Folgorazioni siriane..
Fin dall’epoca dell’Orient Express facoltosi viaggiatori europei si recavano in Siria per ammirare le sue città e le meraviglie archeologiche lasciate sul territorio dalle varie civiltà succedutesi nel corso del tempo.
E’ difficile farsi un’idea reale del paese sulla base delle sole guide di viaggio poco aggiornate.
Non è stato particolarmente difficile comunicare con la gente del posto, soprattutto con gli studenti ai quali viene ora insegnato inglese e francese nelle scuole. Atterriamo a Damasco verso le 03:00 di notte. L’aeroporto è in via di rinnovamento e, nonostante l’ora tarda, è pieno di passeggeri in arrivo ed in partenza. Si raggiunge la capitale con taxi prepagato (1200 lire siriane) dopo aver percorso una ventina di chilometri.
Dedichiamo la prima giornata alla visita di Bosra che raggiungiamo in tarda mattinata con gli autobus locali. La guida è piuttosto spericolata per i nostri standard.
Il sito è esteso e ben conservato. Blocchi di basalto nero caratterizzano le rovine romane e gli edifici costruiti successivamente – tra cui varie moschee e chiese bizantine. L’attrazione principale di questo luogo è il famoso teatro romano che, grazie anche alle mura fortificate erette dagli arabi, è anche il meglio conservato al mondo.
Damasco, con i suoi suq coperti ed i vicoli della città vecchia, conserva la sua anima antica ed a tratti, è difficile pensare di trovarsi in una grande metropoli.
La moschea degli Omayyadi è tra le più importanti del mondo islamico e presenta la tipica sovrapposizione di stili architettonici propria dei luoghi dedicati al culto nel corso delle varie epoche: dapprima tempio pagano dedicato a Giove, fu poi chiesa cristiana ed infine trasformata in moschea. Sulle alte mura esterne che quasi la fanno sembrare una fortezza, si rilevano tracce di architravi e colonne. Svettano i tre minareti di stili diversi che diffondono durante le ore di preghiera i canti dei muezzin. La capitale siriana è meta di pellegrinaggio degli musulmani sciti provenienti soprattutto dall’Iran e riconoscibili per l’intenso fervore religioso che manifestano dinnanzi le tombe dei figli degli imam sepolti a Damasco oltre che per il cupo abbigliamento delle donne, infagottate nei loro teli neri.
La cittadella – attualmente chiusa ed in via di ricupero – pare che verrà aperta tra qualche mese ai turisti e che diventerà una nuova attrazione.
Le antiche case damascene vengono trasformate in affascinanti ristoranti, come El Jabri, frequentati anche dai locali dove è possibile gustare le famose mezzé a prezzi molto contenuti. Vicino ad uno degli ingressi della moschea degli Omayyadi, il caffè Al Nafura è una meta imperdibile con il suo cantastorie che intrattiene gli avventori con le novelle tratte da “Mille e una Notte”.
Sempre nella parte vecchia sorge il quartiere cristiano con diverse chiese appartenenti a diverse confessioni.
Nella parte nuova non mancano ulteriori attrazioni tra cui il museo nazionale. La residenza del governatore ottomano e la vicina moschea riconoscibile per i due minareti a forma di matita è in via di recupero, mentre la madrasa è stata trasformata in un affascinante centro di artigianato. I venditori non sono mai particolarmente insistenti anche se spesso i prezzi “iniziali” sono terribilmente elevati. Molti sono i tessuti ed i prodotti che, in realtà, provengono dall’India.
Damasco è una città tranquilla ed ospitale e con un notevole carattere se paragonata ad altre capitali mediorientali molto più occidentalizzate.
Si raggiunge l’oasi di Palmira dopo aver attraversato il deserto. Prima di arrivare, è quasi di rigore una sosta ad uno dei 3 Baghdad caffè che si incontrano lungo il percorso.
Palmira è l’attrazione principale della Siria. La città presenta le caratteristiche dell’architettura classica romana ma con peculiarità dovute alla mescolanza con gli stili locali esistenti all’epoca. Dal grandioso tempio di Bel si attraversa la grande strada colonnata fino al tempio funerario per circa 3 chilometri.
Le torri funerarie, raggruppate in due siti separati, e le tombe ipogee delle ricche famiglie palmirene si intravedono a distanza tra le colonne, così come il castello arabo – ora restaurato ed aperto al pubblico – che offre al tramonto una vista impareggiabile sull’intero complesso.
La città nuova – Tadmor in arabo – sta crescendo sempre più e sembra piuttosto organizzata. Nuovi edifici (per lo più abusivi) sorgono come funghi in prossimità delle rovine. Svetta anche lo scheletro del palazzo dell’emiro del Qatar in via di costruzione, con una sagoma ingombrante.
