La capitale più accogliente d’Europa è il luogo perfetto per un viaggio all’insegna della tranquillità

Scritto da: Stefano Aiello
la capitale più accogliente d'europa è il luogo perfetto per un viaggio all'insegna della tranquillità
Partenza il: 06/04/2012
Ritorno il: 09/04/2012
Viaggiatori: 2

Non avrei mai pensato che prima o poi viaggiare avrebbe significato per uno come me, così attaccato alla propria routine in maniera quasi morbosa, un’esperienza indimenticabile. Ho sempre guardato con un po’ di scetticismo chi parla di viaggi e vive per esplorare posti nuovi. E invece sono qui, a raccontare la mia storia, con dentro il corpo una voglia di abbandonare la mia postazione e raggiungere nuovi territori, tutti da scoprire. Davanti a un piatto messicano, il giorno di San Valentino, il mio fidanzato Andrea mi regala una busta. Dentro ci sono poche indicazioni: da quel che leggo intuisco soltanto che ad aprile, dal 6 al 9, faremo qualcosa insieme. E non a Torino, dove vivo. Quando il giorno della partenza si avvicina, lui mi dice che devo semplicemente prendere il treno e scendere a Savona, vicino a dove lui lavora. Al resto – alla sorpresa – avrebbe pensato lui. E così salgo su quel treno, con il cuore che galoppa. Sono emozionato. Scendo dal treno, raggiungo l’uscita della stazione e poi lo vedo. È lì, con la portiera dell’auto aperta ed il suo sorriso che a distanza di mesi ancora mi conquista, proprio come la prima volta. Non rivela nulla durante un tragitto in macchina che si rivela durare fino in Costa Azzurra. Fa solo domande, contraddittorie e inizialmente prive di senso.

“Sicuro che preferisci il mare alla montagna?”, “È un problema per te se raggiungiamo una località fredda?”. Qualche ora dopo mi rivelerà che lo ha fatto per confondermi, perché fino all’ultimo non indovinassi la destinazione di quel viaggio a sorpresa. I miei occhi leggono che siamo nell’aeroporto e lì, dentro quell’auto nel quale io me ne sto scomposto ed ansioso, mi rivela la destinazione, posando sulle mie mani un biglietto aereo. Ora capisco perché settimane prima mi aveva chiesto la carta d’identità. E ora so anche dove andremo: Londra!

Diario di viaggio

1° giorno: 6 aprile

Viaggiamo con Easyjet. Il nostro volo dura un’ora e mezza. È la prima volta che salgo su un aereo, e vedere tutta Nizza brillare, coi suoi lampioni accesi e le strade illuminate, fa un certo effetto. Il volo si rivela breve e piacevole, le hostess sorridono per tutto il tempo. Quando atterriamo all’aeroporto Gatwick di Londra respiro un’aria diversa, alla quale subito mi affeziono. Mi sento stranamente a casa, in un luogo che nemmeno ho visitato. Questo è l’effetto che mi farà Londra per tutta la nostra permanenza. Dobbiamo raggiungere London Victoria, perché da quelle parti si trova l’hotel nel quale alloggeremo. E tutto ciò rende entusiasti me ed Andrea, perché basta prendere il Gatwick Express, il treno che collega l’aeroporto alla stazione Victoria: questo significa che a breve ci riposeremo su un letto. Potremmo anche prendere l’autobus, che costa meno rispetto al treno – circa la metà, 6,20 sterline – ma il treno impiega meno tempo, e a noi interessa soltanto arrivare in albergo il prima possibile. In mezz’ora di viaggio raggiungiamo Victoria Station. L’atmosfera che aleggia a Londra di sera è magica ed incantevole, sembra una coperta che copre i ritmi frenetici delle persone e le automobili che sfrecciano sulla strada. Sono stanco ma felice, e se penso che fino a poche ore prima mi trovavo in Italia mi sento colto da un’emozione senza nome, forte ed intensa. Lo Shaftesbury Premier Notting Hill Hyde Park si presenta come un edificio importante, che si confonde nella quiete della sera e nel bianco di tutti i palazzi che lo incorniciano. Siamo a Princes Square, una tranquillissima piazza di Bayswater. È una zona perfetta, perché siamo a dieci minuti da Notting Hill Gate e Hyde Park. Quando entriamo nell’albergo, la hall ci accoglie con un luccichio senza paragoni: su quel pavimento ci si può specchiare. Un gentilissimo signore ci accoglie calorosamente, mentre alla nostra destra un grande televisore trasmette un talk show inglese. L’ambiente trasuda lusso, ma non vi è traccia di presunzione. Non appena la nostra camera ci viene assegnata, io ed Andrea raggiungiamo una stanza piccola ma accogliente, dotata di aria condizionata, un televisore al plasma ed un bagno pulito ed immacolato. Sembra il Paradiso. Ci laviamo di dosso la spossatezza del viaggio, tenendoci però stretti l’emozione e l’entusiasmo di essere a Londra. Mi addormento su un letto grande e comodissimo, cullato dalle braccia di Andrea. Stanche, innamorate.

