Perù in auto in 21 giorni

Tre settimane fai da te nel sud del Perù, da Lima a Cuzco.
Scritto da: Pchan
perù in auto in 21 giorni
Partenza il: 27/07/2019
Ritorno il: 17/08/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
Ho cominciato a sognare questo viaggio sui banchi di scuola, mentre studiavo gli Inca e Machu Picchu, senza sapere se l’avrei mai fatto per davvero oppure no. A Gennaio 2019 mi sono messa in moto insieme al mio compagno per far sì che questo sogno diventasse realtà. A metà Febbraio abbiamo acquistato il volo Air Europa online: Milano-Lima con scalo a Madrid A/R, alla cifra di 1.190 euro a testa. Da lì è cominciata la vera organizzazione, portata avanti spulciando tra i diari degli altri viaggiatori su Turisti per Caso, studiando da cima a fondo la Lonely Planet e facendomi un’idea più precisa su TripAdvisor.

Partenza fissata per il 27 Luglio, con volo di rientro da Lima il 16 Agosto: tre settimane in totale.

L’itinerario sarebbe stato il seguente:

  • Lima (2 notti)
  • Paracas (1 notte)
  • Huacachina (1 notte)
  • Nazca (2 notti)
  • Arequipa (2 notti)
  • Chivay (1 notte)
  • Puno (2 notti)
  • Cuzco (3 notti)
  • Aguas Calientes (2 notti)
  • Cuzco (3 notti)
  • Lima (1 notte)

Per quanto riguarda gli spostamenti interni siamo stati fin da subito decisi sul noleggio auto perché la storia dei bus notturni ci sembrava troppo stancante e non adatta al nostro desiderio di estrema libertà. Contro il parere di tutte le persone sentite online sull’argomento, che ritenevano il noleggio auto in Perù troppo pericoloso, abbiamo prenotato l’auto su Europcar, pagando 452 euro per il noleggio + 650 euro per il drop-off in una città diversa dal ritiro (ritiro a Lima, consegna a Cuzco). Insomma, una bella “sberla”, ma li è valsi tutti. Prendiamo una normale berlina perché studiandomi con particolare perizia i tragitti su Google Maps e Street View ho potuto constatare che non avremmo fatto percorsi fuori strada o strade particolarmente impervie. Qualche domanda ad alcuni utenti di TripAdvisor sull’argomento non ha guastato.

Per il volo interno Cuzco-Lima scegliamo Latam, compagnia super seria e garantita da tutti. Costo 113 euro a persona.

A inizio Marzo prenoto il treno per Aguas Calientes direttamente dal sito Perurail, pagando una fucilata per andata e ritorno con Vistadome, il treno panoramico. Questi sono stati in assoluto i soldi peggio spesi perché, col senno di poi, non ne valeva proprio la pena. Subito dopo acquisto i biglietti di ingresso a Machu Picchu e Huayna Picchu, che faremo in due giornate. L’unico sito ufficiale da cui acquistare è https://www.machupicchu.gob.pe/. Se per Machu Picchu si poteva anche aspettare, per Huayna Picchu, con soli 400 biglietti disponibili al giorno divisi in due turni, non ho voluto rischiare. Anche perché volevo il primo turno, quello più fresco. Quando ho acquistato c’erano ancora quasi tutti i posti disponibili, che poi si sono esauriti circa un mese prima della data di ingresso (si, ogni tanto rientravo a controllare!).

A inizio Aprile prenoto il sorvolo delle linee di Nazca direttamente dal sito di AeroParacas e scopro di essere addirittura in ritardo: il primo turno del mattino è già pieno e noi slittiamo al secondo. Pazienza.

Per gli alloggi, invece, vado via liscia: prenoto tutto su Booking a Maggio, cercando di bilanciare comfort, distanza dal centro e prezzo. Abbiamo viaggiato in totale autonomia, senza mai affidarci a guide o tour operator, con due sole (obbligate) eccezioni: la Montaña de Siete Colores (organizzata in tour privato con Exploor Perù direttamente dal loro sito, trovato su Google) e le Isole Ballestas (prenotate online con Emotion Tour Perù, agenzia di Paracas trovata per caso su Google Maps e che stra-consiglio).

Per l’assicurazione mi sono affidata come sempre ad AXA: 60 euro a testa con copertura totale, o almeno così dicono. Fortunatamente non ho avuto modo di scoprire se fosse vero.

Ma veniamo al viaggio…

SABATO 27 LUGLIO – Milano – Lima

Non si può dire che il viaggio inizi nel migliore dei modi: l’aereo parte con quasi 3 ore di ritardo e rischiamo di perdere la coincidenza, che prendiamo per puro miracolo, salendo sull’aereo un secondo prima che il portellone venga chiuso. Purtroppo Air Europa si rivela subito pessima, tanto per la maleducazione del personale di bordo che per il cibo veramente immangiabile. E dire che noi siamo ben abituati a compagnie low cost…

DOMENICA 28 LUGLIO – Lima

Atterriamo alle 5:30 e, dopo un veloce controllo immigrazione, usciamo e troviamo subito l’autista mandato da Ana Maria del B&B Residencial Miraflores, che ci porta direttamente lì. Prima di salutarlo concordiamo già la tratta per domani: torneremo nei pressi dell’aeroporto per ritirare l’auto a noleggio. Veniamo accolti dal marito di Ana Maria e da Chicho, un bellissimo husky. La casa è splendida, antica a super decorata, tanto che mi ricorda le case particular cubane. Occupiamo la camera e ci facciamo una doccia, poi ci dedichiamo alla colazione, che è abbondante e buona. Usciamo alle 11:30 e ci facciamo portare in taxi a Plaza San Martin, che però non è niente di che. Imbocchiamo Jirón de la Unión, dove vediamo la Iglesia de la Merced (carina da fuori, bruttina dentro) e procediamo fino a Plaza de Armas, che scopriamo essere chiusa fino alle 14:00 per la Festa dell’Indipendenza. Che sfortuna!

Prendiamo un taxi per Barranco, che per 40 soles ci porta a pochi passi dal Puente de Los Suspirios. Passeggiamo in questa zona, percorrendo anche una bella scalinata con i muri pieni di murales, ma il cielo è grigio e i colori non risaltano come dovrebbero. A quest’ora del mattino i locali (unica attrattiva di Barranco) sono quasi tutti chiusi o comunque abbastanza deserti, quindi ci fermiamo a mangiare alla “Posada del Mirador”, un locale con un bel balcone vista oceano. La nebbia invernale di Lima domina il paesaggio e il grigio dell’oceano è quasi un tutt’uno con quello del cielo, ma l’insieme è comunque affascinante. Dopo pranzo prendiamo un taxi per Larcomar, il famoso centro commerciale vista oceano. Tutto intorno solo palazzoni grigi e imponenti. Il centro commerciale è bellino e pieno di negozi interessanti: Dédalo, ad esempio, è un bel negozio per comprare souvenir e cappellini peruviani. Da qui ci spostiamo in taxi al Parque del Amor, che è davvero carino: in stile Gaudì, dominato dalla bellissima statua El Beso, e soprattutto pieno di gente. Dei matti volano in parapendio proprio sopra le nostre teste, mentre il mare si fa agitato e le onde grigie si abbattono sulle scogliere. Che spettacolo!

Stanchi, torniamo in hotel per riposarci un po’ prima di cena, ma in realtà alle 19:00 siamo talmente distrutti che decidiamo di saltare la cena e andare direttamente a dormire.

LUNEDÌ 29 LUGLIO – Paracas

Dopo colazione sistemiamo le valigie e prendiamo il taxi per andare all’ufficio di EuropCar, che troviamo non senza difficoltà. In ufficio non c’è nessuno oltre a noi e la nostra Hyundai Accent è già fuori ad attenderci, quindi facciamo tutto molto velocemente. In circa 30 minuti sbrighiamo tutte le pratiche, preleviamo, e finalmente partiamo per Paracas.

Uscire da Lima è facile e il traffico non è così terribile, ma si passa dal quartiere San Miguel, che è molto degradato. Noi ci chiudiamo dentro e teniamo un basso profilo, soprattutto quando siamo fermi ai semafori. Onestamente la sensazione non è quella di essere in reale pericolo, ma purtroppo siamo influenzati dalle brutte cose che si leggono online su Lima. Nel dubbio, meglio stare allerta.

Uscendo da Lima si incontrano diverse baraccopoli arroccate sulle colline nel degrado più totale, poi inizia il deserto sulla sinistra, contrapposto a destra da stabilimenti balneari più o meno lussuosi o degradati. Durante il tragitto il paesaggio cambia più volte repentinamente fino a lasciare il posto ad un deserto pazzesco, grande e desolato.

Qui, a circa metà strada, ci ferma la polizia. Un poliziotto si avvicina al mio lato dell’auto, quello del passeggero, e ci chiede di che parte del Perù siamo (come se non si vedesse che siamo turisti!) e parte con le accuse di eccesso di velocità, sorpasso sulla destra e senza freccia, ecc, e ci dice che la multa sarebbe 747 soles! Poi ci chiede quanto stiamo in Perù, che giro facciamo e quanto teniamo la macchina. Quindi ci spiega che se ci facesse la multa “ufficiale” saranno costretti a ritirarci la patente, accompagnando questa informazione con la proposta di un pagamento non ufficiale della multa, ovviamente a prezzo scontato: il 50%, senza ritiro della patente. Noi facciamo resistenza perché sappiamo che queste sono truffe, ma non siamo abbastanza smaliziati da ribellarci quanto dovremmo. Dopo una ridicola contrattazione si accontenta di 150 soles (circa 40 €) per lasciarci andare. Primo giorno e prima truffa della polizia…Mmm, non si parte bene!