Deir ez-Zor non presenta particolari attrattive. Ora anche qui si trovano bancomat e strutture ricettive migliori, segno che la modernità sta arrivando anche nelle zone interne del paese. E’ una città molto tranquilla e rappresenta una tappa di passaggio obbligata per visitare la valle dell’Eufrate. Verso sud si raggiungono le rovine di Mari e Dura Europos. Sono pochi i turisti che si spingono fin qui: Mari si trova a soli 10 chilometri dal confine con l’Irak di Abu Kamal (quello che qualche giorno dopo la nostra visita sarebbe stato colpito da un bombardamento di elicotteri americani). La città fu costruita con mattoni di fango essiccati, per cui il sito è meno spettacolare rispetto ad altri a causa del suo peggiore stato di conservazione; il palazzo reale è stato in parte dissotterrato ed è possibile raggirarsi nelle sue ampie stanze silenziose. Dura Europos sorge su un’altura da cui si gode una bellissima vista sull’Eufrate. Il sito, circondato dalle sue mura a cui si accede dall’imponente porta di Palmira, è immerso nel silenzio e lo si visita praticamente in completa solitudine.
A nord di Deir ez-Zor, si raggiungono le rovine di Halabiyya – sempre con splendide viste sull’Eufrate – e, dopo una breve deviazione dalla strada principale, quelle di Resafa (ex Sergiopolis). Quest’ultima è assolutamente da non perdere, con le sue mura ben conservate che emergono dal deserto, custodisce le rovine di chiese e della basilica di S.Sergio (parzialmente restaurata) di epoca bizantina. Anche qui si gira tra i resti silenziosi in quasi totale solitudine.
Aleppo, la città del nord, ci accoglie all’Hotel Baron. Questo storico albergo, che annovera tra i suoi illustri ospiti Sir Laurence d’Arabia ed Agata Christie, con le sue atmosfere coloniali e decadenti rappresenta forse il luogo più affascinante dove soggiornare rispetto anche alle antiche case restaurate che ospitano ristoranti ed alberghi di lusso. Il bar, raccolto e familiare, offre alcolici e continua dalla fine dell’800 ad ospitare i viaggiatori occidentali che si riuniscono scambiandosi le proprie impressioni di viaggio.
La città vecchia è dominata dalla mole della cittadella, ai cui piedi si dirama l’intrico di vicoli coperti del suq. Dall’alto, cupole, minareti ed il grande cortile della grande moschea caratterizzano il panorama. Jdeida (il quartiere “nuovo” costruito in epoca ottomana) ospita numerose chiese cristiane di varie confessioni che, come a Damasco, convivono pacificamente in terra islamica (anche se i cristiani costituiscono una minoranza importante pari a più del 10% della popolazione).
Anche qui la gente si contraddistingue per la sua tradizionale ospitalità, ma si nota anche una certa differenza rispetto agli altri luoghi della Siria… forse una maggiore ambiguità nei costumi. Si nota che, in effetti, c’è una certa tendenza ad evidenziare pubbliche virtù ed a coltivare vizi privati: ciò emerge soprattutto con i turisti occidentali considerati di mentalità “più aperta” … A nord e a sud di Aleppo si trovano le “città morte”, cioè antiche città bizantine in rovina abbandonate dalla popolazione. La basilica di S.Simeone Stilita è forse il luogo più noto.
Immerse nelle campagne e tra gli uliveti, si scoprono le rovine di Deir Samaan (ai piedi della basilica) e di Al Bara e Serjilla (quest’ultima senz’altro la più interessante). Nelle vicinanze, Apamea con la sua grande via colonnata è un altro sito archeologico di epoca romana imperdibile. Hama, con le grandi norie cigolanti, è una vivace città sulle rive del fiume Oronte. La parte vecchia è stata accuratamente restaurata ed è sorto anche qui un ristorante “Aspasia” all’interno di un’antica casa con cortile. Da qui si raggiunge Krak des Chevaliers – un imponente castello dei Crociati – e Maalula, villaggio cristiano dove ancora è parlato l’aramaico.
L’impressione generale è che il turismo si stia notevolmente sviluppando anche in questo paese. Ottobre si dice sia il mese di maggiore afflusso e, in effetti, abbiamo incontrato numerosi gruppi organizzati – molto di più di quanto ci si potesse aspettare.
Girare è relativamente semplice ed economico con i mezzi pubblici (anche se, talvolta, condotti da autisti spericolati). Noi abbiamo preferito muoverci per 5 giorni in totale in macchina con autista (per ottimizzare i tempi), ma spendere meno di 100 USD al giorno è impresa impossibile. I servizi dunque sono piuttosto costosi, così come gli hotel a Damasco dove abbiamo avuto una certa difficoltà a prenotare dall’Italia. E’ meglio evitare di prenotare gli alberghi tramite le agenzie sul posto, in quanto le tariffe vengono aumentate troppo.
Venire in questo paese è quanto mai utile per se stessi, per sgombrare il campo da pregiudizi e paure del tutto ingiustificate e per avvicinarsi ad un mondo che, a torto, avvertiamo come lontano ma che invece si sente particolarmente vicino all’Italia. L’ammirazione per gli italiani è del tutto evidente così come sono molto sentiti i legami culturali per le numerose vestigia d’epoca romana: molti siriani non hanno mancato di ricordarci che di origine siriana furono anche sei imperatori romani (chissà quanti di noi se lo ricordano…).