I parchi dell’Ovest

Siti utili: http://www.travelwest.net/ http://www.nps.gov/parks.html Viaggio all’insegna della natura, con paesaggi spettacolari e panorami mozzafiato. Abbiamo prenotato dall’Italia, tramite Agenzia, i voli, l’auto a noleggio e la prima e l’ultima notte a Las Vegas. In modo autonomo, via telefono, la notte presso il Grand Canyon...
Scritto da: ponente
i parchi dell'ovest
Partenza il: 21/05/1999
Ritorno il: 12/06/1999
Viaggiatori: in coppia
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Siti utili: http://www.Travelwest.Net/ http://www.Nps.Gov/parks.Html Viaggio all’insegna della natura, con paesaggi spettacolari e panorami mozzafiato.

Abbiamo prenotato dall’Italia, tramite Agenzia, i voli, l’auto a noleggio e la prima e l’ultima notte a Las Vegas. In modo autonomo, via telefono, la notte presso il Grand Canyon in quanto le sistemazioni all’interno del parco sono già esaurite molti mesi prima della data richiesta e volevamo essere certi di assicurarci una stanza . Tutti gli altri pernottamenti, decisi di sera in sera sul posto aiutandoci con le guide Utah e Wyoming della Lonely Planet, sono stati in Motel, una soluzione decisamente economica e confortevole. Tutte le stanze sono molto grandi (normalmente hanno 2 letti matrimoniali e un tavolino con sedie) e spesso sono dotate anche di forno a microonde e bollitore per the/caffè. Fate attenzione perché al prezzo che vi dicono bisogna sempre aggiungere le tasse che variano di stato in stato.

Consigliamo vivamente di stipulare una polizza medica perché in caso di necessità i costi sono salatissimi (leggerete poi in seguito).

Attenzione anche ai fusi orari. Las Vegas ha il pacific time (-9 ore rispetto all’Italia), lo Utah il Wyoming e il South Dakota il mountain time (-8 ore rispetto all’Italia), l’Arizona pur essendo nella fascia del mountain time non applica l’ora legale per cui la differenza è di -9 ore, la Monument Valley pur essendo in Arizona è gestita dagli indiani Navajo che applicano l’ora legale quindi siamo di nuovo a -8 Insomma c’è da perdere la testa !! Venerdì 21/05/1999 Levataccia alle 4, ma la verità è che non ho dormito quasi nulla anzi, nel cuore della notte, mi sono alzata per cambiare la disposizione degli effetti nelle valigie perché non ero convinta di come le avevo preparate.

Verso le 4.45 i genitori di Paolo passano a prenderci per accompagnarci all’Aeroporto di Bologna.

Al check-in ci consegnano entrambe le carte d’imbarco che ci porteranno fino negli Stati Uniti e, pazientemente, attendiamo la partenza del nostro volo per Milano.

Alle 6,40 ci imbarchiamo e dopo un brevissimo volo alle 7,45 siamo a Milano. Qui dobbiamo attendere un altro po’, il nostro volo Alitalia per Los Angeles è infatti previsto per le 10,25. Purtroppo, causa congestione aeroporto, viene annunciato uno slittamento del volo e così partiamo con circa un’ora di ritardo.

Il volo è piuttosto pieno e i posti che ci sono stati assegnati sono nella fila centrale e in coda, davanti a noi c’è un gruppo di ragazzi tedeschi che fa un gran baccano. Il volo è tranquillo e senza scossoni e, durante il passaggio sopra il circolo polare artico mentre cercavo di sgranchirmi un po’ le gambe, ho visto da un oblò il ghiaccio bianchissimo sotto di noi.

Purtroppo circa un’ora e mezza prima del nostro arrivo ho avuto una crisi d’ansia. La causa la attribuisco a molti fattori: in primis la stanchezza. Il giorno precedente la partenza ho lavorato regolarmente, anzi di più per lasciare le cose in ordine e la notte non ho praticamente dormito. Sull’aereo non sono quasi riuscita a chiudere occhio, i tedeschi facevano un “casino” infernale ed in più hanno bevuto non so quante bottigliette di vino, rovesciandone anche il contenuto. Io sono astemia e l’odore del vino misto all’odore di chiuso mi disgustava. Non riuscivo più a stare sul sedile, mi alzavo e mi risiedevo, avevo caldo ed immediatamente dopo freddo, avevo mal di testa e nausea e non ce la facevo più a stare chiusa dentro. Dico allo steward che mi sento male e gli chiedo di farmi sbarcare immediatamente una volta arrivati e lui, molto gentilmente, mi fa scendere subito.

Mi siedo su un banchetto e aspetto Paolo che, essendo in coda, ha dovuto aspettare che scendessero tutti. Sono circa le 14,30 e il nostro volo Delta è previsto per le 15,50.

Sto già meglio, ritiriamo i bagagli (da fare obbligatoriamente una volta arrivati in USA anche se la destinazione finale non è quella ed è previsto un altro volo interno) e sbrighiamo le formalità doganali. Ci rechiamo poi al banco transiti dove ci re-imbarcano i bagagli e ci indicano dov’è il terminal dal quale partirà il nostro volo. Ci consigliano di prendere la navetta ma preferisco fare due passi per riattivare la circolazione e respirare un po’ d’aria (anche se non è delle migliori). Quando raggiungiamo il gate l’imbarco è già cominciato, ci mettiamo in fila e puntualissimi partiamo per Las Vegas. Sono riuscita ad avere un posto finestrino e vedo che il paesaggio, da appena fuori Los Angeles fino a destinazione, è completamente desertico. Poco prima delle 17, dopo un breve volo, siamo a Las Vegas !! Cerchiamo la fermata dell’autobus navetta che ci porterà alla Alamo per ritirare l’auto. La compilazione dei documenti è rapida e ci consegnano la chiave. Ci siamo trattati bene e abbiamo scelto una Chevrolet Malibu 3500 cc. Di cilindrata con aria condizionata, cambio e acceleratore automatico. L’auto è perfetta e, appena fuori dal parcheggio, Paolo nel cercare la frizione (che naturalmente non c’è), spinge il freno e blocca l’auto. Ma bastano poche centinaia di metri per abituarsi alla nuova “guida”. Raggiungiamo il nostro albergo, prenotato dall’Italia, che è il Circus Circus http://www.Circuscircus.Com/index2.Php sulla Strip. E’ mastodontico, all’interno oltre al consueto casinò e a tutti i servizi di un grande albergo, c’è addirittura un parco giochi al coperto. Siamo sfiniti ed io non sono ancora perfettamente in sesto, decidiamo così di andare a dormire e di dedicarci alla visita di Las Vegas l’ultimo giorno, quando ritorneremo in città per ripartire per l’Italia. Sabato 22/05 A causa del jet lag ed anche perché sto dormendo da circa 10 ore prima delle 6 sono già in piedi.

Mi sento in gran forma, meno male !! Faccio una doccia e nel frattempo anche Paolo si sveglia. Scendiamo per la colazione in uno dei tanti ristoranti dell’albergo dove, al prezzo di $ 5.89, si può mangiare di tutto e di più senza nessun limite se non quello del proprio stomaco. C’è solo l’imbarazzo della scelta: torte, brioches, frutta fresca, macedonia, uova e bacon, salsicce, e tanto altro ancora.

Dopo una lauta colazione, carichiamo l’auto e partiamo con destinazione Zion National Park. Una considerazione di carattere generale sui parchi: sono tutti meravigliosi, ben tenuti, con molti servizi e personale gentile. Consigliamo vivamente di visitare sempre il Centro Visite che fornisce cartine e materiale gratuito e dà una visione generale della zona, con informazioni sulla storia, gli insediamenti, la flora, la fauna, la morfologia e la geologia dell’area. Prendiamo la Highway 15, inutile dire che le strade sono larghissime, in perfette condizioni e assolutamente senza traffico. La giornata è caldissima e tutto intorno c’è il deserto. Ogni tanto c’è un’area di servizio dove, oltre naturalmente alle pompe di benzina, si trovano sempre telefoni e bagni pubblici, un piccolo supermercato che vende di tutto e un fast food. Dopo circa 290 Km. Arriviamo a Zion. All’ingresso acquistiamo, al prezzo di 50 $, il Golden Pass che dà diritto all’ingresso in tutti i parchi statali. Una strada asfaltata di 11 Km. Corre parallela al Virgin River mentre sopra le nostre teste si innalzano rocce dalle sfumature variopinte. Ci sono diverse aree di parcheggio dove fermarsi per scattare fotografie e da cui si dipartono comodi sentieri pedonali. Noi abbiamo percorso il breve e asfaltato Court of the Patriarchs Viewpoint Trail. Un po’ più lungo è il sentiero che conduce alle Emerald Pools circa 3,3 Km. A/r, ma non è difficile e a mio avviso ne vale la pena. Noi siamo saliti fino alla piscina superiore e lo spettacolo è splendido. Siamo tornati percorrendo un altro sentiero così da vedere altri panorami. Ripresa l’auto ci siamo fermati al Weeping Rock Trail (800 mt.) che porta a dei giardini pensili dove zampilla acqua dall’alto. Siamo quindi arrivati alla fine della strada dove parte il Gateway to the Narrows Trail, un sentiero lungo 3,3 Km. A/r asfaltato e quasi in piano che costeggia il fiume Virgin alla base del canyon e conduce ad un punto dove le pareti sono veramente vicine. E’ possibile proseguire ancora fino a The Narrows, ma per farlo bisogna attraversare il fiume e proseguire in parte con i piedi a mollo. Decidiamo di tornare indietro anche perché comincia ad essere un po’ tardi. Abbiamo speso molte ore all’interno del parco, usciamo dall’uscita est e ci fermiamo al punto panoramico per ammirare la Checkerboard Mesa (la mesa a scacchiera) per il particolare disegno formato dalle rocce. Con la luce del tardo pomeriggio i colori risaltano ancor di più ed è proprio un bello spettacolo. Ci fermiamo a Orderville allo Starlite Motel ($ 32,90). Una struttura semplicissima ma decorosa gestita da una signora della Repubblica Ceca. E’ per questo che per la nostra prima cena negli States scegliamo gulasch ($12).

