Grecia fai da te 2

Un tour di venti giorni tra Kefalari, Mystras, Nauplia, Santorini… e tour finale nella capitale
Scritto da: steber
grecia fai da te 2
Partenza il: 27/07/2011
Ritorno il: 15/08/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Incuranti delle terribili notizie che vengono quotidianamente sbrodolate dai telegiornali per terrorizzare gli animi di tutti quei poveri lavoratori che hanno faticato un anno intero e già si immaginano a sguazzare nelle acque cristalline della Grecia, partiamo per Atene.

Riceviamo le solite telefonate del tipo “Ma siete matti? Ma avete visto cosa sta succedendo in Grecia?” nemmeno ci fossero bombardamenti in corso. Solo che anche se tu sei sicuro al 1000 per 1000 che la tua vacanza sarà favolosa, questi uccellacci del malaugurio che si bevono tutto ciò che vedono in TV e che purtroppo ti circondano, alla fine, vuoi o non vuoi, riescono a metterti un po’ di ansia…

Però poi fortunatamente tocchiamo terra e (ma guarda un po’ che sorpresa!) ad Atene non vola una mosca. D’altronde ci sono solo 38 gradi! Per cui eccoci in Grecia sani e salvi, nessuno che vuole prenderci a botte con lo sfollagente, nessuno che vuole bersagliarci con i lacrimogeni… (sic!)

Ritiriamo l’auto che abbiamo affittato con Autoeurope e Alberto si mette alla guida, destinazione Galaxidi.

Finalmente mi domanda cosa sia questo “Galaxidi” il che significa che si è reso conto di essere partito e che l’ufficio è ormai a miglia e miglia di distanza per cui può iniziare a rilassarsi e prendere confidenza col fatto che sì, è davvero in vacanza! “Galaxidi è un paesino sul mare” lo rassicuro e noto che si illumina…

Il nostro viaggio in Grecia è stato un tentativo di vedere quanto più possibile concedendoci anche un po’ di mare. Devo ammettere che sebbene io adori organizzare viaggi, studiare mappe eccetera, mettere insieme un percorso in Grecia che avesse un senso e non fosse troppo massacrante è stato abbastanza difficile.

E’ un Paese grande, le cose da vedere sono piuttosto isolate le une dalle altre, ci sono troppe isole tra cui scegliere e soprattutto un sacco di gente è stata in Grecia, ma quasi tutti solo al mare per cui non ho trovato molti itinerari di altri turisti-scrittori da seguire. Ho acquistato la Lonely Planet della Grecia Continentale (che questa volta mi ha profondamente delusa e mi sa tanto che dal prossimo viaggio la abbandonerò per qualche altra guida… ps: se si vogliono info sulle isole bisogna pagare altre 24€ perchè c’è una guida a a parte…) e mi ci sono scervellata.

Alla fine ecco il percorso: atterraggio ad Atene, poi Delfi, Meteore, Cefalonia, Peloponneso (Mystras, Mani, Nauplia), Santorini e, infine, visita di Atene, tutto in 19 giorni.

A complicare il tutto il fatto che, si sa, la Grecia è meta battutissima…e se poi non troviamo da dormire? Vedendo che spesso www.Booking.com mi diceva che per la data da me scelta non c’erano sitemazioni disponibili mi sono fatta prendere dallo sconforto e per la prima volta in vita mia ho prenotato tutte le singole notti di permanenza. A conti fatti non è stata una brutta idea perchè non abbiamo perso tempo a cercare in loco e ci siamo goduti di più la vacanza.

Ma torniamo a Galaxidi.

Dato che la nostra prima tappa era Delfi mi sono detta: ma perchè dormire a Delfi dove non c’è proprio nulla a parte il santuario? E così la scelta è ricaduta appunto su Galaxidi, un paesino di mare a circa 20 minuti da Delfi, incorniciato da vallate d’ulivi. Avevo prenotato via e-mail la guest house Apopsis Zoy’s e mai scelta è stata più azzeccata! si trova poco prima di entarare in paese ed è un vero incanto, con stanze bellissime (noi eravamo in quella africana), proprietari estremamente cortesi e colazione eccellente.

Alla sera passeggiatina sul lungomare e poi a nanna perchè eravamo cotti da un intero anno di lavoro…

Al nostro primo risveglio in terra greca è subito seguita la visita al santuario di Delfi. Arriviamo piuttosto presto, verso le 9.30 del mattino quando il caldo è accettabile e i visitatori sono ancora un numero piuttosto ridotto così che si riesce a percepire almeno un po’ di quella sacralità che ha da sempre contraddistinto questo meraviglioso santuario tra i monti del Parnaso. La visita è suggestiva anche se, di fatto, piuttosto breve per cui dopo un’ora e mezza circa possiamo rimontare in auto e dirigerci verso nord alle Meteore, la meta più attesa.

Inizio quasi subito la mia battaglia con il navigatore che, al solito, ci porta su per i monti (che in Grecia abbondano…) tra greggi di pecore e strade strette e tortuose solo perchè magari così facendo il suo computer prevede che si risparmi uno “zero virgola” di carburante o si percorra un chilometro in meno…ma quando vedi che sotto di te c’è una statale in cui le macchine vanno che è un piacere mentre la strada che tu stai percorrendo è sempre più stretta ti verrebbe da prendere il navigatore e lanciarlo dal finestrino!!

Impongo a mio marito la fatale scelta: o io o il navigatore! Lui se la sfanga diplomaticamente proponendo che laddove un cartello indichi una direzione precisa allora sarà prevalente sul navigatore che seguiremo solo in assenza di indicazioni stradali. Mi pare regionevole per cui accetto. Scopriamo ben presto però che in Grecia non è affatto certo trovare un cartello stradale ad un incrocio. Magari te lo mettono un chilometro dopo. Oppure il cartello c’è, ma ce n’è uno solo su tutto l’incrocio per cui su quattro possibili direzioni ci sarà solo un fortunato che riuscirà a leggerlo!! Per cui ecco regola aurea della vacanza in Grecia: agli incroci rallentare e girarsi indietro a leggere il cartello per capire se si è sulla strada giusta o meno. Altra cosa interessante è che non è affatto detto che l’ingresso in un paese sia segnalato per cui quando si inizia a vedere un po’ di movimento o una chiesa più grande delle altre è d’uopo farsi sorgere il dubbio di essere arrivati a destinazione. Dubbio che può essere facilmente fugato chiedendo a qualcuno mettendo davanti un bel “Parakalò” (= per favore).

Spesso al di fuori delle zone turistiche è difficile trovare qualcuno che parli inglese, ma la comunicazione a gesti e quella onomatopeica sono molto in auge per cui è difficile non riuscire a capirsi. Basta essere bravi a giocare ai mimi…

Arriviamo a Kalamabaka verso le sei di sera e la vista delle Meteore ci fa battere il cuore. In realtà la nostra guest house Douriani si trova a Kastraki proprio alle pendici delle Meteore. L’abbiamo scelta per la possibilità di avere la vista sulle Meteore ad un prezzo onesto (€ 58 a notte a fine Luglio!) e la consigliamo. Semplice, ma pulitissima con una splendida terrazza per la colazione (inclusa, cosa piuttosto rara in Grecia). Dormiamo cullati dalle onnipresenti cicale che cantano 24 ore su 24, sognando i monasteri.

