Norvegia in un guscio di noce di cocco

L’Ente del turismo norvegese propone un itinerario chiamato “Norway in a nutshell”. Siccome il nostro è stato un po’ più ampio, abbiamo deciso che era in un guscio non di noce, bensì di noce di cocco. Dolcissimo. Ecco come è andata. Martedì 3 agosto 2004 Dopo un anno di duro lavoro i due piccioni viaggiatori Enzo e Natalia partono...
norvegia in un guscio di noce di cocco
Partenza il: 03/08/2004
Ritorno il: 12/08/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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L’Ente del turismo norvegese propone un itinerario chiamato “Norway in a nutshell”. Siccome il nostro è stato un po’ più ampio, abbiamo deciso che era in un guscio non di noce, bensì di noce di cocco. Dolcissimo. Ecco come è andata. Martedì 3 agosto 2004 Dopo un anno di duro lavoro i due piccioni viaggiatori Enzo e Natalia partono da Bologna via Copenaghen per il grande nord. Ore 19:30 – atterriamo a Oslo, dove piove ma non fa freddo, si ha l’impressione di stare in Italia a marzo in una giornata capricciosa fatta di acqua e vento. Un treno espresso comodissimo parte dall’aeroporto ogni quarto d’ora e impiega 20 minuti per arrivare in centro. Costo – 300 corone in due. E’ possibile prendere anche un treno di linea, che venendo da nord passa necessariamente per l’aeroporto prima di arrivare ad Oslo. Costa meno, ma impiega più tempo e non sempre è puntuale. Il fatto è che in Norvegia, essendoci pochi collegamenti ferroviari e quindi poche possibilità di prendere coincidenze, succede che se un treno è in ritardo, per non far perdere alla gente la coincidenza, il treno che dovrebbe proseguire non parte prima che arrivi il treno ritardatario: lo aspetta e parte solo quando ha raccolto i passeggeri di quel treno. Non sappiamo dire se questo significa buona o mala gestione – la mancanza di puntualità, compensata però dall’estrema attenzione alle persone. Domani alle 8:10 dobbiamo prendere il treno per Myrdal. Abbiamo il voucher del viaggio “Norway in a nutshell”, ma non la prenotazione del posto che qui è obbligatoria su tutti i treni a lunga percorrenza. La biglietteria principale è già chiusa, ma troviamo aperta una biglietteria “di supporto” con alcuni sportelli, è grazie al codice che ci ha dato la nostra agenzia di viaggi riusciamo ugualmente a fare la prenotazione. Verso l’uscita sulla destra un ufficio turistico fornisce cartine e informazioni. Dopo dieci minuti di passeggiata siamo in hotel “Anchor”. Alloggiamo in una camera al settimo piano con una bella vista sulla città, e dalla finestra notiamo molti gabbiani che fanno da sentinelle alla città: dall’alto osservano qua e là e quando si sono assicurati che tutto va bene, virano decisamente in altra direzione. Martedì 4 agosto 2004 Ore 8.00. Il treno è già al binario. Chiediamo una conferma al macchinista che ci risponde con prontezza e gentilezza in inglese. In Norvegia tutti parlano inglese, alcuni con un accento che lo rende non sempre comprensibile, ma sono tutti disponibili e cordiali. I sedili dei nostri posti non sono comodi, il treno è pulito ma gli accessori sono vecchi. Una cosa utile che notiamo è la raccolta differenziata sul treno; l’impressione che abbiamo è che in questo paese si cerca di essere moderni ma allo stesso tempo non si getta via nulla. La prima tappa di oggi è Myrdal. Il treno sembra che vada piano e che faccia troppe fermate, temiamo per la coincidenza. Stare seduti per diverse ore annoia, anche perché il paesaggio sul tratto Oslo-Myrdal è un po‘ monotono, quindi giusto per distrarci andiamo nel vagone ristorante a prendere un caffè; fa schifo, ma non rispetto al caffè