Domenica 23/05 Il jet lag si fa ancora sentire e quindi anche questa mattina ci alziamo prestissimo. Il tempo è splendido e decidiamo di visitare il Coral Pink Sand Dunes State Park. Per arrivarci riprendiamo la hwy 89 verso Zion, ma anziché prendere la deviazione per il parco si procede sulla strada nazionale. Dopo pochi Km. C’è la deviazione per il Coral Pink. Percorriamo circa 20 Km. Di strada non in perfette condizioni e arriviamo all’ingresso. E’ domenica mattina ed è prestissimo, non c’è nessuno in giro. Ci guardiamo un po’ attorno e poi decidiamo di superare il cancelletto d’ingresso. E’ uno strano posto: tutto intorno ci sono montagne alte 2000 m. E solo qui c’è deserto di sabbia rosa con dune anche molto alte. Il fenomeno è causato da quello che viene denominato “effetto venturi”. Il vento, incanalandosi nel passaggio tra le catene montuose Moquith e Moccasin aumenta talmente di velocità che erode la pietra navajo. Uscendo dal “tunnel” e trovando la valle aperta, il vento perde di velocità e la sabbia si deposita. Quando usciamo dal parco è arrivato il ranger al quale paghiamo il biglietto d’ingresso di $2. Riprendiamo l’auto e torniamo sulla hwy 89. La nostra prossima tappa è il Bryce Canyon. Percorriamo circa 80 Km. Fino alla deviazione per il parco. Man mano che ci avviciniamo le soste per scattare fotografie si fanno sempre più frequenti. Superato l’ingresso del parco la strada asfaltata prosegue per 32 Km. E termina al Rainbow Point ad un’altitudine di 2778 m. Noi, come sempre, ci siamo fermati presso tutti i punti di sosta per ammirare il paesaggio e scattare fotografie; a mio parere il punto panoramico più bello è il Sunrise Point da cui si vedono tutti i pinnacoli disposti ad anfiteatro con colori che vanno dal rosso fuoco, al rosa e al bianco. Abbiamo inoltre percorso il sentiero, lungo circa 1,5 Km. (solo andata) che parte dal Sunrise Point e prosegue all’interno del Canyon. Non è difficile, ma è piuttosto faticoso. Lungo il bordo del Canyon la temperatura è più che accettabile anzi, essendo a 2000 mt. Il venticello è anche piuttosto fresco. Ma quando si scende all’interno le cose cambiano. Le pareti del Canyon impediscono al vento di soffiare e le rocce trasudano calore, per cui bisogna assolutamente portarsi molta acqua. Il caldo è esagerato e la salita piuttosto ripida e io, che non sono particolarmente allenata, sono arrivata in cima con la lingua lunga. Per la prima volta vediamo un cane della prateria, un simpatico animaletto simile ad una talpa ma più piccolino. Non risulta invece molto simpatico agli agricoltori, in quanto fa buchi e scava gallerie rovinando il raccolto. Uscendo dal parco ci siamo fermati a mangiare qualcosa presso il Ruby’s Inn, un complesso che comprende un hotel della Best Western, un campeggio, una steak-house e un negozio che vende un po’ di tutto. Prendiamo la hwy 12 verso il parco di Capitol Reef. La strada, che costeggia l’Escalante Canyon, è davvero panoramica e il paesaggio spettacolare. Verso sera arriviamo a Boulder, un minuscolo paesino (anzi non si può definire nemmeno tale) dove pernottiamo al Pole’s Place ($52). Il motel si trova proprio di fronte all’ Anasazi Indian Village State Park, un sito archeologico che illustra la storia degli indiani d’America con resti risalenti al periodo tra il 1050 e il 1200.

