Myanmar classico in auto

Il nostro viaggio in Myanmar (di Andrea e Gabriella) è durato tre settimane, nel mese di agosto 2007, periodo classico per gli italiani anche se non certo il più adatto dal punto di vista del clima. Il quale clima però non è stato estremamente ostile e, salvo che in un caso, abbiamo felicemente portato a termine il programma; non senza...
Scritto da: gparma
myanmar classico in auto
Partenza il: 05/08/2007
Ritorno il: 25/08/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
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Il nostro viaggio in Myanmar (di Andrea e Gabriella) è durato tre settimane, nel mese di agosto 2007, periodo classico per gli italiani anche se non certo il più adatto dal punto di vista del clima.

Il quale clima però non è stato estremamente ostile e, salvo che in un caso, abbiamo felicemente portato a termine il programma; non senza utilizzare qualche volta, però, ombrelli e anorah. L’itinerario è stato quello più comune nel periodo dei monsoni: Yangon (3 giorni), Toungoo (1 notte), Kalaw (2 giorni), Lago Inle (4 giorni), Mandalay (4 giorni),, Bagan (3 giorni), Yangon (3 giorni). Per il viaggio abbiamo scelto il noleggio di un’auto con autista, visto il costo abbastanza conveniente ($ 40 al giorno), considerando anche il cambio favorevole con l’euro. La scelta si è rivelata azzeccata: i 2 giorni di viaggio per arrivare a nord, e i due giorni per il ritorno non sono stati tempo perso, perché ci hanno consentito di entrare in sintonia con i ritmi e lo stile di vita dei birmani, cosa più difficile nelle zone più turistiche. Inoltre l’autista (in realtà erano in due) era molto preparato (in realtà un laureato in chimica che ha scelto questo mestiere) e parlava un ottimo inglese: nonostante nel prezzo l’attività di guida non fosse prevista, si è adoperato per farci capire tutto quello che vedevamo, soprattutto le sottigliezze del buddismo, in modo che le pagode non ci sembrassero tutte uguali; e di pagode e monasteri ne abbiamo visti tanti.

Non racconteremo tutto il viaggio, ma parleremo brevemente di due luoghi che abbiamo trovato quasi sguarniti di turisti, e che in effetti non sono molto citati sulle guide.

Il primo è il Lago Sankar, che si trova a sud del Lago Inle. L’accesso richiede un biglietto particolare emesso da un ufficio della minoranza Pa-o, che fornisce anche una guida, obbligatoria, della stessa etnia. I biglietti sono disponibili solo presso gli hotel Golden Island Cottages I e II, che sono sul lago Inle. La giornata consiste nel viaggio di due ore sul fiume, nella visita di un monastero con 236 stupa e del villaggio di Sankar, anch’esso dotato di un monastero oltre che di un mercato che si svolge ogni 5 giorni. La particolarità del viaggio non è tanto nei monumenti e negli ambienti naturali, peraltro commendevoli, quanto nel fatto che la presenza di turisti (e il conseguente indotto di piccolo commercio) è estremamente rarefatta, rispetto agli altri siti, e quindi l’atmosfera semplice dei villaggi, e quella di raccoglimento dei luoghi di culto, sono preservati perfettamente, e si ha la sensazione, giustificata, di vivere in un mondo senza tempo; sensazione che è confermata dall’escursione sul lago vero e proprio, che si conclude di fronte a un muro, oltre il quale non si può, non si deve andare. Cosa c’è di inarrivabile oltre quel muro? Meglio non chiederlo alla guida, potrebbe darci una risposta banale, meglio pensare a uno Shangri-là proibito agli occidentali, o a un qualche altro mistero orientale. Il muro è il vecchio muro di cinta di una città ora sommersa, sulla quale la barca passa senza che la si possa vedere, perché le pianta acquatiche nascondono tutto. Solo qualche stupa antico e semidiroccato, fasciato dalle fronde di alberi e liane cresciuti tra le rovine, emerge a testimoniare la passata esistenza di una umanità devota.

Il secondo luogo è alle pendici del Monte Popa, un rilievo di oltre 1500 metri a circa 50 km da Bagan. Accanto al monte è uno spuntone roccioso, il Taungkalat, rivestito di cappelle, stupa, piccoli negozi e cosparso di venditori di strada; si può risalire fino alla cima grazie a una scalinata coperta: la copertura protegge dalla pioggia, ma non dall’onnipresenza delle scimmie, che comunque non sono un problema se non molestate. Ma per noi, appassionati di piante medicinali, era importante visitare il cosiddetto Museo delle Piante Medicinali, sito alle pendici del Monte Popa. Si tratta di un Orto Botanico vero e proprio, probabilmente istituito qui per la ricchezza di biodiversità vegetale presente sul monte, e per la presenza nel santuario di Mae Wunna, madre dei Nat (spiriti) e patrona della erbe aromatiche e medicinali. La struttura è molto ben tenuta, se confrontata ad altre strutture del Paese, ogni pianta ha un cartellino, e c’è una signora che accompagna i visitatori, anche se non parla inglese. Anche qui eravamo gli unici visitatori, e abbiamo gustato appieno l’intimità con l’ambiente e con le piante esotiche che passavano davanti ai nostri occhi.

Ci fermiamo qui, anche se il viaggio è stato molto ricco di visite, di contatti, di scoperte. Il successo del quale è stato reso possibile dal nostro accompagnatore, al quale abbiamo già accennato e che raccomandiamo per la gentilezza, la sollecitudine e la competenza nel mostrarci il suo Paese. In realtà ci aveva chiesto prima che partissimo a cosa eravamo interessati, e si è documentato di conseguenza. Questa attenzione ha reso veramente denso di emozioni e di scoperte il viaggio, e di ciò ci sentiamo di dargli atto e gliene siamo molto grati.



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