italiano, fa schifo addirittura in confronto a quello preso in aereo ieri. Lo aggiustiamo con il latte.. I nostri timori sulla lentezza del treno si rivelano fondati: arriviamo a Myrdal con 45 minuti di ritardo, ma dato che il nostro percorso è turistico ed è basato sulle conicidenze, il trenino di montagna che ci porterà a Flåm ha atteso il nostro arrivo. Il tratto ferroviario che attraversiamo è unico al mondo, con una pendenza strepitosa. Durante il tragitto incontriamo cascate e valli molto belle, in diversi punti il treno rallenta per farci ammirare meglio il paesaggio, e una volta si ferma e ci fa scendere per riprendere una grossa cascata; inoltre c’è anche uno speaker che annuncia in varie lingue, italiano compreso, quello che vedremo a destra o a sinistra. Alla fine del tratto restiamo comunque un po’ delusi perché ci aspettavamo di più, il libro e le riviste che abbiamo letto promettevano cose dell’altro mondo. Forse, è anche colpa della pioggia. Ore 15:50 – arriviamo a Flåm nei pressi del molo e saliamo subito sul traghetto che ci porterà lungo i fiordi fino a Gudvangen. Il fiordo è incantevole: cascate piccole e grandi, pareti scoscese attorno; l’unica cosa brutta è che non c’è sole e quindi non si possono vedere i bei colori che appaiono di solito sulle cartoline. La pioggia e il freddo ci costringono a indossare giubbini. A Gudvangen ci aspetta l’autobus che ci porterà a Voss. Questo tratto del “guscio di noce” è forse il più bello: la strada si arrampica come se girasse a spirale attorno a se stessa, tornanti mozzafiato, giù una bella vallata, e due imponenti cascate che ci accompagnano durante la salita, apparendo a turni ora sulla destra, ora sulla sinistra. Ore 19:20 – prendiamo il treno per Bergen e alle ore 20:35 arriviamo. Gli abitanti di Bergen, si dice, si distinguono dagli altri norvegesi perché hanno i piedi palmati, a causa del fatto che a Bergen piove 350 giorni all’anno. Però stranamente, dopo una giornata piovosa, qui troviamo il sole. Bergen è molto bella, più di quanto si possa immaginare dalle foto riportate sul libro e sulle riviste, forse anche grazie a questo tiepido sole della sera. Dopo pochi minuti di passeggiata sulla graziosa via Marken siamo in hotel Admiral, situato proprio sul porto, molto bello ed elegante, non di quelli che prendiamo di solito. L’addetta alla reception annuncia solennemente: “You have a very nice room, Mr. Todisco”, e noi pensiamo: “Sì, vabbe’, che sarà mai…” Invece… La nostra camera è una mansarda che si raggiunge attraverso un ingresso privato salendo una scala a chiocciola, con antichi quadri, barometri e bussole sulle pareti, con una camera da letto, un salotto e un mega-bagno con cabina doccia. Appena entrati in camera, troviamo il televisore acceso con la scritta “Welcome Mister Todisco”. Sono le ore 22:00, fuori c’è ancora il sole, anche se al tramonto, e usciamo a cenare. Io prendo il merluzzo alla berghinese con contorno di patate, purea di ceci e verdure, mentre Natalia sceglie una zuppa cremosa di pesce, piena di cozze e gamberetti. Entrambe le portate sono molto buone ad abbondanti, inoltre consumiamo molto pane. La zuppa è un po’ salata, ma penso che sia proprio una sua caratteristica, visto che anche dalle altre parti è salata. Sarà che ai norvegesi piace abbondare con il sale. Spesa per queste due portate è di 360 corone, cioè circa 45 €, però ci siamo abbuffati. Giovedì 5 Agosto 2004 Colazione alle 9.00. Il buffet comprende anche il pesce (sgombro, alici e aringhe) cucinato in vari modi; è molto buono. A cento metri dall’ hotel, sul porto, c’è il mercato del pesce: gamberetti, granchi, merluzzo, salmone, panini già pronti, caviale