La terra dei Kmer
Siamo partiti da Palermo il 25 agosto dello scorso anno, con una coppia di amici, la prima tappa del nostro viaggio è stata Bangkok, io e mio marito avevamo già visitato parecchi anni prima la Tailandia, ma non ci è dispiaciuto accogliere la richiesta dei nostri amici di fermarci due giorni nella capitale, sia per riprenderci dal cambio di fuso orario, sia perché loro non sono mai stati a Bankok, mentre per noi è stato un buon motivo di confronto tra la realtà che avevamo visto tanti anni prima rispetto a quella odierna e meravigliarci di trovare una città completamente cambiata e modernizzata alla stregua delle maggiori capitali europee.
Il nostro viaggio verso la Cambogia inizia la Domenica: ci imbarchiamo con un aereo della compagnia tailandese diretto a Phon Penh, la capitale, il volo dura circa un’ora e mezza e già dall’aereo ci rendiamo conto che atterreremo in uno Stato che ci riporterà indietro nel tempo di almeno vent’anni, vediamo immense distese di terra ed acqua e lo stato di degrado della rete stradale. L’aereoporto è piccolissimo e dopo aver pagato il visto d’ingresso circa 20 dollari e fatto il cambio valuta facciamo conoscenza con l’autista che abbiamo contattato dall’Italia e che come convenuto si occuperà di portarci all’albergo già prenotato. L’albergo è in una zona centrale ed è di ottimo standard considerando la povertà del paese (New York Hotel). Il personale dell’albergo molto gentile e disponibile ci fornisce le cartine della città e ci chiama un taxi per effettuare un primo giro.
Il taxi è il mezzo più comodo per girare nel traffico infernale della città, dove sfrecciano motorini, mototaxi, biciclette, ciclò e tuc tuc e poi il prezzo è veramente conveniente 20 dollari per tutta la giornata, aria condizionata compresa, necessaria per riprendere fiato dopo ogni escursione nel caldo tropicale. Il nostro giro inizia dal mercato “Market Central” un edificio in stile francese con delle gallerie disposte a raggiera rispetto al centro, si vende di tutto dagli abbigliamenti, ai generi alimentari, all’oggettistica, inoltre molte donne cuciono a macchina su delle vecchie Singer, vestiti, tende, cuscini, in pratica la gente compra nello stesso mercato il tessuto e si fa confezionare il prodotto.
All’esterno del mercato ci sono molte botteghe che vendono prodotti tipici es. I ragni neri, scarafaggi e vermi.
Proseguiamo andando al museo nazionale dove incontriamo un ragazzo italiano che è tornato in Cambogia per la seconda volta, con lui parliamo un po’ della situazione locale e della povertà a dire il vero molto dignitosa della gente, che come avremo modo di constatare in seguito è sempre molto gentile e cordiale. Dopo il museo andiamo al Palazzo Reale che è in stile Kmer, visitiamo la sala del trono e all’uscita ci dirigiamo verso la Pagoda d’argento famosa per il suo pavimento composto da 500 piastrelle in argento del peso di un chilogrammo l’una, lungo le pareti sono esposti gli oggetti del tesoro reale e al centro si trova il Budda di smeraldo, di fronte c’è il Budda d’oro a grandezza naturale ricoperto da 9584 diamanti.
Lungo le mura che circondano la pagoda sono raffigurate le storie di Ramayana e mentre le ammiriamo ci capita di fare amicizia con dei monaci buddisti abbastanza giovani, in effetti sono loro che cercano un contatto benché conoscono solo pochissime parole in inglese (anche noi del resto siamo abbastanza asciutti) ma è tale la loro curiosità verso di noi che a gesti e a sorrisi ci intratteniamo un bel po’. Lasciato il Palazzo Reale facciamo un giro per la città che ha dei bei viali abbastanza larghi e molti edifici in stile francese, osserviamo il monumento all’indipendenza e arriviamo alla base della collina di Phon. Proseguiamo lungo il fiume dove incontriamo una moltitudine di persone (è domenica) davvero impressionante, famiglie intere che durante il giorno di riposo affittano delle grandissime stuoie sulle quali bivaccano tutta la giornata mangiano ciò che portano da casa o acquistano ciò che degli ambulanti muniti di barbequ arrostiscono in loco. La sera ceniamo in un ristorante cinese vicino l’albergo.
