La Namibia, viaggio alle remote origini della vita

Viaggio alle remote origini della vita, tra foreste pietrificate, animali e alberi unici, deserti e rocce sedimentarie, colori cangianti e oceano.
Scritto da: Maria Luigia
la namibia, viaggio alle remote origini della vita
Partenza il: 10/08/2018
Ritorno il: 27/08/2018
Viaggiatori: 12
Spesa: 4000 €
Il 10 agosto si parte finalmente per il nostro viaggio contenti e entusiasti. Viaggiamo con la Qatar Airways e sono subito colpita dal fatto che al centro della cabina dell’aereo vi è un cerchio evidenziato che segnala sempre dove è la mecca.

L11 agosto arriviamo a Windhoek, capitale della Namibia, ci aspetta Daniela che vive li per lunghi periodi dell’anno. Donna coraggiosa che ha lasciato il suo lavoro a Milano e ha scelto di vivere li con il suo compagno per organizzare e sostenere progetti umanitari con l’Associazione Mammadù Italia quali la costruzione di un asilo, di una scuola e una casa famiglia per donne e bambini. Ci ha raccontato delle difficoltà incontrate nel rapporto con la realtà, la fatica di scontrarsi con una mentalità fatalista dove le donne da molto giovani hanno già diversi figli magari con diversi padri e questo le condiziona pesantemente, la difficoltà di coinvolgere la chiesa locale nei loro progetti. Iniziamo la visita della città, dalla zona residenziale circondata da muro e filo spinato che era abitata fino alla fine del 1860 da abitanti di colore. Poi con l’arrivo dei tedeschi questi abitanti furono con forza costretti a spostarsi verso zone periferiche. La città ha edifici storici risalenti al dominio coloniale tedesco , chiese luterane e un museo della storia namibiana dove viene raccontata la storia del paese e della sua indipendenza. Continuando la visita, dopo il centro della città inizia Katutura, periferia della città che si estende per una fascia intermedia con case in murature, abitata da residenti che abitano li da più tempo , c’è un supermarket -Soweto market- una zona di movida e poi inizia la baraccopoli, case senza servizi con tetto in eternit, alto livello di aids. Andiamo a visitare una casa famiglia chiamata Orlindi fondata su iniziativa di una donna tedesca e sostenuta dall’Associazione Mammadù Italia che ospita bambini ed è gestita da una “mami” locale. Ci vengono incontro bambini che ci abbracciano, desiderosi di affetto e comunicazione. Con loro c’è una sola donna adulta. Molti di questi bambini sono figli di genitori morti di Aids.

Andiamo a Penduka ( che in lingua Oshiwampo significa Svegliatevi) dove pernottiamo e incontriamo Gianluca, eccellente guida. Anche qui una donna olandese ha fondato questo centro che oggi è gestito da donne namibiane dell’etnia Owampo , etnia prevalente in Namibia. Gestiscono due laboratori per la lavorazione della ceramica , batik, ricami, monili che vengono realizzati anche da altre donne che vivono in altri luoghi vicini. Andiamo a visitare questi laboratori . Tra le fondatrici ci sono anche donne disabili. Erano in 4 e oggi sono 32 con anche 3 uomini. Il clima è allegro e operoso e alla fine del pranzo le donne improvvisano uno spettacolo di danza e canti, tutte vestite in rosa. I piatti sono abbondanti, zuppe con ortaggi vari, soprattutto con zucca e pane morbido leggermente dolce fatto da loro. C’è un lago e intorno bungalows e casette in muratura inserite in un paesaggio suggestivo con tramonti mozzafiato.

Lasciamo Penduka ed incontriamo la nostra autista, la mitica Hannalie. Di origine olandese guida un track veramente originale ( sembra il truck di una spedizione Overland), che diverrà il nostro mezzo di trasporto per tutta la durata del viaggio. Hannalie ha scelto di fare l’autista di tours ed è simpatica, competente e ispira solidità. Ci racconterà durante il viaggio che oggi gestisce una piccola impresa, è proprietaria di 3 tracks assemblati dal padre provetto meccanico dal quale ha ereditato la passione e la competenza per i motori. Particolare che ce la rende ancora più cara è la sua disponibilità a prepararci un ottimo caffè con moka italiana durante il viaggio. L’abbiamo adorata.