2° giorno – 7 aprile

Il nostro risveglio a Londra è dolcissimo. Optiamo per una colazione in camera, per oziare ancora un po’. Prepariamo un tè ed un caffelatte con il bollitore che troviamo a lato del letto, sgranocchiando dei biscotti al cioccolato. Poi decidiamo il nostro piccolo itinerario, ed in pochissimo tempo scendiamo in strada, coi capelli ancora addormentati ed i nostri cappotti che ci riparano dal freddo mattutino. Raggiungiamo Notting Hill, coi suoi ristoranti e bistrò. La zona si presenta pullulante di vitalità e sorrisi. Io e la mia fame perennemente insoddisfatta proponiamo di fermarci a fare una sorta di seconda colazione, ed entriamo da Paul Rhodes, al numero 26 di Notting Hill Gate. È una deliziosa panetteria che fa anche da bar, nella quale si trovano pane e brioches, torte dolci e salate e biscotti. Ordino un cappuccino ed una fetta di torta al cioccolato fondente, Andrea invece una spremuta d’arancia ed una torta salata. Il posto è molto frequentato da turisti e gente del posto, tutti pronti a concedersi un caffè in un posto che dà ad una delle strade più romantiche di Londra.

Con la pancia finalmente piena ci concediamo un giretto a Notting Hill, senza fare alcun tipo di acquisto: ci basta assaporare quell’aria colma di aspettativa, che sa di latte caldo e pane appena sfornato. “Adesso ti porto in un bel posto. Andiamo”, mi dice Andrea ad un certo punto. Prendiamo la metropolitana, linea gialla. Andrea non apre bocca sulla destinazione. È tutto una sorpresa, con lui. E le sorprese che si succedono sono sempre più belle, perché se prima ci aspettava un quartiere romantico ed ospitale, adesso è la volta di una distesa infinita di verde, un posto così grande da togliere il fiato e l’orientamento. Mi sento piacevolmente spaesato. Siamo a St. James’s Park. Non credevo che una volta scesi all’omonima fermata della metropolitana mi sarei trovato davanti agli occhi un polmone verde. Attorno a noi scorrazzano degli scoiattoli, animali che finora ho visto soltanto nei cartoni animati. Scattiamo diverse foto a questi simpatici animali che sembra ci vogliano dare il benvenuto nella loro area. Sembra di essere in un luogo fuori dal tempo. Dove sono le strade e gli edifici? E le macchine? Gli autobus? A quanto pare in questo posto il verde si prende la sua rivincita. Qui si respira aria pura. Prima di proseguire, per completare il nostro itinerario prima che giunga l’ora di pranzare, decidiamo di immortalare quel posto incantato. Scattiamo foto agli alberi, agli scoiattoli che continuano imperterriti a ruotarci attorno, inseguendosi tra loro e infine a noi due. Le foto che cerchiamo di scattarci da soli vengono sfocate o semplicemente inguardabili, ma corre in nostro soccorso una gentile e bionda ragazza, che si dimostra disponibile ad aiutarci. Come a dire: non siete soli, ci penso io a scattarvi le foto. È una cosa che a Torino capita di rado.

