Kenya on the road 2

Sono stata in Kenya, quest’estate, dal 28 luglio al 15 agosto. E’ stato un viaggio on the road, non organizzato da un’agenzia, ed è stato molto bello, faticoso, economico, fattibilissimo e lo consiglio vivamente. E’ bastato documentarsi bene (guida della Lonely Planet) e avere un appoggio in loco. E questo detto da una che non era mai...
Scritto da: Marion Invidia
kenya on the road 2
Partenza il: 28/07/2004
Ritorno il: 15/08/2004
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
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Sono stata in Kenya, quest’estate, dal 28 luglio al 15 agosto. E’ stato un viaggio on the road, non organizzato da un’agenzia, ed è stato molto bello, faticoso, economico, fattibilissimo e lo consiglio vivamente. E’ bastato documentarsi bene (guida della Lonely Planet) e avere un appoggio in loco. E questo detto da una che non era mai stata in un paese extraeuropeo finora!! (non avevo nemmeno il passaporto!). Sono andata in Kenya perché un amico è lì per lavoro e ha invitato amici e conoscenti ad andarlo a trovare. Lavora a Kiirua, vicino a Meru, zona sicuramente poco “turistica”. L’itinerario è nato leggendo le esperienze vissute dal mio amico: prima a Meru, in modo da avere un primo impatto con aiuto, quindi Rift Valley e poi un salto sulla costa a Lamu. Sono partita con tre amici, anche loro poco pratici di viaggi di questo genere. Problemi li abbiamo avuti fin dall’inizio ma, come dicono in Kenya, pole pole (con calma) e hacuna matata (non c’è problema) abbiamo sempre risolto tutto. Non tutto è andato secondo i piani. Il volo (compagnia aerea: East African) è partito con tre ore di ritardo e da diretto Milano-Nairobi è diventato Milano -Mombasa -Nairobi. Invece di arrivare a Nairobi alle 6:30 del mattino siamo atterrati alle 3.30 del pomeriggio. Il mio amico aveva lasciato Nairobi per Meru già da un ora perché sono necessarie più di quattro ore per fare il tragitto in macchina e dopo il tramonto, cioè dopo le 18:30, è preferibile non guidare. Per fortuna siamo riusciti a comunicare via SMS sia con l’Italia che con i cellulari kenioti. Potevamo dormire a Nairobi e raggiungere Meru il giorno dopo, perdendo un safari, oppure tentare di raggiungere Meru per conto nostro. Sul nostro volo c’era un gruppo di italiani diretti anch’essi a Meru presso una missione. Ci hanno offerto un passaggio sul loro matatu (definizione della guida: fenomeno dei mezzi di trasporto unici al mondo, minibus dotati di impianti stereo spaccatimpani, con un numero di passeggeri ben oltre il possibile e guidati da autisti pazzi che conoscono due sole velocità: fermo e a tavoletta). Così abbiamo lasciato Nairobi mentre i nostri bagagli sono stati caricati sul pick-up di Padre Francis, che abbiamo subito perso di vista. Le strade keniote sono piene di vita: sono costeggiate da sentieri in terra battuta (rossi e polverosi) percorsi ad ogni ora del giorno e della notte da uomini e donne quasi sempre a piedi, talvolta in bicicletta, o su carri trainati da asini. Questo anche di notte al buio pesto: le strade non sono illuminate, non ci sono altre fonti di inquinamento luminoso (quasi nessuno ha la corrente elettrica in casa) e il buio è BUIO!…(il cielo notturno è uno spettacolo indescrivibile!) Ogni tanto la strada è interrotta da un posto di blocco: due sbarre chiodate appoggiate sull’asfalto che restringono la carreggiata e costringono a rallentare. Poliziotti o soldati controllano che il matatu abbia tutte le carte in regola e poi si riparte.

Siamo arrivati a Meru verso le otto di sera, poco dopo è arrivato il mio amico che era stato contattato da padre Francis, e anche i nostri bagagli.

