Se pensavate di conoscere tutta la Sicilia, vi serviranno altri 10 giorni per visitare i suoi angoli più iconici e a tratti meno conosciuti

Scritto da: girovaga54
se pensavate di conoscere tutta la sicilia, vi serviranno altri 10 giorni per visitare i suoi angoli più iconici e a tratti meno conosciuti

Dopo la bellissima esperienza del viaggio nella Sicilia occidentale del 2018, e dopo aver superato gli anni bui del Covid e qualche problemino di salute in famiglia, decidiamo che è ormai ora di proseguire l’esplorazione di questa magnifica isola che ci attrae come una calamita e non smette di stupirci con i suoi paesaggi, le sue tradizioni, il buon cibo e soprattutto la cordialità della sua gente. Ecco dunque il nostro racconto di viaggio nella Sicilia orientale.

Diario di viaggio nella Sicilia orientale

Giorno 1 – Aci Castello, Aci Trezza

aci castello

L’equipaggio per questa nuova avventura, si compone di me Enrica, Fabio, mio marito e dei cari amici Lucia e Gianni con cui abbiamo ormai condiviso svariate esperienze. Con tranquillità arriviamo all’aeroporto di Fiumicino e, sistemata l’auto al parcheggio, una navetta ci porta di fronte al Terminal e in breve siamo sul volo Ryanair FR 4858 delle ore 10:50 per Catania dove sbarchiamo alle 12:10. Viaggio breve e sereno. Ritiriamo l’auto a noleggio presso l’agenzia Sicily By Car, già sperimentata e che ci soddisferà appieno: ci assegnano una Ford Kuga nuovissima e con un portabagagli adatto alle nostre esigenze. Sperimentiamo subito quanto sia caotico il traffico intorno a Catania, tanto che per arrivare ad Aci Castello, nostra prima tappa, impiegheremo più di un’ora per percorrere solo quattordici chilometri. Intanto, ci accompagna la bellissima vista dell’Etna che in questi giorni fuma vistosamente. Ci abbiamo impiegato un po’ ad arrivare, dicevo, e non senza qualche difficoltà nella viabilità della cittadina, ma poi parcheggiamo l’auto in Via Fornace e, come da accordi, troviamo la chiave dell’appartamento che abbiamo prenotato: MAREINCASA. Perché questo nome? Perché l’appartamento si affaccia direttamente sul mare stupendo di Aci Castello, faraglioni da una parte, il Castello Normanno dall’altra. Meraviglioso! E che appartamento! Nuovissimo e uscito di sana pianta da una rivista di design, un salone enorme, cucina a vista sul salone, due camere da letto ognuna con un bellissimo bagno ben accessoriato, box auto fornito dal gestore e quella terrazza con vista incredibile che da sola vale il soggiorno.

Abbiamo un problema però, a questo punto: sono le 15:00 e abbiamo fame. Usciamo subito, appena sistemati i bagagli e troviamo il Bar Viscuso in Via Re Martino 101, che ci permette di assaggiare i nostri primi arancini e una specie di focaccia ripiena, buonissimi spendendo pochi euro. Siamo a due passi dalla piazza centrale del paese, dove si trova l’ingresso al Castello Normanno. Decidiamo che bisogna iniziare subito a fare i turisti e lo visitiamo, al costo di € 2,00 a persona per gli over 65. Mi è piaciuto, ben tenuto, a strapiombo su un mare blu intenso da dove lo sguardo spazia lontano. Si vedono benissimo i faraglioni di Aci Trezza, che in realtà è una frazione di Aci Castello e che si può raggiungere a piedi con una passeggiata lungomare. Purtroppo, però, a causa di lavori che interrompono la strada in più punti, siamo costretti a tornare indietro e a riprendere la nostra auto per raggiungere il borgo. Bellissimo anche questo, già piuttosto movimentato da turisti e dove gusto una buonissima granita al limone. Lo spettacolo dei faraglioni, che la tradizione vuole essere stati scagliati da Polifemo contro Ulisse, è accattivante. Avremmo voluto visitare La Casa del Nespolo, la casa dei Malavoglia, ma la troviamo chiusa.

Rientriamo ad Aci Castello, dopo un breve passaggio al borgo marinaro di Santa Maria La Scala dove però decidiamo di non fermarci, considerata la stanchezza del primo giorno di viaggio e ceniamo a “La Bettola”, in Piazza Castello 20 che ci soddisfa abbastanza, spendendo € 62,00 a coppia. Dopo l’ultima passeggiatina in questo posto che ci ha già conquistato, ritorniamo nel nostro fantastico appartamento e dalla terrazza ci godiamo il mare in notturna, dove si vedono di tanto in tanto le luci intermittenti dei pescatori.   

Giorno 2 – Catania

piazza duomo, catania

Ci svegliamo respirando l’aria del mare dalla nostra terrazza. La giornata è splendida e sarà interamente dedicata alla visita di Catania. Solito traffico intenso e situazione congestionata per entrare in città ma poi troviamo facilmente il Parking Lupo, in Piazza Lupo, già individuato in fase di preparazione dell’itinerario e scopriamo che è veramente vicinissimo al centro. Passiamo davanti al Teatro Massimo Bellini che non visiteremo perché necessaria una prenotazione a orari che non ci sono comodi e subito siamo in Piazza Duomo. Un magnifico colpo d’occhio: la facciata della Cattedrale di Sant’Agata, il Palazzo del Seminario dei Chierici che fronteggia il  Palazzo degli Elefanti, e al centro la Fontana dell’Elefante, un’opera monumentale realizzata tra il 1735 e il 1737 dall’architetto Giovanni Battista Vaccarini. Il suo elemento principale è una statua di basalto nero che raffigura un elefante, considerato l’emblema della città siciliana, chiamato dai catanesi “o liotru”.  Notiamo subito il colore scuro che  caratterizza tutti gli edifici: qui tutto parla della lava che a volte è arrivata a lambire proprio la città e che è stata largamente utilizzata per realizzare i suoi edifici. Poiché la Cattedrale sarà accessibile solo dalle 11:00, visitiamo per prima la Chiesa della Badia di Sant’Agata, posta di fronte al lato destro della facciata della cattedrale in Via Vittorio Emanuele e che avrebbe chiuso alle 12:30. Una visita da non perdere assolutamente perché permette, dietro un biglietto di € 10,00, di accedere alle terrazze da cui si gode di un panorama stupendo a 360° fino a all’Etna che continua a fumare.

Siamo di nuovo in Piazza Duomo e questa volta entriamo nella Cattedrale che risale all’epoca normanna tra il 1078 e il 1093: dell’originale costruzione rimangono solo il corpo del transetto e le tre absidi semicircolari. Completamente distrutta come tutta la città dal disastroso terremoto del 1693, fu ricostruita nella sua fisionomia attuale dall’architetto Vaccarini intorno alla metà del 1700, presentando il caratteristico contrasto tra i marmi bianchi utilizzati per le decorazioni e quelli di varie tonalità di grigio, mentre all’inizio della navata destra possiamo omaggiare la tomba di Vincenzo Bellini. Bellissimo il sagrato della cattedrale con la balaustra ornata di statue.

Ora ci prendiamo tutto il tempo per esplorare la piazza e i suoi palazzi: così oltrepassiamo la Porta Uzeda, considerata uno dei simboli della città che collega le due ali dell’antico Seminario dei Chierici. Si apre verso il mare all’interno dell’antica cinta muraria cinquecentesca dedicata al re spagnolo Carlo V e collega Piazza Duomo alla settecentesca Via Dusmet detta anche “Via degli Archi della Marina”, molto suggestiva.

