In Friuli Venezia Giulia fra città e piccoli borghi

Alla scoperta delle città e dei borghi di una regione lontana dalle mete turistiche
Scritto da: letisutpc
in friuli venezia giulia fra città e piccoli borghi
Partenza il: 13/09/2021
Ritorno il: 19/09/2021
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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Meta delle nostre prime vacanze del 2021 è il friuli: abbiamo pensato a lungo quale zona visitare e alla fine, considerando anche la stagione, la scelta è caduta sulle città (ad esclusione di trieste, già visitata anni fa) ed i borghi più significativi.

Guide consultate: guida verde touring,

111 luoghi del friuli venezia giulia che devi proprio scoprire,

35 borghi imperdibili: borghi di friuli venezia giulia e istria.

Viaggio: in macchina

Alloggio: airbnb, ormai per noi una sicurezza. Abbiamo pernottato 2 notti in ogni capoluogo di provincia.

1° giorno: pordenone e le abbazie di campagna

Dopo un viaggio tranquillo di poco più di 3 ore, lasciamo l’autostrada e ci immergiamo nella campagna friulana per raggiungere sesto al reghena, un paesino di 6000 abitanti, con un’abbazia benedettina dell’viii° secolo, santa maria in silvis. Ed è proprio qui che siamo diretti… oltrepassato un bel torrione dipinto sovrastato dal leone di s. Marco, eccoci all’interno del complesso abbaziale (che oltre alla chiesa e al campanile comprende anche un’antica cancelleria e la residenza degli abati). Wow, che bello! All’apertura della chiesa scopriamo con piacere che alex, un ragazzo molto simpatico e competente, ci guiderà fra i tesori di questa abbazia: prima nella cripta, poi nel resto della chiesa completamente affrescata da allievi di giotto e forse, in minima parte, anche dal maestro.

Il restauro degli affreschi si è concluso nel mese di luglio e il risultato non ha niente da invidiare al ciclo della basilica di s. Francesco ad assisi né a quello della padovana cappella degli scrovegni.

Beh, il nostro primo impatto con la terra friulana è stato proprio positivo, non ci resta che proseguire verso pordenone, dove soggiorneremo per i prossimi 2 giorni.

Il nostro host roberto ci aspetta sul cancello dell’airbnb, alla periferia della città, zona ospedale. L’appartamento è grande e sarà tutto per noi, che fortuna! Roberto ci dà anche indicazioni su dove cenare così, dopo un’ora di riposo soprattutto per riprenderci dal gran caldo, usciamo e a piedi, con una passeggiata di una ventina di minuti, raggiungiamo il centro.

Corso vittorio emanuele è la via principale di pordenone: pare che il suo aspetto sia rimasto quasi immutato dal medio evo, con i portici su entrambi i lati impreziositi da bellissimi palazzi, alcuni in puro stile veneziano, altri dipinti, secondo l’uso friulano. In fondo il magnifico palazzo del comune, risalente al 1400.

Prima di cena giriamo a caso fra gli stretti vicoli ai lati del corso principale, animatissimi e pieni di bar e ristorantini. La gente seduta ai tavolini è veramente tanta, goderecci questi friulani!

Su suggerimento di roberto abbiamo prenotato all’enoteca al campanile, locale molto particolare in primis perché la sua parte interna si sviluppa proprio dentro al campanile del duomo, poi perché offre solo cucina romana. Vista la calura ci sediamo all’esterno dove mangiamo carbonara, abbacchio e polpettine di sora lella. Il vino, almeno quello, è un fresco friulano.

Dopo cena facciamo 2 passi nel centro ben illuminato ed ancora affollato poi a nanna.

2° giorno: pordenone e gli angeli del festival

La giornata inizia nel migliore dei modi, con una bella colazione all’ antica pasticceria peratoner, tempio del cioccolato e luogo di ritrovo dei golosi di ogni età. Il posto, neanche a dirlo, è un piccolo gioiello, dalle vetrine vecchio stile allestite con tantissime prelibalezze cioccolatose, all’interno, che non ha niente da invidiare ai famosi caffè viennesi. Non parliamo poi delle tante meraviglie esposte … assieme ai cappuccini ci viene offerto un bicchierino di cioccolato fumante, grazie!