Andiamo anche a vedere l’asilo Huppy du fondato dall’Associazione Mammadù, Italia costruito su un terreno dato in affitto dalla chiesa locale. Asilo ed anche refettorio, i bambini sono assistiti da due maestre e cantano e giocano con noi.

Il 13 agosto si parte per Solitaire alle porte del deserto del Namib. Ci inoltriamo attraverso un primo passo chiamato Kuphfarberg e siamo a 2000 mt. Paesaggio lunare, Remo il nostro esperto di scienze naturali dice che è lo stesso spettacolo della Dead Vally. Lungo il percorso ci fermiamo a vedere i nidi degli uccelli tessitori sociali e individuali : vere e proprie architetture, tondi e compatti come sfere per i tessitori individuali, grandi e affollati come mega condomini per i tessitori sociali. All’inizio il paesaggio è arido e poi si iniziano a vedere le montagne sempre più vicine, attraversiamo un altro passo chiamato Sprintshogtuepass, paesaggio molto bello, catene di montagne, orici, scoiattoli qualche babbuino. Arriviamo a Solitaire, sembra il set cinematografico di un film di Wenders, Paris- Texas, una pompa di benzina, un piccolo market, un tabacchino dove compro, su indicazione di Gianluca, la cartina della Namibia. Un bancone per bere e un bancone dove puoi acquistare libri sulla Namibia e animali da usare come soprammobile. Qui mangiamo la famosa apple pie, torta di mele in un locale gestito per anni da un signore di origine irlandese poi morto. L’insieme della struttura era stata gestita prima da namibiani e oggi da americani. Un centro di vita aggregativa.

Verso le 17 arriviamo alla farm Ababis guest Farm, a 10 km da Solitaire. La farm è gestita da donne tedesche. All’entrata un bel giardino con piante grasse e animali in legno, piccola piscina e ampie camere . Proprio un bel posto in mezzo al niente. Andiamo a vedere l’albero faretra, genere aloe che assorbe l’acqua e la conserva e così può vivere di nulla, nella savana semidesertica arida, i rami sono lisci come la cera e la chioma è una vera scultura. Un tramonto stupendo se pur un po’ velato dalle nuvole. Una immensa area con rocce lontane all’orizzonte.

Il 14 agosto si parte per il deserto del Namib. La mattina ci svegliamo all’alba perché bisogna far la fila per entrare nell’area dune, qui c’è la duna più alta la big daddy. Il percorso che porta al parco è bellissimo, si stagliano all’orizzonte rocce sedimentarie di colori vari, una leggere nebbia , irreale e reale, orici all’orizzonte e piccoli bushes disseminati. Un mondo di silenzi arcani e di spazi terminati dove la natura ha disegnato paesaggi unici: enormi dune lineari, mobili, color biscotto, alcune alte centinaia di metri; distese infinite dai toni malva e ocra; le dune sono composte da variopinte sabbie di quarzo e hanno sfumature che vanno dal color crema all’arancio, al rosso e al viola. Sono dune dinamiche che assumo forme diverse per effetto del vento.

Che fatica salire sulla duna ma anche entusiasmo. Io e Massimo arranchiamo, sento Massimo che dice: i miei 96 chili li sento tutti e io lo incoraggio ” Massimo andiamo, se ce la faccio io…” . Mentre salgo un catalano mi vuole spiegare perché ci siano delle striature nere sulla sabbia: io sono tramortita. Arrivati in cima, breve pausa e giù a scapicollo dalle dune. Mentre andiamo in bagno incontriamo anche una vipera, la mia amica Adriana si chiede se sia viva o morta sta vipera, ma alla fine informiamo tutti della presenza minacciosa e la mitica Hannalie con fare risoluto inforca una scopa e caccia via l’animale. Una vera donna di frontiera.

