Londra a Pasqua: accorgimenti per risparmiare

Sì, lo so che può sembrare una banalità, ma Londra è davvero bella e mi spiace di aver aspettato tanto per conoscerla. Ci ero stata nel 1990 per lavoro, non avevo visto niente. Sono partita piena di pregiudizi. Ci sono alcune domande con la D maiuscola che chi è nato come me negli anni Cinquanta si è fatto almeno una volta nella vita....
Scritto da: R. S.
londra a pasqua: accorgimenti per risparmiare
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Sì, lo so che può sembrare una banalità, ma Londra è davvero bella e mi spiace di aver aspettato tanto per conoscerla. Ci ero stata nel 1990 per lavoro, non avevo visto niente. Sono partita piena di pregiudizi. Ci sono alcune domande con la D maiuscola che chi è nato come me negli anni Cinquanta si è fatto almeno una volta nella vita. Tipo: meglio i Beatles o i Rolling Stones? Meglio la Mini o la Cinquecento? Cose così. Alla domanda “meglio Londra o Parigi”, per principio avevo sempre preferito la Senna. E invece non solo mi sono ricreduta, ma con qualche accorgimento sono riuscita anche a non spendere una follia.

IL VOLO.

Intorno a Natale prenoto con largo anticipo un volo per Londra con Easy Jet. Per una volta tradisco Ryanair, che ha un ritorno a un orario più scomodo. Partenza giovedì mattina, 24 marzo, faremo Pasqua fuori, ritorneremo a Pasquetta, il 28. Siamo in sette: io e mio marito, un’altra coppia e tre ragazzini variamente suddivisi, dai 10 ai 14 anni. L’aeroporto di Gatwick è grande e ben collegato ai treni, il volo è in orario, l’aereo sembra nuovo di zecca. IL TRASFERIMENTO.

Se si è in quattro adulti conviene andare dall’aeroporto a Victoria Station con il treno. Il Gatwick Express, che impiega meno di mezz’ora, parte in continuazione e funziona anche nei giorni di festa tipo Pasquetta, ha delle offerte allettanti.

Infatti con la formula “Two for Four”, se i quattro adulti viaggiano insieme pagano per due. Morale: per andata e ritorno abbiamo speso circa 12 sterline a testa, appena due sterline di più del bus, ma molto più comodo. I bambini hanno pagato la tariffa ridotta.

LA METRO.

Arriviamo a Victoria Station: bella, grande, affollatissima. La segnalazione è accurata, non ci si perde. Quanta gente!! Credo di non averne vista così tanta nemmeno a New York. Da Roma ci eravamo portati i tagliandini per l’abbonamento a metro e bus validi quattro giorni: una scelta vincente, visto il prezzo di una singola corsa nella metropolitana (un po’ più di un sterlina!) e di un singolo passaggio sull’autobus (un po’ meno di una sterlina). Il biglietto si deve conservare gelosamente, perché va obliterato anche in uscita.

Ecco: in fatto di metro Londra non vale Parigi. Qui ci sono delle linee che la domenica o i giorni di festa vengono chiuse, come la preziosissima Circe Line (linea gialla) costringendoti a fare scarpinate sottoterra o fuori per raggiungere le stazioni aperte insieme a un fiume di gente inimmaginabile. Inoltre i marciapiedi sono più stretti, con maggiore ansia dei genitori che devono tenere a freno ragazzini distratti o scatenati (ognuno ha i suoi problemi). L’ALBERGO Tutti ci avevano detto di fare attenzione perché a Londra un albergo a tre stelle spesso è una topaia. Il nostro amico voleva poi andare a dormire nella zona della City, persuaso che quello fosse il “centro”, e dunque migliore. Noi lo abbiamo convinto spiegandogli che ci saremmo trovati in una zona praticamente deserta: il venerdì di Pasqua è festa nazionale, il lunedì di Pasquetta pure, sabato e domenica è tutto chiuso… Scegliamo quindi Bayswater, incrociando le dita, e scendiamo a un Best Western che, come catena americana, dovrebbe garantire un minimo di standard. E’ andata bene. L’albergo sta in una deliziosa piazzetta con il giardino in mezzo; la zona è gradevole, con tanti negozietti e ristorantini etnici, un posto vitale, di gente normale con i giardini di Kensington dietro l’angolo e Notting Hill a un passo, altro luogo delizioso a prescindere dal film.