Dopo questa corroborante colazione ci inoltriamo lungo il corso, ammirando e fotografando i palazzi più belli, alcuni dei quali presentano particolari davvero insoliti. Non mancano le conoscenze con passanti anziani che, vedendoci col naso all’insù, ci fermano per raccontarci storie del tempo che fu… che carini, ma chi l’ha detto che i friulani sono freddi e taciturni?

Dallo stretto vicolo delle mura, che conserva ancora l’aspetto medievale, un grandissimo balzo temporale ci catapulta in una enorme piazza con edifici moderni e tante grandi belle lettere dell’alfabeto di colore giallo, simboli di “pordenone legge”, festival della letteratura che animerà la città nei prossimi giorni. A tale proposito è bello vedere, in ogni angolo della città, i famosi “angeli del festival”, ragazzi giovanissimi che prestano il loro lavoro volontario per l’allestimento dei tanti padiglioni disseminati un po’ ovunque.

Tornando di nuovo indietro nel tempo vediamo il palazzo del comune e palazzo ricchieri, sede del museo civico d’arte, poi entriamo nel duomo che conserva la bella pala della misericordia del pordenone.

Eccoci quindi sul ponte di adamo ed eva, chiamato così per la somiglianza delle due statue ai lati (che in realtà sono di giove e giunone) con i famosi personaggi biblici. Sotto il ponte scorre il fiume noncello e tutto attorno il parco fluviale. Noi ci incamminiamo lungo la riviera del pordenone per giungere al parco di villa galvani, un bel polmone verde a ridosso del centro. All’interno del parco si trovano il paff, museo del fumetto e mira, museo itinerario della rosa antica, con tante specie di bellissime rose, molte delle quali, vista la stagione, sono sfiorite.

Vorrei spendere qualche parola sui musei di pordenone e del friuli in generale: d’accordo per la chiusura settimanale del lunedì, ma che il resto della settimana siano aperti dal mercoledì alla domenica e solo dalle 15.30 mi sembra assurdo e controproducente per il turismo.

Comunque, orfani dei musei, ci siamo consolati facendoci cullare dal dondolio di due altalene super comode all’ombra degli alberi … non male!

Fattasi l’ora di pranzo torniamo verso il centro e pranziamo in un forno-self service molto carino e ben fornito, il posto, dove consumiamo un pasto leggero e fresco. Giriamo ancora un po’ per il centro, cercando di scoprire i posti più belli, come ad esempio il teatro verdi, modernissimo in stile guggenheim newyorkese, piazza della motta, dove troviamo una osteria carinissima per la cena, la chiesa di san giorgio, il cui campanile sembra un faro visibile da ogni parte della città.

Dopo una sosta rinfrescante al nostro alloggio, verso sera riprendiamo la via del centro, rigorosamente a piedi, direzione “osteria del cavaliere perso”, dove facciamo una romantica cenetta a lume di lampada a base di alcune specialità locali, il musetto e il famoso frico.

Finisce qui la nostra due giorni a pordenone, una piccola città che ci è piaciuta molto per il suo stile e la sua vivibilità. Il nostro viaggio è appena iniziato, altre mete e nuove scoperte ci attendono.

3° giorno: da spilimbergo a udine passando per san daniele e gemona

Spilimbergo è un piccolo e caratteristico borgo, famoso per i palazzi dipinti ed una prestigiosa scuola di mosaico, proprio davanti alla quale parcheggiamo la nostra auto.

La nostra visita quindi comincia da qui: la tradizione musiva di questo piccolo paese ha origini risalenti al 16° secolo quando molti artigiani locali iniziarono a portare la loro esperienza in giro, oltre che per l’italia, per il mondo intero. Questa scuola, di cui visitiamo solo l’ampio cortile, è stata fondata nel 1922, quindi il prossimo anno festeggerà il centenario.

