Sudafrica… Controcorrente!

Perché controcorrente? Perché per svariati motivi abbiamo deciso di non percorrere gli itinerari turistici standard che comprendono la zona orientale di questo strabiliante paese, ma la zona occidentale, quella che si affaccia sull’Oceano Atlantico. Diversi i motivi di questa scelta: innanzitutto il pericolo malaria è concentrato sopratutto a...
Scritto da: Elena Nesti
sudafrica... controcorrente!
Partenza il: 11/08/2003
Ritorno il: 01/09/2003
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 3500 €
Perché controcorrente? Perché per svariati motivi abbiamo deciso di non percorrere gli itinerari turistici standard che comprendono la zona orientale di questo strabiliante paese, ma la zona occidentale, quella che si affaccia sull’Oceano Atlantico.

Diversi i motivi di questa scelta: innanzitutto il pericolo malaria è concentrato sopratutto a nord ovest del paese, e non avevamo molta voglia di sottoporci al famoso vaccino; volevamo evitare di essere risucchiati dalle orde di turisti estivi nei parchi naturali ed infine la preziosissima guida Lonely Planet, a cui ci siamo affidati per questo viaggio, ci presentava delle alternative che non avevano niente da invidiare alle mete più conosciute.

Vi confesso che ero molto scettica su questa destinazione, ma proprio pochi giorni prima di partire ho letto da qualche parte la seguente frase: “[…] Stiamo per svelarvi un segreto: il Sudafrica è uno fra i paesi più belli ed incredibili che si possa desiderare di visitare!” Ed ho visto con i miei occhi quanto sia vera questa affermazione. Al ritorno mi sono chiesta: cosa posso dire a chi sicuramente mi chiederà “Com’è il Sudafrica?”. Ho cercato un aggettivo che potesse rendere l’idea di quello che ho visto e quello che mi sembra appropriato è IMMENSO. Immensa la bellezza di questo paese, immensi i paesaggi, immensi gli spazi e le dimensioni, immenso il cielo, immensi gli animali ed immense le porzioni che ti servono nei ristoranti(!).

Ma partiamo dall’inizio…

ITINERARIO SINTETICO (in 20 giorni): Johannesburg – Pilanesberg Park – Upington – Kgalagadi Transfrontier National Park – Augrabies Fall National Park – Clanwilliam – Franschhoek e Stellenbosch (Winelands) – Hermanus – Cape Town e Capo di Buona Speranza DAY 1-3: Pilanesberg Park Atterrati a Johannesburg dopo un viaggio non proprio comodo (il 340 della South African Airlines non ha molto spazio fra i sedili della economy…), veniamo accolti da una temperatura deliziosa, intorno ai 24 gradi, e da un paesaggio non propriamente africano: Johannesburg è una grande città moderna che ci hanno detto di evitare visto l’alto tasso di criminalità registrato. Quindi appena entrati in possesso del mezzo che ci accompagnerà per tutta la vacanza, un Toyota Condor, ci lanciamo fuori dalla città alla volta della nostra prima tappa, il PILANESBERG PARK, a due ore circa a nord di Johannesburg. L’impatto con la guida a sinistra ci tiene tutti in allerta! Raggiungiamo il parco con facilità ed appena entrati uno struzzo ci attraversa la strada! Scopriamo che è lo struzzo domestico del Manyane Complex e Caravan Park, un centro accoglienza del Pilanesberg veramente ben curato. Le nostre camere hanno il tetto in paglia e sono arredate con mobili tipicamente africani. La nostra attenzione è attirata da un cartello dietro la porta della camera: “Fare attenzione a scimmie o scoiattoli”… Il centro è gestito da persone di colore, ci colpisce la loro cerimoniosità, a volte anche troppo esagerata, tanto che inizialmente abbiamo pensato ci prendessero in giro. Da segnalare anche la parte della ristorazione: colazioni ottime ed abbondantissime, cene a base di carne particolare (struzzo, impala, kudu etc) a circa 100 Rand a persona.

IL Parco si trova su un altopiano composto da vulcani estinti. E’ abbastanza “piccolo” (per modo di dire) rispetto agli altri parchi dello stesso genere, ma proprio per questo motivo la concentrazione di animali è maggiore ed è quindi più facile avvistarli. Inoltre la stagione invernale fa sì che non ci siano foglie sugli alberi e sugli arbusti ed anche questo aiuta l’avvistamento degli animali.