La stanza può andare, con i ragazzini soppalcati, il che permette un minimo di privacy. La colazione è inclusa e ci dà sufficiente carburante per affrontare una giornata da turisti. LA CITTA’ Il primo giorno. Lasciamo i bagagli, facciamo pipì e via. Si va a Westminster con la metro. La prima cosa che vedi è il Big Ben e il Parlamento, con una fila interminabile per entrare. Rinunciamo e andiamo verso l’abbazia, che però è chiusa. Per un motivo o per l’altro resterà inaccessibile per tutto il tempo del nostro soggiorno. Next time. Ai ragazzini comunque raccontiamo dei re, delle regine e di Mr. Livingstone sepolti lì dentro. Meglio di niente.

A piedi fino a Trafalgar Square, con belle prospettive sulla città che si apre in fondo alle strade tutte intorno. I ragazzini avevano scambiato Nelson per Napoleone, in cima alla colonna, visti il cappello e la mano nella giacca. Di notte la statua è illuminata da fasci di luce, a testimonianza di quanto gli inglesi debbano aver goduto nello sconfiggere i francesi. La città ha poche fontane, ci è sembrato, ma tantissime statue, anche di militari, e ne abbiamo vista una, a Marble Arch, dedicata agli animali in guerra: un atto doveroso. Da Trafalgare a Piccadilly. Avevo i miei pregiudizi: è solo una piazza, un crocevia, non ha niente, mi dicevo. Invece ci stai per un po’, ti fai la foto sotto la statua di Eros (che se ti ci scambi sotto una promessa d’amore a mezzanotte, quello sarà amore per la vita. Hai visto mai), entri ed esci dal negozio lì di fronte che ha tutte cose di sport o dal megastore della Virgin, o ti siedi sotto le insegne retroilluminate e guardi la gente…Capisci che invece il posto ti piace.

Mah, sarà che siamo stati fortunati con il tempo, non è mai piovuto, un paio di giorni ha fatto anche caldino, tanto da stare con la giacca senza maniche; sarà che la città ha tutti palazzi bassi che fanno vedere grossi pezzi di cielo dove è tutto un rincorrersi di nuvole spinte dall’aria fredda del nord o da quella temperata dell’ovest; sarà che c’è tanta gente…Lo ammetto: il primo impatto è bello. Ceniamo al cinese, con grande delusione dei ragazzini che non trovano il riso alla cantonese o i ravioli al vapore ma piatti dai nomi inglesi a loro sconosciuti. Spendiamo circa 14 sterline a testa, mangiando comunque parecchio. Il secondo giorno. Il nostro gruppo si divide. Marco, il nostro amico architetto, corre alla Tate Modern. Noi destiniamo gran parte della giornata al Museo della Scienza. Molto bello, ricco di cose, interattivo. I ragazzini non volevano venir via. Il piano terra è dedicato allo spazio: insieme alla zona dedicata al volo è il migliore. Ci è piaciuta anche la parte sull’energia, mentre abbiamo saltato la medicina e, benché amanti del mare, abbiamo fatto a volo d’uccello la parte dei sestanti, dei binocoli, dei mappamondi. Ammetto che a un certo punto noi grandi abbiamo barato saltando una allettante zona-giochi: non saremmo più usciti. Invece, dopo aver assistito al film tridimensionale su schermo Imax e fatto due simulatori (se avete già sperimentato quelli negli Usa o quelli a Eurodisney potete farne a meno; oltretutto sono le uniche cose a pagamento), ce ne siamo andati, destinazione Tate Modern passando sopra il Millennium Bridge.