Oltre la Porta Uzeda ci troviamo catapultati nello storico mercato del pesce, la Pescheria, Piscaria in siciliano, che riporta alla mente il mercato concorrente di Palermo, la Vucciria.

I banchi di pesce si trovano dall’inizio dell’Ottocento di fronte agli Archi della Marina, in un tunnel scavato nel XVI secolo sotto il Palazzo del Seminario dei Chierici e le Mura di Carlo V, un tempo immersi nelle acque del sottostante porticciolo di pescatori che oggi è divenuto area di verde pubblico.

Il mercato è rinomato per la sua “vuciata” ossia il grido dei venditori che si accaparrano l’attenzione dei clienti e per il pesce sempre fresco di numerose varietà presente sui banchi, pesce che viene tagliato e pulito con estrema abilità davanti ai tuoi occhi. In realtà, francamente, non ne ho riportato una impressione particolare.

Ritornando verso Piazza Duomo, ci imbattiamo nella bella Fontana dell’Amenano dal nome del fiume omonimo che scorre sotterraneo.

Costruita nel 1837 in marmo di Carrara, la fontana rappresenta figurativamente il fiume come un giovane che, da una cornucopia, versa l’acqua in una vasca alla base della quale due tritoni riversano a loro volta l’acqua nel canale percorso dal fiume Amenano in questo tratto visibile. I catanesi chiamano questa fontana “acqua a linzolu” perché l’acqua della fontana versandosi come una piccola cascata nel fiume produce un suggestivo e caratteristico effetto “lenzuolo” e anche perché in passato in questo canale le popolane lavavano la loro biancheria nel fiume.

Osserviamo meglio il Palazzo dei Chierici e di fronte, sull’altro lato della piazza, il Palazzo degli Elefanti, in origine chiamato Palazzo Senatorio, che è sede del Municipio di Catania. Fu costruito al posto della Loggia medievale, distrutta dal terremoto del 1693, ha forma quadrangolare e presenta un atrio di ingresso su ogni prospetto con un balcone centrale sorretto da quattro pilastri di granito, dal quale usano affacciarsi le autorità catanesi nel giorno di Sant’Agata. Nel cortile centrale sono esposte le Carrozze del Senato, risalenti al XVIII secolo, che sfilano ogni anno la mattina del 3 febbraio, durante le celebrazioni per compiere la processione dell’offerta della cera a Sant’Agata.

Contigua a Piazza Duomo, visitiamo la bella e ampia Piazza dell’Università dove prospetta lo scenografico Palazzo dell’Università il cui originale fu completamente distrutto dal solito terremoto del 1693 e poi nuovamente danneggiato da un sisma del 1818: ogni modo è molto bello il cortile interno e tutto il contesto rende molto elegante la piazza.

Da qui prendiamo la Via Etnea, il rettilineo lungo tre chilometri che taglia tutta la città, estremamente elegante, ricca di bei palazzi, negozi di buona qualità, librerie, pasticcerie e locali rinomati. Sempre l’Etna fa da sfondo.

Fatti pochi passi, però, ecco la prima sosta: a sinistra si apre la Chiesa della Collegiata, una delle più antiche della città, costruita presumibilmente nei primi secoli d.C.

Legata alle vicende religiose della città, nel 1396 durante il dominio aragonese fu nominata “Regia Cappella”, e successivamente nel 1446 vi fu istituito un collegio di canonici da cui deriva il suo nome attuale, “Collegiata”. Con la ricostruzione dopo il terremoto, si invertì l’ingresso che era posto sulla parte opposta, realizzando la bella facciata con le caratteristiche concavità e convessità che ricordano la forma di un organo.

Deviamo ora verso Via dei Crociferi, la oltrepassiamo e costeggiamo l’esterno del Teatro Greco e dell’Odeon del II secolo d.C. e che ancora oggi ospita rappresentazioni estive. Decidiamo di non visitarli (il biglietto di ingresso è di € 6,00) sia per mancanza di tempo, sia perché abbiamo una buona dimestichezza di reperti romani.

Torniamo su Via dei Crociferi, bellissima, una delle strade più antiche di Catania dove è un susseguirsi di chiese, una più bella dell’altra, alcune purtroppo chiuse o non visitabili. Ma una in particolare non la vogliamo perdere e ci affrettiamo perché chiuderà alle 13.30: si tratta della stupenda Chiesa di San Benedetto e di alcuni ambienti del suo  Monastero, quali il parlatorio delle monache di clausura, a cui si ispirò Verga per il romanzo La Capinera e gli scavi di una domus romana. Si accede con un biglietto di ingresso di € 6,00.

Un elegante vestibolo d’ingresso caratterizza l’entrata e la gradinata conduce all’unica navata interna. Il portone d’ingresso in legno, risalente al XVIII secolo, raffigura episodi della vita di S. Benedetto. All’interno sono da vedere il pavimento in marmi policromi intarsiati, che faceva parte dell’edificio originario e che è stato faticosamente recuperato dopo il terremoto, e i maestosi affreschi settecenteschi. Una visita da fare sicuramente.

Intanto un certo languore si fa sentire e decidiamo di proseguire su Via Etnea per andare a mangiare i famosi arancini da Savia, una rinomata gastronomia e pasticceria della città. E’ affollatissima, ma grazie ad un cortese cameriere, riusciamo ad accomodarci ad un tavolo all’esterno e pranziamo con € 25,00 a coppia gustando varie prelibatezze locali.

Così rifocillati, attraversata Via Etnea, entriamo nel Giardino Bellini, una vera oasi di verde e di pace in pieno centro città, poi riprendiamo il nostro cammino passando davanti ai resti del Teatro Romano, in una piazza che apre su Via Vittorio Emanuele II e raggiungiamo nuovamente Via dei Crociferi ammirando le belle facciate della Chiesa di San Giuliano e di San Francesco Borgia nonchè l’immenso palazzo che la affianca, ex Collegio dei Gesuiti, con una decorazione esterna notevole.

Per le 15:00 abbiamo prenotato già da tempo la visita al Monastero di San Nicolò l’Arena, patrimonio Unesco, che in un’ora e mezza ci conduce in tutte le sue parti, compresi i sotterranei dove sono state rinvenute domus romane, ai giardini segreti, ai chiostri, e al muro di lava che durante una eruzione si è fermato a pochi centimetri dal corpo del monastero. Oggi è sede della Facoltà di Lettere e Filosofia ed uno dei luoghi imperdibili di Catania.  

Passeggiando tranquillamente, in breve ci troviamo davanti alla mole del Castello Ursino che vediamo però solo dall’esterno. Il castello si affacciava sul mare ma l’imponente colata dell’eruzione del 1669 lo avvolse quasi completamente, riempì i fossati che lo circondavano e ne ridusse l’altezza: solo venti anni fa sono stati effettuati gli scavi per liberare le basi delle torri e riscoprire la profondità del fossato. Il castello da allora è distante dal mare ed oggi è la sede dei Musei Civici.

Avremmo voluto visitare il Palazzo Biscari, che dicono essere un’altra meraviglia di Catania ma si è fatto tardi e ci affrettiamo a riprendere la nostra auto al Garage Lupo e a rientrare ad Aci Castello, non senza imbatterci nuovamente nella caotica viabilità. Catania è stata veramente una bella scoperta, una città piena di attrattive e veramente ben tenuta.