di storione, caviale di salmone. Oltre al pesce si vendono anche delle bellissime maglie; provo un gilè bellissimo e sono tentato di comprarlo, ma costa l’equivalente di 90 euro, perciò desisto. Ore 11:50 – prendiamo l’aliscafo Bergen-Stavanger. Appena usciti da Bergen, il tempo diventa brutto e solo ogni tanto si affaccia qualche timido raggio di sole. Durante il tragitto non c’è molto da fare, solo alle fermate intermedie si esce ad osservare le casette molto carine che si trovano nei pressi dei moli. Ore 16:10 – arrivo a Stavanger. Anche se la cartina della città riportata sul libro era molto approssimativa, arriviamo senza difficoltà alla stazione ferroviaria. In previsione del giorno 10 agosto, giornata molto impegnativa secondo il nostro programma, compriamo i biglietti: Åndalnes-Dombås e Dombås-Oslo, e sul secondo tratto otteniamo uno sconto (“mini pris“), che si ha comprando il biglietto 5 giorni prima. Il porticciolo di Stavanger è molto carino. Molto bella e rilassante è la visita della città vecchia – Gamla Stavanger, con case piccole di legno, e vicino ad ogni casa bellissimi fiori ben curati; per la verità qui in Norvegia i fiori sono un po’ dappertutto. Volevamo visitare la fabbrica-museo di inscatolamento delle sardine, dove te li fanno anche assaggiare, ma siamo in ritardo – alle 16.30 è già chiuso. In genere, i musei in Norvegia chiudono un po’ troppo presto. Rimaniamo stupefatti dal riguardo degli automobilisti verso i pedoni: le macchine si fermano per farti passare non appena hanno una mezza percezione della tua intenzione di attraversare la strada. Certe volte, mentre sul ciglio della strada stiamo fermi a pensare da che parte vogliamo andare, e loro si fermano per farci passare, attraversiamo tanto per, pur di non arrecare loro un dispiacere. Venerdì 6 agosto 2004 Anche a Stavanger l’ufficio turistico ci fornisce una quantità di piantine, orari, ecc. Siamo venuti a Stavanger più che altro per visitare il Lysefjord e la roccia di Preikestolen, perciò alle 9:00 – battello per Tau, alle 9:45 – coincidenza con l’autobus fino al punto d’inizio della faticosissima camminata al Preikestolen. Non abbiate paura di perdere le coincidenze, soprattutto sui percorsi turistici concatenati, dove il mezzo successivo aspetta l‘arrivo di quello precedente. State piuttosto attenti a dove esattamente si deve prendere un determinato mezzo. Non sempre i punti di partenza sono ben segnalati. Dopo 10 minuti di camminata, che a tratti diventa quasi un’arrampicata, inizia a piovere. La salita si fa sempre più impegnativa, a volte sembra di scalare un torrente, perché la pioggia bagna le pietre e si rischia di scivolare. Alcune pietre sono instabili e ballano sotto i piedi. Si suda moltissimo e si sente la mancanza di una maglietta asciutta di ricambio. Durante le soste ci rifocilliamo con succosissimi mirtilli. Verso l’una arriviamo finalmente sulla roccia di Preikestolen che cade a strapiombo sul fiordo, alta 603 m. Giù si vede un puntino bianco, che con lo zoom della videocamera si rivela un veliero a tre alberi mica piccolo! Lo spettacolo che si vede è straordinario, poco indicato a chi soffre di vertigini. Lysefjord vuol dire Fiordo della luce. Infatti, nonostante pioggia battente e nuvoloni neri, c’è in aria una strana luce soffusa, eterea, che penetra, avvolge, inonda, e rende tutti i colori intensi e luminosi, seppur allo stesso tempo morbidi. E’ una cosa quasi inspiegabile e sicuramente indescrivibile. E’ da vedere e basta. Vale le ore di arrampicata. La discesa non è molto più facile della salita, le ginocchie quasi non reggono più. Con l’autobus arriviamo al porto di Tau alle 17:05 convinti