Ed eccoli lì, finalmente! Il viaggio sarebbe valso anche solo per vedere loro… Come raccontare le Meteore? Non si può. Sono uno spettacolo naturale senza pari che forse in un certo senso può intuire chi ha visitato la Cappadocia, solo che è molto più maestoso. Enormi formazioni rocciose che si elevano a strapiombo su una valle rigogliosa, il nero della pietra contro il verde delle coltivazioni e il blu del cielo. Una meravigliosa strada panoramica abbraccia le Meteore conducendo ai sei monasteri (in passato erano arrivati ad essere ventisei!). Basta svoltare per trovarsi di fronte uno scenario degno di un romanzo fantasy….se avessimo visto passare Frodo con l’anello ci sarebbe parso assolutamente normale. I monasteri se ne stanno aggrappati in cima alle Meteore sfidando ogni legge architettonica, eppure sono lì con i loro tetti di coppi rossi a conferire alla scena ulteriore bellezza. Sembrano castelli di fate. Non smetteresti mai di guardarli e di fotografarli.

Non tutti i monasteri osservano gli stessi orari per cui la cosa migliore da fare è un bel giro per la strada panoramica e prendere nota dei giorni e delle ore di chiusura. Una volta vi si poteva accedere solamente percorrendo sentieri impervi oppure venendo issati tramite carrucole (che, considerando gli strapiombi terrificanti che abbiamo visto, non doveva essere proprio un’esperienza “per tutti”). Oggi ovviamente sono collegati alla strada da scalinate, passerelle o sentieri asfaltati per cui raggiungerli è molto semplice. All’ingresso si pagano 2€ e le donne si vedono consegnare dei teli (in un bel poliestere d’annata, tanto per tenersi freschi…) per coprirsi le gambe. A nulla vale indossare pantaloni lunghi sfidando i 40°C: le donne entrano nei monasteri solo con la gonna sotto al ginocchio e gli uomini le cui bermuda non arrivano sotto al ginocchio… beh, devono mettersi la gonna comunque o in alcuni casi del terrificanti pantaloni alla turca che rendono le foto particolarmente gustose. Mio marito così conciato sembrava un clown, per capirci! I sei monasteri sono molto diversi tra loro e a noi, in particolare, sono piaciuti soprattutto quelli più rigorosi in cui si possono visitare solo le meravigliose cappelle bizantine affrescate e poco altro. Stridente il contrasto con l’enorme Megalou Meteoron dove si rischia di smarrirsi tra la folla di visitatori, i negozietti di souvenirs religiosi (letteralmente presi d’asslato) e i musei… se aprissero un punto ristoro non stonerebbe (sic!) eppure la cappella è la più grande, bella e ricca di tutte, assolutamente da vedere.

Ci siamo fermati a Kastraki tre notti e due giorni per poterci godere l’incredibile panorama con calma. Alla sera, poco prima del tramonto, prendevamo posizione in uno dei punti panoramici e là, a strapiombo sulla valle con le rondini come colonna sonora stavamo a lungo in silenzio riempiendoci gli occhi di bellezza (e farmi stare zitta è davvero dura!). Non me ne sarei mai andata, avrei potuto rimanere lì per ore in contemplazione divisa tra la paura del vuoto che tutti coloro che soffrono di vertigini ben conoscono e l’impossibilità di staccarmi da quella vista.

Abbiamo visitato spesso la taverna Paradiseion per pranzo e cena, proprio lungo la strada con una bella balconata vista Meteore. Lì abbiam subito capito che la gastronomia greca non è propriamente dietetica, nè allineata con ciò che si sul chiamare “mangiar sano”. Evitare il fritto è impossibile. Se anche si riesce a fare un buono slalom tra zucchini, melanzane, patate, formaggio ecc… fritti, tanto poi la melanzana fritta te la ritrovi comunque nella mussaka (e quanto è buona!) per cui meglio farsene subito una ragione. Ci siamo ripromessi di stare a dieta una volta tornati a Torino e così abbiamo assaggiato tutto l’assaggiabile con gran godimento delle nostre papille gustative. Che poi una delle tantissime cose belle della Grecia è che il ristorante con vista impareggiabile sul mare/monumento che sia, ha praticamente gli stessi prezzi e lo stesso menù di quelle più sfigato che magari si trova sulla statale. Per cui tanto vale scegliere quello con la vista migliore, no?

Il tempo in vacanza, si sa, passa in fretta (troppo!) ed è già ora di lasciare Kastraki per dirigerci verso Cefalonia dove ci aspetta il mare.

Non essendo riuscita a trovare un posto su un traghetto da Igoumenitsa ho optato per una breve traversata da Lefkada che sarebbe un’isola, se non fosse che è stata collegata alla terra ferma da un ponte e una galleria.

Ci fermiamo brevemente a Ioannina, tanto per spezzare il viaggio in auto e ci concediamo una crepe sul lago (tappa evitabilissima, ma buona per un pranzetto). Guida e riguida arriviamo a Lekfada (o Leucade) nel pomeriggio e ci dirigiamo verso Nydri da cui, in teoria, dovrebbe partire il ferry boat per Fiskardo. Prendiamo la stanza all’hotel Delfini, proprio sul mare (non male per chi non ha grandi pretese, bello il pergolato sul mare nella parte più tranquilla della passeggiata). Andiamo subito ad informarci per il traghetto che, ovviamente, scopriamo partire da Vassiliky. Ora, in tutta l’isola pare che l’unica depositaria della verità sulla tratta Lefkada-Cefalonia sia l’agenzia Borsalino di Nydri (sulla strada principale). Faccio presente alla signorina che mi accoglie che è impossibile trovare informazioni in proposito nè un timetable su internet e lei mi dice che lo sa, ma che ai gestori della linea di traghetti va bene così. E qui magari un tedesco si arrabbierebbe un bel po’, ma dato che noi italiani siamo i maghi della disorganizzazione accettiamo la spiegazione con buona grazia e usciamo dall’agenzia contenti di aver trovato un posto su un traghetto che parte dal molo di un paese che dista circa un’ora da dove abbiamo la base per la notte. Comunque la nave si chiama Capitan Aristidis e i biglietti si ritirano/comprano direttamente al porto di Vassiliki al chioschetto sulla banchina. Due adulti e un’auto circa 50€. La serata a Nydri la passiamo passeggiando sul lungomare costellato da ristorantini e caffè tutti più o meno fashion-di-massa, tutti più o meno identici. Mangiamo pesce piuttosto male illusi di aver trovato un localino “tipico”: probabilmente era meglio sceglierne uno più affollato, magari il cibo era migliore!

a cefalonia

Il mattino ci svegliamo all’alba e di buon’ora siamo sul traghetto per Cefalonia. Appena attracchiamo capiamo che quest’isola fa per noi. Bella, non caotica, ricca di scorci e paesini pittoreschi. Arriviamo ad Aghia Efimia dove abbiamo prenotato un’appartamento con angolo cottura tramite Starvillas. L’appartamento è okei, ben fatto con una cucina ampia, balconcino per cenare all’aperto, zona giorno sotto, zona notte sopra e costa 70€ a notte. Se fosse solo arredato con un pizzico di gusto in più sarebbe perfetto, ma forse ormai noi italiani siamo fin esagerati da questo punto di vista… in fondo siamo in Grecia! Agia Efimia è un’ottima base per chi volesse trascorrere qualche giorno a Cefalonia. Si trova a nord-est lontana dal caotico sud e vicina alla famosa spiaggia di Mirtos che vista dall’alto è davvero paradisiaca (vista da vicino… beh, meglio andarci al mattino presto perchè poi l’acqua diventa oltremodo sporca, specie verso riva…bleah!). E’ una baia piccolissima che però vanta di una bella passeggiata che va dal porticciolo fino alla fine della strada (che si arresta dentro un mega hotel) e noi l’abbiam trovata proprio graziosa con i suoi ristorantini e l’acqua trasparente anche nel porto, tanto che ci si può fare il bagno.