Poi il canyon e l’asilo little bags. Un gioiello nel niente frequentato da bambini bianchi e neri, destinato all’inizio ad ospitare i bimbi dei piloti bianchi delle mongolfiere della zona. Ci accoglie una signora portoghese che ci illustra gli ambienti, c’è un ambiente freschissimo, un sistema di irrigazione di orti veramente originale. All’inizio una vasca per i pesci che concimano l’acqua che scorre tra varie vasche e va a finire in una grande vasca dove con una pompa l’acqua ritorna indietro e viene riciclata.

Il 15 agosto, ritorniamo a Solitaire in mattinata presto, un clima ideale, la solita stazione di servizio dove noi facciamo il pieno. Macchine rotte qui e li lasciate nella sabbia, sembra un allestimento di arte contemporanea. Andiamo avanti verso il deserto del Namib , i primi 100 km di terra arida ma nel sottosuolo c’è acqua e qui vediamo delle pompe che la estraggono dal sottosuolo. Pranziamo sotto un albero, pranzo a sacco. Poi a vedere le piante della famiglia delle gimnosperme che nascono nel deserto. Lungo il percorso troviamo anche una miniera di uranio. Le rocce che si stagliano all’orizzonte sono di basalto e dolorite, informazioni date dal nostro compagno di viaggio Remo.

Proseguendo arriviamo in un paesaggio incredibile la valle della luna scavato dall’erosione provocata dal fiume Swakop nei millenni. Abbiamo visto anche i licheni (funghi + alghe ) che vivono in simbiosi , l’alga fa la fotosintesi clorofilliana e il fungo protegge l’alga da agenti patogeni esterni. Un giorno in macchina ma abbiamo visto paesaggi tra i più vari, da paesaggi molto desertici dove c’era solo qualche orice e struzzo, a paesaggi un po’ più verdeggianti e paesaggi lunari nella valle della luna. Poi la Welvitchia, pianta longeva considerata anche un fossile vivente dall’aspetto di una grande matassa di nastri verdi, un tronco alla base coperto da foglie larghe e lunghe, disseminata tra le sabbie roventi. All’orizzonte dune di granito e dolorite. Arriviamo in serata a Swapkumd, in periferia la zona industriale e poi villettine e case basse circondate da filo spinato. La sera a mangiare pesce da Kucki’s pub e pernottiamo da Tina’s B&B.

Il 16 agosto . Ci alziamo presto la mattina per andare a vedere il deserto giovane proprio intorno a Swakopmund e a vedere i little five animals: scorpioni, gechi orbettini , vipere , lucertole, dollar bush e altre piante grasse. Le dune sono formate da ematite, magnetite, granito e silicati. A mangiare andiamo al Village cafè, molto carino e colorato, consigliamo vivamente. Panini buoni e saporiti. Arredato con decorazioni aeree su fili sospesi composti da batik di varie dimensioni. Le ragazze che servono ai tavoli sono vestite con abiti e turbanti color ocra, una atmosfera cubana . La cittadina invece ha una atmosfera un po’ africana e un po’ europea, che ricorda vagamente un villaggio bavarese, tra il mare e il deserto. La maggior parte delle case è in legno colorato, con piccoli giardini di ibischi e palme nane. I muri circondano sempre le case con il filo spinato però.

Andiamo in pomeriggio nelle zone di prima periferia, a Mondesa, ci accompagna Semi. Nel primo tratto ci sono case in muratura e poi punti vendita di carne secca, qualche asilo, scuola , saloon, market, vivono di piccola economia. Alla fine dell’area hanno costruito nuove case che il governo vende ma a prezzi che gli abitanti del luogo non possono permettersi, ci vorrebbero salari fissi come garanzia per le banche ed invece il lavoro precario è la norma. Incontriamo una donna herero che ci racconta delle tradizioni del suo popolo: la cura dei vestiti che le donne confezionano da sè, i tre tipi di matrimonio e il ruolo centrale dello zio, il fratello della madre, consanguineo certo e quindi punto di riferimento e guida. L’eredità che si trasmette per linea femminile e gli uomini sono poligami. Le donne indossano abiti in stile vittoriano, retaggio dei colonialisti tedeschi ed un cappello a forma di mucca.