di dover aspettare la partenza del traghetto delle 17:55, ma ci rendiamo conto che ce n’è uno che sta partendo in quel momento. La porta dell’entrata passeggeri si chiude davanti a noi, ma un gentilissimo marinaio, assicuratosi che dobbiamo andare a Stavanger, ci tiene aperta la rampa delle auto e ci fa salire. Domanda: perché il traghetto è partito prima? Abbiamo forse sbagliato nave? Semplice – la partenza del traghetto delle 17:15 non era segnalata sul nostro depliant turistico. Sulla nave i biglietti si controllano solo alla fine del viaggio, mentre durante il percorso dopo ogni fermata i passeggeri sprovvisti di biglietto vengono invitati a presentarsi alla biglietteria. Ma non pensate di poter fare i furbi: il controllore passa comunque. E’ stato stranissimo sentire il cortesissimo e disponibilissimo controllore-vikingo alterarsi non poco, quando ha trovato due giapponesi senza biglietto. Qua di solito si vedono solo sorrisi e si sente un dolce tubare in un inglese che con l’accento norvegese assume sonorità curiosissime, intercalato da innumerevoli “ ja ja “ e “you’re welcome”. In albergo a cenare eravamo solo noi, e altre volte poi è capitata la stessa cosa, e una cosa ci siamo chiesti e non abbiamo trovato risposta: a che ora è prevista la cena in questo paese in questa stagione, visto che fa buio solo verso mezzanotte? Come primo piatto prendiamo due creme con i frutti di mare, con prevalenza di gamberi e cozze; anche qui c‘è troppo sale; poi una porzione di carne di agnello arrostita con salsa e verdure e, a parte, patate al tegamino con panna e formaggio filante. E’ talmente abbondante che basta per due. Costo 320 NOK. Sabato 7 agosto 2004 Ore 9.30 – aliscafo per tornare a Bergen. Paura di perderlo: è l’unico quel giorno. Attenzione sempre a non perdere mezzi a lunga percorrenza – sono pochissimi, certe volte su certe tratte 1 o 2 al giorno, chi è in ritardo è spacciato. A Bergen provvediamo subito alla cena, comprando al mercato del pesce per la modica cifra di 49 corone un granchio ripieno di polpa di granchio e p#anini pieni di gamberetti freschissimi (crudi, ottimi), una foglia d’insalata e una fettina di limone. In questo mercatino non vendono solo pesce, ma anche frutta, marmellate, pelli di vari animali, bellissime maglie, e vari souvenir, e cappelli di lana, e fiori. Alle ore 15:00 con l’autobus n° 31 (costo 46 corone a testa) andiamo alla funivia del monte Ulriken, dove il biglietto salita e discesa costa 80 corone a testa. Da lì sopra il panorama è bellissimo, si vede tutta Bergen e anche oltre. E’ una bellissima giornata, non c’è una nuvola, il sole scotta ma c’è un venticello gradevole. I nostri indumenti non sono quelli adatti, potevamo vestirci in modo più leggero, ma qui non si sa mai come vestirsi. Alle 18:00 scendiamo con la funivia. Si può salire e scendere anche a piedi, ma ci vogliono due ore di cammino. Ci rechiamo alla funicolare, altre 46 corone a testa per l’autobus, e saliamo in 2-3 minuti sulla collina. Costo della salita 30 corone solo andata (direi un furto). Questo punto panoramico è meno alto di quello precedente, e quindi si vede solo Bergen, ma con una prospettiva diversa. Rispetto al monte Ulriken, qua è più turistico e affollato, ci sono un ristorante e un bar, si vendono cartoline e articoli da regalo; la maggior parte delle cartoline su Bergen sono scattate da qui sopra. Al ritorno scendiamo a piedi. Il nostro libro sulla Norvegia indicava il percorso n° 4 che deve congiungersi poi con il n° 6, ma ci sono due strade n° 4. Quale delle due è quella giusta? Alla fine la troviamo e durante la discesa incontriamo casette graziosissime, coloratissime, piene di