Ogni giorno giriamo alla ricerca di una nuova caletta in cui fare snorkelling e ci imbattiamo in angoli di mare splendidi che affacciano su spiaggette minuscole di ciottoli candidi più o meno grandi.

Per pranzo ci portiamo spesso via un panino home made con feta e peperoni/pomodori, ma con 2,5€ a testa si può mangiare un giros pita ovunque… solo che non ce la facciamo più ad andare avanti a carne per cui Alberto un paio di sere mi cucina un’ottima pastasciutta al pomodoro… e quanto ci voleva! A Cefalonia andiamo a visitare le grotte di X che però ci deludono fortemente: ma da quando si mozzano le stalattiti e le si cementano a terra per creare balaustre? 5€ a testa per vedere un orrore del genere… okei, forse esagero, ma ho avuto la fortuna di vedere grotte meravigliose in Italia e all’estero e queste si posso serenamente evitare…una tristezza, tutte piene di muffa prodotta dalle manate dai visitatori e dalle luci altissime (e chi ama le grotte sa che queste due cose le uccidono!).

Da Cefalonia ripartiamo in traghetto (da Poros) alle sette del mattino per arrivare in giornata a Sparta. La traversata verso il Peloponneso (Kyllini) dura circa un’oretta e costa € 64. Tocchiamo terra e ci dirigiamo alla volta di Olympia per visitare il sito archeologico già pullulante di crocierame. Sono le 11 del mattino e c’è un caldo da morire, ogni fontanella è presa d’assalto e anche noi sgomitiamo per bagnarci i capelli che dopo cinque minuti esatti sono perfettamente asciutti, sudore a parte. Il sito è grande e dei fasti di un tempo resta poco da ammirare poichè l’imperatore Teodosio pensò bene di fare abbattere tutto ciò che i terremoti erano riusciti a non buttare giù… mannaggia a lui! A differenza di Delfi qui bisogna davvero fare un grande sforzo di immaginazione per riuscire a vedere ciò che doveva essere Olympia all’apice del suo splendore. Nel sito ci sono tre musei e noi ne abbiamo visitati due, uno archeologico e uno specifico sulle olimpiadi che abbiamo trovato particolarmente interessante soprattutto perchè ci sono degli schermi con le cuffie che illustrano bene come si svolgevano i giochi, quanto duravano, chi poteva gareggiare, eccetera. Al museo archeologico invece è stata grande l’emozione di vedere gli stampi che il celeberrimo Fidia utilizzava per le sue statue oltre che l’Ermes di Prassitele, imperturbabile, candido, splendido.

verso sud

Puntiamo a sud, verso il “dito” centrale del Peloponneso, nel Mani. Ma per arrivarci dobbiam passare da Tripoli… e dato che siamo in anticipo sulla tabella di marcia ho la sciagurata idea di lasciare la statale principale per attraversare l’Arkadia dove la Lonely indica tre o quattro paesini di montagna descrivendoli come “incantevoli”: Dimitsana, Stemnitsa e Andritsena. Il maledetto navigatore ci porta subito fuori dal seminato e ci ritroviamo presto in balia dell’ignoto, su e giù per ripidissime colline/montagne alle due del pomeriggio ora in cui nemmeno una pecora sarebbe così temeraria da avventurarsi in giro…a volte i picchi sono così ripidi che mi ritrovo a soffrire di vertigini anche dall’auto. Iniziamo ad innervosirci, cercare di seguire una mappa è inutile, di cartelli nemmeno l’ombra… Okei, ci siamo persi! Dopo più di un’ora in queste condizioni finalmente (non sappiamo come, ma menomale che avevamo fatto benzina!) raggiungiamo una strada che almeno vanta di una linea di mezzeria e iniziano ad papparire i primi segni di civiltà che accogliamo come la visione di un’oasi nel bel mezzo del deserto: un’auto, una casa, un supermercato! Il gestore del market ci regala dei favolosi lokum e ci dice che siamo sulla strada buona e che non possiamo non fare una sosta nei suddetti paesini per cui, visto che ormai ci siamo, andiamo a visitarli avendo l’accortezza di spegnere il navigatore e lasciare la statale solo ed esclusivamente per andar su per la montagna, visitare e ridiscendere. I paesini in questione non sono affatto male, in effetti… se solo non ci fossero circa 40 gradi, non fossimo provati dall’esserci persi poco prima, non avessimo una guest house prenotata a Mystras per la sera, varrebbe la pena di fermarsi a dormire qui… ma non abbiamo troppo tempo da perdere per cui le soste si riducono al minimo. Mio marito non commenta la mia scelta di attraversare l’Arkadia, mi vede già abbastanza costernata di mio… si limita a parcheggiare sulla piazzetta di Stemnitsa e dire “Bello quest’Incantevole paesino di… com’è già che si chiama? Kalikazzi?” ed ecco che il tormentone della vacanza è stato coniato…

Va bene, basta paesini, tiriamo dritto per Mystras che è meglio! Ancora curve fino a Tripoli e poi tutta dritta verso la destinazione, una città fortificata bizantina abbandonata, patrimonio Unesco che si trova a pochi minuti da Sparta.

Fatichiamo un po’ a trovare la guest house nel paesino di Kefalari, in realtà basta seguire per Mystras e poi per Agio Ioannis. Tutte le persone a cui chiediamo indicazioni parlano solo greco, ma si fanno in quattro per aiutarci e una signora ci regala una borsa di pere del suo frutteto… i Greci sono fantastici. Finalmente raggiungiamo la Iris guest house, una bellissima villetta proprio sulla piazza del paese, tutta per noi. La casa è enorme, immacolata, ha quattro bellissime stanze da letto arredate con vero gusto, altrettanti bagni, cucina, salone, balconcino, cortile davanti e dietro… wow! I gestori (gentilissimi) ci fanno trovare tutto il necessario per la colazione, ci fanno scegliere la stanza che preferiamo e poi ci consigliano di cenare in una delle tre taverne che affacciano sulla piazza. L’insieme è oltremodo bucolico, di turisti nemmeno la più remota ombra, noi due siamo l’unica nota stonata. La stanchezza che ci portiamo dietro da “Kalikazzi” è tale che non abbiamo nemmeno la forza di metterci a paragonare i ristoranti per cui andiamo dritti dove ci ha mandato il proprietario della guest house: taverna Kefalari. Il ristorante è enorme, si mangia a lume di candela su una splendida balconata o nel cortile sotto alberi immensi che ci regalano un’arietta fresca deliziosa. Il cameriere non parla mezza parola di inglese per cui ci arrabattiamo con il nostro greco insignificante ed ordiniamo melanzane e carne un po’ a caso. Arrivano le portate e restiamo a guardarci a bocca aperta: e adesso chi mangia tutta questa roba? Eppure abbiam ordinato solo un antipasto e due main courses… porzioni giganti e soprattutto buono, buono. buono! Le patate fritte fatte in casa più buone del mondo, carne favolosa, vino non da meno…. insomma, pian piano, mentre l’ora avanza ed il locale si riempie di greci, spazzoliamo tutto e ci alziamo da tavola felici e piuttosto sbronzi. Una serata da ripetere…. se solo si potesse!