Secondo giorno: sveglia ore sette, colazione all’inglese (uova e bacon) e poi partenza per il parco Nazionale di Samburu, ancora su un matatu!!! (e pensare che prima della partenza avevamo deciso di evitare questo mezzo di trasporto). Sulla via per il parco attraversiamo Isiolo, altro tabù infranto: sul sito del Ministero degli Esteri era tra i posti da evitare, invece è un paese tranquillo con un mercato molto colorato e prevalenza di musulmani, si vedono donne col velo. Il parco è un’esperienza incredibile: ci sono tantissimi animali, vediamo giraffe, elefanti, zebre, gazzelle, orici, cobi, dik dik, babbuini…… Terzo e quarto giorno: parco Nazionale di Meru. La densità degli animali è inferiore rispetto al Samburu. Avvistiamo rinoceronti bianchi, bufali, ippopotami, uno sciacallo, uno struzzo, cercopitechi e, l’incontro più emozionante, mamma ghepardo con cinque cuccioli, saranno stati a non più di cinque metri dal nostro mezzo, avevamo tutti il cuore in gola! E’ stata l’emozione più forte di tutto il viaggio. Dormiamo in bandas infestate da pipistrelli e situate all’esterno del parco. C’è la luna piena e i rumori della notte fanno rizzare i capelli. Quinto giorno: trekking nella foresta vergine del massiccio del monte Kenya, avvistati i colobi e sentito lo stomaco di un elefante. Sesto giorno: salutiamo il mio amico e ci dirigiamo verso la Rift Valley. Abbiamo noleggiato un matatu; il nostro driver, il disponibilissimo Francis parla pochissimo inglese, e la comunicazione non è sempre lineare. Prima sosta a Nanyuki per prelevare. Veniamo subito circondati da venditori ambulanti di souvenir che ci offrono bracciali, collane e animali di legno. Lo sportello bancomat della Barklays Bank è fuori servizio, le altre banche accettano solo VISA. Io ho la Mastercard e non posso prelevare. Lo faccio presente ai venditori di souvenir che ci mollano un attimo. Mentre sono in negozio per comprare cartoline un ragazzo mi chiama: “madam vieni hanno aggiustato il bancomat, puoi prelevare,” è così, appena ho prelevato sono nuovamente circondata. Vendono le sculture di legno a 100 scellini, poco più di 1 euro. Ci rimettiamo in viaggio, sosta pranzo a Nyahururu. Entriamo in un locale dove prendiamo dei samoosa molto buoni, sono fagottini ripieni di carne e fritti. Consiglio: non chiedere mai di andare al bagno nello stesso luogo in cui si compra da mangiare, potresti non gustare più quello che mangi!!!! (da tener presente che spesso non hanno l’acqua corrente e i bagni sono un semplice buco nel pavimento). Arriviamo a Nakuru nel tardo pomeriggio. Dopo breve contrattazione sul prezzo di camera e cena decidiamo di pernottare all “Eldorado Lodge”, situato appena fuori dal parco. I ragazzi devono cambiare stanza perché nella loro non arriva l’acqua calda. (sono trasferiti in una stanza in cui il bagno si allaga, pazienza!). Consiglierei di alloggiare a Nakuru, il parco è vicino alla città e il tempo risparmiato non è poi tanto.

Settimo giorno: Lake Nakuru National Park, concentrazione di animali incredibile. Sembra quasi di essere allo zoosafari, sensazione resa anche dal fatto che il parco è stato recintato per proteggere i rinoceronti dal bracconaggio. Le acque del lago sono rosa di fenicotteri, davvero tantissimi e ci sono anche tantissimi pellicani. E poi mandrie di bufali, famiglia di rinoceronti, carovane di giraffe, babbuini che ci hanno assalito!!!! (ci hanno studiato durante la sosta pranzo e quando ci siamo alzati per raggiungere il matatu il maschio dominante si è lanciato su chi aveva il sacchetto coi rifiuti e glielo ha strappato di mano).

