Tra yurte e montagne, questo è il paese che ti farà vivere un’avventura “selvaggia” nel cuore dell’Asia Centrale
Un’estate mi chiedevo dove andare fuori Europa senza dover vendere un rene a causa dell’impennata dei prezzi post-Covid. Dopo una maniacale ricerca, l’unica risposta a questa domanda è stata il Kirghizistan, uno stato a malapena sentito nominare. Il Kirghizistan è uno dei cinque -stan in Asia Centrale, creatisi nel 1991 a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica ed è sotto molti punti di vista lo -Stan più democratico e politicamente stabile dei cinque. Prima di partire abbiamo prenotato poche cose, abbiamo solo definito un itinerario da seguire a grandi linee e ci siamo informati per alcuni tour che avremmo poi prenotato in loco; per quanto riguarda gli alloggi e i mezzi di trasporto, ci siamo organizzati una volta arrivati. Per un turista europeo il Kirghizistan significa un viaggio affascinante, estremamente economico e sicuro, anche nelle zone più remote del paese. Si tratta di uno stato ancora lontano dal turismo di massa, ma al contempo ben organizzato e semplice da esplorare.
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Diario di viaggio
5 Agosto – Biškek
Un comodo volo della Pegasus Airlines da Malpensa con sosta a Istanbul ci porta al piccolo aeroporto internazionale Manas a Biškek, la capitale del Kirghizistan. Sistemati gli zaini in un ostello pulito e carino, esploriamo la città. Pur non essendo una metropoli Biškek ha quasi un milione di abitanti. Essendosi espansa in periodo sovietico ha precise caratteristiche che si ritroveranno in ogni centro abitato: una griglia di strade ben organizzata con chiare vie principali e secondari, lunghissimi viali alberati e marciapiedi enormi, numerosi edifici trionfali di architettura sovietica con maestose piazze, innumerevoli parchi e aree sportive. È dunque una città immersa nel verde e molto piacevole da visitare a piedi.
Lungo l’interminabile via principale, Chüy Prospekti, che taglia la città da ovest a est, ci sono i maggiori punti di interesse turistico. Tra questi, spiccano maestosi edifici come la Filarmonica Nazionale, il Jogorku Kenesh (il parlamento), il Museo di Storia Nazionale e il Museo delle Belle Arti. Dietro al parlamento, il Parco Panfilov ospita un interessantissimo luna park fermo agli anni ’70, con tanto di ruota panoramica.
6 Agosto – Lago Issik-Kul
Per spostarsi nel paese ci sono stazioni di minibus condivisi in ogni città, che offrono un’opzione economica e affidabile per gli spostamenti tra le località. In alternativa, se si viaggia in un piccolo gruppo, può essere conveniente usare il taxi. Con una trentina di euro, in 3 ore raggiungiamo un luogo vicino a Tamchy, sulla riva del lago Issyk-Kul, il secondo lago di montagna più grande del mondo a 1600 m s.l.m. Qui abbiamo trascorso la mattinata a osservare alcune attività tipiche di quella che un tempo era la popolazione nomade, che includevano dimostrazioni di caccia di aquile e falchi e dimostrazioni di abilità a cavallo. La ciliegina sulla torta, il Kok-Buru. Questo sport, dal 2017 patrimonio culturale intangibile dell’umanità, che vanta anche tornei internazionali, consiste in due squadre di cavalieri che devono fare canestro in due grandi cesti. Unica particolarità, la palla è una capra decapitata, da lanciare nel cesto per fare punto.
L’evento era organizzato dal CBT, una associazione turistica kirghiza con sedi in ogni città a cui ci siamo rivolti spesso per via dei prezzi molto competitivi e il rapporto con le comunità locali. Successivamente, abbiamo raggiunto la vicina città balneare di Cholpon-Ata, un equivalente locale per kirghizi e russi della nostra riviera. Salta all’occhio l’incredibile abbondanza di gonfiabili di ogni tipologia e dimensione venduti ovunque, probabilmente per il basso numero di persone che sanno nuotare. Nonostante sia un lago di montagna, la temperatura è gradevole e la spiaggia è affollata di persone; invece del classico cocco bello gli ambulanti vendono pesci interi affumicati appesi a ganci di ferro che i locali (e noi) sgranocchiano con gusto. L’acqua è fredda e limpida, piccoli baretti vendono strani snack e bevande, altri ambulanti portano falchi e aquile per foto ricordo. Ogni 5 minuti un motoscafo porta in giro persone a fare parasailing, e durante le fasi di atterraggio non è raro vederli finire sugli ombrelloni invece che nell’area designata, il tutto nell’indifferenza generale. La sera ci siamo fermati in uno dei tanti ristoranti vicini alla spiaggia, dove con appena 4 euro a testa mangiamo pesce alla griglia. A perfetta conclusione della serata, scopriamo uno stabilimento termale, spartano ma ben tenuto, aperto fino a sera tardi dove passiamo una piacevole ora a riscaldarci nelle piscine.
7 Agosto – Karakol
Dopo una mattinata in spiaggia, prendiamo il primo minivan collettivo diretto a Karakol. In meno di 3 ore arriviamo a Karakol, base ideale per esplorare la regione sudest del Kirghizistan. Come di consueto, struttura geometrica, strade e marciapiedi spaziosissimi, regolarissima divisione in lotti rettangolari, innumerevoli parchi e piazze. Dopo una breve tappa al “CBT” di Karakol, dove organizziamo due tour per i giorni successivi, raggiungiamo un delizioso ostello con un grazioso giardino su cui si affacciano alcune yurte private al costo di una quindicina di euro per notte.
Ogni paese e località attraversata si conferma perfettamente sicura e tranquilla sia di giorno che di notte.
8-9 Agosto – Enilchek e valle Sary-Jaz
Alle 9 del mattino ci viene a prendere in ostello Ivan, la nostra guida, kirghiza con discendenze russe, in tuta mimetica e con un enorme 4×4 al seguito. Non parla inglese, come la maggior parte delle persone, perciò comunicheremo a gesti e con l’aiuto del traduttore sul cellulare. L’obiettivo di questi due giorni è addentrarci in macchina nella valle Sary-Jaz fino a raggiungere la città fantasma di Enilcheck, una città mineraria fondata dai sovietici alcuni decenni fa. Al suo picco ospitava 10000 abitanti, oggi vi abitano solo 30 famiglie, a più di 5 ore di sterrato dal centro abitato più vicino. Non essendoci ovviamente hotel, soggiorneremo ospiti di una famiglia del posto.
Nonostante l’ingresso in Kirghizistan non richieda un visto, a causa della vicinanza con il confine cinese, la Cina richiede un permesso speciale per accedere all’area, unica cosa organizzata pre-partenza. I due giorni di tour ci sono costati complessivamente 60 euro, a cui si sono aggiunti 20 euro di permesso. Il viaggio in macchina è molto affascinante e attraversa diversi paesaggi piuttosto disabitati. L’arrivo a Enilchek è impressionante: la città è situata in un avvallamento ed è interamente circondata da montagne. Da un lato, alcune casette abitate, palazzoni in cemento, disabitati e in disuso (una scuola, il vecchio municipio, enormi condomini, uno stabilimento termale), vecchi giochi per bambini e impianti sportivi risalenti agli anni ’80. Dall’altro lato, altre costruzioni abbandonate, come vecchi stabilimenti minerari e altri complessi residenziali.
Nonostante l’assenza di amenità, tra giri in macchina ad ammirare il paesaggio e le miniere, alcune ancora parzialmente in funzione, una esplorazione del paese abbandonato, e un bagno nelle acque termali naturali di un fiume limitrofo, il tempo vola. Dopo una cena piacevole, ci ritiriamo nella casa che ci hanno messo a disposizione, spartana ma dignitosa. Il piacevole senso di isolamento è accentuato dalla totale assenza di ricezione di internet in tutta la valle. La mattina successiva riusciamo a fare due chiacchiere con la signora che ci ospita tramite gesti e il traduttore: scopriamo essere l’insegnante della scuola locale, nata e cresciuta a Enilchek e conferma che tutta la città era abitata e tutti gli edifici erano in uso fino allo spopolamento iniziato nel 1993, causato dalla cessazione delle intense attività minerarie. Ci mostra la piccola scuola, frequentata fino ai 12 anni dai pochi bambini della città, costruita di recente con fondi stranieri.
Lungo la via del ritorno Ivan si ferma, strappa una erbaccia da bordo strada e ce la mostra. È marijuana, scopriamo essere una pianta autoctona, nata e diffusasi dall’Asia centrale. Nonostante sia illegale, qui cresce spontaneamente come una erbaccia qualunque. A cena scopriamo un bel ristorante a Karakol, Zarina, dove torneremo spesso, che cucina degli ottimi Langman, una versione dei noodles con carne e verdura, e Manty, dei ravioli di carne e cipolla.
10 Agosto – Karakol
Un altro giorno tranquillo a Karakol per spezzare i due giorni precedenti e i prossimi tre giorni di trekking. Visitiamo la coloratissima Moschea Dungan, costruita dalla comunità cinese musulmana a inizio ‘900 interamente in legno a incastro, ovvero senza utilizzo di chiodi, la Chiesa ortodossa Santa Trinità, anch’essa interamente in legno e poi giriamo per il vivace mercato di Karakol. Nel complesso, come previsto, Karakol non è una città assolutamente da visitare, ma molto piacevole da vivere e girare, e ottimo luogo per riposare tra escursioni.
11-12-13 Agosto – Trekking ad Ala-Kul
Abbiamo optato per un trekking di 3 giorni e 2 notti per raggiungere il lago Ala-Kul, accompagnati da una guida che ci è costata 250 euro totali. Non essendoci molti rifugi sul percorso, ci siamo portati dietro anche i pranzi e i sacchi a pelo, mentre le notti le abbiamo passate nei pochissimi camp lungo la strada, pagati a parte. Il trekking, molto faticoso ma non estremo, richiedeva un pò di allenamento e di esperienza di montagna, anche considerato il peso dello zaino, la lunghezza e i più di 2000 metri di dislivello. Il primo giorno la camminata è durata poco più di mezza giornata. Inizialmente in piano, in una vallata che ricordava le alpi, prosegue con un tratto molto pendente che termina all’agognato campeggio. Il camp è molto semplice, una yurta cucina, alcuni tavoli e sedie, un paio di yurte per i camminatori sprovvisti di tende come noi e uno spiazzo per piantare le proprie tende. Il camp si trova in una stretta vallata con un laghetto di acqua celeste perfetta per sciacquarsi e rilassarsi; in lontananza si intravedeva il picco che avremmo affrontato il giorno dopo, 700 metri più in alto. Dopo un’ottima cena a base di spaghettini e verdure e innumerevoli tè ristoratori, ci corichiamo nella nostra yurta, mentre fuori diluvia e la temperatura si abbassa precipitosamente.
Dopo una abbondante colazione, alle 7 si parte in direzione del Lago Ala-Kul a 3650 metri di altitudine, situato a circa due ore di cammino dal campo a 2900 metri. Il sentiero attraversa una foresta, poi la vegetazione si dirada fino a essere sostituita da un ambiente roccioso e scosceso, sempre più ripido. Il lago è uno spettacolo, che non ci si può godere a lungo poiché il tratto più difficile attende: bisogna raggiungere un passo a 3950 metri, salendo per altre due ore, per scendere poi nella prossima vallata. Il passo è molto stretto ed esposto; dopo alcune foto di rito, iniziamo una ripidissima discesa attraverso una sassaia, prima di concludere con le ultime 4-5 ore di camminata. La giornata, iniziata all’alba, termina verso le 5 e mezzo, quando raggiungiamo il villaggio Altyn Arashan, un agglomerato di campeggi e yurte. Qui ci sono yurte più confortevoli, bagni, cucine e sorgenti termali dove riscaldarsi. La serata si conclude con una cena e una bella atmosfera festosa tra i vari gruppi di camminatori, le guide e i gestori del posto, con musica, birre e whisky artigianale. L’ultimo giorno è stato molto leggero, qualche ora di camminata per raggiungere il punto dove una macchina ci ha raccolto e riportato a Karakol. Qui abbiamo mangiato nel nostro ristorante di fiducia e trascorso un pomeriggio in spiaggia.
14 Agosto – Skazka Canyon e Kočkor
Oggi l’obiettivo è spostarci da Karakol a Kočkor, un tragitto di circa cinque ore, cercando di risparmiare il più possibile e sostando allo Skazka Canyon, chiamato anche canyon delle favole, per via delle sue bizzarre formazioni rocciose di un rossiccio acceso. Dopo una breve trattativa con un tassista, per 35 euro otteniamo un passaggio fino a Bokonbayevo, a un paio d’ore da Kočkor, inclusa una sosta di un ora al canyon. La strada costeggia la costa meridionale del lago Issik-Kul, e i colori delle spiagge e dell’acqua ricordano quasi paesaggi greci. Il percorso è addobbato da varie fermate di bus in cemento di scuola sovietica e molti monumenti mastodontici in mezzo al nulla dedicati alla Grande Guerra Patriottica, quella che noi chiamiamo Seconda guerra mondiale. Da Bokonbayevo contrattiamo un altro taxi che per altri 35 euro ci porta fino a Kočkor.
Il paese è una versione ridotta di Karakol, e dai turisti è utilizzato come base di partenza per raggiungere il lago Song-Kul.
15 e 16 Agosto – A cavallo al lago Song-Kul
Il tour prevede una giornata e mezzo a cavallo, con pernottamento in una yurta vicino al lago Song-Kul. Dopo aver raggiunto in macchina una vallata, trascorriamo un paio d’ore con una famiglia di allevatori locali, che ci forniscono i cavalli per l’escursione e una guida. La sala da pranzo è un vecchio pulmino a cui hanno tolto le ruote ed è trasformato in un accogliente salotto; la latrina invece, come di consueto nelle zone rurali in Kirghizistan, è un piccolo capanno poco distante casa. Dopo un po’ di tempo trascorso a mangiare, giocare con i bambini e assaggiare il Kumis, una bevanda a base di latte di cavallo fermentato, iniziamo la nostra escursione a cavallo. Nessuno ha esperienza pregressa con i cavalli, perciò all’inizio è difficile avere dimestichezza e procediamo lentamente. In particolare, il mio cavallo è un ribelle, va lento, tira calci agli altri sventurati cavalli che passano a fianco, inciampa. Addirittura, il fratellino della guida di solo sette anni che conduce un cavallo dieci volte più grande di lui, deve prendere le redini del mio cavallo e condurmi. Poi il cavallo, con l’aiuto di un piccolo frustino e di alcuni consigli, diventa molto più ubbidiente e inizia ad ascoltarmi.
Cavalcare è stancante e doloroso se non si è abituati, ma il paesaggio, pur essendo molto ripetitivo, è maestoso, con immense vallate verdi, senza un albero o un arbusto, che ricordano una combinazione tra il Signore degli Anelli e gli sfondi di Windows. La sera trascorre velocemente nel piccolo camp vicino al lago, dove siamo gli unici ospiti. La mattina cavalchiamo lungo il lago per alcune ore. Vista la semplicità del percorso possiamo permetterci di andare autonomamente al trotto e al galoppo, rendendo il tragitto molto più breve e divertente. Una volta rientrati a Kočkor, prendiamo un minibus che ci riporta a Biškek.