A Mystras

Ci alziamo presto per visitare Mystras finchè il caldo non è ancora tale da scioglierci come due moccoli. E infatti all’inizio si respira, come testimoniano le nostre foto sorridenti subito oltre l’ingresso del sito (siamo entrati dall’entrata di sotto). Ci inerpichiamo felici tra sentieri acciottolati, chiesette bizantine, antiche mura di quelle che una volta erano case di ricchi mercanti… l’impatto emotivo è forte. Visitiamo il monastero Pantanassa dove ci sono ancora le monache che, con i gatti, sono le uniche abitanti rimaste in questa città. Il sito è grande, il sole sale e noi iniziamo ad annaspare. Ogni fontanella è nostra, ma la testa bagnata al sole resta tale circa tre minuti per cui… insomma, le ultime foto ci ritraggono estremamente sofferenti, eppure non rinunciamo a massacrarci salendo fino al castro a mezzogiorno in punto. Perchè poi? Mah, chi lo sa, forse è stato un colpo di calore, un momento di follia… in fondo al castro non c’è proprio nulla a parte qualche altro turista fulminato come noi. Peccato non essere qui al tramonto…se solo ieri non avessi avuto quell’idea idiota di andare su per le colline dell’Arkadia o se almeno non ci fossimo persi, avremmo potuto vedere Mystras con meno caldo e le foto con la luce morbida della sera sarebbero state stupende. Vabeh, inutile recriminare!

Mangiamo un boccone in una taverna lungo la strada e via verso il Mani dove abbiamo una stanza prenotata a Pyrgos Dirou, vicino ad Aeropoli, alla Vlyhada guest house. La guest house è graziosa, non proprio economica per essere in Grecia (€ 80), ma d’altronde questo è il Mani. Da luogo sconosciuto ed inesplorato che era è diventato meta di un turismo raffinato che paga per mangiare e dormire bene, qui infatti sorgono alcuni degli hotel e ristoranti migliori del Paese. Il Mani è una lingua di terra arida, in cui le case in pietra turrite si confondono con il colore del suolo. Solo l’azzurro del cielo e del mare a colorare il paesaggio. Ci conquista immediatamente. Su indicazione del ragazzo che gestisce la guest house andiamo in cerca di calette in cui fare snorkelling e così scopriamo XX al tramonto, un minuscolo porticciolo, un ristorantino di pesce praticamente sull’acqua, un hotel così esclusivo da non avere nemmeno un’insegna, ma appena provo a varcare la soglia facendo la finta tonta ben tre membri dello staff mi fermano guardando un tantino schifati il mio pareo africano ed i miei infradito in caucciù da bagnante proletaria. Percepisco che qui il detto “italiani e greci una faccia, una razza” accompagnato da un bel sorriso dei miei non avrebbe la minima presa per cui faccio dietro front mentre mio marito scuote la testa come a dire “mi fai sempre fare ‘ste figure…”. Mi giro ed assisto ad una sfilata di Rolex, Lacoste e borse Luis Vuitton portate a spasso da corpi abbronzati e capisco tante cose… per cui mi concentro sulle foto: il panorama è ben alla portata di tutti, no?

Per cena ci spostiamo ad Aeropoli che non è sul mare però è davvero graziosa. Molto animata, con una via principale piena di bar, ristoranti, locali chill-out. Percorriamo tutta la via fino ad arrivare in fondo e scegliamo un ristorantino lontano dalla confusione, proprio attaccato al campanile della chiesa e qui trascorriamo una bella serata romantica che io apro con il mio solito attacco di sangue dal naso estivo sotto gli occhi preoccupati del cameriere che Alberto cerca di tranquillizzare sfogliando la carta dei vini “Don’t worry it’s normal… what about this wine? Where’s from?”.

Il Mani ci piace un sacco. Ci svegliamo praticamente con la maschera e il boccaglio già in posizione, pronti per una giornata di snorkelling intenso battendo le spiagge verso sud e poi tornando al nord. Cominciamo da alcune calette senza nome, per poi proseguire verso Marmaris dove troviamo uno spiaggione di sabbia fine e nera che degrada dolcemente nell’acqua limpidissima. Qui ci fermiamo per un boccone al Marmaris beach (sulla spiaggia) che magari non sarà proprio a buon mercato, ma ha una vista spettacolare. Ogni tanto ci perdiamo (ma stavolta volutamente!!) per le stradine che si arrampicano tra le case-torri per poi tornare sul mare in cerca di calette turchesi. Ci fermiamo a dare un’occhiata al borgo di XX molto bello dove le case ristrutturate si confondono con quelle abbandonate, e poi, attratti dal colore dell’acqua facciamo un ultimo bagno nella caletta di Kokkala dove abbiamo la fortuna di vedere tantissimi pesci molti dei quali coloratissimi (sembrano quasi della famiglia dei pesci-pappagallo!)… ma gli unici polpi che troviamo sono quelli appesi al sole a seccare, in attesa di passare alla padella. E’ già pomeriggio inoltrato, la nostra prossima tappa è Monemvasia per cui a malincuore dobbiamo rinunciare ai bagni e dirigerci verso nord, ripassando da Aeropoli e Gythio per poi ridirigerci sulla costa.

A Monemvasia ho prenotato l’hotel Bizantyon all’interno della cittadella fortificata e chilometro dopo chilometro sono sempre più trepidante e curiosa… E finalmente eccoci! Snobbiamo la parte di città che si trova sulla “terraferma” e ci dirigiamo dritti dritti alla rocca. Alberto è incuriosito “ma dormiamo qui dentro?”. Appena varcate le mura troviamo la reception dell’hotel e ci sistemiamo nella nostra stanzetta bizantina, davvero piacevole. L’unica difficoltà è portare i bagagli in camera salendo per numerosi scalini, ma si sa che la bellezza di un posto sta anche nella fatica fatta per conquistarselo! Sta già scendendo la sera per cui decidiamo di salire fino al castello da cui si gode di uno splendido panorama. Quando scendiamo la cittadella è avvolta nel silenzio, pochissimi i visitatori rimasti nel castro, pochi i lampioni accesi… sembra di essere ritornati indietro nel tempo e l’atmosfera che si respira è veramente incredibile. Monemvasia è una Mystras restaurata, nel senso che si tratta di un’antica cittadella bizantina che non è caduta nell’abbandono, ma è stata invece preservata e tutt’oggi è abitata. Abbiamo apprezzato moltissimo il fatto che all’interno delle mura ci siano solo tre ristoranti, qualche negozietto nel vicolo principale e pochissimi hotel così che si può ancora respirare un clima medievale. I vicoli sono tutti in acciottolato e poco illuminati, per cui è meglio calzare scarpe da ginnastica e portarsi una pila. Decidiamo di cenare nel ristorantino che si trova proprio nella via principale, sotto gli occhi della proprietaria che viene spesso ad accertarsi che non lasciamo nulla nel piatto… la cena è ottima, ma le porzioni esagerate per cui proprio non ce la facciamo a finire tutto, ma la rassicuriamo che il cibo era buonissimo! le chiediamo di servirci qualcosa che non sia fritto e lei rimane a fissarci basita…. un po’ come se uno straniero chiedesse a noi un piatto di pasta scotta! ma alla fine ci consiglia la “zuccini salad” e quando ci vediamo portare un piatto di zucchine bollite siamo entusiasti “non ci credo che stiamo pagando 6 € per un piatto di zucchine bollite… e siamo pure contenti!” commenta Alberto goduto. Il nostro stomaco ringrazia, ma poco dopo sono arrivare le immancabili melanzane fritte ripiene di carne e pomodori…vabeh, almeno ci abbiam provato! Facciamo ancora un giretto nella cittadella addormentata in cui si distinguono solo il rumore del mare e i miagolii dei gatti e poi ci godiamo un meritato riposo nella nostra stanza bizantina promettendoci che per il giorno dopo non avremmo messo la sveglia e avremo dormito ad oltranza.