Amareggiati per esserci fatti fregare, procediamo lentamente verso Paracas e, quando arriviamo a pochi km da El Chaco, il cielo si apre e miracolosamente diventa sereno: che meraviglia! Costeggiamo il mare, finalmente di un bel blu, e arriviamo a El Chaco. Decidiamo di fare prima il check-in in hotel e poi cercare un posto in cui mangiare. L’Hotel Betania è nuovissimo e di un bianco accecante, in netto contrasto con la polverosa strada sterrata e gli edifici fatiscenti o ancora in costruzione dei dintorni. Il gentilissimo proprietario sta in una reception dall’altra parte della strada, dove c’è anche la sala colazione e il parcheggio custodito. Ci porta nella nostra stanza, piccola e piuttosto spoglia, con un bagno super nuovo e pulitissimo. Molliamo tutto e usciamo a piedi in cerca di un ristorante. Ci fermiamo nel primo posto che troviamo, “Perù Chicken”, dove mangiamo pollo allo spiedo, patatine fritte e insalata. Totale 70 soles.

Dopo pranzo prendiamo la macchina e andiamo alla Reserva de Paracas. In 5 minuti siamo all’ingresso, dove paghiamo 22 soles in tutto. Una volta dentro ci fermiamo subito al Centro de Interpretacion e ci avviamo lungo una strada battuta di circa 500 m in direzione della baia dei fenicotteri. Tira un vento pazzesco: meno male che abbiamo le nostre giacche antivento! I fenicotteri si vedono solo da lontanissimo ma in compenso vediamo dei fossili marini e un paesaggio davvero incredibile!

Riprendiamo l’auto e ci dirigiamo verso Lagunillas, che si trova su una piccola penisola. Sono già le 16:00 passate e il sole comincia a calare: quando arriviamo c’è una luce aranciata molto scenografica! Il mirador lì accanto ha una vista incredibile sulla baia. Si raggiunge salendo una scalinata, in mezzo ai gabbiani, e ha due piccoli spiazzi sui due lati della penisola. Vediamo da lontano La Catedral e ci sembra davvero lontanissima! Quindi, siccome la vogliamo raggiungere prima del tramonto, ci affrettiamo a riprendere la macchina. Guidare in questo deserto a picco sull’oceano dà un senso di libertà pazzesco, e i panorami che si possono ammirare da qui sono surreali. In alcuni punti si è completamente soli e sembra di essere su Marte: la sabbia rossa, le rocce schiaffeggiate dal vento…un posto unico al mondo. Passiamo velocemente dalla spiaggia La Mina e poi dalla Playa Roja, che è stupenda ma battuta da un vento pazzesco che ci impedisce di vederla come si deve. Il paesaggio è davvero spiazzante: deserto a non finire, alture, cucuzzoli, e mille sfumature di ocra e di rosso. La strada è un serpente che attraversa questo paesaggio marziano, talmente assurdo da non sembrare vero. Arriviamo a La Catedral di corsa, mentre il sole sta già tramontando, e scattiamo qualche foto al volo. Peccato averla vista di fretta perché la scogliera meritava più tempo. Usciamo dalla riserva che sta già facendo buio, attraversando al contrario un paesaggio che, con questa luce rosso-violacea, sembra ancora più surreale. Ma siamo ancora sulla Terra?!?

Torniamo in hotel, ci cambiamo e andiamo a cena a “Il Covo”. Il locale è molto carino, il menù italianissimo (infatti il titolare è bresciano), la pizza buona, la creme brulée discreta, e il servizio molto cortese. Totale 144 soles. Sul lungomare non sembra esserci molto movimento, quindi ce ne andiamo subito a letto.

MARTEDÌ 30 LUGLIO – Paracas – Huacachina

Sveglia presto e niente colazione perchè stamattina si va in barca: destinazione Islas Ballestas! Alle 8:00 viene a prenderci direttamente in hotel Carlos della Emotion Tour Perù per portarci al molo del Luxury Collection Resort da cui parte il nostro tour. La barca non è piena: nonostante i 20 posti a disposizione, siamo solo una dozzina di persone.

Nel primo tratto si procede lentamente, mentre la guida fa una spiegazione molto esaustiva di quello che andremo a vedere, sia in spagnolo che in inglese (molto ben comprensibili entrambi), poi la barca accelera e si comincia a saltare sulle onde! Il cielo è grigissimo. Facciamo una prima sosta al Candelabro, che si vede da molto vicino ed è davvero spettacolare. Dopo le foto di rito ripartiamo in direzione delle isole e l’aria si fa davvero tagliente. Noi siamo tutti raggomitolati nelle nostre giacche a vento, mentre gli altri sono più sportivi, alcuni addirittura in t-shirt!

Mentre ci avviciniamo alle Islas Ballestas comincia uno spettacolo da non credere: migliaia di uccelli volano in formazioni incredibili, mentre le scogliere schiaffeggiate dal mare si avvicinano sempre di più. A pochi metri dagli scogli cominciamo a vedere leoni marini, pinguini, pellicani e tantissimi gabbiani e uccelli di varie specie. Lo spettacolo è davvero primordiale, sembra di essere dentro Jurassic Park! Non mi stupirei se ora uno pterodattilo volasse sopra di noi!

Vediamo da vicino moltissime femmine di leone marino, e anche un paio di maschi, più grossi, e poi assistiamo alla scena di un pinguino che scende per tuffarsi in acqua, ma all’ultimo cambia idea e tenta goffamente di risalire, riuscendoci solo al quinto tentativo, sotto i nostri occhi “preoccupati”. Bellissimo. Siamo vicinissimi alle isole e centinaia di uccelli ci volano sopra, quindi la guida ci invita a coprirci la testa e ci spiega tutto benissimo, dalle caratteristiche degli animali alle procedure per l’estrazione del guano. La parte retrostante dell’isola è infatti occupata da alcune strutture adibite proprio alla raccolta del guano: un molo, un attracco e un edificio. Mentre torniamo verso il molo ci fermiamo a vedere altri leoni marini che dormono sulla prua di una nave rossa gigantesca: stupendo!

Quando arriviamo al molo ci offrono a sorpresa un souvenir e una veloce colazione: caffè e cornetto. Che servizio! Carlos ci riporta al nostro hotel e, dopo esserci ripresi un po’ dal freddo e dalla stanchezza, usciamo a fare due passi sul lungomare, pieno di bancarelle di souvenir e di ristoranti. Peccato che non sia soleggiato come ieri. Ci fermiamo a pranzare a “El Ancla”, dove mangiamo calamari fritti e polpo alla griglia. Il cibo non è affatto male, ma le porzioni sono davvero piccole e il prezzo di 123 soles altino! Dopo mangiato salutiamo Paracas per spostarci a Huacachina. Il viaggio è abbastanza veloce, ma assistiamo a certi sorpassi da non credere: sorpassi sulla destra, sorpassi di auto che stanno sorpassando, sorpassi senza visibilità…Pazzesco!

Passiamo da Ica, dove ci fermiamo a prelevare in un centro commerciale recintato e vigilato. Qui ci sono addirittura 3 banche, tutte sorvegliate da una guardia armata!

Quando arriviamo a Huacachina, in uno scenario surreale di dune, veniamo assaliti dalla folla di procacciatori di clienti, turisti e apecar: un delirio. Superato il caos si arriva nei pressi nell’oasi, circondata da hotel e ristoranti. Troviamo il nostro hotel, El Huacachinero, e parcheggiamo l’auto nel cortile interno, nel posto che avevamo riservato. Facciamo un rapido giro della struttura, che è anche meglio di come appariva in foto su Booking: la piscina è molto scenografica, con vista sulla duna, e la camera è gigantesca, anche se ha il difetto di avere un lavandino temporizzato con sola acqua fredda!

Usciamo dall’accesso privato dell’hotel e cominciamo a scalare la duna a nord dell’oasi, che quantomeno è all’ombra! Salire sulla duna è faticosissimo perché si sprofonda in continuazione, e in pochi minuti le scarpe si riempiono di sabbia. Arrivati sulla cresta della duna, però, lo spettacolo lascia senza fiato: l’oasi da un lato, con i suoi hotel e le centinaia di dune buggy parcheggiate in uno spiazzo, e le innumerevoli dune dall’altro, che si perdono nell’orizzonte. Che spettacolo.

Soffia un po’ di vento, quindi stare sulla cresta della duna ci espone parecchio alle ventate di sabbia, ma stare qui è davvero incredibile!

Nel frattempo è calato il buio, quindi torniamo giù e andiamo a cena al “Wild Olive”, che non consiglio assolutamente. Dopo le 18:00 intorno all’oasi non c’è più un’anima.

MERCOLEDÌ 31 LUGLIO – Huacachina – Nazca

Oggi ci svegliamo con lo spettacolo delle dune immerse nella nebbia: c’è già qualcuno che cerca di scalarle, forse approfittando del fatto che fa un po’ freschino. La mattina bighelloniamo un po’ in giro, aspettando che la giornata si scaldi un pochino. Verso le 11:00 saliamo nello spiazzo delle dune buggy e becchiamo un ragazzo che, dovendo riempire il suo mezzo, ci propone il prezzo scontato di 25 soles a testa per i due posti davanti. Top!

Il giro in dune buggy si rivela fin da subito pazzesco: saliamo e scendiamo dalle dune velocissimi e facciamo anche 2 o 3 discese incredibili in derapata, scivolando sulla sabbia! Dopo 5 minuti di evoluzioni ci fermiamo in un punto in cui ci sono altre dune buggy per fare un po’ di foto e sandboarding. È incredibile vedere quanto sia grande il deserto e quanto siano piccole le dune buggy che si vedono in lontananza. Che posto pazzesco! Dopo la sosta si riparte ancora più veloci di prima in mezzo al deserto, ed è una sensazione di libertà mai provata prima, incredibile e meravigliosa, da ricordare nel tempo. In un paio di minuti siamo di nuovo all’oasi, facciamo le ultime foto al deserto e poi torniamo in hotel: siamo pieni di sabbia, sudati e pure scottati in fronte, ma incredibilmente soddisfatti!