Diciamo pure che ci siamo accasciati sui mega-divani della zona bar dell’ultimo piano, con una vista bellissima sulla cattedrale di S. Paul (era chiusa al pubblico, quel giorno) e sul Tamigi. Poi, recuperate un po’ di forze, abbiamo girato per questo santuario britannico dell’arte moderna. Opere molto belle e interessanti. I ragazzini sono stati eroici. L’idea di attraversare la città per tornare all’albergo ci atterriva, così abbiamo preso un taxi londinese. Un must. Va detto che il taxi costa meno che a Roma. Per attraversare la città abbiamo speso 14 sterline. Cena a un ottimo ristorante marocchino proprio sotto l’albergo, ma molto caro. I ragazzini non hanno mangiato quasi niente. Il terzo giorno. E’ sabato. Si va a Portobello? Io sono molto scettica. Ma dai, è come Porta Portese, mi dicono gli altri. Appunto, io ai mercati non ci vado volentieri, mi annoio, e poi Porta Portese non mi è mai piaciuta. Ma siccome quando si va in tanti va trovato un compromesso, ok, vengo anche io. Si va a piedi, tanto Notting Hill è attaccata a Bayswater. Oggi c’è il sole. Che carine queste strade, con i palazzi colorati di verde acqua, lilla, celeste, bianchi, sembra di stare a Ponza, con le porticine in tinta o in contrasto, con i fiori, i bow-window!! E anche Portobello, con il suo fiume in piena di persone, è un’esperienza divertente: musica, colori, magliette, antiquariato, tanti italiani (of course), tantissimi spagnoli, nessun francese. Facciamo qualche acquisto e mentre una dei ragazzini va a cercare il numero 156 dove pare fosse l’agenzia di viaggi del protagonista del film Notting Hill (ora c’è un antiquario) noi facciamo incetta di felpe e magliette a 3 sterline, le stesse che a Roma paghi 15 euro. Molto da turisti, ma così conveniente! Lasciamo gli acquisti in albergo e facciamo rotta verso il British Museum, tra le proteste dei ragazzini. Per venire incontro a loro, già saturi di musei, non abbiamo visto molto: la stele di Rosetta, quella è un must; la parte egiziana, ma se si è visto il museo del Cairo, o di Torino, o i musei Vaticani, è quasi un deja-vu; bellissima la parte degli Assiri. Davvero bella, con una vitalità e una forza impressionanti in quei bassorilievi. Dopo gli Assiri, passare all’arte greca è quasi una delusione. Nella corte interna del museo al piano terreno c’è la biblioteca circolare dove studiò anche Ghandi: molto suggestiva. Abbiamo parcheggiato lì i ragazzini affascinati e abbiamo fatto visita alle sezioni africana e indiana. Più tempo, ci vorrebbe più tempo. Next time. Dove si va a cena? I ragazzini sono due sere che mangiano poco o nulla. Ci tocca Pizza Hut, proprio dietro l’albergo. Noi ordiniamo pizza, loro pollo fritto, patate e gelato. Si aggrega una nostra amica con le figlie che abbiamo incontrato casualmente sulla metropolitana. Della serie: il mondo è proprio piccolo! Spendiamo 10 sterline a testa.

Il quarto giorno. Fa freddo, è tutto coperto e c’è un po’ di vento. E’ domenica, nessuno intende perdersi i giardini di Kensington e gli oratori a Hyde Park Corner. Ci incamminiamo e lungo la strada ammiriamo i pittori della domenica che espongono. Alcuni sono molto bravi. Attenzione: si arrabbiamo se fotografi i loro quadri! Divertentissimi gli oratori: su una scala, su una cassetta, su qualsiasi cosa: c’è il fratello musulmano, c’è il nero con una papera in testa, il barbone, il bianco religioso e quello ateo che fanno siparietti divertenti dalle loro rispettive postazioni. Tutt’intorno sedie a sdraio, campi di calcio, scoiattoli, laghetto, papere, è stato avvistato anche un topo, ma che vuoi. A Marble Arch decidiamo di prendere il big bus, della serie Hip on Hip off. Cioè: paghi il biglietto formato famiglia (13 sterline gli adulti, 8 i bambini) e sali su questo bus rosso a due piani con cuffiette per la guida in italiano che fa il giro della città per tutto il giorno e tu puoi salire e scendere a piacimento per 24 ore dal momento dell’emissione del biglietto. Un’esperienza molto da turisti, ma che ripeteremo altrove. E’ un modo utile per avere una visione d’insieme della città, prima di dedicarsi alle destinazioni prescelte. Inoltre, è molto meglio della metropolitana, perché stai fuori e vedi. Per noi il lato negativo è stato che nella prima tratta i ragazzini hanno voluto stare sopra, a bus scoperto: un freddo! Destinazione Tower Bridge e Torre di Londra. Quando però ripassiamo a Trafalgar Square…”ma la National Gallery nemmeno la guardiamo?” I ragazzini minacciano un ammutinamento, noi promettiamo di fare veloci e prospettiamo loro una vita oscurata dall’ignoranza se si rifiutano di vedere un po’ d’arte. Ma come si fa a essere veloci alla National Gallery? Impossibile. Davvero impossibile.

Sì, perché non solo c’è tutto, ma c’è il meglio. “Solo questo quadro, poi andiamo”; “ancora uno, poi usciamo”, “per favore, c’è Leonardo”; “dai, venite a vedere Van Gogh”; “guarda la regata di Canaletto”: ebbene sì, abbiamo conquistato quadro per quadro, ma è stata poca cosa, non si può vedere così. Più tempo, ci vuole più tempo. Next time. Magari senza figli.

Ok, risaliamo sul big-bus dopo una lunga fila per la pipì e attraversiamo tutta Londra per arrivare al Tower Bridge, che noi erroneamente chiamiamo London Bridge (che invece è un altro). Suggestivo, ti viene comunque in mente De Andrè e Jordie, ci passi sopra, ci passi sotto, compri hot dog per la gioia dei ragazzini, vai a vedere i palazzi avveniristici, quello del sindaco per esempio,a forma di vela, con trovate ingegnose e a risparmio energetico. Ti guardi intorno, e di fronte hai la fortezza medievale con la Torre di Londra (fila spaventosa per entrare: next time), a destra vedi viuzze tra palazzi di mattoncini stile rivoluzione industriale dove potrebbe tranquillamente riapparire Jack lo squartatore, a sinistra ti tuffi nell’ipermoderno, tutto vetro e acciaio.

