Reportage Cina e Tibet

Da Pechino a Lhasa e ritorno via Pingyao e Xi'an, viaggiando in aereo e mezzi pubblici
Scritto da: Elena Sollai
reportage cina e tibet
Partenza il: 12/10/2016
Ritorno il: 26/10/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Ascolta i podcast
 
Reportage dalla Cina

Ciaoooo, dopo tanto tempo ecco un viaggio che mi ha fatto venire voglia di raccontarlo. Non che gli altri non mi siano piaciuti, semplicemente non mi facevano scattare la voglia di scrivere.

Pechino parte prima

Arrivando all’aeroporto di Pechino sapevamo benissimo di dover stare attenti ai tassisti imbroglioni che non usano il tassametro. Abbiamo quindi scansato quelli all’interno del terminal e puntato ai parcheggi taxi dove parcheggiato insieme ai taxi autorizzati c’era il nostro taxi imbroglione che ci ha fregato! Alla nostra richiesta di accendere il tassametro ci ha fatto vedere una macchinetta e all’arrivo in hotel ci ha chiesto oltre 6 volte la tariffa dovuta. Ho discusso la cifra con Trevor che ovviamente stava piu’ dalla parte dell’imbroglione che dalla mia e abbiamo finite per pagare solo 2 volte e mezzo il dovuto!

Il primo giorno, visti orario e stanchezza decidiamo di non visitare niente di particolare ma di andare in giro a conoscere la città e orientarci. Ci spostiamo in bus per andare nella zona degli “Hutongs”, le poche zone con vecchie originali abitazioni di Pechino (certe famiglie offrono di mostrare la casa dietro compenso). Costo bus 2 yuen. 8 yuen sono 1 sterlina, 7,5 yuen sono 1 euro. La zona è molto carina, piena di locali notturni, ristoranti e anche un bel laghetto. Durante la passeggiata intorno al lago ci imbattiamo nella zona massaggi all’aperto dove l’unica attrezzatura è uno sgabello o la panchina e per £2.50 mi sono fatta fare un massaggio schiena/collo!

Nei locali notturni c’è musica dal vivo molto moderna oppure lap dance. Ci colpisce una ragazza che di sexy non aveva proprio niente. Con mutande colorate con disegnini e reggiseno da ragazzina, che se proprio poteva attrarre qualcuno ho paura che questo qualcuno altro non potesse essere se non un pedofilo. Anche quelle fasciate di pelle nera non erano molto sexy. Le cinesi saranno anche magre ma non sono mai sexy. Ho inoltre notato che non hanno mai un bel sedere tondo. Pensavo poi che Ie cinesi fossero tutte magre e invece ho visto un bel po’ di gente grassa.

Per la prima cena a Pechino sndiamo a mangiare la famosa anatra alla Pechinese. A fine cena ci portano un voucher con la figura dell’anatra, capiamo che e’ un voucher per un’anatra gratis ma non ci crediamo perche’ pensiamo di non aver fatto niente per meritarcela.

Tornati in albergo chiediamo al ricevimento di spiegarci il voucher e… sì, si trattava proprio di un’anatra gratis. L’abbiamo mangiata il giorno dopo, anche se non sapremo mai il perche’ di questo regalo, un’anatra intera!

Essendo questa la nostra seconda volta in cina, notiamo subito un po’ di differenze con le zone piu’ rurali visitate la volta scorsa: con piacere notiamo che fuori dai ristoranti non ci sono gabbie con animali vivi da cucinare su richiesta del cliente, mentre abbiamo visto parecchi negozi con cani e gatti in vetrina. Sono ossessionati da barboncini e lupetti, tutti piccoli e tutti scambiati per giocattoli. Anche I gatti a pelo lungo e muso schiacciato sono in vendita.

