Thailandia del nord

Dai confini con il Myanmar in sette giorni fino a Bankok
Scritto da: maurizio567
thailandia del nord
Partenza il: 01/01/2015
Ritorno il: 10/01/2015
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €

THAILANDIA DEL NORD, DA CHIANG RAI A BANGKOK

Eravamo già stati nel 2012 in Thailandia nella classica vacanza al mare a Pukhet ed a Bangkok. Colpiti dalla bellezza dei luoghi e dalla gentilezza dei thailandesi, abbiamo deciso di estendere questa volta il viaggio ai territori al nord fino a raggiungere i confini con il Myanmar e il Laos.

Come in altre occasioni abbiamo deciso di affidarci ad un tour-operator in modo da visitare i luoghi rilevanti con una guida italiana, senza perdite di tempo e già con un programma dettagliato. Dopo alcune valutazioni, abbiamo optato per “I viaggi del Mappamondo”, un tour-operator che già avevamo collaudato positivamente in altra occasione. Il programma prevedeva, giunti a Bangkok un volo fino a Chiang Rai vicino ai confini del nord e da lì la discesa al contrario verso Bangkok in sette giorni effettivi, visitando tutte le città e le località più rilevanti.

Disgraziatamente due giorni prima della partenza ho subito la rottura del malleolo per un sinistro in moto (mai usare la moto prima di un viaggio). Tuttavia dopo le radiografie di rito e le cure del caso, ho deciso di partire egualmente, contando su uno tutore ortopedico per bloccare il piede, un robusto bastone…ed una moglie medico al seguito, oltre a figlio e fidanzata prossima farmacista.

Avendo deciso tardi, non abbiamo potuto utilizzare un volo diretto Roma-Bangkok, ma ci siamo serviti della Emirates per le tratte Roma- Dubai e Dubai-Bangkok (circa 5 – 6 ore a tratta, servizio a dir poco impeccabile come sempre nella Emirates, aerei modernissimi, con molti film anche in Italiano, videogiochi, e pasti al top (per tutti pollo al pepe verde avvolto il foglia di banano). Invece per la tratta Bangkok-ChiangRay abbiamo utilizzato l’altrettanto ottima Thai con un volo di circa un’ora.

Singolare che al chek-in a Roma ci avevano detto che le valigie le avremmo trovate a ChiangRay. Solo per un caso ci siamo accorti che in realtà erano state scaricate all’aeroporto di Bangkok.

CHIANG RAI

Arriviamo la mattina presto, ora locale, a Chiang Ray. Già l’essere passati dagli 0 gradi di Roma ai 30 ed oltre gradi della Thailandia costituisce una ottima motivazione del viaggio. Troviamo in aeroporto a prenderci la nostra guida, Noi, una signora quarantenne che parla un ottimo italiano e si rivelerà nel corso del viaggio un eccellente punto di riferimento per tutti, ricca di spiegazioni sia circa i luoghi visitati, sia circa gli usi e costumi locali, mostrando una profonda cultura unita ad una buona dose di humor , per di più sempre attenta alle esigenze anche pratiche di ogni singolo partecipante. Siamo in tredici italiani con un grande pullman a disposizione ed un ottimo autista.

Alloggiamo all’Hotel Dusit Island Resort, ove cambiamo il danaro (un euro al 2 gennaio 2015 valeva 37-39 bat). L’hotel è costruito su un’ansa del fiume Kok: uno spettacolo della natura. Il cibo ad altissimo livello a buffet con piatti della cucina locale thailandese ed internazionali.

Attenzione alle salse. Ho abbondato con una salsa che veniva offerta a parte nel buffet formata da peperoncini, fagiolini o simili di vari colori brillanti ed ultrapiccanti annegati nell’olio (viene sempre proposta in tutti i ristoranti). Dopo una terza cucchiaiata di riso e pollo conditi, con eccessiva abbondanza (ma l’ho compreso dopo), con detta salsa, ho iniziato a tossire senza ritegno, schizzando qua e là pezzetti di pane e l’acqua che cercavo di trangugiare, attraendo l’attenzione di tutti i commensali, senza poter respirare, ormai sicuro di interrompere poeticamente la mia esistenza sulle rive del fiume Kok.