Peccato che non avevamo considerato che il giorno dopo sarebbe stata domenica per cui alle ore 7.30 veniamo violentemente svegliati da rintocchi sordissimi e così acuti che ci fanno saltare il cuore in gola: andiamo forse a fuoco? ci bombardano? Ci mettiamo un po’ a capire, così rintronati come siamo, che si tratta solo della chiamata alla messa dei fedeli. Noi siamo abituati al dolce rintocco ritmico delle nostra campane… in Grecia invece le campane vengono martellate con un bam-bam-bam continuo che mette un filo di apprensione… Ci riappisoliamo faticosamente così che mezz’ora dopo siamo pronti per essere nuovamente strappati dal sonno da un altra terrificante cascata di rintocchi. Okei, okei, ci alziamo, piuttosto che morire una terza volta di crepacuore è meglio affacciarsi al nuovo giorno! Alberto indugia un po’ nel letto, io invece colgo l’occasione per uscire a fare un po’ di foto felice del fatto che in giro non ci sia ancora nessuno e sapendo che tra un’ora al massimo il castro verrà invaso dalle orde di turisti che saranno vomitati qui da pullman e navi da crociera. La chiesa sta iniziando a riempirsi e mi affaccio a curiosare. Scopro così che la messa ortodossa è molto diversa da quella cristiana, infatti dura circa tre ore e non è necessario assistervi dall’inizio alla fine: tanti entrano, pregano, escono, si fanno una sigaretta, chiacchierano, rientrano, ripregano, riescono e così via, il tutto tra intensi fumi d’incenso e un rito che mi pare piuttosto lugubre, ma molto suggestivo. La cosa che trovo particolarmente piacevole è che alla fine della funzione a tutti vengono distribuiti dei dolci… e mi ritrovo a guardare con l’acquolina in bocca le signore che escono dalla chiesa masticando dei pezzi di lokum che hanno tutta l’aria di essere favolosi mentre Alberto mi trattiene per un braccio “Amore stai brava, lasciali ai bambini!”. Peccato…

E via, si riparte per Nauplia. Ci perdiamo nuovamente tra le montagne dell’Arkadia, ancora una volta per colpa del navigatore, ma questa volta in un’ora ce la sfanghiamo dopo aver fermato l’unica auto in circolazione (che fortuna, parlano perfettamente inglese!!) chiedendo di guidarci fuori da quei tornanti maledetti. Una cosa è certa: torneremo in Grecia, ma dall’Arkadia non passeremo più! 🙂 Raggiungiamo Nauplia verso sera dopo esserci fermati lungo la strada in una caletta a fare un altro bagno ed alloggiamo alla Pension Isioni, carina ed ottimamente ubicata a pochi passi dalla zona pedonale, appena fuori dal caos e vicina ai parcheggi (colazione a parte € 6, ma decisamente abbondante e molto buona, vale davvero la pena di farla qui!). Nauplia è una cittadina graziosa che si atteggia a baluardo del design greco con un bel centro storico, splendidi palazzi antichi, ahimè spesso abbandonati a se stessi e una lunga passeggiata sul lungomare. Trascorriamo una serata piacevole, finalmente un po’ di venticello a rompere l’afa dell’estate greca.

Al risveglio si pone il dilemma: Argo? Tirinto? Micene? Corinto? Epidauro? Nauplia infatti si trova al crocevia di tutti questi splendidi siti archeologici che distano da qui circa un’oretta verso est o ovest. Però siamo davvero estenuati, la vacanza ci sta regalando grandi emozioni, ma le levatacce, le continue visite, il fatto di avere una tabella di marcia rigorosa da rispettare stanno iniziando a farci sentire proprio stanchi. Per cui abbandoniamo l’archeologia a malincuore anche perchè il termometro segna 40°C e pian piano ci dirigiamo verso Atene. Decidiamo di fare un tappa a Nemea, terra di vigneti e di rossi corposi dove si avventurano veramente pochi turisti amanti del vino. Le cantine dove si possono degustare i vini locali sono poche e di queste poche molte sono chiuse (ovviamente….siamo in Agosto!), ma alla fine ci ricevono da XXX dove un gentile custode albanese che non parla una sola parola di inglese ci fa degustare i loro vini spiegandocene le caratteristiche a gesti con infinita pazienza e gentilezza. Quando siamo in vista di pampini e viti Alberto diventa sorridente come un bambino per cui ripartiamo alla volta della capitale di ottimo umore dopo una breve sosta in autogrill (un’autostrada! non ci possiamo credere!). Purtroppo ad un certo punto mi accorgo di non avere con me la borsetta ed entro nel panico più totale: i documenti! Fortuna che ho un marito dal self control inespugnabile e mentre io chiamo alla cantina di Nemea disperata per sapere se han trovato una borsetta rosa lui esce dall’autostrada, fa dietrofront e mi riporta all’autogril dove, miracolo, la mia borsa è lì dove l’ho scordata, appesa allo schienale della sedia e soprattutto con tutto il suo contenuto dentro! Non ci potevo credere… Il piccolo imprevisto a lieto fine mi provoca un tale stordimento che a Corinto perdiamo la visita allo stretto dal momento che il navigatore (ossia IO, poichè dopo “persi in Arkadia parte seconda” è stato spento ed io ho preso di prepotenza il suo posto) è ancora sotto shok e omette l’uscita “Istmo”. Cavoli… che peccato!

Ad Atene ho prenotato un hotel nel sobborgo marittimo di Glyfada che si trova vicinissimo all’aeroporto, così da essere comodi per volare a Santorini la mattina dopo senza restare imprigionati nel tentacolare traffico ateniese. Scopriamo così una faccia imprevista di questa città che tanti definiscono “brutta e sporca”: i sobborghi che affacciano sul mare non sono niente male! C’è un sacco di gente in spiaggia, il mare è pulito e non sembra proprio di stare in città! Ci riposiamo un paio d’ore all’Hotel Seaview e poi, visto che è solo a cinquanta minuti da qui, decidiamo di andare a vedere il tramonto a Capo Sounion. Purtroppo partiamo un po’ tardi e quando arriviamo là la custode del sito ci chiude il cancello davanti perchè sono le 20.00. No… Ma visto che oggi è il giorno dei colpi di fortuna (alludo alla borsa!) proprio dietro di noi una coppia estrae non so che tesserino e convince la custode a farli entrare lo stesso, così noi possiamo giocarci la carta del “ma come, loro sì e noi no? non è giusto!”. Siamo dentro e pure gratis! Con la promessa di starci solo dieci minuti. Corriamo al tempio da cui tutti stanno scendendo perchè ormai il sole è tramontato, ma ci godiamo comunque lo spettacolo della scogliera infiammata dagli ultimi raggi di sole e della luna grande e bianca che fa capolino da dietro le colonne del tempio di Poseidone…. bellissimo. E lo spettacolo è doppio perchè al calar della notte il tempio viene illuminato. Dopo la corsa a Sounion ci rilassiamo in un ristorantino di pesce sulla via del ritorno dove ceniamo benissimo sulla bella terrazza.

