Guerrieri degli Apu
Vi propongo questi due scampoli di vita peruviana, scritti da Phyllis Tepperman e Roberto Ochoa Berreteaga, la prima antropologa e coordinatrice della sezione peruviana dell'associazione Magie delle Ande e il secondo -pure collaboratore dell'associazione- giornalista affermato de "La Republica" di Lima.
Spero che vi...
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Vi propongo questi due scampoli di vita peruviana, scritti da Phyllis Tepperman e Roberto Ochoa Berreteaga, la prima antropologa e coordinatrice della sezione peruviana dell’associazione Magie delle Ande e il secondo -pure collaboratore dell’associazione- giornalista affermato de “La Republica” di Lima. Spero che vi piacciano. Gabriele Guerraspampa e la festa dell’acqua a Cabana Sur Sono le tre della sera e la gente reclama:”Andiamo su, ragazzi, che inizia a piovere!”. Il direttore inaugura il Guerraspampa, per l’attesissima battaglia rituale dei Danzatori di Forbici invitati alla festa dell’acqua a Cabana Sur, Ayacucho, l’unico luogo dove ancora si conserva questa antichissima tradizione andina. In un angolo si trova il Picaflor, di Puquio, teso e in silenzio, aspettando la prima mossa del rivale, il Halcòn de Paico. Gli agenti della Polizia Nazionale cercano di controllare il pubblico che forma una sorta di ring umano in un cortile situato nella parte bassa del villaggio, circondata dall ‘imponente paesaggio della Valle di Sondondo. I due fronti dei Danzacc sembrano scontrarsi, si lanciano improperi in quechua e spagnolo mentre brindano con birra e chicha di jora. I bambini si sono arrampicati sui rami degli alberi per non perdersi nessun dettaglio del combattimento. La gente si è stufata di vederli ballare giorno e notte al suono dell’arpa e del violino. Adesso tocca al Guerraspampa:”Andiamo, su ragazzi!” I ballerini si muovono verso il centro della scena, si misurano, appena si salutano. Il Picaflor sa di essere il migliore, quello delle insuperabili piroette, il più ricercato di Puquio e Andamarca. Il Halcòn de Paico trasuda arroganza e tranquillità, ci guarda con superbia, ha gli occhi che rasentano la punta del Oscconta, come se nulla si trovasse tra di lui e il picco innevato Ccarhuarazo. Entrambi danzatori, entrambi guerrieri, entrambi rivali, già non usano più il tipico cappello dei Danzacc, adesso hanno un cappello comune sostenuto da un fazzoletto rosso che copre le teste, sopra alla camicia vestono una giacca di jean per proteggersi dalle frustate e solo si differenziano per i ricami e le frange dei pantaloni. Invece di forbici adesso portano con sè robuste fruste di cuoio e nodi, le armi rituali del Guerraspampa. I loro scudieri si confondono tra il pubblico. Le autorità si allontanano dai rivali, I danzatori si avvicinano schiena contro schiena. La battaglia durerà solo tre interminabili minuti. In mezzo alla gente v’è solamente un poliziotto che esibisce il suo fucile mitragliatrice Kalashnikov, lo punta verso il cielo e lo sparo è l’ordine per l’inizio del combattimento. Rimangono uno di fronte all’altro guardandosi negli occhi. Sanno che non possono scontrarsi a pugni, ma solo con frustate. Entrambi conoscono il rituale: la forza e la velocità dei schiocchi aumenta, prima di tutto contro le gambe, dopo è il turno del torace e quindi della testa. Il pubblico urla i nomi di entrambi i contendenti, la folla vocifera (. Quelli sono I cholygans, ci dice un cabanino residente a Lima) ma non capiamo come possano sopportare quelle frustate che farebbero scappare un bue. Il combattimento si fa duro, le frustate sibilano nell’aria e sbattono con furia sui corpi. Entrambi danno mostra del proprio valore, dimostrano la loro anima india. Non un passo indietro fino a che il Halcòn riesce a schiviare un colpo feroce, una frustata del Picaflor, e lancia un’offensiva di rapide frustate contro il suo rivale, frustrate che si abbattono sul viso dell’avversario. “Ay ay ay ay!!” grida il direttore. Il Picaflor accusa il colpo ricevuto e retrocede senza smettere di lanciare frustate al suo rivale, ma il suo viso è gia segnato da una ferita profonda. Il Halcòn sprizza arroganza e fierezza e non smette di seguire con lo sguardo il rivale, come se le frustate che riceve non lo scalfissero neppure. Picaflor traballa per un istante e riceve un’altra frustata. I suoi fan restano silenziosi mentre i tifosi dell’ avversario sono quasi senza voce a forza di gridare. Halcòn