E’ strana Londra: a pensarci bene è un’accozzaglia di stili, con un sottofondo sei-settecentesco (quasi tutto il medievale è stato distrutto dall’incendio del 1666), antico e moderno tutto insieme, strato dopo strato; eppure messo insieme forma un tutto organico. Interessante.

Non guardiamo i meccanismi del ponte. Sappiamo che sarebbero da vedere, ma costa troppo, siamo un po’ stanchi, e poi abbiamo deciso di sfruttare appieno il biglietto del big-bus che offre anche una crociera di sola andata sul Tamigi. Ci imbarchiamo e vediamo la città da un’altra prospettiva. Scendiamo a Westminster, riprendiamo il big bus e arriviamo fino a Covent Garden. Ai ragazzini ricordo che era lì che i due ricconi trovarono la fioraia Audrey Hepburn nel film My Fair Lady. Entriamo canticchiando “la rana in Spagna gracida in campagna” nella doppia versione cafona e raffinata, ma usciamo ben presto delusi. E’ un centro commerciale inserito in una struttura affascinante. Decidiamo di cenare altrove. Vorremmo un pub ma con i ragazzini è impossibile. Finiamo di nuovo a Pizza Hut, stavolta dietro Trafalgar. Stasera puntiamo sulle insalate. Siamo un po’ tristi, ma ci consoliamo con il conto: appena 10 sterline a testa.

Il quinto giorno. Oggi pomeriggio partiamo. Di nuovo sul big bus, che vale fino alle 12. Tentiamo di visitare il Planetarium, ma la fila è senza fine. Anche qui: next time. Tutti i musei aprono alle 10, la prossima volta dovremo metterci in fila alle 9:30. Dunque, destinazione Soho, Regent Street, Oxford Street, Carnaby Street. Quattro passi in libertà tra negozi e negozietti. I saldi sono incredibili: piumini senza maniche che a Roma in saldo abbiamo comprato a 50 euro, qui li abbiamo trovati a 10 sterline; giacche a vento di marca a 25 sterline, t-shirt di marca a 2 sterline. E il bello è che i saldi sono anche per i capi della nuova stagione. Da tornarci apposta. Ok, si torna in albergo a prendere i bagagli, poi taxi, treno, aeroporto. Londra, a presto.

Ricapitolando: per risparmiare. Abbiamo speso circa 80 sterline al giorno a testa (circa 112 euro) per il volo, l’albergo, i trasferimenti, i trasporti, mangiare e spesette varie. Poteva andarci peggio. Ecco i nostri accorgimenti.

Merende: per evitare che i ragazzini facessero la lagna e “ho fame, mi compri questo mi compri quello” abbiamo portato da Roma merendine confezionate. Non è salutare ma per pochi giorni si può fare. Abbiamo così rotto i momenti di fame a metà mattinata e a metà pomeriggio.

Sete: stesso discorso per il bere. Ognuno nel proprio zainetto, oltre a sciarpa, cappellino e ombrello, aveva una bottiglietta di acqua. Poi a sera aranciata, Coca o Sprite per loro e birra per noi. Pranzo: ce la siamo cavata con un McDonald, kebab, panini al prosciutto e formaggio preparati in albergo al breakfast time, rosticceria egiziana, panini trovati in giro. Meglio non sedersi al tavolo: la stessa cosa può costare anche il triplo.

Cena: dopo la mazzata del marocchino, abbiamo compensato con Pizza Hut. Anche il cinese è andato bene, in quanto a prezzo. Trasporti: per fare la scelta migliore abbiamo girato molto su Internet prima di capire cosa ci convenisse.

Attrazioni: Londra offre cultura gratis e ti mazzola sulle cose turistiche. Molto purtroppo abbiamo saltato, ma per scelta ci siamo tenuti lontani dalla ruota del London Eye e dalle cere di Madame Trussaud. Se avessimo avuto più tempo saremmo andati anche a teatro con i biglietti a 8 sterline che si trovano last minute.

Alloggio: siamo convinti che in zona avremmo potuto trovare qualcosa anche a costi inferiori. Abbiamo fatto un giro lì intorno per chiedere un po’ di prezzi per una prossima volta, ma dovevamo ripartire e abbiamo visitato solo un ostello carino fuori ma molto decadente dentro. Questo però non ci ha fatto perdere le speranze.



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