E’ possibile percorrere il parco con mezzi propri oppure tramite le visite guidate che organizzano al centro (a piedi o con mezzi del parco): preparatevi ad una levataccia e pensate ad un abbigliamento molto invernale se optate per questa soluzione! I percorsi sono ben segnati ed è facile percorrere il parco con mezzi propri: ciò permette anche una libertà maggiore per fermarsi, ammirare gli animali con più calma e scattare foto. Non c’e’ pericolo, pur viaggiando da soli, di non avvistare animali… Unica nota dolente: mettete in conto giornate intere seduti in auto. Non è consentito infatti scendere dai mezzi se non in specifiche aree delimitate.

La sensazione che abbiamo avuto per tutto il nostro soggiorno in questo meraviglioso posto è stata quella di essere dentro un documentario naturalistico. I colori del paesaggio sono spaventosi e brillantissimi, specialmente all’alba ed al tramonto.

E’ possibile avvistare moltissime varietà di antilopi (impala, kudu), gnu, zebre, facoceri, rinoceronti, ippopotami, bisonti. Uno degli animali + belli che vive in questo parco è la giraffa: non ha assolutamente paura, anzi si blocca curiosa ad osservare le auto che si avvicinano, quasi come sapesse che verrà immancabilmente immortalata.

Abbiamo avuto un contatto a dir poco ravvicinato con un gruppo di elefanti: infatti, ci siamo trovati involontariamente sulla traiettoria di un gruppo di circa 40 elefanti, adulti e piccoli, e se inizialmente eravamo eccitatissimi da questo inaspettato incontro, quando ci siamo accorti che uno dei maschi si stava irritando, sbattendo le orecchie piuttosto velocemente e guardandoci storto, ci siamo un po’… Impauriti !! Fortunatamente ognuno è riuscito ad andare felicemente per la sua strada, specialmente noi, che oltre ad averla scampata bella abbiamo raccolto una notevole quantità di foto mooolto particolari..! Non è facile avvistare i felini – leoni, ghepardi o leopardi – principalmente perché si mimetizzano senza difficoltà nella savana e perché in genere si muovono di notte.

Uno dei modi più semplici per avvistare gli animali è fermarsi nei pressi delle pozze d’acqua. Nel parco ci sono diverse postazioni di avvistamento coperte, vicino alle pozze d’acqua, che permettono di ammirare gli animali abbastanza da vicino. Unico requisito richiesto: avere molta pazienza…

DAY 4-5: Verso il Deserto del Kalahari (tappa di transito: Upington) Dopo tre giorni di immersione nella natura lasciamo il Pilanesberg alla volta di un altro parco naturale, il KGALAGADI TRANSFRONTIER NATIONAL PARK. Dobbiamo spezzare in due il nostro trasferimento, circa 900 km infatti separano il primo parco dal secondo. E’ essenziale avere una prenotazione per il pernottamento, perché una volta arrivati a destinazione, dopo 60 chilometri di strada sabbiosa, non è facile trovare posto, nemmeno nelle vicinanze, e tornare indietro… Neanche a pensarci! A parte qualche difficoltà iniziale nel comprendere le direzioni ed uscire quindi dalla zona del Pilanesberg, la strada da percorrere non ha grosse difficoltà, anche se è piuttosto piccola e solo con due carreggiate, fatto abbastanza insolito se si considera che viene classificata come “statale”.

Il paesaggio è prettamente piatto, di tanto in tanto si incontrano agglomerati di modeste case oppure baracche di lamiera e legno, prevalentemente abitate da persone di colore. Incrociamo anche una scuola, che altro non è che un cerchio di sedie sistemate in un cortile con i bimbi di varie età che ascoltano un unico maestro. Spesso questi agglomerati non sono indicati sulla carta e ciò può creare qualche difficoltà nel riconoscere la propria posizione sulla carta stradale.