Abbiamo saltato la cena!! Fate attenzione perché i paesini, anche se riportati sulla carta, sono molto spesso talmente piccoli da non avere neanche un ristorante. Fortunatamente quasi sempre si trova un negozio che vende un po’ di tutto e dove si può rimediare qualche cosa. Lunedì 24/05 Anche oggi è una splendida giornata di sole. Ripartiamo dirigendoci verso Torrey dove, imbocchiamo la hwy 24 per il Capitol Reef National Park. La prima sosta è al Gooseneck Overview che si raggiunge per il brevissimo Gooseneck Trail. Si tratta di una lastra di roccia a strapiombo sopra la vallata, ma non mi trattengo molto perché con il vuoto tutto intorno mi sento vulnerabile ed ho un senso di vertigine. Dopo la solita sosta al Visitor Centre ci dirigiamo verso Fruita, un insediamento mormone del 1880, ci sono giardini curati e alberi da frutto ed è possibile visitare le costruzioni della fine del secolo scorso. Dalla Scenic Road, lunga circa 40 Km. A/r partono diversi sentieri. Noi abbiamo imboccato la strada che conduce al Grand Wash (non percorribile in caso di pioggia) fino al parcheggio dove obbligatoriamente bisogna lasciare l’auto. Da qui abbiamo proseguito a piedi lungo il sentiero, costituito dal letto del fiume completamento secco, fino ad incontrare i narrows, che sono canyon piuttosto stretti; si dice che da queste parti si nascondesse Butch Cassidy. Ritornati sulla Scenic Road abbiamo proseguito fino al suo termine dove si vedono diverse formazioni rocciose dai nomi che ricordano le loro forme: Egyptian Temple e Golden Throne. Ripercorriamo in senso inverso la Scenic Road e, uscendo dal parco, ci fermiamo ad ammirare i petroglifi indiani. Proseguiamo poi verso nord seguendo la hwy 24 e, arrivati al bivio di Hanksville, ci fermiamo ad un supermercato per acquistare qualcosa da mangiare ed evitare di incappare nell’errore di ieri. Proseguiamo fino all’Interstate 70 che percorriamo per 55 Km. Fino allo svincolo per Moab. Nel frattempo il tempo è cambiato e minacciosi nuvoloni promettono pioggia. Poco prima di raggiungere Moab prendiamo la deviazione sulla destra per il Canyonlands National Park (route 313). Il Canyonlands è un parco enorme formato da 3 zone distinte: Island in the Sky, The Needles e Maze il più selvaggio, con poche strade, molto spesso percorribili solo da mezzi a 4 ruote motrici. Decidiamo quindi di visitare la parte denominata Island in the Sky che è la più accessibile. Come sempre, i punti panoramici all’interno del parco non si contano e le soste si susseguono. A Shafer Canyon overlook incontriamo un argentino di origini italiane che scambia due parole con noi. La sosta successiva è per percorrere il breve sentiero denominato Upheaval Dome, che conduce ad un punto dove si può osservare un cratere che si pensa originato dalla collisione di un meteorite con la crosta terrestre. Imbocchiamo una strada sterrata che si trova tra le due strade che delimitano l’area di Island in the Sky per arrivare al Green River Overlook da dove, con un po’ di fatica, si riesce a vedere il fiume che scorre 600 m. Più in basso. La sosta successiva è il Grand View Point Overlook, un posto spettacolare!! 350 metri più in basso c’è uno zoccolo di arenaria tagliato da canyon e spaccature, altri 300 m. Più in basso (si fanno fatica a vedere) scorrono il Colorado e il Green River che confluiscono proprio in questa zona. Nel frattempo è cominciato a piovere e il paesaggio è inquietante. Il cielo è grigio e i colori non risaltano, vediamo questa immensa area (credetemi si estende a perdita d’occhio) di colore quasi uniforme con un cielo altrettanto uniforme squarciato da lampi e saette. Ho un po’ paura e decidiamo di andare. Arriviamo a Moab, che dista circa 50 Km. Dal parco, e decidiamo di fermarci presso il Rustic Inn ($ 50,51) un motel decisamente carino. Su consiglio del proprietario andiamo a cena al Fat City ($ 37.28) dove gustiamo la nostra prima bisteccona americana servita con “baked potatoes”, veramente squisita !! Martedì 25/05 Oggi il tempo è incerto, ma non ci facciamo certo scoraggiare, vogliamo tentare il rafting sul fiume Colorado. Lungo Main Street ci sono molte agenzie specializzate che organizzano questo tipo di attività, noi ci siamo rivolti alla Canyonlands Tours. ++++++ Entrati ci siamo informati se per quel giorno era prevista un’escursione e, avuta la conferma, ci siamo fatti spiegare in cosa consisteva e soprattutto se era una cosa fattibile anche da inesperti come noi. Ci hanno spiegato che la discesa era in raft, una specie di gommone, che portava 8 persone più la guida e che, ad ogni partecipante, veniva richiesto di pagaiare. Decidiamo di partecipare all’escursione di mezza giornata ($73,27 x 2 pax). Ci consegnano il giubbotto salvagente e ci consigliano di indossare sandali (che però noi non abbiamo). La partenza è prevista per le 8,30, saliamo su un pulmino assieme a tutti gli altri componenti della spedizione e imbocchiamo la statale 128 Colorado River Byway. I panorami sono in vero stile western. A lato della strada corre il Colorado con le sue acque limacciose color ruggine, le montagne intorno di colore rosso evocano nella forma e nel nome paesaggi a noi familiari. I luoghi più significativi sono la Castle Rock, scelto come simbolo da una famosa casa di produzione americana, e la Fisher Tower. In questa zona, come ci spiega la guida, sono stati girati moltissimi film, tra i più famosi ci sono Scappo dalla città con Billy Christal, Geronimo e Thelma e Louise. Come se non bastasse passiamo davanti al ranch di proprietà niente di meno che di John Wayne. Arrivati all’imbarco notiamo che ci sono diverse altre spedizioni, e qui assistiamo ad una scena curiosa. I gommoni vengono trasportati su un rimorchio ovviamente agganciato al pulmino e, per farli scendere in acqua, gli autisti vanno in retromarcia lungo uno scivolo d’alaggio fino vicino alla riva dove i gommoni vengono scaricati. Un’autista di non so quale compagnia, si era messo in posizione ed era sceso dal pulmino per sganciare i gommoni, ma forse per il peso, forse perché il freno a mano non teneva molto bene, improvvisamente il pulmino é scivolato all’indietro fino ad entrare completamente in acqua. L’autista e le guide erano disperati. Hanno cominciato con lo sganciare il rimorchio poi, con l’aiuto del personale delle altre agenzie, hanno agganciato con un verricello il pulmino ad una jeep che ha cominciato a tirare. Finché l’auto è rimasta sull’asfalto dell’alaggio la cosa stava riuscendo, anche se lo sforzo era veramente improbo e il fumo e il rumore prodotto erano notevoli. Quando però la jeep è arrivata sulla ghiaia, le ruote slittavano e più l’autista accelerava, più si faceva il buco sotto le ruote. Non era possibile tirarlo fuori più di così. A quel punto l’autista del pulmino è salito ed ha provato a mettere in moto. Non ci avrei scommesso una lira e invece dopo vari tentativi il motore, scoppiettando un’ultima volta e sputando fuori un fiotto d’acqua dal tubo di scappamento, è andato in moto. Dopo il divertente siparietto, i nostri accompagnatori hanno messo in acqua 3 gommoni, ci hanno detto di indossare il giubbotto salvagente, hanno messo le nostre apparecchiature fotografiche al sicuro in una sacca stagna, ci hanno spiegato come dovevamo pagaiare e che cosa avremmo dovuto fare nella malaugurata eventualità che qualcuno di noi fosse caduto in acqua. Finalmente partiamo. La prima parte del viaggio è semplice e gradevole, il fiume è calmo e c’è il tempo per vedere il paesaggio attorno a noi. Poi cominciamo le rapide di II° e III° classe e, almeno per quello che mi riguarda, tutto il mio sforzo é concentrato nella pagaiata e nel seguire le istruzioni che la nostra guida a poppa ci dava. E’ stato divertentissimo anche se, una volta arrivati a destinazione qualche Km. Più a valle, siamo bagnati come dei pulcini. Per fortuna il cielo si è aperto ed un bel sole ci riscalda. Risaliamo sul pulmino che ci riporta a Moab dove la nostra guida ci informa che, se vogliamo, possiamo prenotare delle fotografie che ci sono state scattate durante la navigazione. Ritornati in città, guardiamo i provini e prenotiamo un paio di fotografie che ci verranno spedite direttamente a casa. Cambiate le scarpe, completamente inzuppate, riprendiamo l’auto e ci dirigiamo verso il parco di Arches che si trova appena 8 Km. A nord di Moab. Anche qui, dalla strada principale all’interno del parco, che è asfaltata e si sviluppa per una trentina di Km., partono molti comodi sentieri. Ci fermiamo presso tutti i viewpoints, da cui vediamo anche i Monti LaSal coperti di neve, ma la prima “vera” sosta è presso la Balanced Rock, una roccia in bilico che ricorda quelle che Wil Coyote lancia a Bip Bip.

Subito dopo la Balanced Rock imbocchiamo la strada a destra che, dopo 4 Km., conduce alla Windows Section. Dal parcheggio situato in fondo alla strada, con brevi passeggiate si possono ammirare bellissimi archi fra cui il Double Arch. Ritorniamo sulla strada principale e imbocchiamo il successivo bivio a destra per visitare il Wolfe Ranch, una baracca di tronchi costruita nel 1908. Poco dopo la baracca parte il sentiero che conduce al Delicate Arch, uno degli archi più belli e famosi. Decidiamo di non percorrere il sentiero per diversi motivi, innanzitutto siamo nelle ore più calde della giornata e il sentiero, lungo 5 Km. È molto ripido e in pieno sole, non ci sono alberi per ristorarsi un attimo. Inoltre arrivando fin sotto l’arco non è possibile fotografarlo tanto è imponente. Decidiamo di prendere un altro sentiero, anche questo ripido e faticoso, che in circa un Km. Porta ad un punto panoramico da cui è possibile vedere bene il Delicate Arch. Riprendiamo l’auto e ritorniamo sulla strada principale dove proseguiamo ancora per lo Skyline Arch e quindi per i Devils Garden. Da qui, prendiamo il sentiero che in circa 1,5 Km. Porta al Landscape Arch, il più grande di tutti. Nel frattempo il sole si è abbassato ed è sparito dietro le montagne e l’aria si è rinfrescata. Bisogna aver con sé sempre una giacca o un maglione perché quando il sole picchia, come è successo oggi durante l’escursione al Delicate Arch, fa veramente molto caldo e si rischiano colpi di calore, appena il sole scende l’aria si raffredda. Non dimentichiamo che siamo a circa 1300 mt.Di altitudine !! Sulla strada del ritorno, ci fermiamo al Sand Dune Arch che si raggiunge con un breve sentiero di 600 mt. E ci avviamo poi verso l’uscita. Nell’organizzare le visite ai parchi prendetevi del tempo e non pensiate che si tratti di visite veloci. Guardando le cartine si può cadere in errore perché, come nel caso dell’Arches, la strada principale che attraversa il parco è lunga solo 38 Km., ma se considerate le soste che si fanno per ammirare i punti panoramici, le deviazioni che si prendono per visitare meglio l’area, i sentieri che si percorrono a piedi, una giornata è appena sufficiente per una visita sommaria. Noi siamo rimasti dalle 13 fino al tramonto e avremmo voluto trattenerci ancora. Ceniamo di nuovo al Fat City ($37,28) e dormiamo al Rustic Inn.

