La settimana più “in” di New York

Questa è la guida alla settimana più ”in” di New York: quella in cui la parata di Halloween è il preludio alla Maratona. Un viaggio che ci guida nei segreti della città più bella del mondo
Scritto da: Stefy&Marco
la settimana più in di new york
Partenza il: 30/10/2011
Ritorno il: 06/11/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €

30 ottobre

Il caminetto non c’è ma va bene lo stesso. Sì, perché a New York si pernotta assolutamente in un alloggio e non in hotel. Il nostro appartamento in Upper East Side si trova sulla Lexinghton Avenue. Non è vicino ai quartieri migliori di Manhattan, ma è molto ben servito da autobus e metropolitana, e soprattutto, è decisamente delizioso. È un monolocale caldo e confortevole, restaurato da poco, all’interno di una casa vecchio stile. C’e un soppalco con un letto raggiungibile con delle scale pericolosissime (speriamo di non cadere), ma abbiamo scoperto che Tom della Margot Guest House è un dottore per cui non siamo preoccupati. Dopo circa un ora di spiegazione, da parte sua, su tutti i ristoranti della zona, mezzi pubblici e così via (lui non conosce i mesi di preparazione alla vacanza e forse ci scambia per una giovane coppia di sprovveduti) ci incamminiamo verso Midtwon. Prima di tutto, ci va un Caffè ad Harlem, in un locale suggerito da Tom (l’unica volta che seguiamo i suoi consigli) dove, davanti ad una bevanda calda (espresso è un concetto opinabile) si può navigare in internet e leggere un libro. E noi, non da meno, con il nostro iPad abbiamo consultato la cartina. Metro senza problemi… prima tappa, ovviamente, Victoria Secret’s. Usciamo abbastanza velocemente con un pacchettino rosa in mano e ci dirigiamo con il naso all’insù verso il Chrysler Building. Entriamo alla Grand Central Station ad osservare le costellazioni del soffitto della sua enorme hall (a NYC si è sempre con lo sguardo rivolto all’insù). Cerchiamo l’Oyster Bar, per un paio di ostriche (Marco ha fame anche se sono solo le cinque del pomeriggio), purtroppo pero la domenica è chiuso; ci rifaremo un altro giorno. Davanti al ristorante c’è uno spazio quadrato ai cui angoli ci si parla sussurrando come nei telefoni senza fili. Usciamo passando davanti ad un chiosco di Magnolia Bakery: dolcetti in stile Halloween, per tutti i gusti. Andiamo da Starbucks per scroccare la connessione gratis. Solo Marco prende da bere ed il ragazzo grida: “girl with the iPad, girl with he iPad…”. Ovviamente Stefania non lo sente nemmeno e va avanti a cercare sulle mappe il negozio della mela morsicata. Usciamo e ci incamminiamo verso la via più famosa al mondo, la fifth avenue: negozi, negozi, negozi. Stefania è già arrivata a quota dieci e continua a ripetere qui ci dobbiamo tornare, indicando a destra e a sinistra. Ci fermiamo davanti al Rockfeller, con la sua famosa pista di pattinaggio e gli alberelli illuminati a festa. Ci giriamo intorno ed arriviamo al Radio City Music Hall, tempio pagano dei grandi concerti. Da qui proseguiamo finché non arriviamo a destinazione. Il negozio della Apple è un grande cubo di vetro; scendiamo al piano di sotto, dove possiamo trovare qualsiasi prodotto tecnologico da provare. La coda è lunghissima, e rinunciamo all’acquisto. Nel frattempo è giunta l’ora di cena, guardiamo sulla mappa i ristoranti selezionati e ci incamminiamo verso la 3rd avenue. La nostra prima cena newyorkese è al Taste Restaurant. Il posto è carino, non c’è praticamente nessuno e ci servono in fretta. Proviamo ad ordinare e, con molta nostra soddisfazione, ci arrivano due piatti abbondanti, con costolette ricoperte di chicchi di melograno, purè di patate e delle palline, che non siamo riusciti ad identificare ma che, secondo Marco, sono cavoletti di Bruxelles… I mezzi di trasporto a New York non hanno più segreti per noi. Torniamo nell’appartamento con l’autobus. La nostra prima giornata a New York si è conclusa, good night.