Ottavo giorno: nuovamente on the road, raggiungiamo Nairobi nel primo pomeriggio. Prenotiamo il biglietto per il pulman che ci porterà a Mombasa e poi andiamo in stazione per prenotare il viaggio di ritorno da Mombasa. Nel ristorante della stazione Lariam-cena a base di samoosa, acqua e toasted bread, che in realtà è pane e marmellata!. In serata torniamo alla sede della compagnia di pulman (Mombasa Raha) in attesa di partire. Conosciamo Edoardo, sacerdote keniota che ha studiato in Italia e per questo parla la nostra lingua. Il viaggio notturno ci farà attraversare i fatidici Tsavo Est e Tsavo ovest, i parchi più estesi e forse più visitati. Sosta notturna in “autogrill” dove si fermano i numerosi pulman che ogni notte percorrono questa strada. Mangiamo spiedini di carne e beviamo yogurt. Nono giorno: arrivati a Mombasa compriamo il biglietto per il pulman per Lamu (scegliamo la Zam Zam) e poi colazione con tè al latte (lo chiediamo nero, ma ce lo portano col latte) e una sorta di krapfen vuoto, fritto. (qui friggono tutto: la tipica colazione in albergo è a base di uova fritte, strapazzate o omelette, il contorno della carne è ugali o patatine fritte, il pesce è fritto!). Ci caricano i bagagli sul tetto del pulman e poi si parte! Si sente la vicinanza del mare, fa caldo e c’è molta umidità. Lungo la strada si vedono numerose capanne rettangolari, le pareti di legno e fango e il tetto di kuti. Controllo della polizia per verificare che avessimo tutti le cinture allacciate. Il sottofondo musicale è arabeggiante. Sulla costa la popolazione è in maggioranza musulmana, e ci sono molte donne vestite di nero e il volto coperto. Profumano di biscotto. Breve sosta pranzo a Malindi, senza scendere dal mezzo. Ad un certo punto nuova sosta per far salire due soldati, ci faranno compagnia nell’ultimo tratto del viaggio, su questa strada sono frequenti gli assalti dei banditi! Presso Witu, ormai quasi arrivati, ci fanno scendere dal pulman per perquisirci, cercano droga, per il cui possesso si rischia la detenzione. Le donne sono perquisite da una donna ovviamente! Lamu è un’isola, il pulman ci scarica sul molo e da qui la raggiungiamo a bordo di una barca. A Lamu siamo attesi da un folto gruppo di persone, mandate dall’albergo per prenderci. Sapevano solo il giorno del nostro arrivo, non l’ora, ma ci hanno aspettato. L’albergo è il “Bahari Hotel”, stile swahili, servizi igienici essenziali, paghiamo circa 10 euro per una doppia, colazione inclusa. Cena all’Hapa Hapa, sul lungomare: fish platter con pesce, monster crab, aragosta, gamberoni, accompagnato da riso e chapati, succhi di frutta preparati al momento. Pagato circa 10 euro a testa. A Lamu si mangia molto bene.

Lamu ha un’atmosfera difficile da descrivere, è un pezzo di mondo al di fuori del mondo. Non ci sono automobili, tutto avviene a dorso d’asino, e gli asini sono ovunque, hanno persino una riserva a loro dedicata. Le strade non sono illuminate, indispensabile avere una torcia con se. Ogni tanto c’è il blak-out, e così può capitare di cenare al lume di candela e di aspettare delle ore di essere serviti perché non è possibile preparare i succhi di frutta senza corrente elettrica.