Continua la nostra visita a Mondesa e andiamo a casa della mamma di Semi che ci racconta la sua vita e quella del marito che ha lavorato prima come operaio, poi come minatore e contadino nel nord del paese. Andiamo a vedere anche un gruppo di giovani che cantano in un piccolo coro e un asilo gestito dalla signora Celeste, magrissima, che ci saluta con un inchino. Davanti all’asilo i giochi e i ragazzini che si divertono a fare lo scivolo, l’altalena, sembrano sereni , arrivano a ritirarli i loro fratellini e sorelline a una certa ora. Poi la sera andiamo a mangiare in un ristorante italiano il Cosmopolitan.

Il 17 agosto. E’ il giorno delle otarie, una marea in riva al mare con sciacalli che si aggirano, tra i quali anche uno azzoppato, le avrà prese anche lui. Poi proseguiamo per la Skeleton Cost, ci fermiamo lungo la riva, all’orizzonte un peschereccio arenato ricoperto di cormorani e il rumore del mare di sottofondo, che fascino in quel silenzio e in quello spazio immenso. In pomeriggio tardi arriviamo a SpitzKoppe, lungo la strada solo uccelli tessitori individuali, dice Massimo, il nostro tesoriere e english speaker ufficiale, più si va al nord e più i tessitori diventano individuali. Il paesaggio sembra australiano, rocce di granito incantevole, andiamo a vedere un arco scavato nella roccia bellissimo e da li il tramonto, rocce rosee, procavie in giro, alberi con i nidi degli uccelli tessitori individuali. Sistemazione da camping, fuoco acceso, proprio una bella atmosfera. Mangiamo tutti sotto un tendone con Hannalie e i suoi genitori, che sono venuti ad aiutarla per organizzare il campo tendato. L’esperienza è piacevolissima.

Il 18 agosto. Al mattino al risveglio il paesaggio ci colpisce per i suoi colori. Le rocce all’orizzonte color cangiante, l’alba , gli uccelli e un venticello leggero la mattina. Andiamo al villaggio per un incontro con una guida locale di origine mista Nama e Damara, ci fa vedere una asilo, un ostello per i bambini che vivono in zone lontane e vengono ospitati li, visitiamo un ambulatorio medico, all’interno poster che pubblicizzano campagne per l’uso dei vaccini e degli anticoncezionali. Anche in queste zone c’è un alto tasso di HIV -30%-. I bambini ci circondano, sono molto bisognosi di considerazione , ci danno la mano ci guardano con occhi curiosi e non ci lasciano per tutta la visita. Le maestre organizzano un coro. In pomeriggio con un caldo notevole andiamo a fare una escursione nel paradiso dei boscimani. Nel frattempo Hannalie e i suoi genitori stanno organizzando la cena nel campo tenda.

I boscimani discendono dai San provenienti dall’Africa centrale, erano dei cacciatori nomadi che si aggregavano in piccoli gruppi e comunicavano tra di loro anche attraverso i simboli dipinti nelle pitture rupestri. L’immagine del rinoceronte significava che lì c’era l’acqua per es. Vivevano lì perché c’erano delle pozze dove si raccoglieva l’acqua ed intorno le montagne Herongo, montagne alte ricche di minerali e di acqua. I boscimani uccidevano gli animali con frecce avvelenate dall’euphorbia, pianta molto presente sul territorio insieme ad alberi di visco. Poi gli animali venivano dissanguati in modo da evitare che il veleno si diffondesse nel corpo dell’animale e rendesse la carne immangiabile. Nel periodo dell’apartheid ci diceva Gianluca davano il permesso di cacciare i boscimani come bestie feroci, come in un crudele gioco Che barbarie!! Vedendo l’enorme bellezza dello Spitzkoppe in contrasto con la miseria del villaggio in cui vivono i damara ho pensato che spreco, se la gestione di questo parco si potesse trasformare in ricchezza per tutti…