Lunedì : Il nostro autista Mr. Vuong si presenta puntualissimo e la nostra prima tappa è la pagoda Wat Phom che si trova su una collina, fu fondata dalla Signora Phen per ospitare i quattro Budda trovati nel Mekong, tra il santuario Vihara e lo Stupa c’è la statua della Signora Phen, sorridente e pienotta ai cui piedi ci sono tantissime offerte da parte dei fedeli, perfino un maialino arrosto. La seconda tappa della giornata è il mercato russo dove si trova di tutto, anche antiquariato. Proseguiamo verso il lago “Boeung Kak lake” attraversando un dedalo di stradine strettissime , ci fermiamo in una di queste e la percorriamo a piedi facendo una bellissima esperienza tra gli abitanti del luogo. Infatti lungo il lago le case sono su palafitte e camminando lungo delle tavole di legno abbastanza instabili abbiamo sbirciato dentro queste abitazioni che avevano tutte le porte aperte e la gente è stata sempre sorridente e cordiale. Lungo la strada ci fermiamo in una scuola elementare e ci intratteniamo con i bambini (sono bellissimi) che in quel momento dovevano essere in pausa, regaliamo loro penne, colori , quaderni e tutto ciò che ci siamo portati dall’Italia in grande abbondanza. Decidiamo di andare al Seo Tuol Slang, che è il museo delle vittime del regime di Pol Pot, però lungo la strada incontriamo una specie di ristorante dove mangiano i locali (quindi non per turisti) e gustiamo i germogli di soia cotti alla piastra, le pannocchie e le banane arrostite. Il Seo Tuol Slang in origine era un liceo e successivamente fu trasformato in luogo di prigionia e tortura dai Kmer rossi. Furono uccise circa 17 mila persone (infatti per le strade della Cambogia noterete che non ci sono molte persone anziane, bensi gente piuttosto giovane). Questo luogo ci ha turbati parecchio, tuttavia è stata una visita dovuta, e che ci ha fatto molto riflettere…All’uscita del museo veniamo investiti da un vento intenso che spazza via tutto e da una pioggia fortissima.
Avevo adocchiato di fronte l’ingresso del museo un posto dove si praticano i massaggi , per cui approfittando di un riparo dalla pioggia ci siamo avventurati lungo una ripida scalina dove delle ragazze molto cortesi ci hanno fatto accomodare e per una cifra ridicola ci hanno praticato un rilassante massaggio.
La sera siamo andati a cenare in un locale lungo il fronteriver ed è stata una rivelazione perché oltre a mangiare molto bene, la cena è stata allietata da danze tipiche eseguite da bambini tutti vestiti coi costumi tradizionali. Il locale è gestito da alcuni ragazzi cambogiani che col ricavato si occupano dei bambini orfani, facendoli studiare e imparare la loro danza e soprattutto l’inglese. Martedì: Il nostro fido autista ci accompagna da un suo conoscente che ha la barca e facciamo una escursione sul Mekong, dal battello si può osservare comodamente la citta’ notando il contrasto tra i nuovi edifici e quelli in stile Kmer, e potendo anche vedere il luogo destinato ai vietnamiti. Sono delle sensazioni che le parole non possono descrivere, bisogna proprio viverle.