Stasera si cena in un ristorante consigliato dai gestori del nostro appartamento: “I Cessi”, in Via Francesco Crispi 23. Un nome sicuramente curioso, derivato dal fatto che dove ora è il locale un tempo c’erano le latrine pubbliche che sono state smantellate anni fa, ma il toponimo è rimasto. Comunque, un locale di buona qualità dove gustiamo piatti particolari spendendo € 41,00 a coppia.

E poi siamo sulla terrazza di fronte al mare.

Giorno 3 – Gole dell’Alcantara, Taormina

scorcio di taormina

Stamattina visiteremo le Gole dell’Alcantara, che distano 55 chilometri da Aci Castello: il cielo stamattina è lattiginoso e fa caldo ma non si può sempre avere tutto. Dopo un’oretta di viaggio, arriviamo a Motta Camastra nel cui comune si trovano le gole conosciute anche come Gole di Larderia, un imponente canyon di natura basaltica formatosi a seguito di tre distinte eruzioni vulcaniche avvenute fra 25.000 e 9.000 anni fa. La gola è lunga quattrocento metri ed è considerata una meraviglia geologica in Italia per la sua natura selvaggia e per la particolarità delle pareti dove, soprattutto dall’alto, si possono distinguere le varie tipologie di colata di lava che raffreddandosi hanno assunto forme particolari. Dopo una bella passeggiata che permette di ammirare dall’alto il corso d’acqua affacciandosi a parapetti panoramici, si può scendere sulle sponde con due possibilità: pagando un biglietto di € 1,50 si entra nell’area comunale da dove inizia una scala di duecentoquaranta gradini, piacevole all’andata ma pesante al ritorno, soprattutto se fa caldo; oppure pagando un biglietto di € 8,00 che permette di prendere un ascensore per scendere e salire quante volte si vuole. Noi lo prendiamo e ci troviamo al livello del corso d’acqua: gelida e difficile da affrontare anche in piena estate. C’è chi affitta gli stivaloni per entrare non solo nell’acqua ma anche per spingersi in fondo alla gola. Una bella escursione certamente!     

La nostra giornata proseguirà con la visita di Taormina, ma è ormai ora di pranzo e approfittiamo del posto di ristoro presso la biglietteria delle gole, facendo uno spuntino, chi con un trancio di pizza chi con buone insalate.

Riprendiamo il nostro itinerario e in una trentina di minuti, percorrendo venticinque chilometri, siamo a Taormina, parcheggiando nel parcheggio di Porta Pasquale da dove, al termine di una bella salita, entriamo in città attraverso la Porta Messina, conosciuta anche come Porta Ferdinandea perché voluta da Ferdinando IV di Borbone nel 1808.

Imbocchiamo così Corso Umberto, la via principale di Taormina che la attraversa tutta fino alla Porta Catania: c’è una grande confusione, qui i turisti sono già arrivati in massa e questo non ci permetterà di apprezzare come avrebbe meritato la visita della città.

Ogni modo, sicuramente bella la Piazza Duomo che ospita la Cattedrale di San Nicola di Bari e la Fontana detta “Quattro Fontane”.

Molto scenografica  la Piazza IX Aprile, considerato il “salotto buono” di Taormina con un belvedere che abbraccia un panorama vastissimo ma noi oggi siamo stati sfortunati e il cielo che si è mantenuto coperto per tutta la giornata, non ci permette la visibilità giusta.

Ora ci dirigiamo senz’altro indugio verso il sito più conosciuto della città: il Teatro Greco, € 12,00 a persona il biglietto di ingresso a cui è consigliabile aggiungere € 5,00 per l’ottima audio guida, secondo me indispensabile per apprezzare al meglio la storia e la descrizione del monumento. L’edificazione del teatro inizia probabilmente ad opera dei Greci intorno al III sec. a.C., all’epoca di Gerone II. Per consentire la costruzione fu necessario asportare manualmente dalla montagna oltre 100.000 metri cubici di roccia. L’impianto fu poi ristrutturato ed ampliato dai Romani, che inserirono colonne, statue e le ingegnose coperture. A partire dagli anni ’50 il Teatro è stato sfruttato per ospitare varie forme di spettacolo che spaziano dal teatro ai concerti, dalle cerimonie di premiazione del David di Donatello ai concerti sinfonici, dall’opera lirica al balletto: ha oggi al suo interno una capienza di quattromilacinquecento posti a sedere, che lo rendono una delle location più ricercate dagli artisti contemporanei. Una delle sue attrattive più conosciute è quella di affacciarsi praticamente sul mare ma noi oggi non lo possiamo apprezzare al massimo.

E’ ora di lasciare anche Taormina, non prima di aver gustato un’ottima brioche con gelato che ci riconcilia con la confusione intorno.

A pochi chilometri da Taormina, raggiungiamo Castelmola, un borgo delizioso che si vedeva distintamente già dalla città, arroccato a cinquecentotrenta metri sulla montagna, piccolissimo, ordinato e con buone attrattive da vedere, non ultimo uno spettacolare panorama sull’Isola Bella di Taormina.

Rientriamo ad Aci Castello, la giornata è stata lunga e densa di spostamenti, e andiamo a cena in un ottimo ristorante: “Al Tubo” in Via Marconi 33/35 rimanendo molto soddisfatti spendendo € 60,00 a coppia.

Poi, il meritato riposo.

Giorno 4 – Escursione all’Etna e Acireale

acireale cattedrale

Stamattina faremo una escursione sull’Etna, partendo da Piano Provenzana sul versante Nord che raggiungiamo da Aci Castello in un’oretta. Lucia e Gianni hanno prenotato già da Roma con  “Etna Nord – Piano Provenzana regala emozioni” ma io avevo timore che fosse troppo impegnativa per me che ho problemi di vista e non volevo eventualmente rallentare il gruppo andando più lentamente degli altri. Poi, arrivati a Piano Provenzana, ci lasciamo convincere e ci aggreghiamo all’ultimo momento perché l’escursione  scelta dai nostri amici risulta fattibile: ha un costo di € 75,00 a persona per la durata di circa tre ore (ma ci sono escursioni di prezzi diversi e di durata maggiore in base anche alla difficoltà e alla forma fisica dei partecipanti). Col senno di poi, è una delle più belle esperienze che si possono fare in Sicilia e la consiglio caldamente. Inoltre, poiché non eravamo perfettamente equipaggiati, ci hanno fornito gratuitamente le giacche a vento e noi abbiamo solo noleggiato gli scarponi al costo di € 8,00 a persona.

Già la strada per arrivare a Piano Provenzana è magnifica, si sale attraverso i boschi fino a milleottocento metri dove si deve parcheggiare l’auto: poi ci si accomoda su un mezzo chiamato Torsus, un 4×4 che può affrontare i terreni più difficili. La prima fermata è davanti al vecchio Osservatorio, ormai dismesso, e con una breve passeggiata  eccoci faccia a faccia con il vulcano da una parte e con la vista della Valle del Bove fino al mare dall’altra. Pur essendo oggi una giornata buona, il cielo non è ancora limpido e le nuvole sono basse, così non possiamo gustarci a pieno quanto la natura ci offre, ma è comunque già abbastanza. Paesaggio lunare costellato dai cespugli tipici chiamati “cuscino della suocera” perché all’interno dei fiori ci sono le spine che ci dicono essere terribili da rimuovere. Poi, risaliti sul Torsus, proseguiamo verso i cosiddetti “Crateri Sommitali” che rappresentano  lo scenario naturale delle eruzioni del vulcano arrivando a 2900 metri. Nuova fermata, nuovo breve trekking e una emozione notevole. Oltre questo punto le guide si avventurano solo con persone esperte. Poi, si riprende a discendere fino al punto di partenza. Personale gentilissimo e disponibile che ti fa sembrare tutto naturale. Tornati al campo base, è giusto l’ora di pranzo e ci fermiamo in un piccolo bar mangiando cose tipiche molto buone spendendo € 16,00 a coppia.

