Tra passato, presente e Ritorno al futuro: la città europea dove ogni sogno si avvera è solamente lei

Scritto da: Romy Crystal
tra passato, presente e ritorno al futuro: la città europea dove ogni sogno si avvera è solamente lei

La passione che mi brucia dentro non conosce limiti, e questa volta mi ha portato a cercare la realizzazione di un desiderio che coltivavo da tanto tempo: assistere al musical di Ritorno al Futuro. Chi mi conosce sa che sono un’orgogliosa nerd, un’appassionata sfegatata di questa saga fin dalla mia infanzia. Non esagero quando dico che la mia casa è un santuario dedicato a Marty McFly e al dottor Brown; dalle magliette alle macchine in miniatura, dai poster ai libri, dalle VHS ai DVD… se esiste un pezzo di memorabilia su Back to the Future, è probabile che io ce l’abbia. Ma, oltre a essere un’innamorata di questa saga, sono anche un’ amante del teatro e dei musical. Così, quando ho scoperto che il musical di Ritorno al Futuro sarebbe stato realizzato solo a Londra, non ho potuto resistere. Dovevo assolutamente andarci. Era un anno che seguivo con trepidazione l’evoluzione del progetto sui social, sognando di essere tra il pubblico, di lasciarmi travolgere dagli effetti, dagli attori, dalle musiche,  che avrebbero dato nuova vita al film della mia vita, che tanto adoro.

Ho chiesto a mio figlio Oscar se mi avrebbe accompagnato in questa folle avventura. Non era proprio entusiasta del musical, ma l’idea di rivedere Londra gli ha strappato un sì. Non è stato tutto semplice, come sempre gli imprevisti non mancano. Il passaporto di Oscar era scaduto, e abbiamo dovuto correre contro il tempo per rinnovarlo. Grazie a un amico, sono riuscita a prenotare due biglietti in una posizione ottimale al teatro (non ho proprio badato a spese), e la mia amica fidata dell’agenzia viaggi ha trovato voli e una camera d’hotel economica in una batter d’occhio. Ogni tassello è andato al suo posto, e il desiderio che inseguivo da tempo, era finalmente a portata di mano.

Diario di viaggio a Londra

Il giorno della partenza ero in uno stato d’animo che oscillava tra l’euforia e la nostalgia. Euforia, perché stavo per vivere un’esperienza che desideravo da anni; nostalgia, perché ogni viaggio a Londra mi riporta a momenti passati,  per via di una esperienza in una casa famiglia all’età di 12 anni, dove ho subito bullismo da parte di ragazzini italiani, e un tour con la mia famiglia in Cornovaglia con tappa obbligatoria qui a Londra. E poi quel magnifico week end con la mia amica di sempre.

L’arrivo e il primo pranzo da McDonald’s

Non appena siamo usciti dall’area arrivi di Heathrow, ho scorto un signore con un cartello in mano. Il nome scritto sopra sembrava il risultato di un gioco telefonico tra la mia agenzia e l’autista, ma con un po’ di immaginazione e buona volontà, ho capito che quel nome storpiato doveva essere il mio. Mi sono avvicinata e, con il mio inglese un po’ arrugginito, ho cercato di spiegargli che eravamo noi quelli che avrebbe dovuto portare in hotel. Lui ha sorriso, dimostrandosi subito una persona gentile e simpatica. Mi ha messo subito a mio agio e ha iniziato a chiacchierare con me, aiutandomi a rompere il ghiaccio con la lingua che, nonostante i miei studi, mi faceva sempre sentire un po’ insicura.

Durante il tragitto verso l’hotel, abbiamo parlato del più e del meno. Mi ha raccontato la sua storia, di come fosse arrivato a Londra come immigrato e di come avesse imparato l’inglese vivendo nella città, costretto dalla necessità del lavoro. Mi ha colpito molto la sua tenacia e il suo spirito positivo, tanto che, a un certo punto, si è girato verso Oscar, che ascoltava in silenzio, e gli ha detto con un tono quasi paterno: “Impara bene l’inglese, ragazzo. Ti aprirà tante porte.” Oscar ha annuito, forse più per cortesia che per reale convinzione, ma io ho apprezzato molto quel momento di saggezza condivisa.

Dopo un breve stop per prelevare un po’ di contanti, siamo finalmente arrivati all’hotel. Il tassista ci ha aiutato con le valigie e, dopo averlo pagato e salutato con un sorriso riconoscente, ci siamo trovati di fronte alla porta della nostra camera. Era una stanza minuscola, appena sufficiente per i nostri due piccoli trolley, ma era accogliente e abbastanza pulita,  per noi era perfetta.