Dalla scuola al centro del paese, a cui si accede passando sotto ad un torrione, il passo è breve: il borgo ci appare subito vivace ed animato, con i suoi portici, la gente che fa colazione nei bar e bellissimi palazzi dipinti a colori pastello.

Il duomo, edificato fra il 13° e il 14° secolo, è imponente e particolare, a cominciare dalla facciata nord, anticamente dipinta, a quella principale, con 7 oculi … Mai visti prima!

Anche l’interno è notevole, con affreschi e pale d’altare che un simpatico signore, forse il sacrestano, ci illustra nei particolari. Ultima chicca, un prezioso organo veneziano del 1500 le cui portelle sono state dipinte dal pordenone.

Eccoci poi all’area del castello, col bellissimo palazzo dipinto sulla cui facciata si inseguono cavalieri, dame e musicisti riccamente abbigliati.

Lasciata spilimbergo ci dirigiamo verso san daniele, universalmente nota per i suoi prosciutti di grande qualità.

La nostra idea è quella di visitare un prosciuttificio (ho memorizzato una lunga lista di produttori che offrono visite guidate e degustazioni) e a tal fine scegliamo il dok dell’ava, sulla strada per gemona.

Purtroppo scopriamo che a causa del covid le visite sono sospese, non ci resta che consolarci con un pranzo alla prosciutteria attigua allo stabilimento: 2 bei piatti di ottimi prosciutti, 2 calici di vino friulano e via, verso la nostra prossima tappa, gemona.

Ero piccola quando ci fu il terribile terremoto che colpì questo paese e quelli limitrofi: ricordo vagamente le immagini della tv che mostravano una popolazione disperata ma pronta a darsi da fare per ricostruire quello che gli era stato tolto. E così è successo, il “modello friuli” da allora fino ai giorni nostri è stato sempre additato come un esempio di efficienza e ottimo funzionamento della macchina pubblica.

Adagiata in mezzo alle montagne, la cittadina ci appare silenziosa ed un po’ spettrale: anche se è stata completamente ricostruita, decine di foto sparse per tutte le vie, ricordano il luttuoso evento di 45 anni fa, segno che i friulani hanno reagito ma non dimenticato.

In via bini, la via principale, visitiamo la mostra “1976 – frammenti di memoria”, un toccante tributo audiovisivo e fotografico all’avvenimento che sconvolse la vita di questo paese. Conservati in teche di vetro, ci sono anche i resti della vita quotidiana delle famiglie colpite dal sisma, giocattoli, pentole, libri, sepolti dalla polvere delle macerie. Da brivido…

Procedendo lungo la via arriviamo allo stupefacente duomo gotico, sulla cui facciata veglia la gigantesca statua di san cristoforo, patrono dei viandanti. All’interno del duomo, che fu ricostruito dopo il sisma in meno di un anno, il crocifisso di legno del 15° secolo, trovato mutilo sotto le macerie, è di una bellezza struggente.

A fianco della cattedrale la cineteca del friuli, chiusa, chissà perché.

Con il cuore un po’ più pesante e sotto un cielo grigio lasciamo gemona, direzione udine, dove ci aspetta la nostra host elizabeth victoria ed un appartamentino talmente bello e colorato da metterci subito di buonumore.

Facciamo tesoro dei suoi preziosi consigli poi ci concediamo un po’ di riposo prima di cena.

La strada che porta al centro è piena di negozi, bar e ristoranti: la stanchezza comincia a farsi sentire e ci fa passare la voglia di spingerci fino al centro e passare ore a la ricerca di un ristorante. Caso vuole che passiamo davanti all’old pub, che ci sembra carino e dove ci fermiamo a mangiare 2 sostanziosi piatti accompagnati da birre fresche e dalla partita di champions league del milan. Anche se non siamo tifosi milanisti, ci piace seguire e tifare per le squadre italiane nelle competizioni internazionali.

Dopo cena torniamo verso casa percorrendo un romantico stradello, sopraelevato rispetto all’asse stradale, che costeggia il canale e sul quale si affacciano bellissime ville, di cui domani contiamo di approfondire la conoscenza.