Dopo aver tolto chili di sabbia dalle scarpe, prendiamo l’auto e partiamo alla volta della Bodega Tacama, vicino a Ica. Arriviamo dopo circa 30 minuti di strada, di cui 10 di sterrato. Una guardia all’ingresso ci chiede la nazionalità, poi entriamo e ci dirigiamo subito al ristorante perché sono già le 14:00 e noi siamo affamatissimi.

Seduti all’aperto, vista giardino, con un buonissimo odore di incenso, finalmente ci rilassiamo e ci sentiamo veramente in vacanza! Il servizio è super professionale e dopo aver ordinato chiacchieriamo con il sommelier. Il riso con pollo mi delude un po’, mentre il lomo saltado è ottimo. Buonissimi anche il crumble di mele e il brownie. Totale 166 soles.

Dopo pranzo vorremmo fare un tour dell’azienda, ma sono già le 15:30 e tutti i tour durano dai 45 minuti in sù, quindi dobbiamo rinunciare, o non arriveremo mai a Nazca.

Facciamo giusto un giretto nel giardino e spiamo il cortile retrostante dal cancello. L’edificio rosa è in netto contrasto con le bellissime piante e i cactus verde acceso, e la luce in questo momento è davvero spettacolare. Bellissimo!

Alle 16:00 partiamo per Nazca. Il primo tratto è tutto dritto, poi, dopo una galleria scavata nella roccia, strettissima e buia, cominciano dei ripidi tornanti a scendere che passano attraverso un canyon incredibile, con colline rocciose dal colore rossastro. Un panorama unico. Tra Palpa e Nazca ci ferma la polizia, ma stavolta è un normale controllo documenti e dura solo pochi minuti.

Alle 19:10 arriviamo a Nazca, caotica ma non grandissima. Troviamo subito la via del Casa Andina Standard, che poi è la via principale della città, e facciamo il check-in con una receptionist molto professionale. L’hotel è veramente bello e particolare, con le camere affacciate su una corte centrale piena di palme. È pieno di turisti, prevalentemente francesi e tedeschi. Il parcheggio è poco distante, ma è privato e super sicuro. La camera è minimale ma molto carina e con un bagno grandissimo. Il wi-fi è una bomba. Siamo troppo stanchi e scombussolati per uscire a cena, e alle 21:00 crolliamo addormentati.

GIOVEDÌ 01 AGOSTO – Nazca

Stamattina niente colazione perché si vola! Fa già caldo e il cielo è limpidissimo, quindi ci aspettiamo che i voli non abbiano ritardi.

Alle 7:50 siamo all’Aeropuerto Maria Reiche, ci registrano, ci pesano e ci dicono di tornare con calma alle 10:00, ora del nostro volo. Nell’attesa facciamo un giro nei negozietti di souvenir che affacciano sul parcheggio, dove ci compriamo un maglione in vero stile peruviano e un portamonete. Poi ci sediamo nello stanzone dell’aeroporto e attendiamo il nostro turno. Quando ci chiamano per i controlli al metal detector scopriamo che il nostro volo è composto da 3 coppie italiane. Sulla pista ci fanno un breve briefing e ci danno il tempo di fare alcune foto davanti al cessna. Saliamo e ci spogliamo subito perchè dentro l’aeroplanino fa un caldo terribile! Decolliamo dopo pochi minuti e l’effetto è strano: sembra davvero di riuscire a volare per pura casualità!

In un attimo siamo sopra le Lineas de Nazca e inizia l’emozione. Le linee sono piuttosto lontane, ma il cessna si piega molto per permetterci di vederle bene. Che spettacolo incredibile! La prima parte del volo è tranquilla, poi comincia a piegare moltissimo per mostrare bene le linee prima su un lato e poi sull’altro. Una mappina sul retro dello schienale (accanto al sacchettino per il vomito) aiuta a riconoscere i disegni. Alla quarta linea io comincio ad avere lo stomaco sottosopra. È una sensazione stranissima perché non mi viene da vomitare (forse perché non ho mangiato) ma ho lo stomaco che si ritorce e mi sembra che mi manchi l’aria. Ciononostante mi sforzo di godermi il momento e non mi perdo nemmeno una linea.

Vediamo moltissime linee tra cui l’alieno, il condor, il colibrì, la scimmia, il cane, e poi l’albero, la mano e la lucertola vicino al mirador e alla Panamericana. Prima di atterrare il pilota sorvola la città e ci porta a vedere l’Acquedotto Cantalloc dall’alto. Bellissimo!

Dopo pochi minuti atterriamo e io sono contenta per l’esperienza, ma anche sollevata all’idea che sia finita perché il mio stomaco è davvero sottosopra! Ci danno un certificato di volo (molto carino) e poi un signore simpaticissimo ci accompagna dentro l’aeroporto a timbrare il passaporto con il timbro delle Linee di Nazca. Una volta usciti paghiamo 10 soles per il parcheggio e partiamo alla volta del mirador, che si trova a circa 20 minuti dall’aeroporto.

Il Mirador è una torretta un po’ datata a bordo della Panamericana. Di fronte ce n’è una super nuova e più alta, ma ancora chiusa. La vista da sopra è bella e si vede l’albero veramente da vicino, però l’esperienza è breve (dopo soli 10 minuti ti fanno scendere) e molto affollata!

Torniamo in città e andiamo a mangiare da “Mamashana”. Io prendo i tequeños, dei fagottini ripieni di formaggio fresco, e un’insalata di pollo: tutto buono ma fin troppo abbondante!

Dopo pranzo facciamo un giretto per il centro di Nazca, poi andiamo in hotel a riposarci un po’ e alle 20:30 usciamo di nuovo per cenare a “La Kasa Rustika”, dove mangiamo una zuppa di quinoa e lomo saltado. Tutto discreto tranne il dolce, non classificabile.

VENERDÌ 02 AGOSTO – Nazca – Arequipa

Stamattina si parte presto: ci aspettano circa 10 ore di viaggio in direzione Arequipa.

La strada è lunga e in gran parte “grezza” fino alla costa: niente linee segnaletiche, qualche buca e terra battuta ai lati della strada. Però è tutta dritta, piena di sali e scendi, e soprattutto affollata di tir. Con una sola corsia i sorpassi non si contano nemmeno più!

Guidare in Perù non è difficile, ma risulta complessivamente un po’ pericoloso in certi punti perché la guida dei peruviani è molto selvaggia e spesso i sorpassi vengono fatti anche a bassissima (o nessuna) visibilità. I tir sono tanti e vanni lentissimi, quindi sorpassare è una cosa che si fa in continuazione, ma quando lo si fa bisogna prestare particolare attenzione a chi potrebbe arrivare dall’altra parte. Sembra un concetto banale ma lì non è scontato, perché dall’altra parte potrebbe arrivare una semplice auto oppure un trasporto eccezionale, e magari oltre a lui arriva anche un’altra auto (o un altro trasporto eccezionale!) che lo sta sorpassando!

Ci addentriamo in una zona desertica, percorrendo una strada spazzata da un vento pazzesco, talmente forte che trascina la sabbia circostante sull’asfalto, in ondate molto scenografiche. Ad un certo punto vediamo una scena veramente assurda: degli uomini vestiti da lavoro, arancioni dalla testa ai piedi, stanno spazzando con delle scope di saggina il bordo della strada per ripulirlo dalla sabbia, ma lo fanno con il vento contrario e infatti per ogni granello che spazzano via, arriva un chilo di sabbia portato dal vento! Che scena assurda!

Dopo un po’ cominciano i tornanti, e l’asfalto si fa bruttino: è pieno di buche, e infatti ci sono decine di persone, anche con bambini, che raccolgono la terra dai bordi della strada e la mettono con le pale dentro alle buche, in un tentativo molto rudimentale di riparare la strada. Lo fanno per racimolare qualche moneta, che qualche camion o auto gli dovrebbero porgere (o lanciare), ma di fatto non vediamo mai nessuno farlo, e nemmeno noi sappiamo come fermarci a dargli qualche moneta, essendo la coda molto scorrevole e la strada in discesa. Io rimango parecchio colpita da queste scene, soprattutto perché la terra, essendo secca, viene sollevata dalle ruote dei veicoli che passano ed il risultato è un gran polverone che li ricopre totalmente di terra. Un’immagine che stringe il cuore.

A circa metà strada ci viene fame e decidiamo di fermarci a mangiare da “Don Memo”, un ristorante un po’ assurdo, gigantesco e praticamente deserto. La tizia che ci accoglie non spiccica una parola e sembra veramente antipatica, però il cibo tutto sommato è discreto. Mi azzardo ad entrare nel bagno ma ne esco subito senza usarlo: molto più igienico fermarsi su qualche tornante!

Ripartiamo, percorrendo un numero imprecisato di tornanti a picco sul mare e rimanendo sempre più incantati da questi paesaggi meravigliosi. La natura è immensa, e noi ci sentiamo veramente piccoli in confronto. Da un lato il deserto è tanto inquietante quanto affascinante, e dall’altro l’oceano terrorizza con la sua ferocia.

Quando abbandoniamo la costa per l’entroterra, la strada migliora notevolmente e, ad un’ora da Arequipa, percorriamo finalmente un asfalto nuovissimo.

Arrivati fuori città rimaniamo bloccati in coda per mezz’ora, poi, una volta giunti nei pressi del centro, troviamo l’hotel Las Torres de Ugarte abbastanza velocemente: il traffico in città è sostanzioso ma abbastanza disciplinato per gli standard peruviani. La cochera per fortuna è vicinissima all’hotel: saranno circa 100 metri. Non appartiene all’hotel, ma sono stati loro a consigliarmela in fase di prenotazione.