Non avevamo tempo da perdere. Lasciate le valigie, siamo subito usciti per esplorare Londra. Oscar, nonostante qualche mugugno, era visibilmente contento di essere lì. E io sapevo esattamente come iniziare il nostro giro: una pausa pranzo da McDonald’s. Può sembrare banale, ma sapevo che uno dei motivi per cui mio figlio aveva accettato di accompagnarmi in questo viaggio era proprio la possibilità di trovare le ambite carte Pokémon negli Happy Meal. In un angolo del locale, circondati dal via vai incessante dei clienti, e abbiamo ordinato quattro Happy Meal. Mi sono divertita a vedere Oscar scartare con trepidazione i pacchetti delle carte, sperando di trovare quella che mancava alla sua collezione. 

Mentre mangiavamo, mi sono resa conto di quanto fosse speciale quel momento. Eravamo a Londra, una città che amavo, con mio figlio accanto, impegnati in un viaggio che aveva per me un significato profondo. E in quel McDonald’s, tra un morso e l’altro di hamburger e patatine, ho capito che, nonostante le differenze nei nostri interessi e nelle nostre passioni, c’era una cosa che ci univa: il desiderio di condividere del tempo insieme, di creare ricordi che avremmo custodito per sempre. Così, con le pance piene e le prime carte Pokémon in mano, siamo usciti, pronti a vivere ogni istante di quell’avventura londinese.

Verso Portobello Road e il Museo della Scienza

La nostra prima destinazione è Portobello Road, una strada famosa per il suo mercato e i suoi negozi di antiquariato. Appena girato l’angolo e la strada si aprì davanti a noi, ogni volta rimango colpita dai colori vivaci delle case che la fiancheggiano. Passeggiammo tra le bancarelle, perdendoci tra oggetti curiosi e affascinanti. C’erano vecchie macchine da scrivere, vinili che sembravano usciti da un’altra epoca, gioielli antichi e mille altre meraviglie. Ogni bancarella ci invitava a fermarci, a esplorare e a scoprire piccoli tesori nascosti. Fu in quel momento che presi il telefono e iniziai a fare i primi selfie. Volevo catturare non solo la bellezza di quel luogo, ma anche l’emozione nei nostri volti, il legame speciale che ci univa in quell’avventura.

Proseguiamo a piedi verso Notting Hill, con le sue case colorate. È un quartiere affascinante e ci perdiamo volentieri tra le sue strade che mi ricordano ogni volta il film della mia amata Julia Roberts.  Ci dirigiamo verso la nostra prossima meta: il Museo della Scienza. Sapevo che sarebbe stata una tappa entusiasmante, ma nulla poteva prepararmi alla meraviglia che avremmo vissuto lì dentro, e del tutto gratis pazzesco.

Ci troviamo immersi in un mondo di conoscenza e scoperta. Ci perdemmo tra esperimenti di fisica, modelli di antichi strumenti di navigazione e persino un’enorme sezione dedicata allo spazio, dove sembrava di camminare tra le stelle. Mentre esploravamo una delle sale dedicate alla biologia, ci siamo imbattuti in una teca che conteneva ricostruzioni  di pesci e uccelli. Sentii un brivido corrermi lungo la schiena e un senso di disagio improvviso. Ittiophobia per la paura dei pesci, e ornithophobia per quella degli uccelli. Era come se avessi trovato un pezzo mancante di un puzzle. “Quindi esiste davvero,” sussurrai, quasi incredula. Era un sollievo sapere che non ero sola, che questa fobia aveva un nome e che molte altre persone nel mondo ne soffrivano. In qualche modo, questo mi ha fatto sentire meno strana e più compresa

Fish & chips e Van Gogh

national gallery, londra

Pausa pranzo in un tipico pub londinese. Il menù era classico: fish and chips croccanti, accompagnati da una pinta di birra per me e una limonata per mio figlio. Decidemmo di visitare la National Gallery. Uno dei musei più famosi al mondo, e il fatto che fosse gratuito lo rendeva ancora più irresistibile. Appena entrati, ci trovammo immersi in un mondo di arte e bellezza senza tempo. Le enormi sale erano piene di capolavori di artisti famosi. Mio figlio, che fino a quel momento era stato un turbine di energia, sembrava stranamente catturato dal fascino delle opere esposte. Io lo seguivo a distanza, godendomi la sua meraviglia, ma aveva un obiettivo preciso: cercare il dipinto di Van Gogh I Girasoli, uno dei suoi capolavori più celebri. Lo osservava in silenzio, con gli occhi fissi sui colori vivaci e sulle pennellate distintive di Van Gogh. Non potevo resistere: presi il telefono e scattai una foto di nascosto, catturando quel momento in cui la curiosità e l’arte si incontravano nello sguardo di Oscar.

Sapevo che il museo meritava ore di esplorazione, ma il nostro stile di viaggio era sempre stato più da “toccata e fuga”. Così, dopo aver visto i dipinti che ci interessavano di più, ci dirigemmo verso l’uscita, pronti per la prossima tappa.