In linea di massima le strade sono dritte e lunghissime, chilometri e chilometri senza una curva, tanto che spesso le poche curve che si incontrano vengono segnalate con dei cartelli! Per pernottare abbiamo deciso di raggiungere UPINGTON, che si trova a sud del parco. Esiste anche una strada più diretta e corta, ma ci hanno detto che attualmente è sterrata per circa 150 km e quindi abbiamo preferito scendere un po’ più a sud per essere sicuri di trovare strade in stato migliore. Il paese è un’ottima tappa di passaggio, cittadina moderna con diversi supermercati e negozi dove è possibile fare rifornimento per qualsiasi necessità. Noi abbiamo pernottato alla Affinity Guesthouse, non convenientissima e poco tipica, ma pulita e con finestre che danno sul fiume Orange, il fiume più grande del Sudafrica (alba meravigliosa!).

DAY 6-7: Il Kgalagadi Transfrontier National Park 300 km separano Upington dal parco, di cui gli ultimi 60 sono di strada tremenda, sterrata e ciottolosa. Il paesaggio si presenta comunque interessante, con dune di sabbia bianca e rossa. Finalmente, dopo circa due ore di percorso accidentato, siamo arrivati al primo campo, il Twe Rivieren, dove si trova il centro accoglienza. Non aspettatevi un grande servizio da questo centro, l’organizzazione non è proprio il loro forte, ma vista la bellezza del luogo, si può soprassedere…

Il parco si trova a cavallo di tre stati: il Sudafrica, il Botswana e la Namibia. E’ grande quanto il Nord Italia e solo due strade principali (+ due traverse) lo percorrono. Il paesaggio è prettamente desertico, la vegetazione molto più rada del parco precedente e si incontrano vere e proprie dune di sabbia con colori che vanno dal bianco al giallo al rosso.

Dal primo campo, abbiamo percorso 170 km dentro il parco per raggiungere il nostro campo base, il NOSSOB, che si trova esattamente al centro del parco. Prima di partire abbiamo fatto rifornimento di cibo per la cena e la colazione, visto che nel campo successivo non c’e’ nessun tipo di vitto. I cottage sono comunque tutti dotati di cucina (inclusi gli accessori) e di grill all’esterno.

Per raggiungere Nossob abbiamo impiegato 5 ore e mezzo, un po’ perché ci siamo fermati quando abbiamo incontrato animali ed un po’ perché la “strada” è veramente disastrosa: stretta, composta da sabbia, ciottoli e buche a strafare, con un limite di velocità indicato a 50! Ma ne vale veramente la pena!! Si incontrano animali diversi dall’altro parco: orici dalle lunghe e dritte corna (bellissimi!), branchi di numerosissimi springbok, sciacalli dalla gualdrappa (una sorta di volpi), suricati (buffissimi!), rapaci, struzzi oltre che gli immancabili gnu. Altra cosa particolarissima sono i nidi degli uccelli tessitori: questi piccoli uccelli, grandi come un passerotto, costruiscono nidi capaci di ospitare fino a 200 esemplari, quindi talmente grandi che a volte fanno crollare il ramo su cui sono costruiti! Gli stessi nidi si trovano anche lungo le strade, appoggiati ai pali della luce.

Inoltre qui vive lo Xero, un tipo particolare di scoiattolo con una grossa e pelosa coda, che il piccolo animale usa come ombrellone per ripararsi dal sole! Il campo di Nossob ci accoglie al tramonto (attenzione, alle 18.30 i cancelli del campo vengono chiusi), e ci sistemiamo subito nei cottage che ci hanno assegnato, sempre molto puliti ed organizzati. Ci lascia perplessi un altro cartello trovato attaccato dietro la porta: “…Non dare da mangiare agli sciacalli. Vi consigliamo di restare fuori dopo cena per ascoltare il ruggito dei leoni.” La cena è frugale ma buona, in compagnia degli sciacalli dalla gualdrappa, che davvero si avvicinano ai cottage in cerca di cibo. Sono piuttosto riservati, ma tenerissimi e si avvicinano praticamente a pochi metri da noi. Dopo cena rimaniamo estasiati dal cielo stellato: è una vera e propria calotta sulle nostre teste, con milioni di stelle luccicanti e meravigliose che arrivano fino all’orizzonte, ad altezza dello sguardo! Unico neo: fa un freddo incredibile! Per fortuna ancora ci sono le braci accese sul grill davanti al cottage…

Durante la notte veniamo svegliati da dei rumori piuttosto strani: sono veramente i ruggiti dei leoni! Abbiamo pensato tutti la stessa cosa: ma se gli sciacalli dalla gualdrappa riescono ad entrare nel campo dopo che i cancelli sono chiusi, non è che per caso fanno lo stesso anche i leoni ?? E poi li abbiamo finalmente incontrati anche di giorno! E’ stato veramente un caso, perché ci siamo fermati dietro ad un gruppo di macchine ferme presso un pozzo d’acqua dove c’erano degli orici. Stavamo per andarcene, quando abbiamo notato che le persone erano rivolte dalla parte opposta agli orici e ci siamo accorti che sotto dei bassissimi cespugli si trovavano un leone e la sua leonessa! Sono incredibili, bellissimi.