Per completare la giornata dedicata all’Etna, raggiungiamo in un’ora, nel primo pomeriggio, il versante sud del vulcano e  precisamente il Rifugio Sapienza, in uno scenario veramente lunare: il versante in questo punto è più spoglio ma anche da qui partono le escursioni che prevedono dapprima la salita in funivia per arrivare alla Torre del Filosofo a 1900 metri sorvolando uno scenario incomparabile e da lì il 4×4 o un trekking abbastanza impegnativo attraverso le varie colate sempre per raggiungere i crateri sommitali.

Riprendiamo il nostro itinerario e ci fermiamo ad Acireale che mi appare una cittadina molto piacevole. Secondo la leggenda, il nome della città deriverebbe dal mito che narra dell’amore tra il pastore Aci e la Ninfa Galatea. Secondo il racconto, dal sangue del giovane, ucciso dal geloso ciclope Polifemo, sarebbe nato il fiume Aci che dà il nome alla città. In seguito, durante la dominazione spagnola, con un decreto del 1642 Filippo V attribuì ad Aci il nome aggiuntivo di “Reale” in quanto città demaniale. Rimango sorpresa in Piazza del Duomo, la più grande e importante delle piazze di Acireale che è un vero e proprio museo a cielo aperto, grazie ai monumenti che vi si affacciano e alla decorazione della pavimentazione, rinnovata nel 2009, su progetto, tra gli altri, di Paolo Portoghesi, architetto noto per la realizzazione della Moschea di Roma: una originale pavimentazione ad anelli concentrici , voluta secondo un progetto geometrico che richiama le forme di un rosone gotico, simile a quello della facciata della Cattedrale.

Sulla piazza ammiro, tutti concentrati nello stesso spazio,  gli importanti monumenti cittadini, tra cui la Cattedrale di Maria Santissima Annunziata, la Basilica dei Santi Pietro e Paolo, il Palazzo Municipale del Settecento, e il Palazzo Modò.

Ci avviamo verso casa e nel frattempo telefoniamo a I Cessi per ordinare le pizze: stasera ceniamo nel nostro appartamento perché in televisione c’è una partita di calcio che i nostri uomini non vogliono perdere.

Giorno 5 – Piazza Armerina, Ragusa Ibla

piazza armerina

Oggi  dobbiamo lasciare il nostro fantastico appartamento: proseguiremo verso sud e la prima tappa della giornata sarà Piazza Armerina distante centotredici chilometri che si percorrono in un’ora e mezza. Ma il tempo passerà velocemente perché i paesaggi che attraversiamo sono molto piacevoli: siamo nei Monti Erei, fitti di estesi boschi che conferiscono a tutta la zona un’aria selvaggia forse anche perché praticamente spopolata. Gli Erei sono di origine calcarea e tempo addietro erano una delle zone più importanti per quel che riguarda l’estrazione di zolfo. Fanno da cerniera tra i Nebrodi e i Monti Iblei.

Poi ci appare Piazza Armerina: la città è incastonata tra i boschi che si estendono ai suoi piedi a nord come a sud. Meriterebbe una visita approfondita per i suoi pregevoli monumenti ma noi, per i tempi ristretti, ci dirigiamo subito verso quella che è una delle attrazioni più conosciute della Sicilia, gettonatissima, la Villa del Casale nota per i suoi mosaici preservatisi in maniera eccellente. La villa romana, parte di un esteso latifondo di cui non è ancora noto il reale proprietario, anche se ha ospitato sicuramente membri imperiali, si visita con una audio guida ottima che ci conduce in ogni ambiente e fornisce spiegazioni dettagliate sia sotto il profilo storico che artistico. Mosaici di grande estensione, perfetti e mai visti in vita mia. Il più noto è quello che raffigura dieci ragazze con un costume simile all’odierno bikini, impegnate in varie discipline sportive ma tutti i mosaici sono semplicemente meravigliosi. Non si possono descrivere, si devono solo vedere.

Pranziamo nel bar adiacente alla biglietteria in maniera indecorosa che non voglio più nemmeno ricordare: bisognerebbe togliere la licenza a certi locali.

Riprendiamo il nostro itinerario, dobbiamo percorrere circa novanta chilometri per raggiungere Ragusa Ibla, dove soggiorneremo per i prossimi tre giorni.

Siamo in contatto già da ieri con Salvatore, il factotum del B&B Via Barocca in Via XXIV Maggio che si dimostrerà un aiuto prezioso, sempre presente anche se con estrema discrezione: ci aiuterà a portare i bagagli dall’auto fin su le scale di casa e ci fornirà un pass per parcheggiare nelle zone limitrofe in qualità di ospiti della struttura. Le camere del b&b sono semplici ma molto curate, all’interno di un edificio antico ristrutturato. Siamo al confine tra Ragusa e Ragusa Ibla che, pur essendo parte della stessa città, sembrano due entità distinte.

Ragusa Ibla, comune autonomo fino al 1927 è oggi considerata la parte storica della città di Ragusa ed annovera ben diciotto monumenti riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. La chiamano solamente Ibla, perché è il quartiere più basso di Ragusa. Successivamente al catastrofico terremoto del 1693, Ragusa venne ricostruita in due siti differenti: la parte superiore, annoverata come moderna, e quella inferiore, che venne riprogettata in stile barocco, sulle rovine antiche.  La Città Alta di Ragusa Superiore ha elementi di modernità ma conserva alcuni edifici di epoca barocca ed è stata indipendente fino a quando non si è fusa con la città vecchia nel 1927, diventando insieme capoluogo di provincia.

Ci sistemiamo rapidamente e andiamo alla scoperta di questa città meravigliosa, più volte scenario negli episodi del Commissario Montalbano. Una città anche faticosa perché le innumerevoli scale che si fanno in discesa, inevitabilmente si dovranno rifare in salita. Sul momento non ci si pensa, tutti presi dai panorami stupefacenti, primo fra tutti quello che ci appare dal belvedere in fondo a via XXIV Maggio in cui si ammira Ibla adagiata sulla collina e lo sfondo dei Monti Iblei tutto intorno. Affacciata sul belvedere si trova subito la Chiesa delle Santissime Anime del Purgatorio, poi scendendo ancora la Chiesa di Santa Maria delle Scale, il Palazzo della Cancelleria e la Chiesa di Santa Maria dell’Itria che spicca con la sua cupola blu cobalto: siamo nel vecchio quartiere ebraico.

Dopo tanto scendere, finalmente un bel tratto di strada piuttosto piano che ci porta davanti al Duomo di San Giorgio che prospetta imponente dall’alto di una scalinata su una bella piazza piena di locali.   

La Cattedrale di San Giorgio è uno dei luoghi più importanti di Ragusa e il principale luogo di culto della città: il vero cuore di Ibla, il punto di partenza per esplorare la città storica piena di stradine e affascinanti balconi scolpiti, nonché bar e ristoranti per tutti i gusti.

A soli cinque minuti da Piazza Duomo c’è un’altra chiesa da non perdere, la Chiesa di San Giuseppe.