Facciamo un giro per la città e arriviamo al ponte Chruoy Changvar lungo 700 metri e distrutto nel 1975 quando cadde Phon Penh per poi essere ricostruito dai giapponesi. Nel pomeriggio andiamo a trovare i bambini orfani conosciuti la sera prima al ristorante, l’accoglienza di questi bambini ci ha veramente commosso, figuratevi che appena ci hanno visti si sono precipitati in strada ci hanno presi per mano con una contentezza indescrivibile e ci hanno fatto salire nella loro casa, composta da due stanzette dove la sera i maschietti dormono sul pavimento mentre le bambine su una specie di soppalco. Abbiamo portato loro diversi giochi e abbigliamento che ci eravamo portati dietro dall’Italia e non potete immaginare la loro gioia e la tenerezza con cui stringevano quelle cose.
La sera andiamo a cena di nuovo al loro locale, però le danze non sono tutte le sere, e ci deliziamo col cibo che è veramente squisito.
Mercoledì : Sveglia alle 5 per andare in aeroporto a prendere il volo delle 7 per Siem Reap. Il volo è tranquillo e dura circa mezzora, a Siem Reap ci viene a prendere il nostro corrispondente Mr. Paul che ci accompagna all’albergo L’Angkor Reach Hotel lungo Airport Road, l’albergo è carino e le stanze sono ben arredate e soprattutto è tutto per noi. Stranezza di Siem Reap è che ci sono tantissimi alberghi e gesthouse ma non ci sono tanti turisti-. Concordiamo con Mr. Paul in 100 dollari il noleggio del fuoristrada con autista per 5 giorni, e restiamo d’accordo che il pomeriggio avremmo fatto l’escursione al villaggio galleggiante Chong Kneas. Lungo i canali ci sono abitazioni su palafitte prevalentemente abitate da vietnamiti, il mercato si svolge la mattina per cui essendo pomeriggio non troviamo esposizione di mercanzie, dalla nostra imbarcazione possiamo notare che molta gente vive praticamente in barca, la scuola è un edificio di legno completamente sull’acqua ed anche gli uffici governativi sono su dei battelli, dalle loro case la gente ci sorride e ci saluta, lungo il percorso incontriamo canoe cariche di frutta, verdura e attaccate alle case ci sono anche animali domestici dentro delle gabbie anch’esse sull’acqua. Giunti al lago, il marinaio spegne il motore della barca e veniamo sommersi da un silenzio irreale, una sensazione meravigliosa e al tempo stesso da brivido (non siamo abituati a sentire solo assoluto silenzio), mentre rientriamo veniamo circondati da una marea di bambini chi a nuoto chi a bordo di canoe chi dentro delle bacinelle di plastica che festanti ci chiedono qualcosa, al che essendo sempre ben fornita distribuisco dei saponi che riscuotono tantissimo successo. Ci fermiano anche in un bar galleggiante dove in un recinto vengono anche allevati i coccodrilli.
Scesi dalla barca facciamo una passeggiata nella strada principale e la sera andiamo a cenare in uno dei locali di questa strada , dove facendoci consigliare da una signora del tavolo vicino assaggiamo del pesce servito dentro la noce di cocco verde davvero squisito, per la cronaca il prezzo della cena è stato di 3 dollari a persona compreso un boccale di birra.
Giovedì : Oggi cominciamo la visita dei templi di Angkor, il pass d’ingresso costa 20 dollari e vale tre giorni, in effetti è una cifra abbastanza modesta rispetto a quello che visiteremo. (ricordatevi di portare delle foto con voi, servono per il pass).
Angkor comprende circa 100 templi costruiti tra il IX ed il XIII secolo, progettati sulla base di concetti politico-religiosi di origine indiana modificati per essere adattati alle condizioni locali.
Le successive città furono disposte intorno al monte Meru, dimora degli dei . Noi iniziamo a visitare il piccolo circuito lungo 17 kilometri, per non incontrare confusione cominciamo il giro alle nove, partendo al contrario degli altri turisti dal tempio di Angkor Wat. (Importante per visitare i templi è bene farsi accompagnare in macchina come abbiamo fatto noi perché le distanze sono enormi, non vi consiglio di avventurarvi né a piedi né in bicicletta, la temperatura è molto elevata e non vi posso dire che benessere sia avere l’auto con l’aria condizionata).
