Santo Domingo, Bayahibe, Samanà, Punta Cana

Ventuno giorni (con una bimba piccola) alla scoperta della Repubblica Domenicana: sulle tracce di Colombo e dei conquistadores spagnoli a Santo Domingo; sulle bianche spiagge caraibiche di Bahiaybe e Saona; nella rigogliosa natura di Samanà, nella lussuosa ed elegante Punta Cana
Scritto da: BEATRICE1973
santo domingo, bayahibe, samanà, punta cana
Partenza il: 02/07/2012
Ritorno il: 23/07/2012
Viaggiatori: 3
Spesa: 3000 €
Questo viaggio nasce dalla voglia di conoscere le zone più celebri della Repubblica Domenicana, viaggiando autonomamente, ma in modo comodo e senza rischi. Per farlo, abbiamo prenotato voli di linea (Iberia) e ci siamo appoggiati ad un piccolo Tour Operator (http://www.colortravels.it/santo.htm) che ci ha trovato puliti e graziosi hotel/B&B dove pernottare, ci ha organizzato diverse escursioni e tutti i trasferimenti (compresi quelli da/per l’aeroporto) tra le località su comodissimi minivan con autista. Il risultato? Un viaggio splendido che ci ha permesso di vedere i vari volti dell’isola (non solo quello del resort a più stelle), in comodità, tranquillità e sicurezza: vantaggi peraltro indispensabili, quando si viaggia con una bimba di appena 3 anni.

Questo è stato l’itinerario del nostro tour:

– 2 notti a SANTO DOMINGO (in hotel storico) con visita del centro storico coloniale

– 4 notti a BAYAHIBE (in B&B) con visita di: Parque Nacional del Este, Isola di Saona, Rio de Chavon, Cueva de las Maravillas

– 4 notti a LAS TERRENAS (in B&B) con visita di: Parco Naturale di Los Haitises, Playa Popi, Playa Las Ballenas, Playa Bonita

– 5 notti a LAS GALERAS (in B&B) con visita di: Cayo Levantado, Playa Fronton, Playa Rincon, Playa Playta, Playa Grande de Las Galeras

– 5 notti a PUNTA CANA (in villaggio 5*all inclusive)

1°giorno, 2 luglio: ITALIA – SANTO DOMINGO

Il volo di linea Iberia è via Madrid (da Bologna dura 2h); poi per Santo Domingo ci sono altre 8h abbondanti. Con l’ora solare italiana, il fuso è di –6 ore in RD. Il paese che ci apprestiamo a scoprire, la Repubblica Dominicana, si estende sui due terzi dell’isola di Hispaniola che condivide con la povera e sfortunata Repubblica di Haiti. Da molti turisti chiamata semplicemente “Santo Domingo”, dal nome della sua capitale, la Repubblica Dominicana deve il suo nome a Colombo che così la chiamò, nel 1508, soppiantando l’antico nome originario, “Quisqueya”, cioè “madre di tutte le terre” nella lingua degli indigeni Taíno. In valigia abbiamo l’ultima edizione Lonely Planet “Repubblica Domenicana e Haiti” e un libro meraviglioso, che raccomandiamo a tutti per capire un po’ meglio questo paese, al di là delle solite stereotipate immagini: “La breve favolosa vita di Oscar Wao” di Junot Dìaz, scrittore di origini domenicane, premio Pulitzer 2008. Da sapere: il permesso turistico costa 10dollari a persona (anche i minori pagano!) e nei viaggi indipendenti va direttamente pagato in aeroporto, prima di fare la fila per il controllo passaporti. Conservate il talloncino di questa carta, poiché potrebbe essere richiesto al momento della partenza. Oltre al pagamento di detta tassa, si devono compilare e consegnare ai controlli dei passaporti anche due tipi di moduli: uno uguale per ciascun componente della famiglia (compresi i minori) e uno a nucleo famigliare (chiedono dati anagrafici, numero del volo, numero del passaporto, indirizzo in RD, motivo del viaggio…). Tali moduli vengono consegnati dalle hostess nel corso del volo. E sono da rifare anche anche in uscita dalla RD, ritirando i moduli nella zona check in! il Las Américas International Airport è a una buona mezz’ora dal centro. Le due notti a Santo Domingo le trascorriamo all’hotel El Beaterio, ), in piena zona colonial. L’hotel è piccolo e curato, con le 11 stanze ricavate da un antico convento del Cinquecento. La sistemazione è suggestiva, la colazione ottima, ci godiamo sin da subito l’eccellente frutta tropicale e le gustose centrifughe di frutta!

