In Etiopia sulle orme della Regina di Saba e dell’Arca dell’Alleanza

Giovedì 25 settembre 2014
Arriviamo a Malpensa alle 18.15, tre ore prima del volo Ethiopian Airlines per Addis Abeba. Il volo fa scalo a Roma, da cui riparte a mezzanotte. All’1.30 viene servita la cena mentre io sto crollando dal sonno. Spilucchio una coscia di pollo, dell’insalata di pasta al basilico e torno a dormire. L’aereo non è tra i più comodi perché le file dei posti sono troppo ravvicinate e riposo malissimo. Arriviamo ad Addis Abeba alle 5.15 ora italiana (ore 6.15 ora locale). La coda e il metodo per ottenere il visto sono ortodossi e impieghiamo 2 ore per terminare la pratica. Arriviamo al carosello dove consegnano i bagagli quando ormai la nostra valigia è già stata scaricata dal nastro.
Venerdì 26 settembre 2014
Fuori dall’aeroporto di Addis Abeba ci aspetta F, la nostra guida. Ci conduce con un piccolo pulmino all’hotel Capital, un hotel 5* in un quartiere in pieno fermento edilizio. Prima di entrare, dobbiamo fare passare tutto sotto il metal detector. L’hotel non è male: stanza e doccia ampia, senza ovviamente il bidet. Facciamo colazione al locale Le Parisien con brioche e cappuccino e poi ci dirigiamo alla Cattedrale della SS Trinità che ospita al suo interno la tomba di Hailè Selassiè, imperatore d’Etiopia, e della moglie. L’affresco della SS Trinità raffigura il divino in 3 rappresentazioni umane identiche, secondo canoni diversi da quelli della religione cattolica: in Etiopia la religione principale è quella cristiana ortodossa. L’interno della chiesa non suscita in me molto interesse, mentre invece osservo con attenzione i partecipanti a un funerale che si sta svolgendo e che sta richiamando molta gente (ho l’impressione che il defunto sia stato una persona molto in vista). Ci rechiamo al Museo Nazionale che ospita il calco di alcune ossa di Lucy, l’ominide fossilizzato vissuto 3,2 milioni di anni fa. La teca, scarsamente illuminata, risulta un po’ deludente e fa capire come i mezzi a disposizione dell’Etiopia per esaltare i propri reperti siano davvero esigui. Nel museo se ne trovano di altri come steli con scrittura sabea, il trono di Hailè Selassiè e quadri dell’artista Afewerk Tekle.
Il pranzo è nel locale italiano Makush, dove c’è un buffet con pasta al forno, cotoletta di manzo, pesce al pomodoro, spezzatino di pollo, patate, carote, fagiolini stufati, spiedini di frutta. Nel complesso il pasto raggiunge la sufficienza.
L’ascesa al monte Entoto è un vero immergersi nella vita di Addis Abeba. Lungo la strada si incontrano donne che portano sulle spalle enormi fascine di legna, asini e, a bordo strada, falò ancora da accendere, in occasione della festa del Meskel che ricorre proprio oggi. Si tratta di piccoli cumuli di legna rispetto al grande falò che verrà accesso alle 18.30 in piazza Meskel. L’aria di festa si percepisce anche osservando le bambine con addosso il vestito della festa e in mano le tipiche margherite gialle. È facile capire che in Etiopia, come in altre parti del mondo non occidentalizzato, la vita si svolge per strada e non tra le mura di casa.
Con due ore in anticipo rispetto all’inizio delle celebrazioni, accediamo come visitatori all’area transennata dove si svolgerà la festa di Meskel per assistere ai preparativi. Meskel è la festa della Croce e commemora il ritrovamento della croce da parte della regina Elena, madre di Costantino, dopo che era stata sepolta dagli Ebrei in mezzo a quella del ladroni. Gli uomini e le donne che sfilano con addosso il costume tipico della tribù di appartenenza intonano canti e danze accompagnati da tamburi. Tutti aspettano le 18.30, quando all’imbrunire verranno accesi sia il mega falò che è stato predisposto al centro della piazza che i bastoncini di cera che quasi ogni partecipante innalza a creare un’atmosfera suggestiva. Nel buio si intravedono tante piccole fiamme che accompagnano il fuoco del grande falò. Per gli Etiopi è festa grande, per noi Meskel diventa l’occasione per confonderci con loro e osservare il fervore con cui partecipano alla ricorrenza e i colori vivaci dei vestiti delle donne: scialli e abiti bianchi dai ricami sgargianti.
La cena è a buffet in hotel: linguine con funghi e pancetta, pollo, manzo, cavolfiori e broccoli scottati, pandispagna al cioccolato e fragole. Anche questi piatti non mi entusiasmano ma mi nutro per necessità: sono altre le cose che mi hanno spinto a visitare l’Etiopia.
Sabato 27 settembre 2014
Sveglia alle 5 con colazione alle 5.30. In hotel c’è ogni ben di Dio, ma il tempo è limitato. C’è un ottimo assortimento di dolci (assaggio un muffie, un mini pain au chocolat, mezza fetta di plumcake al cioccolato), cereali, frutta (mangio una bella coppetta di kiwi). C’è persino il cuoco che prepara le omelette sul momento. Riesco addirittura ad ottenere latte e caffè e per oggi è andata bene, per il futuro si vedrà. Alle 6 si parte con destinazione aeroporto-settore voli nazionali e da ora in poi cominciano le attese. Facciamo mezz’ora di coda semplicemente per entrare, facendo passare tutto sotto il metal detector e levandoci obbligatoriamente le scarpe; le leveremo di nuovo al controllo passaporti. Sarà per tutti questi leva e metti che si formano le code? Decolliamo alle 8.05 e arriviamo a Gondar, tappa intermedia per Lalibela, alle 8.55 con un atterraggio tutt’altro che delicato. Si riparte alle 9.20 con arrivo a Lalibela alle 9.50: l’atterraggio è di nuovo traballante e con frenata decisa. L’aereo ripartirà per Axum, una sorta di metropolitana dell’aria che collega le principali città etiopi.
L’aeroporto di Lalibela dista 25km dalla città stessa e la strada sale in tornanti circondati dal verde; ogni tanto si incontrano bambini che corrono a fianco del pulmino per salutarci, caprette che brucano, pastori che accompagnano il pascolo, capanne sparse nella campagna.
L’hotel Panoramic View sorge a ridosso di una vallata dove svolazzano i gipeti che passano molto tempo a lasciarsi trasportare dalle correnti calde. La veduta è strepitosa e l’hotel merita proprio il nome che porta. La nostra stanza, la n° 110 è spartana rispetto a quella di Addis Abeba, non c’è tv, telefono, gel doccia o shampoo.