Dicevo quindi che Angkor Wat è un tempio che vi lascerà senza fiato come è successo a noi, con le sue torri altissime, bassorilievi stupendi è uno dei più bei monumenti che mente umana abbia potuto concepire, fu costruito da Suryavarman II in onore del dio Vihnu nel 1112 e dopo la sua morte fu usato come suo tempio funerario, è circondato da un enorme fossato circoscritto da un muro rettangolare; attraverso un ponte e varcata la porta principale sul lato ovest ci si trova all’interno del recinto, dove un viale lungo 475 metri fiancheggiato da balaustra con motivi di Naga (il serpente protettore di Budda) porta attraverso due eleganti gallerie e due piscine, all’ingresso principale del tempio centrale.
Il tempio centrale è su tre piani, ognuno dei quali comprende una piazza circondata da gallerie collegate tra di loro, gli angoli del secondo e terzo piano sono segnati da torri sormontate da cupole. La torre centrale che si erge per 31 metri sopra il terzo livello dona all’intero complesso una straordinaria leggerezza di proporzioni.
Le scale che collegano il secondo e terzo piano sono molto ripide, e gli ultimi gradini sono particolarmente consunti, per cui arrivati in cima ci siamo posti il problema della discesa comunque non ci scoraggiamo ed alla fine scorgiamo una scala con un passamano di ferro grazie alla quale procedendo al contrario riusciamo a scendere quelle scale micidiali. Per riprenderci al caldo beviamo il succo di noce di cocco, che è particolarmente dissetante.
A mezzogiorno sotto un sole implacabile cominciamo la visita del secondo Tempio il Bayon.
Il Bayon fu costruito da Jayavarman II al centro esatto della città di Angkor Thom.
Il Bayon, che è fatto di arenaria, era stato progettato come una struttura a due livelli dedicata al dio Shiva.
Terminata la costruzione fu deciso di farlo diventare un tempio buddista Mahayana, per questo fu aggiunto un terzo livello.
Lungo le mura del primo livello vi sono dei pannelli che rappresentano scene di battaglia e di vita quotidiana dei Khemer.
Il terzo livello che raggiungiamo con le ennesime scale ripide, è il più affascinante, e di una bellezza misteriosa e sconvolgente, sembra infatti di ritrovarsi tra le quinte di un film di Indiana Jones. Dalle sue 49 torri emergono 172 gigantesche facce di Avalokitesvara dal gelido ed enigmatico sorriso, in qualunque tratto del percorso si è osservati da 12 di queste facce: un’aria di inquietante mistero aleggia sull’intero tempio, abbiamo la fortuna di potere gustare questa atmosfera visitando il tempio nella più completa solitudine.
Il caldo si fa comunque sentire anche a causa dell’umidità sempre elevata, continuando il giro ed usciti dal Bayon ci ritroviamo lungo la strada piena di negozietti e ristorantini e proseguendo arriviamo al Baphuon, che è una rappresentazione a forma di piramide del monte Meru, fu edificato da Udayadityarvam II (che regno dal 1050 al 1066), è alto 43 metri ed è il terzo tempio in ordine di grandezza di Anghor.
Attraverso una porticina lungo il recinto arriviamo al Phimeamakas che significa palazzo celestiale, fu costruito da Rajendravarman che regnò dal 944 al 968, il tempio è anche esso una rappresentazione del monte Meru, adesso è in restauro.
Diamo uno sguardo al Preah Valilay che è un tempio piuttosto malridotto ed al Tep Pranam che è una terrazza buddista a forma cruciforme.