2°giorno, 3 luglio: SANTO DOMINGO

E’ utile prepararsi alla visita portandosi dietro (o indossando da subito) pantaloni lunghi, maglietta con maniche o uno scialletto se si è in canotta, per poter accedere alla Cattedrale. La popolazione dominicana consta di otto milioni di abitanti; la capitale, Santo Domingo, da sola ne fa due milioni e mezzo. E’ una città affascinante, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1991. Il suo centro storico, detta “zona colonial”, è formato da un reticolo di 16 isolati circondato da bastioni e mura coloniali in gran parte conservate. E’ una zona che vanta diversi “primati” nel continente americano: ha la prima cattedrale, il primo ospedale, il primo palazzo, la prima strada pavimentata, la prima università e il primo monastero fondati nel Nuovo Mondo. Non mancano locali notturni, bar alla moda, ristoranti e piccoli teatri. Per il centro storico ben conservato, tutto vicoli e stradine acciottolate, la città è stata in passato set cinematografico per i cineasti latino americani, spagnoli e statunitensi, basti citare Francis Ford Coppola (“Il padrino parte II”, girato qui nel 1974), Robert Redford (per la somiglianza di alcune zone con Cuba nel film “La Habana” del 1990), Andy Garcia (“The Lost City” nel 2005) Robert De Niro (“The good shepherd”, con Angelina Jolie e Matt Damon, 2006). Abbiamo una guida, la simpatica Elva, che ci accompagna a visitare a piedi l’affascinante zona coloniale di Santo Domingo, ricca delle antiche vestigia spagnole del XVI secolo. Noi, con una bimba piccola, abbiamo optato per un tour con le cose imperdibili, ma tante altre info sulle attrazioni di vedere e indirizzi da non perdere le trovate su: PLAZA DE ESPAÑA: Quello che fu il centro del potere coloniale e commerciale, luogo d’incontro di mercanti, marinai ed alti funzionari spagnoli, è oggi una grande piazza romantica circondata da ristoranti e bar e dai cui gradini si gode la vista sull’Alcázar de Colon. E’ piacevole sedersi ad uno dei tavolini all’aperto affacciati sulla piazza e gustare un fantastico “jugo de fruta”, il tipico frullato caraibico. MUSEO DI ALCAZAR DE COLON: ossia la Casa della famiglia Colombo. Re Ferdinando d’Aragona ordinò di costruire questo palazzo interamente in pietra per sua nipote, Maria di Toledo, andata in sposa a Diego Colombo, figlio di Cristoforo Colombo e primo viceré del Nuovo Mondo, nel 1510. All’epoca l’Alcázar era il centro della corte spagnola nel continente e ospitò i leggendari esploratori spagnoli Hernán Cortés (conquistatore del Messico), Francisco Pizarro (conquistatore del Perù) e Ponce de León (conquistatore di Porto Rico e scopritore della Florida). Per la costruzione del Palazzo, iniziata nel 1510, vennero utilizzati oltre seicentomila indios, che lavorarono sotto la supervisione di architetti spagnoli fatti giungere appositamente sull’isola. Il lavoro manuale venne realizzato utilizzando esclusivamente sega, scalpello e martello. In quest’elegante palazzo di 22 stanze, in cui lo stile “gotico mudejar” (una bizzarra fusione di elementi romani,gotici e arte araba) si mescola a quello rinascimentale italiano, non è stato impiegato neppure un chiodo per realizzare le 72 porte e finestre che, ancora oggi, ruotano su perni e si chiudono con grosse assi di mogano! Aperto da martedì a sabato dalle 9 alle 17. E’ a Plaza de España, ingresso 200peso. dalla casa di Colombo si scorge il FARO A COLÓN, l’imponente (e discusso) monumento a forma di croce, dedicato a Cristoforo Colombo, lungo 210 metri ed alto 59, che ricorda un sito maya stile Gardaland fuso con un mega palazzone dell'(ex) Europa dell’Est. Il (brutto) progetto è dell’architetto scozzese J.L. Gleave, vincitore di un concorso internazionale del 1929, ma il monumento è stato realizzato solo nel 1992. Si dice che la luce del faro sia in grado di arrivare a Porto Rico (oltre 300km di distanza). Quando Cristoforo Colombo morì in Spagna nel maggio del 1506, re Ferdinando di Castiglia ordinò di posare una lapide sulla sua tomba che recitasse “A Castiglia e León, un Nuovo Mondo ha donato Colombo.” Le spoglie di Colombo rimasero a Siviglia fino a quando la nuora, María de Toledo, rispettando le ultime volontà del marito, Diego Colombo, le portò a Santo Domingo, per seppellirle sotto l’altare maggiore della cattedrale. Nel 1586 la città venne saccheggiata dal pirata Sir Francis Drake; il vescovo della cattedrale ordinò che tutte le iscrizioni fossero cancellate dalle lapidi dei defunti per evitare che le tombe venissero profanate. Nel 1795, quando la parte orientale dell’isola fu ceduta dagli Spagnoli ai Francesi l’isola di Cuba, che era rimasta sotto il dominio spagnolo, si arrogò il diritto di ospitare i resti di Colombo, in quanto “ritenendo che dovessero giacere in terra di Spagna”. Una commissione incaricata del loro trasporto giunse a Santo Domingo e, sapendo che l’urna si trovava sotto l’altare principale della cattedrale, venne scavato un fosso proprio in quella posizione fino ad estrarre la prima delle urne trovate, pensando che si trattasse di quella di Cristoforo Colombo. Tuttavia, nel 1877, quando si iniziarono i lavori per il restauro delle parti danneggiate della cattedrale, si trovò un’urna con su scritto “Illustre Don Cristoforo Colombo, Primo Signore delle Americhe”. Nel 1992, in occasione del 500° anniversario della scoperta dell’America, l‘urna e il Mausoleo vennero trasferiti al Faro a Colón, all’intersezione dei bracci della croce. Apertura da martedì a domenica 9.00-17.30 CASA DEL CORDÓN: Completata nel 1504, è considerata la più antica casa in pietra delle Americhe. Originariamente era di proprietà di Francisco de Garay, arrivato con Cristoforo Colombo. Da notare il portale d’ingresso con il cordone intagliato nella pietra, caratteristico dell’Ordine francescano. Attualmente è sede degli uffici del Banco Popular CALLE LAS DAMAS: La più antica strada lastricata nel Nuovo Mondo fu costruita nel 1502. Il nuovo viceré Diego Colombo e sua moglie Maria de Toledo arrivati nel 1509 accolsero nel loro palazzo anche una corte di damigelle che prese l’abitudine di passeggiare lungo la strada, da cui il nome. Da qui si prendono le carrozze per un giro della città alternativo. MUSEO DE LAS CASAS REALES A LAS DAMAS: questo museo è uno dei più visitati dai turisti che si recano nella città di Santo Domingo. Fu fondato da Re Ferdinando d’Aragona il 5 ottobre 1511. Nel periodo 1495/97 questo edificio fu usato come Corte reale, la prima del Nuovo Mondo, oltre che come residenza dei governatori e dei Capitani-Generali del tempo. Al suo interno è possibile vedere la storia della Repubblica Dominicana tra il 1492 e il 1821 con oggetti autentici, pezzi dei tesori recuperati dai galeoni affondati, arredi, mappe. Aperto