pressa il rivale, lo colpisce con colpi sempre più potenti, il suo braccio non si stanca, poi all’improvviso un nuovo sparo annuncia la fine del combattimento. Abbiamo viaggiato per 700 kilometri lungo una bella autostrada da quando partimmo dalla Plaza Mayor di Lima fino alla piazza principale di Puquio, dopo essere passati per Cañete, Pisco, Ica, Nazca e attraversato gli altopiani andini di Pampa Galeras. Sta arrivando la notte, ma dobbiamo comunque fermarci per fare il pieno di benzina, cenare e prendere l’ultimo caffé del tragitto nel ristorante La Estancia , di Puquio. Solo ci rimangono 78 kilometri di strada non asfaltata, ma in buono stato di conservazione per arrivare a Cabana Sur, cuore della Valle di Sondondo. Era giá notte quando attraversammo Andamarca senza fermarci ed iniziammo la discesa verso l’oscuritá, interrotta ogni tanto dalle luci dell’auto e da un temporale che ci annunciava la vicinanza di Cabana Sur. I fari del servizio pubblico disegnano una bella cittadina ayacuchana, situata nel cuore della valle di Sondondo, nella provincia di Lucanas, Ayacucho. La prima cosa che attrae la nostra attenzione è il lastricato di pietre delle principali vie, la singolare torre della sua chiesa madre e un’enorme croce di pietra che s’innalza di fronte a quella che fu la cappella coloniale. Comunque, Cabana Sur non ha potuto salvarsi dall’inondazione di lamiera sui tetti delle case. ” Un’ereditá del regime di Fujimori, ci dicono i vicini, la Banca dei Materiali solo concede crediti per la ricostruzione se si comprano lamiere Made in China, mattoni e cemento”. Ci sono botteghe ben assortite, tre pensioni decenti e un negozio-ristorante con menu. E niente altro. La luce pubblica ci permette di scoprire un gruppetto di persone intorno alla torre del campanile. Stanno brindando con alcuni bicchieri di birra, peró prima di bere lasciano un sorso alla terra per poi finire quello che resta nel bicchiere. Uno di loro è Juan Capcha, violinista che accompagnava il Halcòn de Paico, e stanno offrendo un pagapu affinchè la piazza sia bella durante le celebrazioni del Guerraspampa e la festa dell’Acqua in onore del patrono San Isidro Labrador. Capcha parla al Danzacc e parla alla chiesa e alla piazza. Chiede il permesso a queste ultime, non senza aver prima offerto una foglia di coca benedetta. Dopo aver eseguito il rituale del permesso alla Plaza de Cabana, il ballerino di Forbici e i suoi musicanti si dirigono verso la casa di Cargonte ( padrone di casa del Danzacc) per partecipare alla cerimonia del Anticipu del Ccataricuy. Lì ci rendemmo conto che anticamente il Guerraspampa metteva in competizione Danzacc di ciascun ayllu (cellula familiare) del villaggio, ma tutto ciò finì perchè la cerimonia sfociava in battaglie campali con morti e feriti. Adesso viene organizzato da un solo ayllu e comunque la violenza e lo scontro rimangono una caratteristica sua peculiare. Tutte le stirpi Nel Anticipu, il Halcòn inizia a ballare senza i preparativi di rigore. Si esibisce davanti al direttore: vicini, familiari e amici del Cargonte, tutti sono invitati a bere e a mangiare durante tutto il tempo della cerimonia. La gente approva il Halcòn e lo invita a indossare la sua uniforme di Danzacc. Il rituale si realizza vicino al falò, il Halcòn si accende una sigaretta e indossa i pantaloni, la camicia, la giacca, il cappello e il grembiule. Alla fine si mette le classiche scarpe bianche senza dimenticarsi di porre una fogliolina di coca sotto le calze. Lo scoppio di diversi razzi avverte che il suo rivale, il Picaflor, è in procinto di raggiungere la piazza per la prima esibizione di danze con le forbici. Il Cargonte e i suoi amici mettono fretta al Halcòn e escono dalle proprie case in processione, lanciando evviva e gettando razzetti tra le gambe del Danzacc al fine di infondergli potere. Entrambi i gruppi giungono in piazza e si salutano con fischi, sfidandosi reciprocamente, fino a che non inizia il ballo, ma solo come semplice dimostrazione di ciò che succederá nei giorni a venire. Venerdì di sangue a Cabana Sur. Le prime luci dell’alba non hanno ancora fatto scomparire il firmamento ed ecco il Halcòn e il Picaflor mettere in mostra le proprie arti. La musica del violino e dell’arpa sveglia il villaggio. Verso mezzogiorno, si compie il sorteggio prima del Guerraspampa sulle sponde di una grande pozza d’acqua. Nel frattempo, nei dintorni del villaggio, los