Pechino è ricca di bagni pubblici che non solo non hanno carta e sapone, ma sono privi anche di porte e spesso anche di divisori. Bisognini in compagnia! In un’aeroporto mi e’ capitato che uno dei bagni fosse senza porta e invece di fare la fila per usare quelli che si potevano chiudere, le cinesi entravano in quello aperto e facevano I loro bisogni davanti a noi che facevamo la fila!

A Pechino metro e pullman finiscono il servizio alle 23 e da quell’ora I taxi che di giorno sono molto economici, non usano piu’ il tassametro!

La prima volta che cerchiamo di visitare la citta’ proibita veniamo respinti perche’ non avevamo i passaporti con noi. Sono ossessionati dalla sicurezza: controllo borse per entrare in un sacco di posti e sopratutto in piazza Tienamen dove ci siamo presi un’altro pacco: circa 45 minuti d’attesa in piedi per vedere il piu’ brutto cambio della guardia del mondo e poi… prima delle 18 la piazza viene chiusa al pubblico. Polizia e soldati (tanti) che ti mandano via. Non si sa’ perche’, sembrerebbe che la tengano aperta solo per la festa nazionale. Piazza Tienamen e’ blindata: si accede solo da sottopassaggi dove prima sei sottoposto al controllo bagagli.

Maleducazione dei cinesi

Se trovarti tra un gruppo di giapponesi quando vuoi fare foto non e’ simpatico, visto che ne fanno 200 per spot, almeno a casa loro sono carinissimi ed educati (in Tibet un ragazzo giapponese era nel nostro gruppo ma tra noi due ero io quella che scattava piu’ foto). I cinesi invece sono pazzi e maleducati oltre che in certi casi anche pericolosi: ti spingono, sgomitano, per loro sei trasparente. Ti piazzano i loro telefoni con il selfie stick davanti mentre fai le foto, ti rubano il posto a sedere, ti scatarrano davanti e sputano ad un passo da te. Le file sono un’optional, fanno un baffo agli italiani,ti passano davanti senza nessun problema. Anche le strisce pedonali e I semafori rossi sono un’optional. E poi urlano come dannati, tra di loro ma sopratutto al telefono e non e’ una lingua molto musicale di sicuro.

Un’altra mania dei cinesi e’ quella di farsi le foto indossando riproduzioni di costumi d’epoca. Ci sono cascata anche io questa volta e quella precedente. Ogni posto turistico ha I suoi costume e fotografi e sono molto popolari sia tra I giovani che tra gli anziani. Vicino alla citta’ proibita addirittura facevano servizi professionali con abiti di lusso, truccatori ecc.,erano uno spasso da vedere.

La citta’ proibita e’ spettacolare: i primi aggettivo che mi vengono in mente sono immensa e grandiosa. Scalinate, cortile, padiglioni, giardini e una mostra permanente di sveglie che sono un capolavoro. 80.000 visitatori al giorno. Che ti spingono!

Pechino e’ una citta’ moderna, il nostro albergo e’ giusto dietro la zona dello shopping di lusso ma anche dietroun favoloso mercato dove lo street food, il cibo di strada che loro vendono in spiedini, e’ vario e alquanto bizzarro, o almeno fuori dal comune. Se seppie, granchi e frutta caramellata si trovano da tante parti, qui, in bella mostra, trafitti da uno spiedino in legno ma ancora in movimento (poveri animali) trovi scorpioni di varie taglie, ragni giganti, cavallette, blatte, stelle e cavallucci marini e tanti altri animaletti. Mangiano davvero tutto questi cinesi.

Nella strada dei ristorante/bettole c’e’ anche la cantante che al contrario dell’Expo’, dove la gente scappava tappandosi le orecchie, qui e’ molto apprezzata.