Continuiamo la nostra passeggiata attraverso il barocco e poco dopo la Piazza del Duomo, in Via Alloro, incontriamo un curioso edificio: il Circolo della Conversazione, conosciuto anche come Caffè dei Cavalieri, da sempre è stato adibito proprio a luogo di incontro e passatempo del ceto borghese. Mantiene ancora il suo ruolo. Stradine strette, balconi adorni di mascheroni in pietra, chiese chiuse e palazzetti nobiliari: non so più dove guardare.

Arriviamo infine al Giardino Ibleo, un posto curatissimo e molto piacevole, costruito nel 1858 per iniziativa di alcuni nobili locali e di una buona parte del popolo che lavorò gratuitamente per realizzarlo. Nel giardino si trovano anche un paio di chiese che facevano parte di un Convento di Cappuccini.

E’ ormai ora di cena e optiamo per uno dei ristoranti consigliatoci da Salvatore, “La Bettola ” in Largo Camerina 7: un ottimo posto.

Ora però dobbiamo ritornare nel nostro b&b affrontando la risalita delle innumerevoli scale che sembrano non finire proprio mai: i monumenti e le vie illuminate di luce calda sono bellissimi, quasi irreali ma siamo ormai stanchissimi e non desideriamo altro che una dormita rigenerante.

Giorno 6 – Scicli, Modica

Salvatore ci offre un’ottima colazione: siamo i soli ospiti della struttura e ci sentiamo perfettamente a nostro agio anche per la sua cortesia e disponibilità.

Stamattina andremo a Scicli: sono solo venticinque chilometri e in poco più di mezz’ora parcheggiamo in un comodo parcheggio alla periferia della cittadina. Scicli è la Vigata del commissario Montalbano, dove si trovano alcuni luoghi importanti e di conseguenza è stata girata una gran parte delle scene degli interni: infatti noi siamo diretti verso Via Mormino Penna dove si trova il Palazzo del Comune che, oltre ad avere la funzione di Municipio, ospita il famoso commissariato, nonché la stanza del questore. Entrambe sono state “musealizzate”, lasciate intatte dal momento dell’ultima scena, compreso il gabbiotto di Catarella e la scrivania di Fazio. Le stanze si possono visitare con un biglietto di € 3,00 ma il carnet da € 8,00 permetterà l’ingresso ad altri tre siti situati tutti lungo la stessa via. Facciamo ovviamente il biglietto da € 8,00 e ci divertiamo a farci fotografare alla scrivania di Montalbano: una cosa curiosa quella di trovarci catapultati all’interno di ambienti che ci sono diventati ormai familiari, ritrovando tutti i particolari, compresi la porta della finta stanza di Mimì Augello. Sarà pure tutto troppo turistico ma a noi è piaciuto.

Subito accanto al Municipio  troviamo la Chiesa di San Giovanni Evangelista (biglietto compreso nel carnet). La chiesa era annessa al Monastero delle Benedettine che fu demolito ai primi del Novecento proprio per far posto al Municipio: bellissima la sua facciata concavo-convessa che rivela degli influssi borrominiani (S. Carlino alle Quattro Fontane di Roma), molto aggettante sulla strada, che sposa in pieno i canoni imponenti del barocco. Gli interni, molto gradevoli, conservano  un dipinto di origine spagnola risalente al 1600, il Cristo di Burgos che la gente chiama il Cristo con la gonna, ma che in effetti non è una gonna bensì una veste lunga fino alle caviglie, come segno di servizio sacerdotale svolto dal Cristo all’umanità.

A seguire, sulla stessa via, si trova l’Antica Farmacia Cartia che conserva gli ambienti originali e gli antichi vasi negli armadi di legno: non la visitiamo ma entriamo nell’attiguo Palazzo Spadaro (biglietto compreso nel carnet).

L’edificio si sviluppa in lunghezza sulla stessa Via Mormino Penna e la sua facciata presenta otto balconi con inferriate convesse in ferro battuto a motivi geometrici e floreali: ci spiegano la particolarità delle inferriate così bombate, che già ci avevano incuriosito e che ritroveremo ancora,  dovuta all’esigenza delle dame di affacciarsi ai balconi pur con i loro vestiti ingombranti.

Saliamo l’elegante scala e ci troviamo catapultati all’interno del palazzo nobiliare dove le stanze sono pavimentate con maioliche di Caltagirone  che, nel momento di massimo splendore,  richiamavano i colori delle pareti e dei soffitti.  Oggi è piuttosto spoglio, l’unico ambiente ancora intatto è la camera da letto. Bellissimo l’affaccio dai balconi sulla via con l’infilata di tutti i palazzi che prospettano, tra cui, proprio di fronte, il Palazzo Bonelli Patanè che non visiteremo un po’ per mancanza di tempo e un po’ perché il biglietto di ingresso ammonta a ben € 25,00 a persona e ci sembra una esagerazione pur avendo letto che si tratta di interni sontuosi, quasi principeschi.

Visitiamo poi l’ultimo sito compreso nel biglietto, la Chiesa di S. Teresa: attualmente sconsacrata e adibita a mostre ed eventi, ha un interno molto suggestivo, un unico ambiente rettangolare tutto di stucchi bianchi e un originale pavimento a lastre bianche e nere.

Torniamo indietro passando sul retro del Palazzo Spadaro che si presenta molto meno rifinito visto che vi si affacciavano ambienti di servizio e raggiungiamo il Palazzo Beneventano, dalla facciata fantastica per le sue elaborazioni barocche ma che non è visitabile all’interno.

Passeggiamo fino a Piazza Busacca, una delle principali della cittadina su cui prospetta la Chiesa della Madonna del Carmine, a cui era annesso un monastero risalente  al 1368 ma che troviamo chiusa, come tante altre chiese che non abbiamo potuto visitare. Ritorniamo sui nostri passi e in breve siamo davanti alla Chiesa di San Bartolomeo dalla bellissima facciata e un interno decorato con stucchi, dorature e affreschi. Contiene, tra l’altro, uno scenografico Presepe napoletano della metà del 1700 che si componeva di sessantacinque statue in legno di tiglio alte un metro, di cui oggi  ne sono rimaste soltanto ventinove.  

Dalla Chiesa di San Bartolomeo si accede alla Contrada Chiafura, un agglomerato di piccole abitazioni tra cui anche numerose case-grotte che in qualche caso sembrano risalire addirittura al neolitico quando erano utilizzate come necropoli ma poi abitate fino agli anni ’50 come a Matera.

Ritorniamo in Via Mormino Penna e pranziamo in un locale proprio di fronte al Municipio, “BukiBuki”, accomodati ad un tavolo all’aperto e gustando delle ottime insalate.

Abbiamo ancora tutta la giornata davanti e, seguendo il consigli del nostro caro Salvatore, ci dirigiamo a Modica: era previsto dal nostro programma di visitarla domani, ma a conti fatti la scelta è risultata ottima.

Anche a Modica non abbiamo difficoltà per parcheggiare: troviamo posto in Via Vittorio Veneto e da lì, in brevissimo tempo siamo nel centrale Corso Umberto dove si incontra già la Chiesa di San Pietro Apostolo al termine di una scenografica scalinata, perfetta realizzazione del tardo barocco siciliano, anche questo frutto della ricostruzione di questa parte della Sicilia dopo il disastroso terremoto del 1693. Lungo la scalinata ammiro “I santoni del Duomo”, dodici statue in pietra raffiguranti gli Apostoli, peccato aver trovato chiuso, pare sia una delle chiese barocche più belle.