Mercoledì 26/05 Oggi lunghissima tappa di trasferimento (circa 700 Km.), lasciamo lo Utah per dirigerci verso nord nel Wyoming. Da Moab, prendiamo la Hwy 191 verso nord fino a raggiungere la Intestate 70. Puntiamo ad ovest e lasciamo la Intestate all’uscita per Price. Riprendiamo ancora la 191 verso nord, superiamo gli abitati di Price e Helper ed arriviamo alla Interstate 15. La imbocchiamo dirigendoci verso Salt Lake City, capitale dello Utah. Rimaniamo sulla I15 fino alla deviazione per Logan, che si trova subito dopo l’abitato di Brigham City. Da Logan prendiamo la Hwy 89, la Logan Canyon Scenic Drive che attraversa foreste verdissime e lungo la quale si trovano sentieri, aree per picnic, campeggi e punti per pescare . Il paesaggio è decisamente cambiato: sono sparite le rocce rosse e i panorami desertici per lasciar spazio a montagne dalle cime innevate e boschi verdissimi. A circa 50 Km.Da Logan si incontra il punto panoramico del Bear Lake che appare giù in basso di un colore azzurro intenso. La strada comincia a scendere fino a raggiungere le rive del lago dove si trova il minuscolo villaggio di Garden City. Proseguiamo ancora verso nord attraversando il minuscolo abitato di Paris. Arriviamo ad Afton dove ci fermiamo a dormire al Corral Motel ($45). Gli chalet sono costruiti in legno ed anche i mobili all’interno sono tutti in legno. E’ un posto molto carino in vero stile western !! Giovedì 27/05 Proseguiamo ancora verso nord lungo la Hwy 89 fino ad arrivare a Jackson. E’ un posto molto turistico e caro, Harrison Ford ha la casa qui così come altri attori famosi e i prezzi sono alti. Facciamo comunque una sosta e troviamo un parcheggio proprio in pieno centro, vicino a Town Square una piazza i cui angoli sono ornati con archi di corna d’alce. Facciamo un giro nel centro, cercando gli edifici autenticamente vecchi (pochini per la verità) e non quelli costruiti in stile. Comunque è una calda giornata di sole, il cielo è blu intenso e la passeggiata è molto piacevole. Ci fermiamo all’ufficio del turismo dove ci facciamo dare i numeri di telefono per prenotare i pernottamenti all’interno dello Yellostone Park. Seguendo le indicazioni della Lonely Planet la mia intenzione sarebbe quella di pernottare presso l’Old Faithful Lodge Cabin, ma purtroppo è tutto pieno e ripieghiamo sul Mammouth Hot Spring Cabin ($83,16), siamo comunque contenti perché, anche se non siamo in alta stagione, non è sempre facile trovare posto all’interno del parco prenotando all’ultimo minuto. A mio avviso è opportuno telefonare preparati, conoscendo un po’ le sistemazioni all’interno del parco, la loro ubicazione e il tipo di servizio offerto. Altrimenti quando la signorina comincerà ad elencare tutte le opzioni disponibili con i relativi prezzi si rischia di far confusione e di non sapere cosa scegliere. Comunque, una volta scelta la sistemazione, le operazioni sono semplici: basta comunicare il numero di carta di credito (il lasciapassare per ogni situazione) e si riceve in cambio il numero della prenotazione da presentare all’arrivo alla reception. Riprendiamo l’auto e proseguendo ancora verso nord, attraversando il Grand Teton National Park, alle 13 arriviamo finalmente ad Yellostone dove entriamo dalla South Entrance.

Il paesaggio è subito da togliere il fiato. La strada è pulita, ma ai suoi bordi è ammonticchiata tanta neve, parallelo alla strada corre il fiume Lewis e tutto intorno ci sono montagne dalle cime innevate e boschi di conifere. Ci fermiamo a scattare fotografie e, scendendo dall’auto ci rendiamo conto che nonostante la neve, la temperatura è molto piacevole e non fa assolutamente freddo. La strada principale all’interno del parco (Grand Loop Road) é in ottime condizioni ed asfaltata, ha all’incirca la forma di un otto, è lunga 230 Km. E bisogna informarsi sulla percorribilità perché dai primi di novembre ai primi di giugno molte parti sono chiuse per neve. Arriviamo al bivio di West Thumb e puntiamo a sinistra verso l’Old Faithful. Il Vecchio Fedele è un geyser che da sempre erutta regolarmente ogni 75 minuti e lancia in aria acqua e vapore fino ad un’altezza di 60 metri. La zona è servitissima, ci sono alberghi, ristoranti, negozi, pompe di benzina e il centro visitatori, ma in questo periodo di bassa stagione e fuori dai weekends non c’è molta gente e la visita è agevole. Controlliamo nel tabellone esposto a che ora è prevista la prossima eruzione e per ingannare il tempo andiamo a dare un’occhiata all’Old Faithful Inn, un albergo costruito tra il 1903 e il 1928. E’ in stile western, completamente in legno e nella hall c’è un caminetto in pietra di dimensioni enormi. Ci portiamo nei pressi del geyser e ci prepariamo con macchina fotografica e videocamera ed ecco che, puntualmente, il Vecchio Fedele comincia il suo show. Anche se il fenomeno lo abbiamo già visto in decine di documentari, l’emozione che si prova nell’essere di fronte a questo spettacolo è indicibile. Dal geyser più famoso parte una bellissima passeggiata su di una passerella in legno che passa vicino ad altri fenomeni naturali. Non bisogna assolutamente lasciare la passerella in quando la crosta è molto sottile e si rischia di finire lessati in acqua. Lungo il percorso incontriamo altri geyser che ci regalano eruzioni, pozze in ebollizione e soprattutto tante marmotte. Non hanno paura ed hanno un musino delizioso. Attraversiamo un ponte di legno sul fiume Firehole River e rientriamo all’Old Faithful. Proseguiamo senza altre soste verso nord fino al nostro lodge in quanto il check-in deve essere effettuato entro le ore 17 per non rischiare di perdere la stanza. Le uniche soste che ci concediamo sono per fotografare gli animali, vediamo altre marmotte, scoiattoli, cervimuli e un lupo. Prendiamo possesso del nostro bungalow che ha una splendida veranda illuminata dalla luce rossa del sole al tramonto. Decidiamo di fare un giretto e vedere le terrazze di carbonato di calcio di Mammouth ma ci limitiamo alla zona più vicina al lodge in quanto sta facendo buio ed è freschino. Compriamo delle cartoline e andiamo a cena al ristorante che si trova di fianco al Lodge ($32,28) Venerdì 28/05 C’è un sole meraviglioso e abbiamo tutta la giornata davanti a noi per vedere gli angoli più interessanti e caratteristici del parco !! Cominciamo dalle terrazze di calcare che si trovano accanto all’albergo, c’è un sentiero che gira attorno a quelle più basse mentre, per quelle più alte, bisogna prendere l’auto e percorrere una strada a senso unico che ne fa il giro. Le soste successive sono a Indian Creek e a Sheepeater Cliff dove c’è una parete rocciosa con delle strane formazioni a righe verticali da dove si staccano rocce basaltiche a forma di parallelepipedo. Negli anfratti delle rocce è pieno di marmotte che giocano e si rincorrono, riusciamo a seguirne i movimenti utilizzando i nostri binocoli, fortemente raccomandati. Proseguiamo verso il Norris Geyser Basin dove un facile sentiero permette di muoversi tra geyser, soffioni e solfatare. Il problema è che, circa a metà strada, l‘odore nauseabondo provocato dallo zolfo mi prende allo stomaco. Velocizziamo il passo e giro con la mano davanti al naso e alla bocca cercando un sentiero che si allontani dalla zona “incriminata”. Ripresa l’auto ci dirigiamo verso il Canyon Village da dove, una strada secondaria a senso unico, porta alla Lower Falls. Parcheggiata l’auto è possibile percorrere facili sentieri per avvicinarsi alla cascata ed affacciarsi dai belvedere più panoramici. Ripresa la strada principale ecco subito pronta un’altra deviazione per le Upper Falls da dove, altrettanto comodi sentieri permettono di vedere le cascate da un’altra angolazione. La strada prosegue parallela allo Yellostone River, passiamo vicino ad altri punti con fenomeni geotermali, dove ci sono pozze con acqua fangosa color giallo ocra ma sostiamo poco per evitare altri fastidiosi problemi allo stomaco. Arriviamo così allo Yellostone Lake dove, durante l’estate, è possibile fare crociere o noleggiare barche. Lungo la strada che costeggia il lago vediamo strani movimenti, moltissime macchine parcheggiate ai bordi della strada, camionette dei rangers e persone con dei teleobiettivi potentissimi. Certamente c’è un avvistamento importante, ci fermiamo anche noi, prendiamo i binocoli e vediamo subito il motivo di tanta animazione: non troppo lontano dalla strada c’è un grizzly che sta rovistando nel terreno. Ne approfittiamo per scattare fotografie e girare metri di pellicola e continuiamo a seguirlo con lo sguardo finché non sparisce in mezzo alla vegetazione. Siamo emozionati e felici, non è così facile avvistare gli orsi !! Proseguiamo sulla strada principale, fermandoci ad ogni viewpoint segnalato e per concludere in bellezza la giornata avvistiamo anche un alce. Purtroppo si è fatto tardi e dobbiamo rientrare. Ceniamo al fast food di fianco al Lodge.

Sabato 29/05 Questa mattina piove a dirotto. Ci riteniamo veramente fortunati per aver avuto durante la permanenza al parco 2 giornate calde e soleggiate. Riprendiamo molte delle strade percorse ieri e lasciamo Yellostone dalla East Entrance in direzione di Cody. Poco dopo l’uscita ci fermiamo per vedere, in uno specchio d’acqua ai lati della strada, un’alce con due piccoli. Siamo veramente nel selvaggio west !! Praterie a perdita d’occhio; ingressi ai ranch segnalati da insegne in ferro battuto che dondolano mosse dal vento, appese ai gioghi dei buoi; per la strada quasi esclusivamente pick-up guidati da mandriani vestiti con il capellone da cow-boy e stivali. Potrebbe sembrare un set cinematografico, ma non lo é.