fiori e ammiriamo uno stupendo tramonto. Siamo d i s t r u t t i, ma felici. Domenica 8 agosto 2004 Per non dilungarci troppo, a Bergen si possono ammirare: il quartiere Bryggen, dove si può salire sulle balaustre degli antichi magazzini di legno e toccare con mano i vecchi paranchi, che ancor oggi chi abita o ha un ristorante da quelle parti usa per calare le casse di bottiglie vuote o bidoni della spazzatura; case con tetti in tegole che si arrampicano su per i colli; ragazze in costume locale che si danno appuntamento in centro, forse per partire per qualche manifestazione folcloristica; gabbiani che litigano per le teste di gamberetti che la gente getta in acqua; lamponi e mirtilli che crescono in pieno centro; le bionde formose che prendono il sole seminude accanto a una chiesa; per non parlare di tanti musei e chiese, bar, ristoranti, negozi di maglie e di guanti dai prezzi esorbitanti. Bergen è una città molto bella ed accogliente, con molte attrazioni per tutti i gusti racchiuse in poco spazio. Ore 20.00 – partiamo con la nave “Narvik” della compagnia Hurtigruten verso il fiordo di Geiranger. Cena a base delle provviste fatte in un supermercato, perché i prezzi per cenare a bordo sono proibitivi. Ore 22:00 – il cielo è ancora pieno di luce, l’orizzonte è rosso, uno stormo di oche passa sfiorando l’acqua. Sull’acqua si susseguono giochi di luce e di colori che mescolano il blu col fucsia, verde, rosso, arancio, azzurro, oro, argento, piombo… Le prime stelle riescono ad avere la meglio sulla luce solo verso mezzanotte, ma l’orizzonte rimane comunque rosso fino all’alba. Lunedì 9 agosto 2004 Fino all’arrivo a Geiranger stiamo sul ponte, non riuscendo a staccare gli occhi dai fiordi che si aprono tra i monti, dalle innumerevoli cascate, dagli uccelli col becco rosso che si tuffano a pescare e rimangono sott’acqua tantissimo tempo. Ora l’acqua ha tutte le sfumature d’azzurro, e il sole chissà perché non la colora d’oro, ma d’argento. Si vedono montagne ricoperte di neve e ghiaccio. Ci viene quasi un’indigestione di cascate – sono troppe, troppo belle, troppo diverse, troppo uguali. Alcune, per distinguersi dalle altre, si vaporizzano a mo’ di velo da sposa, alcune scrosciano grosse grasse e impetuose, altre hanno fatto la dieta e sono sottilissime, altre intrappolano arcobaleni, altre ancora intrappolano dietro a sé addirittura dei sentieri… Ci gira la testa, non ne possiamo più di questi fiordi troppo stipefacenti… Il colpo di grazia ce lo danno le cascate delle Sette sorelle sulla destra e il Frate, o Pretendente, sulla destra proprio prima di entrare nell’insenatura di Geiranger. Il paesino di Geiranger è insignificante, sono le montagne circostanti che meriterebbero una settimana di escursioni. L’omonimo hotel è datato, ma si trova in una posizione panoramica, la nostra stanza ha il balcone sul fiordo, è ampia e dotata di tutti i confort. In Norvegia non abbiamo mai trovato letti matrimoniali: si accostano due letti singoli, e su ogni letto trovi un piumino arrotolato come un salsicciotto. Decidiamo di fare una passeggiata apparentemente alla nostra portata. Il depliant che distribuisce l’ufficio turistico di Geiranger è però incomprensibile e ingannevole, perché ti fa credere che ci voglia un’ora laddove ce ne vogliono quattro. Anche la signorina dell’ufficio, come al solito tutta latte e miele, ci assicura che per l’itinerario che ci garba ci vuole poco tempo e poca fatica. Evidentemente non l’ha mai fatto e si è fatta ingannare anche lei dal depliant. (Almeno non siamo noi i cretini che non hanno capito.) Perciò ci facciamo sorprendere dalla sera forse neanche a metà cammino programmato e siamo