Etiopia: la rotta storica e la festa del Timkat
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Un tour breve, ma intenso, per visitare i siti più significativi della storia e della civiltà etiope, a partire dal periodo pre-axumita del I° secolo a.C., iniziando dal museo etnografico di Addis Abeba, proseguendo per le chiese e i monasteri del lago Tana, i castelli medioevali di Gondar, le chiese monolitiche di Lalibela, le tombe e le stele di Axum.
Partiamo in 9 con volo da Venezia, via Roma, con ritardo di un paio d’ore in piena notte, per Addis Abeba, al centro di un altopiano a circa 2355 m., dove atterriamo al mattino. Buono il volo, sufficientemente spazioso il posto a sedere, pasti decorosi e personale molto disponibile. Ad attenderci la guida Nur, che si rivelerà molto competente e disponibile a soddisfare le nostre esigenze.
Dopo il passaggio in hotel (Siyonat, buono con wifi), andiamo a pranzo al Club Juventus con i sapori di casa nostra, prima di iniziare la visita di Addis Abeba (Nuovo Fiore), partendo dal Museo nazionale archeologico con i resti della famosa Lucy e un’interessante ricostruzione dell’evoluzione umana; quindi la cattedrale della Trinità copta, in amarico Kidist Selassie, costruita per commemorare la liberazione dell’Etiopia dall’occupazione italiana. A proposito, Nur chiarisce subito che gli etiopi sanno ben distinguere il regime fascista, che tanti lutti e rovine ha seminato nel loro Paese (ma ha anche lasciato tante strade, edifici pubblici, piazze e città e ovviamente spaghetti e pizza), dal popolo italiano che è molto apprezzato, come abbiamo constatato ad ogni incontro con la gente etiope, sempre cordiale e sorridente. Saliamo quindi al monte Entoto (3.200 m) per ammirare il panorama della città e, strada facendo, sostiamo al mercato per un primo assaggio di vita quotidiana.
BAHAR DAR – LAGO TANA – CASCATE DEL NILO AZZURRO
Al mattino sveglia all’alba per prendere l’aereo ad elica dell’Ethiopian Airlines, puntuale e con snack, dopo pressanti controlli di sicurezza e breve volo per Bahar Dar, con alloggio al Summer Land Hotel, decoroso e gustoso pranzo con pesce di lago.
Scaricati i bagagli in hotel, partiamo in direzione delle cascate del Nilo Azzurro (Tiss Issat, acqua che fuma), che nasce dal lago Tana, lungo una strada sterrata molto sconnessa e polverosa, con un viavai ininterrotto di persone in cammino, asini carichi di mercanzie, mucche scheletriche, pecore, capre, cani, carretti pieni di mercanzie, bambini che vanno a scuola, donne che trasportano sulla testa taniche d’acqua, fascine di legna, otri, pesanti sacchi di farina, spostandosi da un villaggio all’altro, o dirette o di ritorno dal mercato o dai campi. Attraversiamo il Nilo in barca e poi proseguiamo con una breve passeggiata, circondati da bambini che ci rincorrono proponendoci ogni cosa, ma senza invadenza, raggiungendo le cascate in una bella posizione scenografica, ma un po’ deludenti per la scarsa quantità d’acqua a causa della stagione secca e per la costruzione di una contestata diga, che ha notevolmente ridotto la portata del fiume. Dopo pranzo, dal vicino porticciolo, in barca partiamo per l’escursione sul lago Tana, il più grande d’Etiopia, a 1860 m/slm, con tante isole sulla quali si trovano numerosi monasteri risalenti al XV-XVI° secolo e, dopo circa un’ora e mezza, raggiungiamo la penisola di Zeghie dove, percorrendo un breve sentiero nel bosco tra capanne di sterco e paglia, visitiamo la chiesa di Ura Kidane Meheret, monastero copto di forma circolare risalente al 1600, con numerosi affreschi dai colori vivaci che ripropongono, con stile un po’ naif, scene tratte dai vangeli. Al ritorno sosta alle bancarelle lungo il sentiero e rientro a Bahar Dar in barca, con suggestivo tramonto sul lago.