31 ottobre 2011

8:30! Sveglia, doccia e siamo pronti per una nuova giornata a Manhattan. Nonostante i messaggi allarmanti dall’Italia, che danno neve e freddo, fuori c’è una splendida giornata di sole. Salutiamo Tom, che ci augura una good day e dispensa i suoi soliti suggerimenti. Prendiamo l’autobus e ci dirigiamo sulla Madison. Ci fermiamo da Quadronno, location molto carina dove facciamo una ricca colazione all’italiana. Riprendiamo la metropolitana e scendiamo ad Union Square. Giro della piazza e del parco. C’è un mercato di frutta e verdura dove Marco assaggia gli edemame (fagioli giapponesi) buonissimi.

Decidiamo di comprare un accessorio per l’iPad, un connettore che trasferisce le foto dalla macchina fotografica, strumento utilissimo e necessario per la perfetta riuscita della vacanza… forse… Dopo l’acquisto, ben 33$, andiamo verso la Theodore Roosvelt house e quindi al Flatiron, il palazzo a forma di ferro da stiro, uno dei simboli della città della mela. Cambio di programma: visto la splendida giornata di sole, decidiamo di salire sull’Empire State Building: poca coda, saliamo al 86 piano. Abbiamo preso il biglietto full, con mappa regalo e audio guida (35$, il tck costa 22$).

La nostra (audio)guida Antonella, ma si fa chiamare Tony, ci illustra la vita a Manhattan e attraverso i suoi racconti scopriamo aneddoti e curiosità: un appartamento al Dakota costa circa 10 mln di dollari, a NYC parcheggiare una macchina costa circa 50$, quindi meglio usare la metropolitana. A NYC ci sono più di cento tipi di cucine diverse, essendo una città cosmopolita. Dopo circa due ore di visita, affamati ci dirigiamo verso City Bakery. Famosa è la cioccolata con i mushrooms. Soddisfatti del pranzo raggiungiamo il Village dove finalmente compriamo le maschere per Haloween. Girovaghiamo un po’ nel quartiere, passando da Astor Place, e arriviamo fino al Thompson park. Passiamo davanti al palazzo di Cooper che ospita gallerie d’arte e torniamo verso Washington park. Si sono fatte quasi le sei, decidiamo di andare a vedere la parata di Halloween sulla 6th. Alle 18:30 prendiamo posto, siamo proprio in prima fila, non c’ è ancora tantissima gente. Alle 19:30 inizia la parata, maschere di ogni tipo sfilano davanti ai nostri occhi. Tra musica e balli si alternano scheletri, streghe, occhi enormi, Hulk, Batman con Catwoman, assassini armati di coltellone da cucina. Facciamo foto e filmati e, dopo circa un ora, decidiamo di andare a mangiare, anche perché il freddo delle serate novembrine non da tregua (a dire il vero i newyorkesi sono in t-shirt e maniche di camicia, noi con felpe e giacconi). Decidiamo per un sushi: il ristorante consigliato dalla sorella di Stefania, è il Tomoe Sushi e si trova in 172 Thompson St. Il locale è molto piccolo ma non c’è da aspettare, per fortuna, ed ordiniamo abbastanza velocemente. È carino ed il sushi ottimo. Essendo molto piccolo appena si finisce di mangiare ti invitano ad andartene, visto poi la coda che nel frattempo si è creata fuori. Paghiamo (80$) e ci incamminiamo verso la metropolitana, passeggiando tra streghe e zombie. Decidiamo di vedere l’Empire che, per l’occasione è illuminato di arancione, bianco e nero. Stanchi torniamo a casa. Un’ altra giornata a NYC è passata, Trick or treat?

1 novembre

“Don’t Honk! $350 Penalty” queste sì che sono multe. Provate a strombazzare ora se avete il coraggio! Questo cartello stradale è favoloso e ci introduce alla nostra terza giornata nella città più bella del mondo. È giunto il momento più “Beat” della nostra vacanza, a seguire le orme di quegli artisti che così tanto hanno influenzato l’arte americana e non solo. Ormai avrete capito: siamo a Greenwich Village.