costretti a malincuore a ritornare senza aver visto un’ennesima cascata, una di quelle dove c’è un sentiero che le passa dietro. Peccato. La nostra unica consolazione è l’incontro con uno scoiattolo e scorpacciate di lamponi gustosissimi nel bosco. Martedì 10 agosto 2004 Cancelliamo dal nostro programma la camminata con l’autobus di linea a Langvatn che prometteva bellissimi paesaggi montani, per paura di perdere la partenza dell’autobus per Anfalsnes e di far saltare di conseguenza tutte le tappe di oggi e domani, e anche perché la nostra vacanza si sta trasformando in una maratona. Passiamo il tempo riflettendo sul fatto che le grosse navi da crociera parcheggiate davanti al minuscolo Geiranger appesantiscono non poco l’aria e la vista. Ma anche noi siamo arrivati qua con una nave, anche se più piccola. Dov’è la giusta misura? Ore 13:15 – il pullman che ci porterà ad Aldasnes imbocca la Ørnevegen – “Strada delle aquile”. Valli, cascate, torrenti dai colori indescrivibili, fiumi e imponenti montagne. Nei punti più belli il pullman si ferma per permettere ai turisti di immortalare queste meraviglie. Il percorso è davvero vario, infatti si parte da un fiordo, si sale in montagna, si scende su un altro fiordo, veniamo traghettati sull’altra sponda, attraversiamo un passo montano e passiamo per la Trollstigen – “Sentiero dei troll”, strada divertentissima piena di tornanti a gomito, costeggiata da incantevoli cascate. Ci fermiamo in un punto lungo il tragitto per la sosta ristoro, troviamo un laghetto con l’acqua ghiacciata e talmente limpida che dice: “Bevimi! Bevimi!“. Siamo un po’ titubanti: si sa che è poco igienico bere così, da un lago… Ma non possiamo resistere e alla fine ne beviamo un bel po’ perché è buonissima, e dopo non ci succede niente!!! Nessun mal di pancia, nessun disturbo, niente, anzi, ci sentiamo in gran forma. Infine alle 16:00 arriviamo ad Andalsnes situata sulle sponde di un fiordo. Il treno che sta sul binario sembra che sia il nostro treno per Oslo. Poi arriva l’annuncio (li fanno in norvegese e in inglese) che non lo è. Quindi, aspettiamo che parta e che arrivi il nostro. Arriva l’ora della partenza, ma il treno è sempre lì, chiuso, e i ferrovieri che passano confermano che non è per Oslo. Allora dov’è il nostro? La gente sul binario è un po’ agitata. Il treno è sempre lì immobile. Con 15 minuti di ritardo rispetto all’orario di partenza programmato aprono le porte e ci fanno sapere che questo treno è per Oslo. Saliamo sul treno, ma il treno rimane fermo. Dopo un’altra mezz’ora risolto il mistero: arriva un treno da nord, la gente di quel treno si riversa sul nostro, e si parte immediatamente. Dato che era l’ultimo treno per Oslo di quel giorno, ha aspettato che arrivasse quell’altro che tardava, per non far perdere la coincidenza alla gente! Domanda: se sono così premurosi, perché piuttosto non risolvono il problema dei ritardi? Siamo capitati in un vagone apposito per le famiglie che ha uno spazio chiuso dove i bimbi possono giocare, vedere la televisione e leggere. Fortissimo! Però se non siete amanti dei bambini, non accettate la prenotazione del posto in un family vagon. Arriviamo ad Oslo con un’ora di ritardo, e viene annunciato che per coloro che hanno perso la coincidenza con i pullman di linea o i treni diretti nei dintorni di Oslo, le ferrovie hanno predisposto le apposite navette che li porteranno a casa. Mercoledì 11 agosto 2004 Oggi visita di Oslo. Compriamo la “Oslocard” che ci permette la visita dei musei e l’utilizzo dei mezzi pubblici per 24 ore, e, se uno ha la macchina, il parcheggio per 24 ore. Il costo è di 195 corone a testa. Il museo del folclore ha tante