Giriamo in Via Grimaldi, una stradina in salita lungo il fianco sinistro del duomo perché volevamo visitare la Chiesa rupestre di San Nicolò Inferiore, risalente al periodo tra il 1500 e il 1600 quando in Val di Noto si riprende a praticare il culto all’interno delle grotte anche se in questo caso la datazione potrebbe essere più antica: la grotta fu inglobata in altre strutture e per un po’ se ne persero le tracce. Ostinatamente chiusa anche questa, pur essendo capitati nell’orario segnalato per le visite: peccato, perché il ciclo pittorico degli affreschi è ritenuto sorprendente.

Continuiamo a salire e raggiungiamo la Casa natale di Salvatore Quasimodo in Via Posterla, da cui, affrontando già una notevole scalinata, possiamo dire di essere nella Modica Alta: ci affacciamo a uno dei diversi belvedere che si incontrano strada facendo e il panorama è bellissimo, Modica Bassa adagiata ai nostri piedi con un colpo d’occhio che ripaga della fatica per arrivarci. E il verde delle colline intorno, sembra poggiata su uno scrigno di velluto.

Raggiungiamo il Duomo di San Giorgio, altra meraviglia!! I suoi interni sono spettacolari, nei toni chiari e celesti. La sua mole possente si innalza come un gigante al termine di una scalinata di ben duecentocinquanta gradini, pensata per collegare i due livelli della città. Noi, arrivando da un punto già alto, ci troviamo a metà della scalinata e già così è notevole, ma questa inizia molto più in basso, circondata da giardini pensili chiamati Orto del Piombo e quando avremo modo di vederla ridiscendendo a Modica Bassa, ci lascerà proprio a bocca aperta. La scenografia vuole ricordare Trinità dei Monti a Roma.

Ci troviamo a percorrere delle stradine interne della Modica vecchia, strette  e suggestive che sboccano in piazzette raccolte ma che soprattutto consentono l’affaccio su un panorama eccezionale, soprattutto guardando verso sinistra dove il fianco del duomo e la scalinata sono uno spettacolo.

Cominciamo la discesa che ci riporterà su Corso Umberto dove facciamo una sosta per acquistare la famosa cioccolata alla Cioccolateria Di Lorenzo che offre prodotti di produzione propria come la più gettonata Dolceria Bonajuto a cui si accede però facendo un mutuo. Riforniti così a dovere, diamo un ultimo sguardo ai bei palazzi che nel tardo pomeriggio assumono un colore più caldo e alla mole del castello che sovrasta Modica Bassa con il suo antico orologio:  riprendiamo l’auto per tornare a Ibla. Il viaggio di ritorno non è lungo, Modica dista solo sedici chilometri da Ragusa:  l’unico inconveniente che troviamo è quello di non poter parcheggiare usufruendo del pass perché essendo sabato non c’è un buco da nessuna parte. Ma niente paura: su Corso Italia si apre un grande parcheggio multipiano dove ricoveriamo la nostra auto per la notte al prezzo di € 20,00.

Ci riposiamo un po’ dalle fatiche della giornata (le scale di Modica non sono uno scherzo) ma presto dobbiamo riaffrontare la discesa verso la parte bassa di Ibla per andare a cena in un locale caldamente consigliato da Salvatore, “That’s Amoro”, in Largo Camerina 5 (a fianco del ristorante di ieri sera) che ci siamo premuniti di prenotare. Mangiamo benissimo ed inoltre il gestore ci dà una bella notizia: di fronte al Giardino Ibleo c’è il capolinea di una navetta che, ad orari prestabiliti, riporta a Ragusa Superiore. E’ stata veramente una salvezza, non so se ce l’avrei fatta stasera a risalire!

Giorno 7 – Castello di Donnafugata, Punta Secca, Marina di Ragusa

Oggi è una splendida giornata di sole e il nostro programma prevede la visita del Castello di Donnafugata, a una ventina di chilometri da Ibla. Prima però, andiamo a visitare la Cattedrale di Ragusa Superiore, poco distante dal parcheggio in cui ieri sera abbiamo lasciato l’auto, il monumento più importante da vedere nella città alta, dedicata a San Giovanni Battista. Fu costruita nei primi anni del 1700 dopo che l’ex edificio eretto nello stesso sito non era considerato più adeguato. La cattedrale, a cui si accede sempre da una discreta scalinata che conferisce a queste chiese una maggiore monumentalità, ha una bella ed elaborata facciata barocca con un imponente ingresso principale e altrettanto bello è l’interno dai toni chiari.

In circa mezz’ora siamo al parcheggio del Castello di Donnafugata, sempre attraversando bei paesaggi: anche questo castello compare frequentemente nella serie del commissario Montalbano ed è una costruzione davvero stupefacente. Nasce come villa rurale e il suo aspetto attuale risale alle modifiche apportate alla metà dell’800. Conta ben centoventidue stanze, ovviamente non tutte visitabili: vi sia accede con un biglietto di €7,00 per gli over 65 che consente di visitare, oltre il palazzo anche il parco e una mostra deliziosa sulla moda nel corso dei secoli. Una mostra ben allestita e veramente interessante che fornisce uno spaccato della vita di un ceto sociale abbiente attraverso l’abbigliamento.

Si avvicina l’ora di pranzo quando usciamo da Donnafugata ma non ci ispirano i locali turistici che troviamo lungo il percorso verso il parcheggio e così decidiamo di andare a Punta Secca, la località di mare che nella serie del commissario si chiama Marinella.

Punta Secca è piccolissima, tutta concentrata intorno ad una piazzetta e al faro che la sovrasta. Oggi è conosciuta per la casa del commissario Montalbano che si affaccia direttamente sulla spiaggia davanti ad un bel mare e che nella realtà è un B&b. Ci accomodiamo al tavolino di un piccolo bar in Piazza Andrea Camilleri e gustiamo la briosche con gelato: oggi fa caldo ed è il pranzo ideale.

Riprendiamo l’auto e dopo pochi chilometri siamo a Marina di Ragusa, passeggiamo sul lungomare già invaso da turisti (ma d’altra parte è domenica e fa caldo) e poi riprendiamo la strada di casa.

Anche stasera ceniamo da That’s Amoro, se possibile ancora meglio di ieri, poi riprendiamo la navetta scoprendo che una fermata è proprio di fronte all’ingresso del locale. Meglio di così!    

Giorno 8 – Marzamemi, Siracusa

È arrivato il momento di dover lasciare Ibla, sempre a malincuore quando ci siamo sentiti a casa. Salvatore, ancora una volta, è disponibile ad ogni nostra esigenza e noi ne approfittiamo per farci aiutare con i bagagli fino all’auto. Poi via verso Siracusa,  l’ultima parte del nostro viaggio.

Dopo un’oretta, la distanza è di circa sessantacinque chilometri, ci fermiamo a Marzamemi che ci incuriosisce. Si può lasciare l’auto tranquillamente nell’ampio parcheggio prima dell’ingresso del  borgo. La fama di questo delizioso paesino è legata principalmente alla sua tradizione di pesca del tonno. Il borgo ha infatti ospitato una delle più importanti tonnare della Sicilia, la Tonnara, attiva fino agli anni ’50 del secolo scorso che si può ancora vedere come esempio di archeologia industriale. Quando venne costruita, per molti secoli fu la principale dell’intera Sicilia Orientale. Successivamente intorno al 1600/1700 la tonnara venne modificata e ampliata e vennero costruite le case dei pescatori, il palazzo della Famiglia dei Villadorata e le chiesa di San Francesco di Paola. La tonnara rimase in funzione fino al 1969, dopodiché venne chiusa definitivamente per mancanza di tonni.