La nostra seconda notte l’abbiamo trascorsa al campo base di TWE RIVIEREN (in 6 in un bungalow, con due di noi che dormivano su materassi buttati per terra – errore di prenotazione da parte dei sudafricani!!). Qui, oltre ai nostri amici sciacalli, si avvicinano ai cottage anche delle piccole manguste e degli strani uccelli dal becco ricurvo e arancione, che litigano per qualche pezzetto di biscotto! Non male la cena al ristorante del campo (provate la cotoletta di kudu!).

DAY 8-9: Augrabies Falls National Park Abbandoniamo Il Kgalagadi per trasferirci un po’ più a sud, per visitare L’augrabies Falls National Park, dove sembrano esserci delle bellissime cascate. Ci dispiace un po’ lasciare i parchi naturalistici, ma indubbiamente non sentiremo la mancanza delle terribili strade ciottolose! Per arrivare ai confini del parco ci sono circa 250 km che percorriamo in poco più di tre ore. La strada, se possibile, è ancora più dritta delle precedenti. Il paesaggio è veramente una piana, si respira aria di libertà immensa! Decidiamo di pernottare in una frazione a pochissimi chilometri dall’entrata al parco, presso una Guesthouse che si chiama “The Falls”: è in realtà un appartamento con tre stanze da letto, cucina e salotto, in stile inglese (costo 125 rand – circa 15 euro a persona a notte). Tutto è lindo e pulito e tutto a nostra disposizione! E la mattina la proprietaria viene a preparare la luculliana colazione soltanto per noi! L’AUGRABIES FALLS NATIONAL PARK è una vera sorpresa! Oltre alle meravigliose cascate – un salto di circa 50 metri del fiume Orange – il percorso organizzato nel parco tocca dei punti panoramci a dir poco strabilianti! E’ possibile visitare il parco sia con la vettura che a piedi, ma visto il tempo minaccioso (nubi nerissime si alternano a stralci di cielo celeste) ed un vento incredibile, decidiamo di optare per l’auto.

La prima sosta è alla MOONROCK, raggiunta percorrendo una strada dai caratteri “lunari”: rocce rosse e nere in questa landa con vegetazione rada. Il MoonRock è un monolite nero lungo circa 500 metri dal quale si ha una veduta sull’immenso parco. E’ una sensazione stranissima, guardare l’orizzonte e vederlo così lontano… Peccato che il vento ci sposti letteralmente di peso e quindi siamo costretti a rifugiarci in auto dopo aver scattato qualche meravigliosa foto…

La seconda sosta, ARARAT, è quella più spettacolare. Scendendo dal punto di sosta delle auto si arriva davanti all’incontro di due incredibili canyon immensi, scavati dal possente fiume. Penserei di essere sul set di un film se non sapessi di essere realmente davanti ad uno spettacolo della natura…

La terza sosta è presso l’ECHO CORNER, dove si incontra un’altra spettacolare ansa del fiume e dove è possibile scendere vicino all’acqua.

Il parco non ospita animali particolari, a parte qualche antilope, ma vale veramente la pena di fermarsi se è sul proprio percorso! DAY 10: Il deserto fiorito (mancato…) – Clanwilliam Lasciamo alle spalle anche questa meravigliosa località per cominciare a scendere a sud. Nostro prossimo obiettivo il Deserto Fiorito. Durante questo periodo, per due settimane circa, le colline brulle di questo territorio si coprono di fiori coloratissimi, creando uno spettacolo inaspettato. Purtroppo per noi, quest’anno il periodo di fioritura è in ritardo a causa della siccità che c’e’ stata, quindi ci hanno detto che questo incredibile evento avrà luogo alla fine di settembre. Abbiamo però visto delle magnifiche foto e vale veramente la pena pensare ad una sosta qua se il periodo è quello giusto.