ricostruzioni di case o interi quartieri d’epoca, botteghe degli artigiani con i loro strumenti di lavoro. Non si può dire che tolgono il fiato, ma sono piacevoli. Per visitare il museo delle navi vichinghe, dei grossi barconi ormai anneriti dal tempo, ma con un loro fascino particolare, ci è bastato un quarto d’ora. Per raggiungere questi due musei abbiamo preso il traghetto sia all’andata che al ritorno, compreso nella Oslocard. All’Aker Brygge, nella zona del porto, c’è un negozio che vende specialità norvegesi, e lì abbiamo comprato per noi e per i nostri amici salami di renna e di alce. Sono risultati souvenir non molto costosi, utili, buoni e molto graditi. Una visita merita il parco Frognerpark, con le statue di Vigeland che descrivono la vita dell’uomo e che hanno un fascino tutto loro, perché non sono per niente scontate e suscitano in te un’emozione forte e coinvolgente. Inutile dire che bisogna guardarle con attenzione e con una certa predisposizione dell’animo. E’ da evitare il ristorantino all’aperto su una terrazza non lontano dal viale delle statue: costa abbastanza e offre pietanze squallide. Tutto sommato, a meno che non vogliate visitare i musei, una giornata ad Oslo può anche bastare. Secondo noi, è una città tranquilla e piacevole da viverci, da abitarci stabilmente, ma al turista interessato alle bellezze architettoniche o naturalistiche non ha da offrire un gran che. Abbiamo visitato solo una piccola parte della Norvegia e siamo sicuri che ci torneremo per andare a vedere quello che non abbiamo ancora visto ( e ce n’è!). Certamente non è una vacanza adatta ai tipi da villaggio turistico: si stancherebbero e si annoierebbero. Ma noi ci torneremo. Visto che avevamo poco tempo a disposizione e dovevamo visitare diverse località fermandoci in ciascuna per 1 o al massimo 2 notti, non potevamo permetterci di perdere tempo per la ricerca dell’albergo in loco. Perciò abbiamo prenotato quasi tutto dall’Italia il volo della SAS, gli alberghi, il passaggio con la nave Hurtigruten. Costo totale circa 3.000 € a persona. Ma se uno si organizza diversamente, ci siamo resi conto che è possibile spendere anche molto meno. ——— Errata corrige: Chiediamo scusa agli amici visitatori del sito: la nostra spesa è stata di poco più di 3.000 euro in due, non a persona. Avevate preso uno spavento, eh! A chi vuole pubblicare il proprio viaggio sulo sito consigliamo di scriverlo in un file, stamparlo, rileggerlo, e poi fare un copia/incolla sul sito. Rileggendo la stampa, scopri di aver fatto tanti di quegli errori! Vi consigliamo di leggere anche l’itinerario Oslo – Bergen – Alesund di Mauro. E’ un po’ lungo, però bellissimo. Abbiamo trovato tante conferme alle nostre considerazioni. Uno si chiede – che salari devono avere i norvergesi per vivere bene con quei prezzi lì? Non lo sappiamo, forse i salari non sono alti, ma sicuramente si vive bene perché non c’è corsa al consumismo e non si spreca niente. Se una macchina cammina, perché buttarla, anche se il modello è superato? Un treno o un albergo ha interni datati, ma se sono funzionali – va bene lo stesso. Gli autisti degli autobus fanno i biglietti a bordo, perché quegli italiano non possono farlo? Una cosa fortissima che ci è venuta in mente è la borsa degli spiccioli che hanno: una borsa con tanti scomparti verticali a molla che tengono separati gli spiccioli e li sparano velocemente all’occorrenza. Anche a noi servirebbe, con tutte le monetine dell’euro. Mauro ci ha dato un’altra conferma: se volete cenare in Norvegia, cenate presto, altrimenti rischiate di rimanere a digiuno. Saluti Enzo e Natalia


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