Ora ci dirigiamo a Buckingham Palace, il palazzo reale. Questo perché sono le undici in punto, e riusciamo a fare in tempo per vedere il Cambio della Guardia, appuntamento tipicamente turistico. Non è nulla di entusiasmante, esattamente come la residenza reale, del quale si è sentito parlare sempre bene. Forse la troppa aspettativa coltivata per anni nei suoi confronti l’ha trasformato in un palazzo piuttosto grande ed austero ma poco affascinante. Al termine dei cinque minuti di tragitto – sebbene la durata ufficiale del Cambio della Guardia sia di circa quaranta minuti – la folla si dirada e Londra riprende a vibrare. Poco dopo Buckingham Palace si trova il Big Ben, il simbolo di Londra, nonché la torre dell’orologio del Palazzo di Westminster. È come trovarsi davanti ad una cartolina: vedere l’imponente struttura stagliarsi davanti agli occhi non offusca lo splendore di cui è impregnata, e fortunatamente non si rivela una delusione a differenza di Buckingham Palace. Un viavai di turisti rende quasi insopportabile la visita. Occorrerebbe un religioso silenzio, per ammirare quello che sembra diventare il centro dell’Universo. Andrea mi spiega che l’orologio è precisissimo, costruito in modo tale che le lancette non vengano alterate da nessun agente atmosferico. Scatto molte fotografie: so che un giorno mi appiglierò a quelle, per sopperire alla mancanza di quel ricordo. Alle mie spalle c’è il London Eye, altro simbolo di Londra. Il cielo è nuvoloso e sembra quasi debba piovere tra un momento all’altro. Forse è per questo motivo che mi sento leggermente inquieto. Oppure tutto è effettivamente così bello da commuovermi. Non saliamo su quella ruota panoramica gigantesca: la fila lunghissima che si è creata ci scoraggia. In compenso ci fa venire fame, così andiamo alla ricerca di un posto in cui mangiare qualcosa.

Per questo ci rechiamo a Piccadilly Circus, raggiungibile con la metro ma anche a piedi. La piazza ci accoglie con un turbinio di cappotti e borsette di plastica. C’è odore di fast food e di shopping. Alcuni ragazzi stanno seduti sui gradini della piazza, altri ancora folleggiano per le strade, divertiti e padroni di tutto. La cosa che forse più mi colpisce non è tanto il caos, al quale sono più o meno abituato, ma i display luminosi che presuntuosi e sfavillanti dominano la piazza. Si trovano su un grande edificio, e a ritmo intermittente colpiscono i miei occhi, che a fatica riescono a concentrarsi sui negozi circostanti e sugli autobus, i famosi pullman a due piani rosso fuoco, che come lucciole ci ronzano attorno. Finiamo a Rupert Street. Su internet troviamo questo posto consigliato dalla maggior parte dei recensori. Ed’s, il “migliore hamburger di Londra”! Non ne ho assaggiati altri ma incomincio a condividere appieno quelle parole. L’ambiente è semplice, tipico dei fast food, con tanto di jukebox in un angolo. Tutto questo ci trascina immediatamente negli anni ’50. Ci sono dei tavoli in stile Mc Donald’s sui quali sedersi, anche se la cosa affascinante è che molta gente preferisce stare seduta nel bancone, con i classici sgabelli alti, molto “Happy Days”. Là si ha la possibilità di vedere direttamente i cuochi preparare gli hamburger, garanzia di un cibo fresco e preparato sul momento. Spendiamo in tutto 50 sterline circa, e la qualità del cibo si rivela ottima. Forse non è nulla di che, in fondo è un semplice hamburger, ma è tutto squisito, dalla carne alla salsa, dalle patatine fritte all’intensa atmosfera retrò. Usciamo da quel posto soddisfatti e sazi.

Da Piccadilly Circus passiamo ad Oxford Street, la famosissima strada dello shopping. I negozi ai due lati della strada spaziano dall’elettronica all’abbigliamento. Ci fermiamo da HMV, famosissimo music megastore. È al numero 150 ed è a tre piani: c’è davvero l’imbarazzo della scelta, tra cd e dvd, gadget e videogiochi. Là trovo ad un prezzo stracciato ben quattro cd ed un dvd che in Italia sono appena usciti, a costi elevati. Molto probabilmente, se non fosse stato per questo negozio, non li avrei mai comprati. Mi ritengo molto soddisfatto anche perché ho scoperto nuovi gruppi musicali che prima non conoscevo. Nemmeno la Fnac è così grande e fornita. La nostra visita ad Oxford Street procede. Entriamo in un Apple Store approfittando del collegamento Internet gratis, e là informo i miei amici che sono a Londra e che vorrei tanto rimanerci. Poi entriamo da H&M e passiamo in rassegna quasi ogni negozio di abbigliamento. Sono molto entusiasta, Londra mi affascina minuto dopo minuto. Il suo freddo mi inebria e il frastuono mi tiene vivo. Finiamo col girare per tutto il pomeriggio in Oxford Street mano per mano, e la cosa stupefacente è che negli occhi di chi ci guarda non c’è né vergogna né disgusto: siamo due maschi che si tengono per mano mentre la gente assiste al loro amore. E forse la cosa più bella di questo pomeriggio è proprio questo: accogliere a braccia aperte il sorriso di chi ci accoglie a braccia aperte.