comuneros puliscono il canale, togliendo l’immondizia che ne ostacolava il corso, e si preparano per la prossima campagna di semina. Sono le tre e dobbiamo affrettarci per ottenere una buona posizione durante il Guerraspampa. Gli abitanti di Cabana Sur arrivano a piedi o a cavallo, gli auquini scendono verso valle e gli stranieri cercano il luogo migliore da dove poter fare le loro foto. Comincia il ballo con la danza del Picaflor, suonano le forbici al ritmo dell’arpa e del violino. E’ difficile ballare sulla terra lavorata, ma quello che maggiormente li disturba sono gli escrementi di vacca che devono schivare ballando. La gente protesta per la mancanza di pulizia. Tocca al Halcòn, ma prima di tutto deve ballare davanti alle autorità e le saluta. Il direttore apprezza la sua gentilezza e lealtà. Terminata la presentazione, adesso la polizia cerca di mantenere sotto controllo il gruppo di ubriachi che insulta il Danzacc rivale. “Questi sono di Lima – dice un cabanino indicando con il dito il gruppo di limeñi radicati ormai da anni in città – solo sanno dare scandalo!”. Il cortile è stato sgombrato dalla gente, i Danzacc rimangono soli in mezzo al quadrilatero, frusta in mano in attesa dello sparo del fucile che segnerà l’inizio della battaglia. Le rocce di Cabana sono lo scenario per giochi e sogni infantili. Dopo la battaglia i Danzacc corrono verso il villaggio seguiti dal pubblico che ha appena assistito al Guerraspampa. La gente commenta il trionfo del Halcòn, la ferocia del combattimento tra gli arpisti dei due fronti (vinse quello che affiancava il Picaflor) e critica la fuga dei violinisti che scapparono dal luogo del combattimento per paura di ferirsi. Ma la festa continua anche il giorno seguente. E’ sabato, mezzogiorno, termina la messa e parte la processione di San Isidro Labrador, adornata da originalissimi fiori di cera. Continuano verso una delle vie principali di Cabana fino ad arrivare a un cortile comunale giusto di fronte a un enorme pozza d’acqua utilizzata per l’irrigazione. Qui si celebra la cerimonia della semina, i buoi arano la terra al ritmo dei fedeli, mentre il prete del villaggio procede a benedire l’acqua che servirà per irrigare tutti i campi del paese. Quando si aprono le porte, ecco spuntare due comuneros vestiti da sirena che benedicono a modo loro l’acqua per l’irrigazione. Il prete si apparta dalla processione e lascia che il santo sia ricondotto in chiesa. Ma adesso è il caos: il santo trasportato avanza e retrocede, passa per ogni viuzza di Cabana, ritorna quasi rischiando di investire la gente vicina. ” Segue il ritmo dell’arato guidado dai buoi!” ci dice un cabanino, ma un altro afferma che la portantina scende nelle vie come se fosse acqua che inonda canali, vie e piazzette. Quando arrivano alla porta della chiesa, ricevono il saluto dei Danzacc, delle autorità della festa, fino a che la venerata immagine torna a nascondersi tra le possenti mura del tempio. Di nuovo uno di fronte all’altro come in un ring umano situato nella stessa piazza principale, vicino alla porta del municipio locale. Questa volta però la danza sostituisce il combattimento. Il Picaflor si mette in mostra davanti al rivale, il Halcòn fa il suo, ma il puquiano ne sa una più del diavolo e sa come piacere al pubblico: arriva anche a piccoli passi di break dance o di ballata russa. La gente lo acclama mentre nel cielo si crea un enorme anello di luce con i colori dell’arcobaleno. Una signora anziana mi segnala il fenomeno celeste: ” Guarda che sorriso ha il sole, è felice, pioverà molto per la nostra semina!”. Testo e foto di Roberto Ochoa B. I posseduti “Sono un Danzacc perchè sono un posseduto, perchè i miei nonni furono Danzacc!”, ci dice Halcòn de Paico mentre riposa e si cura le ferite dopo il Guerraspampa. Il suo nome è Basilio ma solo permette che lo si chiami Halcòn. Nessuno sa a quale ora dorma, infatti lo vediamo notte e giorno ballare o ascoltare il violino e l’arpa in casa del cargonte, combattendo il freddo con un bicchiere di birra, erbe, miele, e scorze di arancio. Arrivò a piedi a Cabana dopo due giorni di camminata e da tre giorni stava danzando. ” A nulla è servito che i miei genitori mi portassero da bambino a vivere nella capitale. Io sentivo un calore interno, un sentimento che vive in ognuno di noi, ti senti Arte, ti senti parte del popolo”, aggiunge. La Danza delle Forbici è una manifestazione rituale andina