Quantomeno mi sono distratto dal piede fratturato e dolorante.

Questo primo giorno, siamo andati a visitare il Wat Rong Khun un tempio bellissimo, di vaste dimensioni e davvero singolare con un laghetto ed una struttura completamente smaltata bianca con inserti in vetro a specchio che riflettono la luce. Da non perdere nonostante la calca dei visitatori.

La serata la abbiamo passata al Festival dei fiori con innumerevoli bancarelle di cibi incomprensibili, ma dagli odori estremamente attraenti, utilizzando i risciò a pedali (40 bat), visto anche che cammino a stento.

E’ davvero sorprendente per noi europei il costo irrisorio dei prodotti offerti (spiedini di frutta esotica, sacchetti di tamarindo o bocconcini di pesce fritto) a 10, 20 o 30 bat ( una manciata di centesimi e comunque meno di un euro).

Dopo una notte insonne in vari aerei ed il cambio di fuso orario (+6) ed il piede disastrato, il letto dell’hotel è stato il premio di una giornata molto intensa.

IL TRIANGOLO D’ORO

Questa parte della Thailandia al confine con il Laos ed il Myanmar era nota per la coltivazione dell’oppio, tant’è che è immancabile la visita al Museo dell’oppio, (piantagioni, produzione, utilizzo e smercio della droga). Ora grazie agli interventi governativi (anche esteri) i terreni sono coltivati a caffè, the e frutta.

Interessante la visita alla dimora in montagna della Regina madre, un incrocio tra uno chalet in legno svizzero e lo stile thailandese, il tutto in mezzo ad un parco botanico estremamente curato. Per entrare nella Villa reale bisogna levarsi le scarpe, operazione difficile per me, ove lo stivale ortopedico è stato infilato in una sacchetto di nylon.

Anche qui per chi non vuole percorrere a piedi il tragitto in salite e discese, è possibile noleggiare un fuoristrada elettrico da 8 posti condotto da graziose ragazze thailandesi.

Durante il pomeriggio siamo andati a vedere alcuni templi, tra cui il tempio Wat Phra Dhat Jom Kitti con i suoi 383 scalini, (ma io sono rimasto alla base). il Wat Jedi Luang contenente alcune presunte relique del budda.

Per andare a pranzo abbiamo percorso con le tipiche lance a motore thailandesi (ognuna con un motore residuato da qualche rottamatore di auto, diverso uno dall’altro, con un lungo albero di trasmissione collegato all’elica, sicchè il conducente possa evitare alghe e bassi fondali, semplicemente alzando o abbassando in continuazione motore ed elica), il fiume Mae-Kok al confine con il Myanmar.

LE DONNE GIRAFFA

Molto interessante è stata la visita al villaggio delle “donne giraffa” (le tribù di montagna Paduang, villaggio Karen). Come nei documentari queste donne ottengono, seguendo un loro canone di bellezza, l’allungamento del collo con una serie di anelli di ottone (una specie di molla) che schiacciano le vertebre cervicali e parte della gambe in alcune. A parte la pratica, che va ovviamente condannata, tuttavia la visita al povero villaggio è stata particolarmente interessante, sia per i costumi sgargianti, i copricapi e gli altri indumenti coloratissimi, ma soprattutto per le sciarpe create dalle stesse donne e vendute ai turisti (ca 100 150 bat). Bellissimi i bambini e le bambine con i costumi tradizionali.

Questi, salvo qualche anello ornamentale, non risultavano, fortunatamente sottoposti alle pratiche barbariche della compressione. Va detto in tal senso che, il governo del Myanmar ha vietato tali pratiche e dunque, oggi l’unica ragione di sottoporsi a tale auto violenza, potrebbe derivare proprio dalla domanda dei turisti. Per correttezza va però detto che non abbiamo visto nel villaggio alcuna donna giovane sottoposta a tale tortura, ma soltanto donne già in età avanzata o comunque matura.