La tappa successiva e’ Pingyao, cittadina a 750 km ,8 ore di treno notturno da Pechino. I biglietti ferroviari vengono messi in vendita solo 20 giorni prima della data di utilizzo e c’e’ un numero molto limitato di SOFT SLEEPERS che poi sarebbero cuccette di prima classe, un numero limitato di HARD SLEEPERS, una sorta di terza classe russa, visto che il vagone e’ un open space senza cabine o tende o porte e un grande numero di posti liberi in poltrona o in piedi. Dipende da chi arriva prima. Per questo viaggio riusciamo a prendere la prima classe: cabina ornate da tendina, tavolo con tovaglietta e brocca per l’acqua o the, letti gia’ fatti. L’imbarco al treno e’ piu’ accurato che sui nostri aerei: check in, tunnel sotterranei con treni, tantissimo personale che ti controlla il biglietto e ti indirizza al tuo vagone. Ti viene portato via il biglietto e data una targhetta di plastica che il controllore si riprende quando all’arrivo del treno viene a controllare che sia pronto a scendere e a renderti il biglietto. Mezz’ora prima era passato ad avvisarci che la successiva stazione era la nostra.

Pingyao e’ un’altro mondo. Durante la dinastia Qing la città vecchia di Pingyao fu il centro finanziario della Cina. È famosa per le mura ottimamente conservate ed è stata inserita nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Per cominciare l’albergo ha mandato una macchina a prenderci alla stazione. Gratis. Pingyao e’ formata dalla citta’ moderna e da quella antica che si trova dentro le mura.Ovviamente noi ci dirigiamo verso la citta’ antica. Come superiamo la porta d’ingresso alla citta’ non crediamo ai nostri occhi: si torna indietro nel tempo. Non solo qualche casa ma TUTTI gli edifici sono quelli originali dell’epoca dei Qing. La maggior parte delle strade sono solo pedonali ed è tutto un susseguirsi di negozi, bancarelle che vendono cibo di strada o oggetti, ristoranti, centri massaggi e alberghi ricavati dalle case tipiche composte da un cortile centrale, spesso usato come ristorante e con intorno a ferro di cavallo 2 piani di camere (un tempo appartamenti) alle quali si accede da una veranda. In inglese sono chiamati couryards, in italiano cortile ma non rende.

La specialita’ n1 del posto e’ il manzo freddo da mangiare a fettine (non viene messo in frigo), seguito da quello essiccato piccantissimo. Da comprare in bancarella o al ristorante. A Pingyao i cani di strada non se la passano bene, in troppi sono scheletrici nonostante ci siano tanti ristoranti. Un giorno a cena due ragazze hanno lasciato della carne nel piatto, volevo darla ad un cane ma e’ arrivato il titolare del ristorante e l’ha mangiata. Davanti a noi. Un’altro giorno ne abbiamo sfamato 7 piu’ un gattino che se la passava proprio male. Quelli che se la passano “bene” invece sono tenuti legati, sporchi e direi malnutriti.

Il massaggio costa 30 yuen (£3.75) per mezz’ora e io mi sono regalata 1 ora e mezza per due volte: primo giorno perfetto, secondo giorno mi hanno massacrato e sono rientrata a Londra con un brutto mal di collo.

A Pingyao e’ sorta la prima banca cinese e per un lungo periodo c’erano piu’ banche a Pingyao che in tutto il resto della cina. Tutte queste case/banche/uffici/templi possono essere visitati cosi come le mura della citta’. Si compra un biglietto unico (£15.00) che dura 3 giorni e consente tutte le visite che si desiderano. Le mura non meritano tanto, abbiamo camminato per oltre 2 km per vedere la parte brutta e trascurata della citta’. Il cibo e le bevande disponibili a Pingyao sono molto diversi da Pechino e dalle altre localita’: qui l’anatra e’ rara e abbiamo bevuto tantissimo un succo giallo e mangiato vario cibo di strada senza mai sapere di cosa si trattava! Anche a Pingyao niente animali in gabbia all’ingresso dei ristoranti, anche qua’ il barboncino e’ il cane preferito. Ne abbiamo visto due con le scarpette rosa! Dopo 2 giorni a Pingyao il taxi ci portera’ (per 1 sterlina) alla stazione dove prenderemo il treno per Xi’an. Questa volta abbiamo trovato posto solo “in terza classe”: Trevor stava al terzo piano, io nel lettino basso. Il letto era in genere piu’ povero della prima classe e mi e’ sorto il dubbio che le lenzuola non fossero gia’ state usate ma ero troppo stanca e ho dormito.