che si svolge da ormai due secoli in tutta l’area di influenza Chanca, cioè Ayacucho, Huancavelica e Apurimac. E’ un’espressione artistica legata al ciclo produttivo, alle relazioni lavorative e all’organizzazione sociale. Il ballerino svolge il ruolo di mediatore tra gli apuswamanis e la comunità. Questo carattere di mediatore si segnala a partire da un rito di iniziazione nel quale, una volta che si è appresa l’arte, il ballerino la esegue in una caverna situata in qualche montagna sacra dalla quale riceverà il “potere dell’apu”. Da questo momento in poi egli sarà una specie di stregone o “diavolo”. “L’Apu vive in me – aggiunge Halcòn – il mio apu è il picco innevato Ccarhuarazo e il mio wamani è il condor. Entrambi mi danno una forza straordinaria e un’energia per danzare e mantenermi così durante tutta la durata della festa”. La danza ha un valore simbolico molto importante: nel rito di iniziazione si trasforma in una sorta di patto tra il diavolo che vive nella montagna e il ballerino, patto che stabilisce la durata della vita del ballerino ( generalmente dieci anni ), tempo necessario per affinare la propria danza. Concluso questo periodo, il diavolo comanda ad alcuni guardiani di andarlo a prendere e di trasportarlo verso una cascata o una caverna del picco dove si stipulò il patto. I ballerini quando muoiono vengo sepolti con il viso rivolto verso il basso e fuori dai cimiteri di modo che abbiano gli occhi rivolti verso la terra e non verso il Dio cristiano. Simbolo del sincretismo religioso esistente, questa danza si spiega come pratica clandestina della religione indigena. Durante la Conquista gli estirpatori europei di idolatrie scorsero in certi dettagli di queste danze alcuni simboli diabolici, senza considerare la visione cosmica degli indigeni, che consideravano la necessità di un patto con il monte venerato alla stregua di un potere soprannaturale che dava protezione alla popolazione. Come risposta alla distruzione delle huacas realizzata dagli spagnoli e di fronte alla necessità che riprendessero vita in uno spazio dove si potesse continuare a dare adito alle proprie credenze, a dispetto della imperante religione cristiana, sorse il movimento Tanki Onkoy o “malattia del canto” verso 1560-1570. Su questo tema Nathan Wachtel fa le proprie considerazioni: nel Tanki Onkoy, la divinità è interiorizzata nell’ uomo, ossia la huaca si incarna nell’uomo. Si tratta di uno stato di possessione che provoca traumi nell’indio che prende possesso di una huaca nel proprio corpo; nei momenti di estasi, l’uomo perde lo spirito, vaga come un pazzo, si contorce al suolo, boccheggia, canta, danza, profetizza e predica la propria antica religione. Il Danzacc si converte nell’oggetto sacro, rompe totalmente il suo rapporto con la vita terrestre al fine di salvarsi. Gli vengono fatte molte offerte, feste e gli indigeni insieme a lui, ballano e cantano invocando la huaca sacra. Si capisce adesso la relazione che li lega ai ballerini di forbici. In relazione alla celebrazione della Festa dell’Acqua a Cabana, Ayacucho, l’ antropologa Lucy Nùñez de Rebasa spiega in una sua tesi di dottorato,” La sopravvivenza della Danza delle Forbici nella Lima metropolitana”, che le croci situate sui picchi delle montagne erano trasportate verso valle dai cargontes o carguyoqs alle proprie case come adorno o offerta. Anche se in epoche passate le croci nascondevano alle autorità ecclesiastiche la fede verso gli dei indigeni ( che in realtà erano gli wamanis), l’intenzione era quella di adorarli affinché ne derivasse protezione e ricchezza per uomini ed animali, consolidando così la relazione tra uomo e natura. Se è vero che nella vita quotidiana questi ballerini assolvevano tutti i loro compiti in relazione al lavoro quotidiano e agli affari familiari, il loro vero ruolo nel contesto della festa è quello magico-rituale di stabilire una specie di unione tra carguyoc, comunità e danzatori. Terminata la celebrazione, coloro che hanno offerto la propria casa per la preparazione dei danzatori realizzano una specie di atto di purificazione dall’energia del diavolo, incarnato nel danzatore, sebbene si debba anche ricordare che questa nozione di diavolo da noi utilizzata è in relazione con la forza che concede la natura al danzatore affinchè non soccomba di fronte alle dure prove che dovrà affrontare. Testo di Phyllis Tepperman http://www.magiedelleande.it http://www.peru.it