La cena la consumiamo da Inn Noodles, al numero 25, sempre Oxford Street. I noodles sono squisiti, preparati sul momento e non costano nemmeno molto. Andrea, che ha vissuto a Londra anni fa, mi dice che è normale che io sia così sereno e ancora emozionato, perché – continua, citando il poeta Samuel Johnson – chi è stanco di Londra è stanco della vita. A distanza di anni riesce ancora a guardare con occhi nuovi questa città, che per mesi gli è appartenuta. Non rinunciamo al nostro divertimento del sabato sera nemmeno lontani da casa, e così insieme decidiamo di andare a ballare. Torniamo in albergo per lavarci e cambiarci, usando questa volta la metropolitana. Una volta scesi a Notting Hill Gate arriviamo in un baleno a Bayswater e ritorniamo alla nostra camera d’albergo fresca e confortevole. Dopo la doccia usciamo subito, i capelli ancora bagnati. Andiamo al G-a-y, una discoteca gay in cui spesso e volentieri vengono ospitati vip come Mika, Lily Allen, Hilary Duff e Marina & The Diamonds. Scendiamo a Tottenham Court Road e ci dirigiamo verso il locale. Prima di entrare ci mettiamo in coda: due omoni controllano le nostre carte d’identità, perché il locale è vietato ai minorenni. Una volta entrati posiamo i giubbotti al guardaroba e facciamo un giro per il locale. Grande, a due piani e dalla musica altissima, il G-a-y mi conquista sin da subito.

Passano in rassegna molti miei brani preferiti ed i cocktail sono a basso costo, di qualità normale a quelli italiani. Insomma, abbiamo fatto un ottimo affare. La serata procede a ritmo di Spice Girls, Britney Spears, Beyoncé tutte le altre star del pop internazionale. Ad un certo punto, nel mezzo di un piccolo spazio rettangolare, due rubinetti giganti incominciano a rovesciare della schiuma. Il divertimento aumenta, perché all’improvviso molti ragazzi incominciano a correre fino a raggiungere lo spazio ormai colmo di schiuma e bolle di sapone, per ballare buttandosi a terra e sporcarsi di sapone. Torniamo a casa in autobus, preso ad una fermata poco distante dal locale. Piove, i miei occhiali si riempiono di goccioline d’acqua, e fino al ritorno in hotel osservo Londra sotto la pioggia tingersi d’argento.

3° giorno – 8 aprile

Non vai mai a Londra se non visiti il British Museum. Dopo la seconda colazione fatta in albergo ci vestiamo di una felpa calda e comoda e partiamo per il British Museum. Scendiamo a Tottenham Court Road, che nemmeno dodici ore fa ci ha visti stanchi e ancora intontiti dalla musica ad alto volume del G-a-y. Superato il colonnato del magnifico porto che si para davanti a noi, saliamo una scalinata e finalmente ammiriamo il British Museum da vicino: un edificio neoclassico, un timpano ornato da sculture allegoriche. L’ingresso è totalmente gratuito – sebbene sia possibile lasciare una piccola offerta simbolica – e così entriamo tranquillamente, senza fare alcun tipo di fila. Il museo è immenso e lo è altrettanto il Great Court, una piazza coperta da una cupola di vetro nella quale molte persone sono intente a leggere, comperare souvenir o sorseggiare un caffè, con aria intellettuale ed interessata. Ovviamente non ci soffermiamo su ogni sala, ma io e Andrea facciamo un rapido tour dell’intero museo, dedicando più tempo a ciò che troviamo più interessante. È il caso della Stele di Rosetta, che si trova nella sezione dedicata all’Antico Egitto, grande lastra di basalto sulla quale sono incise scritte in antico egizio, aramaico e greco. A colpirci ulteriormente è il corpo perfettamente conservato di un uomo egizio che non venne sottoposto ad alcun processo di mummificazione. Il corpo è antichissimo: si è conservato casualmente grazie al contatto diretto con la sabbia calda del deserto. Rifletto attentamente su quello che i miei occhi vedono, e penso che sia incredibile rendersi conto che anche se la nostra vita muore, il corpo può rimanere integro per anni e anni.

La mia passione per l’Oriente viene soddisfatta nella stanza dedicata al Giappone, che è poco frequentata. Il silenzio copre come un leggero velo tutti gli oggetti che vengono esposti, da quelli dell’epoca feudale a quelli più moderni. Un altro oggetto esposto è un orologio medievale, che insieme ad una casa del tè e alle uniformi da samurai, si rivela quanto di più interessante i miei occhi abbiano visto sul suolo inglese. Una volta usciti dal British Museum andiamo a pranzare qualcosa. Scegliamo di mangiare il fish and chips, pietra miliare della cultura del cibo in Inghilterra. Ce n’è uno nei paraggi.