Camminammo in direzione di Piccadilly Circus, uno dei luoghi più iconici di Londra. Quando ci arrivammo, fummo subito colpiti dalle luci abbaglianti e dagli enormi schermi che dominavano la piazza. Il cuore della città pulsava di vita.  Da lì, ci spostammo verso la zona cinese, dove l’atmosfera cambiava completamente. Le lanterne rosse, i profumi di spezie e ristoranti che riempivano l’aria, e le insegne colorate ci trasportarono in una città parallela.

Passeggiammo tra le vie strette, scattando altre foto e curiosando nei negozi stravaganti che incontravamo lungo il cammino. Uno dei più folli fu il negozio delle caramelle M&M’s, un vero paradiso per i golosi. Eravamo circondati da pile di dolcetti colorati. Con un sorriso complice, finimmo per sgraffignare qualche caramella come dolcetto per il nostro pomeriggio.

Proseguiamo lungo Oxford Street, passeggiando tra i negozi affollati fino a raggiungere il nostro hotel. Eccoci a Covent Garden, un luogo che sembrava uscito da una fiaba. L’aria era piena di musica: artisti di strada si esibivano in spettacoli che catturavano l’attenzione di una folla variegata. 

Ripresa la metropolitana, il nostro prossimo meta fu Westminster. Appena usciti dalla stazione, lo spettacolo ci lasciò senza fiato. Davanti a noi si stagliava il maestoso Big Ben. Il Parlamento, con la sua architettura gotica, imponente ai nostri occhi. Ci fermammo un attimo, assaporando la magnificenza del luogo, mentre scattavamo qualche foto per catturare il ricordo. Poi abbiamo proseguito per London Eye.

Con lo stomaco che iniziava a brontolare, decidemmo di concludere la giornata con una cenetta ad un ristorante nei pressi del nostro alloggio. Salimmo di nuovo sulla metro e raggiungemmo il quartiere di Paddington, dove ci aspettava il locale di nome Angus. L’atmosfera era accogliente, con luci soffuse e un profumo di carne alla griglia che stuzzicava l’appetito. Ci sedemmo a un tavolo vicino alla vetrata e ordinammo due piatti di bistecca accompagnati da una birra fresca.

Back to the future a Londra

ritorno al futuro

Ci fermiamo per una pizza e pasta in un ristorante accogliente e stranamente economico, prima di dirigerci verso il teatro.

Finalmente, il momento tanto atteso era arrivato. Dopo mesi di attesa e immaginazione, mi trovavo proprio lì, davanti al teatro che ospitava il musical di Ritorno al Futuro, nel cuore di Londra. L’insegna luminosa con il logo inconfondibile del film dominava la via, attirando una folla entusiasta che si accalcava all’ingresso. Mi sembrava di essere catapultata direttamente dentro uno dei miei sogni.

Con il biglietto stretto tra le mani, entrai. L’atrio del teatro era animato da un’energia contagiosa: risate, chiacchiere e l’attesa elettrizzante di chi, come me, stava per vivere qualcosa di speciale. Quando finalmente presi posto, il sipario ancora chiuso sembrava custodire un mistero che non vedevo l’ora di svelare.

Il cast era straordinario: sembrava davvero di rivedere Marty, Doc, Biff e tutti gli altri. Gli attori erano identici ai personaggi del film, tanto che a tratti mi chiedevo se non fossero proprio loro. Le musiche dal vivo riempivano la sala di energia pura, mentre io, che conosco il film quasi a memoria, mi ritrovavo a tradurre alcune battute a mio figlio, emozionatissima.

Ma gli effetti speciali… oh, gli effetti speciali! Non riesco a togliermi dalla mente la scena in cui la DeLorean vola sopra le nostre teste. È stato un momento suggestivo, qualcosa che non avrei mai immaginato di vedere dal vivo. I balletti erano impeccabili, pieni di energia e passione, ma la vera protagonista per me è stata quell’auto. Sentivo le lacrime di gioia pizzicarmi gli occhi; non riuscivo a trattenere la mia esuberanza.

Ero l’unica, credo, a battere le mani così forte, a urlare di entusiasmo. Ho cercato di contenermi un po’, consapevole che il pubblico di Londra non è caloroso come quello italiano, ma non potevo fare a meno di lasciarmi andare. Ero troppo felice.

All’ingresso del teatro, prima dello spettacolo, avevo già scattato decine di foto con ogni memorabilia possibile: i poster, le insegne, qualsiasi cosa mi ricordasse il mio film del cuore. Indossavo la mia maglietta con Doc e Marty, e mi sentivo parte di quel mondo.