Xi’an e’ una citta’ modernissima, vibrante e che trasmette vitalita’. Lo smog e’ come a Pechino, non vedi cielo ma solo grigio come ci fosse nebbia fitta e il telefono ti dice che la qualita’ dell’aria e’ molto dannosa alla salute.

Direi che tra le citta’ da noi visitate, la medaglia d’oro per il rapporto qualita’ prezzo va’ di sicuro a Xi’an. Il nostro albergo, £35 a notte, e’ un 5 stelle centralissimo, in piu’ ci fanno l’upgrade e ci danno una suite con camera da letto per meta’ finestrata, salotto separato, bagno con doccia e vasca e kit per attacchi al gas! La porta ha il catenaccio e un cartello recita di usarlo se qualcuno bussa alla porta! E’ successo solo una volta per consegnarci un giornale. Trovare un succo di frutta a Xi’an e’ un’impresa: tanti dolci, noodles e tante melagrane. Tutti vendono melagrane giganti.

Attrazione numero 1 di Xi’an e’ l’esercito di terracotta che si trova a circa 60km dalla citta’. Invece di usare una guida abbiamo raggiunto il sito in bus per 7 yuen a tratta mentre il biglietto per l’esercito e’ il piu’ caro in assoluto: 150 yuan, che per la cina e’ tanto, pero’ quando vedi che lavoro stanno facendo sei felice di contribuire. I soldati sono in 3 Hangars”. La lonely planet consiglia di cominciare dal piu’ piccolo ma noi siamo in totale disaccordo. Nel piu’ piccolo non c’e’ nemmeno un soldato o cavallo, solo alcuni pezzi rotti, infatti qui hanno scavato pochissimo, il lavoro e’ tutto ancora da fare. In questo hangar ci sono dei soldati rinchiusi dentro teche di vetro (poi ho capito che i cinesi ci sarebbero saliti sopra se li avessero lasciati liberi) e una riproduzione di un’esercito a puro uso fotografico e turistico per 10 yuen. Mi vergogno un po’ ma lo devo dire: le foto da cartolina con me in mezzo ai soldati e cavalli e’ fatta davanti alle riproduzioni. L’esercito vero e’ nelle tombe, un piano sotto quello in cui stanno I visitatori! Quindi l’hangar 1 non solo mi ha deluso ma mi ha anche fatto arrabbiare. L’hangar 2 e’ piccolo, con pochi (c’e’ ancora tanto da scavare) ma bellissimi soldati e cavalli in ottimo stato. Appartengono ai ranghi alti dell’esercito che l’imperatore si era fatto costruire convinto che sarebbe stato ancora imperatore dopo la morte e di avere quindi bisogno di un’esercito che lo difendesse. Anche l’hangar 2 possiede una riproduzione ad uso fotografico. L’hangar 3 e’ il piu’ grande e il piu’ ricco di soldati e cavalli. Nonostante sia stato scavato solo per circa un quarto, 2000 soldati sono gia’ stati completamente restaurati e esposti nella parte anteriore dell’hangar che poi e’ una tomba gigante, mentre nella parte posterior hanno creato una sorta di laboratorio del restauro diviso in varie fasi. Qui si possono ammirare i vari stadi del restauro, dove ricostruiscono soldati/cavalli anche da centinaia di pezzi, incollandoli tra loro in un lavoro superlativo e con grande impiego della piu’ moderna tecnologia. Favoloso! Purtroppo tantissimi pezzi sono rotti a causa delle travi in legno che sorreggevano il soffitto delle tombe, che marcendo dopo migliaia di anni hanno ceduto e permesso che il soffitto crollasse sull’esercito. Oltre all’esercito l’altra grande attrazione di Xi’an e’ il mercato musulmano in mezzo al quale si trova una moschea alquanto inusuale, infatti e’ formata da pagode e cortili molto cinesi. La zona cibo del mercato e’ strabiliante: oltre ai soliti granchi e seppie con lo spiedino, il piatto forte e’ il “mutton”, un’agnellone quasi pecora, anche lui servito con lo spiedino. La particolarita’ di questo mercato sta’ nel fatto che le pecore sono appese ad un gancio, in strada dove vengono “sezionate”, lasciando alla fine solo lo scheletro dell’animale. A fine giornata (tarda notte) si capisce quanti animali ha usato ogni bancarella. E’ un mix tra il lugubre e l’affascinante! Molto popolari anche il succo di melagrana e una specie di gato’ preparato con semi: formano un impasto bello grande e lo appiattiscono a suon di martellate, dopo viene tagliato a fettine sottili. Esiste di tanti semi e colori e noi ne abbiamo provato parecchi.