POPOLAZIONE, POLIZIA E BLOCCHI STRADALI

Due parole sulle strade e la polizia. I veicoli che transitano sono tra i più creativi ed originali: moto con 3 o 4 persone, altre con un tetto di lamiera ad uso trasporto, i familiari che viaggiano nei cassoni dei fuoristrada in piedi, auto e mezzi ricostruiti con frammenti di altre vetture, etc. I posti di blocco sono continui. Ci dicono perché i poliziotti sono alla ricerca di droga o più realmente per estorcere mazzette ai motociclisti ed agli automobilisti. C’è una corruzione diffusissima ed una notevole paura per il potere della polizia (c’era stato a maggio 2014 l’ultimo colpo di Stato dei militari).

Il nostro autista, persona cortesissima, professionale ed ottima sotto tutti gli aspetti con un pullman perfetto ed immacolato è stato fermato per una banalità. Abbiamo assistito ad una scena incredibile. Dopo aver ritirato il verbale redatto dal policeman, l’autista prima di risalire sul nostro mezzo, ha baciato le mani al poliziotto ! Cosa dire.

La gente peraltro sembra sinceramente legatissima all’anziano re ed alla regina le cui gigantografie ornano buona parte delle strade (parlare male dei regnanti porta rapidamente in carcere…quello thailandese). Non altrettanto la popolazione sembra rispettosa del governo, ma sul punto, non accettano, per evidente paura, alcun dialogo. Certe volte l’estrema gentilezza dei thailandesi, da noi smaliziati europei , può essere confusa con ingenuità, anche se la loro visione della vita (una delle tante per i Buddisti), è lontana anni luce dal nostro modo di vedere.

CHIANG MAI

A circa duecento chilometri da Chiang Rai si arriva a Chiang Mai, l’antica capitale della Thailandia del nord. Oggi è un importante centro turistico lungo le rive del fiume Ping ed è rinomata per le attività artigianali. Il nostro hotel era il Dusit D2, posto in una posizione centralissima in mezzo al mercato notturno di Chang Mai. Noi abbiamo visitato l’immancabile Centro della Seta, ove si osserva tutto il ciclo vitale dei bachi, la produzione della seta fino ai prodotti finiti (un foulard costa circa 1.500 bat, 1.200 una cravatta di seta ed un vestito da donna completo con consegna in hotel la sera stessa dopo gli aggiustamenti richiesti ca. 10-12.000 bat). A seguire il Centro della lavorazione della carta, dell’argento e del legno.

Di particolare interesse è nelle vicinanze, a Mae Sa il vivaio delle orchidee il Bai Orchi Butterfly Farm. Oltre la visione e la spiegazione di tutto il processo di coltivazione delle orchidee, in un ambiente da grande orto botanico, vi è una parte dedicata alle farfalle che svolazzano in un ambiente chiuso a loro destinato. Molto piacevole è la possibilità di pranzare in un ottimo ristorante interno, a buffet con cibi tradizionali e soprattutto la possibilità di acquistare oltre i fiori in crescita all’interno di apposite bottiglia, delle orchidee cristallizzate.

In sostanza tramite un apposito processo sono in vendita particolari gioielli da donna formati da piccole orchidee vere vetrificate in modo che conservino per sempre forma e colori. Il tutto a costi modesti, per noi europei, in circa 400-500 bat per una collana o un bracciale, un fermacapelli e simili.

Nel pomeriggio siamo andati al Parco degli elefanti il “Maesa Elephant Camp” . Creato nel 1976 è di fatto un parco a tema. Inizialmente abbiamo assistito al bagno dei pachidermi in un fiume che attraversa il parco. A valle del fiume delle graziose ragazze in acqua con dei cesti raccolgono le deiezioni degli elefanti dalle quali, grazie alle fibre vegetali di cui sono composte vengono creati oggetti di cartone, come per esempio le cornici vendute ai turisti con le foto dei visitatori. Assistendo allo show si resta stupiti dal tipo di intelligenza elevato degli animali, i quali non solo sono in grado di vari esercizi, come per esempio colpire palloncini con le freccette, o giocare a pallone, ma anche di dipingere con pennelli e colori, quadri piuttosto elaborati (ogni animale un dipinto diverso, dimostrando capacità mentali superiori a cani o gatti), quadri che poi vengono venduti ai visitatori.