4° giorno: singing in the rain per le vie di udine

Le previsioni meteo per oggi sono funeste, ma che paura abbiamo noi? Basta un ombrello e si va alla scoperta di udine e delle sue tante bellezze. Peccato solo che il cielo sia inesorabilmente grigio!

Dirigendoci verso il centro, incontriamo di nuovo il canale, ovvero ciò che resta della rete di canali che un tempo circondava il centro storico, alimentando mulini e manifatture. In un punto, infatti, troviamo ancora la ruota di un vecchio mulino.

Dopo questa piacevole sorpresa ci concediamo una colazione alla pasticceria grosmi, consigliataci da elizabeth: ottima scelta! Iniziamo poi il tour cittadino fra scenografiche piazze e strette vie medievali, piene di bar e bellissimi e lussuosi negozi.

Che dire di piazza matteotti? E’ talmente bella che le hanno dovuto dare 3 nomi, prima san giacomo (in onore della chiesa su un lato della piazza), poi delle erbe, ed infine il nome odierno, ma ognuno qui a udine, mi è sembrato di capire che la chiami come vuole.

E’ un autentico salotto, con tanto di pedana rialzata al centro, circondato quasi interamente da portici con negozi molto belli e bar affollati. Non mancano angoli deliziosi, come quello occupato da una bancarella di fiori, un vero colpo di luce in questa giornata senza sole.

Piazza della libertà, poco distante, è definita “la più bella piazza veneziana in terraferma”: la loggia del lionello e quella di san giovanni con la torre dell’orologio si fronteggiano in un ambiente molto suggestivo, che ha come sfondo il colle del castello. I leoni di s. Marco si sprecano, ce ne sono ben 3, anche se l’unico originale pare sia quello sulla torre dell’orologio.

Una fitta pioggerella inizia a cadere, niente di meglio che intraprendere la salita al castello sotto il portico del lippomano, davvero molto bello e scenografico. Sul colle del castello, che la leggenda vuole sia stato fatto erigere da attila per godersi la vista di aquileia in fiamme, trovano spazio diversi edifici: alcuni musei civici, come quello archeologico, fotografico, del risorgimento e la pinacoteca, la casa della confraternita, la chiesetta di santa maria del castello e la casa della contadinanza dove ha sede un ristorante.

Dal giardino sul lato posteriore del castello si apre un bellissimo panorama, che se la giornata lo consentisse, ci farebbe ammirare le catene delle alpi carniche e anche giulie … invece niente.

Fattasi l’ora di pranzo scendiamo in città, rimandando al pomeriggio una visita più approfondita a questa zona. Senza indugio ci dirigiamo verso “la ghiacciaia”, una delle osterie storiche di udine, dove troviamo posto nel delizioso balcone esterno vista canale. Io assaggio gli gnocchi di susina, francesco il baccalà mantecato con fagioli, accompagnati da un ottimo vino friulano.

Dopo pranzo, dato che il tempo rimane incerto, ci dedichiamo prima ad un po’ di sano shopping, poi ritorniamo sui luoghi visti di sfuggita in mattinata, come via mercatovecchio, antico luogo di mercato dall’andamento serpeggiante dove palazzi antichi e moderni si alternano in un gradevole mix. Dopo aver constatato l’inesorabile chiusura per lavori di casa cavazzini, museo di arte moderna e contemporanea progettato da gae aulenti, ci dirigiamo verso il duomo. Muoversi ad udine è semplice, trattandosi di una piccola città le distanze fra i luoghi principali sono davvero minime. La perla di questa chiesa è la pala della trinità del tiepolo. Anche l’oratorio della purità, a pochi passi dal duomo, è interamente affrescato dall’artista veneto, ma purtroppo chiuso.

Torniamo in piazza matteotti e, seduti sui gradini della fontana, ci godiamo la vitalità di piazza del mercato e la bellezza dei suoi palazzi con terrazzi sospesi su palafitte di legno. Poi un cielo improvvisamente minaccioso ci spinge ad affrettare il passo verso casa: prima però ci fermiamo ad acquistare in un forno una bella gubana, dolce tipico friulano, ed in un supermercato qualcosa per improvvisare una cenetta casalinga. Dopo tanti giorni di pranzi e cene al ristorante qualcosa di semplice ci sta.