Le due torri che sembrano essere in ogni citta’, della campana (usata per scandire l’inizio del giorno) e quella dei tamburi (per la fine del giorno), a Xi’an sono molto piu’ belle che a Pechino.

Raggiungiamo il Tibet in aereo. Devo dire che visitarlo e’talmente complicato e costoso che mi stava passando la voglia di andarci. Non ti puoi muovere, se non dentro Lhasa, senza una guida che ti vende dei pacchetti costosissimi (per quello che offrono), devi avere tutto programmato e non puoi cambiare niente incluso la citta’ da cui arrivi e quella che raggiungerai alla partenza dal Tibet, non puoi citare l’intenzione di visitare il Tibet quando richiedi il visto per la cina ma non puoi avere il permesso per il Tibet se prima non hai il visto cinese e non puoi prenotare l’aereo per il Tibet senza il permesso d’ingresso!

Al nostro arrivo a Lhasa la guida ci mette al collo una sciarpa bianca tipo raso che loro usano per andare a visitare Budda, ci accompagnano in albergo e per tutto il giorno siamo liberi. Cominciamo a visitare la citta’ vecchia la cui architettura e’ bellissima, colorata, vivace e ricca di negozi che vendono collane, pietre, abiti tradizionali e ornamenti vari. Tutti vendono piu’ o meno la stessa cosa e quasi tutti i negozianti (come ci hanno spiegato poi) sono cinesi che al posto delle perle vere tibetane vendono spesso plastica ai turisti. La cosa piu’ spettacolare della citta’ e’la processione di gente che dalla mattina presto fino a dopo la chiusura dei negozi (21 circa) gira sempre in senso orario, intorno ad un isolato del centro, permettendoti di assistere ad una sfilata di costumi tibetani, infatti oltre agli abitanti di Lhasa, arrivano Pellegrini da tutto il Tibet. Per alcuni di loro e’ il pellegrinaggio che devono compiere almeno una volta nella loro vita, un po’ come la mecca per i musulmani. Colpiscono i costumi e i cappelli piu’ particolari ma anche la poverta’, la vecchiaia e il modo in cui alcuni di loro pregano. Alzano le mani al cielo, poi le portano all’altezza del petto, si sdraiano a terra, quasi strisciando, le braccia tese in avanti, la faccia che sfiora il pavimento. Attaccate alle mani hanno delle tavolette che evitano che la pelle si scortichi a furia di strisciare. Alcune di queste persone sono molto anziane, altre hanno handicaps, altre ancora hanno uno o piu’ bambini legati con una specie di guinzaglio, credo per non perderli. 2 bambine legate che affiancavano la madre avevano una radiolina accesa sulle spalle, tipo zainetto. Tanta gente offre dei soldi a questi pellegrini che spesso impiegano anche sei mesi per raggiungere Lhasa dai loro villaggi. I giri intorno all’isolato, la rotazione di una specie di tamburello e di campane messe in fila che si trovano vicino ai templi insieme ad altri “riti” dovrebbero aiutare ad avere condizioni migliori nella vita successiva. Sono ossessionati da questo, dal karma. E un po’ come I messicani nei villaggi del Chapas, gli anziani non amano essere fotografati (ci sono state eccezioni), in Chapas dicevano che gli portavi via l’anima, qui che gli accorgi la vita!