17 Agosto – Biškek
Trascorriamo l’ultimo giorno in Kirghizistan esplorando Osh Bazar, un mercato enorme dove si vende di tutto sia all’aperto che chiuso, e con parti più strutturate e altre più informali. Questo bazar è un riflesso della diversità culturale in Kirghizistan, con influenze arabe pregresse mescolate a decenni di egemonia sovietica. C’è la zona abbigliamento, una zona con souvenir e artigianato, e persino una specializzata in abbigliamento militare. Due enormi edifici sovietici catturano l’attenzione: uno ospita decine e decine di negozi di gioielli, un altro è dedicato alla vendita di cibo. Particolare è l’area carne, con uno spazio dedicato a frattaglie, intestini, cuori, lingue di capra e mucca e la zona dedicata alle spezie, che ricorda i mercati di una città araba. Mangiamo in un locale nel mercato i soliti Langman, Manty e spiedini di carne, tutto sommato buoni, per ben un euro a testa.
Il pomeriggio passiamo dalla famosa Ala-Too, una vivace piazza di fronte al Museo di storia naturale, e visitiamo il Museo delle Belle Arti, con una interessante collezione di pittori di periodo sovietico che ritraggono scene di vita e paesaggi locali. Continuiamo un giro a piedi per i numerosi monumenti celebrativi, piazze e parchi, come Piazza della Vittoria, il vicino e monumentale Circo e la Moschea Centrale Iman Sarahsi.
Alcune considerazioni sparse
- Le Yurte sono ovunque e di tutti i tipi. Elemento distintivo delle yurte kirghize è il “tunduk”, la parte superiore della yurta caratterizzata da intrecci di bastoni, utilizzato come motivo centrale della bandiera del Kirghizistan. Sono usate principalmente come abitazione nelle zone rurali, ma sono riprese anche in città, per lo più per turisti. Abbiamo dormito in yurte spartane per terra, in yurte con materassi e coperte e in yurte perfettamente arredate come una normale camera da letto.
- In Kirghizistan sono tutti bilingue. Si parla Russo e Kirghizo, lingua con forte influenze arabe (Ciao in kirghizo è appunto Salam). Prima del 1941 il kirghizo era scritto in alfabeto arabo, dopo è stato sostituito con l’alfabeto cirillico per uniformarlo alla lingua russa.
- Il mangiare è molto pesante e non troppo variabile, ma alcuni piatti sono interessanti. I nostri preferiti erano i Manty, fritti e non, ravioli di carne e cipolla; i Boso Langman, ovvero noodles con verdure e straccetti di carne. Altri piatti comuni sono spiedini di carne varia e lo Shorpo, ovvero una zuppa con patate verdure e pezzi di carne. A colazione usa mangiare uova e una sorta di porridge. Come bevande diffuse, il Kumis, latte di cavallo iper-fermentato, difficile da assimilare se non abituati.
- In qualsiasi ristorante non viene messo il coltello a tavola. Una delle poche parole imparate in russo è “Nozh”, coltello, da chiedere al cameriere ad ogni pasto.
- Come da tradizione araba, il tè è una presenza costante a colazione, pranzo e cena, e in particolare fuori città dove l’acqua pulita scarseggia.
- La tipica posizione per riposare, conversare, fare pausa, non è quella di sedersi, ma è di stare seduti in “squat”, accovacciati con i talloni appoggiati a terra e il sedere appoggiato direttamente sui talloni. È una postura comune in molte culture dell’ex Unione Sovietica, diffusissima, non solo in assenza di sedute. Ad esempio, la nostra guida, dopo 8 ore di camminata, conversava in squat con i suoi amici; in città capitava di vedere gente che parlava in squat sopra a una panchina.
- C’è una forte enfasi sulla concezione dello sport e dell’attività fisica come parte integrante della vita quotidiana. Si trovano campi da calcio e da basket ovunque, e in molti parchi ci sono attrezzature per l’allenamento ginnico, tra cui sbarre e parallele.
- Con grande sorpresa, nonostante la guida sia a destra, circolano macchine con il volante sia a destra che a sinistra. Questa particolarità è dovuta al recente aumento di importazione di auto di seconda mano dal Giappone.