L’hotel è carino, con le camere affacciate su un cortile interno coloratissimo. La camera è grande e il bagno è pulito. Peccato che il miscelatore del lavandino sia montato al contrario e quindi mi lavo per i primi 5 minuti con l’acqua ghiacciata, pensando che non ci sia acqua calda! Poi scopro l’arcano: per avere l’acqua calda bisogna girare su quella fredda. Bah! Inoltre il riscaldamento a ventilazione non aiuta: secca l’aria in una maniera incredibile e risulta particolarmente rumoroso.

Dopo la doccia andiamo a cena a “La Despensa”, dove ci servono un simpatico vasetto di cracker fatti in casa: ottimi! Il personale è giovanissimo e il servizio è lento ma cordiale. Mangiamo una pizza margherita contraddistinta da un impasto divino, alto e soffice. Buona anche la creme brulée. Totale 96 soles.

Usciti dal ristorante, alle 22:00, sperimentiamo il clima montano: siamo entrati con una temperatura piacevole e usciamo nell’aria gelida!

SABATO 03 AGOSTO – Arequipa

Stamattina mi sveglio con un brutto raffreddore. Saliamo a fare colazione in una saletta minuscola e affollata, tanto che facciamo fatica a trovare posto a sedere. Condividiamo il tavolo con due gentili turiste francesi che ci offrono due sedie e ci ritroviamo tutti e 4 strettissimi. Altro punto a svantaggio di questo hotel.

Usciamo e visitiamo Plaza de Armas, che è grandissima e molto dispersiva. A quest’ora c’è poca gente e manca un po’ di vitalità, quindi entriamo nella Cattedrale in cerca di qualcosa di interessante, ma rimaniamo delusi perché l’unica cosa degna di nota è il grande organo.

Alle 9:30 raggiungiamo il Monasterio de Santa Catalina. Costo dei due biglietti: 80 soles. Intanto è uscito un sole fortissimo, ma l’escursione termica fra ombra e sole è notevole. Visitiamo il monastero lentamente, ed è veramente stupendo. Le celle delle monache sono molto affascinanti: hanno la camera da letto, a volte il salottino e le più fortunate delle grandi cucine con forni, nerissimi di fuliggine. Poi inizia la parte con gli edifici colorati di mattone, affacciati su stradine strettissime, che è davvero meravigliosa, e dà la forte sensazione di trovarsi in Spagna, forse anche per via dei grandi cactus e soprattutto dei nomi delle vie: calle Toledo, calle Granada, ecc.

Quando usciamo, alle 11:30 c’è addirittura la coda per entrare! Meno male che noi siamo entrati presto! Ci dirigiamo verso nord, passando davanti al Complejo San Francisco, che vediamo solo da fuori perché all’interno le chiese peruviane sono in genere deludenti, e poi proseguiamo per il quartiere San Lázaro, in teoria antichissimo e contraddistinto da abbaglianti muri bianchi, in pratica deserto e abbastanza sporco.

Da qui raggiungiamo Mundo Alpaca ed entriamo prima nel negozio e poi nel cortile retrostante, dove vediamo per la prima volta lama e alpaca! Il custode ci dà dei mazzetti di un’erba particolare da porgergli per farli mangiare e noi ci divertiamo così per una mezz’oretta. Quando usciamo il sole picchia forte e io mi sento un po’ affaticata, non so se per l’altitudine o per il raffreddore.

Mangiamo da “Zig Zag”, uno dei ristoranti più famosi di Arequipa: il locale è bellissimo, il menù molto vario e il cameriere molto preparato e professionale. Dopo un aperitivo offerto dalla casa con paninetti soffici e salse buonissime, mangiamo trota salmonata con puré e delle costine di non si sa bene quale animale, entrambi cotti e presentati sulla pietra vulcanica! Bellissimo anche il bavaglione di carta che ci viene fatto mettere per evitare gli schizzi! Costo totale: 40 euro.

Dopo pranzo torniamo in Plaza de Armas percorrendo Calle Sucre, dove vediamo la bella Iglesia de San Augustín, e poi procediamo per Calle Mercaderes, che si rivela invece molto deludente: deserta e costellata di negozi fatiscenti. Riscendiamo lungo Calle Domingo ed entriamo nella Iglesia de la Compañía dove per 10 soles visitiamo la cappella decoratissima, carina ma non imperdibile. Stanchi, andiamo a riposarci da “Crepisimo”, dove mi prendo una crépe al cioccolato e un succo di ananas fresco. Che goduria!

Torniamo in hotel e dormiamo un’oretta, poi usciamo a cena da “Zingaro”, dove sono tutti molto cordiali, ma il servizio è lento e il cibo si rivela un po’ deludente.

Dopo cena andiamo a vedere Plaza de Armas di sera: illuminata è molto più affascinante che di giorno! Io sto bene nel mio piumino nonostante l’aria freddina, ma siamo troppo stanchi per stare fuori a far serata e dopo pochi minuti torniamo in hotel.

DOMENICA 04 AGOSTO – Arequipa – Chivay

Dopo colazione facciamo le valigie e partiamo per Chivay, con sosta programmata alle Canteras de Sillar, a circa 40 minuti di macchina da Arequipa. L’ultimo tratto di strada è sterrato e un po’ fangoso, e passa in mezzo a case poverissime, tipiche delle periferie delle grandi città.

Quando arriviamo alle Canteras scopriamo che sono più famose di quanto pensassi: ci sono almeno 40-50 persone, molte delle quali cercano di scattarsi delle foto in super posa! In effetti il posto è molto scenografico, scavato com’è in questa roccia bianchissima.

Si vede dapprima un cavallo in sillar e poi si arriva al grande spiazzo in cui si parcheggia e dal quale si vede la facciata di chiesa intagliata nella parete rocciosa. Bellissimo! Paghiamo l’ingresso e ci avviamo verso la “chiesa”. Il sole picchia e noi siamo in mezzo al bianco, a forte rischio di ustione! Scattiamo foto davanti alla chiesa e poi agli altri altorilievi scavati nella roccia. Quando vediamo un gruppo di persone che si dirige verso il fondo delle Canteras li seguiamo, e qui assistiamo ad una spiegazione con dimostrazione di un signore che taglia i blocchi di sillar per poi venderli ad Arequipa. Questa pietra si utilizza solo qui, in questa città, ed è proprio quella che la caratterizza e la rende La Ciudad Blanca. Che cosa affascinante!

Ripartiamo per Chivay e lungo la strada veniamo fermati per la terza volta dalla polizia, ma stavolta non ci controllano nulla: ci avvisano solo che non abbiamo le luci accese e ci lasciano subito andare. Meno male!

Poi cominciamo a salire di quota ed entriamo nella Reserva de Salinas y Aguada Blanca, dove il paesaggio brullo lascia posto a cespugli e rigagnoli d’acqua sempre più consistenti. Qui vediamo alcune vigogne e, più avanti, centinaia di alpaca liberi che brucano in mezzo all’acqua e alla vegetazione: che panorama incredibile!

Al bivio Patahuasi si paga il pedaggio e si passa sotto al Bosque de Piedras, delle formazioni rocciose particolarissime che sembrano pinetti e risultano in netto contrasto con la roccia liscia circostante: che spettacolo! Più saliamo in quota e più i pacchetti di biscotti che abbiamo in macchina si gonfiano per la pressione, fin quasi a scoppiare! Al passo di Toccra si toccano i 5.000 mt. Su un tornante vediamo un tir che si è rovesciato su una curva, e in effetti i sorpassi sono selvaggi come al solito.

A circa 40 minuti da Chivay passiamo davanti al Mirador de los Volcanes, dove vediamo un vulcano che fa fumo: che spettacolo incredibile! Da qui si comincia più o meno a scendere. All’ingresso di Chivay, subito dopo il portale in pietra, ci ferma una guardia per avvisarci che lì si acquista il Boleto Turistico, necessario per visitare il Cañon del Colca. Lo compriamo, pagandolo 140 soles, e proseguiamo per l’hotel, che raggiungiamo in pochi minuti.

La Casa de Anita è in Plaza de Armas ed più grande di quanto pensassi. Ci accoglie un signore simpaticissimo, che ci accompagna alla nostra camera, piccola ma molto confortevole, con un calorifero elettrico molto comodo e mille coperte nel letto.

Usciamo a mangiare che sono già le 15:30 e ci fermiamo nel ristorante accanto, “Yaravi”, ma

L’esperienza è pessima: nel locale si gela, il servizio è lentissimo e imbarazzate, il cibo mediocre e sbagliano pure a farci il conto. Sconsigliatissimo!

Facciamo un giro nella piazza e rimango colpita dalla chiesetta, che è carina ma purtroppo malmessa, credo a causa di un recente terremoto: facciata e ingresso sono puntellati da decine di pali di sostegno in legno. Le forze mi abbandonano e passo il pomeriggio e la sera a dormire.

LUNEDÌ 05 AGOSTO – Cañon del Colca – Puno

Ci svegliamo alle 6:30 e l’hotel è già deserto. In effetti verso le 5:00 del mattino abbiamo sentito del gran movimento fuori dalla nostra camera, quindi intuiamo che i trekking per il cañon siano partiti molto presto. Facciamo colazione in quasi totale solitudine e partiamo anche noi per il cañon. Alle 8:15 siamo già nella piazza di Yanque, per visitare la bella chiesa candida del paese. Dentro non è interessante, ma fuori è davvero splendida, e merita una sosta per vederla.

