posteriori, spero lo diventerà per le mille sensazioni provate nei posti più opposti. Vado, insieme al mio boy, in Kazakistan, per… non una, ma più vacanze insieme.
Il percorso con guide kazake parlanti inglese o spagnolo (ma su richiesta anche italiano) è di 7 giorni (€ 1.800 a persona perché eravamo solo in due), tocca le seguenti mete: Kapchagay, Altyn Emel National Park, Singing sands, Aktau, Katutau, Charyn Canyon, Natural Park Kolsay Koldery, Kolsay Lake, Kayndy Lake, Almaty, Shymkent, Shaulder, Otrar, Turkestan e Astana e comprende tutti gli spostamenti all’interno del territorio con fuoristrada o in eleganti auto, un tragitto in treno (Almaty–Shymkent), un volo interno (Shymkent–Astana), pernottamenti con trattamento B&B presso hotel a 5* in città, in guest houses nei villaggi e alcuni pasti prevalentemente di cucina tradizionale. Si può risparmiare fino ad € 200 a testa se si alloggia, ad Almaty e ad Astana, in hotel a 3*.
Costi a parte i voli internazionali Roma–Almaty, Altana–Roma e il visto. Per il volato abbiamo scelto la compagnia Rossiya Airlines (www.rossiya-airlines.com) con scalo, sia all’andata sia al ritorno, a San Pietroburgo (€ 490 a persona); per il visto le agenzie, a passaporto, chiedevano dagli € 60 in su ma noi, abitando a Roma, ci siamo recati al Consolato con moduli prestampati compilati, la richiesta di ferie approvata dal datore di lavoro e una foto tessera. Abbiamo speso € 35 a persona (più € 5 in due per il bonifico da fare in una banca vicino l’ufficio visti) e lo abbiamo ottenuto in un paio di settimane (www.embkaz.it).
Il viaggio nei minimi dettagli.
1° giorno: sabato 17 maggio 2014: ITALIA-RUSSIA-KAZAKHSTAN
Partenza da Fiumicino alle 13,05 e arrivo a San Pietroburgo alle 18,45. Durante le 3 ore e 40 di volo servono il pranzo: wurstel o manzo con pasta scotta da condire con burro e ketchup, pane, formaggino e merendina. Le indicazioni per il transfer al terminal internazionale sono molto chiare, ma siamo proprio stretti con i tempi e bisogna correre.
Da San Pietroburgo decolliamo alle 19,45 per atterrare ad Almaty alle 2,45. Durante le 5 ore di volo serviranno il medesimo pasto con la variante del pollo.
In Italia sono le 22,45, qui ci sono 4 ore in più di fuso orario.
I nostri bagagli non arrivano, così come non vengono scaricati quelli di chi ha fatto scalo. Lost and found e dichiarazione di smarrimento con tutti i recapiti possibili per essere avvisati appena giungeranno con il prossimo volo (ormai domani).
Ad attenderci, con sorrisi a 32 denti, nonostante si siano fatte le 3,30, tre persone dell’agenzia kazaka con un cartello di benvenuto. Spieghiamo loro la situazione, sono mortificati, fanno qualche telefonata, ma non c’è soluzione: non possiamo fermarci in città, il tour parte da stasera.
Saliamo su una Nissan Pathfinder molto comoda, il cui sedile di Alexander, l’autista – un 50 enne di origine tedesca – è ricoperto di pelliccia sintetica. La responsabile, Masha, è una 23 enne kazaka di origine russa-ucraina e infine, per i primi quattro giorni, eccezionalmente, sarà con noi Danara, una 21 enne dai lineamenti asiatici, laureata in lingue, tra cui l’italiano, che parla perfettamente.
Confrontiamo il programma in nostro possesso con quello che hanno loro e nel nominare alcune mete o altre informazioni, capiamo subito che, essendo tutto tradotto dal kazako all’inglese, molti nomi li troveremo scritti differentemente dal momento in cui loro riportano i suoni. A noi non interessa, l’essenziale è che, quando si parla di un luogo, si intenda lo stesso (es. Charin=Charyn=Sharin oppure Zhibek Zholy=Jibek Joly o Kolsay=Köl-Say). In più, nonostante ogni termine non abbia l’accento, lo pronunceranno accentato… siamo arrivati ad Almatì e ripartiremo da Astanà.
2° giorno: domenica 18 maggio 2014: ALMATY – ALTYN EMEL NATIONAL PARK – SINGING SANDS
Imbocchiamo una buona strada a due corsie sorvolata continuamente da enormi corvi e cornacchie nere. Costeggiamo sulla destra il grande lago artificiale Kapchagay, mentre ai lati sfavillano costruzioni esagerate: si tratta dei tanti casinò che danno il soprannome di piccola Las Vegas all’intera area. Spunta l’alba nel corso del centinaio di chilometri che ci conducono alla “pensione per famiglia” (è più un residence) Altyn Emel (www.altynemel.kz – ae@geocenter.kz – € 72 la stanza in B&B).
Nonostante la stanchezza, riusciamo ad apprezzare la grande, luminosa e nuova stanza 205 che ci accoglierà per poche ore. I letti sono separati, gli asciugamani puliti e da tre dosatori ciò che occorre per una necessaria doccia. Tv, aria condizionata, wi-fi e bel balconcino.
La colazione è prevista alle ore 9,20. Un po’ assonnati, ma alquanto affamati, nell’ampia sala ci verranno serviti del tè, una frittatina, due crêpe con marmellata e la kasha: una sorta di semolino con burro sciolto e dalla consistenza di un budino. Inutile dire che spazzolo via tutto e, di quest’ultima tipica pietanza, doppia razione.
Altyn Emel Reserve a km 200 di distanza ci aspetta. Il paesaggio è rurale e alterna colline verdeggianti sulle quali si arrampicano mandrie di mucche, tori, cavalli, a prati all’inglese e zone di pascoli dove brucano greggi di pecore, capre, a distese brulle tipiche della steppa.
Ogni tanto un’area abitata da pastori e contadini che vivono in case dai tetti spioventi di alluminio, il materiale meno costoso per realizzarli e importante per la non aderenza della neve in inverno.
Pit-stop per il rifornimento di benzina. Un litro non arriva a costare € 0,50. Prezzo per noi incredibile, come per i kazaki è inverosimile il costo di un pieno in Italia!
Alle 13 siamo nel paesino omonimo della Riserva; biglietti presso l’ufficio-museo (€ 4 a persona) dove ci mostrano un condor/avvoltoio e un barsuk imbalsamati, le corna e i teschi di un jairan e del suo simile stambecco.
Proprio a ridosso, l’Hotel Altyn Emel (direi più una guest house) dove alloggeremo e consumeremo subito il pranzo: kespé ossia brodino caldo piccante dentro al quale galleggiano spaghetti fatti a mano, pezzetti di peperone, aglio e cipolla e kuirdàk (spezzatino) con pollo e patate. Tutto molto gustoso, con contorno d’insalata di pomodori, cetrioli, rapa e peperone. Per dolce uvetta sultanina e biscotti e come bevanda il chay ossia tazza di tè bollente.
La casa a due piani è ricoperta di moquette, sopra la quale tappeti dalle più differenti forme e dimensioni. Si entra rigorosamente scalzi sia nelle aree comuni sia nelle spaziose stanze a due letti, molto pulite, dotate di un asciugamano a persona, tv e semplice mobilio. I due bagni esterni a piano sono in comune con altre 4-5 stanze. Un po’ di spirito di adattamento e l’esperienza sarà veramente toccante.
Il biglietto della riserva dà diritto a vedere quattro siti: le dune cantanti, i monti Aktau, quelli Katutau e il cimitero delle tribù Sac risalenti al III secolo a.C. In due giorni vedremo i primi tre, ma non l’ultimo per problemi di “lavori in corso” sulla strada.
Sulla comoda jeep raggiungiamo le singing sands o dune o djun, montagne di sabbia desertica alte circa mt 150, lunghe 1,5 km e formatesi, per un gioco del vento, in mezzo alla steppa. Con un po’ di fatica e divertimento ne scaliamo una, la vista è rilassantissima e in lontananza scorgiamo il fiume Ili. La loro notorietà è per il fenomeno naturale, pare unico al mondo, del suono di un organo che emettono quando soffia forte il vento o quando scendiamo a valle battendo i piedi o scivolando sul sedere. E’ vero! Che forza! Altra curiosità è la lunghissima ombra che proiettano i nostri corpi.