tutti i giorni dalle 9 alle 17. E’ a Calle Las Damas, costa 200peso. PANTHEON NAZIONALE: si trova su calle las damas. Originariamente monastero gesuita, poi magazzino di tabacco, teatro e infine, dal 1958, mausoleo dei capi militari e politici della nazione. L’intero edificio, inclusa la facciata neoclassica, è costruito con grandi blocchi di calcare. La grande cupola presenta affreschi interessanti di Rafael Pellicer Galeote, che s’ispirò alla Cappella Sistina. Il monumentale lampadario di bronzo è un dono del dittatore spagnolo Francisco Franco a Trujillo. All’interno, lungo un corridoio fiancheggiato da bandiere dominicane porta alla “fiamma eterna”, protetta sempre da un soldato in divisa, per ricordare la lotta che portò all’indipendenza dell’isola da Haiti, il 27/02/1844. Orario d’apertura: da martedì a domenica, ore 9-17. Ingresso gratuito. PARQUE COLÓN: la piazza, con i suoi grandi alberi, panchine, bar e negozi, circondata da edifici risalenti al periodo coloniale, si trova nei pressi della cattedrale ed è molto frequentata dai turisti e dai locali, specialmente la domenica ed il tardo pomeriggio. Nel centro della piazza si erige la statua in bronzo del 1887, opera dello scultore francese Ernesto Guilbert, di Cristoforo Colombo. Qui si trova un indirizzo famoso per i sigari dominicani: la Boutique del Fumador, dove acquistare sigari, ma anche pregiato caffè e cacao. Per gli estimatori (ma non è il ns caso): sul lato nord della Piazza di Colombo, proprio di fronte alla statua di Cristoforo Colombo, c’è l’Hard Rock Cafe. CATTEDRALE DI SANTA MARIA LA MENOR: E’ ritenuta la più antica del continente americano, per cui l’arcivescovo della città si fregia del titolo di Primate d’America, ma in realtà bisognerebbe dire che è la più antica cattedrale ancora in funzione del continente americano, dato che già nel 1532, a Città del Messico, era stata costruita la prima Cattedrale (poi demolita per rifarne una nuova). Progettata dall’architetto Alonso Rodríguez, fu iniziata nel 1514 e completata nel 1540. Conserva le spoglie del primo vescovo del continente, l’italiano Federico Gherardini, morto nel 1544. L’edificio, in stile gotico con archi romanici, dettagli rinascimentali e decori barocchi, fu costruito tra il 1514 e il 1546 e si distingue per la sua architettura e il grande contenuto culturale e storico. L’interno ospita grandi opere d’arte, dipinti e lapidi tombali dove riposano i resti di arcivescovi, mobili antichi e molti altri interessanti oggetti risalenti dell’era della colonizzazione. La cattedrale fa da sfondo al Parque Colon, uno dei migliori spazi urbani della città, luogo di ritrovo per le famiglie nel centro storico. Aperta da lunedì a sabato dalle 9 alle 16:30, costa 150peso. CASA DE TOSTADO: Costruita intorno al 1520 per Francisco Tostado,ricco scrivano del governatore Nicolás de Ovando. Si distingue per le decorazioni gotiche della finestra bifora, unico esempio nel continente. Oggi museo della famiglia dominicana fino al XX secolo. Aperto da lunedì a sabato 9.00-16.00 Convento de los Dominicos: Costruito nel 1510, fu la sede della prima università del Nuovo Mondo (1538), attualmente Universidad Autonoma de Santo Domingo (UASD). Dal suo pulpito, Fra Antonio de Montesinos fu il primo a denunciare le violazioni dei diritti umani in America, predicando contro i maltrattamenti inflitti dagli Spagnoli agli indios Taino. EL CONDE è il cuore commerciale della capitale. E’ l’unica strada pedonale della città , è lunga 1kme unisce Parco Colon al Parco Independencia. Vi si trovano numerosi negozi, centri commerciali, internet point, fast food, bar e ristoranti. Deve il suo nome al Conte di Peñalva, governatore dell’Isola Spagnola nel 1655. Per una pausa golosa si può prendere un gelato della nota catena Bon (http://www.heladosbon.com/). Si contano oltre 250 punti vendita Bon su tutto il territorio nazionale, di cui 2 nella Calle El Conde. Per una pausa artistica c’è il Colegio Dominicano de Artistas Plásticos (Scuola Dominicana di Artisti Plastici), situato in calle El Conde all’angolo con calle Isabel, vende le tele degli artisti più noti: Guillo Pérez, Ramón Oviedo, Alberto Ulloa, Cándido Bidó, Rosa Tavárez, Ada Balcácer. MERCADO MODELO: Ex mercato ortofrutticolo trasformato in mercato dell’artigianato. Scoprirete un mercato unico, il “Mercado Modelo”, inaugurato nel 1942 dal dittatore Trujillo, nel viale Mella, a nord della zona coloniale. Questo mercato coperto offre una concentrazione impressionante di ogni tipo di artigianato dominicano, con cose belle e tanta paccottiglia! Cito, in ordine sparso (e rimando all’appendice finale del diario per dettagli più precisi): oggetti in vimini; variopinte tele naif ad olio e acrilico; sigari; oggetti e gioielli in ambra e larimar; le tipiche bamboline di ceramica senza volto chiamate “limè”; la tipica sedia a dondolo “mecedora”; il rum; le bottiglie pronte per preparare il popolare liquore Mamajuana; la birra dominicana Presidente; la marmellata di guayaba (guava); il caffè; il cacao biologico; le noci Macadamia; i cd di merengue, salsa e bachata! A Santo Domingo abbiamo fatto una semplice (e costosa) pausa pranzo a base di Club sandwitch e panini al caffè ristorante “Conde de Penalba” (http://www.condepenalba.com/prueba1/hotel.html) che si trova in meravigliosa posizione sul Parque Colón e cenato (molto bene) al carinissimo e colorato ristorante “Meson d’Bari”, al 302 Hostos | y Urena, zona colonial (gamberoni all’aglio, secondo di pollo e riso, 1 primo al pesce, coca, acqua a 2.090peso). Rimando alla fine del diario per le info sulla cucina dominicana e qui mi limito a dire che abbiamo sempre mangiato bene, trovando un ottimo livello di igiene e qualità. Oltretutto mai in alcun paese del mondo da noi visitato ci era capitato di trovare tanti ristoranti italiani gestiti da Italiani: pasta e pizza sono stati utilissimi con la nostra difficile treenne! Nessun problema con cibo e neppure con le bibite. In tutta la RD si usano cubetti di ghiaccio fatti con acqua purificata (si riconoscono perché hanno una forma rotonda con un buco in mezzo): esistono distributori di ghiaccio Miguelito praticamente ovunque! Altra cosa da sapere: nel conto del ristorante al prezzo effettivo delle cose consumate vanno aggiunti ulteriore 16% (la nostra iva) più un ulteriore 10% per il servizio. La valuta nazionale si chiama Peso Dominicano ed il suo simbolo è RD$. Esistono monete da 1,5,10,25 e 50 centesimi e da 5 e 10 peso. Per quanto riguarda le banconote, sono in circolazione biglietti da 20, 50, 100, 500 e 1000 peso. Noi abbiamo cambiato un po’ ovunque, dalle agenzie del Banco de Reservas, negli alberghi, nei negozi, persino al ristorante. Al momento del ns viaggio 1 euro = 48 RD$