Prima di arrivare a Cody ci fermiamo a visitare l’Old Trail Museum (4 $) che è costituito da vecchie costruzioni della zona che sono state trasferite qui. Ci sono il saloon, la scuola, l’ufficio postale, gli empori, la prigione e oggetti di uso quotidiano. C’è anche un piccolo cimitero con le tombe di alcuni personaggi leggendari tra cui quella di John “Liver Eating” Johnson diventato famoso dopo la realizzazione del film “Jeremiah Johnson” che raccontava della sua vita. Purtroppo piove a dirotto e la visita è un po’ condizionata dal tempo. Ci trasferiamo poi al Buffalo Bill Historical Centre (20 $ per 2 pax). E’ un posto molto grande e la visita richiede diverse ore. Nel museo ci sono molte sezioni, oltre ad una biblioteca, un fornitissimo negozio di souvenirs e una sala cinematografica. Una sezione racconta la storia dell’abitante più illustre di Cody, Mr.William F.Cody meglio conosciuto come Buffalo Bill. Una sezione mostra attrezzi, abiti e oggetti di uso quotidiano di molte tribù indiane, c’e anche la ricostruzione di un villaggio. Un’altra ancora è interamente dedicata alle armi. Ci tratteniamo fino a pomeriggio inoltrato finché decidiamo di rimetterci in macchina per proseguire ancora un po’ prima di cercare una sistemazione per la notte. Nel frattempo ha smesso di piovere e, anche se il cielo è ancora molto scuro, ogni tanto fa capolino il sole. La strada sale e passa attraverso la Bighorn National Forest, tristemente famosa per la battaglia di Little Bighorn. Il sito della battaglia, diventato historical centre, ha un centro visitatori e si trova circa 100 Km. A nord di Sheridan. Saliamo ancora, siamo a quota 2700 mt. E i prati ai lati della strada sono coperti di neve. Quando raggiungiamo il valico sta nevicando e sembra pieno inverno !! Arriviamo a Sheridan che è già buio, piove e siamo veramente preoccupati. Tutti i motel che incontriamo avvicinandoci alla città mostrano l’insegna “No vacancy”, quando finalmente vediamo l’Alamo Motel ($ 44,23) che ha disponibilità. Parcheggiamo l’auto, Paolo scende e si mette in fila perché purtroppo non siamo i soli a cercare una stanza. Dopo di lui entrano altre persone e praticamente riusciamo ad aggiudicarci l’ultima stanza. Un consiglio prezioso: negli USA (almeno l’area che abbiamo visitato noi) cenano molto presto, intorno alle 7, e cercano una stanza ancor prima.

Di conseguenza è saggio cercare la stanza appena si arriva nella città dove si vuole sostare e non aspettare che si faccia sera. Il rischio di non trovare più posto è molto alto e le distanze per raggiungere un altro centro abitato che sia degno di tale nome sono spesso molto lunghe.

Domenica 30/05 Pioviggina ed il cielo è grigio. Oggi abbiamo in programma la visita alla Devil’s Tower, famosa perché Steven Spielberg vi ha girato molte scene di Incontri ravvicinati del terzo tipo. Il luogo, sacro agli indiani d’America, ben si presta a racconti di fantascienza, in mezzo alla pianura si innalza questa torre di roccia vulcanica alta circa 300 mt. Passato l’ingresso la strada continua asfaltata fino al parcheggio ed al centro visitatori. Lungo il percorso incontriamo decine e decine di cani della prateria che entrano ed escono dalle loro tane scavate nei prati ai lati della strada. Lasciata l’auto prendiamo il Tower Trail che è un sentiero asfaltato lungo circa 2 Km. Che gira attorno alla base alla torre. Purtroppo il tempo non è dalla nostra parte comunque la passeggiata è piacevole. Ci sono anche diversi alpinisti che scalano la torre. Questa sera pernotteremo a Deadwood. Troviamo posto al Cedar Wood Inn ($51,84) un Motel molto carino e ben gestito. La città è molto animata: ci sono tantissime sale da gioco ed è costruita in stile western. Molti di questi edifici, destinati ad essere demoliti, sono stanti restaurati e riportati al loro “antico” splendore attorno al 1989 quando a Deadwood è stato autorizzato il gioco d’azzardo e la città si è trovata ad essere l’unica località autorizzata tra Las Vegas ed Atlantic City. Questo ha portato turisti/giocatori e di conseguenza denaro per salvare la città. Nel complesso il risultato è carino, è non particolarmente kitsch come spesso succede agli americani. Piove ancora, il traffico è un po’ più intenso rispetto ai normali standard e ci sembra che i parcheggi siano affollati. Decidiamo di lasciare l’auto in motel e prendiamo un autobus “storico” che ferma proprio vicino al nostro albergo. Percorriamo Main Street ricevendo una spiegazione sui vari edifici, devo però ammettere che non capisco quasi niente a causa del rumore di fondo dell’autobus e del gracchiare dell’altoparlante. Ceniamo al Wild Bar Steack House ($ 32) un posto western con annessa sala giochi e ancora con l’autobus rientriamo in hotel.

Lunedì 31/5 Uffa, ancora grigio, ma almeno non piove !! Prendiamo la N385 e attraversiamo la Black Hills National Forest. E’ un posto molto bello con boschi, ruscelli, aree per picnic e sentieri per passeggiate. Purtroppo il tempo non è dalla nostra parte e ci limitiamo a guardare il paesaggio. Arriviamo a Rapid City, la attraversiamo senza nessuna difficoltà, e imbocchiamo la route 44 dove, lungo la strada incontriamo due cow-boys che stanno portando la mandria al pascolo: sono a cavallo, con il tipico cappellone, gli stivali con gli speroni, i sovra-pantaloni in pelle e il lazo agganciato all’arcione della sella, sembra una scena da un film !! Subito dopo il paese di Scenic imbocchiamo la strada 590 che non è asfaltata ma ha il fondo in ottime condizioni. Entriamo al Badlands National Park attraverso la Pinnacles Entrance e percorriamo il Badlands Loop Road fino al Visitor Centre. Le Badlands sono incredibili: nel mezzo della verde prateria americana spuntano queste colline alte mediamente 700 mt. Dalle forme e dai colori più vari, si va dal bianco, al rosa, al rosso, al verde. Peccato che oggi però non risaltino molto per la mancanza di sole. Anche qui i punti panoramici si sprecano e le piazzole di sosta sono sistemate strategicamente Ritorniamo a Rapid City per la Interstate 90 e da qui, per la N16, arriviamo a Keystone, dove un cartello ci informa che siamo nel paese di Carrie Ingalls, la sorella di Laura Ingalls ispiratrice del romanzo e telefilm “La casa nella prateria”. Ci fermiamo al Gold Miner’s Motel ($ 43,20) Anche questo paese è in stile western, con case in legno e portici dove si susseguono negozi di souvenirs. Nel fiume che l’attraversa si trova dell’oro per cui non è difficile imbattersi in persone che con i setacci cercano il prezioso metallo, vengono organizzate anche gare alle quali partecipano concorrenti da tutto il mondo. Facciamo una passeggiata ed andiamo a cena.

Martedì 1/6 Finalmente il sole. Oggi è una splendida giornata ed il cielo è di un blu intensissimo. Questa mattina abbiamo in programma la visita al Monte Rushmore National Monument che é adiacente a Keystone. Siamo lì subito al mattino presto prima che le corriere invadano il luogo. Anche qui per entrare utilizziamo il nostro Golden Pass, acquisto che si è rivelato veramente vantaggioso. Lasciata l’auto percorriamo un breve sentiero in mezzo ad un bosco dove incontriamo diversi scoiattoli che si avvicinano nella speranza, delusa, di ottenere qualcosa. Arriviamo al belvedere da cui si ha una magnifica vista sulle statue dei 4 presidenti: Washington, Jefferson, Lincoln e Roosevelt. Il colpo d’occhio è incredibile, le statue, di un bianco accecante, si stagliano nel cielo blu. E’ una bella emozione, siamo in uno dei luoghi simbolo per gli americani, famoso anche perché Hitchcock vi ha girato il film “Intrigo internazionale” e il fatto di esserci mi dà una strana sensazione. Seguiamo i vari sentieri che permettono di vedere il monumento dalle diverse angolazioni e terminata la visita ripartiamo. Prossima tappa è il Crazy Horse Monument, un progetto molto ambizioso, iniziato nel 1948, che vuole che questo diventi il monumento più grande al mondo scavato nella roccia. E’ stato scelto Cavallo Pazzo come simbolo degli indiani d’America. Questo non è un sito nazionale per cui bisogna pagare il biglietto d’ingresso (14$ per auto).