La sveglia suona presto, ma sentirla ci rende felici: Santorini, arriviamoooooo! Restituiamo l’auto all’eroporto e ci imbarchiamo per l’isola dei tramonti. Arrivati a Santorini decidiamo di affittare un’auto in aeroporto e la scelta si rivela azzeccata perchè i prezzi sono più o meno gli stessi dei piccoli car rentals e risparmiamo i soldi del taxi per Imerovigli. Dopo tanta pace su e giù per la Grecia, non nascondo che il primo impatto con l’isola è piuttosto duro: non siamo abituati al traffico, alle code che si formano per entrare in Thira (la capitale), agli sciami di motorini, ai quadd che arrancano in salita facendo formare torpedoni di auto dietro di loro. Il primo giorno, pertanto, lo impieghiamo a settarci con la nuova realtà vacanziera in cui ci siamo immersi. Ci sistemiamo al Merovigla studios dove abbiamo prenotato tre notti in una stanza con vista sulla caldera (120 € a notte con angolo cottura) dopo averlo scelto su Tripadvisor tra innumerevoli altri posti in cui soggiornare. Il posto in sè è anche carino, la stanza grandissima con terrazzo vista caldera e una piccola piscina. Peccato che non sia molto ben tenuto, nè particolarmente pulito, almeno per i miei standards (che, lo ammetto, sono abbastanza alti: per me va bene anche il posto più spartano del mondo, ma deve essere pulito! specie se lo pago 120 € a notte, mi pare il minimo). Inoltre la nostra vista è deturpata da due grandi cavi della luce che magari possono anche non dare fastidio a tutti, ma appena li vedo capisco subito come mai sul sito dell’hotel non c’era alcuna foto della famosa “vista” sulla caldera dalle camere… e per chi come me ama la fotografia, quei maledetti cavi erano un continuo pugno allo stomaco! Un po’ scocciata faccio presente al gestore che la stanza ha bisogno di essere nuovamente pulita (come non averglielo detto…), poi andiamo in spiaggia a XXX dove facciamo il nostro primo bagno nell’acqua nera… fa proprio impressione! La sabbia è lavica, formata da piccoli ciottolini neri e punteggiata da pomici candide. Come tutti verso le sei e mezza facciamo rotta verso Oia per ammirare il celeberrimo “tramonto più bello del mondo” e ci troviamo presto impantanati nel traffico. Arriviamo ad Imerovigli appena in tempo per goderci lo spettacolo nel silenzio più totale, visto che si sono tutti catapultati ad Oia mentre qui non c’è praticamente nessuno… che meraviglia! Per concludere la serata nel migliore dei modi il mio maritino-chef mi prepara uno spettacolare piattone di penne pomodoro e feta e ceniamo sul terrazzo a lume di…torcia poichè la luce non funziona ed il vento è piuttosto forte per cui non riusciamo a tenere accese le candele che abbiamo trovato in un cassetto.

Al mattino ci alziamo con il vento e decidiamo di andare in spiaggia: spiaggia rossa. Arriviamo ben presto, ma la spiaggia, bellissima, è piccola e dopo circa un quarto d’ora è già strapiena. In più si alza il vento ed iniziano a turbinare alghe secche ovunque per cui la abbandoniamo dopo un veloce bagno. Il vento è diventato improvvisamente fortissimo, al punto che è inutile andare a cercare un’altra spiaggia. Che si fa? Beh, ovvio: un wine tasting! Santorini infatti è tutta un vigneto, cosa che assolutamente non ci aspettavamo. Andiamo pertanto a degustare i buoni bianchi locali da Boutari, una bella cantina dove la degustazione di 5 vini costa 5 € e fanno assaggiare anche il Vinsanto che è semplicemente divino! Lungo la strada ci sono diverse cantine in cui si possono fare gli assaggi (sempre a pagamento, il che è anche buono così non ti senti in dovere di comprare qualcosa…) e siamo andati anche nella più grande e turistica che si chiama Santo e che ha una bellissima balconata sulla caldera… ma quella che ci è piaciuta di più rimane Boutari.

Verso sera proviamo ad andare a vedere il tramonto ad Oia dicendoci che se ci vanno tutti ci sarà un motivo, no? Arriviamo là col dovuto anticipo e passeggiamo per il paese che è molto grazioso, con tanto di mulini a vento, ma già stracolmo di gente che attende che inizi lo spettacolo serale. In breve salire o scendere da una scala diventa stressante, troppa gente, troppo caos, alla fine ci guardiamo in faccia e scappiamo tornando ad Imerovigli!! Per cui nessuna risposta è stata data alla vexata quaestio: perchè tutti vanno a vedere il tramonto ad Oia? Non si sa… o semplicemente perchè non sanno che il tramonto più bello e romantico dell’isola lo si gode da Imerovigli nel silenzio più assoluto…

Dopo un vano tentativo di raggiungere un ristorantino consigliatomi dalla mia super amica Sara, battuti dal il vento che ci intirizziva e dall’ora ormai tarda, siamo finiti nuovamente sul balcone della nostra stanza a cenare con un altra pasta pomodoro e feta…

Svegli di buon’ora torniamo ad Oia per vederla senza la ressa della sera prima: non avevamo però fatto il conto con il crocerame! Ben presto la via principale diventa a doppio senso di marcia e l’atmosfera romantica sparisce tra urla di bambini, contrattazioni per l’acquisto di suovenirs e arresti continui per permettere (giustamente) agli altri di scattare qualche foto. Sob… ma non possiamo certo dire che non l’avevamo previsto: siamo in una delle isole più famose al mondo, nel paesino più fotografato di tutta l’isola, per di più in pieno agosto!!! Decidiamo di resistere e iniziamo a scendere per scalette e stradine alla ricerca del nostro “posto al sole”. Lo troviamo, ci dedichiamo alla fotografia e ripartiamo verso il centro dell’isola, direzione Exo Gonia che, stando alla cartina, si trova vicino a Pyrgos e lì c’è il ristorante che abbiamo vanamente cercato ieri sera, la taverna Metaxou Mas (tradotto alla bell’e meglio dai caratteri greci!). Piccolo problema: nessun cartello a dirti dove cavolo sei per cui arriviamo ad Exo Gonia facendoci guidare dall’istinto “Se qui, lungo la strada, c’è questa enorme chiesa color pesca e avorio, ci sarà un motivo…magari c’è un paese…”. Infatti c’è. E’ Exo Gonia. Ci siamo passati davanti ieri sera circa tre volte… no comment. Troviamo la taverna e prenotiamo per la sera stessa, ma all’interno poichè il vento non dà tregua, anzi è fortissimo e gli stessi isolani ci dicono che è davvero raro che tiri così violentemente! La gente sui motorini e sui quadd ci fa tenerezza: occhi rossissimi per via della polvere, strati di giubbini e tanta fatica per andare avanti… Visitiamo Pyrgos gustandoci il nostro classico home made panino di feta e peperoni sotto un albero, poi ancora un wine tasting da Gaya la cui cantina si trova proprio sulla spiaggia, e alla fine l’ultimo tramonto vicini vicini dopo aver indossato pantaloni lunghi, scarpe chiuse ed un paio di maglioncini… freeeeeddooooo!! La cena alla taverna consigliataci dai nostri amici si rivela una delle migliori della vacanza: il locale è ben curato, romantico, con una terrazza da cui si gode una vista bellissima dove alcuni coraggiosi cenano incuranti del vento, un buon menù che propone (finalmente!!) piatti greci sì, ma diversi dai soliti e soprattutto un assaggino di benvenuto innaffiato da una fiaschetta di grappa liscia che io non trascuro, anzi… adoro la grappa! E poi con sto freddo è perfetta…