5° giorno: dalla dacia arena al ponte del diavolo ed infine gorizia

Durante la notte si è scatenato un bel temporale e anche al mattino il tempo non è dei migliori. Facciamo i bagagli e lasciamo a malincuore il nostro grazioso nido, ma non ci allontaniamo di molto…prima sosta di giornata è infatti la dacia arena, il bellissimo stadio dell’udinese che, da appassionati di calcio, non possiamo esimerci dal visitare.

Sotto un cielo mutevole arriviamo a cividale e parcheggiamo vicino alla stazione.

Artisticamente e storicamente questo è uno dei borghi più interessanti del friuli: la sua storia parte infatti da giulio cesare, che la fondò col nome di forum iulii, che rimase poi come appellativo per l’intera regione, per arrivare ai longobardi che ne fecero la loro capitale. Durante il 1° conflitto mondiale poi, furono gli stessi soldati italiani, in un estremo tentativo di arginare l’avanzata austriaca durante la ritirata di caporetto, a minare il bellissimo ponte del diavolo, naturalmente senza successo. E ancora, dopo l’8 settembre 1943, quando cividale fu annessa al 3° reich, in tutta la zona si sviluppò un’intensa attività partigiana che valse alla cittadina una medaglia d’argento al valor militare.

E’ proprio grazie al percorso monumentale di arte longobarda che cividale è annoverata fra le città patrimonio dell’unesco. Fatta questa premessa un po’ ci vergogniamo a dire di non aver visto nessuna di queste meraviglie, ne’ l’ipogeo celtico ne’ l’ara di ratchis e neanche il tempietto longobardo ed il museo archeologico. A nostra discolpa un po’ di stanchezza e la voglia di stare all’aria aperta, aggirandoci fra le stradine e le piazze fino ad arrivare al ponte del diavolo. Leggenda vuole che la roccia su cui poggia l’arcata centrale del ponte sia stata scagliata in mezzo al fiume da lucifero in persona …

All’ora di pranzo, con il sole che fa capolino tra le nuvole, troviamo posto all’aperto alla trattoria “il campanile” di fianco al duomo, dove mangiamo io una minestra d’orzo, francesco una lasagna più emiliana che friulana e il famoso frico. Dopo pranzo giriamo ancora un po’ per il paese, acquistiamo una gubana da regalare e per caso capitiamo davanti ad un negozio di artigianato artistico che sforna bellissime bambole di ceramica che conosco bene, avendone comprata una ad una fiera internazionale a faenza qualche anno fa. Come è piccolo il mondo!

A metà pomeriggio ci rimettiamo al volante ed in una mezz’ora raggiungiamo gorizia e l’ultimo airbnb in cui soggiorneremo. La host helena non ci sta aspettando, avendoci mandato dettagliate istruzioni per il self check in. L’appartamento è in un palazzo antico vicino al centro, dove avremo a disposizione solo una stanza, oltre agli spazi comuni. Prima di uscire per cena facciamo conoscenza di helena e del marito, una giovane coppia slovena.

Ad un primo impatto gorizia ti lascia a bocca aperta, e non in senso positivo: palazzi poco curati se non in rovina, bar modesti, pochi negozi. Comunque aspettiamo a dare giudizi affrettati e godiamoci la serata ed una deliziosa cenetta alla trattoria “alla luna”, dove cameriere con i vestiti tipici friulani ci servono gustosi manicaretti ed ottimo vino. Sulla via di casa ci troviamo in una delle piazze principali, piazza della vittoria, su cui spicca la maestosa chiesa di s. Ignazio, con le cupole a cipolla. Domani andremo alla scoperta di questa città, sperando che la nostra prima impressione venga smentita.