Ci sono varie attività: un negozio di oggetti indiani, un museo dove si spiega come è nata l’idea del monumento e tutte le fotografie che mostrano l’avanzamento dei lavori, spettacoli di danze indiane e un ristorante. La visita, se si vuole vedere tutto con calma, richiede un po’ di tempo. Ad intervalli regolari parte un autobus scassatissimo che per 3$ a persona porta più vicino al monumento per poter scattare qualche fotografia ed apprezzare meglio l’ambizioso progetto. Ripartiamo e ci fermiamo a Custer per acquistare qualcosa da mangiare, abbiamo infatti deciso, approfittando della meravigliosa giornata, di fare un pic-nic nella Custer State Park che dobbiamo attraversare. Dopo questa pausa rilassante ci dirigiamo verso il Wind Cave Natl. Park. Considerate che l’area in questione non è molto vasta e che i luoghi d’interessi distano tra loro solo 15/20 Km. Le visite alla grotta si effettuano solo in gruppi guidati dal ranger che partono (almeno nel periodo della nostra visita) ogni ora tra le 9 e le 17 e ogni mezz’ora tra le 12 e le 15,30, per cui una volta arrivati dobbiamo aspettare circa un quarto d’ora per entrare. Il percorso all’interno della grotta è ben organizzato e l’illuminazione è buona, ci sono sia stalagtiti che stalagmiti ma nulla a che vedere con Frasassi o Castellana. Nell’uscire dal parco ci attraversa la strada una mandria di bufali, sono davvero tantissimi !! A Hot Spring prendiamo la N18 verso sud e dopo circa 220 Km. Arriviamo a Fort Laramie dove, domani mattina abbiamo in programma la visita del sito storico. Purtroppo arrivando qui abbiamo commesso 2 errori, il primo: sono quasi le otto e come già sappiamo a quest’ora é difficile trovare una camera, il secondo: guardando la cartina sembrava che Fort Laramie fosse un paesino come tanti altri e invece non era neanche un paesino. Arrivando scopriamo che c’è solo un motel, una pompa di benzina, un negozio che vende un po’ di tutto e niente altro. Il Sage Brush Motel ($ 38.52) reca la scritta “no vacancy”, ma non avendo alternativa proviamo ugualmente. Spieghiamo la situazione alla signora e diciamo che siamo disposti ad adattarci e accettiamo qualsiasi cosa. Dice che sta aspettando degli operai impegnati in un cantiere lì vicino e che non sa esattamente il numero. Decidiamo di aspettare nella speranza che gli operai siamo meno del previsto. Finalmente arriva il pick up, aspettiamo il verdetto e, per fortuna, rimane una camera per noi. Tiriamo un sospiro di sollievo e prendiamo possesso della nostra stanza dove mangiamo i resti del pic-nic di mezzogiorno, visto che in questo luogo dimenticato da tutti non c’è nemmeno un ristorante.

Mercoledì 2/6 A circa 5 Km.Dal Motel c’è Fort Laramie. All’ingresso ci consegnano il solito opuscolo e un foglietto su cui è scritto di fare molta attenzione perché la zona è infestata da serpenti a sonagli. Sono terrorizzata, ho un’avversione tremenda per i serpenti e per tutto ciò che striscia e non voglio più fare la visita. Paolo cerca di convincermi promettendomi che non usciremo dai percorsi più battuti. Il luogo si presenta come una grande piazza d’armi circondata per il suo perimetro da edifici storici della metà del 1800. Oltre noi non c’è molta gente a parte una scolaresca in gita. Visitiamo i dormitori dei soldati, gli appartamenti degli ufficiali e delle loro famiglie ancora perfettamente arredati con mobili vittoriani, il vecchio forno, i magazzini. C’è anche una biblioteca e l’immancabile visitor centre e book-shop. Dopo la visita, prendiamo la Interstate 25 verso sud. Facciamo una sosta a Cheyenne per mangiare qualcosa e approfittarne per fare shopping. Questa non è una zona turistica e i prezzi sono abbastanza buoni. Acquistiamo 2 paia di Levis e qualche T-shirts. Attraversiamo Denver, dove il traffico è decisamente molto caotico e imbocchiamo la I70. Il tempo si sta facendo minaccioso, il cielo è talmente scuro che sembra già sera anche se in realtà non è molto tardi. Ed ecco puntuale il temporale, grosse gocce di pioggia bagnano l’asfalto. Stiamo attraversando la zona delle Montagne Rocciose, ancora coperte di neve, e i segnali stradali indicano zone, a noi che seguiamo lo sci, familiari: Vail, Beaver Creek e Aspen. Incontriamo bei paesini, animati e con diverse possibilità di sistemazione ma è ancora abbastanza presto e vogliamo sfruttare le ore di luce per percorrere ancora qualche Km. Ci fermiamo a Rifle e pernottiamo al Winchester Motel ($ 52,90) il posto più brutto e mal tenuto che abbiamo trovato durante il nostro viaggio.

Giovedì 3/6 Lasciamo l’orribile posto e continuiamo ancora sulla I70 fino a Cisco, paese spettrale che ricorda un set abbandonato, imbocchiamo la route 128 la Colorado River Byway, già percorsa solo nel tratto iniziale il giorno della gita in raft. Teniamo una velocità molto bassa per godere appieno degli stupendi paesaggi che appaiono dietro ogni curva. Arrivati a Moab proseguiamo verso sud lungo la hwy 191 fino a Ponticello dove prendiamo la hwy 666 fino a Cortez. Passeremo qui la notte per visitare domani la Mesa Verda.

Per la notte scegliamo l’Aneth Lodge ($46,65) un motel molto carino e confortevole. Paolo vorrebbe fare un giro in paese, ma io sono un po’ stanca, oggi abbiamo percorso circa 500 Km. Ed inoltre non mi sento molto bene, ho un po’ d’alterazione e preferisco riposare. Ancora non immagino quello che purtroppo mi aspetterà domani ! Venerdì 4/6 Questa mattina appena sveglia mi provo la febbre. Ho 38,3 e decido di tentare con la Tachipirina 1000 Partiamo per la visita della Mesa Verde che dista circa una trentina di Km. Da Cortez. Nello zainetto ho messo anche il termometro e la Tachipirina. Superato l’ingresso, ci dirigiamo subito verso il Far View Visitor Centre in quanto le visite dei luoghi più famosi sono solo guidate e su prenotazione. Decidiamo di acquistare i biglietti per Cliff Palace (per le ore 12 – $ 3,50) e per Balcony House. Ci portiamo nella zona dell’escursione che dista circa 10 Km. Dal centro visitatori e facciamo due passi, ci guardiamo intorno per riuscire a vedere le famose abitazioni degli indiani Anasazi costruite nella roccia ma non scorgiamo nulla. All’ora prestabilita ci troviamo al punto d’incontro, conosciamo la nostra guida e cominciamo il percorso. Il sentiero è molto semplice anche se si scende per moltissimi gradini e alcuni passaggi sono piuttosto stretti, lo zainetto rischia di incastrarsi. Io poi non sono molto in forma (diciamo così) e la passeggiata mi costa un bel sacrificio. Ne vale però la pena, che spettacolo incredibile !! Dall’alto è impossibile vedere le abitazioni che sono costruite sotto le pareti di roccia e quindi nascoste da queste. Qui a Cliff Palace ci sono più di 200 stanze molto ben conservate, tra cui i Kiva, le stanze per le cerimonie. Ascoltiamo le preziose spiegazioni della nostra guida e poi risaliamo verso il punto di partenza. Le visite sono ben organizzate: si scende da una parte e si risale dall’altra in modo che i gruppi non si incontrino e non si faccia confusione. L’unico handicap sono i tempi in quanto le visite partono ad intervalli regolari e quindi bisogna lasciare il sito al sopraggiungere dell’altro gruppo, cosa questa che non permette di soffermarsi un po’ più a lungo. Ritornati in cima sono proprio “cotta”, la febbre è arrivata a 39°, cerco un bagno per mettere un’altra supposta e dico a Paolo che vada lui a visitare la Balcony House perché io proprio non ce la faccio. Mi siedo in macchina e aspetto, non potrò quindi descrivervi la Balcony House in quanto io non l’ho vista !! Paolo mi ha raccontato che è stato divertente in quanto ci sono dei passaggi in cunicoli da fare in ginocchio e scale a pioli da salire a ridosso della montagna .

Alle 15 rientriamo in albergo e vado subito a letto. La febbre continua a salire e ho male alle ossa, ma a parte questo non ho problemi di altra natura. Verso le 16 ho la febbre a 40° nonostante la Tachipirina.