Ripartiamo e dopo pochi minuti cominciamo a costeggiare il Cañon del Colca, godendoci dei paesaggi molto contrastanti: terrazzamenti coltivati sotto e colline di pini misti a cactus sopra. Passiamo davanti a 3 mirador senza fermarci e superiamo due gallerie scavate nella montagna, fino a quasi raggiungere il Mirador Cruz del Condor. Manca infatti solo 1 km all’arrivo quando notiamo che molti pulmini turistici sono parcheggiati a bordo strada in un punto preciso e parecchie persone stanno guardando verso l’alto. Guardando sù notiamo 2 condor che volano proprio sopra la strada, quindi ci fermiamo a bordo strada e decidiamo di avvicinarci a piedi al bordo del cañon camminando nella vegetazione. Qui vediamo ben 9 condor che volano sul cañon sfruttando le correnti ascensionali: che spettacolo! Volano a pochi metri dalle nostre teste, avvicinandosi e allontanandosi dal cañon. Non pensavo che la vista di questi uccelli mi avrebbe emozionata così tanto, e invece mi ritrovo incantata a vedere questa meraviglia della natura, incredula e col cuore che batte! Stiamo così 10 minuti, con le pochissime altre persone che si sono accorte di quello che sta accadendo. Il grosso dei turisti è al Mirador Cruz del Condor, dove però non ci sono molti esemplari di questa specie: sono tutti qui! Dopo aver scattato diverse foto decidiamo comunque di raggiungere il mirador, che infatti merita una visita perché molto scenografico, con le rocce a picco sul cañon e la croce con le targhe a segnalare il punto di interesse.

Dopo una sosta di mezz’ora decidiamo di ripartire alla volta di Puno: ripercorriamo la stessa strada dell’andata fino a tornare all’altezza di Chivay per poi risalire fino al bivio Patahuasi. Ripercorriamo i tornanti popolati di lama, ripassiamo dal passo di Toccra e rientriamo nella Reserva de Salinas y Aguada Blanca coi suoi alpaca soffici e i vulcani che fanno fumo, quando ci imbattiamo in una tromba d’aria pazzesca! Avrà un diametro di un metro o più ed è a pochi metri dalla strada! Pazzesco!

Al bivio Patahuasi, dopo essere ripassati sotto al Bosque de Piedras, giriamo per Puno e rientriamo nella riserva. Dopo un tempo che sembra infinito arriviamo nei pressi del passo più alto, la Laguna Lagunillas, a 4.400 m di altitudine. Sotto al mirador della laguna c’è un Minimarket, un edificio con il tetto rosso, dove ci fermiamo per dare un’occhiata. Qui compro una bellissima sciarpa e due cappellini di lana a soli 120 soles!

Dopo altre interminabili ore di auto, attraversiamo la terribile Juliaca e arriviamo a Puno, che, se possibile, è anche peggio di Juliaca: la periferia è una grande favela, con le case grezze fatte di mattoni di terra arroccate sui versanti delle montagne. Le strade sono un incubo: strettissime, affollate e super inclinate. Raggiungiamo con molta fatica l’Hotel Hacienda Plaza de Armas, scarichiamo i bagagli e parcheggiamo l’auto nella cochera, che è piuttosto lontana. L’hotel per fortuna è bello e noi abbiamo una camera molto accogliente con un bagno gigantesco. Il wi-fi funziona perfettamente e la stufetta elettrica scalda bene.

L’altitudine si fa sentire violentemente dato che siamo a 3.800 mt sul livello del mare, e ogni piccolo movimento, anche solo allacciarsi una scarpa, fa venire il fiatone! Io sono annientata dal raffreddore e dell’emicrania, a cui si aggiungono nausea e giramento di testa: tutti sintomi del mal d’altitudine. Vista la situazione facciamo ricorso al Diamox, il farmaco per il mal d’altitudine che mi sono fatta prescrivere dal medico in Italia.

Usciamo subito a cena, essendo a digiuno dalla mattina: infatti non abbiamo pranzato perché, tra i tornanti e l’altitudine, la nausea aveva vinto sulla fame. Andiamo diretti alla “Casa del Corregidor”, un locale molto stiloso, con bella musica e pochi tavolini. Mangiamo molto bene, poi, distrutti, andiamo a letto.

MARTEDÌ 06 AGOSTO – Lago Titicaca

Questa mattina proprio non me la sento di andare ad Amaru Muru, come da programma. Rimaniamo a dormire fino a “tardi” e alle 9:00 scendiamo a fare colazione, ma ci siamo solo noi e stanno praticamente già sbaraccando. In reception ci facciamo chiamare un taxi per il porto pesquero, dove ci verranno a prendere in barca dal Titicaca Lodge Perù. Anche se non sto tanto bene, questo non me lo voglio perdere! Prepariamo gli zaini per la giornata, decidendo in anticipo che non ci fermeremo a dormire perché sto troppo male e il freddo potrebbe peggiorare pesantemente la situazione. Il fiatone continua a non lasciare scampo, ma nel frattempo per fortuna l’emicrania è passata, forse perché ci stiamo acclimatando o forse semplicemente grazie al Diamox.

Alle 12:00 prendiamo il taxi e in circa 20 minuti siamo al porto pesquero, dove viene a prenderci in barca Julio Cesar, il proprietario del nostro lodge. Gli spiego la situazione e mi dice che non è un problema: possiamo trascorrere la giornata nel lodge e poi ci riporterà al porto con una barca chiusa dopo il tramonto.

Navighiamo lentamente in mezzo alla totora fino a raggiungere un canale molto ampio su cui si affacciano le Uros. Che spettacolo!

Mentre navighiamo Julio Cesar ci spiega che il lodge doveva essere pieno di turisti e invece molti non sono potuti arrivare perché ci sono delle proteste in corso e la strada per Arequipa è bloccata dai manifestanti: nessuno passa, men che meno i bus turistici. Non ne sapevamo nulla, e siamo stupefatti dalla nostra fortuna: noi siamo passati da quella strada solo due giorni prima e non abbiamo avuto alcun problema né notato nulla di strano! Incredibile!

Raggiungiamo il nostro lodge, che è il più isolato delle Uros e quindi quello con la vista migliore: davanti a noi, solo il Titicaca. La nostra stanza è gigante, con un letto super king size, diverse poltrone e divanetti e poi un bagno gigantesco. Ma il meglio è fuori: una terrazza con divano, poltrona e un gazebo con letto veramente scenografico. Top!

Alle 13:00 andiamo a mangiare al ristorante dell’isola: Armando, il fratello di Julio Cesar, ci serve una zuppa di patate eccezionale, trota salmonata con quinoa e verdure, e per finire un dolce al caramello veramente stratosferico! Durante il pranzo facciamo conoscenza con una coppia di svedesi che erano già qui quando siamo arrivati: ovviamente mentre noi siamo in pile e piumino, loro sono in pantaloncini e t-shirt!

Dopo mangiato ci riposiamo un po’ sulla terrazza, poi Julio Cesar ci porta a fare un giro con la sua barca di totora. Qui ci racconta come si raccoglie la totora della riserva, che è alta e resistente, e come si costruisce la barca su cui siamo, che ha un’anima di bottiglie di plastica vuote e un rivestimento in totora lasciata a seccare al sole per settimane.

Esploro anche un po’ l’isola e provo l’ebbrezza di camminare sulla totora: è sofficissima e scricchiola leggermente, facendoti credere di affondarci. Una sensazione unica.

Rimaniamo sotto il gazebo fino al tramonto, che è spettacolare. Ma appena il sole cala le temperature crollano e inizia a fare freddissimo! Alle 18:00 Armando viene a prenderci con la barca chiusa. Lasciamo questo posto incantato mentre cala la notte e arriviamo al molo dove ci attende il nostro taxi, contattato e pagato dal lodge. Tornati in hotel ci docciamo e andiamo a mangiare di nuovo con grande piacere alla “Casa del Corregidor”. Andiamo a letto alle 21:00, accompagnati dal suono dei fuochi d’artificio di non so quale festa.

MERCOLEDÌ 07 AGOSTO – Puno – Cuzco

Alle 8:30 siamo già in partenza per Cuzco. La strada è piuttosto noiosa e i paesaggi sono monotoni, niente a che fare con quelli visti finora. Ci fermiamo a pranzo da “El Feliphon”, un ristorante buffet consigliatoci da Julio Cesar, che però ci delude molto. Dopo un’oretta ci fermiamo alla Iglesia de Andahuaylillas, conosciuta come la Cappella Sistina del Sud America. La chiesa fin da fuori è veramente bella e particolare. Paghiamo l’ingresso e visitiamo l’interno, che non è niente di che ad eccezione del soffitto, interamente dipinto con un motivo particolare che lo fa sembrare un grande tessuto blu. Incredibile! Usciti dalla chiesa passiamo dal negozio di souvenir, che si rivela molto bello e interessante: i prodotti sono di ottima fattura e i prezzi sono ragionevoli. Ovviamente non resisto e mi compro uno zainetto meraviglioso!

Dopo circa un’ora e mezza di strada arriviamo a Cuzco, che è incasinata, me non è nulla in confronto a Puno! Raggiungiamo l’Hotel Rojas Inn, proprio dietro Plaza de Armas, e ci sistemiamo nella nostra camera, che è proprio bella. Purtroppo però l’esperienza qui non sarà positiva per via di alcuni problemi di acqua calda che approfondirò più avanti.

Per cena scegliamo “La Cantina Vino Italiano” perché è vicinissimo all’hotel e perché abbiamo voglia di cibo familiare. Il locale è minuscolo, caratterizzato da pareti piene di vini, personale peruviano e un proprietario italiano. Mangiamo due pizze buone e leggere e facciamo conoscenza con il proprietario, con cui chiacchieriamo una mezz’oretta. Paghiamo 146 soles per due pizze, acqua, birra e grappa.

GIOVEDÌ 08 AGOSTO – Cuzco

Purtroppo stamattina scopro che l’acqua in bagno è gelida, e così comincia la nostra disavventura con la caldaia di questo hotel. Dovremo attendere più di due ore per avere acqua tiepida. Inoltre anche la sala colazione è gelida: a scaldare l’ambiente c’è solo un fungo, il cui calore si percepisce solo se ci si mette proprio sotto, cosa non possibile: tutti i posti attorno sono già occupati.