La prima tappa è Minetta Street. Al “Cafe Wha?” delle targhe commemorative ricordano che in questo locale si esibirono Jimy Hendrix e Bob Dylan. Proseguiamo fino a W3rd St e raggiungiamo un altro storico locale della musica. Questa volta si tratta di musica Jazz ed il locale è il mitico “Blue Note” con il suo ingresso a forma di pianoforte. Proprio davanti si trova uno splendido negozio vintage pieno di locandine, vinile e cd. Marco si getta in quel tesoro impolverato e ne estrae il vinile di “The Freewheelin’Bob Dylan”, storico album di Bob Dylan il cui incipit è nientepopodimenoche “Blowin’ in the Wind”. Ricordate la famosa copertina? Il giovane Bob Dylan sottobraccio alla sua ragazza, Suze Rotolo, in mezzo ad una strada di New York. Quella foto fu scattata tra Bleckeer St e Jones St. Avete già indovinato dove ci stiamo dirigendo? Poco lontano, al numero 161 di West Fourth Street, si trova la casa che ospitò per la prima volta a New York proprio il menestrello.

All’angolo tra la Bedford e la Grove si trova invece il condominio che ospita i protagonisti del telefilm Friends. Ci perdiamo nel quartiere fino a giungere al Richard Meier’s Perry Street lofts, il palazzo di vetro che ospita grandi star tra cui Nicole Kidman. Ci fermiamo a comprare due dolci al Magnolia Bakery e a fare un veloce pranzo da Philip Marie al 569 Hudson St. Siamo di corsa perché ci aspetta l’evento Victoria Secret’s.

Una fila interminabile si trova davanti al negozio per farsi fotografare con i due angeli di Victoria Secret’s. Stefania acquista biancheria intima a volontà e questo dovrebbe assicurarci l’ingresso Vip. La commessa, il cassiere e le hostess ci invitano, malgrado gli acquisti, a metterci in coda. Stefania non riesce a darsi pace e continua a protestare anche in coda. Le capacità di sopportazione di Marco sono al limite e decide di provare a chiedere a qualcuno. Ma abbiamo già chiesto a tutti. Mancherebbe solo la guardia che si rivela essere un compatriota. Si tratta infatti di un italo americano di origini trapanesi che ci bacia ed abbraccia e poi chiama un suo collega che ci fa sorpassare tutta la coda. In realtà scopriamo dopo che lo scontrino Vip voleva dire mettersi in coda dove ogni tanto passa un addetto che chiede gli scontrini e fa passare avanti chi di dovere. Ma noi abbiamo preferito la soluzione all’italiana e possiamo vantarci su Facebook delle foto con le modelle di Victoria.

La serata termina con la cena al Lucky Strike in 59 Grand St (un buon suggerimento di Fabio Volo: il ristorante è ottimo ma affollatissimo… cosa mai ci avrà trovato di romantico… mai fidarsi di certi scrittori) ed il dopocena al Balthazar, elegante caffè alla francese.

Ah! L’Empire State Building questa sera è tutto arancione. Buona notte.

2 novembre

Anche oggi ci svegliamo con il sole. Come prima cosa, scarichiamo delle nuove App per l’iPad e Marco protesta perché non vuol pagarne una utilissima (usata una volta…) per elaborare le foto. Dopo una dolcissima colazione a base di cupcake di Magnolia Bakery e caffè, ci dirigiamo verso il palazzo dei Jefferson, sulla 3th tra la 85 e 84. Scattiamo una veloce e foto e camminiamo verso il palazzo di Arnold, sulla Park Avenue tra la 78 e l’80. Dopo questo tuffo nel mondo dei telefiilm degli anni ‘80 decidiamo di andare a Downtown. Prendiamola linea verde e scendiamo alla Grand Central Station, dove cambiamo per la linea 7 direzione Times Square. Qui la linea blu, C, fino ad High St. Eccoci arrivati a Brooklyn.

Percorriamo il ponte direzione Manhattan. Peccato per i lavori in corso che finiranno nel 2014. Lo skyline ci toglie il fiato. Arriviamo alla City Hall. Marco deve ritirare un libro che Raymond Benson (un suo amico e collega scrittore… leggermente più famoso di lui) gli ha lasciato autografato al Mysterious Bookshop, un delizioso negozio di libri gialli, pieno di memorabilia e edizioni rarissime.

Ci dirigiamo verso il WTC, dove procedono i lavori… Nel cuore sempre il ricordo dell’11 settembre. A Dowtown è d’obbligo un “pranzo d’affari” in un ristorante giapponese. Subito dopo c’è spazio per la commozione: Sant Paul Church è a due passi da Ground Zero. Quando le Torri gemelle crollarono, questa piccola chiesetta del 1766 rimase lì, intatta, avvolta tra la polvere. Oggi raccoglie le foto di chi non è mai più stato ritrovato e i distintivi delle forze dell’ordine che perirono sotto l’attacco terroristico. Abbiamo le lacrime agli occhi.