GONDAR – FESTA DEL TIMKAT
Al mattino seguente, unico giorno di trasferimento via terra, che ci consente lungo i 170 km che uniscono Bahar Dar a Gondar di fermarci in alcuni villaggi immergendoci nella vita quotidiana etiope ed assaporare l’atmosfera che solo i mercato locali riescono a trasmettere, offrendoci l’opportunità di entrare in contatto diretto con la gente e i loro ritmi di vita, specialmente in quelle località fuori mano e poco frequentate dai turisti. Ci fermiamo così in un villaggio per assistere alla preparazione dell’injera, una focaccia piatta e spugnosa, fatta di miglio, sorgo e teff, base di ogni piatto etiope, un po’ acidula, sopra la quale vengono messi mucchietti di carne, verdure, salse di solito molto piccanti. Usando l’injera (rigorosamente con le mani) si appallottola un po’ di carne o di verdura come un involtino da infilare in bocca. L’insieme non è male, mentre da sola l’injera non fa una bella impressione. Dentro i mercati, come quello di Amussi, si vede di tutto, uno spettacolo di suoni e colori, fantasia e ingegno pratico applicato alle scarse risorse disponibili e riciclabili. Noi a guardare stupiti e ammirati, sotto il sole che scotta, tutto ciò che ci circonda e gli etiopi divertiti di questa inaspettata e di certo insolita incursione di curiosi farangi (stranieri). Assistiamo anche alla cerimonia del caffè, un rito con la tostatura dei chicchi, il passaggio sul mortaio, le cuccume dai lunghi becchi sulle braci con l’acqua bollente pronta per ricevere il prezioso caffè tostato ed il riempimento dall’alto delle tazzine disposte in un letto di aghi verdi a fare da contorno scenografico e segno di buon augurio. Con tante soste, inevitabile il ritardo con cui arriviamo a Gondar.
Pranzo veloce e raggiungiamo, non senza difficoltà per la chiusura delle strade, il centro della città dove passano in processione le copie dell’Arca dell’Alleanza (contenente nella leggenda le tavole dei dieci comandamenti). Siamo alla vigilia del Timkat, la festa religiosa forse più importante in Etiopia, nella quale si ricorda il battesimo di Gesù nel Giordano. Una marea di gente scorta i tabot, le Arche dell’Alleanza custodite in quattro chiese, verso il centro della città, con un suono assordante di ogni strumento musicale, canti e preghiere. I tabot sono avvolti in preziosi panni colorati portati in pellegrinaggio sulle teste dai sacerdoti con paramenti da cerimonia, e un corollario di monaci, ombrelli giganti e variopinti, fedeli e gruppi in costume, oltre a carri allegorici riproducenti scene dei Vangeli. Un tripudio di gente in festa in mezzo alla quale si viene coinvolti e travolti, cercando con difficoltà di non perdersi e di scattare qualche foto intrufolandosi fra le braccia protese dei “guardiani” che contengono la folla al passaggio delle Arche. Al termine saliamo su una gradinata da stadio a goderci lo spettacolo della gente in festa che ritorna a casa, con gruppi di fedeli colorati che si affrontano festosi sciamando da ogni parte. Rientriamo al Landmark Hotel, in bella posizione panoramica sulla collina, per la cena gustosa. La sorpresa ci aspetta in camera, non tanto per il cigno fatto con l’asciugamano sul letto, quanto per la doccia che, causa la scarsa propensione alla manutenzione evidenziata i tutti gli hotel etiopi, allaga tutta la camera ed anche il corridoio.