Sbuchiamo finalmente alla Terrazza del Re Lebbroso che è una piattaforma sulla quale c’è una statua che per la gente del luogo è la figura di Yasovarman, fondatore di Anghor, secondo la leggenda morto di lebbra. I muri anteriori e laterali sono decorati con cinque o sei ordini di sculture raffiguranti apsara, deliziose danzatrici, figure di re accompagnati dalla corte e da principesse.
Subito dopo c’è la Terrazza degli Elefanti, lunga circa 50 metri usata come gigantesca tribuna per le riviste militari durante le cerimonie, e per le grandi udienze del re; la sezione centrale è decorata con Garuda, alle estremità ci sono le parate degli elefanti.
Dall’altra parte della strada si vedono le Prasat Suor Prat che si presuppone siano delle torri d’onore lungo la piazza centrale.
Stanchissimi e fiaccati dal caldo, raggiungiamo Mr. Paul, e godendo dell’aria condizionata dell’auto ritorniamo nella piazza principale dove riprendiamo fiato all’ombra della tettoia di un ristorantino, mangiando una squisita ananas fresca.
Qui facciamo conoscenza con una simpatica bambina di nome Lily. Dopo la sosta riprendiamo il giro col tempio Ta Keo, che fu costruito da Jayavarman V che regnò dal 968 al 1001, dedicato al culto di Shiva.
La torre centrale è alta circa 50 metri ed è circondata da quattro torri più piccole.
Facciamo un breve giro, le scale di accesso al terzo livello sono molto ripide per cui ci fermiamo al secondo livello.
Continuiamo il giro ed arriviamo al Ta Prohm costruito come tempio buddista da Jayavarman VII nel XII secolo ed è uno dei più vasti edifici Khmer.
Anche qui ci sono moltissimi ragazzini e venditori di souvenir che però non insistono più di tanto quando non si compra nulla.
Quando visitiamo il tempio è pomeriggio inoltrato e non ci sono molti turisti per fortuna, per cui possiamo godere l’atmosfera magica di questo luogo.
Questo tempio è stato lasciato nelle stesse identiche condizioni in cui fu ritrovato degli esploratori due secoli fa, gli altri tempi sono stati liberati dalla vegetazione, mentre questo è stato lasciato al suo destino, infatti i monumenti e le pietre sono sommersi ed avvolti dai rampicanti e dalle radici degli alberi.
Camminando lungo le gallerie ed i sentieri, anche qui sembra di essere in un film di Indiana Jones, nel silenzio della giungla si sentono soltanto i cinguettii degli uccelli e le grida delle scimmie, un custode ci fa notare la particolare acustica degli edifici, battendo con una mano il petto all’interno di una piccola struttura, si sente un eco incredibile. Ci fermiamo in una radura circondati, da questo intrico di alberi e pietre, per apprezzare questa atmosfera, fuori dal tempo.
Usciti dal tempio Mr. Paul ci accompagna al Banteay Kdei altro imponente tempio buddista del dodicesimo secolo, circondato da quattro muri concentrici.
Ogni ingresso è decorato con Garuda ed è sormontato con il volto di Avalokitesvara.
Visitiamo il tempio, che è in discreto stato di manutenzione, e facciamo amicizia con diversi bambini che come sempre ci vogliono vendere braccialetti e sciarpe, non avendo più alcun regalino da dare, promettiamo di tornare nei prossimi giorni.
Ultimo monumento che visitiamo oggi è il Prasat Kravan.
Le cinque torri di mattoni furono costruite nel 921 per il culto indù, sono molto interessanti i bassorilievi scolpiti nei muri interni che rappresentano Vishnu e il nano Vanana.
Rientriamo in albergo per rinfrescarci dopodiché andiamo a cena nel nostro solito locale nel centro di Siam Reap, e questa volta mangiamo i nodles , gli involtini primavera ed un piatto a base di gamberi davvero squisito, sempre a prezzi davvero ridicoli.
Venerdì: – Siem Reap.