Tra una cosa e l’altra usciamo che sono già le 10:30. Andiamo subito in Plaza de Armas, che è affollatissima, bella e gigantesca, ma altrettanto dispersiva. Acquistiamo il Boleto Religioso che consente l’accesso a tre chiese: la Catedral, San Blas e San Cristobal. Il costo di 30 soles è alto e San Cristobal non ci interessa, ma il Boleto conviene comunque perché già solo la Catedral sarebbe costata 25 soles e San Blas 10.

Entriamo nella Catedral, che è composta dalla chiesa principale (carina) e dalle due chiese laterali, Jesus Maria ed El Triunfo, piuttosto bruttine. Vediamo anche la Iglesia de la Compañia de Jesus, ma senza entrare: abbiamo capito che queste chiese vanno viste solo da fuori per evitare inutili delusioni.

Ci dirigiamo In Av. El Sol per acquistare il Boleto Turistico (scegliamo quello completo a 130 soles a testa con validità 10 giorni), poi aggiungiamo Qoricancha, il tempio inca su cui è stata costruito il convento di Santo Domingo. La vista da Av. El Sol è molto bella, perché dal giardino si vedono bene i resti del tempio e l’imponente fiancata del convento.

Ritorniamo verso il centro girando a caso per le vie della città, senza capirci un cavolo di nomi e orientamento perché in nomi sui cartelli sono diversi da quelli della mappa di Google.

Alle 12:30 cerchiamo un posto in cui mangiare e optiamo per “Uchu Peruvian Steakhouse”, un bel locale con personale molto professionale e ottima carne cotta sulla pietra vulcanica. Totale per due piatti di carne e due bibite: 170 soles.

Dopo pranzo prendiamo Calle Hatunrumiyac, una bella via con delle grosse pietre a fare da basamento agli edifici, famosa per la Piedra de los 12 Angulos. Da qui proseguiamo in salita verso San Blas, un quartiere alternativo molto affascinante, con vie acciottolate strettissime e molto caratteristiche. Peccato però che le numerose auto che salgono e scendono lungo le strette vie costringono i pedoni a stringersi sui minuscoli marciapiedi. Arrivati alla Iglesia di San Blas ne approfitto per scattare diverse foto con un baby alpaca. Toccarlo è come accarezzare dello zucchero filato! È sofficissimo e quasi inconsistente…ma anche un po’ puzzolente! In città se ne vedono parecchi, sempre accompagnati da donne o bambine che raccolgono un’offerta in cambio delle foto.

Visitiamo la chiesa, che forse è la più carina di tutte perché semplice e caratteristica, poi saliamo verso la bella Tandapata, una via acciottolata molto antica e ancora parecchio autentica. Trascorriamo il pomeriggio passeggiando senza una meta precisa, e la sera siamo talmente stanchi e infreddoliti che non usciamo nemmeno a cena.

VENERDÌ 09 AGOSTO – Valle Sagrado

Altra colazione al gelo, poi usciamo per andare a recuperare l’auto alla cochera. Questo è l’ultimo giorno con la nostra macchina a noleggio dato che stasera, ritornando dal Valle Sagrado, la restituiremo all’ufficio Europcar in Av. El Sol.

Percorriamo la periferia di Cuzco, povera ma meno degradata rispetto ad altre. Le case in mattoni grezzi a più piani e gli esercizi commerciali caotici lasciano pian piano il posto a case contadine costruite con mattoni fatti di terra rossa, la stessa delle montagne su cui sono arroccate. Dopo circa 40 minuti di strada arriviamo a Chinchero. La strada per la chiesa è costellata di negozietti di prodotti in alpaca: qui acquisto una sciarpa per soli 15 soles da una signora che mi mostra come si ottengono le tinte naturali a partire dalla cocciniglia, che fa un colore rosso acceso quasi violaceo, e aggiungendo altre sostanze, ad esempio il succo di limone, che trasforma il vermiglio in arancione. Molto affascinante.

La piazza antistante la chiesa è piena di signore in abiti tradizionali che vendono prodotti non eccezionali e un po’ tutti uguali, ma che complessivamente creano una bella atmosfera. Pur non essendo domenica, giorno di mercato ufficiale, le venditrici non sono poche. Procediamo verso la chiesa, che è bella e molto particolare, in pieno stile coloniale. Le grosse pietre alla base, di un colore terroso acceso, fanno contrasto con i muri bianchi ed il cielo azzurro. Bellissimo! La chiesa è a pagamento, quindi ci limitiamo a vederla da fuori, mentre il sito archeologico è compreso nel boleto turistico. Si tratta di un grande spiazzo, circondato su due lati da pareti formate da grandi rocce incastrate tra loro (in una versione ridotta di Sacsayhuaman) e affacciato per gli altri due lati sulle montagne.

Ripartiamo per le Salineras de Maras facendo un tratto di strada asfaltata e poi circa 10 km di sterrato in ottime condizioni, in mezzo a paesaggi collinari eccezionali. Paghiamo 20 soles di ingresso, che non è compreso nel boleto turistico, e percorriamo un altro tratto di strada sterrata da cui si scorgono da lontano le saline. Dal parcheggio camminiamo poco meno di 1 km prima di arrivare al parapetto dal quale si vede il panorama incredibile delle saline, contraddistinto da mille sfumature di bianco, e in netto contrasto con le montagne circostanti. Pazzesco! Dall’alto vediamo diversi lavoratori che trasportano sacchi di sale, e sporgendoci dal parapetto possiamo anche vedere da vicino i rigagnoli d’acqua che trasportano il sale nelle centinaia di vasche. Lo spettacolo è incredibile, abbagliante e meraviglioso. Le vasche, per ragioni di igiene, non sono più percorribili come una volta, ma forse è meglio così: senza decine di turisti disseminati per le saline il paesaggio è ancora più autentico e fiabesco.

Ripartiamo per Moray e sui tornanti incrociamo decine di pulmini bianchi e bus turistici che vanno in direzione delle saline: per fortuna le abbiamo potute visitare prima che arrivasse il grosso della folla! Arriviamo a Moray alle 12:00 dopo aver percorso un altro tratto di strada sterrata, in mezzo a maiali e asini al pascolo. Entriamo col boleto turistico, parcheggiamo e raggiungiamo subito il sito. Dei terrazzamenti concentrici creano una specie di anfiteatro naturale con un risultato veramente scenografico. Una stradina percorre il cerchio più grande e si collega poi a quello più piccolo, ma noi non abbiamo molto tempo a disposizione e quindi ne percorriamo solo metà.

Alle 12:30 ripartiamo per Ollantaytambo dove intendiamo pranzare e visitare il sito archeologico. Ollantaytambo, che immaginavo tranquilla e meditativa, è invece super affollata e labirintica. Il sito archeologico lo vediamo solo di sfuggita, così come al volo e da lontano vediamo i resti di Pinkuylluna, ben visibili da Plaza de Armas.

La priorità ora è mangiare, quindi scendiamo fino alla stazione e cerchiamo non senza fatica il ristorante “El Albergue”, consigliato dalla Lonely Planet, fino a scoprire di dover proprio arrivare fino al binario del treno per trovarlo! Il locale è molto carino e molto old style: è affacciato proprio sul primo binario della stazione e ha una stanza ristorante con delle belle tovaglie candide, oltre ad una zona bar con divanetti in stile treno. Sembra di stare a inizio ‘900! Azzardiamo una tagliatella al pesto andino e rimaniamo incantati dalla bontà: è eccezionale! Chiudiamo con un brownie, paghiamo il conto di 124 soles e decidiamo di tornare a Cuzco senza visitare il sito archeologico perché io sono davvero cotta. Peccato!

Arrivati a Cuzco riconsegnamo l’auto in Av. El Sol e, non senza fatica, prendiamo un taxi per tornare in hotel. Mangiamo di nuovo a “La Cantina Vino Italiano”, poi crolliamo addormentati.

SABATO 10 AGOSTO – Cuzco – Aguas Calientes

Dopo colazione facciamo le valigie e le lasciamo alla reception dell’hotel: le recupereremo tra due giorni, quando torneremo da Machu Picchu. Ci siamo organizzati in modo tale da avere con noi solo due zaini perché sul treno Perurail si può portare un solo bagaglio a testa di 5 kg. Un taxi privato ci porta per 110 soles alla stazione di Ollantaytambo. Cesar, il tassista, è simpatico e gentile, quindi concordiamo con lui anche il viaggio di ritorno per il lunedì.

Torniamo al ristorante “El Albergue” per fare un bis di tagliatelle al pesto andino, a cui stavolta aggiungiamo un piatto di hummus di ceci stratosferico e uno di ottima trota al forno. Totale 188 soles.

Alle 15:07 usciamo sulla banchina e saliamo direttamente sul treno Vistadome della Perurail. Niente controllo bagagli alla fine! Partiamo in perfetto orario, alle 15:37, e ci servono subito una bevanda a scelta e una fetta di torta. L’aria condizionata è accesa al massimo e fa così freddo che tutti cominciano a coprirsi pesantemente. Quando chiedo alla hostess di alzare un pochino la temperatura, l’atmosfera si fa decisamente più vivibile, ma complessivamente il viaggio è una delusione: purtroppo siamo sul lato montagna e del paesaggio non si vede niente!

Quando arriviamo alla stazione di Aguas Calientes troviamo ad attenderci un addetto dell’Hotel Tierra Viva Machu Picchu che ci accompagna fino all’hotel, dove facciamo il check-in con una ragazza gentilissima e super professionale. La camera è gigante e ha una bella vetrata sul fiume. Il wi-fi prende a meraviglia. Inoltre siamo a soli 2.300 mt e quindi si respira bene e non fa freddo! Mi sento già molto meglio!

Compriamo subito i biglietti del bus per i due giorni successivi (ben 85 dollari per 4 viaggi) all’ufficio Concettur e ceniamo all’Indio Feliz, un locale molto caratteristico con pareti tappezzate di biglietti da visita, servizio veloce e cibo buono, ma un po’ caro: 77 soles per un solo piatto e due bibite!