Il pomeriggio seguente (ancora vento….uffa!!) è ora di riprendere l’aereo per Atene dove trascorreremo gli ultimi 2 giorni di vacanza.

atene

In realtà abbiamo valutato a lungo se includere un giro nella capitale o meno nel nostro itinerario, d’altra parte nessuno ne parla in termini troppo entusiatici, si sa. Ma alla fine ci siamo detti: atterriamo ad Atene e non saliamo all’Acropoli? Sarebbe come andare a Roma e non vedere il Colosseo… una bestialità! E così verso le otto di sera siamo all’aeroporto di Atene che scopriamo essere molto ben collegato con la città sia dalla metropolitana (che non abbiamo mai preso), sia dalla linea di autobus, X 95 che con 5€ a tratta fa la spola tra l’aeroporto e Piazza syntagma dove c’è il capolinea. Qui ho prenotato l’hotel Kimon che è perfettamente ubicato nella Plaka a pochi passi da Plateia Syntagma al punto che lo raggiungiamo a piedi tirandoci dietro le valigie ed evitando il taxi. L’hotel è okei per chi ha poche pretese, pulito è pulito e dalla terrazza all’ultimo piano si vede l’Acropoli dalla parte delll’Eretteo! Il mobilio è probabilmente di cartone perchè l’armadio si rompe ogni volta che lo tocchiamo, prima un cassetto, poi l’altro, poi crolla il ripiano che regge la cassetta di sicurezza (beh, ha 1 sola stella, parliamoci chiaro…), ma il personale è cortesissimo, la via silenziosa, la zona perfetta per cui non mi sento proprio di dire che sia siamo trovati male, anzi. E poi c’è un vero box doccia, cosa che di solito in Grecia viene del tutto trascurata.

Il nostro primo risveglio ad Atene è allietato da un’ottima colazione sulla terrazza preparata da una ragazza così carina, così gentile, così pronta a compiacerci che anche se costa 5€ a persona la facciamo tutte le mattine in hotel (anche perché, tra l’altro, attorno non ci sono bar, a parte uno Starbuks che abbiamo scovato in zona Ermou… ma mica si possono mangiare tutte le mattine quelle fantastiche brioches e torte piene di grassi saturi industrali, no? purtroppo no… vebeh!).

Al sole ci sono i soliti 38 gradi, ma non possiamo certo dire che qui ci sia più afa che nel resto del viaggio. Iniziamo a passeggiare per la Plaka e scopriamo che tutt’attorno all’Acropoli c’è un grandissimo e lunghissimo viale pedonale, XX da cui si possono godere viste incredibili sulle rovine. in sostanza il primo giorno gironzoliamo un po’ a caso per cercare di capire la città che sorprendentemente non ci dispiace affatto anche se è quasi Ferragosto e gli Ateniesi sono tutti in ferie. Ovviamente in giro tutto è tranquillo, nessuno che prende d’assalto le banche né tantomeno il palazzo del parlamento dove le buffe guardie con i pon pon sulle scarpe si cambiano ogni ora di guardiola, osservati e fotografati dagli stranieri come fossero degli alieni. In effetti la loro uniforme può tranquillamente competere con quella delle guardie svizzere… e anche noi non manchiamo dall’immortalarli. Per pranzo eleggiamo a “nostro posto” una piccola pideria che si trova all’angolo tra Ermou e piazza XX che, guarda caso, si chiama proprio Ermou dove fanno delle ottime insalate. Il servizio è incasinatissimo, sudano, litigano, sbagliano ordine di continuo e ti chiedi come sia possibile dal momento che ci sono solo tre clienti che aspettano… per cui è bello starsene seduti qui a mangiare non solo e non tanto per ciò che si mangia quanto per lo spettacolo gratuito che offre il personale cui ci affezioniamo in un nanosecondo.

Al pomeriggio ci incamminiamo verso piazza Omonia dove per puro caso scopriamo il mercato generale della carne e del pesce… da vedere se non si è particolarmente sensibili alle carcasse appese ovunque e alle teste d’agnello ammonticchiate in piccole cataste cruentemente “pittoresche”. Poi, sempre per caso, scopriamo XX, un mega negozio multipiano d’arredamento in cui ci rintaniamo per non morire disidratati e che, tra parentesi, ha delle cose bellissime! Facciamo un paio di acquisti poi saliamo all’ultimo piano in cerca delle toilette e lì… ci troviamo ad ammirare l’Acropoli in tutta la sua bellezza dalla terrazza. Decidiamo dunque di fermarci alla caffetteria per una merenda e ci abbandoniamo lussuriosamente ad un enorme piatto di crepes (quanto le fanno bene in Grecia!) banana e nutella con gelato al caramello… il tutto con vista sul Partenone. Beh, che altro potrebbe mancare? Assolutamente da fare… Per cena ci affidiamo scioccamente alla Lonely e finiamo aXX al ristorante Platanos dove mangiamo malissimo e notare che c’è la coda di turisti che aspetta per sedersi! Quindi ti siedi pensando “hei, questo sì che il posto giusto! si mangerà benissimo!” e poi concludi capendo che invece hanno tutti seguito i consigli della Lonely, ecco perchè c’è coda per cenare! Sconsigliatissimo!

La seconda giornata ad Atene la dedichiamo alla cultura per cui iniziamo col visitare il Museo Archeologico che si trova poco oltre piazza Omonia, ossia a circa venti minuti a piedi dal nostro hotel. Ovviamente di prendere un taxi non se ne parla (dopo una serie di antipatiche esperienze, vedi vacanza in Turchia, vedi Barcellona, siamo diventati completamente intolleranti verso la categoria taxisti con sincere scuse a tutti i taxisti onesti che sicuramente esistono… da qualche parte!) per cui scarpiniamo fin là. La città è deserta. Ci rendiamo ben presto conto che oltre a noi sul tragitto ci sono solo due categorie: tossici e spacciatori. Non nascondo che ero molto agitata anche se ovviamente nessuno ci ha minimamente degnati di un solo sguardo. Certo che lo spettacolo era davvero triste e squallido. Sembrava il set di un film di zombies e invece erano persone tali e quali a noi. La cosa mi ha colpita moltissimo e ha velato di malinconia il ricordo di quella giornata ateniese per molti giorni anche dopo il nostro ritorno a Torino. Abbiamo notato che ad Atene quello della droga è un problema sotto gli occhi di tutti, avevo letto in proposito sui diari di viaggio di altri turisti, per cui ero, in un certo senso, preparata…ma toccare con mano è un’altra cosa. Per cui non so proprio se valga la pena di scegliere un hotel in zona Omonia, anche se sono molto più belli e moderni di quelli in zona Plaka… purtroppo ciò che si vede non può lasciare indifferenti anche se ho notato che gli Ateniesi sono molto liberali in proposito. Forse ormai ci han fatto l’abitudine.