La sera non poteva mancare la cena al ristorante tipico con spettacolo di danze thailandesi delle tribù di montagna mentre ci adattavamo agli usi locali intingendo con le dita le palline di riso glutinoso (sticky rice) nelle numerose ciotoline con le varie salsine con carne e verdure.

SUKHOTAI

Dopo circa quattro ore di pullman arriviamo a Sukotai (350 chilometri a sud di ChiangMay ed a 450 chilometri a nord di Bangkok). La città è nota per essere stata il centro dell’antico regno Thai. Nel 1278 salì al trono Ramkhamhaeng il Grande che dopo la cacciata dei khmer organizzò il regno su basi moderne, visitò la Cina due volte riportando gli artigiani più valenti ed unificò il sistema di scrittura thailandese.

Il suo fu un governo di notevole stabilità come testimonia l’iscrizione su una pietra “Questo regno è buono. Nell’acqua ci sono i pesci e nei campi il riso. Il governatore non impone nessuna tassa alle persone che viaggiano insieme ai buoi per andare a commerciare o cavalcano per andare a vendere. Chi vuole comprare o vendere gli elefanti, lo faccia. Chi vuol comprare o vendere i cavalli lo faccia. Chi vuole comprare o vendere l’argento o l’oro lo faccia”.

Uno stimolo all’iniziativa privata che dovrebbe essere meditato da molti governanti attuali i quali anziché considerare le giovani imprese come un bene prezioso per tutti, le spremono di balzelli fino alla chiusura!

All’andata ci siamo fermati a visitare uno dei complessi religiosi buddisti più importanti del nord della Thailandia, il Wat Prathat Lampang Luang. La visite più belle sono state però, (imperdibili), quella prima a Sri Satchanalai e poi a Sukhotai. Il primo è un parco storico archeologico che si estende per ettari di territorio con templi e strutture religiose sviluppantesi in altezza che ricordano al turista quasi le costruzioni messicane atzeche. In tutto il territorio archelogico esteso in un parco vastissimo, eravamo gli unici visitatori, il che ha reso la visita davvero affascinante. Poi abbiamo visitato l’altro e più importante Parco storico archeologico di SuKhothai (Muang Kao Sukhotai). Per rendersi conto della bellezza e dell’importanza del parco basti dire che è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’umanità. Il Parco è diviso in cinque zone con laghi coperti di ninfee rosa. Sono sopravvissute tutte le costruzioni in mattoni rossi e stucchi che costituivano gli edifici religiosi o funerari con statue di Buddha gigantesche, mentre sono scomparse le abitazioni in origine di legno.

Prima di sera ci fermiamo a visitare il mercato della città. La maggioranza dei cibi esposti era per noi europei incomprensibile. Abbiamo assaggiato alcuni involtini di frutta e dei dolci alla zucca. Abbiamo saltato il banco che vendeva una specie di grossi topi arrostiti. La sera ci fermiamo a mangiare e dormire in un hotel con bungalow in stile di pagoda thailandese, immerso nella natura ed attraversato da un bellissimo torrente pieno di fiori: il”Legendha”. Tutti gli ospiti singolarmente sono italiani. Spettacolo serale di ottimo livello di danze thailandesi durante la cena. Cibi caratteristici davvero buoni (ma ormai ci siamo abituati). Ogni mattina vengono i monaci a benedire ed a ritirare il cibo a loro offerto dall’hotel, la cerimonia si svolgerà alle 6,30. Gli ospiti sono invitati… se si svegliano in tempo utile.

AYUTTHAYA

Ci siamo svegliati in tempo. Breve cerimonia molto coinvolgente. Due monaci, l’uno anziano e l’altro giovane, vestiti della tradizionale tonaca arancione sono comparsi avanti il ristorante all’aperto. Tutti i camerieri e le cameriere in servizio si sono inginocchiati mentre i monaci, recitata una preghiera, li benedicevano tutti. C’era una atmosfera surreale all’alba con il rumore dello scorrere del torrente che attraversa la struttura, le piante tropicali e la nebbiolina mattutina cha avvolgeva tutti.