La mattina seguente sveglia alle 3 e 15 per trovare posto al castello di Zobel, attorno ai bagni di Fasiladas per la cerimonia. Nonostante la levataccia, l’impalcatura in legno è già piena di gente. Riusciamo a sistemarci nel corridoio inferiore con le gambe penzoloni. Sono le 4 del mattino, buio pesto, ci sono solo pochi lumini sopra la piscina e tutto attorno delle candele accese. Fa freddo. Dal castello proviene una nenia che durerà fino alle 8, quando inizia la cerimonia del Timkat. Fuori dalle mura del perimetro del castello e dei bagni migliaia di persone si sono radunate per la festa senza, ovviamente, riuscire ad entrare per assistere direttamente, ma partecipando con molto trasporto alla cerimonia di benedizione dell’acqua. Sugli alberi sono saliti a decine, in posizione anche alquanto pericolosa, per fare da speaker alla massa di fedeli. La luce del mattino consente di spaziare tutto attorno e ci si rende conto, con emozione, di trovarsi tra migliaia di persone in festa nel bel mezzo di un evento molto coinvolgente. Poi arrivano i cerimonieri per il clou con l’incenso, la predica del patriarca e la benedizione che dà il via al momento tanto atteso del battesimo collettivo: centinaia di giovani, anche qualche ragazza, si tuffano nella piscina e con improvvisati recipienti scagliano secchiate d’acqua benedetta sulla folla acclamante e festante e anche noi ci prendiamo la nostra razione. Un quadro scenografico spettacolare: gente che continua a tuffarsi, tutti che tirano acqua gli uni agli altri, clima di grande festa, preti agghindati con paramenti sgargianti e preziosi ombrelli multicolori che pregano, discepoli che cantano, gente travolta dall’euforia. Scendiamo dalle gradinate traballanti in legno protetti dalla polizia, passando sotto un arco umano per essere risucchiati in mezzo a migliaia di persone accorse per il Timkat. Percorriamo circa 200 metri letteralmente sollevati da terra, sospinti dalla marea di pellegrini, finché usciamo dalle mura e nell’ampio spazio riusciamo a tornare con i piedi per terra ed uscire dall’apnea. Ci guardiamo attorno stupiti, circondati da gente felice desiderosa di coinvolgere anche i farangi nella loro festa.
Rientriamo in hotel per la colazione, un break di riposo e poi via alla scoperta, con una graziosa guida in costume, di Gondar, i suoi castelli e palazzi risalenti al 1600 ben conservati, la chiesa di Debre Berhan Selassie (Monte della Luce della Trinità), con suggestivi murali di arte ortodossa etiope riproducenti episodi biblici e lo spettacolare soffitto dal quale ci osservano centinaia di cherubini. Ritorniamo al bagno del re Fasilidas dove ci sono ancora temerari che fanno il bagno e raggiungiamo il palazzo che l’imperatore Bacaffa (soprannominato “The Merciless”) fece costruire per sua moglie, l’imperatrice Mentewab, i cui resti sono conservati nella vicina chiesa di Kuskuam Maryam.
Lungo il percorso breve sosta anche all’insediamento di monaci novizi, che vivono in precarie capanne su un pendio scosceso e raggiungiamo poi il Falasha Village, dove un tempo viveva una florida comunità di falasha (gli ebrei etiopi), famosi per l’arte ceramica, molti dei quali furono trasferiti in Israele con un ponte aereo tra il 1985 e il 1991.
LALIBELA
Al mattino presto raggiungiamo l’aeroporto, soliti serrati controlli di sicurezza e aereo in ritardo di 2 ore. Finalmente si parte e, con un breve volo di soli 30 minuti, raggiungiamo Lalibela (in fuoristrada ci sarebbero volute 7 ore), a 2600 m/slm, soprannominata la Petra d’Africa. Pranzo al Lal Hotel e pomeriggio di visite alla prima parte delle chiese monolitiche scolpite nella roccia, risalenti al XII e XIII secolo, patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
All’imbrunire, fuori programma, raggiungiamo in collina il Ben Abeba, un locale avveniristico dal quale si gode un magnifico panorama a 360° e ci vene offerta dalla guida una squisita spremuta di avocado e papaia aspettando il tramonto che conclude la prima giornata a Lalibela.