6° giorno: Un salto in Slovenia e uno a Gorizia

Stamattina ci svegliamo di buon’ ora e scopriamo che la stazione Transalpina, da cui volevamo iniziare la nostra visita di Gorizia è poco lontana da qui, che bello! In meno di 10 minuti di cammino la raggiungiamo ma, prima di procedere con la nostra esplorazione urbana facciamo colazione al bar della stazione, che si trova in … Slovenia! Seduti ad un tavolino sotto la pensilina ferroviaria ci godiamo i nostri cappuccini in tutta tranquillità: di treni infatti non ne passa neanche uno!

La stazione della Transalpina, edificio in stile mitteleuropeo dal fascino un po’ sbiadito, fu costruita proprio per collegare Vienna a Trieste: mi sembra quasi di immaginarle le belle carrozze in stile art nouveau con all’interno signore e signori eleganti che sorseggiano champagne durante il viaggio che li porterà da una parte all’altra dell’impero austriaco! La storia però non fa sconti e dice che alla fine della 2° guerra mondiale la grande piazza fu divisa da un muro: italiani da una parte e sloveni dall’altra fino al 2004 quando il muro fu abbattuto. Ad oggi ne rimane solo un piccolo pezzo, il cippo di confinario 57/15 ed una placca rotonda in mezzo alla piazza con l’indicazione delle date di inizio e fine della divisione fra i due stati.

Visto che ci siamo, sempre a piedi ci avviamo oltre confine, verso Nova Gorica. Al termine di un lungo viale alberato si apre un centro molto anonimo tutto in cemento armato, con negozi e palazzi giganteschi ma privi di anima. Non abbiamo voglia di dedicare altro tempo alla città, quindi torniamo verso il centro di Gorizia. Il primo luogo che visitiamo, proprio dalle parti del nostro alloggio, è il ghetto ebraico che si estende attorno ad un’unica via, via Ascoli, dove si trovano la Sinagoga, un bellissimo cancello in ferro battuto (una delle entrate del ghetto), la palazzina neoclassica che fu abitazione di Graziadio Isaia Ascoli, esimio glottologo, ed alcuni negozi vecchio stile che sembrano usciti da un film neorealista.

Eccoci poi in piazza della Vittoria, dominata dalla fontana del Nettuno e dal duomo di San Ignazio con le 2 cupole a cipolla. Proseguendo nella passeggiata raggiungiamo via Rastello, la più antica via cittadina, chiamata così perché di notte veniva chiusa da un cancello che la separava dalla campagna circostante. E’ qui che avvenivano i commerci ed avevano sede le migliori botteghe artigiane della città, di cui oggi rimangono solo le bellissime insegne originali ma sono inesorabilmente vuote. Ad attirare la nostra attenzione è Krainer & comp., negozio di ferramenta tutto in legno, alla scoperta del quale ci fa da cicerone il proprietario. Mentre ci aggiriamo fra gli scaffali e i cassetti con ancora i cartellini della merce contenuta, questo signore ci parla, con una vena di amarezza e di ironia della Gorizia di oggi, terra di conquista e di affari per gli sloveni, che, con l’entrata in Europa hanno saputo sfruttare al meglio le ricchezze e potenzialità del loro territorio. La nomina congiunta di Gorizia e Nova Gorica a capitali della cultura 2025 è tutto merito dell’intraprendenza e capacità manageriale slovena. Uno scenario completamente ribaltato rispetto a quello del 1950 quando gli abitanti di Nova Gorica furono fatti entrare per qualche ora in “Italia” dove fecero incetta di tutto, mancando, oltre confine, anche i più comuni generi di necessità.

Il signore ci racconta anche di Carlo Michelstaedter, brillante cittadino goriziano, poeta e pittore, che morì suicida a soli 23 anni: nella parte finale di via Rastello, in direzione borgo Castello, fa bella mostra di sè la sua statua a grandezza naturale, che sembra accogliere i turisti nella sua città tanto amata. Proseguendo nella passeggiata giungiamo a Piazza S.Antonio, dove dell’antico convento francescano del 1300 resta solamente un minuscolo pozzo. Spinti dalla curiosità entriamo nella bella corte di Palazzo Lantieri, casa privata anch’essa risalente al 1300. Su un altro lato della piazza, Palazzo Strassoldo, dimora di una delle più antiche famiglie goriziane, è diventato un hotel di lusso. Sull’ultimo lato della piazza invece si apre un lungo porticato in cui trovano posto bar e ristoranti dove diverse famiglie pranzano o fanno l’aperitivo. Effettivamente si è fatta ora di pranzo, e a tale proposito ci dirigiamo verso il Tunnel food and drink, un fast food nei pressi di Piazza della Vittoria: ad ogni tavolo troviamo allegre piantine di peperoncino di tutti i colori in vasetti altrettanto colorati.