Il nostro albergo e’ carino, colorato e in stile tibetano. Peccato che non brilli per pulizia, appena arrivati un po’ di capelli neri lunghissimi sul pavimento del bagno mi fanno richiedere una pulizia extra. Essendo molto centrale, quando siamo “liberi” ci spostiamo sempre a piedi. La guida ci raccomanda di stare attenti quando attraversiamo al semaforo , anche se e’ verde, anche se ci sono le strisce pedonali e possibilmente di attraversare unendoci ad altre persone. Capiamo presto il perche’: le macchine non danno la precedenza ai pedoni, come in cina passa prima chi e’ piu’ coraggioso!

Il ristorante consigliato dalla guida per pranzo ha il bagno allagato e sporco, una porta finestra aperta sul vuoto, tovaglie sporche, no tovaglioli e cibo locale molto indianizzato. Scopriamo presto infatti che I tibetani sono molto piu’ indiani che cinesi: cibo, scrittura, decori, lingua e sporcizia. Al contrario dei cinesi che strillano sempre e emettono questi suoni irritanti, I tibetani sono molto soft.

Il secondo giorno in Tibet inizia il tour con la guida e cominciamo dal Potala palace, un tempo residenza dei re e poi dei vari budda. E’ il palazzo dove e’ stato ambientato il bellissimo film 7 anni in Tibet. Con l’occupazione del Tibet i cinesi l’hanno trasformato in una sorta di museo del quale si prendono tutti gli incassi. Intanto noi stranieri possiamo visitarlo solo accompagnati da una guida la quale e’ responsabile del rispetto dei tempi accordatoci per appunto la visita, pena una multa. A lei. Deve ritirare e poi ripresentare in vari punti del palazzo un tagliando con orari d’ingresso e di uscita e se sfora sono centinaia di yuan al minute!!! Il potala palace e I monasteri sono piu’ interessanti dall’esterno che dall’interno. Gli interni sono pieni di centinaia di budda che non puoi fotografare, di tombe di budda e guardie degli ex re che non puoi fotografare, in piu’ ti devi sorbire le spiegazioni della guida che ti spiega quanto sono speciali gli stessi budda almeno 100 volte. Il potala palace e un monastero sono piu’ che sufficienti, 4 sono troppi. Al contrario della cina i cani qua non se la passano male, sono sporchi ma dormono felici in strada e all’ingresso dei monasteri. I gatti un po’ meno, ne abbiamo sfamato uno pelle e ossa proprio dentro ad un monastero. Volevo andare da uno dei tantissimi monaci a chiedergli se il karma di un’animale affamato non era importante.