Pieni di polvere dorata e sudaticci rientriamo in paese fermandoci a curiosare negli unici due negozi, riforniti di tutto e di niente. La merce in vendita va da blocchi di burro a shampoo, ma una bianca t-shirt o un paio di mutandine che cerchiamo non ci sono. Per € 4 portiamo via un deodorante, una cremina per il viso e un paio d’infradito spaiate nell’attesa di belle notizie sulle nostre valigie.
Il cambio è di € 1 = 249,50 tenghé (tg o tng o kzt), unità monetaria introdotta nel 1993 in sostituzione del rublo russo.
Siamo in un posto turistico, ma qui d’italiani ne hanno visti ben pochi per cui la nostra attenzione attira gli sguardi di ospitalissime persone che allegramente ci invitano a vedere le loro case, i magazzini dove tengono la lana… Tutti hanno una bella stazza, sorridono mostrando i diversi denti d’oro e invitano i figli a posare per noi. Mille “contraddizioni”: donne con lunghi vestiti di pelliccia sintetica leopardata con appesi al collo cellulari moderni, antenne paraboliche su baracche di fango e paglia, costose 4×4 parcheggiate davanti stalle fatiscenti.
Per cena, le tre “mami” che gestiscono l’hotel Altyn Emel preparano un gustoso piatto unico con spezzatino di pecora, orzo, penne e riso bolliti e si congedano sorridenti lasciandoci le chiavi della casa solo per noi.
Sperduti in questa realtà di altri tempi, il collegamento a internet non esiste, ma per comunicare con il cellulare nessun problema. Buona notte!
3° giorno: lunedì 19 maggio 2014: ALTYN EMEL NATIONAL PARK – AKTAU – KATUTAU – CHARYN CANYON – NATURAL PARK KOLSAY KOLDERY
Colazione con pane, marmellata semiliquida di albicocche, salame, formaggio e kasha (questa volta si tratta di ottimo risolatte caldo preparato al momento).
Ci spruzziamo parecchio repellente OFF sui vestiti e sulle parti scoperte del corpo per difenderci dai clesh, insetti presenti in questo periodo, dalle sembianze di piccoli e rotondetti ragni, che agiscono e sono pericolosi quanto le zecche. Calzettoni lunghi per eventuali serpenti, copricapo per il sole a picco e siamo pronti.
I mesi migliori per questa destinazione sono indubbiamente maggio-giugno e settembre-ottobre; a marzo e ad aprile il tempo è più incerto, a luglio e ad agosto fa piuttosto caldo, da novembre a febbraio si può giusto venire per una settimana bianca.
Prima meta Aktau (montagna bianca) distante un centinaio di km e un paio d’ore di strada spesso sterrata ai lati della quale distese infinite di semi deserti e, così come in tante altre pianure e colline, numerosi cimiteri recintati con all’interno tombe dalle differenti forme, secondo la religione di appartenenza, di piccole comunità.
Ora il territorio è rigoglioso, non ha i monotoni colori di paglia bruciata, ma è verdeggiante e il ranger, che ha l’obbligo di accompagnarci, dice che siamo molto fortunati perché a distanza ravvicinata dalla nostra Nissan galoppano i kulàn, incroci tra cavalli e asini. A proposito di equini… bisogna assolutamente assaggiare il kumìs, il latte di cavalla fermentato, leggermente alcolico e dai poteri curativi!
Davanti all’entrata della riserva, si trova un villaggio per chi vuol provare l’ebbrezza di dormire nelle yurte ossia nelle tipiche abitazioni mobili dei nomadi. In mezzo al nulla, un getto d’acqua, proveniente dalle falde, è imprigionato tra i rami di un albero. Ne viene fuori una sorta di fontana che funge da doccia a due coraggiosi e ben piazzati kazaki in slip, i quali sorridono mentre ci avviciniamo per una chiacchiera e qualche foto. Non si sa tra noi e loro chi è più stupito dell’incontro.
Arriviamo ad Aktau, una catena montuosa dai mille colori e dalle differenti forme. Percorriamo un sentiero molto arido ovvero il letto del fiume che si crea in inverno quando si scioglie la neve. Ci arrampichiamo come capre per immortalarci con gli sfondi più particolari in questo luogo remoto che ci ricorda un bosco pietrificato in Argentina (ma questo è più multicolor). Durante l’escursione tanti pezzettini di “madreperla” spiccano tra l’ocra, il ruggine e il grigio del terreno. Sono pezzi di sludà, una roccia molto dura, dal brillante color avorio di cui conserveremo qualche frammento-souvenir.
Un po’ accaldati e più che soddisfatti ci rimettiamo in auto per raggiungere Katutau (montagna dura): blocchi rosso scuri, quasi bordeaux di rocce rotondeggianti bucherellate come una groviera. Anche qui diamo spazio alla fantasia e scattiamo foto comodamente seduti su quella che assomiglia a un divano, abbracciamo quella che ci fa pensare a un personaggio…
Nel rientrare buttiamo un occhio alle “gemelle nere” (due montagne identiche parecchio scure che spiccano sul paesaggio) e alla “naturalezza” una protuberanza rocciosa dall’aspetto inconfondibile di un pene che il ranger ci fa notare con un leggero imbarazzo.
Puntuali “rincasiamo” affamatissimi e un piattone di lagmàn ci viene educatamente servito dalle donnone. Si tratta di un piatto di lunghi strozzapreti fatti a mano con acqua e farina conditi con spezzatino di montone, cipolla, peperone e verza. Divoro la mia porzione e più della metà di quella del mio boy che preferisce pane, pomodoro e cetriolo. Per dessert, montagne di uvetta sultanina che va giù come pop corn, albicocche essiccate e biscottoni da gustare con il tè.
Check-out e foto di rito con chi gestisce al meglio la struttura (€ 70 a stanza in pensione completa) che ci dicono accontenti sempre i turisti, ma che non è presente su nessun sito (ridono quando chiedo un bigliettino da visita per una personale positiva recensione).
Nuovamente in macchina per il Charyn Canyon distante km 230 che percorreremo in tre orette piene. Scopriamo la passione del driver per i cantanti italiani (è tale da chiedermi la traduzione di diversi testi!) e sulle note di Romina e Al Bano, Riccardo Fogli, Umberto Tozzi, Adriano Celentano, Pupo, i Ricchi e i… Poveri noi… arriviamo a destinazione.
Le strade non sono segnalate, i pochi cartelli sono scritti con caratteri russi, sarebbe impossibile per noi orientarci e anche il bravissimo Alexander si ferma a chiedere conferma del percorso alle poche e sempre affabili persone lungo la via. Ogni volta che si avvicina a qualcuno, dà una pacca sulla spalla, offre una sigaretta e anche una semplice indicazione, vista dai nostri finestrini, sembra l’incontro con un amico ritrovato.
L’entrata al Charin Canyon, come in tutti i parchi, è presieduta anche da un militare e il detto popolare in merito è: “meglio vederlo una volta che sentirne parlare dieci”. L’incantevole visione di quella che chiamano La Valle dei Castelli, vecchia di 12 milioni di anni, ci riporta inevitabilmente al Gran Canyon americano, ma piuttosto che scoiattoli, fanno capolino dalle tante buche sul terreno i tushkan, topolini dalla lunga coda gialla.
La forma delle profonde scogliere verticali create dal vento, dal sole, dalla pioggia è incantevole, ma ci aspettano altre 4 ore di viaggio per l’ultima quotidiana meta distante km 270: il parco naturale di Kolsay Koldery.
I villaggi che attraversiamo ci fanno “balzare” all’interno di qualche scena di film d’epoca, le forme storte (per il sempre forte vento) degli alberi detti ubriachi all’altezza del fiume Sharin o Charyn – lungo quasi 400 km e uno dei maggiori affluenti dell’Ili – ci divertono e i colori del tramonto ci scaldano il cuore.