3°,4°,5°,6°giorno (dal 4 al 7 luglio): BAHIAYIBE

Dalla capitale sono circa 140km, 2 ore, per arrivare alla famosa Bahiayibe. Bayahibe è oggi è una delle due località più famose della Rep.Dominicana (l’altra è Punta Cana, a est sull’Atlantico), ed è affacciata sul Mar dei Caraibi. Un tempo piccolo villaggio di pescatori, negli ultimi 20 anni Bayahibe ha conosciuto il fiorire dell’attività turistica, soprattutto nella zona del Dominicus Americanus dove si trovano gli enormi resort all inclusive con locali ed esercizi commerciali legati al turismo. Comunque, nonostante questo sviluppo turistico, la Bayahibe originaria, quella a pochi km dalla zona “Dominicus Americanus”, è riuscita a conservare il suo spirito popolare e accogliente, con piccoli hotel per i pochi turisti fai da te, il porticciolo da cui partono le tante imbarcazioni dedite a escursioni e pesca e con tanti localini dove bere e mangiare. Le 4 notti a Bahiayibe noi le trascorriamo qui, all’Hotel Bayahibe (www.hotelbayahibe.net/accomodations.html): sistemazione gradevole e pulita con aria condizionata, pale a soffitto, frigo, balcone (il ns con vista sul porto e il tramonto). La colazione (ottima e abbondante) si fa al ristorantino “Dona Clara”, sul porticciolo. L’hotel offre teli e lettini gratuiti nella spiaggia pubblica (Playa Bayahibe) che si trova a circa 400mt dall’hotel. La spiaggia pubblica non è brutta, ma basta spostarsi ancora di pochi metri e c’è la bella spiaggia del resort “Dreams La Romana” (www.dreamsresorts.com/drelr/index.html) per godere del classico splendore caraibico del mare e della sabbia bianca. Scopriamo per caso di avere in dotazione lo stesso tipo di asciugamano blu e, colpo di scena, qui gli ospiti non hanno il braccialetto! Ergo, per due giorni, ci godiamo a sbafo lettini, ombrelloni, snack e cocktail! Il paesaggiointerno di questa parte del paese è, tolte le palme sul litorale, piuttosto arido e piatto (del resto è il regno della canna da zucchero e del tabacco). Per ammirare il panorama verde e tropicale della RD bisogna andare per es. verso nord, a Samanà. Da Bayahibe ci siamo spostati in guàguà, i minivan da 9/12 posti che effettuano servizio pubblico di trasporto alla cosiddetta zona “Dominicus”, la zona dei grandi e noti villaggi all inclusive (Viva W. Dominicus Beach e Palace, Iberostar Hacienda Dominicus, Oasis Canoa e Gran Dominicus), particolarmente frequentati dagli Italiani. Qui, oltre alle spiagge ad uso dei villaggi, c’è anche una striscia pubblicana, lunga 150 metri. Presso la spiaggia ci sono mercatini colorati di souvenir, tele e artigianato. Sulla spiaggia spicca il faro, “El Faro beach bar”, che in realtà è un bar del complesso dell’Iberostar, riservato ai clienti dell’hotel. Noi abbiamo affittato lettini e ombrellone (200peso) e pranzato al Tiki Bar, un ristorantino molto carino sulla spiaggia pubblica, che offre sandwitch, pasta… Devo dire che la spiaggia pubblica, ma anche degli hotel non mi ha colpito particolarmente, certo anche per colpa del cielo nuvoloso che non ha reso giustizia al colore della sabbia e del mare, ma in ogni caso l’ho trovata non particolarmente ampia, con alghe e addirittura (all’Iberostar) tanti ricci! Il celebre Viva W. Dominicus Palace ha scogli e rocce davanti e una spiaggia passabile, ma non particolarmente affascinante (non regge il confronto con alcune spiagge poi viste a Samanà), mentre il Beach, più lontano e distante dalla spiaggia pubblica (e dal disturbo continuo dei venditori) mi è parso più carino. Il Catalonia Gran Dominicus ha una spiaggia molto stretta, a causa di un uragano passato un paio di anni fa. Quando abbiamo navigato lungo la costa, nell’escursione in motoscafo, l’hotel che mi è parso più interessante è stato il Be Live Caoa Resort. Una cosa che non mi è piaciuta della zona Dominicus è l’affollamento di barche e l’andirivieni continuo di catamarani, bananaboat, barche per fare sport acquatici di ogni genere: i numerosi mezzi a motori che partono di continuo rovinano il fondale creando buchi in cui capita di scivolare all’improvviso: sono buchi piccini, intendiamoci, profondi 20/30 cm, ma sufficienti a spaventare una bimba piccola… Insomma io lì due settimane non le farei mai! Alla luce dei fatti, siamo molto contenti di pernottare a Bayahibe villaggio, piccino, con un porticciolo grazioso, il supermercato Jumbo comodo per acquistare succhi e biscotti, tanti ristorantini piacevoli dove cenare. Consigliamo a riguardo: le magnifiche colazioni di “Dona Clara” sul porticciolo; la pasta di “Mamma mia”, cucinata con amore dalla simpatica Fedra (Fedra! Ricorderemo sempre con piacere il tuo ristorantino…Vittoria ancora chiede del tuo bambino, con cui si divertiva a giocare mentre tu facevi il sugo!); gli ottimi piatti di pesce e sushi e le insalatone di “Chiki Blu sushi bar”, piacevole ristorantino a gestione italiana sempre sul porticciolo (1pasta all’aragosta, 1pasta al pesto, 1megainsalatona di pollo, acqua, coca, 1dolce per un totale di 1.400peso) Da Bayahibe si fanno diverse escursioni, dato che a sue passi si trova il “Parque Nacional del Este” (Parco Nazionale Orientale), considerato una riserva naturale della flora e della fauna dominicana. Grande area nella regione orientale dell’isola dichiarata Parco Nazionale nel 1975, vi crescono più di 575 specie di piante, di cui 53 endemiche dell’isola. Oggi è il più grande parco nazionale del paese con centinaia di kmq di area protetta. La sua lussureggiante foresta tropicale ospita grandi uccelli come i pellicani (Pelicanus Occidentalis) e le fregate (Magnificens Fregata). Al parco appartiene anche la famosa isola di Saona e la piccola isola di Catalina. Noi ci siamo rivolti a Mariposa Tours (www.marposatours-bayahibe.com/home.html), un’agenzia italiana di servizi turistici e con loro abbiamo visitato l’interno: abbiamo viaggiato su un camion colorato e visto le piantagioni di zucchero (con assaggio della canna), poi abbiamo fatto una sosta ad un miserabile villaggio di Haitiani che nei detti campi si spezzano la schiena, essendo ancora la raccolta manuale. E io qui mi sento a disagio e mi imbarazzo, mentre gli altri turisti paiono trovare interessante portare penne e briosche prese dal buffet dei 5* e distribuirli ai bimbi, pronti anche a menarsi per una ciambella… Del resto ognuno ha la sua sensibilità: quel che a me pare una carità imbarazzante, per un altro è un gesto di commovente generosità. Più interessante e divertente la sosta al mercato comunale di Higuey, ricco di frutta, carne di animali appena macellati, spezie, legumi. Tanti colori e confusione nel mercato popolare di Higuey, città di 150,000 abitanti, famosa per la maestosa basilica…in cemento armato: la Basilica de Nuestra Senora de la Altagracia, dove si venera una piccola stampa della Madonna delle Grazie, risalente al XVI secolo. E ancora: visita a un piccolo laboratorio dove si lavorano i sigari; visita di un piccolo orto ricco di piante e fiori (con degustazione di rum e frutta), pranzo (ottimo) in un rancho con cucina tipica domenicana preparata su fuoco a legna a base di carne, gamberoni e pesce. E, dulcis in fundo, navigazione sul Rio Chavon su uno zatterone galleggiante: veramente divertente, con paesaggi favolosi, balli, bevute rinfrescanti e un favoloso tuffo finale nelle pulite e calde acque del fiume. Dicevo balli: in questa parte della RD, più che altrove, si balla tanto, a suon di merengue, la forma di danza più popolare, bachata, ovvero la musica country locale con testi che parlano di pene d’amor e perdita della persona amata; la salsa è il terzo genere musicale più diffuso nell’isola. Da sapere: Rio Chavon è stato set cinematografico per numerose scene dei film: “King Kong” di Jhon Guillermin (1976), “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola (1979), “Rambo2, la vendetta” di George Pan Cosmatos (1985). L’escursione più celebre che si fa da Bayahibe è quella all’ISOLA DI SAONA, una piccola isola di 22km di lunghezza per 5km di larghezza, a due chilometri dalla terraferma. Deve il suo nome al fatto che nel suo secondo viaggio in America, Colombo fu accompagnato da Michele Da Cuneo, un suo facoltoso amico di Savona. Dopo avere occupato Cuba e la Giamaica per conto della corona spagnola, Da Cuneo fece ritorno a Santo Domingo informando Colombo di aver avvistato un’altra isola situata di fronte a La Romana: Colombo la chiamò Saona in suo onore. Causa tempo incerto e nuvoloso, non abbiamo potuto fare la celebre uscita al “canto della playa”, una bellissima spiaggia dell’isola di Saona raggiungibile con veloci lance a motore. Dovendo ripartire a breve, quelli di Mariposa, gentilissimi, ci hanno aiutato a trovare un’alternativa. La scelta è caduta su una classica escursione catamarano+lancia a motore, escursione rivelatasi uno spasso: ns figlia si è letteralmente innamorata del catamarano, dove ha ballato senza posa e anche le spiagge più popolari di Saona si sono rivelate meravigliose, dato il poco affollamento trovato. I lettini erano in gran parte vuoti e regnava una grande tranquillità. Che dire: il mare e la spiaggia bianca qui sono quelli da cartolina…uno spettacolo! Tutti i tour prevedono una sosta alla Palmilla, più conosciuta come “le Piscine Naturali”, grandi banchi di sabbia con acque basse dove è possibile ammirare le stelle marine giganti, e dove di solito si brinda a Coca e ron. Sì, bagnetto piacevole, ma non mi ha esaltato particolarmente, perché lì sì, eravamo tante tante barche, un affollamento che faceva perdere molta poesia! Abbiamo tralasciato l’escursione a Altos de Chavòn (http://casadecampo.com.do/altos-de-chavon), la ricostruzione di un villaggio spagnolo del XV° secolo, all’interno dell’esclusivo resort “Casa de Campo”, uno dei più lussuosi dei Caraibi: sarebbe un posto carino, con negozi, ristoranti, piazze, atelier di pittori, scultori, ebanisti e tessitori, immersi tra variopinti cortili di fiori, piante ed alberi tropicali, ma l’ingresso ora costa 25dollari a testa, più taxi (altri 40/50 dollari), insomma un’esagerazione!. Siamo invece andati a visitare (l’ultimo giorno di viaggio, ma lo metto qui dato che si trova vicino a La Romana) la CUEVA DE LAS MARAVILLAS, “Grotta delle Meraviglie”, visitabile da pochi anni e celebre per le sue tante pitture rupestri degli indios Taino (sterminati dagli Spagnoli verso il 1530). Il percorso si snoda per 240 metri con le luci che si accendono al passaggio del visitatore. Una guida accompagna nel corso della visita, ad una profondità di 25 metri: tanti (19) i petroglifi incisi nella roccia e i pittogrammi dipinti (472!), tutti realizzati dagli indigeni prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo sull’isola nel 1492. La grotta si trova sull’autostrada San Pedro de Macoris-La Romana ed è aperta da martedì a domenica dalle 9.00 alle 17.15, compresi i giorni festivi.