L’impressione che abbiamo avuto è che comunque in questo breve periodo ci sia tantissima gente, per cui forse è opportuno arrivare sul luogo con una prenotazione già fatta.

Abbiamo scelto CLANWILLIAM come tappa di passaggio. La strada per raggiungere questa località è incredibile, serpeggiante fra queste colline brulle, poi improvvisamente lo sguardo arriva a vedere l’orizzonte fino a circa 60-70 km di distanza! Intravediamo anche delle montagne con la neve: siamo allibiti! Il tempo non è dei migliori, ci sono delle nuvolacce nere impressionanti, intervallate da sprazzi di cielo blu. Più volte ci siamo trovati ad attraversare un tratto soleggiato con nubi minacciose e pioggia scrosciante ai lati. Inoltre, abbiamo contato 12 arcobaleni, di cui 4 ad arco completo! Non per niente, il Sudafrica viene chiamato “The Rainbow Nation”, probabilmente per il crogiolo di razze che lo popolano, ma dopo aver visto questo fenomeno, forse il riferimento metereologico è altrettanto valido! Il paesino di Clanwilliam dove trascorriamo la notte non ha niente di particolare, ma la B&B che abbiamo trovato è carina e pulita (Blommenberg Guesthouse), anche se costa un pochino di più delle precedenti. Qui abbiamo l’impressione di respirare un po’ d’aria di apartheid; il ristorante dove ceniamo, l’Olifant Huis (niente di speciale), ha esposto il cartello “Right of Admission Reserved” sopra la porta di ingresso. Ci fa una certa impressione.

DAY 11-13: Le Winelands (Franschhoek e Stellenbosch) Al mattino ci svegliamo dentro la nebbia, ma, non appena partiamo e oltrepassiamo la collina, ci troviamo davanti ad un altro paesaggio spettacolare, diverso ancora dai precedenti: valle percorsa da un fiume, coltivata ad aranceti, circondata da montagne innevate. La temperatura sta salendo, quindi dalla valle si alza una nebbiolina che sembra di essere in una favola. Scendendo verso le WINELANDS (le zone del vino) il paesaggio è paragonabile al basso Trentino, con vigne incredibilmente estese intervallate da campi coltivati a grano e foraggi, tutte gialle e verdi e circondate da montagne innevate. Nostra tappa per i tre giorni dedicati ai vini è FRANSCHHOEK. Dopo una ricerca un pochino più sostenuta, abbiamo deciso di fermarci all’Azienda vinicola “Dieu Donné”, dove ci danno delle bellissime camere, con letti king-size, anche se piuttosto umide.

Le tre giornate successive quindi trascorrono all’insegna di visite a due piccoli paesini, Franschhoek e Stellenbosch, e soprattutto di soste “dionisiche”: in genere con circa 20 rand (1 euro più o meno) è possibile assaggiare 5 vini diversi prodotti dall’azienda dove ci si ferma e ne vale veramente la pena! A Franschhoek abbiamo visitato in particolare l’unica azienda vinicola gestita da neri, “Mont Rochelle”, dove è possibile dare un’occhiata anche alle cantine ed avere maggiori informazioni da uno dei proprietari sulla gestione vinicola del posto (durante la bassa stagione sono aperti dalle 9.00/9.30 fino alle 16.30/17.00 ogni giorno escluso il sabato e la domenica).

Per avere un’idea su come muoversi fra le varie aziende vinicole è utilissimo effettuare una sosta al Tourist Information, proprio nel centro del paese.

Altra nota fondamentale in Franschhoek è il fantastico ristorantino, abbastanza economico e con piatti abbondanti e buonissimi! Veramente da provare (noi ci siamo tornati per due volte di fila…).