Poco distante si trova la Trinity Church, un’altra piccola chiesetta del 1697 con annesso cimitero in cui sono seppelliti tra gli altri William Bradford (il fondatore del New York Gazzette) ed il capitano James Lawrence. Ci muoviamo verso Wall Street, direzione Battery Park, che sono le nostre prossime tappe. Passiamo da Bowling Park, per la foto con il toro e la sfera, sempre in ricordo dell’11 settembre.

La biglietteria al Clinton Castle è chiusa. Siamo arrivati tardi ed il nostro progetto di visita alla Statua della Libertà (per altro chiusa parzialmente per restauro) ed Ellis Island è decisamente compromesso. Allora decidiamo di prendere il traghetto gratuito per Staten Island. Passiamo così per le foto di rito, davanti alla Statua della Libertà. In 25 minuti arriviamo , giusto in tempo per prende il traghetto che ci riporta indietro… Uno splendido tramonto accompagna il nostro viaggio.

Ci concediamo una pausa da Starbucks, e lo shopping da Tiffany nel negozio in Wall Street. È la serata giusta per cenare all’Oyster Bar già cercato il primo giorno alla Central Station. Ovviamente, il menù è a base di pesce e ostriche. Questo locale è molto antico e si mangia benissimo. Bisogna prenotare un tavolo, ma per godere appieno del suo spirito romantico è molto più divertente trovare un posto al bancone (e ringraziamo dei giapponesi che si sono spostati per assicurarci due posti vicini). Ian Fleming nel racconto “007 a New York” scriveva “E poi, perché non concedersi il miglior menù di New York: stufato di ostriche alla crema e birra Miller High Life all’Oyster Bar della Grand Central Station”.

Di che colore sarà stasera l’Empire State Building? È illuminato di bianco. Andiamo a dormire.

3 novembre

È giunta l’ora della passeggiata a Central Park. Ovviamente Marco non ha voluto comprare l’app a pagamento con la guida al parco e quindi ci perdiamo per un’ora, seguendo una specie di Gruppo Vacanze Pensionati Piemonte, versione Yankee. Però, alla fine, ci riprendiamo e riusciamo a vedere tutti gli highlights: la statua di Alice, The Mall, il Castello, le statue di Shakespeare, Strawbery Fields…

Usciamo dal parco per l’ora di pranzo e ci troviamo in Columbus Square dove pranziamo da Bouchon Bakery, un’elegante panetteria francese gestita da uno chef di prestigio in un centro commerciale.

Dopo pranzo visitiamo il Lincoln Center e poi ci dirigiamo verso Broadway. Quasi per caso ci imbattiamo allo Studio54 ad immaginare Andy Warhol seduto ad un tavolo attorniato, come un papa laico, dai suoi adepti nella discoteca più di moda negli anni Sessanta e Settanta. Ora è un piccolo e decadente teatro. Dopo aver trovato la tazza originale del David Letterman Show in uno squallido bar, andiamo finalmente a Time Square (sono quattro giorni che diciamo a Todd che saremmo andati nel posto più turistico di tutta NYC, senza esserci ancora passati). Luci, rumori, gente che ti da volantini, turisti giapponesi… scappiamo!

Cerchiamo un po’ di pace dentro la National Public Library, forse una delle più grandi biblioteche del mondo e poi ci riposiamo a veder la gente pattinare al Bryant Park ed ammirando l’American Radiator Standard Building, un palazzo che sembra un enorme termosifone. Sarà forse perché ospitava una fabbrica di termosifoni?

Una volta rigenerati, è giunto il momento di goderci uno dei più bei spettacoli: NYC illuminata la sera dalla cima del Rockfeller: Top of the Rock. Siamo stanchi ma il paesaggio è affascinante.

Non ci resta che farci la coda per mangiare il miglior hamburger di New York al Corner Bistrot.

4 novembre

Arriviamo davanti all’Apple Store verso le 10:00, giusto in tempo per vedere i commessi che applaudono i primi clienti ad entrare. Quindi percorriamo la Fifth Av e Stefania, con i suoi acquisti di qualche giorno prima, si sente molto Holly, la protagonista di “Colazione da Tiffany” di Truman Capote: “Secondo Rutsy, dovrei fumare marijuana, e l’ho fumata per un po’, ma mi fa soltanto ridacchiare. Mi sono accorta che per sentirmi meglio mi basta prendere un taxi e farmi portare da Tiffany. È una cosa che mi calma subito, quel silenzio e quell’aria superba: non ci può capitare niente di brutto là dentro, con quei cortesi signori vestiti così bene, con quel simpatico odore d’argento e di portafogli di coccodrillo”.