Il museo è stupendo, nemmeno troppo grande da visitare e trovarsi a tu per tu con tutte quelle opere d’arte viste sui libri mette i brividi: la maschera di Agamennone (che poi non è tale, ma mi piace comunque pensare che Schliman avesse ragione) in lamina d’oro, la sua enorme spada, i gioielli degli antichi Micenei ti fanno sognare d’essere sulla piana di Troia a reclamare vendetta per l’affronto di Paride. E poi lo Zeus (o Poseidone) di bronzo, talmente perfetto che fa venire voglia di toccarlo per sentire se il metallo è caldo, se respira… e la Venere cui Canova ha scolpito la testa perduta (era proprio il caso? sì? no? forse? mah…ormai ce l’ha…. chissà se la pettinatura era davvero di moda all’epoca).

Dopo un pranzo da Ermou dove anche oggi i nostri amici danno spettacolo sbagliando ordinazioni su ordinazioni (una precisazione è d’obbligo: il menù è molto semplice… spiedini di pollo, spiedini di maiale, pita di pollo o maiale, tre tipi di insalate) facciamo arrivare il tardo pomeriggio per recarci alla tanto attesa Acropoli. L’orario appeso alla biglietteria è chiaro: ultimo ingresso ore 19.30, chiusura del sito ore 20.00 per cui ce la prendiamo comoda sperando di fare qualche bella foto al tramonto. Salire all’Acropoli è un’sperienza quasi mistica soprattutto ora che il sole sta calando e regalando alle rovine una splendida sfumatura dorata, nel sito non c’è quasi più nessuno e non fa troppo caldo. Pensare ci calpestare le stesse pietre su cui posarono i loro piedi Socarete, Platone, Pericle, Euripide e tantissimi altri ci fa venire il groppo in gola. Guardiamo e pensiamo. Pensiamo e ringraziamo per essere qui a godere di questa esperienza unica al mondo. Insomma non ci sono parole per descriverla. E’ stato un momento commuovente, profondo, indimenticabile. Peccato che alle 19.45 ci facciano lasciare il sito senza tanti complimenti. Ma come, avevamo ancora 15 minuti per fare le foto! Cos’è sta storia? Scatta la polemica con i custodi cui rompiamo talmente le scatole (anche un po’ per principio… e se, seguendo le indicazioni del cartello fossimo entrati qui alle 19.30? non saremmo mai nemmeno riusciti ad arrivare in vista del Partenone!!) che ci dicono che ci faranno “un segno” sul biglietto così che potremo tornare l’indomani senza pagare… ma lasciamo perdere. In fondo siamo appagati, ma è bene tener conto del fatto che al più tardi è bene entrare nel sito alle 18.00 altrimenti si rischia di non vedere proprio nulla!! Con lo stesso biglietto (che costa 12€) si entra anche in diversi altri siti come la biblioteca di Adriano, l’Agorà eccetera, per cui occhio a conservarlo perchè dura una settimana.

Alla sera non apriamo nemmeno la guida e decidiamo di scegliere il ristorante seguendo il nostro fiuto. Ci ritroviamo così in via Dionysiou Aeropagitou dove i ristoranti e i bar sono uno attaccato all’altro, non c’è da aspettare e l’atmosfera è estremamente vivace. Visto che, come già notato in altre parti della Grecia, i prezzi sono gli stessi e i piatti pure, optiamo per un ristorante (scelto a naso, guardando nei piatti degli altri…) che vanta di una vista sull’acropoli illuminata mozzafiato. In più stanotte c’è la luna piena che si staglia proprio accanto all’Eretteo… da non smettere più di guardarla. Avevamo previsto di non mangiare particolarmente bene, data la posizione del locale e invece… siamo rimasti estremente soddisfatti (alla faccia della Lonely!), davvero una cena con i fiocchi e una vista che ci resterà per sempre nel cuore!!

Ahimè è finita. E’ giunta l’ora di fare le valigie per l’ultima volta… siamo stanchi di stare in giro e dopo 19 giorni abbiamo davvero voglia della nostra casetta, del nostro divano, di un gelato come Dio comanda… però che tristezza doversi rendere conto che è davvero tempo di tornare a casa! Ma domani: come faremo senza mussaka? Senza un Kalimera, un Parakalò? senza Kalikazzi?

Conclusione: è stata un vacanza splendida che ci ha dato tantissimo, da ogni punto di vista. Il popolo greco è incredibilmente ospitale e generoso, sa farti sentire come a casa tua. Mangiare costa davvero poco e la cucina, sebbene non molto varia, è gustosa e crea una certa dipendenza… infatti ci simo comprati un libro di cucina greca e abbaimo già sperimentato con successo alcune riccette perchè non possiamo farne più a meno! E io che prima di partire odiavo la feta… quante cose cambiano con un viaggio! A parte il Merovigla Studios di Santorini che non si è distinto per la pulizia, tutti i posti in cui abbiamo dormito, per quanto semplici, ci sono piaciuti e ci siamo trovati bene. I costi erano in media circa 65€ a notte di solito senza colazione.

Gli spostamenti, Arkadia a parte, sono stati estremamente facili, basta considerare la questione dell’assenza dei cartelli stradali agli incroci, ma ci si abitua in fretta. L’itinerario, così come programmato, è stato perfetto a livello logistico… per quanto riguarda l’Arkadia… mi sento di scongliare di attraversare le montagne a meno che si possa vantare una pazienza di Giobbe. Ogni singolo luogo visitato ci ha regalto emozioni indelebili, ma il calar della sera alle Meteore e l’Acropoli illuminata sotto la luna piena resteranno i momenti più profondi ed indescrivibili della nostra vacanza. In totale abbiamo speso circa 4000 € senza privarci di nulla per 19 giorni con due voli interni ed auto in affitto per 16 giorni. Santorini è stata una bellissima tappa, ma sono certa che se l’avessimo vista fuori stagione sarebbe stata tutta un’altra cosa: troppa gente! In ogni caso non ci ha emozionato tanto quanto altri luoghi visitati…ci ha dato la triste impressione di essere un po’, come dire, finta, snaturata da un turismo a tratti coatto, a tratti con la puzza sotto al naso. Insomma, merita di essere vissuta, ma non ad Agosto! Comunque un po’ ce lo aspettavamo. Non ci aspettavamo invece che Atene ci piacesse così tanto ed è stata una piacevole sorpresa. E sento che non resisteremo troppo a lungo lontano dalle Meteore… Grazie Grecia!

Francesca & Alberto

PS: volete sapere qual è il segreto per ottenere quel “gustino” particolarissimo e così greco quando cucinate la moussaka? Beh, la verità è che bisogna aggiungere un pizzico di cannella quando si cucina il macinato! Viene proprio uguale… provare per credere!



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