STELLENBOSCH è il primo posto dove si comincia a respirare un’aria più cosmopolita, anche perché qui si trova la seconda Università, per grandezza, del paese. Lo stile architettonico olandese predomina su tutto il paesino, veramente carino da visitare. Una menzione particolare va al piccolo Giardino Botanico dell’Università. Nel paesino abbiamo incontrato il primo più “corposo” mercatino di oggetti africani (da ricordarsi le contrattazioni!!). Insomma, se ce n’è il tempo, vale la pena spendere qualche giorno da queste parti! DAY 14: Le Balene! (Hermanus) Dopo il vino, ci concediamo un’altra sosta naturalistica. Scendiamo a sud, fino al mare, percorrendo un’altra bellissima strada panoramica. Intravediamo perfino la famosa Table Mountain di Cape Town prima di svoltare a sinistra verso Hermanus, piccolo paesino affacciato su una bellissima baia dove in questo periodo dell’anno stazionano le balene. E’ uno spettacolo da non perdere.

Il paesino di HERMANUS in sé non è eccezionale, la costa sulla quale si affaccia è invece molto bella.

Le balene sono bellissime e in numero cospicuo, non è possibile in questo periodo dell’anno andarsene da questo posto senza averne viste. Non è assolutamente necessario dover prendere barche per avvistarle, anzi le barche non possono avvicinarsi a meno di 200 metri da loro. Basta semplicemente sedersi lungo la costa rocciosa, armarsi di un po’ di pazienza e scrutare anche ad occhio nudo il mare, oppure attendere il suono del corno dello strano buffissimo signore che avverte gli spettatori della posizione di questi splendidi animali.

Inizialmente si intravedono delle sagome nere a pochissima distanza (circa 200 metri dalla costa) che ogni tanto lanciano i loro conosciutissimi spruzzi; poi improvvisamente inizia una sorta di “ballo”: spiccano dei salti in verticale, uscendo quasi completamente fuori dal mare e ricadono, sollevando un enorme quantità di acqua. Oppure girano su loro stesse, sbattendo di tanto in tanto la coda sull’acqua. Lo spettacolo è impressionante ed incredibile! Necessità assoluta di macchina fotografica e binocolo! Nella piazza del paese c’è anche un delizioso mercatino tipico, più grande di quello di Stellenbosch, dove è possibile fare acquisti abbastanza originali.

Abbiamo pernottato presso una B&B economica, pulita ed immensa, anche se la colazione ha lasciato un po’ a desiderare.

Abbiamo invece cenato presso il The Laughing Fig Restaurant, carino e con idee originali, anche se non proprio economicissimo.

DAY 15: Cape Town e i pinguini (Hout Bay/Simons’ Town) Ci dirigiamo verso la nostra ultima meta, la città di CAPE TOWN. Lungo i 30 km che ci separano da questa città troviamo un vero e proprio nubifragio, con nuvole talmente basse da non riuscire a vedere a 2-3 metri di distanza. Spaventoso! Anche le piogge sono a dimensione africana…

Decidiamo di fare tappa a Hout Bay, una zona della città sul mare, che ci permette di raggiungere abbastanza facilmente tutte le maggiori attrattive della città. Qui abbiamo trovato un B&B fantastico, il Brightwater Lodge, con colazioni abbondanti, camere spaziose e pulite ed un costo economico. Anche i padroni di casa sono molto cordiali.

Da segnalare inoltre nel paesino un ristorantino in particolare, Dunes Restaurant & Bar, praticamente sulla spiaggia di Hout Bay, dove a poco prezzo è possibile mangiare piatti di pesce buonissimi (consiglio: SeaFood e Zarzuela!).

Comunque anche il SeaFood Restaurant non è male, anche se leggermente più caro.