Cosa non mi e’ piaciuto: a parte il loro puzzolentissimo burro (venduto in panetti enormi e mai tenuto in frigorifero) non solo usato nel the, ma anche versato (fuso) dai fedeli nel contenitore che ospita le candele nei monasteri. Ne portano talmente tanto che nella parte bassa dei contenitori c’e un buco da cui il burro in eccesso esce per finire in secchi dentro ai quali viene portato e donato a monasteri che non ne ricevono abbastanza. Troppi soldi girano intorno a budda, ai monasteri e ai monaci: da ogni parte ci sono teche per la raccolta delle offerte e sono piene, dietro grate, sopra tavoli, mobili, contenitori vari e davvero da ogni parte ci sono soldi. Non sono rari i monaci con mazzi di soldi in mano mentre I visitatori/fedeli possono andare dove sono questi mucchi di soldi e cambiare banconote grandi con pezzi piccoli o possono prendersi il resto se hanno pagato con una banconota troppo alta. Pare che alcuni cinesi prendono piu’ di quello che mettono. Abbiamo fatto notare alla guida che in altri paesi buddisti le offerte consistono in frutta e cibo che poi a fine giornata vengono distribuiti ai poveri e lei ci ha risposto che un tempo anche loro offrivano frutta ma ora preferivano offrire soldi e oro! Ho chiesto dove finivano tutti quei soldi li e la risposta e’ stata che dopo avere riempito tanti sacchi se li portava via il governo cinese. Ci ha anche spiegato che per incoraggiare un buon karma nella vita successiva, fanno colletta anche tra poveri, comprano oro, lo fanno sciogliere e poi vanno al monastero e lo spalmano sul loro budda preferito. Piu’ oro piu’ karma positivo. Ho chiesto se non fosse meglio usare tutti quei soldi per aiutare i tanti poveri che ci sono in giro, risposta: cosi il karma non funzionerebbe!

I monaci sono dei privilegiati, hanno l’ultimo modello di iphone, vivono nel potala palace o nei monasteri mantenuti fino alla morte. Pare che vivano di offerte ma che siano anche sostenuti dal governo cinese. Che il Tibet sia un paese occupato si capisce subito, polizia e soldati dappertutto, I tibetani non hanno il passaporto quindi possono viaggiare solo in cina, mentre I cinesi possono andare dove vogliono. Il 75% dei tibetani odia I cinesi (e ci credo) mentre il 25% li appoggia, lavora per loro e “vende” I dissidenti in cambio di potere e di lavori piu’ importanti. Pare che gli amici del governo percepiscano stipendi altissimi, mentre gli altri faticano a trovare lavoro e guadagnano pochissimo. Poi ci sono le black lists e chi ci finisce dentro e’ tagliato da tanti lavori anche se mal pagati e viene tenuto costantemente sotto controllo. Sembrerebbe che oggi a Lhasa ci siano piu’ cinesi che tibetani. Altro punto debole del Tibet e’ la sporcizia: carta e sapone non esistono in nessun locale pubblico, monastero e neanche in aeroporto e nel centro commerciale dove vendono abiti firmati. Quello che ho visitato io non aveva nemmeno l’acqua nel rubinetto!

Le macellerie sono come e peggio di certi paesi arabi/africani: no frigoriferi, la carne di yak (un grosso bue) tagliata malamente e appesa a ganci o anche appoggiata sopra un telo in terra, barili pieni di polli gia’ spennati tenuti al caldo.

Pranzo tipico tibetano compreso nel pacchetto (pacco): di tipico c’era il cibo (mangiano noodles e ravioli a colazione, pranzo e cena) e tanta, tanta sporcizia. Anche le vetrine dei negozi di lusso e delle innumerevoli gioiellerie della parte nuova della citta’ erano luride, poco importa se vendevano Gucci e marchi simili.

Una sera andiamo a cena in un ristorantino cinese vicino all’albergo e siccome spesso mettono un cestino vicino ad ogni tavolo, un bravo giovanotto ha pensato bene di scatarrare e sputare nel cestino, mentre noi mangiavamo a due passi da lui! Risultato: per 2 giorni cena solo a base di frutta.

Devo dire che lasciare il Tibet non e’ stato doloroso, anzi…. Eravamo stufi della sporcizia e degli sgradevoli odori di cui lhasa e’ impregnata e disgustati dai troppi soldi e oro donati a statue mentre fuori e’ pieno di gente e animali affamati. Piu’ passa il tempo e piu’ le religioni mi fanno schifo. L’unica cosa buona e’ che almeno i buddisti sono pacifici e non vivono nel lusso sfrenato.