Oggi vedremo i templi disposti lungo il grande circuito che misura 26 chilometri.
Il primo tempio che visitiamo è il Preah Khan (Spada Sacra) fu costruito da Jayavarman VII, è circondato da quattro mura concentriche, le porte sono decorate con scene delle trasformazioni in burro dell’oceano di latte. Vicino all’ingresso orientale c’è un edificio con colonne rotonde, anche qui la vegetazione è rigogliosa e il tempio è invaso da rampicanti ed alberi, quello che ci colpisce il gran numero di persone addette alla pulizia e al decespugliamento dei monumenti che viene effettuato a mano.
Il secondo tempio che visitiamo è il Preah Neak Pean che significa Naga intrecciato, è formato da una piscina quadrata centrale con quattro piccole piscine disposte attorno. Nella piscina centrale c’è una isola circolare circondata da due Naga le cui code si intrecciano. L’acqua in origine fluiva dalla piscina centrale nelle vasche periferiche, attraverso dei becchi a forma di elefante, di cavallo, di leone e di testa umana.
Poi andiamo a visitare il Ta Som tempio buddista ormai in rovina.
E poiché il caldo si fa sentire, ci fermiamo in un ristorantino antistante il Mebon Orientale, dove prendiamo un ananas fresca e facciamo amicizia con dei bambini una in particolare si chiama Sofia è ha impressa sulla fronte la macchia che caratterizza i cambogiani, ci scrive il suo indirizzo per spedirle la fotografia che le abbiamo fatto. I bambini per ora sono in vacanza, e quindi aiutano i genitori vendendo ricordini ai turisti, la scuola riprenderà la settimana prossima.
In Cambogia la scuola è obbligatoria per cinque anni, durante i quali imparano a scrivere e leggere in sanscritto.
Le scuole superiori ed universitarie sono tutte a pagamento, per cui possono essere frequentate solo da chi ha un reddito elevato, mentre la maggior parte dei ragazzi deve accontentarsi del primo ciclo scolastico di cinque anni.
Il Mebon Orientale fu eretto da Rajendravarman (944-968), è il solito tempio montagna sormontato dalle torri a quinconce, ai cui angoli sono disposti degli elefanti in pietra.
L’altro tempio che visitiamo successivamente è il Pre Rup, il cui nome significa trasformazione del corpo, fa riferimento al tradizionale metodo di cremazione in cui la sagoma del cadavere viene tracciata nelle ceneri prima in una direzione e poi nell’altra; fu costruito da Rajendravarman, è anche esso un tempio montagna a forma di piramide con i cinque santuari disposti a quinconce, è in buono stato di manutenzione ed è molto bello nella sue semplici linee.
Abbiamo ancora il tempo per ripassare dal Ta Prohm che rivisitiamo nuovamente.
E’ quasi l’ora del tramonto, le comitive dei turisti sono quasi tutte andate via, per cui si può gustare il fascino che emana questo luogo, l’atmosfera è sempre suggestiva, attraversiamo lentamente le gallerie e le antiche sale, i cortili e porticati quasi completamente ostruiti dei blocchi di pietra, sostiamo in alcuni cortili per assaporare al meglio il silenzio rotto dalle urla delle scimmie e dal cinguettio degli uccelli.
Stanchi ma entusiasti della giornata rientriamo in albergo, andiamo a cena nel nostro localino nel centro di Siam Reap, questa sera assaggiamo nuovamente il piatto a base di pesce e verdure condito con succo di cocco e presentato dentro la noce di cocco, davvero buono, paghiamo circa tre dollari a testa, la signora che funge da caposala proveniene da Phnom Penh dove ha i figli, è molto simpatica e gentile e tanto lei che il fratello che fa il cameriere, ci chiedono di imparare qualche parola di italiano.
Mentre mangiamo si scatena la classica pioggia monsonica, in un attimo le strade si allagano, cercando di coprirci al meglio riusciamo a salire in macchina e a farci accompagnare in albergo.