Dico a Paolo di andare in farmacia e provare a farsi dare degli antibiotici, so perfettamente che in America sono molto rigorosi su questo punto, ma spero che mossi a pietà spiegando loro il problema possano chiudere un occhio. Vana speranza… Paolo torna senza gli antibiotici. Alla reception del Motel chiede che chiamino un medico, ma la signora esterrefatta dice che il medico non va a domicilio. Si fa allora indicare l’ambulatorio, ma una volta arrivato là, lo trova chiuso in quanto il week-end è già cominciato. Sconsolato torna indietro e chiede alla signora se c’è un ospedale e per fortuna ce n’è uno.

Mi vien da dire “meno male che mi sono ammalata a Cortez !!” perché se succedeva in paesi tipo Fort Laramie o Afton l’unica soluzione era l’elicottero. Paolo rientra in camera e mi spiega che bisogna andare in ospedale, ma io sto talmente male che non voglio alzarmi. Mi fa capire che non ci sono altre soluzioni e aiutandomi mi carica in macchina. Arrivati al Pronto Soccorso ci fanno compilare un foglio con le generalità e ci chiedono la carta di credito. Il medico mi visita, guarda la gola, le orecchie, mi tasta la pancia e mi dice è un virus. Grazie lo sapevo anch’io, siamo qui perché mi serve la ricetta per l’antibiotico. Ci dice che a quest’ora la farmacia è chiusa (sono appena le 18) e mi consegna 3 capsule (che si farà pagare) per cominciare subito la terapia. Il tutto ci è costato 185$ parzialmente rimborsati dall’assicurazione che avevamo stipulato prima della partenza. Ritorniamo in motel e stremata vado a letto.

Sabato 5/6 Ho preso puntualmente l’antibiotico ogni 6 ore come prescritto dal medico e questa mattina Paolo è andato in farmacia per acquistare il resto delle pastiglie, ma la febbre non ha nessuna intenzione di scendere. Ho 40.2° e la testa mi scoppia. Per fortuna in camera c’è il forno a micro-onde, cosa che permette a Paolo di mangiare qualcosa e a me di bere almeno un the. La febbre rimane altissima per tutto il giorno.

Domenica 6/6 Finalmente questa mattina la febbre è scesa a 37,4° e mi sento un po’ meglio anche se le forze ancora mi mancano. Mi alzo, mi metto in poltrona e guardo un po’ di televisione. Nel pomeriggio finalmente mi torna un po’ d’appetito, scelgo dalla lista dei ristoranti che abbiamo trovato in camera completa di menu, un ristorante organizzato per il take-away che mi ispira più degli altri e Paolo parte per acquistare la cena. Torna con 2 bisteccone complete di pomodori e purè e con una rosa visto che oggi è il nostro anniversario di matrimonio. Finalmente senza febbre ci accomodiamo a tavola e mangio con gusto dopo 2 giorni di digiuno.

Lunedì 7/6 Salutiamo l’Aneth Lodge che ci ha visto ospiti per 4 giorni non per scelta, ma per necessità.

Lasciamo Cortez lungo la hwy 666 per poi prendere, dopo una trentina di Km., la hwy 160. Stiamo entrando nella terra dei Navajo e i paesaggi diventano spettacolari. Rocce rosse dalle forme più strane si innalzano nel deserto e, dopo diverse soste per ammirare il paesaggio, arriviamo finalmente all’ ingresso della Monument Valley. Qui l’unico albergo è il Gouldings Trading Post http://www.Gouldings.Com/ esclusivo e carissimo, ma la tentazione di rimanere per vedere il tramonto in un luogo incredibile come questo è troppo forte. Prendiamo possesso della nostra camera ($ 191,63) che è veramente bellissima. Ampia e dotata di ogni confort, dispone di balcone con vista sulla vallata. Facciamo colazione sul balcone godendo dell’incomparabile vista e poi prendiamo l’auto per visitare la Monument Valley. All’inizio della strada che conduce all’ingresso del sito ci sono piccoli negozi e bancarelle che vendono souvenirs indiani. Il biglietto d’ingresso costa $ 2,50 e la strada asfaltata continua fino al visitor centre. Da qui parte un percorso di 27 Km. Che tocca tutti i punti più suggestivi della zona. Noi consigliamo vivamente di farlo con la propria auto, il percorso è sterrato ma la strada è in ottime condizioni. Ci si può fermare quando si crede, ammirare il panorama e scattare fotografie. Esiste anche la possibilità di scegliere l’escursione organizzata dai navajo che viene effettuata a bordo di mezzi scoperti, ma lo sconsiglio vivamente. Viaggiano a folle velocità per cui i malcapitati ospiti devono pensare solo a reggersi e a ripararsi dalla polvere alzata dal camion e da quelli che eventualmente lo precedono. Ovviamente si fanno soste nei punti panoramici, ma estremamente frettolose e pressati continuamente dagli autisti. Noi per fortuna non abbiamo fretta e possiamo permetterci lunghe soste. I punti a mio avviso più suggestivi sono “le tre sorelle” e il “John Ford’s Point” dove vediamo una ragazza navajo a cavallo. Ammiriamo anche la vegetazione che, pur scarsa, è composta da piante a noi non troppo familiari, vediamo anche piante grasse con fiori coloratissimi. Spendiamo diverse ore all’interno della riserva e all’uscita ci fermiamo nelle bancarelle per comprare qualche collanina. Rientriamo in camera per una rapida doccia e ammiriamo dal balcone lo spettacolo del tramonto che rende il paesaggio ancor più suggestivo. Andiamo a cena al ristorante navajo dell’hotel, dove assaggiamo cibi tipici, tutti buonissimi compreso il pane che ricorda un po’ la nostra pizza.

Martedì 8/6 Questa mattina diamo un’occhiata al complesso di Gouldings. Qui non ci sono solo l’hotel e il ristorante, ma anche un piccolo museo e un fornitissimo negozio di souvenirs. In questa zona sono stati girati moltissimi film tra cui “La leggenda di Lone Ranger” e “Ritorno al futuro”; John Ford e John Wayne erano di casa e nel piccolo museo sono conservate fotografie scattate durante la lavorazione dei loro film e “cimeli” come abiti di scena o piccoli oggetti di proprietà degli attori che hanno girato pellicole da queste parti. Lasciamo Gouldings e proseguiamo sulla hwy 163 che concede ancora panorami splendidi, superata la cittadina di Kayenta, prendiamo la route 98 che punta ad est verso Page. Page è un’animata cittadina sulle rive del Lake Powell da dove partono escursioni in barca fino al Rainbow Bridge National Monument. Il lago si é formato dopo la costruzione della diga Glen Canyon sul Colorado River. Attraversiamo il ponte sul fiume e andiamo al Visitor Centre dove ci sono foto che testimoniamo le varie fasi di costruzione della diga e dove é possibile vedere attraverso una vetrata la grandiosità dell’opera così come il paesaggio circostante. Lasciamo Page e prendiamo la route 89 verso Kanab, continuando ad attraversare zone dalla bellezza spettacolare. Anche i dintorni di Kanab sono stati utilizzati molto spesso come set cinematografici, qui sono stati girati circa 100 film, ed è per questo che viene anche chiamata Little Hollywood. Scegliamo il Treasure Trail Motel ($ 46,62) e facciamo poi un giro per il paese. Mentre cerchiamo un sentiero che dovrebbe condurre ai Vermillion Cliffs, ci imbattiamo in ragazzini che si allenano a baseball e ci fermiamo incuriositi, in quanto per noi non è certo uno spettacolo frequente. La scena è tipicamente americana e mi vengono in mente i fumetti dei Peanuts. Andiamo a cena allo Houston Trail’s End ($ 30,52) Mercoledì 9/6 Prendiamo la Hwy 89 con destinazione Grand Canyon south rim. La strada, in prossimità del bivio per il north rim attraversa delle belle e soprattutto fresche foreste di conifere. Più avanti il panorama è di nuovo dominato dall’ormai familiare paesaggio delle imponenti rocce color rosso vivo. Incontriamo un sito denominato Dwelling Cliffs, di cui non c’é menzione né sulla guida, né sulla dettagliatissima cartina in nostro possesso. Ci fermiamo e vediamo che si tratta di abitazioni costruite sfruttando parzialmente massi caduti dalla parete rocciosa. Poco più avanti c’è il Navajo bridge, un ponte pedonale (che corre parallelo al ponte per le auto) sul Colorado River. Parcheggiamo l’auto, guardiamo gli oggettini indiani esposti sulle bancarelle e poi ci incamminiamo sul ponte. Onestamente fa un po’ paura. E’ sospeso tra due pareti di roccia ad una altezza vertiginosa, vi confesso che per guardare in basso c’è voluto coraggio !! Arrivati a Cameron prendiamo la route 64 che conduce dentro al parco del Grand Canyon. Una volta superato l’ingresso è una sosta continua per ammirare il canyon da tutti i vari punti panoramici. In successione visitiamo il Desert View, il Lipan Point, il Moran Point, il Grandview Point. Non pensiate di poterli fare a piedi a meno che non siate atleti abituati a percorrere lunghe distanze, tra Desert View e Grandview ci sono circa 40 Km. I numeri del Grand Canyon sono incredibili: la gola è lunga 446 Km., larga da 1 a 29 Km. E profonda fino a 1600 mt. Superiamo anche il Grand Canyon Village dove ci sono hotel, ristoranti, un distributore di benzina, una banca, un negozio di generi vari, l’ufficio postale e un campeggio ed arriviamo così al Bright Angel Lodge ($ 63,83) che abbiamo prenotato dall’Italia via telefono 303-297-2757 www.Amfac.Com. Lasciamo le nostre cose e poi prendiamo il sentiero che parte vicino al lodge e scende all’interno del canyon. Chiaramente non è nostra intenzione arrivare fino in fondo, ci vogliono circa 4 ore per scendere e 7/8 ore per risalire. Ne percorriamo un pezzo osservando i cervimuli che, incuranti delle persone che passano molto vicino a loro, continuano a brucare tranquillamente. Quando vediamo che il sole sta cominciando ad abbassarsi decidiamo di risalire. Mentre il sole tramonta percorriamo la bellissima passeggiata che passa proprio dietro al nostro lodge e corre lungo il bordo del canyon e arriviamo fino al Yavapai Point. Nel frattempo si è fatto buio ma non è un problema perché la passeggiata è asfaltata ed illuminata. Ora, contrariamente ad oggi pomeriggio, fa molto freddo. Durante il giorno é veramente caldo, soprattutto se ci si inoltra all’interno del canyon dove le pareti aumentano il calore, la sera invece l’altitudine si fa sentire, siamo a circa 2000 mt. E rimpiango il pile che ho lasciato in valigia. Andiamo a cena al fast food del Grand Canyon Village. Rientrati in albergo troviamo il fuoco acceso nel caminetto in pietra che si trova nella hall, l’atmosfera è molto suggestiva e romantica.