Visitiamo le chiese immerse nei grattacieli della Fifth Av: Saint Thomas e Trinity. Quindi, andiamo a trovare un amico di Marco che lavora all’Onu. Il Palazzo di Vetro è vuoto perché in restauro e tutti i dipendenti sono nei palazzi limitrofi. Ci fa visitare i suoi uffici dove i colleghi stanno pranzando e poi ci porta all’ultimo piano del suo palazzo dove si gode un panorama sull’Onu stesso e sull’isola di Roosvelt

Siamo affamatissimi ed entriamo nel primo bar decente: la Bottega del Vino. È molto più che decente: 130$ per due panini e due dessert (anzi tre, perché macedonia con gelato costa doppio).

È un venerdì pomeriggio e quindi ci gettiamo al MoMa per approfittare dell’ingresso gratuito. Non ci dilunghiamo su quello che è forse uno dei musei più belli del mondo. Basta dire: The Starry Night di Van Gogh, le Demoiselle d’Avignon di Picasso, le Unique forms of continuity of space di Boccioni, la persistenza della memoria di Dalì, Marylin Monroe di Warhol. Vi basta? Andateci e scoprirete molto di più.

Usciti dal MoMa, passiamo dal Club21, uno dei più vecchi ed aristocratici locali di New York dove Marco chiede un biglietto da visita.

Chiudiamo la giornata, cenando circondati dal kitsch di Warholiana memoria di Serendipity. Si mangia molto bene ma non si possono ordinare alcoolici.

5 novembre

Ci svegliamo presto per visitare la più grande cattedrale del mondo: St John Cathedral. Il barista della colazione in un bar vicino alla cattedrale ci aggiorna su tutti i monumenti da visitare nei dintorni. I newyorkesi sono fantastici e si fanno in quattro per aiutare i turisti e dare loro consigli.

Seguendo le sue indicazioni visitiamo così la tomba del presidente Grant, Riverside Church e la Columbia University, passeggiando sul Riverside Park.

Stefania deve fare shopping e quindi andiamo di corsa a Soho. Mentre si dedica agli acquisti, Marco va a fotografare Haughwout building (il primo palazzo con gli ascensori), New Museum Building e Little Singer.

È sabato e non ci sottraiamo al rito del Brunch espletato al Tartine di nuovo in zona Greenwich.

Quindi, dopo aver lasciato i pacchetti dello shopping nel nostro appartamento, ci rechiamo al Guggheneim museum, il cui ampio spazio centrale è riempito da una curiosa esposizione di tutte le opere di Cattelan. Dopo il MoMA, il Guggheneim rende meno, però le sale Kandinsky e le opere di Degas e Lichtenstein sono di valore assoluto.

È la nostra ultima sera a New York. Ci tiriamo a lucido e, seppur stanchissimi, ci rechiamo a Gansevoort St in pieno Meat, la nuova zona della movida newyorkese. Ceniamo alla Macelleria ed andiamo in discoteca al Sea. Giusto il tempo di fare qualche foto. Uno dei due sta per crollare ed è giunta l’ora di andare a dormire.

6 novembre

Il pomeriggio ci attende un aereo per Milano, ma dobbiamo ancora andare a Chelsea. Davanti all’hotel Chelsea, Marco si fa fotografare per sembrare Kerouac che scrive “Sulla strada” oppure Arthur Clarke che scrive “2001 Odissea nello spazio”. Lasciamoglielo credere, comunque l’albergo ospitò anche le ispirazioni di Leonard Cohen, Arthur Miller e Dylan Thomas.

Una delle novità di New York, assolutamente da visitare, è l’High Line Park, la vecchia ferrovia sopraelevata ora tramutata con un’ottima opera di rivalutazione in un parco citato in tutte le riviste di design. Ne percorriamo un tratto stupiti dall’estrema tranquillità che si gode quando sotto ci passano le trafficate vie di una ex periferia malfamata di Manhattan.

Pranziamo al Chelsea Market, prima di recuperare i nostri bagagli, salutare un ultima volta il nostro splendido monolocale a New York e tornare a casa.



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