Il 19 agosto siamo in strada per andare a vedere la white lady, pittura rupestre raffigurante una figura con lunghe gambe nude, lunghi capelli ricci, arco e frecce in pugno. Lungo la strada ogni tanto qualche villaggio nel niente e qualcuno lungo la strada che va da solo e non si sa dove. Ci fermiamo a UIS , solita stazione di servizio ricorda Solitaire. Lungo la strada miniere di argilla in disuso , case isolate con il solito tetto in eternit, una ragazzina che quando ci vede passare per strada agita un boccione vuoto per l’acqua. Che denuncia della povertà! Andiamo all’ingresso della riserva dove c’è la white lady , percorso di 2 ore tra montagne molto aspre, si vede il Brandberg, la montagna più alta della Namibia dai colori cangianti, la guida locale si chiama Set e ci fa vedere le orme degli animali, elefanti, ghepardi e leoni. Ci fa vedere delle piante sempre verdi ed alberi che nascono nelle rocce. Poi andiamo a vedere le pitture rupestri: la white lady così denominata da un esperto francese per i lunghi capelli e treccine sparse, ma alla fine si è scoperto che era uno sciamano con il corpo di animale e uomo , forse dopo aver preso qualche allucinogeno è andato in trans e si è raffigurato così. Poi altre figure rappresentate : zebre, orici e altri animali con i piedi umani. In serata ritorno al lodge.

Il 20 agosto si parte per Korixas. Il paesaggio è più verdeggiante e in mattinata nebbia all’orizzonte. Freschino però, paesaggi più verdi per molti km e poi si iniziano a stagliare le colline di granito e basalto. Ogni tanto qualche persona per strada, un ragazzo con cane, gli uccelli tessitori individuali che ci accompagnano lungo il percorso e le case con il tetto ricoperto di paglia.

Andiamo verso la foresta pietrificata, tronchi di 250 milioni di anni fa conservati grazie ai silicati che li hanno ricoperti e oggi sono pietrificati, si vedono poi le euphorbie e gli alberi di mopane.

Lungo la strada che percorriamo ci sono dei lavori in corso, sembra una realtà economica in movimento, almeno qualche investimento. Nel pomeriggio andiamo a vedere il museo vivente dei damara. La ragazza che ci accompagna nella visita ha una simpatia travolgente , ci fa vedere come vivevano anche fino a 50 anni fa. Come facevano il fuoco, come giocavano con uno strano gioco con delle palline, giocavano i capi villaggio che si potevano vendere anche tutto il villaggio. Quali medicine erboristiche prendevano , come lavoravano le pelli di capra con le quali facevano costumi e cuscini. C’è anche un laboratorio di donne che lavorano con uova di struzzo e producono la birra. Assistiamo a una danza tribale e alcune di noi vengono decorate con cuori di ocra rossa sulle guance. Poi andiamo a vedere altre pitture rupestri a Twyfeltein, disegni di giraffe, rinoceronti, pinguini, otarie, elefanti e struzzi e intorno alberi pietrificati nel tempo che testimoniano che qui c’era un bosco cancellato dalla forza del sole e delle sabbie.

Il 21 agosto. Partiamo da Korixas per il villaggio Himba. Strade asfaltate e tutto intorno molto ordinato. Ci fermiamo ad una pompa di benzina, mi colpisce vedere due macchine completamente diverse, due mondi a confronto, un grande suv e una macchina con a bordo capre insieme a varie persone di colore. Li incontriamo 2 donne appartenenti ad una sotto etnia degli herero vestite con vesti sgargianti e con i bambini portati dietro le spalle ed un giovane che ci dice che la Namibia è un paese peacefull dove puoi andare dove vuoi e questo ti dà un gran senso di libertà.