Quando tutto è finito e sono uscita, avevo le lacrime agli occhi. Ancora scossa dall’emozione, ho incontrato un responsabile della produzione. Mi ha visto così entusiasta, mentre raccontavo e rivivevo l’esperienza con mio figlio, che mi ha rivolto un sorriso. Abbiamo scambiato qualche parola, e gli ho detto quanto sperassi che lo portassero anche in Italia.

Mio figlio, che solitamente non ama il teatro, era conquistato. E io, semplicemente, non potevo smettere di sorridere e piangere insieme. È stata una serata magica, il sogno di chiunque ami Ritorno al Futuro come lo amo io.

Madame Tussauds

madame tussauds, londra

Avevo già prenotato da casa i biglietti per Madame Tussauds (potete farlo anche voi comodamente sul sito di Civitatis, con il biglietto che include l’Esperienza Marvel 4D), e sapevo che sarebbe stata una mattinata alternativa. Mi ricordavo ancora quando, anni fa, ci ero stata con una mia amica: quante risate e quanta meraviglia davanti a quelle statue di cera incredibilmente realistiche. Questa volta, però, c’era Oscar con me, e non vedevo l’ora di condividere con lui quell’esperienza originale.

La mattina, puntualissimi come sempre, eravamo già in fila all’orario di apertura. L’attesa fu brevissima, e in men che non si dica ci ritrovammo all’interno, circondati da un mondo di celebrità, miti del cinema, della musica e della storia, tutti rappresentati in cera con una perfezione quasi inquietante.

Io mi sono lasciata trasportare subito dall’entusiasmo. Ogni statua era un’occasione per scattare una foto, e non ho perso tempo: un selfie con Audrey Hepburn , una posa accanto a Brad Pitt, e persino un momento di serietà accanto alla famiglia reale. Oscar rideva mentre mi vedeva cambiare espressione e postura per ogni foto, e io ridevo ancora di più vedendo la sua pazienza nel fotografarmi decine di volte!

Lui, però, era più affascinato dalla parte tecnologica del museo. Quando siamo arrivati alla sala dove proiettavano il film in 4D, i suoi occhi si sono illuminati. L’esperienza era straordinaria: non solo vedevamo il film in tre dimensioni, ma sentivamo anche gli effetti speciali come il vento, le vibrazioni e persino qualche spruzzo d’acqua. Sembrava di essere dentro al film degli Avanger.

Quando siamo usciti, ci siamo guardati e siamo scoppiati a ridere. “Chi si è divertito di più?” gli ho chiesto. Lui ha sorriso e ha detto: “Tu, senza dubbio”.

Mio figlio aveva un obiettivo ben preciso: trovare un centro commerciale dove si diceva ci fossero molti articoli dei Pokémon. Dopo pranzo, ci mettiamo in cammino seguendo le indicazioni trovate online. Appena arrivati, chiediamo in giro, ma nessuno sapeva nulla di quel negozio. Alla fine, scopriamo con delusione che era stato chiuso da tempo.

Oscar ci rimane male, ma con il suo solito spirito pratico propone: “Allora prendiamo un altro Happy Meal, ci sono le carte Pokémon dentro!”. E così, per risollevare il morale, ci ritroviamo a mangiare di nuovo al Mc. Quanti ne abbiamo mangiati? Meglio non saperlo! Ogni volta che apriva la scatola e trovava una nuova carta, il suo sorriso valeva tutto.

Ci spostiamo verso Camden Town, un luogo pieno di colori e personalità. Qui l’atmosfera cambia completamente: negozietti alternativi, musica ovunque e una miriade di oggetti curiosi. Direi che qui qualche piccolo affare lo abbiamo fatto. 

Harrods per l’ultimo giorno a Londra

L’ultimo giorno decidiamo di fare un salto da Harrods, prima che arrivi il nostro taxi per l’aeroporto. Oscar mi rassicura: “In 25 minuti ce la facciamo!”. In quei tre giorni avevamo camminato una media di 16 chilometri al giorno, quindi ormai gli ultimi passi non potevano spaventarci. Harrods, con la sua eleganza e i suoi oggetti lussuosi, ci lascia a bocca aperta, anche se le tanto cercate carte Pokémon non ci sono nemmeno lì.

E così si chiude un altro viaggio, mamma e figlio, un’esperienza che porteremo nel cuore per sempre. Londra ci ha accolti con la sua magia, ma il vero regalo è stato condividere ogni momento insieme: dal sogno realizzato di vedere il musical Ritorno al Futuro, alle passeggiate senza meta per scoprire angoli nascosti della città. Ancora una volta, non è stato solo un viaggio, ma un capitolo della nostra storia, fatto di complicità, risate, libertà e qualche sana litigata. 

Pronti alla prossima avventura, al nostro prossimo sogno,  con lo stesso entusiasmo.

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