Alle 21,30 in un piccolo ufficio, registriamo i nostri nomi e paghiamo una tassa di € 5 per accedere al Natural Park Kolsay Koldery che dà diritto a vedere i tre laghi Kolsay (noi vedremo solo il primo per il poco tempo a disposizione) e quello Kaindy.
Curiosiamo la lista di chi ci ha preceduti, non più di due-quattro persone al giorno provenienti dalla Germania, dall’Inghilterra, dalla Svizzera, dalla Polonia, dall’Australia, dalla Nuova Zelanda, dal Giappone, dalla Cina, dalla Russia, dagli Stati Uniti… e pure dalla Malesia… ma di italiani, in tante pagine, neppure l’ombra.
E’ molto buio, fa piuttosto freddo, dopo una serie di tornanti finalmente una piazzola, parcheggiamo. Bussiamo più volte prima che una signora e un ragazzo ci aprano. Ci togliamo le scarpe ed entriamo nella struttura centrale della guest house Jibek Joly. Largo e lungo è il corridoio con diverse camere a destra e a sinistra arredate solamente con quattro letti singoli ciascuna e due comodini. Anche qui i bagni, due, sono esterni, ed enorme è lo spazio comune con bei tavoli di legno massello stile country. Per una mancata comunicazione da parte di qualcuno, non troviamo la cena pronta e l’ambiente riscaldato (peccato! Sarebbe stato così bello il grosso caminetto acceso!). Non esiste una linea telefonica per cui la signora tutti i giorni si reca all’ingresso del parco e chiede se è previsto l’arrivo di qualche turista o meno. Oggi le hanno risposto, sbagliando, “no” (sigh!). Lei è gentile e con del tè caldo e un’alta focaccia da condire con burro ci dà il benvenuto e la buona notte. Tiriamo fuori qualche biscotto, dei cioccolatini… la temperatura si fa più mite e decisamente calda sotto gli spessi piumoni.
4° giorno: martedì 20 maggio 2014: KOLSAY LAKE – KAINDY LAKE – ALMATY
Colazione con la kasha=risolatte caldo servita in un piatto fondo (a questo punto la vera ricetta è questa!) e subito affaccio sulla veduta mozzafiato! Siamo a quasi mt 2000 di altezza, nessun mal di montagna, il cielo è limpido, le vette che ci circondano si specchiano sul Lago Kolsay dai colori smeraldini, luogo fantastico, ci dicono, per fare campeggio e pesca alle trote. Ci sentiamo i protagonisti di un quadro, di un’immagine da desktop. Che incommensurabile regalo ci fa madre natura! Curiosi di vedere anche le altre villette che fanno parte della guest house, scopriamo che sono delle vere e proprie baite a due piani, alcune con letto matrimoniale e bagno in camera e, in fase di ristrutturazione, anche un’enorme sauna! Il costo varia dagli € 18 agli € 34 a persona in solo pernottamento, poi c’è l’eventuale affitto della cucina, del cuoco… Che pace in quest’angolo di Paradiso, che tranquillità, che aria… Commento ad alta voce: “questi campano 200 anni” e, prendendomi alla lettera, Danara parla con la signora e m’informa che “l’aspettativa di vita qui è di circa 100 anni”. Peccato non avere più tempo a disposizione; pernottando almeno due notti, avremmo avuto la possibilità di fare trekking, rafting, andare in canoa, a cavallo o semplicemente di goderci questa meraviglia paesaggistica…
Facciamo un giro intorno a Kolsay, purtroppo una pioggerellina fitta, ma fortunatamente di passaggio, inizia a venir giù e utili si rivelano i k-way che da queste parti sono da tenere a portata di mano. D’altronde la costante presenza di altissimi abeti, conifere, praterie – che hanno fatto diventare i nostri occhi verdi – non sarebbe possibile con un clima secco.
In auto partiamo per il lago di Kayndy, che raggiungeremo in un’oretta di strada sterratissima e piena di rocce, fiumiciattoli, terreni scoscesi che la Nissan e il bravo Alexander superano senza problemi. Siamo sempre a quasi mt 2000 di altezza e gli scossoni terminano in un’ampia area pianeggiante, dove visibili sono i segni lasciati da chi ha consumato un pic nic nell’area attrezzata. Dieci minuti a piedi e scopriamo la voragine che si formò con il terremoto del 1990. La visione ha dell’incredibile: l’acqua che la riempie, dando vita al Kayndy Lake, ha mille sfumature di turchese, cobalto, smeraldo e, per metà, è occupata da altissimi alberi infilzati a testa in giù. Sporgono solo i lunghi tronchi, spogli pali di legno, perché le loro chiome, con il disastro naturale, si piantarono sulla superficie della grossa buca. Da quasi un quarto di secolo tutto è rimasto così. Con che spettacolo commovente si manifesta questa natura! La spesa è valsa l’impresa! Ci sentiamo appagati e ripagati dopo la lunga sballottata sulle note degli Abba, dei Bee Gees, di Gloria Gaynor… che ci hanno fatto da colonna sonora e che oggi erano proprio a tema!
E’ ora del rientro in quella che noi chiamiamo la civiltà: la vita di città, dell’ex capitale Alma-ata, di Almaty. I chilometri non sarebbero neppure tanti, circa 300, ma la prima parte della strada è in mezzo alle montagne, ai villaggi… e per farne 200 ci metteremo più di tre ore.
Dal finestrino continuo a scattare foto a paesaggi, a kazaki sempre impegnati in qualche attività. E’ proprio un popolo dignitoso e laborioso! In città più lavoro commerciale, in campagna più manuale… ma non ho mai visto gente oziare!
Il pranzo oggi non era previsto ma, visto il disguido di ieri sera, Masha lo offre. Ci fermiamo, lungo una larga via, a 100 km da Almaty, in un ristorante (riconosciamo che è un luogo in cui si mangia dai festoni della coca cola) molto semplice! Una cuoca si materializza con un menu plastificato e datato, parla con chi la comprende e si presenta, neanche una decina di minuti dopo, con cinque piatti contenenti cinque manty ciascuno. Sono grossi ravioli cotti al vapore e ripieni di carne macinata e cipolla che ci ricordano quelli cinesi. Comprese due tazze di tè caldo, una fetta di focaccia a testa e un’insalata di pomodori, cetriolo e cipolla, il conto arriva a € 2 scarsi a testa!
Salutiamo la cuoca, l’ennesima signorona dal sorriso dorato… nel vero senso della parola (molte persone, infatti, hanno i denti incisivi completamente ricoperti d’oro… per tradizione e per moda) e ci rimettiamo in moto con arrivo previsto per le 19.
Almaty=traffico! Le auto che vediamo nei primi dieci minuti di fila non le abbiamo viste in tre giorni… ma rientrano tra i contro della più grande città del Kazakistan con quasi 3 milioni di persone.
Per girarla, vengono proposti tour guidati in bici o percorsi – di varie lunghezze e difficoltà – a piedi. Noi abbiamo poco tempo e la vediamo perlopiù dalla macchina. Da qui, inoltre, alcuni turisti noleggiano roulotte, camper o sono interessati a tragitti che prevedono giornate di pesca, di caccia, di rafting su 7 differenti fiumi…
Ci fermiamo in un ufficio cambio (€ 50 si trasformano in 12.475 tg, mentre un dollaro lo avremmo cambiato con 182 tg), poi ritiriamo finalmente le nostre valigie presso l’agenzia kazaka dove Masha lavora e infine l’autista parcheggia davanti a quello che ci sembra un monumento, ma che è il Royal Tulip (www.royaltulipalmaty.com – concierge@royaltulipalmaty.com), il Luxury hotel nel quale pernotteremo!
Ringraziamo Alexander per i 1200 km di strada percorsa con noi con una mancia che inizialmente rifiuta… ma poi accetta un po’ imbarazzato. Se la merita proprio dopo averci scarrozzato, in estrema sicurezza, per i posti più impervi e, perché no, per aver rispolverato cantanti italiani caduti nel dimenticatoio e i cui motivetti (ohibò) ci ritroviamo a canticchiare.