Al mattino seguente riprendiamo la visita delle chiese rupestri, fra le quali quella più conosciuta di San Giorgio, formata da un unico blocco alto una quindicina di metri, nella parte superiore affiorante dalla montagna a forma di croce greca. Ci addentriamo per cunicoli e impervi passaggi che collegano le varie chiese scavate nel tufo rosso, che contengono dipinti, affreschi, antiche croci e qualche monaco sonnacchioso. Nel pomeriggio raggiungiamo, prima in pulmino e poi con una breve passeggiata, il monastero di Nakutoleab, del XVI° secolo, costruito dentro una roccia, molto ben conservato, con preziosi manoscritti, affreschi e croci copte ed un monaco molto disponibile a farci conoscere i tesori custoditi nel piccolo museo, e ad impartirci la benedizione. Lungo la strada visitiamo un’abitazione dalla quale fuoriescono festanti numerosi bambini: una grande stanza per il giorno ed una camera dove dormono in 9, i genitori e 7 figli. Sosta in paese per la cerimonia del caffè con una graziosa ragazza che nell’attesa ci sommerge di pop corn appena sfornati. Cena self service al Lal Hotel con le camere in tukul spaziosi, con doccia funzionante.
AXUM
All’alba trasferimento al minuscolo aeroporto e puntuale volo che in 40 minuti ci porta ad Axum, cittadina del reame axumita dal glorioso ed antico passato. Visitiamo il museo, le rovine del castello di re Kaleb, il Parco delle Stele, con gli obelischi risalenti al 300-500 d.C. e con la stele restituita dall’Italia all’Etiopia. Nel parco ci imbattiamo anche in un matrimonio dando un tocco farangi alla cerimonia. Colorato e molto scenografico il mercato della paglia, con manufatti di ogni colore e le donne sedute in cerchio attorno ad un gigantesco sicomoro. Una sosta anche al mercato tradizionale del sabato e quello degli animali, con gustose scenette di vita quotidiana. Ci soffermiamo poi nella colorata chiesa di Mariam of Tsion, molto luminosa e con giganteschi affreschi con vivaci colori che narrano episodi dei vangeli, e alla tomba di re Bazen. Rientrando in albergo, in 4 ci soffermiamo per intrufolarci tra le donne in preghiera nel cortile di una chiesa attorno alla quale stanno confluendo in numerosi gruppi. Incontriamo una donna, di nome Ethiopia, che era stata in Italia e parla molto bene la nostra lingua e ci intratteniamo mentre improvvisamente (come di consueto ci ricorda lei) sparisce la luce. Al buio ci ringrazia “per avere avuto il coraggio di visitare il suo paese” e ci chiede come mai gli italiani hanno paura di visitare l’Etiopia e l’Africa. Terrorismo e malattie da una parte, mancanza di strutture e disagi, per i meno viaggiatori, dall’altra… ma noi ci siamo. Qualcuno, come me, anche per la seconda volta. Baci e abbracci al buio e cena al Yeha Hotel, dove si mangia veramente bene, mentre le camere, con l’acqua razionata e la luce precaria, lasciano un po’ a desiderare.
Al mattino completiamo la visita di Axum con il Bagno e le rovine del Palazzo della Regina di Saba, appena fuori la città e ultimo giro per gli acquisti, prima del volo di rientro ad Addis Abeba. Cena con l’injera nel locale tipico Yod Abyssinia, con spettacolo e musica coinvolgente e poi di corsa all’aeroporto per il volo di rientro, via Roma, a Milano.
Tanti ricordi e tante emozioni nei dieci giorni frenetici vissuti tra chiese e castelli, palazzi e cascate, intrufolati fra la gente dei variopinti e chiassosi mercati o coinvolti nelle cerimonie religiose di una delle feste più importanti del Paese, per un viaggio molto interessante e di grande impatto emotivo.
Roberto Lazzarato