7°, 8°, 9°, 10° giorno (dall’8 all’11 luglio): LAS TERRENAS (SAMANÀ)

Samanà, Samanà, è subito amore! La vegetazione cambia, attraversiamo risaie, piantagioni, colline, fino ad arrivare a paesaggi quasi montuosi. Il verde si fa più brillante, la natura rigogliosa, mi innamoro di questa parte dell’isola ancor prima di vederne le spiagge bellissime: “Uno degli autori della Bibbia di Re Giacomo visitò sicuramente i Craibi e credo che avesse in mente un posto come Samanà, quando scrisse i capitoli sull’Eden. Perché era davvero un Eden, un meridiano fortunato dove il mare, sole e verde avevano sancito la loro unione e prodotto un popolo tenace che nessun discorso ampolloso riuscirebbe mai a descrivere” (da “La breve favolosa vita di Oscar Wao” di Junot Dìaz) Eccoci dunque nella PENISOLA DI SAMANÀ, una delle zone più belle della Repubblica Dominicana. Si tratta di un lussureggiante promontorio circondato da favolose spiagge protese sull’Oceano, nella regione nord orientale dell’isola. Fino a pochi anni fa questa zona era sconosciuta alla maggior parte dei turisti, ma da un paio di anni ha iniziato a interessare gli stranieri, anche grazie alla recente autostrada che l’ha resa più facilmente raggiungibile (un paio di ore da Santo Domingo). Nel 2003 la prima edizione del reality show “L’Isola dei Famosi”, è stata girata qui, in una baia situata nella costa di fronte alla penisola di Samanà. Ancora oggi la natura selvaggia e l’assenza quasi totale di grandi resort la rendono ancora una meta di “elite”, per i pochi turisti che cercano una vacanza fuori dai villaggi all inclusive. E’ in questo paradiso che sono situate le località di Las Terrenas e Las Galeras, ottime basi per partire all’esplorazione di spiagge favolose come Playa Rincón, Playa Fronton, il Parco Nazionale “Los Haitises”, l’isoletta di Cayo Levantado e la cascata del Salto El Limón. La zona è famosa anche perché nella baia di Samanà, nei mesi di gennaio/febbraio/inizio marzo, l’80% circa delle megattere esistenti in tutto il mondo viene qui a partorire e allattare i propri piccoli. Per capirci: le megattere sono tra le balene più grandi esistenti nell’Atlantico, lunghe fino a 18 metri, pesanti fino 65 tonnellate! La nostra prima tappa è Las Terrenas, situata sulla costa nord della penisola. E’ una vivace cittadina dall’atmosfera cosmopolita, ma dall’atmosfera autenticamente dominicana. E’ cresciuta molto negli ultimi dieci anni (ha superato i 20.000 abitanti!) ed è cresciuto tantissimo l’inquinamento acustico e atmosferico, causato dalle tantissime moto e auto che circolano. In compenso a Las Terrenas non ci sono barche e motoscafi, manca sia la puzza di gasolina che i buchi sul fondale che c’erano a Bayahibe. Qui è diffuso il motoconcho, ossia il passaggio che i ragazzi del posto offrono sulla propria moto. Noi l’abbiamo provato, salendo su due moto (mamma con borse mare, padre con treenne) e divertendoci come matti (incoscienti). La cittadina è ricca di hotel, b&b, davvero tantissimi ristoranti/ni (tanti a gestione francese e italiana), bar, discoteche. Seppur turistica, siamo (per ora) ancora lontani dal turismo di massa! E l’unico villaggio turistico, alla fine delle spiagge che costeggiano la cittadina, resta un po’ isolato. Tanti i chioschi in riva al mare con annesso ristorante che mettono gratuitamente a disposizione dei clienti i lettini per godersi sole ed ombra. Las Terrenas è il punto di partenza per la visita alla famosa cascata “El Limon” (esclusione da noi esclusa, perché troppo impegnativa per una bimba di 3 anni; sono previsti anche 50 minuti a cavallo nella foresta) e per il Parco di Los Haitises (raggiungibile anche da Las Galeras). La ns sistemazione è il piacevole B&B Casa Robinson (www.casarobinson.it/), gestito da due cordiali e simpatici italiani di mezza età: pulito, immerso nel verde, piuttosto silenzioso, dato che non è sulla via principale, pur restando a due passi dal centro. Siamo stati bene, magari la colazione è un po’ spartana (pane burro e marmellata di ananas + caffè compresi, eventuale frutta e yogurt si pagano a parte) Abbiamo pranzato/cenato qui: la Yuca caliente (gestione italiana, posto molto bello con sublime vista sulla spiaggia e il mare, ottima pasta e carne); casa azul (servizio così così col cameriere che fumava mentre prendeva gli ordini e la cameriera che spiluccava una pizza in attesa di servire, però la pizza non era niente male); la panetteria Boulangerie Francaise (baguette passabili e dolcetti ottimi, ma veramente costosa!); PIZZA COCO (servizio veloce, locale piacevole, pasta e pizza decenti); El Cayuco (buono). Spiagge consigliate: PLAYA (PUNTA) POPI Una meraviglia, sabbia dorata e degradante dolcemente con un lembo, la punta Popi, che si allunga nell’oceano. Un’ acqua tiepida e meravigliosa, di un verde favoloso, con pochissime onde. Perfetta per chi ha bambini. Lungo la spiaggia tanti chioschi preparano cose sfiziose (fritti, cocktail, batida, cioè frullati…). Insomma, una spiaggia perfetta!

PLAYA BONITA a circa due Km, con al sua forma perfetta, a mezzaluna, è una spiaggia piuttosto stretta, ma molto affascinante, anche perché praticamente deserta (non ci sono chioschi e lettini, se si ha sete si può andare in uno dei bar dei pochi hotel presenti). Qui le onde sono più alte. Ci siamo arrivati presto, eravamo soli, poi a tarda mattinata ho contato altri 6 turisti. Che dire, uno spettacolo. PLAYA LAS BALLENAS chiamata così per via di un enorme scoglio che si vede dalla spiaggia e che ha curiosa forma di un dorso di balena che spunta dal mare. Una spiaggia spettacolare, con acqua bassa, sabbia chiara dorata, un panorama meraviglioso. Perfetta con i bambini piccoli, ci siamo tornati il giorno dopo. Qui eravamo noi più una famiglia di Americani. Ci siamo fermati vicino all’hotel colibrì, dove c’è un chiosco che fa ottimi frullati e offre lettini gratis. C’è da dire che luglio a Samanà è bassissima stagione: ci siamo goduti le spiagge quasi deserte… Abbiamo saltato la bella PLAYA COSON perché è più ventosa e ha onde, infatti è conosciuta soprattutto da coloro che amano fare wind surf e surf. Ma pare sia bellissima! Da Las Terrenas si parte per il PARQUE NACIONAL LOS HAÏTISES. Ci sono stata con una nota agenzia di escursioni francese, Flora Tour (www.flora-tours.net/). La loro escursione dura l’intera giornata e prevede lavisita al parco de Los Haitises più la visita del Taino Park (www.tainopark.com/inicio_es.html). Il Parque Nacional Los Haïtises è una grande riserva naturale che si estende per 208kmq con la sua vegetazione tropicale umida: una terra intatta fatta di isole ricoperte da giungla e fitte foreste di mangrovie. Qui vivono 42 specie endemiche di uccelli. L’escursione è stata interessante, ma piuttosto faticosa (ho fatto bene a lasciare in spiaggia la treenne col padre) e adatta a bimbi grandicelli: inizia con circa 45 minuti di minivan, prosegue con 30min di mare (spesso mosso, io ero fradicia all’arrivo), sosta per vedere frutta e pescatori, si risale, sosta per vedere uccelli, si posegue e si scende per sosta in una caverna buia, si risale, sosta per bere e mangiare creckers, si risale, visita delle mangrovie, sosta alla caverna più grande, si risale per andare a pranzo (30minuti di mare mosso) alle 13.30 suonate, poi si risale a bordo per altri 30minuti e ci si trasferisce via terra al Taino Park, visita di un’ora con audioguida (anche in italiano) nel caldo feroce e si ritorna con un’altra ora di pulmino. Vale la pena ammirare tanti uccelli e, soprattutto, i pittogrammi precolombiani dei Taino. Il Taino Park, nonostante i pupazzi a grandezza naturale (certe volte involontariamente buffi) ha il pregio di conservare alcuni reperti originali e di spiegare molto bene la vita e la fine di questo popolo, sterminato dagli Spagnoli in neanche 30 anni.