Arriviamo al villaggio Himba, la guida locale e le donne del villaggio ci salutano così: Moro(ciao), come stai (Perivi), Naua (bene), grazie (OKAEPA). Le donne sono ricoperte di ocra e grasso con cavigliere/braccialetti alle caviglie che indicano il numero dei figli e sono vestite con gonne di pelle di capra. Gli Himba sono un popolo seminomade, non vanno a scuola, solo una prima alfabetizzazione. Le capanne dove vivono sono fatte di fango e letame e sono disposte in circolo, sono di religione animista e adorano il fuoco sacro che viene messo di fronte alla capanna del capo villaggio. Gli uomini possono vestirsi come vogliono e sono poligami, nella popolazione c’è un alto tasso di HIV.

Proseguiamo in direzione parco Etosha, la strada è rettilinea e asfaltata, lungo la strada tanti termitai, la terra è color ocra, c’è l’acqua nel terreno che si ossida e dà questo colore.

Il 22 agosto siamo nel Parco Etosha. Vediamo gli elefanti, poi le giraffe, i rinoceronti, le gazzelle, persino i leoni. Ci appostiamo vicino alle pozze d’acqua con binocoli e macchine fotografiche in attesa di vedere questi splendidi animali ognuno con la sua caratteristica: i simpatici e scherzosi elefanti, le veloci gazzelle, i pigri e mimetici leoni e le eleganti giraffe. Il parco è sconfinato, e una luce intensa lo avvolge, tanti bushes e non ci sono confini all’orizzonte. In questo contesto così inusuale e nuovo ho lo stupore di una bambina.

Partiamo per andare a vedere i ghepardi presso la Cheetah Conservation Fund. Lungo la strada vediamo Outjo, piccola cittadina ordinata e circondata da palme , sempre filo spinato intorno alle mura che circondano le case, qualche venditore ambulante , taxi, markets, case colorate. Grande cartello pubblicitario “get into the spririt of things” Despar. Arriviamo a Otjiwarongo, stesso stile di Outjo, markets, saloni di esposizione di macchine, strade con nomi tedeschi. Arriviamo al Centro rifugio dei ghepardi, promosso e gestito da una veterinaria americana, li facciamo il giro con una Land Rover e vediamo i ghepardi accolti nella struttura perché feriti in vari incidenti, vediamo al distribuzione del cibo gestita da volontarie americane.

Iniziamo il ritorno alla capitale Widhoek, arriviamo in tardo pomeriggio in una ghesthouse che sembra una fortezza circondata da fili elettrici in un quartiere dove ci sono ospedali , una zona sanitaria. Andiamo a mangiare da Joe’s bearhouse, posto consigliato.

E per finire qualche annotazione sui nostri simpatici compagni di viaggio. Remo ha curato egregiamente la parte naturalistica scientifica del viaggio dispensando informazioni preziose. La parte fotografica è stata curata dai dinamici Pietro e Maurizio, intrepidi reporters. Con efficienza meneghina unita a gran simpatia Massimo si è offerto come tesoriere del gruppo. L’atletica famiglia Volpatto ci ha spronato a migliorare la nostra prestanza fisica. Anna con le sue originalità ci ha regalato momenti di ironia e l’accogliente e vivace Monica ha dispensato al gruppo preziosi consigli. Infine l’ottimo e dinamico Gianluca, la nostra guida, che ha armonizzato con professionalità, equilibrio e simpatia il gruppo, anche organizzando party serali a base di Amarula, liquore a base di frutta selvatica e al sapore di caramello.

Marilisa e Adriana.

Guarda la gallery
namibia-qzm4x

leone mimetizzato nel parco Etosha

namibia-52wzd

donna Herero con Marilisa e Adriana

namibia-umzzr

i nostri compagni di viaggio

namibia-uqcxq

giraffa che ci guarda

namibia-kh1yf

incontro con i bambini di un villaggio damara

namibia-c653b

sulle dune del deserto del Namib

namibia-81y7b

donna Himba con il suo bambino

namibia-bpw2k

La Namibia, viaggio alle remote origini della vita



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche

    Video Itinerari