Dopo pranzo ci aspetta la salita a Borgo Castello, la parte alta della città che racchiude, aldilà della Porta leopoldina, un piccolo nucleo che comprende, oltre al maniero in ristrutturazione e non visitabile, anche la maggior parte dei musei civici cittadini.

Con un solo biglietto abbiamo accesso al museo della Grande guerra, a quello della moda, alla collezione archeologica ed anche ad una piccola sala dedicata agli alpini.

Il primo museo è anche il più interessante: i fatti avvenuti in questa zona durante il primo conflitto mondiale sono ripercorsi, in ordine cronologico, attraverso foto, narrazioni, oggetti appartenuti sia a semplici soldati che a generali del calibro di Cadorna e Diaz. Largo spazio è dato anche alla descrizione, tramite immagini ed oggetti, della vita dei soldati durante i lunghi e snervanti anni della guerra di trincea. C’è anche la ricostruzione di una trincea, al momento non visitabile causa Covid.

Anche il Museo della moda è piacevole da visitare, con abiti, calzature e cappelli del tempo che fu ed una gigantesca tessitrice circolare risalente al 18° secolo ed ancora funzionante, pare. Non potendo visitare il castello ci dedichiamo al panorama che si gode da questa posizione privilegiata.

Con calma torniamo verso il centro, nonostante sia un caldo sabato pomeriggio di settembre in giro non c’è moltissima gente. Speriamo che, da capitale europea della cultura, Gorizia possa fare un bel balzo in avanti e rianimarsi un po’.

Prima di rincasare prenotiamo al “Lampione”, una pizzeria ristorante proprio di fronte al nostro alloggio, dove sembra si siano dati appuntamento tutti i goriziani che non abbiamo incontrato in giro per il paese. La mia pizza arriva dopo più di un’ora di attesa, in un clima elettrico di proteste e mugugni provenienti da tutti i tavoli del locale.

7° giorno: Da Redipuglia al mare il passo è breve

L’ultimo risveglio in terra friulana avviene abbastanza presto: meglio, così riusciremo a vedere più cose prima di tornare in Romagna!

Facendo attenzione a non svegliare gli host, lasciamo la nostra casa goriziana e ci avviamo verso il vicino “Bar all’alpino”, posto molto caratteristico, dove gli avventori, nonostante l’orario antelucano, stanno già sorseggiando birre e altri alcolici: sono o non sono alpini doc?

La Gorizia che ci lasciamo alle spalle è ancora addormentata, mentre a Gradisca d’Isonzo, da dove passiamo velocemente in macchina, fervono le attività di un enorme mercatino delle pulci che si snoda sotto gli alberi di un bellissimo parco.

Eccoci al Sacrario di Redipuglia, che per un fatto affettivo desideravo visitare da tempo per rendere omaggio al mio bisnonno materno che combattè e cadde proprio sull’Isonzo. Purtroppo di lui non rimasero tracce, ma la visita di questo posto me lo fa sentire in qualche modo vicino.

Il sacrario, dove sono sepolti 100 mila soldati, è davvero imponente e questa imponenza rende ancor più l’idea dell’immane sacrificio di vite umane avvenuto durante il primo conflitto mondiale.

L’accesso al sito storico avviene dal Piazzale delle pietre d’Italia, ristrutturato recentemente assieme all’intero complesso.

Attraversata la strada provinciale si accede alla zona del Sacrario vero e proprio, delimitata dalla catena della nave Grado strappata agli austriaci.