Marzamemi è talmente piccolo che si gira rapidamente tra le casette dei pescatori, la magnifica Piazza Regina Margherita, la Chiesa di San Francesco di Paola e il Palazzo della Famiglia dei Villadorata.

A me è piaciuto veramente tanto, con le imposte delle casette di quel blu che si trova solo in Grecia ma credo che in piena stagione estiva sia superaffollato, a giudicare dalla gran quantità  di locali che vi si trovano. Avessimo avuto più tempo a disposizione , sarebbe stato bello approfondire la conoscenza dell’area marina a cui Marzamemi appartiene, fino alla Riserva di Vendicari e all’Isola di Capo Passero. Ci accontentiamo, comunque.

Riprendiamo la nostra marcia per arrivare prima di pranzo a Siracusa. Più precisamente, abbiamo prenotato il B&b Le Saline in Traversa Caderini 28, a pochi passi da Ortigia, la parte più spettacolare di Siracusa. Facciamo la conoscenza con Stefano, il gestore, un ragazzo eclettico e pieno di iniziative che ha trasformato la villetta dei genitori in b&b, un bel posto, pulitissimo e dalle camere colorate molto accoglienti. Fabio ed io alloggiamo nella stanza rossa, che in realtà è un piccolo appartamento, dotato di una enorme terrazza che si affaccia sulle antiche saline ormai dismesse.

Ci sistemiamo rapidamente e, ripresa l’auto, in breve tempo la lasciamo nel Parcheggio Sant’Antonio perchè Ortigia è chiusa al traffico: dobbiamo camminare un po’, ma dopo aver percorso Corso Giacomo Matteotti, la parte commerciale con ottimi negozi, arriviamo in Piazza Archimede dove al centro c’è la bella Fontana di Diana, imponente con i suoi cinque metri di altezza, che narra la leggenda della ninfa Aretusa: al centro, in posizione dominante, è rappresentata Diana con l’arco e il cane su un alto basamento a forma di scogliera. Ai suoi piedi c’è Aretusa distesa nel momento in cui la dea sta per trasformarla in sorgente per salvarla da Alfeo. Questi compare alla destra di Diana, sorpreso per il prodigio che sta per avvenire. All’interno della vasca, quattro sculture rappresentano una famiglia di Tritoni che cavalcano altri animali.  Veramente bella!

E’ ora di pranzo e superata la piazza, ci fermiamo in Via Roma da “La Putia delle cose buone”, un locale minuscolo all’interno e con qualche tavolo all’esterno. Facciamo la fila prima di sederci, poi in breve tempo ci sistemiamo e mangiamo benissimo gustando tipicità locali.

Il tempo non è bellissimo, un cielo foschioso non ci permette di gustarci il colore del mare su cui Ortigia si protende: ogni modo non rinunciamo a  vedere quanto è inserito nella nostra tabella di marcia, trovando ovviamente molte attrattive chiuse come la Chiesa di Santa Lucia alla Badia che prospetta sulla fantastica Piazza del Duomo.

Una piazza grandissima e pavimentata con una pietra lucida da sembrare tirata a cera, su cui si affaccia il maestoso Duomo della Natività di Maria Santissima (ingresso € 2,00 a persona) da vedere a tutti i costi durante la visita di Ortigia. Si trova nel punto in cui una volta sorgeva il principale tempio greco dedicato ad Atena in stile dorico, i cui resti sono stati meravigliosamente integrati nella chiesa insieme a dettagli del Medioevo, oltre a statue dal valore artistico inestimabile, a spoglie e reliquie di santi, martiri e nobili siracusani Lo stile architettonico degli esterni è principalmente barocco e rococò con una facciata imponente e complessa costituita da colonne, statue e intagli.

Ma tutta la piazza è ricca di pregevoli palazzi come Palazzo Beneventano del Bosco, quasi di fronte al Duomo. Proseguiamo verso il Lungomare Alfeo per andare a vedere la Fonte Aretusa, altra attrazione turistica di Ortigia: una fonte d’acqua dolce che sgorga in corrispondenza della riva del mare, formando un piccolo lago abitato da pesci e specie vegetali.

Gli abitanti di Siracusa sono molto legati a questo  luogo come parte integrante della storia cittadina, ispirato a un antico mito greco che spiega perché la fonte fosse dedicata alla ninfa Aretusa.  Alfeo, figlio del dio Oceano, provava un amore non corrisposto per la ninfa. Stanca delle continue attenzioni, Aretusa chiese aiuto ad Artemide, la quale la avvolse in una nube e la trasformò in una sorgente nel lido di Ortigia. Zeus, per aiutare Alfeo, inconsolabile, per riavvicinarlo alla sua amata lo trasformò nel fiume che sgorga nel porto di Siracusa.

E’ chiamata  anche “a funtana re papiri” perché al suo interno si trova uno dei due soli papireti selvatici esistenti in Europa, millenario. Gli spagnoli la rimpicciolirono di circa duecento metri  quando costruirono i bastioni che circondavano l’isola.

Percorrendo il lungomare arriviamo così nella punta estrema dell’isola di Ortigia dove si trova il Castello Maniace che da otto secoli protegge la città, nato come residenza imperiale della rete dei castelli di Federico in Italia meridionale. Si può visitare ma all’interno è ormai adibito a spazio espositivo e perciò soprassediamo.

Poi, per aspettare l’ora di cena, passeggiamo senza una meta precisa per le vie di Ortigia, scoprendo splendide facciate di palazzi nobiliari e il gradevole intreccio di vie del quartiere ebraico, partendo dalla più centrale Via Maestranza. Fin dall’antichità Siracusa ha ospitato una nutrita comunità ebraica, stabilitasi nel periodo romano nel quartiere di Akradina, sulla terraferma, nelle vicinanze della baia del porto piccolo: il rione della Giudecca è ancora oggi esistente e merita senz’altro di essere visitato per i suoi caratteristici vicoletti e per il vicino e suggestivo “lungomare di levante”. Durante alcuni lavori sono stati scoperti dei sotterranei con un antico miqwe, un bagno rituale ebraico che appartiene ad una rara categoria di bagni rituali alimentati da pura acqua sorgiva che sgorga dal sottosuolo.  Ortigia è veramente incantevole.

Mentre valutiamo dove fermarci per cena, inizia a piovere e quindi ci rifugiamo nel primo locale che ci ispira e……sorpresa, ci ha ispirato perché è gemello di quello dove abbiamo pranzato oggi: si chiama “La putia di Giogiu’” ed è della stessa famiglia, aperto da poco in Via Saverio Landolina 21. In un primo momento ci dicono che non c’è posto, poi forse si dispiacciono che sta piovendo e noi ci saremmo bagnati, ci fanno accomodare in una saletta minuscola accanto alla cucina e mangiamo alla grande: ottimo tutto compresa la gentilezza e la disponibilità.

Quando usciamo, ha smesso di piovere ma ritorniamo rapidamente al parcheggio per evitare di inzupparci se avesse ricominciato.