11° giorno, 12 luglio: LAS GALERAS

Ci trasferiamo a Las Galeras, distante 2 ore abbondanti. Il viaggio attraversa panoramici bellissimi, costeggiando spiagge e scogliere, colline ricoperte di palme, piantagioni di banane, mango, cocco e papaia. Las Galeras è un piccolo villaggio di pescatori sulla punta estrema della Penisola di Samanà, dove si trovano spiagge molto belle, tra cui la famosissima Playa Rincon, annoverata fra le 10 spiagge più belle del mondo. In questa piccola località dall’atmosfera cosmopolita, lungo la sola via principale, la Calle Principal, ci sono piccoli bed and breakfast, bar e diversi ristorantini dove mangiare specialità domenicane e creole, un chiosco sulla spiaggia gestito da una cooperativa di donne del luogo, un centro per immersioni subacquee, due discoteche all’aperto, supermercati, negozietti di artigianato tipico, un forno francese, la farmacia, un centro internet, il cambio valuta, un ambulatorio, il tutto in uno stile coloniale informale e rilassante, completamente diverso dalle famose Punta Cana e Bayahibe. Sistemazione nel B&B Sol Azul (www.elsolazul.com/solazulitaliano.html), struttura molto bella, con piscina piccina ma curata e piacevole. Posizione ottima, padroni di casa gentilissimi, colazione piacevolissima. Però l’assenza di aria condizionata e pale a soffitto (avevamo solo un mini ventilatore da terra) e soprattutto di zanzariere alle finestre si è fatta sentire. Avevamo sul letto solo zanzariere Ikea appese, ma sono davvero scomode e le zanzare ti ronzano intorno di continuo. Sottolineo anche una cosa: hanno due cani pit bull che scorrazzano liberi e se uno ha paura dei cani son dolori. A me sinceramente intimorivano un po’… Inoltre essendo una struttura immersa nel verde, si possono fare incontri come: 2 rane che saltavano liberamente e, l’ultima notte (e confesso che abbiamo avuto una paura folle), svegliati da uno strano scricchiolio (ho pensato a un topo) che si è rivelato invece essere un ragno gigante (temo una tarantola o qualcosa di MOLTO simile) che camminava sul soffitto di paglia. Fortuna che era l’ultima notte… Abbiamo pranzato/cenato qui: “Il Nodo del pirata”, Plaza Lusitania (gestione italiana, tutto buono, dalla pizza alla pasta, ai dolci, ai gelati artigianali); il piccolo ristorante italiano “Vittorio”, sulla calle principal, dove Luana prepara ottimi piatti di pasta e una pizza eccellente! Il localino ha pochi tavoli all’aperto e un’atmosfera famigliare e simpatica. Inoltre effettua servizio d’asporto, perciò ci è capitato di tornare da un’escursione, ordinare, andare in camera, fare doccia e poi ritirare tutto in comodi cestini (ad es.tre piatti di pasta, 2 succhi, acqua a 1150peso). Consigliatissimo!!!! Costosa la panetteria francese dove abbiamo preso 1hamburger, 1baguette prosciutto e formaggio e un piatto di salsiccia, acqua e 1 succo di ananas per un tot di 1.275peso!

Spiagge consigliate: La Playta La Playita è una delle 2 spiagge raggiungibili a piedi. Si trova a due km a sud di Las Galeras (20minuti di strada pietrosa): le rocce presenti a circa 200mt dalla riva bloccano le onde per cui si forma una specie di laguna a riva favolosa. La spiaggia è dorata e orlata da palme. Si possono affittare le sdraio. Per mangiare: c’è il ristorante dell’”Hotel La Playita” e un ristorantino sulla sabbia informale, con panche di legno, per pranzare con pesce fresco alla griglia, riso e platano fritto. Playa Grande è la spiaggia di Las Galeras più vicina al centro (pochi metri dalla fine di calle principal), purtroppo abbiamo trovato molte alghe e non degrada dolcemente. Da qui partono le barche, ergo di nuovo i buchi sul fondale. Le altre spiagge celebri noi le abbiamo fatte con “Las galeras divers” (http://www.las-galeras-divers.com/), agenzia specializzata in immersioni che ci ha organizzato le uscite in barca a playa rincon e fronton a prezzi onesti, inferiori ai barcaioli sulla spiaggia (rispettivamente 1,800 e 2,000 pesos). La quasi assenza di turisti ci ha impedito di risparmiare sulla divisione della barca, ma ci ha regalato privacy assoluta. PLAYA RINCON. Raggiungibile dalla spiaggia di Las Galeras in una ventina di min. di barca. Un paradiso di sabbia morbida lunga 3km con davanti un mare perfetto con dietro un fitto palmeto e davanti un paesaggio di lontane colline. Non a caso è considerata una delle 10 più belle spiagge del mondo. Qui l’acqua è perfetta, le onde scarse, una festa per gli occhi. Al ns arrivo (alle 9) ho contato due turisti oltre a noi. Ovviamente nella tarda mattinata si è animata, ma per qualche ora ce la siamo goduta quasi da soli. Indimenticabile. Vi si trovano lettini a pagamento e ristorantini (come “Rubi”) sulla spiaggia dove mangiare pesce alla brace, verdure, patatine fritte, pan di cocco e birra a prezzi ottimi. PLAYA FRONTON è una spiaggia quasi candida ai piedi di una scogliera imponente e maestosa, è l’altra famosa spiaggia di Las Galeras. Nel 2002 qui hanno girato l’edizione colombiana de “L’isola dei famosi”. Venire qui è come fare un’esperienza di spiaggia deserta: onde alte per arrivare dal mare aperto, isolamento assicurato, nessun chiosco o presenza umana. Suggestiva a dir poco e bella, molto bella. Però i tanti sassi sul fondale la rendono perfetta per lo snorkelling, e purtroppo poco adatta ai bimbi molto piccoli! Utilissime, qui, le scarpette da scogli… Non volevo partire da Samanà senza aver visto Cayo Levantado, anche se tutti mi avevano messo in guardia sul fatto che non è più quella di 30 anni fa, quando era la favolosa isola deserta scelta per una celebre pubblicità del Bacardi. Ma io mesi addietro me ne ero innamorata, scovando su web una foto recente della “Bacardi Island”, come ancora la chiamano, e volevo vedere coi miei occhi. Invece ho fatto benissimo! Perché ho trovato un’isola verde e splendida con una spiaggia memorabile, di sabbia bianca e finissima, e acqua incantevole, di tutte le sfumeture del verde e dell’azzurro. E nonostante ci abbiano costruito un resort, il lussuoso Grand Bahia Principe Cayo Levantado (che ha a disposizione 2 delle 3 spiagge presenti) e nonostante ci siano centinaia di lettini, due ristorantini, un bar sulla spiaggia e una stradina coi soliti negozietti, bhè, la spiaggia di Cayo resterà nei miei sogni per la sua bellezza, morbidezza, il mare perfetto. Andandoci nella prima metà di luglio abbiamo trovato pochissimi turisti (saremo stati una trentina, lettini in gran parte vuoti, zero animazione e musica, solo il rumore del vento tra le palme) e siamo stati fantasticamente bene. Ci siamo appoggiati a un gentile Tedesco che a Las Galeras ha una piccola agenzia che organizza escursioni alle spiagge e tour abbinati los haitises+cayo. A noi, interessati solo a cayo, ha permesso di unirsi ad un gruppo, ci ha lasciati al porticciolo di Samana e ci ha ripresi il pomeriggio. Il tutto per un totale di 2300 pesos (“las galeras sunshine holiday e turinter”, sito http://sunshine-holiday.net/).