A questo punto, sulla destra vedo un’insegna che attrae il mio interesse: “trincea blindata”, ed eccola qua, un’enorme costruzione di pietra in cui non posso non infilarmi immaginando speranze, lunghe attese e sofferenze dei tanti che vi capitarono dentro, solo per servire la patria. Che emozione!

Si prosegue poi lungo la via Eroica, con le lapidi in bronzo a ricordare le 38 battaglie del Carso, fino ad arrivare ai piedi del Sacrario. Dal punto di vista architettonico la struttura dovrebbe dare l’idea di un esercito che scende dal cielo alla guida del suo comandante, il Duca d’Aosta Emanuele Filiberto, comandante della 3^ Armata, il cui sepolcro si trova appunto in fondo alla scalinata. Appena dietro, le tombe dei 5 generali della stessa Armata, fra cui anche un nostro concittadino forlivese, Tommaso Monti. Su ognuno dei 22 gradoni contenenti le tombe dei soldati identificati, ricorre all’infinito la parola PRESENTE. Nella parte culminante del Sacrario, dove svettano 3 croci di bronzo, ci sono 2 sepolcreti con ciò che resta di altri 60 mila soldati, mai identificati. E’ quindi qui che potrebbe essere il mio bisnonno, chissà…

Una curiosità: nel Sacrario è sepolta un’unica donna, una crocerossina che morì di febbre spagnola, ma tante altre ne perirono durante il conflitto.

Lasciato questo luogo suggestivo ma anche doloroso decidiamo di alleggerirci la giornata andando verso il mare, ovvero Grado, chiamata anche l’isola del sole.

Oltrepassiamo Aquileia e Palmanova, dove siamo già stati anni fa e che meritano sicuramente una visita approfondita e, sotto un cielo pazzerello ci avviciniamo alla laguna di Grado, che in questo clima settembrino appare davvero tranquilla e suggestiva.

Grado ci appare come una città ordinata e molto curata, più mitteleuropea che italiana. Moderni hotel di lusso per vacanzieri soprattutto stranieri si affiancano alle vecchie casette del borgo vecchio abilmente recuperate, in un contesto molto piacevole.

Ad impreziosire ancor di più il centro due chiese, una più bella dell’altra: la Basilica di S. Eufemia e quella di Santa Maria delle Grazie, entrambe in un sobrio stile paleocristiano. Se in un primo momento si pensa di trovarsi di fronte a repliche della basilica di Aquileia, ben presto ci si accorge che non è così: il tappeto musivo è qui quasi interamente a motivi geometrici, secondo lo stile bizantino. A Santa Maria delle Grazie c’è anche una concessione ai soggetti animali, nella fattispecie pesci.

Dal centro ci spostiamo sul Lungomare Nazario Sauro, per i gradesi “La diga”, in quanto fu costruito proprio per proteggere la città dalle mareggiate. Il panorama fra cielo e mare, con le nuvole che si addensano per poi lasciare posto al sole è fantastico! Pare che nelle giornate più limpide da qua si riesca a vedere nitidamente il profilo della costa triestina. In fondo al lungomare la spiaggia chiamata spiagia vecia.

Sulla piazza del municipio, aperture pavimentali trasparenti e passerelle svelano i resti della basilica della Corte, prima chiesa di Grado, risalente al IV° secolo.

Continuiamo la nostra passeggiata, fra ristorantini di pesce, bellissimi hotel ed ovunque foto in bianco e nero della Grado del tempo che fu. Questo posto ci piace proprio per il suo fascino un po’ retrò, raffinato e tranquillo.

In questa perla dell’Adriatico finisce la nostra vacanza friulana che ci ha mostrato scenari diversi fra loro ma sempre interessanti, che siamo contenti di avere scoperto.

Sicuramente torneremo presto, magari con un itinerario più alpino, alla scoperta dei paesaggi di montagna e di tanti altri borghi nascosti e dimenticati che però meritano interesse ed attenzione.

Per il secondo anno consecutivo siamo entusiasti di questo turismo di prossimità, lontano dalle mete più note ed affollate, che però ci permette di scoprire le tante bellezze, piccole e grandi, di cui la nostra bella Italia è piena.



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