La prima parte del pomeriggio viene dedicato a Soho, nel West End di Londra. Si presenta come un quartiere decisamente atipico, ben lontano dall’elegante Bloomsbury. Negozi etnici, bar a non finire e ristoranti. Non presenta grandi attrazioni, escluso forse il tempio degli Hare Krishna. È una zona piuttosto bizzarra e divertente, perché ospita diversi negozi di sextoys e sexy clubs. È inoltre un quartiere prevalentemente gay-friendly. Scattiamo diverse foto, forse le meno significative ma le più divertenti di questo nostro soggiorno. Dopo un breve giro tra negozi bizzarri e caffè informali partiamo per Covent Garden, non molto lontano da Soho, dal momento che ci troviamo sempre nel West End. Visitiamo il famoso mercato coperto, accompagnati da artisti di strada e giocolieri. Convent Garden è sorprendente: questo mercato coperto – molto grande – è circondato da caffè, ristoranti e teatri famosi. Mentre siamo di ritorno all’albergo Andrea riceve un messaggio: è un suo amico di Londra, che ha accolto con entusiasmo la notizia che siamo a Londra. Si chiama Billy, e propone di cenare insieme quella sera stessa, anche perché è la nostra ultima giornata a Londra.

Accettiamo, io incuriosito di conoscere il famoso Billy del quale Andrea mi ha tanto parlato, lui di rivedere un suo caro amico che non incontra da tempo. L’appuntamento è alle nove in una pizzeria praticamente nel bel mezzo di Notting Hill, quindi ne approfittiamo del tempo che ci rimane per farci un sonnellino in hotel, dopo una doccia calda e rilassante. Billy si rivela una persona squisita. Parla un inglese semplice e chiaro, forse perché vede la mia fronte aggrottarsi di fronte a quello spigliato dei camerieri della pizzeria. Mi racconta un po’ della sua vita, dei suoi studi. Cerco di levarmi di dosso l’imbarazzo per il mio inglese scolastico, e a mia volta gli parlo di me e delle mie impressioni su Londra, città della quale ho sempre e solo sentito parlare bene. Gli racconto del mio fiato mozzato davanti al Big Ben, dello shopping ad Oxford Street e della mia voglia di visitare nuove zone di Londra, meno famose e meno turistiche. Andrea è piacevolmente sorpreso dell’energia delle mie parole, e lo sono io stesso, che credevo avrei saputo soltanto pronunciare il mio nome e la mia età in inglese. I due incominciano a parlare. Anche loro si raccontano, recuperano a parole il tempo perduto. Quel momento è perfetto. Mi sento come in una famiglia, coccolato dai sorrisi dei due ragazzi e da una pizza ai wurstel, mais e ketchup. Vorrei rimanere lì. La serata volge al termine. Billy ci saluta: deve tornare a casa, ha molto da studiare ed è stanco. Noi ci avviamo verso l’hotel, mano per mano, con in bocca ancora il sapore di una pizza così ricca e gustosa che nessuno dei due ha mai mangiato. Durante il tragitto a piedi ci guardiamo attorno. Vediamo Londra silenziosa ed immersa nel buio. I lampioni che lanciano fiochi bagliori. Qualche abitazione ancora illuminata. Mi assale una malinconia inesprimibile, forse tipica di chi viaggia e deve poi tornare a casa. La notte mi faccio abbracciare forte da Andrea e mi faccio promettere che ci ritorneremo presto. Lui annuisce nel buio, ed io capisco che ci sarà una seconda volta.

3° giorno: 9 aprile

Alzarsi è dura. Ci aspetta un viaggio ed il ritorno alla nostra quotidianità. Gli impegni di lavoro e di studio sembrano aleggiare sopra le nostre teste come spade di Damocle. Ultimiamo le valigie che abbiamo cominciato a preparare la sera prima e dopo un’ultima doccia scendiamo a fare colazione. Essa è ricca e avariata e noi mangiamo di tutto, come a voler trattenere il più roba possibile di quel posto dentro di noi: spremute d’arancia, latte, caffè, yogurt, biscotti, prosciutto, pane. Dopo aver pagato l’albergo usciamo in una Londra nuvolosa ma pur sempre affascinante e con gli occhi accarezziamo la città che per tre giorni ci ha fatto sognare. Arriviamo in aeroporto con il pullman, che ci permette di dare un’ultima e breve occhiata alla città che insieme a noi due, ancora intorpiditi dal sonno, si sveglia. Ciao Londra.

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