Ritorno a Pechino

La grande muraglia e’ divisa in sezioni piu’ o meno restaurate e piu’ o meno lontane da Pechino. Noi abbiamo scelto una via di mezzo, abbiamo eliminato quella dove vanno tutti I gruppi e optato per il tratto (4 ore di scarpinata)in cui si sale in funivia, seggiovia (nostra scelta) o a piedi e si scende in funivia, a piedi o con lo slittino, che noi abbiamo scelto. Bellissimo e bravissimi ad aver avuto quest’idea che costa circa £10 e che fanno sopratutto gli stranieri.

Dopo giri in templi vari non potevamo avere un’ultima sera a Pechino piu’ bella di quella che abbiamo avuto: shopping nei mercati. Per fortuna l’abbiamo lasciato all’ultima sera altrimenti avrei fatto danni… Due sono i paradisi che abbiamo visitato: il mercato delle perle e quello della seta, che poi non sono dei mercati ma una sorta di centri commerciali a 4 piani. Quello della seta (che non vende solo seta) tratta articoli falsificati ad livello altissimo: non vedevo borse cosi belle dai tempi in cui andavo a Milano alle fiere, roba che nei nostri negozi costa migliaia di euro, roba da Harrods. Fortunatamente eravamo ormai molto stanchi e avevamo gia’ dato al mercato delle perle, quindi ne sono uscita solo con 2 cappelli. Anche se ne avrei comprato almeno dieci!

Il mercato delle perle non vende solo perle ma come quello della seta vende di tutto. E da qui sono uscita che letteralmente saltavo dalla gioia: piumini vari, obbiettivo nuovo per la macchina fotografica, borse, cappelli e una collana di perle che desideravo da anni preparata su misura davanti a me, stile Marina Berlusconi anche se credo proprio che lei l’abbia pagata un pochino di piu’.

E abbiamo saltato un bel po’ di reparti…

Siccome bisogna trattare il prezzo, anche se a malincuore sono entrata nella parte tanto che hanno chiesto a Trevor se abitavamo a Pechino da tanto tempo… visti i prezzi che sono riuscita a spuntare. Di certo non con l’aiuto di Trevor… Comprando la collana, ho detto a Trevor, in italiano, visto che capivano l’inglese: quando ti chiedo quanto posso spendere, dimmi che non posso spendere piu’ di tot. Quindi quando mi chiedevano quanto ero disposta a pagare io facevo la mogliettina che deve chiedere al marito e rispondevo, vediamo cosa dice mio marito, ho gia’ speso cosi tanto che mi ha minacciato di divorzio. E quindi: Trevor, quanto posso spendere per questa bellissima collana? E lui: vedi tu, sei piu’ brava di me in queste cose. In inglese!

E’ stato un bellissimo viaggio, molto diverso da quello fatto nelle zone piu’ rurali intorno a Guilin come diversi l’uno dall’altro sono stati I posti visitati. A parte le file, le spinte, gli scatarramenti e i taxisti abusivi di Pechino che cercano d’imbrogliarti, sono stati tutti molto carini con noi.

La metropolitana di Pechino e’ modernissima, economicissima (3 yuan) e ancora piu’ facile da usare di quella di Londra, sui mezzi pubblici e’ tutto scritto anche in inglese e per i tassisti/ guidatori di tuk tuk basta farsi scrivere al ricevimento il nome della tua destinazione in cinese.

Cosa cambierei di questo viaggio? Un giorno in meno in Tibet che avrei usato per andare a vedere I panda a Chengdu. Purtroppo l’ingresso in Tibet e’ soggetto ad un vero e proprio ricatto per cui devi comprare quello che vuole l’agenzia e a prezzi salatissimi.

Pensavo inoltre che se fino ad ora la durata massima di un viaggio doveva essere di 2 settimane, ora mi accorgo che dopo 10 giorni ho voglia di rientrare. Si, partire e’ bello ma tornare a casa lo e’ ancora di piu’.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche