Infinita Cina
Lo scorso anno, a marzo, siamo partiti per il nostro favoloso viaggio di nozze in Cina! Dieci ore di volo ci hanno trasportato in un posto unico e variegato, dove il presente è in bilico fra tradizione e futuro. Il periodo, non tipicamente turistico, ci ha permesso di visitare quattro splendide città, Pechino, Xi’an, Guilin e Shanghai senza la solita ressa di turisti che di solito si incontrano in altri periodi dell’anno.
Ogni città è un mondo a sé, con gente, suoni, colori e profumi differenti. Nella nostra Cina abbiamo incontrato climi e paesaggi diversi, poiché mentre a Pechino marzo è un mese invernale, a Shanghai ci sono già i ciliegi in fiore.
Prima di partire, avevo letto e visto molti romanzi e film recenti sulla Cina e, nel corso di questo viaggio, ho potuto ritrovare i caratteri allegri, chiassosi e testardi descritti nelle opere cinesi, così lontani dall’idea che molti di noi in Italia hanno di questo popolo.
Nel nostro giro ci siamo fatti accompagnare da guide locali, tranne a Shanghai, decisamente più internazionale e in cui è facile girare da soli. Nelle altre tre città le guide sono state fondamentali perché l’inglese in Cina non è molto diffuso.
Abbiamo iniziato il nostro giro a Pechino, con la visita al Tempio del Lama. L’impatto con la religione buddista e l’architettura cinese è stato entusiasmante: la religione buddista ci è sembrata colorata ed estroversa, i fedeli recitano le loro preghiere manifestando quello che sentono individualmente e quindi il Tempio è un viavai di gente che brucia incenso, si inginocchia, traccia in aria cerchi con le braccia per giungere le mani. Il pantheon buddista è molto vario e ognuno si rivolge al suo Buddha, o al Bodhisattva o al Arhat (quest’ultimi equivalgono ai nostri santi). La dolcezza degli occhi del Buddha, i colori del Tempio, le ruote incise che portano in cielo le preghiere degli uomini, l’enorme Buddha Maitreya ci hanno parlato di una devozione che vive in Cina da 2000 anni insieme al Taoismo, al Confucianesimo e ad una sorta di religiosità popolare a metà tra religione e superstizione (i cinesi hanno tantissimi riti e simboli che portano fortuna o sfortuna ad esempio i pesci, che si pronunciano come la parola “abbondanza”, portano fortuna, oppure i tetti sono curvi perché gli spiriti possono attraversare solo le linee dritte). Ai colori dei muri e delle statue si aggiungono le offerte di frutta, olio, fiori e denaro che i fedeli portano ai monaci e che vengono esposte sugli altari.
Il Tempio era la residenza del Principe Yong Zheng poi diventato luogo di culto. All’ingresso ci accolgono l’imperatore e l’imperatrice rappresentati dal leone, con il globo sotto la zampa, e dalla leonessa, che gioca con il leoncino. Sugli spigoli dei tetti, statuine di figure mitologiche indicavano il livello sociale di chi abitava i differenti padiglioni. Nove tra cavalieri, draghi e altri animali fantastici indicavano il padiglione dell’imperatore. Dieci era il numero di dio e perciò l’imperatore era inferiore solo ad esso.
La seconda tappa è stata la Piazza Tienanmen… che dire: è immensa! Si accede da un sottopassaggio, in cui abbiamo visto la polizia che faceva perquisizioni, noi siamo stati fatti passare tranquillamente. Non so se il livello di allerta era alto perché in quei giorni veniva eletto il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, ma comunque la guida ci ha spiegato che il governo, dopo il 1989, vuole evitare manifestazioni in piazza e quindi la piazza è piena di poliziotti, anche in borghese ed è chiusa la sera. Niente comunque riesce a sminuire l’emozione di essere in una piazza che racchiude tanta storia recente. Qui, un gruppo di turisti cinesi del Guangdong, divertiti e incuriositi, ci ha chiesto di fotografarci “perché non avevano mai visto degli occidentali!”. Immancabile foto davanti alla Porta della Pace Celeste e si va in hotel.
Gli hotel dove siamo stati erano tutti puliti e moderni, è consigliato non bere acqua corrente e nelle stanze si trovano sempre due bottigliette di acqua, oltre al bollitore elettrico e tanti tipi di tè in bustina. A differenza di quanto ci aspettavamo, le strade in Cina sono pulitissime, niente cartacce, cicche e nemmeno foglie.
Al ristorante l’approccio con il cibo ci ha aperto un mondo. In realtà, la cucina “cinese” non esiste, ogni regione ha le sue specialità e, considerata l’enorme varietà di piatti, è impossibile non trovare qualcosa di proprio gusto. Da non perdere i ravioli, dai mille ripieni variegati, i mantou e i baozi (panini cotti al vapore semplici o ripieni di carne), l’anatra laccata alla pechinese e tutte le varie declinazioni del maiale e del pesce. Il tutto sempre accompagnato da tè non zuccherato e riso. Tradizionalmente non vengono serviti dolci e a fine pasto usano portare frutta tra cui i pomodorini. La guida ci ha spiegato che in realtà anche la frutta a fine pasto non è un’abitudine cinese, ma una cortesia che viene fatta ai turisti occidentali.
Altra tappa indimenticabile è la visita al Palazzo Imperiale d’Estate. L’imperatrice Cixi lo ha fatto costruire con tutti i crismi del feng shui: c’è l’acqua in movimento (un enorme lago), il padiglione, le pietre e le piante. Nell’immenso parco, una passerella di legno dipinta con scene di favole, che l’imperatrice amava farsi raccontare nelle sue passeggiate, finestre tutte diverse per avere una visuale del lago sempre nuova e un’enorme nave di marmo.
I pechinesi si sono deliziosamente presi questo spazio, qui è possibile incontrare i maestri di calligrafia che scrivono gli ideogrammi sul pavimento, bambini che giocano, nostalgici che cantano in coro la rivoluzione culturale e qui scopriamo un’abitudine dei cinesi non giovanissimi: portare una radio accesa in tasca! Girando per le città, ti accorgi di quanto sia importante lo stare insieme per i cinesi: le strade sono sempre popolate di gente, c’è chi gioca a carte, a Mahjong, chi fa ginnastica (esistono le palestre pubbliche, parchi all’aperto con gli attrezzi per la ginnastica), chi pratica il taijiquan, chi balla. In generale abbiamo trovato i cinesi cordiali e chiassosi. Affacciandosi nelle botteghe o lungo le strade, si vedono i commercianti con le loro famiglie che cucinano e mangiano nelle loro botteghe o in strada, a Xi’an abbiamo anche visto portare a spasso il proprio canarino! La guida ci ha spiegato che questa è anche un’abitudine dei pechinesi e in primavera, quando la temperatura aumenta, si portano in giro anche i grilli, tenuti come animaletti domestici con tanto di gabbietta in vimini!
La Città Proibita è un’opera unica. Per secoli è stata la residenza dell’imperatore, da quando Yong-lè sognò la città celeste e decise di costruire una città che fosse il suo specchio. Ogni angolo, pietra, scultura ha un suo significato: ricorrente sui tetti o sui portoni è il numero nove e tutto è disposto secondo il feng shui, anche il trono dell’imperatore è orientato in modo da essere investito dal benevolo vento che viene dal sud.
La città proibita era inserita in quattro quadrati concentrici abitati ognuno in base alla classe sociale, gli aristocratici potevano stare nel quadrato più vicino all’imperatore. Parte di questi quadrati si trovava dove ora è Piazza Tienanmen e oggi è rimasto solo un piccolo quartiere di “Hutong”, strade strette di case tradizionali, le Siheyuan. Tutti sognano i grattacieli, la modernità, tutti sognano il grande salto. Come ci ha detto la guida a proposito dello spopolamento delle campagne: “nessuno vuole essere povero!”. Tutti vogliono cogliere il grande momento per migliorare la propria condizione e tutti sono consapevoli che il momento è ora. La modernità poi ciascuno la vive come può e così ci è capitato di vedere anche gli abitanti degli hutong (dove le case spesso non hanno il bagno) parlare al proprio telefonino.
Negli hutong è imperdibile il giro in risciò. Lungo il percorso abbiamo visitato un’antica casa donata dal Presidente Mao ad un suo generale che aveva partecipato alla Grande Marcia. Oggi non c’è traccia del generale, che pare viva nella parte nuova della città, ma i figli/nipoti hanno restaurato la casa che oggi è una sorta di B&B. L’ingresso con il gradino e il paravento per tenere fuori gli spiriti maligni (gli spiriti possono attraversare solo le linee dritte), il cortile quadrato su cui si affacciano le stanze, i ritagli di carta oleata sulle finestre, la vasca con i pesci rossi e il negozietto di souvenir ci sembrano il riflesso di una società che cambia, ma vuole mantenere la propria tradizione.
Ultimo giorno a Pechino, visitiamo l’ottava meraviglia del mondo, la Grande Muraglia. E’ portentosa, ci sono vari ingressi, noi siamo entrati da Ju Yong Guan a 700 metri di altezza.
Meritano sicuramente una visita anche la Tomba dei Ming, la Via Sacra, il Tempio del Cielo e, se riuscite a ritagliare un po’ di tempo, è bellissimo lo spettacolo degli acrobati.
Seconda tappa del nostro viaggio, Xi’an è un altro mondo! Città da cui iniziava la via della seta, ha un quartiere musulmano con la sua Moschea in stile sino-arabo, popolato dai discendenti dei vecchi mercanti. Le incisioni sui muri della Moschea sono in entrambe le lingue e nel giardino il richiamo al feng shui e all’architettura cinese crea un’atmosfera unica. Il mercato nei pressi della Moschea è un insieme di colori e profumi. Qui si può trovare di tutto dalle sete, ai dipinti, dai ricordi della rivoluzione a ogni sorta di cibo di strada. Meritano certamente una visita la Pagoda dell’oca selvatica e le Antiche Mura. A cena siamo andati in un ristorante, lo Shaanxi Grand Opera House, dove si può assistere ad uno spettacolo ispirato all’epoca Tang. Il tutto sembra un po’ una delle solite trappole per turisti, ma comunque meritano una visita sia gli ottimi ravioli che il balletto con i suoi splendidi colori.
Un’intera giornata va dedicata ai musei locali. Le statue di terracotta valgono da sole tutto il viaggio. Ognuna è diversa dalle altre ed è piena di dettagli e particolari. Osservo anche qui cinesi di tutte le età in visita al museo, nonostante il biglietto di ingresso sia elevato per il salario medio cinese, nessuno vuole perdersi la visione del mitico esercito del fondatore della Cina. Mi siedo accanto ad una signora e le chiedo se posso fotografarla, inizialmente mi fa segno di no, quando le dico “si?!” in cinese i suoi amici contenti iniziano a fotografarci insieme. Nei negozi poi, nel primo pomeriggio, una scena che non ti aspetti: le commesse poggiano la testa sulle braccia e dormono tranquillamente durante la pausa pranzo! Un’altra scena che non ti aspetti sono i bambini piccoli senza pannolini: un’apertura sul pantalone rende agevole le operazioni in caso di “bisogno”. Qualcuno ci ha detto che è un’abitudine, qualcuno che i pannolini costano troppo, fatto sta che i bambini camminano con il sederino all’aria aperta!
Altro museo che merita una visita è quello della Tomba di un imperatore, lo Hanyangling Museum. Qui le statue sono più piccole di quelle dell’esercito e rappresentano un mondo diverso, quello della vita di corte.
Lasciamo Xi’an con l’immagine ben impressa dei colori di questa città antica e variegata e veniamo ancora una volta trasportati in un altro mondo: Guilin! Il nome significa bosco di Osmanto e l’Osmanto è davvero ovunque! Il tè di Osmanto, liscio o miscelato al tè verde è dolce e delizioso. Un capitolo a parte è l’uso che i cinesi fanno del tè. Oltre alle numerose sale da tè (indispensabile una visita!) vediamo che ognuno ha il suo thermos con il filtro pieno di una delle mille miscele profumate e ovunque è possibile riempirlo di acqua calda: anche in aeroporto, oltre agli erogatori di acqua fredda, si trovano quelli di acqua calda destinati a questa abitudine che in realtà è un po’ uno stile di vita da sorseggiare durante la giornata. “Il primo tè si da ai nemici”, il primo infuso viene infatti gettato via perché troppo intenso (o forse per lavare le foglie) comunque abbiamo bevuto tè di seconda o terza infusione e ogni volta sembrava di assaporare le declinazioni di uno stesso profumo. Il tè di Osmanto è meraviglioso, in genere è bevuto da solo o miscelato con tè verde ma non siamo riusciti a trovarlo fuori Guilin. Grazie al clima più caldo, qui sono già fioriti i pompelmi e durante la gita in battello sul fiume Li (da Guilin a Yangshuo) ne veniamo avvolti dal profumo mentre intorno siamo circondati dalle colline “pan di zucchero”.
Arrivati al villaggio di Yangshuo, al termine della gita in battello, dalla piazza principale prendiamo un taxi/pulmino e andiamo in campagna. Nel centro di Yangshuo è possibile anche affittare delle biciclette per girare i dintorni del villaggio ma se il tempo è poco il pulmino è un’ottima soluzione. In campagna visitiamo un’antica casa di contadini che ci offrono frutta e arachidi freschi: gustosissimi! La vita in campagna è decisamente meno frenetica, vediamo gente che gioca a carte e una casa di lamiera per metà chiusa e per metà aperta in cui si vede un televisore acceso (nessuno è riuscito a capire da dove arrivasse la corrente elettrica) e poi bancarelle di cibo di strada e cianfrusaglie di ogni genere sulla strada principale. Ci troviamo per strada all’uscita di scuola e l’arte di arrangiarsi si manifesta tutta davanti ai nostri occhi: i bambini tornano a casa su carretti di ogni tipo, trainati da nonni e genitori su biciclette e motorini che ne trasportano numerosi (ne abbiamo contati fino a 5 su un motorino), tutto in una guida chiassosa e disordinata che non conosce codice della strada. La guida ci ha spiegato che in campagna c’è la “scuola della speranza”, gratuita e accessibile a chi non può arrivare o permettersi la scuola pubblica o privata.
In generale comunque in tutta la Cina abbiamo visto macchine costosissime e mezzi di trasporto di ogni tipo. Ci è stato spiegato che ciò che costa, quando si vuole una macchina, è la targa, assegnata con asta o sorteggio. Una volta ottenuta, la targa è tua per tutta la vita ma il costo è tale che non è giustificabile per una piccola auto. E così, condividono le strade con le auto, cavalli, asini, motorini e biciclette con rimorchi di ogni dimensione e carico.
La sera andiamo nel centro di Guilin per una passeggiata, il parco è pieno di gente, vediamo balli di gruppo, donne che si esercitano al ballo con i ventagli e un mercato pieno di tutto. In tutte le città che abbiamo visitato abbiamo incontrato tantissimi commercianti ed, essendo spesso gli unici turisti, siamo stati l’obiettivo dei venditori degli oggetti più svariati. Mostrare anche solo un pizzico di curiosità per qualcosa dà il via ad una contrattazione da cui è impossibile uscire senza un acquisto. Tutti i venditori, sia nei negozi che in strada, tirano fuori la calcolatrice su cui verranno digitati gli importi della contrattazione da entrambe le parti. Il tutto ognuno nella propria lingua!
Ultima tappa, Shanghai è una nuova scoperta! Qui la gente parla inglese, la metro è bilingue e tutto ci parla di modernità e di futuro. Ovunque ci sono grattacieli in costruzione. La vista sul fiume dal Bund è un salto nel tempo, da un lato palazzi europei del periodo coloniale, dall’altro, sull’altra sponda, costruzioni futuristiche che sembrano uscite da un film di fantascienza. La città è in continua evoluzione, visitiamo la Città Vecchia e il Giardino del Mandarino Yu, il Tempio del Buddha di Giada e decidiamo di fare un giro sul treno magnetico che raggiunge i 430 Km/h. Camminando, vediamo una chiesa tra i grattacieli e di fronte i cartelli stradali che indicano il Nord e il Sud in pieno spirito feng shui. Facciamo un giro nel Parco del Popolo, meravigliosamente fiorito di ciliegi. Visitiamo il Museo Nazionale, completamente gratuito e dove ci sono opere dei vari periodi. Guardandole, si nota che ogni dinastia ha il suo stile. Il principio dell’amore filiale di confuciana memoria stabilisce che la grandezza e la bravura dell’allievo dipendono dalla bravura che ha nel copiare il suo maestro e così si notano grosse differenze solo tra le diverse dinastie.
Infine il nostro viaggio è terminato con la consapevolezza di aver assaggiato un piccolo, delizioso pezzetto di una terra millenaria e il forte desiderio di tornarci ancora.