Giorno 9 – Siracusa, Noto

È piovuto tutta la notte ed ancora piove quando scendiamo a colazione. Stamattina dobbiamo visitare la Neapolis di Siracusa, l’area archeologica monumentale della città, questo è uno dei cinque quartieri che componevano Siracusa in età greca e romana e in cui si trovano i monumenti più famosi: il Teatro greco, databile, nel suo aspetto attuale al III secolo a.C. ma esistente fin dal V secolo; l’Anfiteatro romano, da alcuni studiosi attribuito ad Augusto e da altri a Settimio Severo; l’Ara di Ierone, il grandioso altare per i sacrifici pubblici della città; la Via dei Sepolcri, fiancheggiata da ipogei bizantini. Personalmente, la parte che più mi è piaciuta è però la scenografia delle Latomie del Paradiso e di Santa Venera: antiche cave di pietra tra cui spiccano grotte suggestive come la Grotta dei Cordari e l’Orecchio di Dioniso, alta più di venti metri.

Nonostante la pioggerella, a volte anche più copiosa, riusciamo a visitare tutto con l’ottima audio guida  che consiglio certamente di prendere (l’ingresso non è proprio economico, € 16,50 a persona più € 5,00 audioguida, ma vale spenderli).

Usciamo dal sito archeologico e ci dirigiamo senza altro indugio a Noto.

Sistemiamo l’auto senza difficoltà in un parcheggio a pagamento in Via Cavour e presto, dopo un breve percorso, siamo davanti alla Porta Reale o Ferdinandea, che costituisce l’ingresso alla città. Città che mi appare subito bellissima: una esplosione di barocco senza soluzione di continuità ma molto omogenea anche nelle tonalità della pietra. Visitiamo subito il Duomo di San Nicolò (necessita un biglietto di ingresso di € 2,00), rimanendo impressionati dalla scalinata scenografica che si apre su Corso Vittorio Emanuele dove, d’altra parte, prospettano uno dietro l’altro i palazzi più importanti. Accanto al Duomo sorge il Palazzo Landolina appartenuto ad una importante famiglia nobile che vanta addirittura origini normanne ma che oggi è stato riconvertito in hotel di lusso.

Di fronte alla scalinata del Duomo, invece, ammiro il bel Palazzo Ducezio, attualmente sede del Municipio. A chi deve il nome il palazzo? Alla figura di Ducezio vissuto in Sicilia nel secolo V a.C.,  capo dei Siculi, una popolazione indigena dell’isola che guidò il suo popolo in una guerra contro le colonie greche. Oltre ad aver vinto numerose battaglie, fondato delle città, secondo la leggenda sarebbe proprio il fondatore di Noto Antica.

Entriamo per chiedere se è possibile visitarlo e scopriamo che con un biglietto cumulativo di € 10,00 possiamo visitare il Palazzo Ducezio, il Palazzo Nicolaci e il Teatro.

Vediamo così la stanza del Sindaco e il Salone degli Specchi, una stanza ovale decorata con sontuose specchiere, stucchi e ori in stile Luigi XV. In origine la sala era utilizzata come un piccolo teatro, successivamente nella storia come sala consiliare e infine, in epoca fascista, venne trasformata in un salone di rappresentanza. Non solo specchi: nella volta è possibile osservare l’affresco “La Fondazione di Neas” realizzato nel 1826 dal pittore Antonino Mazza, che rappresenta Ducezio, il re dei Siculi, che osserva il sito dove poi verrà costruita la città di Noto Antica. Ma la cosa più interessante è salire sulle terrazze che circondano il piano superiore del palazzo consentendo una vista strepitosa sulla facciata del duomo e dintorni.

Poi andiamo a visitare il Palazzo Nicolaci di Villadorata, residenza storica della famiglia che consta di ben novanta ambienti, oggetto negli ultimi anni di un profondo restauro. L’esterno è una esplosione di barocco: un grande portale e balconate che presentano scolpite figure grottesche come sirene, leoni, sfingi, ippogrifi. Il palazzo si sviluppa su quattro piani ma è aperto al pubblico solo il piano nobile con alcune belle sale come La Sala del Tè e il Salone delle Feste.

Un’ala del Palazzo contiene la Biblioteca Comunale, ricca di migliaia di volumi e manoscritti latini e spagnoli e una galleria di ritratti degli uomini illustri di Noto.

Ultimo sito compreso nel biglietto cumulativo è il Teatro Comunale Tina Di Lorenzo, precedentemente conosciuto come Teatro Comunale Vittorio Emanuele III. Si affaccia su Piazza XXIV Maggio e dal 2012 deve il nome all’attrice teatrale Tina Di Lorenzo che si è esibita più volte su questo palcoscenico, molto amata dai suoi concittadini. Un bel teatro, restaurato con eleganza.

Pranziamo con una brioche con gelato indimenticabile allo storico Caffè Sicilia in Corso Vittorio Emanuele 125, uno dei migliori locali di Noto.

Sono molto soddisfatta  e ancora di più lo sarò dopo la bellissima visita alla Chiesa di Santa Chiara dal cui interno, si accede con un biglietto di €2,50, all’antico Monastero di clausura delle Benedettine che permette di salire fino alle terrazze superiori e avere una visuale veramente da sogno su tutti gli edifici di Noto. Noi siamo particolarmente fortunati, perché nel pomeriggio è uscito un bel sole a dorare la pietra di Noto e l’atmosfera che si è creata non si può raccontare: è una emozione da vivere.

Mentre ripercorriamo Corso Vittorio Emanuele per uscire dalla Porta Reale, ammiro il grande complesso della Chiesa e del Monastero del S.S. Salvatore: dal Corso   posso vedere le tredici splendide finestre con gelosie ma purtroppo mi manca il tempo per visitarlo all’interno.

Sicuramente Noto è la città che mi è piaciuta di più in questo itinerario siciliano, pur non togliendo niente a nessuno perché tutto è stato interessante se non addirittura inaspettato.

Torniamo ad Ortigia per riposarci un po’ nel B&b prima di ritornare in città per la cena. Questa volta parcheggiamo al Parcheggio della Marina, più vicino al centro e andiamo da “Divino Mare” in Via Lanza 10/12, nella zona del mercato, sicuramente un ottimo indirizzo. Finiamo veramente in bellezza!

Ci concediamo un’ultima passeggiata in notturna in Piazza del Duomo, illuminata splendidamente e ci capita di vedere l’area archeologica denominata Tempio di Apollo, in Piazza XXV Luglio, un bel sito anch’esso valorizzato dalla illuminazione serale.

Giorno 10 – Catania e rientro

Siamo un po’ tristi perché dobbiamo ripartire ma ci consola la magnifica colazione preparata da Stefano. Salutiamo e ci dirigiamo verso Catania: dobbiamo ancora visitare il Museo dello Sbarco in Sicilia del 1943, prima di lasciare l’isola.

È un museo secondo me imperdibile, ospitato all’interno del Centro Culturale Le Ciminiere (in Viale Africa lato Piazzale Rocco Chinnici) che erano i camini per la dispersione dei fumi provenienti dalle fabbriche di zolfo situate presso la Stazione di Catania Centrale e che oggi, ben riconvertito, ospita anche il Museo del Cinema e la Mostra permanente di carte geografiche antiche della Sicilia, nonché il Museo della radio d’epoca. Da starci una giornata intera. Il Museo è di grande interesse perché ripercorre le tappe e gli scontri della seconda guerra mondiale in Sicilia attraverso fotografie dell’epoca, testimonianze registrate, reperti autentici, riproduzioni in scala e la simulazione di un bombardamento aereo.

È ora di avviarci verso l’aeroporto e riconsegnare l’auto: il nostro volo Ryanair FR4871 delle 16:30 parte in orario e alle 18:00 siamo a Fiumicino, riprendiamo l’auto lasciata al parcheggio e, mentre ci avviamo verso casa, già stiamo progettando la prossima avventura.

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Piazza Duomo, Catania

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