Stanza 511, enorme letto matrimoniale più un letto singolo, pavimento per metà riscaldato, per metà con moquette morbidosa, arredamento elegante in radica di noce, minibar stracolmo (dai prezzi piuttosto alti e per il quale è d’obbligo lasciare una cauzione), piattino di biscottini di benvenuto, a scelta tè e/o nescafè, aria condizionata, tv, internet free, bagno con bidet, vasca, doccia e tanti campioncini. Assistiamo a un tramonto spettacolare dall’enorme finestra apprezzando il panorama, ci sistemiamo decentemente e poi, fino alle 23, ci regaliamo qualche coccola: sauna, hammam, piscina riscaldata e bagno turco! La mega palestra la lasciamo ai meno pigri e stanchi di noi!
5° giorno: mercoledì 21 maggio 2014: ALMATY
Cosa c’è per colazione? Ma la domanda è posta male! Cosa non c’è per colazione! Dolci di differenti tipi, frutta fresca e secca, cibo cotto al momento da cuochi ben in vista che prendono le ordinazioni, insalate con vari ingredienti, pesce crudo e macchinetta del caffè espresso, cappuccino, mokaccino… più buoni di quelli delle distributrici in Italia. A cibarsi dei piatti più svariati, tante persone dal mondo, nessuna dal nostro bel Paese. Della kasha oggi neppure l’ombra.
In questo hotel ci raccontano ha festeggiato il suo pomposo matrimonio il nipote di Nazarbayev (il Presidente della Repubblica Kazaka) e con grande orgoglio possiamo dire che i cuochi li ha scelti rigorosamente italiani.
Check-out (stasera staremo in un altro hotel) e alle 9 ci vengono a prendere Masha, Danara (ha allungato il suo star con noi di un altro giorno… che carina!) e un nuovo autista.
Siamo di fronte ai monti Zailiysky Alatau che fra un po’ vedremo da vicino! A pochi km di distanza prendiamo la funicolare o cable car (2500 tg=€ 10 a persona – www.shymbulak.com) e sorvoliamo il complesso sportivo Medeo, uno dei più alti al mondo, con la famosa omonima pista di pattinaggio, costruita nel 1972, che, grazie a metodi artificiali di raffreddamento, può essere utilizzata per 8 mesi l’anno e dove sono stati raggiunti più di 100 records da atleti di tutto il mondo. Vediamo anche l’importante diga che protegge la città da eventuali smottamenti e in una ventina di minuti raggiungiamo i 1700 mt di una prima stazione sciistica con tanti punti di ristoro tra cui il ristorante italiano “rosso marrone”. Cambiando ovovia, si può arrivare ai mt 2200 dello Shymbulak Ski Resort (da lì con tre ski lifts anche a 3200 mt) e magari durante un trekking incontrare il famoso leopardo bianco delle nevi la cui pelliccia è quotatissima (ma a cosa serve una pelle di leopardo?). Altri animali prevalentemente montani che si potrebbero vedere sono le antilopi, gli orsi bruni, gli stambecchi, i cinghiali, le linci, le aquile e i rapaci in genere! L’eccezionale panorama di questa Medeo Valley è bellissimo, la temperatura è di soli 3°C, proprio vicino a noi enormi lastre di ghiaccio ci fanno provare più di un brivido… riprendiamo la discesa pensando ai giochi olimpici invernali del 2022… anno che vedrà Chimbulak candidata (quello attuale, invece, è il suo 60° anniversario). Per il 2017 si è già in fibrillazione per il 28th Winter Universiade (www.almaty2017.com), essendo un terzo della popolazione under 30, avendo Almaty più università di altre città kazache, essendo lo sci, lo snowboard e il pattinaggio sul ghiaccio gli sporti invernali più popolari, ospitando più di 250 eventi l’anno… insomma una ghiotta occasione per mostrare al mondo la bravura degli studenti atleti e le bellezze paesaggistiche.
L’autista parcheggia la superaccessoriata Kia Cerato sotto il Kok-Tobe o Tobè o Tube, uno dei posti più alti e panoramici della città, dove arriveremo prendendo una differente cable car (2000 tg=€ 8 a persona), per una decina di minuti. A 1130 mt, su questa “collina blu” si trovano la TV Tower (alta 372 mt), diverse bancarelle di souvenir, un ristorantino tradizionale, qualche bar, le statue dei Beatles e il monumento al simbolo della città, al frutto che le dà il nome: la mela (Alma-ata=nonno delle mele). Per i bimbi un parco giochi e un piccolo zoo con vari tipi di animali (alcuni noti come lama, struzzi, pavoni, conigli, stambecchi… altri meno come i volatili juravl/zhuravl, le galline brahma dalle zampe ricoperte di piume che depongono fino a 120 uova l’anno…).
Veloce check-in e scarico bagagli presso l’Hotel Dostyk 5* e pranzo al White sun of the desert (Lenin=Dostyk street, 17), un ristorantino tipico di cucina nazionale, con cameriere che indossano il tradizionale cappellino e propongono menu differenti secondo il giorno in cui si va. Il locale è sempre pieno di kazaki che vogliono mangiare come a casa loro. Purtroppo non ci sono insegne in inglese, ci facciamo dare un bigliettino che è incomprensibile e consigliamo alla responsabile di provvedere perché è un vero peccato che i turisti non capitino spesso per gustare, come noi, funchous (spaghetti di riso alle verdure), okroshka (zuppa fredda di yogurt e spezie varie tra cui ben visibile e percettibile il finocchietto) e un piattone unico con riso, purea, spezzatino di pollo e una sorta di hamburger. Il tutto, sorseggiando un kompot (nettare di mela), per € 5 a testa.
Per digerire e apprezzare Almaty – non solo dal punto di vista culinario – iniziamo una lunga camminata per il Parco Pushkin o Panfilov o dei 28 eroi di Panfilov all’interno del quale il Memoriale alla Gloria (di chi perse la vita per la libertà e l’indipendenza del paese durante la Grande Guerra Patriottica) con la fiamma perpetua; l’imponente Cattedrale ortodossa dell’Ascensione, una delle più grandi (capienza massima 1800 persone) e alte (la campana arriva a mt 46) al mondo, costruita nel 1907 in legno senza utilizzare chiodi, dove, in una delle tre cappelle, si sta tenendo una cerimonia alla quale assistono prevalentemente donne con obbligatoriamente il capo coperto; il Museo nazionale degli strumenti musicali kazaki. Tanti sono i ragazzi che chiacchierano allegramente – probabilmente perché la scuola sta agli sgoccioli – e che, vedendoci filmare o fotografare, si fanno notare mentre i bimbi rincorrono i numerosi piccioni (tutto il mondo è paese).
E’ poi la volta del Bazar Verde, un enorme mercato coperto dove si trova di tutto di più, dall’abbigliamento all’oggettistica, dalla frutta alla verdura, dalla carne al formaggio… Attraggono la nostra attenzione venditori di frutta secca ed essiccata che c’invitano ad assaggiare i loro prodotti. Molto buone le mandorle, gli anacardi, le noci, l’uvetta sultanina, le albicocche, alcuni frutti rossi… I prezzi sono identici a quelli che troveremmo in un mercato italiano, ma la scelta è sicuramente più varia, la qualità ottima, i profumi… asiatici e una tavolozza di colori salutari ci illumina gli occhi. Per quanto riguarda la frutta fresca, hanno costi bassissimi le banane di tutti i tagli (€ 0,20 al kg), medio-bassi le ciliegie e l’uva (da noi ancora primizie), identici ai nostri le fragole, le famose – ma non diverse dalle nostre varietà – mele e le pere. La presentazione coreografica è fenomenale: quasi tutti i prodotti formano piramidi precise! Le mele, poi, sono così lucide, perfette e invitanti, che ci ricordano quella che mangiò Biancaneve e la prima del peccato originale.
I banchi macelleria sono stupefacenti con i tagli formato supermaxxxxxi e gli organi integri interni in bellavista di diversi animali (sembra un laboratorio di anatomia).
A parte il primo autista, non abbiamo visto fumare tante persone nonostante il costo bassissimo delle sigarette. Numerosi sono i venditori di tabacchi e spesso applicano un prezzo differente anche per pacchetti di marca identica. Ve ne sono moltissimi, noi compriamo le Marlboro rosse a € 10 scarse la stecca e quando spifferiamo il prezzo imposto dal nostro Monopolio di Stato, rimangono tutti sbalorditi.