16°, 17°, 18°, 19°, 20° giorno (dal 17 al 21 luglio): Punta Cana

Lasciamo la lussureggiante Samanà per spostarci verso la costa sud orientale della Rep.Dominicana, nella provincia de La Altagracia, e chiudere il viaggio in bellezza, nell’intrigante Punta Cana, distante un bel po’, 6 ore di minivan! Punta Cana mi incuriosiva parecchio, dato che parliamo di 50km di spiaggia bianca e palme affacciate su un tratto cristallino del Mar Atlantico. E che spiagge! Dal 1990 dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e da tanti considerare tra le spiagge più belle del mondo! Il turismo qui è prettamente americano, American Airlines collega le principali città statunitensi con l’aeroporto di Punta Cana. Qui sono sorti decine di lussuosi resort, direttamente affacciate sulle spiagge di Playa Ubero Alto, Playa Macao, Playa de Arena Gorda, Playa El Cortecito Los Corales, Playa Bávaro, Cabeza de Toro, Playa de Punta Cana, Cap Cana. La Punta Cana vera e propria in realtà è un piccolo della costa, quello subito sotto l’aeroporto (vi si trova anche il celebre e superlussuoso resort di Cap Cana), ma per praticità si indica con questo nome l’intera costa. Punta Cana è il luogo perfetto per dedicarsi al relax completo; anzi è un “non-luogo”, data l’assenza di vita ai di fuori dei resort: manca una vera cittadina (o un paese) e risulta come un causale insieme di villaggi all inclusive a 4 e 5*****, con l’aggiunta di bar, caffè, locali notturni, centri commerciali e, per gli appassionati, 11 campi da golf. La cosa che più si avvicina a un paesino è El Cortecito, un insieme di tantissimi negozietti e localini a 300mt dalla spiaggia omonima. Se vogliamo trovare un difetto a Punta Cana è, appunto, la mancanza di un’anima, il fatto che si ha la sensazione, forse più che altrove, di essere isolati dal resto del mondo. Il che, sotto certi punti di vista, può anche essere un pregio, quando si desidera solo staccare e godere di sole e mare senza conoscere altro. Per noi che venivamo da 15gg di tour piuttosto intenso, questi giorni di relax totale sono stati infatti piacevolissimi. La clientela italiana sceglie (da catalogo) i resort della zona Bavaro, noi invece abbiamo optato per un resort internazionale, scelto da Americani e Canadesi: è il villaggio 5* all inclusive “Majestic Colonial Punta Cana”, (http://www.majestic-resorts.com/en/majestic-colonial-hotel-punta-cana.html) nelle classifiche web tra i primi 10 hotel (sui 100 presenti) a Punta Cana, e tra i migliori hotel della Rep.Dominicana. Che dire? F-a-v-o-l-o-s-o! Intanto è un hotel nuovo, inaugurato a fine 2005, e, pur avendo ben 685 camere risulta piacevolissimo e non affollato, perché le stanze si dividono su tanti edifici rosa chiaro pastello a due e tre piani, nascosti in un grande giardino tropicale con palme da cocco e alberi del viaggiatore. Nel mezzo, protesa sino al mare, c’è l’incantevole piscina lunga 400mt, profonda 1,15 mt, attraversa da diversi ponti in legno e fornita di zone idromassaggio e bar acquatico. Ovunque ci sono lettini, ombrelloni in foglie di palma da cocco e camerieri che consegnano drink e bibite. Non l’abbiamo usato, ma al centro della zona piscina, tra la spiaggia e la lobby, il centro benessere comprende una grande vasca con fontana sotto una grande palapa in foglie di palma, cabine per i trattamenti, sauna, hammam, idromassaggio e chi più ne ha più ne metta! La spiaggia è incantevole, enorme, con un immenso spazio lasciato vuoto (o a chi ci si vuol mettere col proprio lettino), ombrelloni e lettini sono tantissimi e distanziati. Non c’è mai problema a trovare posto, a qualsiasi ora, nè in spiaggia nè nella piscina, tanto è ben organizzato lo spazio. Le camere del Majestic Colonial sono spaziose (50 m²) e arredate in stile coloniale, sobrio e rilassante. Noi avevamo una piccola suite con angolo soggiorno (scrivania, divano in pelle, panca e sedia), mega letto king size a baldacchino, televisore satellitare, climatizzatore e ventilatore da soffitto, frigo minibar quotidianamente rifornito di acqua, birra e bibite, kit tè e caffè, asse e ferro da stiro. Il bagno aperto, tutto in marmo, è molto spazioso e ben arredato con doppio lavabo, phon, grande vasca idromassaggio nascosta tra due colonne, dalla quale si può guardare la televisione, stanza doccia e stanza water separati, sempre in marmo. Compresi anche tanti teli, accappatoi, ciabattine, pettine e prodotti per l’igiene in un cestino… Avevamo anche un grazioso giardino privato affacciato sulla piscina con: grande vasca idromassaggio, due lettini con materasso, tavolino e sedie. Al ns arrivo abbiamo trovato in regalo anche rum, wiskey, vino, cioccolata! La pulizia è sempre stata impeccabile. I pasti principali si consumano nel grandioso ristorante buffet “Supreme”, variegato e delizioso, una sala immensa che può accogliere fino a 700 coperti, organizzata benissimo e curatissima, con personale gentile che passa di continuo. La colazione è da guinness: c’è tutto, ma proprio tutto, dalla frutta tropicale fresca tagliata e spremuta davanti ai vostri occhi ai frappè di tutti i gusti, biscotti, pancake, crêpe, muffins, frenchtoast, salumi & formaggi, brioche dolci e salate, uova fatte in tutti i modi, pancette, salsicce, cereali, pappa di avena, frittate di tutti i tipi, confetture, pani, salse di accompagnamento per tutti i gusti…. I camerieri passano di tavolo in tavolo con tè, caffè, acqua, bibite, succhi… Una roba pazzesca! Per chi si alza dopo le 10, c’è la possibilità di far colazione al ristorantino in spiaggia. A pranzo e cena si può scegliere tra il rist.buffet, dove tanti cuochi cucinano lì per lì e dove si trova una varietà di cibi infinita, dalle specialità americane classiche (hot dog, hamburger, costolette) alle pizze, paste, insalate, salumi, maialini, carne fritta o alla griglia, verdure di ogni genere (bollite, fritte, al forno, farcite…), insomma impossibile elencare tutto. Dico solo qualità molto alta, cibo sempre diverso e fresco! Sono presenti anche altri ristoranti: il ristorante domenicano/messicano, il cinese/giapponese, quello specializzato in pesce, quello specializzato in carne. Sono tutti compresi e senza bisogno di prenotazione, salvo se volete assistere allo show cooking di cucina teppaniaky al rist.giapponese o andare al ristorante “gourmet” (solo per over12). All’interno del resort ci sono 9 bar che offrono discreta animazione e musica, anche live. Noi abbiamo assistito ad un divertente spettacolo di magia nell’immenso teatro e a piacevoli live musicali. L’hotel offre anche un servizio shuttle gratuito per visitare il centro commerciale san juan shopping: niente male il supermercato Super Pola, all’interno del centro commerciale, per acquistare rum, latte di cocco e caffè a prezzi competitivi. Che altro dire? Siamo stati benissimo, abbiamo mangiato e bevuto troppo e bene, rilassandoci in un hotel di classe, piacevole non rumoroso. Abbiamo scelto di dedicarci al riposo e di non fare altre escursioni. L’unica pecca riscontrata? Abbiamo trovato in mare molte alghe e il mare di Punta Cana (per lo meno ad Arena Gorda, dove stavamo noi) è piuttosto mosso.

21° giorno, 22 luglio: Punta Cana – Italia

La vacanza è terminata e le tre settimane sono volate. L’idea di muoversi autonomamente è stata vincente, perché ci ha permesso di vedere ciò che la maggior parte dei turisti non vede. Samanà è stata la parte più bella del viaggio, un luogo bello e dalle spiagge incantevoli. Ma tutto ha contribuito a rendere speciale questa vacanza: le persone incontrate (i domenicani, ma anche i tanti Italiani che si sono trasferiti là e che ci hanno accolto nei loro ristorantini e bed&brackfast con simpatia e calda ospitalità ), le avventure vissute (abbiamo usato barchette, lance a motore, catamarano, battello su fiume, moto!), le bellissime e differenti spiagge che abbiamo camminato e i mari in cui ci siamo tuffati. E’ stato un viaggio emozionante, adatto anche a chi, come noi, viaggia con bimbi piccoli. La nostra bimba, nel vedere le foto del viaggio, ha chiesto: “Ci torniamo ancora, lì?”. Un bel risultato, non c’è che dire.