Facciamo un breve giro del paesino, che è molto turistico ma altrettanto carino. Il fiume Urubamba scorre veloce tra pietre gigantesche e diversi ponti collegano i due lati della cittadina, contraddistinta da un’atmosfera veramente vitale. Passiamo anche dalla Plaza Manco Capac, che sembra una specie di minuscola Las Vegas con la chiesetta illuminata da neon colorati e decine di locali a più piani con terrazze affacciate sullo spiazzo. Siamo eccitatissimi per domani ma anche molto stanchi, quindi andiamo a letto presto.

DOMENICA 11 AGOSTO – Machu Picchu

Facciamo colazione alle 4:30 in una sala deserta. La colazione è la più faraonica vista finora: un grande tavolo con diversi tipi di cibi dolci e salati, frutta e bevande. Alle 5:30 usciamo e ci mettiamo in coda per il bus: la coda è rapidissima, e dopo 5 minuti siamo già in partenza sul bus 13. La strada per arrivare a Machu Picchu dura 20 minuti ed è tutta tornanti e buche.

Quando arriviamo in cima non c’è molta gente: ci mettiamo in coda, schiviamo diverse guide in cerca di clienti, ed entriamo. Dopo pochi passi si vede già, in lontananza, Huayna Picchu, ma noi giriamo subito a sinistra e cominciamo ad arrampicarci per raggiungere la Casa del Guardiano, da cui potremo ammirare la famosa vista dall’alto, tipica di tutte le foto che si vedono online.

Sta già albeggiando, ma il sole non è ancora in alto e il sito è in ombra. Non mi sembra vero di essere qui, di fronte a questa meraviglia che da sempre ho sognato di vedere! Sembra assurdo ma già a quest’ora bisogna fare alcuni minuti di fila per farsi una foto nei punti panoramici. Arriviamo alla Casa del Guardiano proprio in tempo per vedere il sole che supera la cresta della montagna e colora il sito di oro, alle 7:00 spaccate del mattino, come ci fa notare un turista inglese. Che spettacolo!

Le montagne circostanti si accavallano tra loro in decine di sfumature di blu, mentre i raggi del sole ne illuminano i profili: sembra un dipinto! Ma ancora più incredibile è l’effetto che questo meraviglioso fondale fa al sito di Machu Picchu, che ormai è illuminato a metà e spicca per il suo verde intenso e il colore dorato delle costruzioni in pietra inondate dal sole.

Il tutto è coronato dal picco di Huayna Picchu, che incombe sulla cittadella con il suo profilo a punta così caratteristico. È tutto talmente bello da essere commovente.

Ci fermiamo un po’ accanto alla Casa del Guardiano e scattiamo diverse foto. C’è molta solidarietà con gli altri turisti e ci scambiamo foto a profusione, scambiandoci anche consigli su come mettersi e che inquadrature fare!

Dopo un’oretta scendiamo dalle ripide scalinate ed entriamo nella cittadella attraversando il portale di ingresso. Che emozione! Camminiamo tra le costruzioni, ancora così ben conservate da sembrare quasi non vere: hanno la porta, le finestre e la tipica forma a casetta…Meravigliose!

Facciamo il percorso previsto, a senso unico, e passiamo dalla Plaza Sagrada con il Tempio delle Tre Finestre e dall’Intihuatana, fino alle due capanne che segnano l’ingresso a Huayna Picchu. Questa montagna a punta è magnetica: non riesci a staccare gli occhi da lei, e devo dire che se non fosse per questo picco scuro, Machu Picchu non avrebbe lo stesso fascino.

Il sole, da quando siamo entrati nella cittadella, va e viene, ma fa comunque caldo.

Dall’ingresso di Huayna Picchu si torna indietro, percorrendo la seconda metà del percorso. Qui si passa nelle zone residenziali, a picco sul burrone che affaccia sul rio Urubamba, e sui terrazzamenti, che una volta erano coltivati e dove ora pascolano i lama: che spettacolo!

Alle 12:00 siamo distrutti e ci mettiamo in coda per il bus, e dopo 15 minuti di attesa scendiamo alla volta di Aguas Calientes. Pranziamo in un ristorante un po’ triste il cui unico pregio è quello di avere una terrazza vista città. Dopo una siesta usciamo nuovamente a metà pomeriggio per fare un giretto in paese, poi ceniamo in un locale sulla piazza.

Sono solo le 19:00 ma a causa della stanchezza e del buio fitto ci sembra già notte fonda. E in fondo per noi, che siamo svegli dalle 3:00 di questa mattina, lo è. Ci addormentiamo alle 21:00 cullati dal suono del fiume Urubamba che scorre fuori dalla nostra finestra.

LUNEDÌ 12 AGOSTO – Machu Picchu – Huayna Picchu

Oggi ci aspetta la scalata di Huayna Picchu!

Dopo colazione lasciamo il borsone in reception (dove ci chiedono addirittura se lo avremmo ritirato in hotel o se ce lo dovevano far recapitare in stazione!) e usciamo che sono già le 5:30. Stamattina c’è molta più gente rispetto a ieri: la coda arriva addirittura all’altezza dell’ufficio di Consettur! Abbiamo però un colpo di fortuna: cercano due persone per riempire un bus e quindi saltiamo parecchia fila.

Quando arriviamo all’ingresso di Machu Picchu è già molto più chiaro rispetto al giorno prima. Timbriamo subito il passaporto al baracchino che c’è a destra dei bagni (che bello il timbro di Machu Picchu!) ed entriamo. Stavolta, invece di salire verso la Casa del Guardiano come abbiamo fatto ieri, scendiamo verso l’ingresso alla cittadella per andare diretti all’ingresso di Huayna Picchu, che apre alle 7:00. Qui possono entrare solo 400 persone al giorno, divise in due turni da 200, e noi abbiamo preso il primo turno perché ho letto che nel secondo fa troppo caldo e si suda molto, mentre il primo è più fresco.

Nel percorso lungo la Plaza Principal incontriamo decine di lama adulti e due cuccioli che ci vengono incontro, e ci perdiamo via a fare mille foto e video e a tentare qualche selfie scenografico. I lama sembrano molto più simpatici e più facilmente avvicinabili degli alpaca, ma fanno anche un po’ paura perché masticano ininterrottamente e sembra sempre che ti debbano sputare addosso!

Alle 7:00 ci avviciniamo all’ingresso di Huayna Picchu, dove ci sono già una ventina di persone in coda. Al capanno col tetto di paglia ci fanno firmare e lasciare dei dati come età e nazionalità. All’inizio si scende per alcuni metri in mezzo alla vegetazione, poi iniziano gli scalini ripidi, alternati a tratti più dolci, e poi di nuovo altri scalini talmente alti e ripidi da richiedere l’utilizzo delle corde metalliche appositamente agganciate alla roccia. Gli scalini hanno tutti altezze diverse e molti sono inclinati o dissestati, per cui serve la massima concentrazione. Noi saliamo lenti perché non siamo per nulla atletici e lasciamo passare le persone più veloci. Di fatto ogni 20 gradini ci fermiamo col fiatone! Dopo un’ora e mezza di salita siamo circa a metà strada e cominciamo già a vedere della gente che scende! Più si va avanti e più diventa difficile, ma al contempo cominciamo già a scorgere tra gli alberi il sito di Machu Picchu in lontananza, e capiamo che la vista dall’alto sarà spettacolare.

Quando manca poco alla fine comincia la parte veramente tosta: dei miniscalini piccolissimi e alti su cui bisogna salire praticamente a quattro zampe, tenendosi anche alla corda laterale. A fianco ci sono dei terrazzamenti su cui ci si può fermare: la vista è veramente vertiginosa! Arrivati in cima ai gradini si entra in un’abitazione e da lì si esce dalla parte opposta direttamente su quella che è conosciuta come “Stairs of Death”, la Scalinata della Morte. Pare che l’inclinazione di questa scalinata, scavata più di 500 anni fa, sia di 60° e il bello è che sul lato sinistro dei gradini c’è subito il burrone! Ma non solo: quando ti affacci dalla casetta sulle scale ti trovi a meno della metà delle scale: ci sono circa 50 gradini a salire e circa una decina a scendere, ma tu puoi solo salire. Scendere è vietato, anche se nelle foto online si vedono spesso persone che scendono: probabilmente si tratta di un senso di percorrenza passato, che ora non si può più fare. Insomma, esci da questa porta e, schiacciandoti sul lato destro, contro i muri delle abitazioni, sali a gattoni questa scalinata, cercando di non pensare al fatto che a sinistra c’è uno strapiombo di centinaia di metri che affaccia direttamente sul Rio Urubamba! L’esperienza è incredibile!

Le scale poi girano a destra e, dopo altri 20 gradini, ti portano ad una scaletta di legno che segna l’arrivo al primo mirador. Qui un cartello segnala che ci troviamo a 2.670 mt sul livello del mare: questo vuol dire che abbiamo percorso ben 300 mt in altezza! Facciamo delle foto e ci riposiamo un po’. La vista da qui è pazzesca: si vede tutto il sito, che da qui sembra piccolissimo, e possiamo anche scorgere da lontano, minuscola, la capannina d’ingresso al Huayna Picchu. Sembra impossibile che abbiamo percorso tutta quella strada!