Salutiamo Masha che rivedremo domani mattina e Danara che speriamo di incontrare in Italia visto che il Governo Kazako le darà € 600 al mese per tre mesi per frequentare, a Reggio Calabria, un corso presso l’università per studenti stranieri. La scuola dell’obbligo dura 11 anni: i primi cinque coincidono con le nostre elementari, poi altri sei prima di decidere se fare o no i test per accedere alle varie facoltà. Tantissimi anche i giovani che si laureano all’estero o che, dopo le scuole dell’obbligo, in cui si studiano il kazakh, la lingua di Stato ufficiale e il russo, la lingua di comunicazione tra le varie etnie, si trasferiscono per un lungo periodo in un altro paese, spesso europeo, per impararne altre e, se meritevoli, sono sovvenzionati dallo Stato.
Girare la città con i mezzi pubblici è un po’ difficile per l’incapacità di comprendere l’alfabeto cirillico di 42 caratteri. L’unica linea metro, che ha sette fermate in una delle più lunghe strade (Abai Avenue di km 20) e in un’altra che la taglia, ha scritte anche in inglese e il biglietto, che vale solo una corsa, viene € 0,35.
I taxi sono poco costosi, ma non hanno il tassametro e, prima di mettersi in viaggio, è usanza concordare il prezzo della corsa. Il tratto più lungo, all’interno della città, non costa più di 3-5 €.
In questa ex capitale (fino al 1997) non circola il classico sightseeing bus che abbiamo visto in quasi tutte le metropoli del mondo e che più di una volta è stato comodo. Cartina alla mano, rimaniamo subito colpiti da come le ampie strade formino dei perfetti quadrati essendo parallele orizzontalmente e verticalmente (sembra di stare in un’enorme come a Torino). I marciapiedi sono pulitissimi, tanti gli alberi sui viali, diverse le verdi aree e ampi gli spazi aperti.
Passiamo davanti a un’enorme costruzione che ospita le Terme Arasan dove i kazaki si rilassano nelle saune finlandesi, nei bagni turchi, nelle bania russe… mangiando salame e bevendo vodka.
Il grande supermercato Green Mart è proprio vicino il nostro hotel e ne approfittiamo per acquistare qualcosa da sgranocchiare e dell’acqua (dagli € 0,40 in su per una bottiglia da lt 1,50).
Rientriamo all’imponente Hotel Dostyk 5* (www.dostyk.kz), elegante, con stanze spaziose, dall’arredamento raffinato e, se avessi saputo che amavano tanto gli Italian designers… il calore del parquet… mi sarei portata un bigliettino della fabbrica di mobili appartenente alla mia famiglia (www.arredamentiluna.it). Il bagno è supermoderno con sanitari squadrati (compreso il bidet, che non è mai scontato), doccia con parete in mosaico e vasca. Ovviamente diversi compliments, tv, aria condizionata e internet free. L’utilizzo della sauna, del bagno turco, della rotonda vasca idromassaggio, della saletta da ginnastica (tutto separato per uomini e per donne), così come dell’unica lunga (mt 15 x 5) piscina riscaldata, è compreso nel B&B.
Non ho potuto comprendere a quanto può ammontare lo stipendio medio. Danara ci aveva detto, parlando di sua sorella impiegata dalle 9 alle 18 presso la tv pubblica, che era di circa € 1.300 al mese. Masha, al contrario, che il salario a volte non arriva, almeno per i giovani, a € 500 il mese. Mah, forse la situazione è simile a quella italiana, solo che qui non si percepisce nessun malcontento, anzi, chiunque sembra soddisfatto. In una settimana non ho visto nessun mendicante, sono tutti molto indaffarati e quando racconto che in Italia, purtroppo, un giorno sì e l’altro pure c’è qualcuno che protesta, per un ragionevole motivo, si meravigliano.
6° giorno: giovedì 22 maggio 2014: ALMATY – SHYMKENT
La sala per la colazione ha un’atmosfera romantica. In una lunga sala rettangolare sono grandi i tavoli apparecchiati anche solo per due persone, musica soft e colore predominante l’arancione, il mio preferito. Il buffet, ricco di ogni bontà, è lungo, centrale e ben presentato.
L’autista e la guida ci vengono a prendere, come sempre, puntuali. Da oggi comunicheremo con Masha solo in inglese e/o in spagnolo (giacché io non conosco, come lei, il kazako, l’ucraino e il russo). Le due lingue europee le ha imparate laureandosi a Praga e vivendo un anno a Tenerife. E’ ritornata da pochi mesi (ancora non ha avuto il tempo di farsi nuovi amici), ha presentato il suo curriculum a una serie di agenzie nel settore turistico, ha ricevuto più di una proposta e ha scelto chi ha puntato su di lei conferendole un incarico di responsabilità. Funzionano così le cose anche in Italia?!?
Ci fermiamo a Piazza della Repubblica, la principale, la più grande, con uno dei più bei parchi, dove si tengono parate, festival, eventi sportivi… Al centro l’alto obelisco dell’indipendenza alla base del quale il calco in oro dell’impronta della mano del presidente kazako. Si dice che, appoggiando la nostra, ed esprimendo un desiderio, questo si esaudisca. Ovvio che non ci credo ma… cosa costa… dare una mano e fare una foto di rito?
Proprio sotto di noi l’Almaly, vie sotterranee piene di negozi dove rifugiarsi quando in inverno la temperatura scende parecchio.
La gita prosegue al Parco del Primo Presidente (che poi è ancora quello attuale) inaccessibile per i lavori in corso di restyling e perché, proprio domenica prossima, si terrà una grandissima mostra di fiori. Riusciamo ugualmente a entrare perché ci scambiano per giornalisti (probabilmente dalla mia telecamera sempre accesa a riprendere ogni particolare) e dal cuore della piazza è tutto veramente ampio.
Tre fiumi attraversano l’ex capitale: il Grande Fiume Almaty (nei pressi di dove siamo), il Fiume Esential che passa all’interno di un grande parco dove sorge un alto centro commerciale (Esential Mall) e il Piccolo fiume Almaty dov’eravamo a inizio mattina.
Da vedere ci sarebbe anche il Museo statale centrale con il famoso costume di un guerriero realizzato con 4000 pezzi d’oro (The Golden Man) ma non c’è tempo.
La giornata è limpida, il sole si fa sempre più caldo, situazione ideale per il programmato tuffo nella natura: il Big Almaty Lake. Il grande lago Almaty si trova a una ventina di minuti di strada in salita da dove siamo, ma impiegheremo di più perché… sta iniziando a nevicare! A Nevicare? Sì, è proprio neve che si attacca benissimo al terreno, agli alti abeti e ci regala un’emozione incredibile. Dalle maniche corte… in meno di un quarto d’ora indossiamo il giacchetto pesante, dai 23 °C scendiamo a -3°C, dalle vacanze di primavera… ci catapultiamo a quelle invernali. Veramente un bellissimo scherzo meteo! E’ solo un peccato che non ammireremo i reali – e a quanto ci raccontano splendidi – colori del lago.
Il pranzo è previsto in un elegante e storico locale sulla via del rientro (Noivoi Street), da Saule, con cucina tradizionale. Potremmo sederci nel curatissimo giardino e, così come altri clienti, indossare un plaid sulle spalle, ma preferiamo ammirare il panorama dall’interno non rischiando di raffreddarci. Inizia la grande abbuffata alla kazaka con menu scritto anche in inglese (bigliettino da visita solo in cirillico). Iniziamo con una sorpa o kespé (zuppa di agnello, patate e carote), proseguiamo con la chinì (una specie di pizza ai quattro formaggi o doppia piadina unita da formaggio fuso), immancabile abbondante e fresca salada (pachino, peperone crudo a fettine, cetriolo e quadratini di primo sale), giganteschi manty (ravioloni ripieni di carne trita e cipolla) e i famosi shashlìk (lunghi spiedini alla griglia di pollo, di manzo e di fegato) spennellati con un preparato per grigliate delicatamente speziato. Oltre al chay, però, ci sta tutto un corposo vino kazako (Bacchus di 10-12%). Il cibo è veramente per il doppio delle persone… mentre pensiamo che sarà un peccato non riuscire a mangiare tutto… con tranquillità (perché è usanza) la cameriera si presenta con appositi contenitori e ci chiede cosa vogliamo portar via. Ovviamente il più possibile! Che bello, non dobbiamo mettere la scusa di avere un famelico cane in giardino… qui la TakeAwayBox è la normalità (€ 15 circa a testa).
Direzione stazione di Almaty 2: alle 17,05 puntualissimo partirà il verde e lungo treno della linea Otrar (€ 20 a persona) per percorrere i quasi 1.000 km che ci separano da Shymkent (anche se, per stare ancora un po’ più in città, avremmo preferito prendere quello più veloce della compagnia privata Tobago, più costosetto, che parte in tarda serata).
La cuccetta da quattro persone (c’è pure una piccola tv!), è occupata da noi tre e da un alto giovane che sorride, ma non spiccica una parola, si colloca nel lettino superiore poco dopo la partenza e che rivedremo direttamente domani mattina. Tutto perfetto ma, se si viaggia da soli o in coppia, penso sarebbe preferibile prendere una cabina con uso esclusivo. Ci consegnano una busta con due lenzuola, una federa, un asciugamano (info_besis@mail.ru), un necessaire che contiene l’occorrente usa e getta per darsi una sistemata (spazzolino e dentifricio, lucido per scarpe, calzascarpe, spazzola, saponetta, salviette, più fazzolettini di carta, ago e filo). Dopo un po’ ci portano un altro pacchetto sigillato: un bicchierone di carta con due bustine di tè e due di cappuccino in polvere da sciogliere in acqua bollentissima che prenderemo a volontà da un distributore continuo.
I sedili sono puliti, non si sente per nulla “odore di treno” e per quanto il vagone sia pieno regna calma e silenzio. Alcuni bambini, tra i due e i sei anni, sono incuriositi da noi e fanno capolino timidamente. Abbiamo delle caramelle, le distribuiamo e più volte ci verranno a trovare solo per passare qualche minuto a gesticolare con noi. I bimbi più piccoli sono badati da quelli di poco più grandi e i genitori intervengono solo quando è tardi per portarli a letto chiedendoci più volte spasiba=tante grazie. La notte trascorre benissimo. Io non dormo molto, ma gli altri sembrano angioletti. La temperatura è ideale ed è sempre riportata (sia quella esterna sia quella interna) su un monitor lungo il corridoio.
7° giorno: venerdì 23 maggio 2014: SHYMKENT – SHAULDER – OTRAR – TURKESTAN – SHYMKENT
Arriviamo con una preziosa ora e mezzo di ritardo a Shymkent, la terza città più grande del Kazakistan con i suoi 700 mila abitanti. Sempre emozionante la scena di quando le persone scendono dal treno e corrono verso chi le aspetta… e di quelle che vedono finalmente giungere i loro cari e corrono per forti abbracci di benvenuti… Ci sono poi i facchini che, all’occorrenza, caricano le valigie su capienti carrelli di ferro.
Seguiamo un ragazzo per salire, insieme ad altre persone, su un pulmino che ci condurrà all’Hotel Dostyk 3* dove lasceremo i bagagli e faremo colazione. Non è all’altezza di quelle precedenti, ma riusciamo ad assaggiare un nuovo prodotto: il samsa, un panzerottino fritto di semplice pasta sfoglia. Provo la nuova versione della kasha con latte freddo e orzo bollito, ma non la preferisco. L’albergo non è nulla di che, ma nuovo e pulito. Il ritardo del treno fa sì che non abbiamo il tempo di sistemarci un po’ com’era previsto, ma pazienza, è meglio non perdersi nulla di questi posti.
Masha in hotel incontra delle persone conosciute in una fiera del turismo tenutasi a Madrid. Sono in città per recarsi a una mostra simile a poca distanza dall’albergo. Ci chiedono se siamo interessati a trascorrere un’oretta all’Exhibition Sarkylmas sayahat e… sììì… vada per la fiera del turismo kazako! Vari stands, all’interno di un unico grande capannone, hanno esposti prodotti artigianali (nulla in vendita), promuovono nuove mete, attrazioni, sono strapieni di variopinte e invitanti brochure. Uno dei due nostri accompagnatori, Nur Dauliet, cerca di rimediare più informazioni possibili da darci, ma pochissime, e sono solo quelle che riguardano gli hotel internazionali, sono stampate in inglese (tutte in kazako o in russo). Gruppi folcloristici suonano e cantano vestiti in abiti tradizionali. Molte persone ci guardano incuriosite, alcune allungano depliant, altre ci scattano delle foto… una signora chiede a Olzhas, l’altro nostro simpatico accompagnatore dagli occhi a mandorla più di un cinesino, se voglio rilasciare un’intervista per una tv locale. Hanno voglia di sapere cosa ne pensiamo della parte del paese che abbiamo visto finora. Accetto volentieri scusandomi per il mio inglese e inizio a parlare per un bel po’. Lui traduce, loro sorridono e tra strette di mano e inviti a tornare ci congediamo. Ma come sono affabili! Abbiamo vissuto pure minuti di gloria e momenti da VIP!
Questa regione, a sud del Kazakistan (120 mila kmq e una popolazione di 2,5 milioni), è la più pubblicizzata, ricca di costruzioni religiose uniche e di città medioevali come Otrar, Sairam, Turkestan, Sauran e Sutkent.
Il lungo viaggio per le escursioni di oggi ci aspetta impietoso per cui partiamo per il Villaggio Shaulder (km 130) dove vedremo il Mausoleo di Arystan Bab (insegnante e guida spirituale di Yassawi) del 1100, ricostruito duecento anni dopo, ristrutturato nel 1700 e nuovamente nel 1900 dopo un terribile terremoto. All’interno colonne di legno, all’esterno un infinito e curatissimo giardino di rose. Curioso il pozzo di acqua salata (ricca di sali minerali) dagli effetti salutari, dove in pellegrinaggio arrivano persone per attingere e bere speranzose. Sono molto tentata, ma ho un po’ di timore anche solo a bagnarmi le labbra dove mettono la bocca tutti, in ciotole di plastica coloratissima, poiché la giornata è piuttosto itinerante… Una passeggiata tra le rovine della città vecchia di Otrar, distrutta da Gengis Khan nel 1300, città natale del Grande pensatore Abu Nasr al-Farabi, il Secondo insegnante dopo Aristotele e dove morì Timur lo zoppo=Tamerlano nel 1405 mentre preparava un attacco alla Cina! Ma quanti personaggi noti hanno attraversato queste terre… da Alessandro Magno protagonista di epiche battaglie, al brutale conquistatore Gengis Khan che però ebbe il merito di capire l’importanza del commercio… al viaggiatore Marco Polo…
La prossima meta, sulle orme dei mercanti, è a km 165 di distanza, Turkestan, una delle più antiche città dell’Asia centrale, fondata nel 500 e al top del suo periodo di prosperità nel 1100 quando fu considerata il gioiello della “branchia nord” della Silk Road.
Stiamo percorrendo la stessa via di tante carovane che nell’intento di portare la seta (ma anche spezie, noci…) da oriente a occidente percorrevano questa strada (e ovviamente una rete di altre piste). Al contrario dei nostri antenati, noi viaggiamo comodamente su una bianca silenziosa Kia Cerato guidata in estrema sicurezza, su un rettilineo scorrevole, da un’autista sosia di Bruce Lee.
La steppa a destra e a manca è interrotta da fiumiciattoli, ha parti più rigogliose e all’altezza di alcuni piccoli villaggi qualcuno fa l’autostop o adibisce un banchettino a bancarella per vendere i kurt (polpettine bianche di formaggio saporito).
Oltre agli animali già visti in precedenza, da queste parti anche i cammelli! Purtroppo non è periodo per vedere i papaveri e i famosi tulipani… né quello per incontrare i caprioli, i lupi, le volpi e i tassi!
Il pranzo lo consumeremo presso l’Hotel Edem 3* in una parte del giardino con alberi e lucine natalizie un po’ kitsch ma sotto un bel gazebo si sta troppo bene. Scegliamo kazakhstan kebab: costolette d’agnello con patate arrosto e cipolla cruda, insalatona greca, riso bianco con bocconcini di pollo e una sorta di caponata. Il tutto accompagnato da lepyoshky (una pizza genovese!) e tè (€ 10 circa a persona).
Arriviamo al Mausoleo di Khoja Akhmet Yassawi, un predicatore e mistico poeta musulmano che per una decina di anni, fino alla sua morte, pregò e scrisse poesie nascosto nel sottosuolo, in una sorta di cantina. Questo Mausoleo fu voluto da Tamerlano, uno dei conquistatori più feroci e sanguinari della storia, creatore di un impero che si estendeva dalla Cina fino al cuore dell’Asia Minore. L’entrata è gratuita, ci chiedono da dove veniamo per una statistica; oltre a noi pochissimi turisti locali e qualche pellegrino. Ci sentiamo privilegiati a gironzolare quasi in solitudine, ci sembra di avere l’esclusiva all’accesso… ma ci dispiace per chi non sa di questo importante sito kazako, il primo, dal 2000, tra i Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
A noi donne consegnano un foulard per coprire il capo, un fazzoletto che poi non restituiremo (c’è chi lo lascia, chi se lo porta via…). Purtroppo nessuna spiegazione in inglese… ma sarà piacevole rivivere un po’ la storia di questo complesso, uno dei più grandi e meglio conservati del 1300, dove la cupola di tegole dorate della Moschea Zhuma, alta quasi mt 30, spicca sul grande edificio che conserva tombe di sultani, un museo… L’altra cupola, quella principale, ha un diametro di mt 18 ed è la più larga di quelle presenti nell’intera Asia Centrale. Dal Mausoleo si possono vedere le terme del 1500, funzionanti fino alla fine degli anni ’70, prima di divenire museo.
La guida che ci accompagna, Anatolio, sembra uno studente che ripete la lezione all’insegnante: ha dei fogli scritti in kazako e degli altri in inglese, ogni tanto si ferma, li legge tra sé e me li ripete (che tenerezza!). Ha 23 anni, alto, biondo, con gli occhi azzurri ed è vestito come uno steward.
Visitiamo anche il Museo etnico della cultura kazaka (€ 2 a persona) all’intero del quale un’enorme yurta, alcuni reperti archeologici, pietre con graffiti, statue che riproducono sultani del 700… Pochissime le didascalie in inglese ma tutto è comprensibile e aggiornato fino al Summit OSCE del 2010 tenutosi ad Astanà e ricordato da gigantesche foto tra il Presidente Kazako e tanti leader… nostro ex Premier Silvio compreso.
Neo di questo bellissimo itinerario è la tanta distanza tra un sito e l’altro. Così “concentrato” è un pochino pesante, ma è pur vero che stato bello “ammazzare” il tempo dei lunghi viaggi chiacchierando amabilmente con le guide, con gli autisti, ascoltando musica di tutti i tipi (italiana di un tempo compresa – oggi, per esempio, nell’arco di un paio d’ore, alla radio hanno trasmesso Raffaella Carrà e Toto Cutugno), perdendosi nei propri pensieri…!
Rientriamo a Shymkent stanchi ma contenti della giornata trascorsa tra ruderi e in compagnia di ragazzi giovani vogliosi di dedicarsi a un settore in espansione e sempre molto gentili (si scusavano per le strade a volte sconnesse, ci chiedevano sempre se i gradi dell’aria condizionata erano ok, se il volume della musica era troppo alto o meno…).
Riprendiamo i bagagli in hotel, foto di rito e imbarco – dal piccolo aeroporto – sul volo Air Astana delle 22,45, dove ci serviranno pure un panzerotto caldo ripieno di pollo e verdure, bibita e immancabile tè.
8° giorno: sabato 24 maggio 2014: ASTANA
Atterriamo alle 00,35 ad Astana, traduzione in kazako di “città capitale”, prima si chiamava Aqmola/Akmola. Ad aspettarci un ragazzone che, con un pulmino, ci condurrà, in una mezz’oretta, all’Hotel Rixos President 5* (www.rixos.com).
Apprezziamo molto il comfort che ci aspetta dopo un po’ di sballottamenti mentre prendiamo posizione nell’ampia e pulitissima stanza 6012. Temperatura perfetta, due bottigliette d’acqua gratuite e nel bagno con vasca idromassaggio e doccia tanti campionicini, alcuni dei quali in scatole dorate tutte da scartare. Certo che questa vacanza è proprio piena di sorprese!
Colazioniamo con ogni bontà alle 07,30. Negli ampi buffet c’è veramente di tutto! Dal dolce al salato dal cucinato al fresco, svariati tipi di pane, di dolci, soprattutto di frutta… e naturalmente si può anche ordinare uno schiumatissimo cappuccino!
Alle 9 conosciamo Alìa, una guida preparatissima, 30 anni, laureata in Germania, che parla un comprensibilissimo e perfetto inglese. E’ molto entusiasta di farci conoscere la capitale, divenuta tale 17 anni fa perché (motivazioni del Presidente non da molti condivise) in un luogo più centrale, meno sismico e meglio collegato dal punto di vista ferroviario con la Russia rispetto ad Almaty. Per quanto io preferisca città storiche a super moderne e futuristiche come quella che ci si prospetta… Alia riesce a coinvolgermi incredibilmente per la sua ammirazione dell’architettura stravagante e d’avanguardia.
Iniziamo subito con la più grande Moschea dell’Asia centrale o casa del sultano o Holy King, una piccola copia del Taj Mahal che contiene fino a 10.000 persone. Indossiamo una lunga vestaglia ed entriamo in un luminosissimo luogo di culto dal delicatissimo color verdino. Su un enorme pannello la data del calendario musulmano, quella odierna e sei orologi con l’orario attuale e delle preghiere.
Seconda tappa una Piramide o Palazzo della pace e della riconciliazione/concordia (€ 2 a persona – simile a quella davanti al Louvre) disegnata da un architetto inglese, composta da 130 specchi (quante le etnie kazake), alta 77 mt, costata a una compagnia turca 300 milioni di dollari e che, vista dall’alto, rappresenta la bandiera del paese: blu cielo, lateralmente una striscia verticale di decorazioni tipiche, al centro il sole sotto al quale il samruk, l’uccello simbolo di questa ex Repubblica dell’Unione sovietica. All’interno varie sale (una ha la capienza di 1.500 persone) dove si tengono concerti, conferenze, inoltre un museo, una libreria, un centro di ricerca delle religioni nel mondo, una piccola esposizione di vestiti tradizionali dal mondo asiatico. Per salire di piano, l’ascensore fa un tragitto diagonale con un sistema a binari simile a quello di una metro. Al centro del piano, proprio sotto la punta, così come dicevano gli egiziani, riceviamo tutta l’energia solare per proseguire le escursioni e, arrivati al top, nella circolare hall panoramica, simuliamo una riunione ammirando il verticale giardino dai bellissimi e curatissimi fiori.
A proposito di etnie, qui ognuno ha connotati completamente diversi! C’è chi somiglia a un tedesco, chi a un russo, a un ucraino, a un mongolo, a un turco, a un coreano, a un greco… o ha gli occhi inconfondibilmente asiatici… E’ veramente difficile capire se si è accanto a turisti stranieri o a kazaki da più generazioni. Sarà un divertimento essere smentiti in continuazione per gli ovvi errori che facciamo nel chiedere la provenienza a chi abbiamo frequentato per più giorni o solo incontrato durante una gita!
Di fronte la piramide, il kazak Eli, un bastone lungo 91 mt (come l’anno dell’indipendenza kazaka dal dominio sovietico) all’apice del quale il dorato uccello samruk. Sulla stessa piazza l’Accademia delle arti Shabyt e il Palazzo dell’Indipendenza, una costruzione blu realizzata per un congresso internazionale nel 2000, dove si esibì Placido Domingo.
Cartina alla mano (non sempre è facile procurarsene una chiara in lingua inglese!), seguiamo gli spostamenti dell’autista su indicazione di Alia e, quella che ci sembrava un’enorme metropoli, in realtà è una piccola cittadina in grande espansione ancora con 800 mila abitanti, molto fredda d’inverno (anche -30 °C), calda d’estate (anche 40 °C) e ventosa in ogni stagione. Il fiume Ishim che l’attraversa la divide nella parte nuova, piena di attrazioni e più interessante, dalla parte vecchia con costruzioni basse. Piacevoli passeggiate si potranno fare nei diversi spazi verdi, lungo le sponde del fiume o sulla principale via della Repubblica.
Il panorama a 360° lo ammireremo dalla Torre Bayterek, il simbolo di Astana, un’alta (mt 97 come l’anno in cui divenne capitale e nel punto in cui venne dichiarata l’indipendenza) costruzione di metallo e vetro con all’apice una palla di 22 mt di diametro che cambia colore secondo le ore del sole. Su questa torre le persone si rilassano a guardare la città in continua evoluzione con edifici sempre più super moderni (sembra di stare a Dubai o ad Abu Dhabi) e hanno la possibilità di esprimere (sperando che si avverino) i propri desideri mettendo la mano sul calco dorato dell’impronta del presidente Nazarbayev.
Nella Piazza Rotonda (Kabanbay Batyr, Round Place 34), proprio davanti l’alto e modernissimo Palazzo del Ministro dei trasporti e delle comunicazioni tanti sono i ristoranti con cibi da diversi paesi e noi veniamo portati, dalla guida e dall’autista, in quello italiano: Del Papa (papà alla russa) per esprimere un sincero parere. Non è assolutamente mia usanza mangiare cucina nostrana all’estero, ma loro sono eccitati, il mio boy contento e non faccio resistenza, ma, avverto tutti, sarò molto obiettiva. Lo stile è quello un po’ retro di una trattoria con tovagliato a quadratini bianchi e rossi, foto di personaggi noti che mangiano piattoni di spaghetti, musica da film anni ’50 o di cantanti che in Italia non trasmettono più nemmeno le radio nostalgiche. Ordiniamo tre pizze grandi, ben condite, basse e morbide, un’insalata bresaola, rughetta e parmigiano e scaloppine con funghi. Note stonate il tè caldo durante il pasto (ma quello non dipende dai gestori), il menu in inglese con ingredienti tradotti erroneamente e il bigliettino da visita completamente in cirillico! Per il resto prezzi nella norma (€ 15 circa a testa) e sapori effettivamente nostrani (il parmigiano era proprio lui e l’olio di oliva di media qualità). Mi sembravo uno dei giudici di Master chef, a ogni pietanza aspettavano la sentenza… che teneri! Il padrone, un certo Antonio Lafuria, pare abbia 6 ristoranti di questa catena, 4 ad Almaty e 2 ad Astana (complimenti!) e ci ha visto bene, dal momento in cui di clienti ce ne erano da tutto il mondo (italiani però solo noi).
Per digerire, una passeggiatina al Parco dell’Amore con il mento sempre in su per le alte costruzioni tra cui quella della compagnia nazionale petrolifera KazMunaiGaz.
Proseguiamo con un’escursione a una trentina di km, al Memoriale Alzhir un complesso eretto in un’area dove venivano deportate prevalentemente le mogli di chi era ritenuto contrario al regime comunista o comunque le donne che si riteneva sapessero qualcosa (complessivamente 8000 perseguitate per 15 anni fino al 1953). Molte avevano figli dai quali venivano separate, quelle che li avevano piccolissimi o erano incinte e li partorivano nelle carceri, potevano tenerli fino al compimento dei tre anni, dopo di che venivano mandati negli orfanatrofi. Luoghi di repressione, storie nei campi di lavoro raccontate da una preparatissima guida che in un perfetto inglese ci illustra alcuni reperti ben presentati in un museo. Tante sono le testimonianze che vediamo e ascoltiamo guardando un video proiettato in una piccola saletta con sottotitoli in inglese… ma le espressioni delle anziane sono così esplicite che avremmo compreso ugualmente il loro dolore.
Rientriamo ad Astana – capitale anche amministrativa candidata per essere sede dell‘Expo 2017 – per un ultimo giro con spiegazione rapida delle tante costruzioni vecchie, nuove, in procinto di essere ultimate o ancora su carta (come gli alberghi che sembrano non bastare mai e che pure abbiamo visto in gran quantità!). Ogni tanto una frase tipo “questa piramide l’ha costruita per noi la Turchia… questo enorme albergo, il Soluxe, in stile orientale, ce lo ha donato la Cina…”. Oh, ma solo a noi non ci regala niente nessuno?
La giornata termina davanti al Khan-Shatyr, un centro commerciale a forma ellittica di 100 mila mq all’interno del quale negozi, ristoranti, cinema, un parco per ragazzi all’ultimo piano e un supermercato a piano terra dove facciamo acquisti culinari.
La città non è servita da nessuna metropolitana, gli autobus pubblici hanno sempre il problema delle scritte, i taxi sono facilmente reperibili e piacevoli sono le gite organizzate come la nostra.
Salutiamo Alia che, come le altre donne conosciute in questa lunga settimana, è attratta dal made in Italy: abbigliamento, accessori, prodotti di profumeria… Ricordo persone che si sono tolte le scarpe per mostrarmi il logo dello stilista o che mi hanno fatto leggere le etichette degli indumenti, il marchio delle borse… E’ vero, i nomi erano verosimilmente di italiani ma, per quel che ne so, più che sconosciuti. Erano interessatissime ai costi delle borse, delle scarpe, delle creme di bellezza… Nonostante la mia impreparazione sulle grandi firme, continuavo a ripetere, coscientemente, che non rientravano tra gli acquisti della gran parte delle nostre donne. Rispondevo che solo una minoranza poteva (e può) permettersi di seguire l’alta moda italiana! Ho avuto l’impressione di non essere stata sempre creduta… probabilmente seguitano a immaginarci tutte griffate a buttare la spazzatura… forse anche perché, molto spontaneamente, ho regalato il mio giacchetto casualmente firmato e originale.
Rientriamo a piedi in albergo e finalmente un po’ di meritato relax prima di una mezza nottata.
9° giorno: domenica 25 maggio 2014: ASTANA – SAN PIETROBURGO – ROMA
Alle 3 il trasferimento in aeroporto per partire da Astana con il volo delle ore 5,45. L’autista e Masha ci assistono fino all’avvenuto check-in con imbarco delle valigie.
E’ l’ora dei saluti e inevitabilmente ci commuoviamo nel ringraziare Lei (con cui è nata una delicata dostyk=amicizia) e nel ricordare le persone realmente interessate a soddisfare al meglio le nostre esigenze. Il viaggio richiedeva almeno altri due giorni per apprezzare con più calma le bellezze contrastanti di questa piccolissima parte dell’enorme Kazakhstan (il nono al mondo per estensione, in pratica mezza Europa con la popolazione di un terzo dell’Italia). Una settimana però è bastata per conoscere un popolo affabile, aperto, cordiale e curioso di accogliere non solo business man ma anche Turisti per caso e per scelta come noi. Purtroppo in Italia c’è una scarsa conoscenza di questa Repubblica, ricca di cultura e tradizioni; le agenzie di viaggi non la pubblicizzano abbastanza, qualche guida on line che ho letto non è aggiornata e i telegiornali degli ultimi mesi la nominano per la storia della sig.ra Sharabayeva (la moglie di Abilazef, un banchiere kazako che pare sia scappato dal suo paese dopo aver truffato delle persone e che ora si trova in Francia) e di sua figlia, una faccenda probabilmente tutta politica che la maggior parte dei kazaki non conosce neppure.
Il duty free non è nulla di che e i prezzi piuttosto alti. Navighiamo un po’ su internet gratuitamente e poi voliamo a San Pietroburgo, dove atterriamo alle 7,55. Durante le 4 ore e 10 di volo serviranno la cena, più o meno simile al pranzo dell’andata.
Dal Terminal Pulkovo 1 alle 10,20 il decollo per la nostra amata città dove atterreremo alle 12,05. Durante le 3 ore e 45 di volo un’abbondante merenda con crêpe ripiena di marmellata, merendina, pane, burro e formaggino.
Buon viaggio,
Luna (in kazakh AI) Lecci