Partenza per Ayuttahaya. Dopo oltre tre ore giungiamo a Ayutthaya anch’essa dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’umanità. Fondata nel 1350 divenne per 400 anni la più grande città asiatica annettendo anche territori della Cambogia ed assorbendo la cultura Kmer. Basti dire che nel 1600 aveva un milione di abitanti (Londra nello stesso periodo ne aveva la metà). Vennero distrutti dai Birmani i principali monumenti intorno al 1760 ed oltre.

Ci siamo fermati a mangiare lungo la strada in un bellissimo ristorante-parco botanico attraversato da un fiume, il The Chaba Lagoon in località Chainat poco prima di Ayuttaya. Anche se faceva molto caldo le tettoie con ventilatore permettevano di pranzare in buone condizioni (a Roma ci hanno detto che c’erano 0 gradi !). Il Parco del ristorante (ottimi i cibi thailandesi) è un tripudio di piante tropicali, orchidee, ninfee, statue e giochi d’acqua che difficilmente dimenticheremo.

La mattinata successiva la dedichiamo, e ne valeva la pena, a passeggiare tra le rovine dell’antica Ayutthaya, distrutta dai birmani nel 1767. Interessante la visita al tempio di Mongkol Borphit con il Budda di bronzo alto più di 13 metri, ma soprattutto da visitare le rovine del sito kmer di Wat Chai Wattanaram. A noi è capitato di arrivare durante un violento, quanto passeggero acquazzone, (ma sono preparati dal momento che le bancarelle vendono gli ombrelli a 40 bat), e nonostante i disagi, l’atmosfera del sito sotto la pioggia torrenziale, (gli unici turisti eravamo noi), è stata coinvolgente quasi mistica.

BANGKOK, I CANALI E LA FRUTTA TROPICALE

C’eravamo già stati due anni orsono. La ricordavamo come una città caotica e tale è rimasta, (18.000.000 di abitanti) con un contrasto che salta agli occhi tra le baracche sui canali ed i grattacieli che si stanno espandendo a macchia d’olio.

Il tour operator ci aveva prenotato i giri ai templi ed alla reggia.

Tuttavia di templi eravamo francamente saturi ed abbiamo chiesto all’organizzazione, a pagamento, di fare il giro dei canali cosa che mio figlio e la fidanzata non avevano mai fatto.

Nel pomeriggio il giro è più corto, perché chiudono alcune chiuse laterali. C’erano varie possibilità e noi abbiamo optato per la soluzione più costosa (ca. 40 euro a persona) con la navigazione in andata con la barca da 20 o 30 persone ed il ritorno con una grossa imbarcazione con degustazione di frutta tropicale e bevande. Abbiamo fatto benissimo perché effettuare il giro a ritroso con una imbarcazione più lenta degustando mango, papaya, ananas e similari con cocktail alcolici ed analcolici, mentre l’operatore spiegava (in inglese) la storia dei vari monumenti davanti ai quali passavamo, è molto piacevole ed istruttivo rispetto il giro con le veloci imbarcazioni a motore thailandesi.

Forse dovrebbero calare il volume degli altoparlanti; il mio sedile era sotto una specie di megafono stile discoteca.

Imperdibile all’andata, la fermata in un braccio secondario dei canali per permettere alle venditrici di souvenir di avvicinarsi con le caratteristiche piccole canoe piene di mercanzia. Altrettanto simpatica la fermata per gettare il pane a cassetta (20 bath) ai pesci gatto che pullulano nei canali mentre qualche varano sonnecchiante prendeva il sole sugli argini. Colpisce come le famiglie utilizzino l’acqua verdognola e fangosa dei canali per ogni esigenza, dal lavaggio delle pentole al bagno dei ragazzi ed altro !

PATPONG

La sera prima di partire con una coppia di amici del tour abbiamo deciso di fare una puntata a Patpong, la storica zona a luci rosse di Bangkok con il mercato notturno dei prodotti firmati, naturalmente assolutamente falsi. Dall’hotel ci hanno spiegato che erano solo due fermate della metro sopraelevata (Skytrain stazione di Sala Daeng).