Mi sarebbe piaciuto molto fare la gita a dorso di mulo che porta fino alla base del canyon e risale il giorno successivo, ma bisogna prenotarla mesi prima e comunque, anche se ci fosse stato posto, bisogna essere molto allenati per stare due giornate intere a dorso di un animale e in più sono reduce da una bruttissima influenza.

Giovedì 10/6 Ci concediamo ancora un po’ di tempo in questo posto bellissimo visitando Mather Point e Yaki point. Lasciamo il Grand Canyon per la route 64 che ci porta fino a Williams da dove, prendendo la I40, arriveremo a Las Vegas in poco più di 300 Km. Il paesaggio è decisamente piatto e desertico, soprattutto nell’ultimo tratto, salvo che nei dintorni della diga Hoover sul fiume Colorado dove la strada sale un po’ e ai suoi lati ci sono delle pareti di roccia. Verso le 16 siamo a Las Vegas e cerchiamo un lavaggio dove far pulire l’auto. E’ ridotta in condizioni pietose dopo tutto lo sterrato su terra rossa che abbiamo percorso nella Monument Valley e ci vergogniamo a restituirla in queste condizioni. Pulita l’auto, che ora brilla sotto il sole, torniamo al Circus Circus, lo stesso hotel dove avevamo pernottato anche la prima sera. Svuotiamo l’auto delle sportine e degli opuscoli che abbiamo raccolto in questi 20 giorni di viaggio. Sistemiamo le valigie e il bagaglio a mano per la partenza di domani e, verso le 19, usciamo. C’è un fast food proprio di fianco all’albergo dove ci fermiamo a mangiare qualcosa. Usciti, prendiamo un autobus turistico a bordo del quale percorriamo la strip per tutta la sua lunghezza. Arrivato in fondo alla strada l’autobus fa dietro-front e noi decidiamo di scendere al Caesar Palace per poi percorrere a piedi il tragitto che ci separa dal nostro hotel Sta facendo buio e le insegne cominciano ad accendersi. Las Vegas è incredibile: è come una grande Disneyland veramente kitsch, ma conserva ugualmente un certo fascino e non si può fare a meno di rimanere colpiti dai suoi mille colori, dalle mille luci e suoni che arrivano da ogni parte. Ogni hotel è costruito a tema ed anche la musica e l’atmosfera che lo circondano sono in sintonia. Ecco quindi il famosissimo Caesar’s Palace costruito nello stile degli edifici dell’antica Roma con bracieri che ardono e portieri vestiti con la tunica romana, il Venice che riproduce uno Venezia in miniatura perfetta in ogni dettaglio, con le gondole che girano nei canali e le romanze delle famosissime opere italiane in sottofondo. Il Bellagio costruito sulle rive di un improbabile Lago di Como con giochi d’acqua incredibili. E ancora il Treasure Island che, ad intervalli regolari, propone uno spettacolo di pirati con tanto di incendio della nave. La cosa divertente è che, per visitarli, non bisogna essere ospiti dell’hotel ma si può uscire ed entrare a proprio piacimento. C’è una gran confusione e non è facile farsi largo tra la folla che invade i marciapiedi. Verso le 23 rientriamo in albergo e non mi voglio far sfuggire l’occasione di giocare al casino’. So che non mi capiterà più e quindi vado diritta al tavolo della roulette, con Paolo che cerca di farmi cambiare idea dicendo che non so giocare. Sono riuscita a giocare per un’ora cambiando solo 10 $. Ho avuto fortuna alterna, ma alla fine dell’ora ho recuperato i miei 10 $ divertendomi come una pazza. Venerdì 11/6 Ci alziamo senza fretta. Il nostro volo per Los Angeles è previsto alle 11.55 e quindi c’è tutto il tempo. Andiamo, come già fatto, a fare colazione nel ristorante dove ci si può servire a proprio piacimento e poi carichiamo l’auto. Facciamo ancora un giretto per Las Vegas e poi ci dirigiamo verso l’aeroporto. Andiamo al terminal dell’Alamo dove restituiamo l’auto senza nessuna formalità, hanno semplicemente fatto un giro attorno per vedere che non ci fossero danni, hanno rilevato i Km. Percorsi registrandoli in un attrezzo portatile e ci hanno salutato. Prendiamo la navetta per il terminal e puntualissimi partiamo. Arrivati a Los Angeles, ci dirigiamo al terminal dal quale, alle 15.35 deve partire il nostro volo Alitalia per Milano. Ma mentre siamo in fila per il check-in ci informano che il volo è in ritardo di circa 4 ore perché l’aereo è partito in ritardo da Milano. Naturalmente in questo modo perderemo anche la coincidenza per Bologna che era prevista per domani alle 13.05. Al banco ci ri-prenotano sul volo successivo previsto verso le 16.30 e ci consegnano un buono pasto gratuito, a consolazione dell’imprevisto, che consumiamo nel ristorante messicano. Guardiamo tutti i negozi dell’aeroporto, gli aerei che si susseguono sulle piste e finalmente ci imbarcano. Il volo di ritorno è andato decisamente meglio di quello d’andata, sono riuscita a dormire e a guardarmi un paio di film arrivando a Milano in condizioni ottime.

Sabato 12/6 Verso le 16 arriviamo a Milano e ci catapultiamo al banco transiti dove ci informano che il nostro volo per Bologna è in forse. Andiamo bene !! Guardiamo i monitor e ci dirigiamo al cancello dal quale dovrebbe partire il volo. La hostess ci informa che ci sono dei problemi e che molti voli sono in ritardo. Ci accomodiamo e sul monitor vediamo che il volo viene continuamente ritardato. Siamo in buona compagnia perché dal cancello accanto al nostro dovrebbe partire un volo per Genova che è nelle stesse condizioni. Finalmente, dopo quasi 2 ore di attesa ci imbarcano, ma le sorprese non sono ancora finite. Saliamo sul piccolo aereo, prendiamo posto tutti tranne due persone le quali, sono in possesso di regolare carta d’imbarco, ma non hanno il posto. La hostess ricontrolla le carte ma ognuno ha la propria, roba da non credere, hanno imbarcato due persone in più rispetto ai posti sull’aereo. La hostess sbianca e non sa più quali pesci pigliare. Uno dei passeggeri é una hostess non in servizio che rientra a casa dopo un turno di lavoro, la quale viene gentilmente invitata a scendere per lasciare il posto ad uno dei due clienti. Per sistemare il secondo cliente la hostess chiede a una signora che viaggia con un bimbo di 5/6 anni se le fosse dispiaciuto tenere il bambino in braccio, ribadendo più volte che non era assolutamente obbligata a farlo, che aveva diritto al posto, che si sarebbe trattato di una grossa gentilezza per risolvere il problema. La signora molto gentilmente accetta, e per fortuna, perché se no non so quando saremmo partiti e come avrebbero risolto il problema, forse estraendo a sorte ?? E così alla fine, dopo due giorni di viaggio e un rientro che, dal punto di vista dei voli, possiamo definire “problematico” arriviamo a Bologna dove i nostri amici Alessandro e Daniela ci aspettano per riportarci a casa.



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