Sabato: – Siam Reap Questa mattina si parte per la visita del Gruppo Roluos, che è a circa 13 Km da Siem Reap sulla Strada Nazionale 6.
Roluos fu la capitale del regno di Indravarman I (887-889), i monumenti di Roluos sono fra i più antichi grandi tempi costruiti dai khmer, sorgono in mezzo alle risaie e segnano l’inizio dell’arte classica khmer.
Il primo tempio che visitiamo è il Bakong costruito da Indravarman I e dedicato a Shiva, anch’esso è una rappresentazione del monte Meru.
Ci appare immerso nella nebbia del mattino, il complesso è costituito da una piramide centrale a cinque ripiani di arenaria con la base fiancheggiata da otto torri di mattoni e da altri santuari minori, ed è circondato da tre muri e da un fossato.
Dall’alto si gode una splendita veduta della foresta che circonda i templi.
A nord est c’è un moderno monastero buddista, già di prima mattina vediamo i monaci ed i ragazzi affaccendarsi nei lavori e nei preparativi per il pranzo.
Passiamo a visitare il Preah Ko (buoi sacri), anch’esso fu eretto da Indravarman I, le sei torri in mattoni, i prasat, sono allineate su due file e rivolte ad est; le torri anteriori sono dedicate agli antenati o dei, le posteriori alle antenate o dee, sono per ora in corso di restauro.
L’ultimo tempio che visitiamo è il Lolei.
Le quattro torri di mattoni sono una copia di quelle del Preah Ko, ma sono in pessimo stato di conservazione.
Terminata la visita rientriamo a Siem Rep lungo la strada asfaltata, in effetti le strade nei dintorni della città sono in buono stato e si vedono cantieri per lavori di manutenzione nelle strade del piccolo e grande circuito.
Per un break ci fermiamo in un ristorantino vicino al Bayon, di fronte abbiamo lo splendido scorcio della terrazza degli elefanti, immersi in questo contesto così suggestivo facciamo uno spuntino a base di frutta tropicale fresca e dolcissima, fraternizziamo con la signora che gestisce il locale assieme alla sorella, questa signora è divorziata e ci racconta delle difficoltà della vita quotidiana in Cambogia, questi localini che non sono altro che tettoie di legno con una cucina e numerosi tavolini li affittano per pochi dollari al mese, e queste donne vivono preparando piatti tipici della cucina cambogiana come i famosi noddles o le zuppe con gemogli di soia.
Lei gestisce con grande professionalità il locale, giochiamo con la sua piccola e deliziosa bimba “Lily “ che si diverte a fare le smorfie.
Grazie Mr Paul , che non ci fa alcuna premura, decidiamo di rivedere alcuni templi del piccolo circuito.
Ripassiamo dal Prasat Kravan, dal Sras Srang dal Ta Keo, dall’Angkor Wat Nel pomeriggio ripercorrendo la strada per Siem Reap visitiamo l’ultimo tempio il Phnom Bakheng, che è anche chiamato Indradri (montagna di Indra).
Questo fu il il tempio-montagna di Yasodharapura, la prima città di Angkor,costruita da Yasovaraman alla fine dell’ottavo secolo d.C.
Questa collina è alta appena 65 metri, per salire c’è un sentiero che si può anche fare a dorso degli elefanti, una volta era una scalinata mentre adesso è una scarpata scoscesa.
La salita è ripida ma per fortuna il sole è velato dalle nuvole, per cui con qualche sosta arriviamo sudati sino in cima.
La fatica è ricompensata dal panorama spettacolare che si gode; dalla pianura sottostante ricoperta dalla giungla emergono le torri dell’ Angkor Wat, dell’Angkor Thom.
Saliamo le scalinate di quest’ultimo tempio malgrado i gradini siamo ripidi, ma ormai ci siamo abituati.
Scattate le foto di rito, con nostalgia diamo un’ultima occhiata alla pianura di Angkor e riscendiamo, giù ai piedi della collina c’è una orchestrina di mutilati che suona una musica struggente e triste che sembra evocare il passato recente di questa Cambogia.
Prima di rientrare in albergo andiamo in un convento buddista che sorge in città, qui la comunità di monaci assiste un gruppo di ragazzi, togliendoli dalla strada offrendo loro un alloggio e facendogli frequentare le scuole.
I ragazzi appena arriviamo ci vengono incontro e ci fanno da guida mostrandoci il loro mausoleo dell’olocausto, al centro del cortile c’è uno stupa con all’interno i teschi delle vittime recuperati nelle fosse comuni di Siem Reap, anche qui la follia dei Kmer rossi ha fatto centinaia di migliaia di vittime.
Firmiamo il libro dei visitatori,diamo loro le medicine che avevamo dietro, Mr Paul, gentile come sempre, traduce le indicazioni per l’uso; anche qui aleggia quella strana atmosfera che si respira in Cambogia, ricca di contrasti, i ragazzi che alloggiano in quelle casupole di legno hanno il telefonino, e pur non avendo certezze per il futuro non sembrano particolarmente preoccupati, il ritmo della vita cambogiana scorre tranquillo, non ha il ritmo frenetico che si vede negli altri paesi orientali, come nella vicina Thailandia. Tornati in albergo, ci cambiamo ed usciamo, fa sempre uno strano effetto avere un albergo tutto per noi.
Andiamo al ristorante dei nostri amici, c’è un di po’ malinconia per quest’ultima sera in Cambogia, la cena come sempre è ottima.
Domenica – Siem Reap.
Ultimo giorno a Siem Reap,cerchiamo di organizzare al meglio il pomeriggio tenuto conto che l’aereo per Bangkok parte alle 17,30; ma l’addetto alla reception è inflessibile, le stanze debbono essere lasciate libere per le 12,00; in Cambogia quasi tutti gli alberghi ed i ristoranti sono di proprietà di cinesi.
Andiamo al mercato centrale con Mr. Paul, dove regna una confusione incredibile, si vende di tutto pesce, frutta, verdure, le immancabili baugette, il pane è davvero buono, compriamo la frutta tropicale che porteremo in Italia, ananas, mango, banane, frutto della passione.
Dopo andiamo a visitare la casa delle farfalle, dove un sessantenne francese che ha fatto la sua scelta di vita abbandonando i ritmi frenetici della sua patria si è ritirato lì, dove insieme alla sua giovane compagna cambogiana gestisce questa casa che ha trasformato in una grande voliera, dove vivono centinaia di farfalle tropicale dai colori sgargianti.
In un angolo ha creato un piccolo bar dove mentre si sorseggia una bibita o si fa uno spuntino, lui fa gli onori della casa conversando amabilmente con i visitatori.
I nostri amici rientrano in albergo, noi restiamo ancora qualche ora in centro per visitare un’ultimo mercato e rifare un giretto per il piccolo centro commerciale, fare gli ultimi acquisti ed alla fine ritorniamo, col tuk tuk in albergo.
Mr Paul ci accompagna all’aeroporto.
Dal finestrino dell’aereo mentre di alziamo intravediamo per l’ultima volta il fiume, le risaie e la terra rossa di Siam Reap.
Ci attende un lungo volo, arriviamo a Bangkok intorno alle venti, ora locale, dobbiamo aspettare fino alle tre del mattino per prendere il volo per l’Italia con Air China.
Il volo è assai confortevole, il personale di questa compagnia è veramente molto gentile.
Arriviamo a Roma alle 13,00 ore locale, l’aereo per Palermo, ultimo volo di questo lungo ritorno è alle ore 16.
Alle 17 siamo di nuovo a casa, stanchi ma soddisfatti di questo incantevole viaggio. claudia