Decimo giorno:ci svegliamo col canto di un gallo e il raglio di un asino. Colazione in albergo, giro per Lamu, prenotiamo il pulman per il ritorno e poi ci dirigiamo a piedi verso Shela. Qui pranziamo al Bahari guest house: pesce e riso o patatine. Visitiamo qualche negozio in cerca di souvenir, Lamu è famosa per i Kikoi, versione maschile dei pareo. Hanno del colori molto belli. Di pomeriggio sulla spiaggia per prendere un po’ di sole e fare il bagno nell’oceano. L’acqua è torbida ci dicono che la stagione miglior è dicembre. Torniamo a piedi a Lamu e riusciamo a telefonare al mio amico a Meru, ci dice che alla East African hanno interdetto lo spazio aereo italiano e che potevano esserci problemi per il rientro. Cena swahili in albergo solo per noi: Fatima, a lume di candela, ci serve pesce, riso al latte di cocco, chapati, gamberetti, tè. Undicesimo giorno: ieri avevamo concordato con un beach boy una gita in dhow, così andiamo al molo dove ci aspettano Mohamed e Yusuf sul dhow “Shufaa”. Ci portano a pescare e poi ci preparano il pesce pescato (da loro, prima di venirci a prendere!). Pranziamo sulla spiaggia di Manda, oltre al pesce c’è dell’ottima frutta e verdura e i chapati, sempre molto buoni. Ci facciamo riportare a Shela dove compriamo i kikoi, sono troppo belli, e poi ancora sulla spiaggia. Yusuf ci accompagna sulle dune per vedere il tramonto, poi ci riporta a Lamu in dhow. La gita notturna sul mare, il cielo pieno di stelle, è molto bella. Quei classici momenti che vorresti non finissero più.

Riusciamo a telefonare all’agenzia a Malindi per confermare il volo di ritorno, ci assicurano che il volo ci sarebbe stato e ci chiedono di richiamare 24 ore prima della partenza.

Dodicesimo giorno: gita in dhow al villaggio di Matondoni. Nel pomeriggio ultimo giro per Lamu, ci sono ancora angoli da fotografare, acquisti da fare, l’isola ci saluta con uno scroscio do pioggia. Cena al “Bush Gardens”. Tredicesimo giorno: ci alziamo all’alba, e su una barca che si riempie fino all’inverosimile lasciamo l’isola. In pulman della linea Tawakal ci dirigiamo verso Malindi e poi Mombasa. Piove intensamente, i bagagli, che viaggiano sul tetto, sono stati coperti con un telo di plastica, speriamo tenga. Il pulman è decisamente più vecchio di quello dell’andata, nel corridoio ci sono delle cassette vuote di coca-cola che serviranno da sedile per altri passeggeri. Ci chiediamo se pagano lo stesso prezzo che paghiamo noi. A Mombasa abbiamo il tempo di visitare la città vecchia, tra uno scroscio e l’altro. Poi raggiungiamo la stazione, il ritorno a Nairobi lo faremo in treno. Partenza prevista per le 19, partiamo con mezz’ora di ritardo. Il treno ha cuccette di prima e seconda classe e posti a sedere di terza classe. Noi abbiamo scelto la seconda classe per dormire tutti insieme. Nel prezzo del biglietto, circa 20 euro a testa, è inclusa la cena e la colazione. Mentre siamo a cena nel vagone ristorante ci preparano i letti. Fa tutto molto “orient express”, anche se è tutto molto decadente. Quattordicesimo giorno: arrivo previsto a Nairobi tra le 8 e le 11 (14 ore per percorrere 500km!). Noi arriviamo alle 11, dopo aver attraversato il Parco Nazionale di Nairobi e visto alcuni dei suoi abitanti: struzzi, zebre, gazzelle. Dalla stazione richiamiamo l’agenzia, ci dicono che il volo era stato anticipato di un giorno, praticamente l’aereo sarebbe partito dopo un’ora, e che non erano riusciti a mettersi in contatto con noi il giorno prima! (non per niente avevamo telefonato da Lamu, su ampi tratti della costa i cellulari non prendono!!!!) il volo successivo sarebbe stato il sabato. A questo punto abbiamo cercato un albergo a Nairobi (Terminal Hotel, molto gentili, alcune stanze sono però un pochino rumorose, paghiamo circa 15 euro per una doppia, solo pernotto). Nel pomeriggio visita al National Museum. Cena al Dove Cage Restaurant, praticamente di fianco all’hotel. A Nairobi non c’è poi così tanto da vedere e a noi non siamo ancora sazi di safari, non abbiamo ancora visto i leoni. Chiediamo in albergo se è possibile noleggiare un mezzo, ci hanno consigliano un’agenzia e così entriamo anche noi nel mondo dei safari organizzati. Max, dell’Amicabre, ci propone un safari al Masai Mara, lontano ma sicuramente entusiasmante, dormiremo in tenda nel parco.

Quindicesimo giorno: partiamo con Richard, il nostro nuovo driver, per il Masai Mara. Non dobbiamo più preoccuparci del pranzo, è incluso nei duecento dollari a persona che abbiamo pagato. Ti accorgi subito se qualcosa è destinato agli stranieri: il prezzo non è più in scellini kenioti ma in dollari. 200 dollari (16000 scellini kenioti) sono un po’ tanto ma volevamo il mezzo da otto posti solo per noi quattro per avere maggiore libertà di movimento. Attraversiamo la Rift Valley e verso il tramonto entriamo nel Masai Mara, non prima di finire impantanati. Un gruppo di masai ci aiuta a liberare il mezzo, da soli non ci saremmo riusciti. Agosto è il periodo migliore per visitare questo parco. E’ terminata la migrazione degli gnu dal vicino Serengheti e la densità di animali è altissima. Stavolta sembra di essere in un documentario. Purtroppo non sono solo gli animali ad avere un densità altissima! A Richard abbiamo raccontato dei nostri safari precedenti e del rammarico perché non eravamo riusciti a vedere i leoni. Il driver riesce dopo poco ad avvistare una leonessa intenta a fare pulizie, possiamo essere soddisfatti. Dormiamo nel campo tendato all’interno del parco. I masai ci fanno da guardia e si esibiscono in un ballo. Sedicesimo giorno: colazione al campo e poi via per il safari. Foriamo una prima volta e poi una seconda, per fortuna abbiamo due ruote di scorta! Il Masai Mara è fantastico: vediamo diversi gruppi di leonesse con i giovani, famiglie di ghepardi, una aveva appena cacciato e stava consumando la preda, i piccoli grondanti di sangue. E ancora elefanti, struzzi, avvoltoi, distese di gnu e zebre. Richard ci porta sulle sponde del fiume Mara, dove è possibile vedere ippopotami e coccodrilli stesi al sole, per fortuna sulla sponda opposta alla nostra. Il Mara è il fiume si vede in tanti documentari mentre lo attraversano gli gnu. Poco prima di lasciare il parco vediamo un gruppo di 4 leoni maschi stesi a riposare. Sono lì a pochi metri da noi. Stupendo Masai Mara. Per una biologa rappresenta il paradiso.

Richard fa riparare i due pneumatici e poi si riparte per Nairobi. E’ il primo pomeriggio. Lungo la strada foriamo per la terza volta, per il resto nulla di particolare. Arriviamo a Nairobi in serata, soddisfatti ma distrutti. Diaciasettesimo giorno: dall’agenzia ci fanno sapere che avremmo volato in tarda serata verso Mombasa, dormito lì e poi preso il volo per l’Italia. Ci rimaneva un’ultimo giorno da trascorrere a Nairobi. Abbiamo visitato il rettilario poi fino alle “Westlands” quartiere buono di Nairobi, un salto al centro commerciale per ultimare le spese, soprattutto libri. Verso le sei abbiamo lasciato l’albergo per l’aereoporto, il nostro viaggio stava per concludersi. A Mombasa c’è ad attenderci un autista che ci comunica che avremmo dormito a Diani Beach 60 km da Mombasa!!! Vi abbiamo dormito effettivamente per DUE ore, dopo aver fatto un salto alla spiaggia per salutare l’oceano.

Diciottesimo giorno: in aeroporto ci dicono che saremmo partiti con 90 minuti di ritardo. Voliamo Eritrean, la East African non può ancora atterrare in Italia. Scalo tecnico ad Asmara, in Eritrea, non scendiamo neppure. Il volo sul Mar Rosso è stupendo, si vedono le città arabe, le piramidi, il Sinai, il canale di Suez, poi il Mediterraneo. Quando avvistiamo la Calabria regolo l’orologio sull’ora italiana. 20:05 inizia la discesa verso la Malpensa, il nostro viaggio è quasi concluso. In taxi raggiungiamo di volata la stazione per salire sull’ultimo treno per Parma. I miei compagni di viaggio scendono a Parma, io proseguo per Lecce, ma questa è un’altra vacanza!



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