Visto che il tempo sembra aprirsi un po’, tentiamo la visita al parco naturale dei pinguini, a SIMONS’ TOWN. Anche questa visita non va persa: appena si arriva al parcheggio, vediamo qualche strano esserino che si muove goffamente fra le auto… Sono loro! Sono buffissimi, impacciatissimi, tenerissimi … E piuttosto puzzolenti! Ma vale veramente la pena di entrare in questo microscopico parco naturale, per poter ammirare non solo il paesaggio stile isola tropicale ma anche il divertentissimo gruppo di pinguini che vi abita. Esiste un piccolo percorso obbligato che arriva fino alla spiaggia, dove si incontrano femmine che covano, altri che giocano, altri ancora che prendono il sole (sìììì! Finalmente è uscito!!) ed infine altri che nuotano agili nel mare limpidissimo. Si dice che d’estate (africana) sia possibile anche farci il bagno insieme! Nel paesino di Simons’ Town due le soste da segnalare: la prima al pittoresco Caffè TMP-The Meeting Place, locale seminascosto quasi di fronte al Museo Marittimo, che riserva gustosissimi ed enormi panini e dolci in quantità; l’altra al Musa Khaly’s Art Gallery, un negozietto a pochi metri dal locale di cui sopra, dove si trovano degli strabilianti dipinti a cera su stoffa. Unica nota dolente: non è proprio a buon mercato… DAY 16-18: Il centro città e … Acqua! Beh, non possiamo pretendere sempre il sole, ed ecco infatti un paio di giornate veramente da urlo, con tanto di scrosci d’acqua stile africano, nubi più che minacciose, vento forza 20. Non ci resta che programmare visite a qualcosa al coperto ed infatti ci dirigiamo verso il Waterfront, il porto di Cape Town, dove prevediamo una sosta al TWO OCEANS ACQUARIUM. Non è bello come quello di Genova, comunque è piuttosto grande, con una vasca circolare dove dimorano in armonia tonni, squali e tartarughe. Ogni giorno inoltre è possibile assistere al momento del pasto, con sub che si immergono nella vasca per dare cibo a questi enormi pescioloni.

Il porto è molto caratteristico, con architetture stile olandese, pieno di negozi e punti dove poter fare acquisti di tutti i generi. Poco più avanti all’acquario, scopriamo un fantastico MERCATO ARTIGIANALE, dove è possibile trovare oggetti veramente fuori dal comune a prezzi abbordabili.

Da qui partiamo anche alla volta di ROBBEN ISLAND, l’isola dove si trova il carcere per prigionieri politici che ha “ospitato” Nelson Mandela. La visita è prevista esclusivamente con guida e va prenotata in anticipo (anche il giorno prima…), ma ne vale la pena.

Tutte le guide del carcere sono ex detenuti, che raccontano il tipo di vita carceraria e la loro personale esperienza con toccante intensità. Dopo la visita al carcere, non potete esimervi da un giro dell’isola (comunque notevole…) in pullman, che tutto sommato vale la pena di fare – anche per turisti poco propensi come noi! Eccezionale la vista di Cape Town con la Table Mountain da una spiaggia a metà del percorso.

Il centro di Cape Town è alquanto particolare, edifici ottocenteschi si contrappongono a più moderni grattacieli. Due soste consigliate: la prima al CASTLE of GOOD HOPE, fortezza olandese mai attaccata da nemici, che vanta all’interno un piccolo museo dove si trova un tavolo per 100 persone.

La seconda al DISTRICT SIX MUSEUM, dove abbiamo scoperto un po’ di storia della città e l’assurdità del razzismo. E’ la toccante testimonianza della vita di un quartiere popolato da neri, il District Six appunto, raso al suolo negli anni sessanta da una giunta comunale razzista che intravedeva in questa zona un’ottima area residenziale da destinare ai bianchi e che temeva la potenziale forza che la comunità di neri poteva raggiungere. Incredibili alcuni oggetti presenti nel museo, come una panchina con su un cartello che dice “ad uso solo degli europei”. Unica nota stonata: dentro il museo abbiamo trovato un volontario, ex residente del District Six, che ci ha raccontato in un inglese molto stentato la sua esperienza, ma che alla fine, dopo che avevamo lasciato un’offerta al museo, ci ha comunque rincorso in strada ed ha voluto essere pagato.

Quando il sole torna a splendere, valgono una sosta di mezza giornata anche i GIARDINI BOTANICI DI KIRSTENBOSCH, situati ai piedi della famosa Table Mountain, dedicata alla flora locale e non. Ci siamo resi conto di cosa abbiamo perso nel Deserto Fiorito: quì ce n’e’ una piccola testimonianza, una enormità di fiori gialli, bianchi ed arancioni da rimanere senza fiato. Anche le protee – piante endemiche – non sono da perdere, con le loro 23 specie differenti e con dei fiori incredibilmente belli e grandi; per non parlare del palmeto, zona con delle piante che si dice esistano fin dalla preistoria e dell’immenso Ficus Benjamin che sembra una quercia…

Zonzellando nei nostri vari spostamenti ci siamo fermati spesso lungo la costa, sia ad occidente che verso l’Oceano Indiano, che è veramente splendida: da BLEUBERGSTRAND (la spiaggia + famosa dalla quale fotografare il panorama di CapeTown – in effetti ne vale la pena, a parte il terribile vento…), a CAMPS BAY, una delle spiagge + frequentate d’estate, con palme ed i TWELVE APOSTOLES alle spalle, dodici picchi che compongono la parte posteriore della Table Mountain).