INFO UTILI: LA CUCINA

La cucina creola è ricca e variegata. Il piatto più famoso della repubblica Dominicana è “la bandera” (la bandiera), composto da “arroz” ossia riso, fagioli (bianchi, rossi o neri), carne, verdura e “ tostones” (banane verdi fritte). Il “sancocho” deriva dallo stufato spagnolo “cocido” e viene preparato in un modo del tutto originale e diverso nelle varie province del Paese, ma il più famoso è il “sancocho prieto”, fatto con 7 varietà di carne. Altri piatti noti: “locrio de pollo”, riso con pollo; “pollo Guisado”, stufato di pollo al pomodoro a base di cipolla, aglio, olive, capperi e coriandolo; “pescado con coco” (tipico della zona di Samaná); “mofongo”, purè di banana verde fritta amalgamata con aglio e pezzetti molto conditi di maiale o di pollo; “il chivo de Azua” e “il chivo liniero” de Montecristi, specialità fatte con carne di capra; “puerco en puya”, “pasteles en hoja” (pasticcio di carne servito in foglie), “chicharrones de pollo”, bocconi di pollo fritti. Tipi sono i “yaniqueque” (dall’originale inglese “Jhonny Cakes”) da mangiare nelle semplici bancarelle di fritto sulla spiaggia. Il mangú è una soffice purea preparata con banane verdi bollite, ed è servita a colazione. Il “queso de hoja”, un tipo di formaggio filato. Il “casabe” è il pane di manioca di forma rotonda; le “catibías” la frittura con farina di manioca e carne. Molto popolari sono i fritti in genere, anche il pesce viene cotto in olio dopo essere stato marinato con limone, origano e aglio. I dolci tipici sono a base di frutta candita e si possono acquistare nei supermercati. Il pesce e la carne spesso sono cucinati in spiaggia alla griglia. Comunissime sono le aragoste e i gamberoni. La frutta è eccellente: mango, ananas, papaia, banane, frutto della passione, ma anche frutta tropicale dai nomi esotici come níspero, anón, pan de fruta e carambola, per non parlare della noce di cocco fresca, morbida e dissetante. I succhi di frutta tropicale naturale comprendono il frutto della passione, la guava, l’ananas, l’arancia, le fragole, il mango, il mandarino. Frutta anche nei gelati della catena Bon e Yogen Fruz. Celebre è la “batida”, il tipico frullato con frutta fresca, latte, vaniglia, ghiaccio e zucchero di canna. I deliziosi dessert dominicani comprendono il cocco grattugiato, i fagioli dolci, il dessert di latte acido, i dolci con le arance, i dolci di riso, latte e cannella; la salsa sciroppata di guava e anacardi. Famosissimo è il “flan de leche”, una sorta di crème caramel. Ricette sul bel sito http://www.cocinadominicana.com/

LO SHOPPING

Tanti gli acquisti possibili, in ordine sparso… – sigari dominicani: famosi a livello internazionale per la loro eccellenza. Due gli indirizzi da annotarsi: la Boutique del Fumador di plaza Colòn a Santo Domingo e la Tabacalera de García ad Altos de Chavon a La Romana. Diffidare dei sigari venduti in spiaggia dagli ambulanti, dato che spesso si tratta di prodotti difettati e scartati. – oggetti e gioielli in ambra: la Repubblica Dominicana è famosa per questa resina fossile, da sola o montata come un gioiello; oggetti e gioielli in in larimar, tipica pietra di colore celeste che si estrae solo nella Repubblica Dominicana. Detta anche “il turchese dominicano”, la pectolite deve il suo nome a Larissa, figlia del suo scopritore, Miguel Mendez, più la parola “mar”. Vendita dei gioielli di ambra e larimar (autentici) nell’omonimo Museo dell’Ambra e del Larimar di Santo Domingo. – le limè, tipiche bamboline di ceramica dipinta, senza volto, simbolo del popolo dominicano che usa definirsi come un “sancocho de raza”, un mix di razze, prendendo in prestito un termine culinario, il sancocho, appunto, uno stufato che utilizza diversi tipi di carne. – le tipiche tele ad olio variopinte: tra gli artisti più noti ci sono Guillo Pérez, Ramón Oviedo, Alberto Ulloa, Cándido Bidó, Rosa Tavárez, Ada Balcácer. ll Colegio Dominicano de Artistas Plásticos (Scuola Dominicana di Artisti Plastici), situato in calle El Conde all’angolo con calle Isabel, vende le loro opere con certificato di garanzia. – il “ron”, ossia il rum, chiamato affettuosamente dai locali “vitamina R”. Eccellenti sono: Brugal (Siglo de Oro), Matusalem (15), Bermudez, Barcelò, Ron Cubaney (25) – la Mamajuana, liquore-digestivo popolare: in una bottiglia di rum (o vino rosso o grappa) vengono inseriti pezzi di legno, miele, radici, erbe varie e spezie come la cannella. Ha fama di essere un corroborante per le vie respiratorie, di migliorare la digestione, e di essere un afrodisiaco naturale. – la birra dominicana: la birra Presidente è la più nota (http://www.presidente.com.do/) – la marmellata di guayaba (guava), un frutto simile alla male dal sapore molto intenso che ricorda l’incenso. – il caffè dominicano: pura arabica dal gusto aromatico e forte. Il caffè dominicano rappresenta un settore fondamentale per l’economia dominicana: 28 delle 31 Province dominicane producono caffè. Come quasi sempre accade, il mercato dominicano è dominato da pochi grandi produttori, che fissano i prezzi e influenzano la politica commerciale; vi sono però sul territorio anche moltissimi piccoli produttori: complessivamente nel paese ve ne sono più di 50.000. Nelle province di Salcedo e Bonao, immerse nella tranquillità della lussureggiante vegetazione tropicale, e circondate dalle montagne che favoriscono un clima fresco, crescono le piantagioni del caffè: il modo migliore per imparare a conoscere e apprezzare meglio questa bevanda così nota è scegliere uno dei percorsi del progetto Ruta del Cafe (www.larutadelcafedominicano.org), un’iniziativa nata nel 2002 all’interno di un progetto di Ucodep, ONG italiana che da oltre 10 anni lavora in Repubblica Dominicana con progetti volti a migliorare le condizioni di vita della popolazione locale. Sono ben sei i percorsi possibili, tre lungo la Ruta del caffè Atabey, nella provincia di Monseñor Nouel, a un’altitudine media di 950 metri e tre lungo la Ruta del Caffè Jamao, nella provincia di Salcedo. – il cacao dominicano: grazie all’alta qualità del suo cacao biologico e tradizionale, il paese è considerato uno dei primi dieci esportatori su vasta scala di cacao del mondo e ha immense piantagioni di questo frutto, in particolare nella parte nord-orientale, vicino la città di San Francisco de Macorís. Sul mercato esistono due categorie principali di cacao. Il tipo Hispaniola viene fatto fermentare dopo essere stato raccolto ed è il cacao richiesto dai produttori di cioccolato europei. Il tipo Sánchez non viene sottoposto ad alcun tipo di trasformazione e non viene fatto fermentare, è ricco di burro, ed è preferito dai consumatori nordamericani. Si possono fare escursioni alla Hacienda Camino Ramonal e la Hacienda La Esmeralda García Jiménez: http://www.cacaotour.com/index.php/en/cacaotours – le noci Macadamia: deliziose noci locali in vendita anche nelle numerose gelaterie Bon, diffuse su tutta l’isola. E ancora: oggetti in corno, legno, cuoio, conchiglia, sculture in legno, maschere, terracotta, ceramica, vimini e tessuti di cotone di produzione nazione, lavorati a mano. Infine fantastica, ma come fare per portarsela dietro non lo so, è la mecedora, la tipica sedia a dondolo in mogano e foglie essiccate di palma.

In valigia: – guida Lonely Planet “Repubblica Dominicana e Haiti”, EDT,4a edizione (2012) – il premio Pulitzer “La breve y maravillosa vida de Óscar Wao” (La breve vita meravigliosa di Óscar Wao) dello scrittore dominicano Junot Díaz

Siti utili: http://www.dominicandream.it http://www.godominicanrepublic.com/rd/?lang=it&idioma=1 www.dominicanway.com http://www.easyviaggio.com/repubblica-dominicana http://www.ilgiramondo.net/diari-di-viaggio/repubblica-dominicana-39/ http://turistipercaso.it/repubblica-dominicana/



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