La nostra guida ci ha detto di diffidare dei tassisti che la notte rifiutano di inserire il tassametro. In ogni caso trattare prima e non offrire più di 100-200 bath (2,5 o al più 5 euro). A tale clima di sospetto ho aggiunto quanto avevo visto su in tv a Roma in un programma denominato “Truffati a Bangkok”, dove fiduciosi turisti erano stati turlupinati proprio a Patpong.

Il mercatino è molto carino con prodotti anche di buona qualità, gioielli, orologi, capi griffati e quant’altro, ma anche prodotti locali, come capi di seta, artigianato e simili (graziosissime delle magliette per bambini con animali di peluche in rilievo) . Abbiamo cenato in un locale messicano con una orchestra ed una bravissima cantante a prezzi estremamente modesti.

Le vie sono piene di insegne luminose che non lasciano adito a dubbi sul genere di spettacoli e di prestazioni: “Superpussy”, “J&C Massage”, Collection Pussy”. Se vi fosse ancora qualche incertezza, ci sono gli addetti, a gara tra loro, che fermano in strada gli stranieri, mostrando una tabella con prestazioni e prezziario e le ragazze più o meno nude che si mostrano agli ingressi dei locali.

Nel complesso appare più una attrattiva turistica un po’ decadente per sottrarre un po’ di bath ai turisti che accompagnati da compiacenti donzelle, sono costretti a costose libagioni, piuttosto che un quartiere peccaminoso.

Infatti se si è in cerca di compagnia femminile, maschile o omosessuale, bisogna puntare su altre fermate della metro sopraelevata, come ci hanno spiegato, visto che a Bangkok il sesso non è certo un problema, grazie anche alla diversa visione morale rispetto quella europea.

Al ritorno verso le 24, ripresi i biglietti della metro sopraelevata, abbiamo ripercorso a ritroso le fermate precedenti (le biglietterie cambiano solo il danaro in monete, ma il biglietto va preso alle distributrici automatiche. Da notare che i numeri sui pulsanti non indicano gli importi, ma il numero attribuito ad ogni fermata). All’arrivo, scesi in strada, non abbiamo più trovato il nostro hotel. Dopo mezz’ora di camminata, aiutati da un passante, abbiamo fermato un taxi mostrando il biglietto del nostro hotel (fortuna che ne avevamo uno, perché non ricordavamo neanche il nome).

Scendeva un anziano tassista, con occhiali spessissimi, che per leggere il biglietto, lo poneva sotto il faro dell’auto. Si offriva di accompagnarci, ma chiedeva 500 bath, una cifra veramente eccessiva (per i valori del posto) considerando che ritenevamo di essere a pochi metri dall’hotel. Dopo varie ed estenuanti trattative in thailandese, visto che l’anziano tassista non parlava una parola di inglese, giungevo ad una transazione a 150 bath.

Saliti noi quattro, il taxi iniziava a percorrere a lungo le strade notturne di Bangkok, ho immaginato, per giustificare la cifra richiesta, effettuando inutili giri. Contrariato dopo circa mezz’ora, giunti finalmente all’hotel, ho consegnato solo 140 bath al conducente (3,50 euro).

Solo il giorno dopo rientrando, sull’aereo, riguardando la pianta della metro sopraelevata di Bangkok, mi sono reso conto che avevamo sbagliato fermata della metro e, contrariamente a quanto creduto, eravamo scesi in un quartiere molto lontano dal nostro hotel. Dunque il tassista era stato onestissimo nei nostri confronti, ed avergli contestato il giusto compenso, (decurtato ulteriormente), pur in buona fede, ci ha fatto sentire davvero colpevoli per non dire di peggio. Non crediamo che l’interessato legga questo resoconto, ma se lo dovesse leggere, siamo pronti a versare la differenza richiestaci con tutte le nostre scuse !

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Padre e figli Padaung

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La venditrice di souvenir nei canali di Bangkok

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Una bambina Padaung

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Wat Rong Khun



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