Il mare ha dei colori pazzeschi, le onde sono incredibilmente alte e se poi si arriva in questi luoghi al tramonto…

Se non piove, se non ci sono nubi, se non c’e’ vento, insomma se le condizioni atmosferiche lo permettono (e nel periodo invernale non è facile…), vale veramente la pena sgranchirsi le gambe sopra la TABLE MOUNTAIN, montagna piatta che sovrasta tutta la città. Ci sono anche alcuni sentieri abbastanza facili che la percorrono da una parte all’altra e che permettono di raggiungere luoghi da cui si hanno panorami mozzafiato (occhio alle scottature, se c’e’ il sole…).

Se mai vi venisse voglia di assaggiare la Cucina Malese del Capo, tipica della zona, evitate la GROOT CONSTANTIA, rinomata azienda nella zona vinicola di Constantia, appunto: a prezzi piuttosto elevati corrisponde un cibo dai sapori un po’ troppo particolari e porzioni piuttosto scarne…

DAY 20: Capo di Buona Speranza Ultima gita fuori porta prima di risalire sull’aereo: una giornata intera alla scoperta del CAPO DI BUONA SPERANZA. E’ una riserva naturale che racchiude un buon tratto di costa. Anche se non è come si pensa la punta più a sud dell’Africa, vale la pena arrivarci per un paesaggio veramente incredibile. Per arrivare proprio alla punta è necessario fare un percorso a piedi di circa due ore, pianeggiante per la maggior parte e soltanto con una piccola salita in fondo. La bassa vegetazione ha dei profumi intensi e molto particolari. Strapiombi altissimi e mare agitato fanno capire come mai questo sia sempre stato considerato un luogo temuto dai naviganti: anche in mare aperto, infatti, si scorgono dei leggeri affioramenti di rocce che dovevano essere devastanti per le navi che cercavano di doppiare il Capo.

La sosta alla Spiaggia Diaz è doverosa anche solo per vedere le onde che, enormemente alte, si infrangono sulla costa. Mettersi seduti davanti al mare incredibilmente mosso, con un panorama come quello che si intravede da questo posto, è veramente una terapia perfetta per chi cerca relax.

Ovunque nel parco ci sono avvertimenti di tenere lontano i babbuini: anche se possono fare tenerezza, sono curiosissimi e velocissimi (ne abbiamo visto uno che rubava un panino sotto gli occhi del turista proprietario, in una frazione di secondo…). Consiglio: mai aprire la portiera dell’auto quando se ne incontra un gruppo, pena la perdita del mezzo…! Appena usciti dalla riserva, abbiamo incontrato un nuovo mercatino artigianale organizzato lungo la strada: anche qui, ultimi acquisti con tanto di contrattazioni prima di ritornare (sigh…) definitivamente (sigh…) a casa…

Vi è venuta un pochina di voglia di andare? ALCUNI CONSIGLI SPARSI: – Conviene prenotare in anticipo le camere nei parchi naturali, la ricettività è veramente scarsa e spesso i paesi più vicini sono a diversi chilometri dall’entrata. – Se andate durante la nostra estate, tenete conto che in Sudafrica è inverno, quindi munitevi di piles, felpe e giacche a vento. Ci hanno detto che questo è stato un inverno un po’ particolare, + freddo del solito (abbiamo trovato la neve!), cumunque sappiate che noi abbiamo indossato anche guanti e cappelli di lana…

– Non dimenticate il binocolo. E’ essenziale! – Per scovare i leoni (diventerà una fissa dentro i parchi…), fate attenzione soprattutto vicino alle pozze d’acqua. Guardate a mezza costa, dove il loro sguardo può dominare il territorio, principalmente sotto i bassi cespugli più che sotto i grandi alberi.

– Siamo in Africa, dove per gli acquisti la contrattazione è fondamentale! Vale principalmente per i mercatini. Nei posti particolarmente turistici non si riesce a scendere di tanto sul prezzo, ma nei paesini si arriva veramente a buone occasioni!



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