Comunque eravamo convinti di aver superato il peggio, e invece no! Per poter scendere nel percorso a senso unico bisogna prima salire altri gradini altissimi e poi camminare su delle rocce che sono lisce e inclinate e quindi alquanto pericolose, fino ad arrivare ad un piccolo spiazzo con delle rocce gigantesche a picco sul sito. Ce n’è una che è scavata a mo’ di sedia e io non resisto alla tentazione di farmi fare una foto seduta lì. È pazzesco! Restiamo qui circa 15 minuti, riempiendoci gli occhi di questa meraviglia e pensando all’impresa incredibile che abbiamo appena affrontato, poi saltando da una roccia all’altra scendiamo una scaletta in legno che conduce sotto una roccia gigantesca. Da qui si arriva ad una grotta, con un’imboccatura minuscola e dei gradini inclinati che ti portano a scendere stando praticamente semi-sdraiato sulla roccia a destra! La fessura è talmente stretta che il mio zaino struscia su entrambi i lati. Nella grotta mi ritrovo inginocchiata e devo procedere piegata sulle ginocchia per più di 3 metri, fino ad uscire dall’altra parte. Pazzesco!

Dopo la grotta si arriva ad un altro spiazzo con una bella vista sulla cittadella, poi inizia la discesa. Percorriamo delle scale vertiginose fino a ritornare ai microscopici scalini dell’andata: da qui ricomincia il percorso a doppio senso, quindi non dobbiamo fare altro che ripercorrere a ritroso la strada dell’andata. Mentre scendiamo incontriamo un sacco di persone del secondo turno che salgono e alcuni ci chiedono quanto manca: non sanno cosa li aspetta!

Scendere richiede parecchia concentrazione, ancor più che salire, quindi non ci facciamo distrarre e percorriamo il percorso fino alla fine, quando ci ritroviamo davanti alla casetta dell’ingresso. Qui firmiamo l’uscita e scopriamo di averci messo ben 4 ore tra salita, sosta e discesa. Contro le 2 dichiarate dal cartello. Ottimo!

Alla fine dell’esperienza possiamo dire che Huayna Picchu non è un percorso difficile, ma è sicuramente impegnativo, un po’ pericoloso in alcuni punti, assolutamente inadatto a chi soffre di vertigini, ma talmente adrenalinico che ce lo ricorderemo per tutta la vita!

Una volta usciti ci avviamo piano piano verso l’uscita. Passiamo dal Tempio del Condor e dagli specchi d’acqua, e ci ritroviamo nuovamente ai terrazzamenti, dove guardiamo per l’ultima volta Machu Picchu e l’ormai conquistato Huayna Picchu. Che emozione!

Usciamo e ci mettiamo in coda per prendere il bus. C’è una folla incredibile e stiamo in coda più di mezz’ora prima di riuscire a salire su un pullman. La strada del ritorno è malinconica: chissà se rivedrò mai più questo posto meraviglioso…

Alla fine è stata vincente l’idea di suddividere Machu Picchu e Huayna Picchu in due giornate diverse: la nostra scarsissima preparazione fisica non ci avrebbe consentito di vedere bene Machu Picchu dopo la salita e la discesa di Huayna Picchu, e questo sarebbe stato imperdonabile. In questo modo, invece, abbiamo potuto apprezzare al meglio entrambe le esperienze. Ne è valsa la pena.

Giunti ad Aguas Calientes pranziamo e aspettiamo nella hall del nostro hotel che si avvicini l’ora del treno. Alle 15:50 aprono le porte della stazione e saliamo sul treno della Perurail, dove facciamo conoscenza con una coppia di viaggiatori italiani molto simpatici. Stavolta siamo sul lato del fiume Urubamba, quindi il paesaggio è migliore dell’andata, ma la conservazione ci distrae e alla fine vediamo ben poco!

Arriviamo in stazione alle 18:20 e troviamo Cesar ad attenderci. Dopo quasi due ore di auto arriviamo al Rojas Inn di Cuzco, dove crolliamo addormentati.

MARTEDÌ 13 AGOSTO – Cuzco

Purtroppo il problema di acqua fredda si ripresenta, quindi decidiamo di andarcene una volta per tutte. Mentre facciamo colazione prenotiamo una camera al Tierra Viva San Blas, perfetto ora che non abbiamo più l’auto, quindi facciamo le valigie, saldiamo la notte facendoci fare uno sconto per il disagio e ce ne andiamo. Il Tierra Viva San Blas è un bellissimo hotel ricavato in un cortile antico. La camera è grande e ha pure l’occorrente per farsi un tè o una tisana in camera. L’unico difetto è che, forse a causa delle pareti spesse, il wi-fi non prende in camera.

Raggiungiamo Sacsayhuaman in taxi e cominciamo la visita del sito salendo prima di tutto sulla collinetta a sinistra, da cui si vedono bene le mura a zig-zag. Poi scendiamo e ammiriamo le stesse mura da vicino. Le pietre ad incastro con cui sono realizzate sono veramente gigantesche.

Intanto il tempo è peggiorato e sembra stia per piovere, quindi prendiamo un altro taxi (che troviamo per pura fortuna) e torniamo in città, dove ci fermiamo a pranzare nuovamente da “Uchu Peruvian Steakhouse”. Stavolta prendiamo una crema di papas rosada con mandorle caramellate letteralmente stratosferica, e poi bissiamo con due piatti di carne cotta su pietra vulcanica. Totale 200 soles. È senza dubbio uno dei migliori pranzi fatti finora, insieme a quello di Ollantaytambo.

Sarà il ritorno all’altitudine, o la stanchezza accumulata, ma stavolta siamo in due a non essere in forma, quindi passiamo il resto della giornata a riposarci.

MERCOLEDÌ 14 AGOSTO – Palccoyo

Alle 3:45 del mattino ci viene a prendere la guida di Exploor Perù, agenzia con la quale abbiamo prenotato il tour alla Montaña de Siete Colores. Destinazione: la montagna colorata di Palccoyo, alternativa alla più famosa e affollata Vinicunca.

Non mi sento particolarmente in forma, ma ormai il tour è pagato, e io in fondo spero che l’aria di montagna mi faccia bene. La guida, Karen, è una ragazza simpatica di Lima. L’autista, invece, è molto taciturno. In macchina fa freddo, ma l’autista non accenna ad accendere il riscaldamento. Dopo un’oretta ci fermiamo a fare colazione in un bar gelido, anzi ghiacciato. È prestissimo e la guida ci dice che faremo colazione con calma, ma la cosa non è piacevole perché qui fa troppo freddo e per di più la gente lascia entrambe le porte aperte, con il risultato che noi siamo in mezzo alla corrente.

Ripartiamo e dormiamo fino all’arrivo, dove usiamo il bagno pagando 1 sol ad una signora molto antipatica e dove versiamo 20 soles per la tassa di ingresso alla riserva.

Già dal parcheggio si intravede una montagna colorata. Non senza fatica raggiungiamo le altre due e scorgiamo da lontano la Foresta de Piedras. Soffia un vento tremendo, talmente freddo e forte che non riesco nemmeno ad apprezzare il paesaggio circostante, che è bello, si, ma francamente non merita tutta questa sfacchinata. La Valle Roja, forse la cosa più bella della zona, visibile anche da qui, è lontanissima.

Di fatto Pallcoyo è una breve camminata che, se non fosse per la fatica dell’altitudine che rallenta e mette l’affanno, durerebbe si e no 10 minuti. Non c’è immersione nella natura, non c’è la bellezza dell’isolamento: è solo un parcheggio con un percorso di 2 Km, spoglio e desolato. Nessun alpaca o lama intorno. Freddo intenso anche se c’è il sole fortissimo.

Torniamo a Cuzco alle 15:00 e mangiamo due ottimi panini da “Juanito’s”, poi la febbre ha la meglio: passo tutto il pomeriggio a letto con i brividi. La sera, non so con quali energie, ribaltiamo le valigie e le prepariamo per i voli.

GIOVEDÌ 15 AGOSTO – Cuzco – Lima

Oggi giornata di spostamenti interni. All’aeroporto di Cuzco il check-in è veloce e in poco tempo ci imbarchiamo sul nostro volo Latam. Recuperiamo le valigie e arriviamo al Tierra Viva Miraflores Larco, dove però non ritroviamo la stessa professionalità e cortesia degli altri due hotel della catena. Peccato.

Una capatina al “Punto Azul” a mangiare ceviche, poi ci arrendiamo alla stanchezza e rinunciamo a vedere Plaza de Armas e il centro di Lima perché mi è tornata la febbre. Domani sveglia presto per prendere il volo intercontinentale.

VENERDÌ 16 AGOSTO – Lima – Milano

Ci svegliamo alle 5:30, facciamo le valigie, la colazione (che non è male) e scendiamo per farci chiamare un taxi per l’aeroporto. Il volo è alle 10:40 e alle 8:30 siamo già agli imbarchi. Spendiamo gli ultimi soles in souvenir, poi ci imbarchiamo. Il volo scorre tranquillo, ma il cibo si riconferma tremendo. Atterriamo a Madrid il giorno dopo e facciamo lo stesso scalo dell’andata: destinazione casa!

CONCLUSIONI

Complessivamente il viaggio è stato tanto bello quanto impegnativo.

Le cose che mi sono piaciute di più sono senza dubbio Paracas, la dune buggy a Huacachina, Nazca, il Cañon del Colca, la Reserva de Salinas y Aguada Blanca, Machu Picchu e Huayna Picchu. La cosa meno bella, invece, è stata la Montaña de Siete Colores.

In generale, però, non ci pentiamo di nulla, e rifaremmo tutto così come l’abbiamo fatto, auto a noleggio compresa! È un peccato che la febbre e l’altitudine ci abbiano messi ko per alcune mezze giornate, ma il viaggio, si sa, è fatto anche di imprevisti.

La stanchezza post-viaggio lascerà posto alla nostalgia e al ricordo di un Paese straordinario e di un sogno realizzato. E chissà, magari anche alla speranza di tornare un giorno in Perù per vedere nuovamente Machu Picchu…e magari l’Amazzonia!

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Huacachina

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Chivay

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Canteras de Sillar

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Lama a Machu Picchu

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Machu Picchu

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Nazca

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Maras

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Huayna Picchu

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Titicaca

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Arequipa

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Colca



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